balzac - il parroco di tours

66
1

Upload: claudio-bazzocchi

Post on 09-Aug-2015

225 views

Category:

Documents


22 download

DESCRIPTION

Balzac

TRANSCRIPT

Page 1: Balzac - Il Parroco Di Tours

1

Page 2: Balzac - Il Parroco Di Tours

HONORÉ DE BALZACHONORÉ DE BALZAC

IL PARROCO DI TOURSIL PARROCO DI TOURS

****************************************************

2

Page 3: Balzac - Il Parroco Di Tours

A David, scultore

La durata dell'opera, sulla quale inscrivo il vostro nome, due volte illustre in questo secolo, è alquanto problematica; voi, invece, incidete il mio nel bronzo che sopravvive alle nazioni, perfino quand'è lavorato soltanto dal volgare martello di chi conia monete. Gli studiosi di numismatica non resteranno forse confusi di fronte al gran numero di teste coronate riunite nel vostro atelier, quando ritroveranno fra le ceneri di Parigi queste esistenze da voi perpetuate oltre la vita dei popoli, e nelle quali vorranno vedere delle dinastie? Vostro, dunque, è questo divino privilegio; mia la gratitudine.DE BALZAC

3

Page 4: Balzac - Il Parroco Di Tours

IL PARROCO DI TOURSAll'inizio dell'autunno del 1826, don Birotteau, principale personaggio

di questa storia, fu sorpreso da un acquazzone mentre rientrava dal salotto dove era andato a passare la serata. Perciò stava attraversando più veloce che poteva, compatibilmente con il suo fisico corpulento, la piazzetta de­serta detta Il Chiostro, che si trova dietro l'abside di Saint-Gatien, a Tours.

Don Birotteau, basso e tarchiato, di costituzione apoplettica, sulla ses­santina, aveva già avuto diversi attacchi di gotta. Ora, fra tutte le piccole avversità della vita umana, una soprattutto suscitava la ripulsa del buon prete: quando all'improvviso le sue scarpe dalle larghe fibbie d'argento s'in­zuppavano e le suole restavano in ammollo. Il fatto è che, malgrado i cal­zettoni di flanella in cui impacchettava i piedi, in qualsiasi stagione, con la cura che hanno di se stessi gli ecclesiastici, prendeva sempre un po' di umi­dità; poi, il giorno dopo, la gotta gli dava immancabilmente qualche prova della sua costanza. Però, dato che il selciato del Chiostro è sempre asciutto, e che don Birotteau aveva vinto tre lire e dieci soldi a whist da Madame de Listomère, sopportò la pioggia con rassegnazione, fin da quando, al centro della piazza dell'Arcivescovado, aveva cominciato a cadere a dirotto. Del resto, in quel momento, stava accarezzando la sua chimera, un desiderio già vecchio di dodici anni, un desiderio da prete! un desiderio che, covato ogni sera, sembrava proprio allora sul punto di realizzarsi; insomma, si av­volgeva troppo bene in un'almuzia canonicale, per poter avvenire le intem­

4

Page 5: Balzac - Il Parroco Di Tours

perie: durante la serata, la cerchia che abitualmente si riuniva da Madame de Listomère gli aveva pressoché garantito la nomina al posto di canonico allora vacante al capitolo metropolitano di Saint-Gatien, provandogli che nessuno lo meritava più di lui, e che i suoi diritti, per lungo tempo discono­sciuti, erano incontestabili. Se avesse perso al gioco, se avesse saputo che don Poirel, il suo rivale, veniva promosso canonico, il buon uomo avrebbe trovato la pioggia molto più fredda. Forse avrebbe pure mandato qualche accidente all'esistenza. Ma si trovava in una di quelle rare circostanze in cui una sensazione piacevole fa dimenticare tutto il resto. Se affrettava il passo, obbediva semplicemente a un impulso meccanico; e la verità, così essenziale in una storia di costumi, obbliga a precisare che non stava pen­sando né all'acquazzone, né alla sua gotta.

Un tempo c'erano nel Chiostro, dal lato della Strada Grande, diverse case riunite da una recinzione: appartenevano alla cattedrale e vi alloggia­vano alcuni dignitari del capitolo. Dopo l'alienazione dei beni del clero, l'amministrazione comunale ha trasformato il passaggio che separa queste case in una via, detta vicolo della Cantoria, che conduce dal Chiostro alla Strada Grande. Come suggerisce il nome stesso, là abitava un tempo il Maestro cantore, assieme ai suoi allievi e a quanti erano alle sue dipenden­ze. Il lato sinistro della strada è occupato da una sola casa, le cui mura sono attraversate dagli archi di sostegno di Saint-Gatien, piantati nell'angusto giardinetto: cosicché viene da chiedersi se la cattedrale sia stata costruita prima o dopo quell'antica abitazione. Esaminando però gli arabeschi e la forma delle finestre, l'arco della porta e la facciata di questa casa scurita dal tempo, un esperto di cose antiche capisce che ha sempre fatto parte del ma­gnifico monumento al quale è congiunta. Un archeologo - se ce ne fossero a Tours, una delle città meno colte di Francia - potrebbe perfino riconosce­re, all'entrata del passaggio nel Chiostro, qualche traccia dell'arcata che an­ticamente costituiva l'ingresso di queste abitazioni ecclesiastiche, e che di certo doveva essere in armonia con il carattere generale dell'edificio. Situa­ta a nord di Saint-Gatien, questa casa si trova continuamente nel cono d'ombra proiettato dalla grande cattedrale, sulla quale il tempo ha gettato il suo manto nero, impresso le sue rughe, seminato il suo freddo umido, i suoi muschi e le sue erbacce. Così questa abitazione è sempre avvolta in un profondo silenzio, interrotto soltanto dal suono delle campane, dai canti li­

5

Page 6: Balzac - Il Parroco Di Tours

turgici che oltrepassano le mura della chiesa, o dal gracchiare delle cornac­chie bigie che nidificano in cima ai campanili. Questo luogo è un deserto di pietre, una solitudine davvero caratteristica, e può viverci solo chi è arriva­to al completo annullamento della personalità, o chi è dotato di una forza d'animo prodigiosa. La casa in questione era sempre stata abitata da preti e apparteneva a una zitella chiamata Mademoiselle Gamard. Il padre della Gamard l'aveva acquistata dalla Nazione, durante il Terrore; ma poiché la zitella da vent'anni vi alloggiava preti, nessuno trovava scandaloso, in pie­na Restaurazione, che una devota conservasse un bene nazionale: forse gli uomini di chiesa le attribuivano l'intento di lasciarla in eredità al capitolo, e alla gente comune non pareva affatto che avesse cambiato destinazione.

