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CONDIZIONE GIOVANILE E NUOVI RISCHI SOCIALI QUALI POLITICHE CON/PER I GIOVANI? Dott.ssa Giulia Cordella Seminario corso sociologia del lavoro 19-3-2013 Anno Accademico 2012-2013 Sociologia del Lavoro Modulo Sociologia del Lavoro (6 cfu) Giovani e precarietà in Italia. Problemi, attori, politiche e “invenzioni” dal basso

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CONDIZIONE GIOVANILE E NUOVI RISCHI SOCIALI QUALI POLITICHE CON/PER I GIOVANI? Dott.ssa Giulia Cordella

Seminario corso sociologia del lavoro

19-3-2013

Anno Accademico 2012-2013

Sociologia del Lavoro

Modulo Sociologia del Lavoro (6 cfu)

Giovani e precarietà in Italia. Problemi, attori, politiche e “invenzioni” dal basso

Gli obiettivi seminario 1

Parte I 1.  Analizzare le principali criticità della condizione giovanile nella fase di

transizione all’autonomia. Esercitazione

2. Analisi della concezione di giovane e di autonomia che fa da sfondo ad alcune politiche pubbliche Parte II

3. Definizione degli aspetti di interesse dei corsisti su cui approntare la costruzione del laboratorio di ricerca.

1) ANALISI DELLE PRINCIPALI CRITICITÀ DELLA CONDIZIONE GIOVANILE CONTEMPORANEA NELLA FASE DI TRANSIZIONE ALL’AUTONOMIA Seminario corso sociologia del lavoro

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Parte I

Il rapporto giovani/anziani 3

!  Andamento demografico del paese: Cresce la popolazione anziana a fronte di una

sostanziale immobilità di quella giovanile (degiovanimento). Giovani 15-34: 31% (1990) => 20% (2020) Dagli anni Novanta si assiste al “sorpasso della popolazione over 65 sugli under 16.

=> Il secolo degli anziani? (Rosina, 2011)

Indice di dipendenza (Fonte Migliavacca, 2012) 4

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Qual è e quale sarà il peso degli anziani (>65) rispetto alla popolazione in età attiva? 2000: 27%

2019: 31% 2050: 50%

L’uscita dalla famiglia di origine 5

!  In Europa 1 giovane su 3 risiede nella famiglia di origine tra i 18 e i 34 anni (in Francia, ad esempio, 1 su 5).

In Italia questa condizione appartiene al 60% e sono in crescita i giovani adulti, anche lavoratori.

Le donne tendono ad uscire di casa prima dei coetanei maschi (+14%).

Tra le condizioni che favoriscono la permanenza nella famiglia di origine vi sono l’essere studente e non occupato. Le persone inattive (non in cerca di lavoro), in molti casi donne, sono con maggiori probabilità fuori dalla casa dei genitori.

Tra le lavoratrici e i lavoratori tra 20 e 29 anni la “scelta” si polarizza: il 40% degli occupati, pur avendo raggiunto l’autonomia economica, rimane nella famiglia di origine.

Forte esposizione a percorsi di ritorno, specialmente per chi è precario o per alcune categorie specifiche (vedi famiglie monogenitoriali; giovani in formazione; tirocinanti o studenti senza copertura da parte della famiglia di origine).

!  Età media del primo figlio

29,5 anni nel 2000

31 anni nel 2010

1. Il (non) lavoro 6

!  Incremento tasso di disoccupazione, anche per coloro che possiedono elevato ‘capitale umano’ (Fonte: Istat, 2013) 38,7% per i 15-24enni 27,9 per i 18-29enni (femmine +3%) Dato complessivo:11,7%

Differenze territoriali (Fonte: Istat, 2013) Nel Mezzogiorno il tasso raggiunge il 50% (46,7% per i maschi e 56,1% per le donne). Al Nord la disoccupazione giovanile è del 29,7% e al Centro del 39,3%.

Toscana (Fonte: Irpet, 2013) La disoccupazione della fascia 15-24 anni raddoppia dal 2008 al 2012 passando dal 15 al 30%, mentre raggiunge il 20% nella fascia 15-29. Circa 18 giovani su 100 appartengono oggi ai Neet (giovani che non studiano e non lavorano). Nel 2008 erano 13 su 100. Fra i Neet la quota di giovani senza esperienze di lavoro è del 41%).

Il tasso di disoccupazione giovanile: un confronto europeo (Fonte, Eurostat, 2011)

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Forze di lavoro potenziali (15-24 e 25-34enni) per sesso ed area di residenza. Anni 2004 – 2011 (Fonte: DeLuigi, Rizza, Santangelo, 2012)

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Maschi Femmine !