Don Birotteau si stava dunque dirigendo verso questa casa, dove abitava da due anni. Il suo appartamento era stato per lui, per una dozzina d'anni, quel che era allora il canonicato: l'oggetto esclusivo dei suoi desideri, il suo hoc erat in votis. Stare a pensione da Mademoiselle Gamard e diventare ca­nonico furono le due grandi aspirazioni della sua vita; e forse riassumono bene l'ambizione di un prete, che, considerandosi in viaggio verso l'eterni­tà, non può desiderare, in questo mondo, nient'altro che un buon alloggio, una buona tavola, abiti puliti, scarpe con le fibbie d'argento, insomma quel che basta ai bisogni del corpo, e un canonicato per soddisfare l'amor pro­prio, questo sentimento indefinibile che ci seguirà, a quanto pare, finanche al cospetto di Dio, perché addirittura fra i santi vige una gerarchia. Ma il desiderio dell'appartamento dove ora abitava, sentimento insignificante agli occhi della gente comune, era stato per Birotteau una vera e propria passio­ne, una passione piena di ostacoli e, come le passioni più criminali, piena di speranze, di piaceri e di rimorsi.

La distribuzione interna degli spazi e la capienza della casa non avevano permesso a Mademoiselle Gamard di alloggiarvi più di due pensionanti. Ora, circa dodici anni prima che Birotteau andasse a pensione da lei, la Ga­mard si era incaricata di mantenere in gioia e in salute don Troubert e don Chapeloud. Don Troubert era ancora vivo. Don Chapeloud era morto, e Bi­rotteau gli era immediatamente subentrato.

La buon'anima di Chapeloud, ai suoi tempi canonico a Saint-Gatien, era stato l'amico intimo di don Birotteau. Tutte le volte che il vicario era anda­to dal canonico, ne aveva immancabilmente ammirato l'appartamento, il

6

Page 7: Balzac - Il Parroco Di Tours

mobilio e la biblioteca. Dall'ammirazione nacque un giorno la voglia di possedere quelle belle cose. Per don Birotteau era stato impossibile soffo­care questo desiderio, che spesso lo fece soffrire terribilmente, al pensiero che solo la morte del suo migliore amico avrebbe potuto soddisfare la sua brama nascosta, che nondimeno cresceva di giorno in giorno. Don Chape­loud e il suo amico Birotteau non erano ricchi. Entrambi figli di contadini, non avevano nient'altro che il magro salario accordato ai preti; e i loro mi­seri risparmi se ne andarono per sopravvivere ai tempi duri della Rivolu­zione. Dopo che Napoleone ristabilì il culto cattolico, don Chapeloud fu nominato canonico di Saint-Gatien e Birotteau divenne vicario della catte­drale Chapeloud si mise allora a pensione da Mademoiselle Gamard. Quando Birotteau andò a far visita al canonico nella sua nuova dimora, tro­vò che lo spazio nell'appartamento era davvero ben distribuito, ma nulla più. Gli inizi di questa concupiscenza immobiliare furono simili a quelli di una passione vera, che in un giovane comincia talvolta dalla semplice e fredda ammirazione per la donna che in seguito amerà per sempre.

L'appartamento, cui si accedeva salendo una scala in pietra, si trovava in un'ala esposta a mezzogiorno. Don Troubert occupava il pianterreno e Ma­demoiselle Gamard il primo piano del corpo centrale dell'edificio, che dava sulla strada. Quando Chapeloud ne prese possesso, le stanze erano spoglie e i soffitti anneriti dal fumo. Le cornici dei caminetti, in pietra rozzamente scolpita, non erano mai state dipinte. All'inizio, come mobilio, il povero canonico non mise nient'altro che un letto, un tavolo, alcune sedie, e i po­chi libri che possedeva. L'appartamento assomigliava a una bella donna ve­stita di stracci. Ma due o tre anni più tardi, avendo ereditato duemila fran­chi da un'anziana signora, don Chapeloud li spese per comprare una libre­ria in quercia, che proveniva dalla demolizione di un castello smantellato dalla Banda Nera, e vantava incisioni degne dell'ammirazione di un artista. Il prete l'acquistò, sedotto, prima ancora che dal buon prezzo, dalla perfetta coincidenza fra le dimensioni del mobile e quelle della galleria. I suoi ri­sparmi gli permisero allora di restaurare interamente la galleria, fino a quel momento nuda e trascurata. Il parquet fu lucidato con cura, il soffitto im­biancato e i rivestimenti in legno dipinti in modo da simulare le tonalità di colore e i nodi della quercia. Un caminetto in marmo sostituì il precedente. Il canonico ebbe il buon gusto di cercare, e trovare, delle vecchie poltrone

7

Page 8: Balzac - Il Parroco Di Tours

in noce intagliato. Poi, un lungo tavolo d'ebano e due mobili di Boulle completarono l'arredamento della galleria, che assunse un'aria molto distin­ta. In due anni, i doni di varie persone devote e i lasciti delle sue pie peni­tenti, per quanto di modesta entità, riempirono di libri gli scaffali della li­breria, fino a allora vuota. Infine, uno zio di Chapeloud, che era stato ora­toriano, gli lasciò la sua collezione in folio dei Padri della Chiesa e molte altre grandi opere preziose per un ecclesiastico. Birotteau, sempre più sor­preso dalle successive trasformazioni di questa galleria un tempo spoglia, gradualmente arrivò a un'involontaria bramosia. Cominciò insomma a con­cepire il desiderio di possedere quello studio, che così bene si confaceva alle occupazioni gravi e ai costumi morigerati di un ecclesiastico. La sua passione crebbe di giorno in giorno. Impegnato per giornate intere a lavo­rare in questo rifugio, il vicario poté apprezzarne il silenzio e la pace, dopo averne ammirato in precedenza l'ottima disposizione degli spazi. Negli anni seguenti, don Chapeloud trasformò una stanzetta in oratorio, e le sue devote amiche fecero a gara per abbellirlo. Poi una signora regalò al cano­nico, per la camera da letto, mobili ricoperti di tappezzerie, da lei stessa a lungo tessute sotto gli occhi di quell'uomo amabile, che non ne sospettava minimamente la destinazione. Allora la camera da letto ebbe il medesimo effetto della galleria: il vicario rimase a bocca aperta. Infine, tre anni prima della sua morte, don Chapeloud rese completo il comfort dell'appartamento rinnovando il salotto. Per quanto decorato in modo molto semplice con vel­luti rossi di Utrecht, l'arredamento sedusse Birotteau. Dal giorno in cui l'a­mico del canonico vide le tende di lampasso rosso, i mobili di mogano e il tappeto di Aubusson, che ornavano la grande stanza tinteggiata di fresco, l'appartamento di Chapeloud divenne per lui l'oggetto di una segreta mono­mania Viverci, dormire nel letto dalle grandi cortine di seta dove dormiva il canonico, essere circondato da tutti gli agi come Chapeloud, rappresenta­va per Birotteau la felicità completa: non chiedeva nient'altro. Tutte le bra­me e tutte le ambizioni, che i beni mondani fanno nascere nel cuore degli altri uomini, si concentrarono in don Birotteau nel segreto e profondo tra­sporto con il quale desiderava un nido simile a quello che si era creato Chapeloud. Quando l'amico si ammalava, andava a trovarlo, mosso sicura­mente da un affetto sincero; ma nell'informarsi sull'indisposizione del ca­nonico, o nel tenergli compagnia, salivano dal fondo della sua anima, suo

8

Page 9: Balzac - Il Parroco Di Tours

malgrado, mille pensieri sempre riconducibili alla frase seguente: «Se Cha­peloud morisse, potrei avere il suo appartamento». Comunque, dato che Birotteau aveva un cuore d'oro, vedute ristrette e intelligenza limitata, non si spingeva fino al punto di cercare il modo per farsi lasciare in eredità la biblioteca e il mobilio dell'amico.

Don Chapeloud, egoista amabile e indulgente, indovinò la passione del­l'amico, il che davvero non era difficile; e gliela perdonò, cosa che può sembrare meno facile per un prete. Dal canto suo, il vicario, la cui amicizia rimase sempre immutata, non mancò mai di percorrere con l'amico lo stes­so viale della passeggiata pubblica di Tours, senza sottrargli neanche un attimo del tempo che da vent'anni dedicava a tale attività. Birotteau, che considerava colpevoli i suoi desideri involontari, spinto dai rimorsi sarebbe stato capace di dimostrare a don Chapeloud una dedizione illimitata. Que­st'ultimo, alcuni giorni prima di morire, ripagò quest'ingenua e sincera fra­ternità dicendo al vicario, che gli leggeva «La Quotidienne»: «Questa è la volta buona, l'appartamento sarà tuo. Sento che tutto è finito per me». E davvero, nel suo testamento, don Chapeloud lasciò la biblioteca e il mobi­lio a Birotteau. Il possesso di questi oggetti, così vivamente desiderati, e la prospettiva di essere preso a pensione da Mademoiselle Gamard, addolci­rono molto il dolore che causava a Birotteau la perdita dell'amico canoni­co: forse non l'avrebbe resuscitato, ma lo pianse. Per qualche giorno fece come Gargantua, la cui moglie era morta partorendo Pantagruel, e lui non sapeva se rallegrarsi per la nascita del figlio o addolorarsi per aver sotterra­to la sua cara Badebec: e finiva per sbagliarsi, rallegrandosi per la morte della moglie e deplorando la nascita di Pantagruel. Don Birotteau trascorse i primi giorni di lutto a passare in rassegna le opere della sua biblioteca, a servirsi dei suoi mobili, a esaminarli, dicendo con un tono che, sfortunata­mente, non è stato possibile trascrivere: «Povero Chapeloud! ». Insomma,la sua gioia e il suo dolore lo tenevano talmente occupato, che non provò alcuna pena nel vedere assegnato a un altro il posto di canonico, sul quale il compianto Chapeloud sperava di avere Birotteau come succes­sore. Poiché Mademoiselle Gamard lo prese volentieri a pensione, il vica­rio godette da allora di tutte quelle gioie della vita materiale che sempre gli decantava il defunto canonico. Incalcolabili vantaggi! A sentire la buon'a­nima di Chapeloud, nessuno fra tutti i preti che abitavano la città di Tours,

9

Page 10: Balzac - Il Parroco Di Tours

compreso l'arcivescovo, poteva essere l'oggetto di cure così delicate, così minuziose, come quelle prodigate da Mademoiselle Gamard ai suoi due pensionanti. Le prime parole che il canonico rivolgeva all'amico, sulla pas­seggiata pubblica, quasi sempre avevano per argomento il pranzo succulen­to che aveva appena gustato, ed era assai raro che, durante le sette passeg­giate settimanali, non gli capitasse di dire almeno quattordici volte: «La nostra irreprensibile Signorina ha davvero la vocazione di servire gli eccle­siastici!».

«Pensate un po'», diceva don Chapeloud a Birotteau, «per dodici anni consecutivi, niente mi è mai mancato: biancheria pulita, albe, cotte, faccio­le. Trovo tutti i giorni ogni cosa al suo posto, in quantità sufficiente, e pro­fumata al giaggiolo. I miei mobili sono sempre così ben strofinati e lucida­ti, che da tempo immemorabile non so più che cos'è la polvere. Ne avete forse mai visto un solo granello da me? Impossibile! E poi la legna da ar­dere è ben scelta, le più piccole cose sono eccellenti; per farla breve, sem­bra che Mademoiselle Gamard non distolga mai lo sguardo dalla mia stan­za. Non ricordo di aver suonato due volte, in dieci anni, per domandare una cosa qualsiasi. Questa sì che è vita Non dover cercare niente, nemmeno le pantofole. Trovare ogni giorno un bel fuoco, una buona tavola. Per fare un esempio: il mio soffietto mi spazientiva - era un po' tappato, come dire, aveva la laringe ostruita: non me ne sono lagnato due volte. Paff, il giorno dopo la Signorina mi ha dato un soffietto magnifico e queste molle con cui mi vedete attizzare il fuoco».

Birotteau, per tutta risposta, ripeteva: «Profumata al giaggiolo!». Questo profumata al giaggiolo lo colpiva ogni volta. Le parole del canonico tradi­vano, per il povero vicario, una felicità sovrumana: a lui albe e facciole fa­cevano saltare i nervi, perché era proprio disordinato, e spesso dimenticava perfino di farsi preparare la cena. Così, se scorgeva Mademoiselle Gamard a Saint-Gatien, mentre faceva la questua o diceva messa, non mancava mai di rivolgerle un'occhiata piena di dolcezza e benevolenza, di quelle che Santa Teresa doveva rivolgere al cielo.