Dati della disoccupazione sono sottostimati per l’esclusione delle “forze lavoro potenziali” (individui che sarebbero risposti a iniziare a lavorare entro due settimane ma non sono in cerca) + 17,1 per i 15-24enni // + 8.9% per i 25-34enni

1. Quale lavoro? Il peso del lavoro atipico

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!  Cresce il lavoro atipico.. Italia: dal 10% nel 1991 al 45% nel 2011 .. Che influenza negativamente l’uscita dalla famiglia di origine (a parità di età chi ha un contratto a tempo indeterminato esce più facilmente dalla famiglia di origine =>+ 15% rispetto ai lavoratori a tempo determinato); - Tra i laureati tra 15-24 anni il lavoro a termine ha un’incidenza maggiore di 6 punti percentuali rispetto alla media europea Toscana Si assiste alla forte crescita di forme contrattuali non strutturate (lavoro intermittente, a progetto, domestico) => +66% dal 2008 al 2012.

Giovani 15-24 anni occupati a tempo determinato sul totale degli occupati 15-24 anni (valori %). Fonte: Eurostat. 10

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Incidenza del lavoro temporaneo sul totale del lavoro dipendente per classi d’età. (Fonte: Eurostat, 2010).

A chi serve il lavoro atipico? L’occupazione femminile

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Una delle teorie attraverso cui è stato sostenuta l’importanza del lavoro atipico è che avrebbe favorito l’occupazione femminile. Atipicità dell’orario renderebbe più facile la conciliazione Durata del contratto renderebbe più facile i meccanismi di entrata e uscita Quanto è vero questo assunto? 1996-2006 => incremento del tasso di partecipazione femminile al mdl per le fasce di donne in età centrale (tra i 29 e i 45 anni). Le giovani donne si presentano sul mdl con un tasso di istruzione superiore ai coetanei maschi (Reyneri, 2005). Tuttavia il mdl femminile italiano rimane 13 punti percentuali al di sotto della media europea dello stesso periodo.

Occupazione femminile e lavoro atipico 13

Anche se osserviamo dati più recenti (2010) il tasso di occupazione mostra un grande svantaggio delle donne italiane rispetto a quelle europee Tasso occupazione femminile: Ita (46%) Svezia, Norvegia e Paesi Basssi (70%), Francia (60%) e Germania( 66,2%) Se le donne aumentano la loro partecipazione al mdl è vero che la loro presenza è maggiore nelle forme di lavoro atipico Es. nelle CoCoCo e CoPro 2002: 46,2% 2004: 61% 2010: 48% => le donne precarie scontano molto il peso della crisi, con un reddito medio che è la metà di quello maschile (Fonte: Isfol, 2010) => Quanto più l’incertezza lavorativa è elevata tanto più è difficile conciliare attività lavorative e familiari (Bertolini, 2012).

(RE)INDIVIDUALIZZAZIONE DEL LAVORO (lavoro come prestazione)

!  PERSONALIZZAZIONE !  DESTANDARDIZZAZ.

(COMPITI) !  PLURALIZZAZIONE

PERCORSI; MOBILITA !  CENTRALITA DELLA

CONOSCENZA

!  INDIVIDUALIZZAZIONE RISCHI; USURA RETI SOCIALI

!  SATURAZIONE; EROSIONE CONFINI LAVORO-VITA

!  FRAMMENTAZIONE; CORROSIONE DEL

CARATTERE

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Caratteristiche Implicazioni

Quale lavoro? Salari e inquadramento professionale.

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!  Decrescono i salari: i giovani tra 18 e 34 anni hanno salari più bassi del 12% rispetto ai lavoratori maturi (35-55);

!  Sottoinquadramento professionale (overeducation): si svolge un lavoro per il quale sarebbe richiesta un livello di istruzione più basso

!  Mismatch – si svolge un lavoro che non corrisponde alla propria qualifica formativa

!  Influenza del background familiare (soprattutto al Sud e per le donne) su condizione occupazionale (meno sul reddito).

I giovani italiani sono “choosy”? 16

!  Il 25% circa dei laureati nell’ultimo triennio, lavora in settori che non necessitano di alcuna qualifica (overeducation), mentre più del 32% svolge mansioni che non riflettono l’ambito tematico del corso di studi di provenienza (mismatch)

!  differenze tra aree formative: come prevedibile il fenomeno riguarda in particolar modo i laureati in discipline umanistiche, per i quali il tasso di mismatch sfiora il 68 %e quello di overeducation quasi il 40%.

(Fonte: Rapporto economie regionali Bankitalia 3013)

Funamboli senza rete. I sistemi di welfare

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!  Assenza di un sistema universale di ammortizzatori sociali penalizza i giovani precari

!  Forte riduzione della spesa sociale e incremento del costo dei servizi primari (trasposti, asili, ecc..)

Esempi Spesa per housing 0,05% (fortemente decurtata con le ultime manovre) Spesa per politiche attive del lavoro Italia =>0,7%del Pil nel 2004; 0,4% nel 2009 Olanda => 1,6% del Pil nel 2004; 1,4% nel 2009 (a fronte di un tasso di disoccupazione giovanile del 10%)

Relazione tra percentuale di giovani 16-29 che dipendono economicamente dai genitori e incidenza della spesa sociale nelle voci disoccupazione, casa ed esclusione sociale su Pil. Anno 2007. (Fonte: Rosina, Voltolina (2011)).

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Relazione tra percentuale di giovani 16-29 che dipendono economicamente dai genitori e incidenza dell’investimento in Ricerca e Sviluppo. Anno 2007. (Fonte: Rosina, Voltolina (2011)).

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Quali rischi sociali? 20

! Incremento delle possibilità di ingresso in percorsi di povertà

Individui 16-24ennia rischio di povertà ed esclusione (2010) Italia: 32%; Germania: 24%

I dati dei ragazzi superano quelli che riguardano la popolazione adulta (28,2 %).

Il divario è evidente anche considerando le famiglie di immigrati. Tra chi ha almeno un genitore nato in un altro Paese rispetto alla residenza, infatti, nel 2011 il 32 % era a rischio di povertà, contro il 18 per cento

tra chi vive in famiglie di non immigrati (Fonte: Eurostat, 2011)

! Se la famiglia di origine pesa ancora molto si produce un incremento delle disuguaglianze sociali

2) LE POLITICHE PUBBLICHE PER LE GIOVANI GENERAZIONI. UN FOCUS SULLE REGIONI ITALIANE SI OSSERVERÀ: - LA CAPACITÀ DI PRODURRE POLITICHE INTEGRATE - LA CONCEZIONE DI AUTONOMIA CHE FA DA SFONDO ALLE DIVERSE POLITICHE

Seminario corso sociologia del lavoro – 19-3-2013

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Parte II

Perché politiche regionali? 22

Concentrarsi sull’azione dell’attore regionale in primo luogo consente di mettere in evidenza le opportunità e i vincoli offerti dai diversi sistemi di welfare territoriali (Kazepov, 2009). In secondo luogo, pur nell’alveo di un rinnovato interesse verso le politiche giovanili a tutti i livelli di governo, è a livello regionale che sono maturate, negli ultimi anni, le più importanti innovazioni sociali. La presa d’atto dell’inadeguatezza delle politiche attuali, infatti, ha condotto alcuni territori a una ridefinizione delle proprie politiche giovanili a partire da una rilettura della concezione stessa di giovane, visto non più come problema ma come individuo attivabile e risorsa per fronteggiare le criticità della presente congiuntura socioeconomica.

Le fasi delle politiche giovanili 23

!  Anni Novanta: Giovane come problema Le politiche giovanili si concentrano sulle attività di prevenzione al disagio sociale (Ambito socio sanitario: droga, alcool, ecc). !  Anni Duemila: Giovane come risorsa da coinvolgere Si moltiplicano le politiche di promozione della partecipazione civica dei giovani nei progetti locali (Ambito socio-culturale e ricreativo)

Passi verso una visione integrata delle politiche giovanili

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!  Dopo lo scoppio della crisi economica => Gli ambiti e dunque i contenuti delle politiche giovanili si sono via via ampliati coinvolgendo tutti i settori di vita dei giovani (dalle politiche per il tempo libero a quelle per la cultura, la scuola, la casa, il lavoro, la formazione, l’imprenditorialità dei giovani).

“Il lavoro, gli spazi in cui vivere e muoversi, la formazione, l’educazione, oltre alla possibilità di rendersi protagonisti del proprio percorso di vita sono problematiche sempre più urgenti e diffuse in ampi strati della popolazione […] colpendo anche noi giovani. Infatti costituiamo parte integrante della società e non possiamo essere ridotti a mera appendice del mondo degli adulti” (Documento “L’utopia è realizzabile”, redatto da un gruppo di giovani, 2010).

!  Anche le politiche per l’occupazione hanno progressivamente

individuato nella fase di transizione alla vita adulta un fuoco della propria azione, incrociandosi sempre più frequentemente con le politiche giovanili.