Dunque, era toccato in sorte a Birotteau quel benessere che ogni creatura desidera, e che lui così spesso aveva sognato; siccome però è difficile per tutti, anche per un prete, vivere senza un pallino, da diciotto mesi il vicario aveva sostituito le sue passioni soddisfatte con il desiderio di un canonica­

10

Page 11: Balzac - Il Parroco Di Tours

to. Il titolo di canonico aveva assunto per il vicario il valore che deve avere per un Ministro plebeo la nomina a Pari di Francia. Inoltre, la probabilità di ottenerlo e i buoni auspici appena raccolti da Madame de Listomère gli avevano a tal punto montato la testa, che ricordò di aver dimenticato l'om­brello solo arrivando al suo domicilio. Probabilmente, anzi, senza la piog­gia - in quel momento torrenziale - non se ne sarebbe nemmeno ricordato, tanto era assorto nel piacere di ripetere fra sé tutto ciò che gli avevano det­to, a proposito della sua promozione, nel salotto di Madame de Listomère, anziana nobildonna presso la quale passava la serata del mercoledì. Il vica­rio suonò con forza, come per dire alla serva di non farlo aspettare. Poi si rannicchiò nell'androne della porta, in modo da bagnarsi il meno possibile; ma l'acqua che cadeva dal tetto finì proprio sulla punta delle sue scarpe, e le folate intermittenti del vento gli soffiarono addosso certi scrosci di piog­gia violenti come una doccia. Dopo aver calcolato il tempo necessario per uscire dalla cucina e venire a tirare il cordone della porta, suonò ancora in modo da produrre uno scampanellio molto eloquente. «Non possono essere usciti», si disse non udendo alcun rumore dall'interno. E per la terza volta rimise mano al campanello, producendo una musica che risuonò con tanta asprezza nella casa, e fu così puntualmente ripetuta da tutti gli echi della cattedrale, che a un tal molesto baccano era impossibile non svegliarsi. Per­ciò, dopo alcuni istanti, udì con un certo piacere misto a stizza lo zoccolio della serva sul lastricato di ciottoli. Ma le sofferenze del povero gottoso non erano ancora finite. Anziché tirare il cordone, Marianne fu costretta a aprire la serratura della porta con la chiave grande e a tirare pure i chiavi­stelli.

«Com'è che mi lasciate suonare tre volte con un tempo simile?», disse a Marianne.

«Ma, caro Reverendo, lo vedete, no?, che la porta era chiusa. Tutti dor­mono da un pezzo, sono già suonate le dieci e tre quarti. La Signorina avrà pensato che non eravate uscito».

«Ma voi mi avete visto uscire, voi! E poi, la Signorina sa bene che vado da Madame de Listomère tutti i mercoledì!».

«Che volete che vi dica, caro Reverendo, ho fatto quel che la Signorina mi ha ordinato di fare», rispose Marianne chiudendo la porta.

Le sue fantasticherie avevano cullato Birotteau nella più completa felici­

11

Page 12: Balzac - Il Parroco Di Tours

tà: tanto più duro fu il colpo che ricevette da queste parole. Tacque e seguì Marianne per prendere la sua candela, che doveva essere in cucina. Ma an­ziché entrare in cucina, Marianne lo accompagnò al suo appartamento, dove il vicario scorse la candela sopra un tavolo, davanti alla porta del sa­lotto rosso, in una specie di anticamera ricavata dal pianerottolo della scala, che il defunto canonico aveva chiuso con una grande invetriata. Ammutoli­to dallo stupore, entrò difilato nella sua stanza da letto, non vide il fuoco nel camino e chiamò Marianne, che non aveva ancora avuto il tempo di scendere.

«Com'è che non avete acceso il fuoco?», le disse. «Scusatemi, Reveren­do», rispose lei, «si sarà spento».

Birotteau guardò di nuovo il focolare, e constatò che il fuoco era rimasto coperto dalla mattina.

«Ho bisogno di asciugarmi i piedi», riprese, «accendetemi il fuoco».Marianne obbedì con la prontezza di chi ha voglia di andare a dormire.

Mentre cercava da solo le pantofole, che non trovava al centro dello scen­diletto, dove erano di solito, il prete osservò l'abbigliamento di Marianne: era evidente che non poteva essersi appena alzata dal letto, come gli aveva detto lei. Si rese conto in quel momento che da circa quindici giorni era stato privato di tutte quelle piccole attenzioni che, per diciotto mesi, gli avevano reso la vita così dolce. Ebbene, poiché l'indole di chi ha la mente angusta induce a mettere a fuoco le minuzie, subito Birotteau si lanciò in grandi riflessioni su quattro eventi che per chiunque altro sarebbero stati impercettibili, ma che per lui rappresentavano quattro catastrofi. La perdita completa della sua felicità: questo significavano le pantofole dimenticate, la menzogna di Marianne a proposito del fuoco, la candela spostata sul ta­volo dell'anticamera e l'attesa che gli avevano inflitto - mentre diluviava! - sulla soglia.

Quando il focolare fu tutto illuminato, la lampada da notte accesa e Ma­rianne uscita - senza domandargli, come faceva di solito: «Reverendo, ave­te ancora bisogno di qualcosa?» -, don Birotteau si lasciò scivolare piano piano nella bella e ampia poltrona del defunto amico; ma i suoi movimenti avevano qualcosa di triste. Il buon uomo era oppresso dal presentimento di un'orribile sventura. Il suo sguardo si posò successivamente sulla bella pendola, sul comò, sulle sedie, sulle tende, sui tappeti, sul letto quadrato a

12

Page 13: Balzac - Il Parroco Di Tours

baldacchino, sull'acquasantiera, sul crocifisso, su una Vergine di Valentin, su un Cristo di Lebrun, insomma su tutto l'arredo della camera; e l'espres­sione del suo volto rivelò le sofferenze del più tenero addio che un giovane abbia mai dato alla prima amante, o un vecchio agli ultimi alberi che ha piantato. Il vicario aveva scoperto, a dire il vero un po' tardi, i segni della sorda persecuzione che da circa tre mesi Mademoiselle Gamard esercitava contro di lui - di sicuro, un uomo d'ingegno avrebbe indovinato molto pri­ma le malvagie intenzioni della Signorina. Le zitelle non hanno forse tutte una certa tendenza a rendere acuminate le azioni e le parole suggerite dal­l'odio ? Graffiano come gatti. E poi, non solo feriscono, ma godono nel fe­rire, e nel far vedere alla loro vittima che sono riuscite a ferirla. Un uomo di mondo non si sarebbe lasciato graffiare due volte, mentre il buon Birot­teau aveva bisogno di varie zampate in faccia prima di poter credere a un'intenzione ostile.

Subito, con la sagacia indagatrice tipica dei preti abituati a dirigere le co­scienze e a cavillare su ogni quisquilia nell'oscurità del confessionale, don Birotteau si mise a formulare, come se si trattasse di una controversia dot­trinale, la proposizione seguente: «Ammettiamo pure che a Mademoiselle Gamard sia passata di mente la serata da Madame de Listomère, che Ma­rianne si sia scordata di accendere il fuoco, che abbiano pensato che fossi rientrato; dato che ho portato giù stamattina - e l'ho portata giù io stesso, in persona! - la mia candela!!!, è impossibile che Mademoiselle Gamard, ve­dendola nel salotto, abbia potuto supporre che fossi a letto. Ergo, Made­moiselle Gamard ha voluto lasciarmi fuori dalla porta sotto la pioggia; e fa­cendo riportare su da me la candela ha voluto farmi capire...». «Ma che cosa?» disse a alta voce, sopraffatto dalla gravità delle circostanze, mentre si alzava per togliersi i vestiti bagnati, prendere la vestaglia e mettersi il berretto da notte. Poi fece su e giù dal letto al caminetto, gesticolando e modulando su diverse tonalità le seguenti frasi, che andavano tutte a finire in falsetto, come per dar l'idea di un punto esclamativo:

«Che diamine le avrò fatto? Perché mai ce l'avrà con me? Non è che Ma­rianne s'è scordata del fuoco! Deve averglielo detto la Signorina di non ac­cenderlo! Se ne accorgerebbe anche un bambino, dal tono e dai modi che ha con me: per mia disgrazia, mi ha preso in odio. A Chapeloud non è mai successo niente di simile! Non ce la farò mai a vivere in mezzo ai tormenti

13

Page 14: Balzac - Il Parroco Di Tours

che... Alla mia età...».Si mise a letto con la speranza di scoprire la mattina dopo la causa di

un'avversione destinata a distruggere per sempre quella felicità che per due anni aveva assaporato, dopo averla così a lungo desiderata. Ahimè! i segre­ti motivi dei sentimenti che Mademoiselle Gamard nutriva nei suoi con­fronti dovevano rimanergli eternamente sconosciuti: non che fossero diffi­cili da indovinare, ma il pover'uomo mancava completamente di quella lu­cidità che permette alle anime grandi e ai truffatori di mettersi in discussio­ne e di giudicare se stessi. Soltanto un uomo di genio o un intrigante sono capaci di dirsi: «Mi sono sbagliato». L'interesse e il talento sono gli unici consiglieri coscienziosi e lungimiranti. E don Birotteau, la cui bontà scon­finava nell'idiozia; la cui cultura, che pure gli era costata grandi sforzi, era rimasta un'infarinatura superficiale; che non aveva alcuna esperienza del mondo né dei suoi costumi; e che viveva fra la messa e il confessionale, tutto occupato a soppesare i casi di coscienza più insignificanti, in qualità di confessore dei collegi della città e di qualche anima bella che lo apprez­zava; ebbene, don Birotteau poteva esser considerato un bambinone, cui la maggior parte delle pratiche sociali era completamente estranea. Ma l'egoi­smo innato in ogni creatura umana, rinforzato dallo speciale egoismo dei preti, e da quello tipico dell'angusta vita di provincia, si era sviluppato in lui a poco a poco, senza che se ne rendesse conto. Se qualcuno avesse tro­vato il vicario abbastanza interessante per sondare la sua anima e dimo­strargli che, nei dettagli infinitamente piccoli della sua esistenza e nei do­veri minimi della sua vita privata, egli mancava proprio di quel pio altrui­smo che credeva di professare, si sarebbe punito da solo, e si sarebbe mor­tificato senza esitare. Ma se offendiamo qualcuno, anche senza rendercene conto, ci facciamo dei nemici che poco si curano della nostra buona fede: vogliono vendicarsi e sono capaci di farlo. E dunque Birotteau, debole e in­difeso com'era, dovette ugualmente subire gli effetti di quella grande Giu­stizia distributiva, che incessantemente incarica gli uni e gli altri di esegui­re i suoi decreti, chiamati da certi sciocchi le disgrazie della vita.

Fra il compianto Chapeloud e il buon vicario c'era questo di diverso: il primo era un egoista dotato di molta abilità e di molto tatto, il secondo uno schietto e maldestro egoista. Quando don Chapeloud si mise a pensione da Mademoiselle Gamard, seppe intuire perfettamente l'indole della padrona

14

Page 15: Balzac - Il Parroco Di Tours

di casa. Il confessionale gli aveva insegnato quanta amarezza può infonde­re nel cuore di una zitella la sventura di essere esclusa dalla vita sociale: perciò seppe calcolare con saggezza la condotta da tenere nei confronti di Mademoiselle Gamard. L'affittacamere, che a quel tempo non aveva più di trentott'anni, poteva conservare ancora qualche pretesa: cosa che, in queste persone dalla vita tanto ritirata, produce più tardi un'alta stima di sé. Il ca­nonico comprese che, per vivere in buon accordo con Mademoiselle Ga­mard, doveva riservarle sempre le medesime attenzioni e le medesime cure: in questo, doveva essere più infallibile del papa. Per ottenere il risul­tato voluto, fece in modo che fra loro si stabilissero soltanto i contatti im­posti dalla buona educazione, e quelli inevitabili fra persone che vivono sotto lo stesso tetto. Così, benché sia lui, sia don Troubert, prendessero re­golarmente tre pasti al giorno, si era astenuto dal condividere la colazione in comune, abituando Mademoiselle Gamard a fargli servire a letto una tazza di caffè con panna. Poi si era risparmiato la seccatura della cena, prendendo il tè nei salotti in cui passava tutte le sue serate. Così, ben di rado vedeva la sua padrona di casa in un momento della giornata che non fosse quello del pranzo; ma faceva sempre in modo di arrivare un po' in an­ticipo. In questa specie di visita di cortesia, le aveva rivolto ogni giorno, nei dodici anni che passò in quella casa, le stesse domande, e aveva ottenu­to da lei sempre le stesse risposte. Come aveva passato la nottata Made­moiselle Gamard, la sua colazione, i piccoli avvenimenti domestici, la sua cera, la cura della sua persona, il tempo che faceva, la durata delle cerimo­nie religiose, quel che era successo durante la messa, e poi la salute di que­sto o quel prete: ecco gli argomenti che tenevano immancabilmente banco in questa conversazione ricorrente. Durante il pranzo, procedeva sempre con adulazioni indirette, passando instancabilmente dalla qualità di un pe­sce, dal sapore dei condimenti o dalla qualità di una salsa, alle qualità di Mademoiselle Gamard e alle sue virtù di ospite impeccabile. Era sicuro di solleticare tutte le vanità della zitella, decantando l'arte con cui erano pre­parati i suoi cetriolini sottaceto, le sue marmellate, le sue conserve, i suoi paté di carne, e simili invenzioni gastronomiche. Inoltre, l'astuto canonico non era mai uscito dal salotto giallo della sua padrona di casa senza dire che in nessun altro posto, a Tours, si poteva bere un caffè buono come quello che aveva appena delibato. Grazie a questa perfetta comprensione