Perché politiche integrate? Integrazione vs frammentazione

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La frammentazione delle politiche, tanto per il mondo giovanile che per quello adulto, porta

- a una “dis-integrarazione” anche degli individui cui le diverse misure e interventi dovrebbero rivolgersi

- a un uso dispersivo delle risorse pubbliche

Le politiche integrate quale esigenza di affrontare il complesso tema dei rischi sociali connessi alla transizione alla vita adulta analizzandone tutte le diverse sfaccettature e concatenazioni

Integrare politiche diverse non significa soltanto metterle insieme tra loro

ma è un processo complesso, che va dalla promozione della partecipazione e dell’inclusione nelle decisioni di politica pubblica dei cosiddetti destinatari fino alla revisione delle politiche di sviluppo di un territorio nel suo complesso

Integrazione/frammentazione Ambiti di analisi

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" Orizzontale, tra settori (trasversalità) "  Verticale; tra i diversi livelli di governo fino

al coinvolgimento dei destinatari nelle politiche che li riguardano (sussidiarietà)

"  Integrazione come co-costruzione di un modello complessivo di sviluppo socioeconomico di un territorio (politica di sviluppo multilivello)

Politiche per le giovani generazioni in Emilia Romagna, Puglia e Toscana

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!  Emilia Romagna - - 2008 => L.R. 14, “Norme in materia di politiche per le giovani generazioni”: la legge definisce specifiche linee di indirizzo e codifica i processi organizzativi di programmazione del livello regionale e di quello provinciale.

- Tale legge viene messa alla prova dai due Accordi di Programma Quadro (GECO - Giovani Evoluti e Consapevoli – e GECO 2), in cui si tenta di concretizzare gli obiettivi della legge regionale: integrazione delle politiche/degli uffici/creazione di una rete verticale e orizzontale. - 2012 => “Piano per l’accesso dei giovani al lavoro, la continuità dei rapporti di lavoro, il sostegno e la promozione del fare impresa” con l’obiettivo di per affrontare le criticità che incontrano i giovani ad entrare in modo qualificato e stabile nel mercato del lavoro.

!  Puglia - 2005 => programma “Bollenti Spiriti”. Una delle azioni più note è Principi Attivi che prevede il finanziamento di progetti giovanili in alcune aree quali la tutela e valorizzazione del territorio, l’economia della conoscenza e innovazione, l’inclusione sociale e la cittadinanza attiva. - 2011 =>Piano Straordinario per il Lavoro, finalizzato ad incrementare l’occupazione delle categorie sociali più vulnerabili, tra cui giovani e donne. Il Piano costituisce probabilmente l’elemento di maggiore rottura rispetto al modo di pensare gli interventi di promozione dell’occupazione precedenti, per l’adozione di un approccio integrato alle criticità cui si propone di dare risposta.

!  Toscana

- 2011 => la Regione promuove Giovani Sì, progetto integrato per facilitare la transizione alla vita adulta che in larga parte è incentrato su azioni di promozione di percorsi di formazione e occupazione. Il progetto si pone in una posizione di rottura rispetto a una logica che vede le politiche giovanili come politiche per la cultura, l’educazione e il tempo libero, per aprire ad azioni che incrociano temi cruciali quali la formazione, il lavoro, l’abitare. Si tratta inoltre del primo progetto in ambito nazionale a porsi esplicitamente come obiettivo quello di favorire i percorsi di autonomia dei giovani dalla famiglia di origine.

Due tipi di politiche 28

Politiche che enfatizzano il ruolo dell’individuo nel

mettere in gioco le risorse che già si possiedono (il giovane

come soggetto già in possesso di determinate capacità)

Politiche finalizzate a promuovere le capacità di aspirare del soggetto

( costruzione delle capacità del giovane come processo che tiene

conto del contesto socio-istituzionale di partenza e interagisce con esso)

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Autonom

ia vs dipendenza

Bibliografia 30

!  BERTOLINI, S. (2012), Flessibilmente giovani, Il Mulino, Bologna. !  CORDELLA, G., MASI, S.E., (2012), Condizione giovanile e nuovi rischi sociali.

Quali politiche?, Carocci, Roma. (Qui trovate anche i contributo di Migliavacca, Rizza et al.)

!  IRPET, Rapporto sul Mercato del Lavoro in Toscana. Anno 2012, www.irpet.it !  KAZEPOV, Y. (2009) La dimensione territoriale delle politiche sociali,

Carocci, Roma. !  ROSINA A., VOLTOLINA E. (2011), Politiche a favore dell’indipendenza

intraprendente delle nuove generazioni, in C. Dell’Aringa, T. Treu (a cura di), Giovani senza futuro? Proposte per una nuova politica, Arel, Il Mulino, Bologna.

!  ROSINA A. (2011), I giovani e la famiglia, in E. Ruspini, Studiare la famiglia che cambia, Carocci, Roma.