15

Page 16: Balzac - Il Parroco Di Tours

dell'indole di Mademoiselle Gamard, e a quest'arte di saper vivere, pratica­ta dal canonico per dodici anni, non ci fu mai fra loro alcun motivo di di­scutere il benché minimo punto dell'organizzazione domestica, Don Cha­peloud aveva subito riconosciuto i tratti spigolosi e ruvidi della zitella, le asperità del suo carattere, e si era premurato di regolare le inevitabili tan­genze fra le loro persone, in modo da ottenere da lei tutto ciò che era ne­cessario alla felicità e alla tranquillità della sua vita. E così Mademoiselle Gamard diceva che don Chapeloud era davvero amabile, si accontentava di poco e per di più era uomo di spirito. Quanto a don Troubert, la devota non aveva proprio niente da dire. Entrato totalmente nella sua sfera d'influenza, come un satellite nell'orbita di un pianeta, Troubert era per lei una specie di creatura intermedia fra gli individui della specie umana e quelli della spe­cie canina; nel cuore della zitella veniva subito prima degli amici e subito dopo il grasso carlino bolso, teneramente amato; si occupava di tutto quel che lo riguardava, e i loro vincoli d'interesse divennero così stretti che mol­ti conoscenti di Mademoiselle Gamard pensavano che don Troubert avesse delle mire sul patrimonio della zitella, e per questo con pazienza instanca­bile cercasse a poco a poco di legarla a sé: quanto più sembrava obbedirle, tanto meglio la menava a bacchetta, senza dare a vedere il benché minimo desiderio di imporsi. Quando don Chapeloud morì, la zitella, che voleva un pensionante dalle abitudini tranquille, pensò spontaneamente al vicario. Il testamento del canonico non era ancora noto, che già Mademoiselle Ga­mard meditava di dare l'alloggio del defunto al suo caro don Troubert che - diceva lei - era proprio sistemato male al pianterreno. Ma quando don Bi­rotteau venne a stipulare gli articoli chirografari del contratto di pensione, la zitella lo vide così straordinariamente invaghito di quell'appartamento, per il quale così a lungo aveva covato desideri di una violenza fino a quel momento inconfessabile, che non osò parlargli di uno scambio e sacrificò l'affetto all'interesse. Per consolare il prediletto canonico, la Signorina so­stituì le grandi mattonelle bianche di Chàteau-Regnault, di cui era pavi­mentato l'appartamento, con un parquet a lisca di pesce, e fece rifare un ca­minetto che non tirava.

Don Birotteau aveva frequentato per dodici anni il suo amico Chape­loud, senza che mai gli venisse in mente di chiedersi quali fossero le ragio­ni dell'estrema circospezione dei suoi rapporti con Mademoiselle Gamard.

16

Page 17: Balzac - Il Parroco Di Tours

Trasferendosi in casa di quella santa Signorina, Birotteau si sentiva come un amante sul punto di realizzare i suoi sogni. Se anche non fosse già stato per sua natura cieco d'intelletto, i suoi occhi erano troppo abbagliati dalla felicità perché gli fosse possibile farsi un'idea esatta di Mademoiselle Ga­mard e riflettere sui limiti da imporre ai suoi rapporti quotidiani con lei. Mademoiselle Gamard, vista da lontano e attraverso il prisma deformante delle gioie materiali che il vicario sognava di assaporare in casa sua, non poteva che sembrargli una creatura immacolata, una perfetta cristiana, un'incarnazione della carità, la donna del Vangelo, la vergine saggia, ador­na di quelle virtù umili e modeste che diffondono sull'esistenza un profumo celeste. Perciò, con tutto l'entusiasmo di un uomo che raggiunge una meta lungamente agognata, con il candore di un bambino e l'ingenuità sventata di un vecchio senza esperienza del mondo, Birotteau entrò nella vita di Ma­demoiselle Gamard come una mosca s'impiglia nella tela di un ragno. Così, il primo giorno che pranzò e dormì dalla zitella, fu trattenuto in salotto dal desiderio di far conoscenza con lei, e anche da quell'inspiegabile imbaraz­zo che spesso blocca le persone timide, perché temono di essere scortesi se interrompono una conversazione per andarsene. Finì per rimanere tutta la serata. Un'altra zitella, amica di Birotteau, Mademoiselle Salomon de Vil­lenoix, si unì a loro. Mademoiselle Gamard ebbe così la gioia di organizza­re a casa sua una partita a boston. Il vicario pensò, andando a letto, che aveva passato una serata davvero piacevole. Poiché conosceva ancora mol­to superficialmente Mademoiselle Gamard e don Troubert, vide solo gli aspetti esteriori del loro carattere. Poche persone mostrano di primo acchi­to í propri difetti. Di solito, tutti cercano di avvolgersi in una scorza at­traente. Dunque, don Birotteau accarezzò il delizioso progetto di dedicare le sue serate a Mademoiselle Gatnard, anziché andarsene a passarle altrove. L'affittacamere aveva concepito da qualche anno un desiderio che si ripre­sentava ogni giorno più forte. Questo desiderio - tipico dei vecchi e pure delle belle donne - era divenuto per la Signorina una passione simile a quella di Birotteau per l'appartamento del suo amico Chapeloud: lo impri­mevano nel suo cuore l'orgoglio e l'egoismo, l'invidia e la vanità, quei sen­timenti che nella vita mondana vengono prima di tutti gli altri. Questa sto­ria non ha tempo: basta allargare un po' il cerchio angusto in fondo al quale agiscono í suoi personaggi, per trovare la ragione coefficiente degli avveni­

17

Page 18: Balzac - Il Parroco Di Tours

menti che si verificano nelle più alte sfere della società. Mademoiselle Ga­mard passava le sue serate, a turno, in sei o sette salotti diversi. Forse le di­spiaceva vedersi obbligata a uscire per cercare compagnia, e si credeva in diritto, alla sua età, di esigere che le visite le fossero ricambiate; forse il fatto di non avere un circolo che si riunisse a casa sua feriva il suo amor proprio; o forse la sua vanità desiderava i complimenti e i vantaggi di cui godevano le amiche: in ogni caso, la sua massima aspirazione era di fare del suo salotto il luogo in cui ogni sera un bel gruppetto di persone si ritro­vasse con piacere. Dopo che Birotteau e la sua amica Mademoiselle Salo­mon ebbero passato qualche serata da lei, in compagnia del fedele e pa­ziente Troubert, una sera, uscendo da Saint-Gatien, Mademoiselle Gamard disse alle sue buone amiche - delle quali fino a allora si era sempre consi­derata come una specie di sguattera - che chi desiderava vederla poteva ben venire una volta alla settimana da lei: nel suo salotto si riuniva un numero di amici sufficiente per fare una partita di boston; non poteva certo lasciar solo don Birotteau, il suo nuovo pensionante; e poi Mademoiselle Salomon era venuta sempre, puntualmente, ogni sera; lei doveva proprio tener com­pagnia ai suoi amici, e poi... e poi... ecc., ecc. Le sue parole furono tanto più umilmente altere e prolissamente melliflue in quanto Mademoiselle Sa­lomon de Villenoix apparteneva alla migliore aristocrazia di Tours. Sebbe­ne Mademoiselle Salomon andasse da lei unicamente perché era amica del vicario, la Gamard si vantava trionfante di averla nel suo salotto e, grazie a don Birotteau, si vide sul punto di realizzare il suo grande sogno: dar vita a un circolo che potesse divenire tanto frequentato e tanto piacevole quanto quelli di Madame de Listomère, di Mademoiselle Merlin de La Blottière, e di altre pie dame che avevano il privilegio di ricevere la crema delle perso­ne devote di Tours. Ma, ahimè! don Birotteau fece abortire le speranze di Mademoiselle Gamard. Ebbene, tutti coloro che sono riusciti a godere, in vita loro, di una felicità a lungo agognata, se hanno compreso quale gioia poté provare il vicario infilandosi nel letto di Chapeloud, potranno anche farsi un'idea del dolore provato da Mademoiselle Gamard, quando il suo piano prediletto fece naufragio. Dopo aver accettato, con parecchia pazien­za, la propria felicità per sei mesi, Birotteau disertò il salotto, portando via con sé Mademoiselle Salomon. Nonostante i suoi sforzi inauditi, l'ambizio­sa Gamard era riuscita a reclutare appena cinque o sei persone, la cui assi­

18

Page 19: Balzac - Il Parroco Di Tours

duità lasciava peraltro molto a desiderare; e ci volevano almeno quattro fe­delissimi per una partita di Boston. Perciò fu costretta a fare onorevolmen­te ammenda e a ritornare dalle sue vecchie amiche, perché le zitelle stanno troppo male in compagnia di se stesse per non cercare i dubbi piaceri della vita sociale. E facile indovinare la causa della diserzione di Birotteau. Quantunque al vicario debba un giorno appartenere il regno dei cieli, poi­ché è stato detto: Beati i poveri di spirito!, come molti sciocchi, non poteva sopportare la noia che gli procuravano altri sciocchi. Le persone scarse d'intelligenza assomigliano alle erbacce: attecchiscono volentieri nei terre­ni migliori; quanto più da sole si annoiano, tanto più gradiscono la compa­gnia di chi è capace di farle divertire. L'incarnazione del tedio di cui sono vittime, unita al bisogno di divorziare perpetuamente da se stesse, genera la loro tipica irrequietezza e la necessità di essere sempre là dove non sono, che le accomuna a chi è privo di sensibilità, a chi ha fallito il suo scopo nella vita, o a chi soffre per propria colpa. Senza sondare più di tanto il vuoto, la nullità di Mademoiselle Gamard, senza darsi una spiegazione del­la meschinità delle sue idee, il povero don Birotteau si accorse un po' trop­po tardi, per sua disgrazia, dei difetti che condivideva con tutte le zitelle e di quelli specificamente suoi. Di solito il male, negli altri, spicca così vigo­rosamente, oscurando il bene, che quasi sempre ci salta agli occhi prima di poterci ferire. Questo fenomeno morale potrebbe spiegare, fra l'altro, l'in­clinazione più o meno forte che ci induce alla maldicenza. Socialmente parlando, è così naturale schernire le imperfezioni altrui, che dovremmo perdonare i pettegolezzi e le prese in giro giustificati dagli aspetti ridicoli della nostra personalità, e indignarci soltanto per le calunnie. Ma la mente del buon vicario non assumeva mai quell'ottica che permette agli uomini di mondo di mettere a fuoco e evitare prontamente le asperità del prossimo; per riconoscere i difetti della sua padrona di casa, fu quindi costretto a su­bire l'avvertimento che la natura dà a tutte le sue creature: il dolore! Le zi­telle, non avendo piegato il loro carattere e la loro vita a un'altra vita e a al­tri caratteri, come vuole il destino della donna, nella maggior parte dei casi hanno la mania di voler piegare tutto ciò che le circonda. In Mademoiselle Gamard, questa disposizione d'animo degenerava nel dispotismo, ma un di­spotismo che poteva esercitarsi solo nelle piccole cose. Così, per fare un esempio fra i tanti, il cestino delle fiches e dei gettoni, posato sulla tavola

19

Page 20: Balzac - Il Parroco Di Tours

da boston per don Birotteau, doveva restare dove lo aveva messo lei; e il prete la irritava profondamente quando lo spostava – cosa che avveniva quasi tutte le sere. Da dove proveniva questa suscettibilità? perché se la prendeva stupidamente per cose di nessuna importanza? qual era il suo sco­po? Nessuno avrebbe potuto dirlo, la stessa Mademoiselle Gamard lo igno­rava. E vero che il vicario era per natura remissivo come un agnello; ma neppure a lui, come del resto alle pecore, faceva piacere essere accarezzato troppo spesso dal bastone del pastore, soprattutto se chiodato. Senza riusci­re a spiegarsi l'infinita pazienza di don Troubert, Birotteau volle sottrarsi alla felicità che Mademoiselle Gamard pretendeva di imbandirgli a modo suo, giacché la zitella non faceva una gran differenza fra la felicità e le sue conserve; ma il disgraziato, dando ascolto all'ingenuità della sua indole, fece le cose nel modo più maldestro. E dunque la separazione diede luogo a punzecchiature e provocazioni – che don Birotteau si sforzò di non racco­gliere.

Alla fine del primo anno passato sotto il tetto di Mademoiselle Gamard, il vicario aveva ripreso le sue vecchie abitudini: andava a passare due sere a settimana da Madame de Listomère, tre da Mademoiselle Salomon e le altre due da Mademoiselle Merlin de la Blottière. Queste signore apparte­nevano all'aristocrazia di Tours e di certo non ricevevano Mademoiselle Gamard. Perciò l'affittacamere fu profondamente offesa dall'abbandono di don Birotteau, che le faceva toccare con mano il suo scarso valore: ogni scelta, infatti, implica un certo disprezzo per l'oggetto rifiutato.

«Il Reverendo don Birotteau trova che non siamo una compagnia abba­stanza piacevole per lui», disse don Troubert agli amici di Mademoiselle Gamard, quando la zitella fu costretta a rinunciare alle sue serate. «E un uomo di spirito, un buongustaio! Gli ci vuole il lusso, e gente raffinata, conversazioni frizzanti, con tutti i pettegolezzi della città».

Queste parole permettevano sempre a Mademoiselle Gamard di difende­re la bontà del suo carattere, a spese di Birotteau.

«Non è poi così vero che è un uomo di spirito», diceva. «Senza don Cha­peloud, non sarebbe mai stato ricevuto da Madame de Listomère. Ah! ho perso un tesoro, perdendo don Chapeloud. Che uomo amabile! e come si accontentava di poco! In dodici anni, con lui, non ho mai avuto la minima difficoltà né il minimo disaccordo: ho detto tutto».

20

Page 21: Balzac - Il Parroco Di Tours

Mademoiselle Gamard fece di don Birotteau un ritratto così poco lusin­ghiero, che in quella cerchia borghese, segretamente avversa alla cerchia aristocratica, l'innocente reverendo passò per un uomo veramente bisbetico e intrattabile. Poi, per qualche settimana, la zitella ebbe il piacere di farsi consolare dalle amiche,senza pensare una sola parola di quel che dicevano, le ripetevano continuamente: «Com'è possibile che voi, così dolce e così buona, abbiate ispirato una tale antipatia...». Oppure: «Non ci pensate, mia cara Mademoiselle Gamard, lo sanno tutti com'è il vostro carattere, e allo­ra...», ecc.

Ma, ben felici di risparmiarsi una serata alla settimana nel Chiostro, il luogo più deserto, più buio e più lontano dal centro che ci fosse a Tours, tutte benedicevano il vicario.

Fra persone sempre a contatto, l'odio e l'amore crescono continuamente: si trovano in ogni momento nuovi motivi per amarsi o per odiarsi ancora di più. Così, per Mademoiselle Gamard, don Birotteau divenne insopportabi­le. Diciotto mesi dopo che la zitella l'aveva preso a pensione, quando il buon uomo credeva di scorgere, nel silenzio dell'odio, la pace della soddi­sfazione, e si compiaceva di aver saputo - come diceva lui - andare d'amore e d'accordo con la zitella, divenne l'oggetto di una sorda persecuzione e di una vendetta freddamente calcolata. Soltanto i quattro eventi capitali - la porta chiusa, le pantofole dimenticate, il fuoco spento, la candela portata di sopra - potevano rivelargli questa terribile inimicizia, le cui conseguenze ultime lo avrebbero colpito quando ormai sarebbero state irreparabili. E dunque, mentre stava per addormentarsi, il buon vicario si spremeva le me­ningi - sforzo inutile, ché c'era poco da spremere - per cercare di spiegarsi il comportamento incredibilmente maleducato di Mademoiselle Gamard. Il fatto è che in passato aveva sempre agito in modo perfettamente logico, obbedendo alle leggi naturali del suo egoismo; perciò ora gli era impossibi­le indovinare i torti commessi nei confronti della padrona di casa. Se le cose grandi sono semplici da capire, facili da esprimere, alle piccolezze dell'esistenza servono molti dettagli. Gli avvenimenti che in un certo senso costituiscono il prologo di questo dramma borghese - in cui tuttavia le pas­sioni esplodono violente come se fossero eccitate da grandi interessi - esi­gevano questa lunga introduzione: per uno storico scrupoloso sarebbe stato difficile riassumerne più brevemente i minuziosi sviluppi.

21

Page 22: Balzac - Il Parroco Di Tours

La mattina dopo, svegliandosi, Birotteau pensò così intensamente al suo canonicato che quasi dimenticò le quattro circostanze nelle quali, il giorno prima, aveva intravisto i sinistri presagi di un avvenire pieno di sventure. Il vicario non era il tipo che si alza senza fuoco: suonò per avvertire Marian­ne del suo risveglio e farla salire da lui; poi rimase, come sempre, immerso nelle torpide fantasticherie durante le quali la domestica, accendendo il ca­minetto, era solita strapparlo dolcemente all'ultimo sonno con il ronzio del­le sue domande e del suo andare avanti e indietro - una specie di musica che gli piaceva. Passò una mezz'ora senza che Marianne si facesse viva. Il vicario, già mezzo canonico, stava per suonare di nuovo, ma sentendo un rumore di passi maschili proveniente dalle scale, lasciò il cordone del cam­panello. In effetti don Troubert, dopo aver bussato con discrezione alla porta e aver chiesto permesso a Birotteau, entrò nella stanza. Tale visita, che i due preti si scambiavano regolarmente circa una volta al mese, non sorprese minimamente il vicario. Subito il canonico si stupì che Marianne non avesse ancora acceso il fuoco del suo quasi collega. Aprì una finestra, chiamò Marianne con voce brusca e le ordinò di salire da Birotteau; poi si voltò verso il confratello: «Se Mademoiselle sapesse che non vi ha ancora acceso il fuoco, sgriderebbe Marianne».

Poi s'informò della salute di Birotteau e gli domandò con voce dolce se avesse qualche buona nuova che gli facesse sperare di esser nominato ca­nonico. Il vicario gli spiegò le sue mosse e ingenuamente gli svelò i nomi di coloro su cui Madame de Listomère faceva pressioni; ignorava che Troubert non aveva mai perdonato alla nobildonna di non averlo ricevuto nel suo salotto, lui, don Troubert, già due volte sul punto di diventare vica­rio generale della diocesi.

Era impossibile incontrare due figure che offrissero tanti contrasti quanti ne presentavano i due preti. Troubert, alto e magro, aveva un colorito gial­lastro e bilioso, mentre il vicario, per dirla alla buona, era proprio grassot­tello. Tonda e rubiconda, la faccia di Birotteau dava l'idea di una paciosità priva d'idee; mentre quella di Troubert, allungata e solcata da rughe pro­fonde, assumeva a tratti un'espressione piena d'ironia o di disprezzo; ma per scorgere questi due sentimenti bisognava osservarlo con molta atten­zione. Il canonico rimaneva di solito perfettamente calmo, tenendo le pal­pebre quasi sempre abbassate su due occhi il cui colore aveva sfumature

22

Page 23: Balzac - Il Parroco Di Tours

aranciate e il cui sguardo, quando voleva, si faceva chiaro e penetrante. Ca­pelli rossi completavano questa cupa fisionomia, continuamente oscurata dal velo che gravi meditazioni gettavano sui lineamenti. Molti, all'inizio, l'avevano creduto tutto preso da una grande e profonda ambizione; ma co­loro che pretendevano di conoscerlo meglio avevano finito per screditare questa opinione, sostenendo che era istupidito dal dispotismo di Mademoi­selle Gamard o affaticato da troppo lunghi digiuni. Parlava raramente e non rideva mai. Quando provava un'emozione piacevole, gli sfuggiva un debole sorriso che si perdeva fra le pieghe del volto. Al contrario, Birotteau era espansivo e schietto, gli piaceva mangiar bene e si divertiva per qualsiasi sciocchezza, con la semplicità di un uomo senza fiele e senza malizia. Don Troubert provocava a prima vista un senso di terrore involontario, mentre il vicario, a chi lo incontrava, non poteva non strappare un sorriso. Quando l'alto canonico camminava con passo solenne attraverso le arcate e le nava­te di Saint-Gatien, con la fronte reclinata e l'occhio severo, incuteva rispet­to: la sua figura incurvata era in armonia con le volte ingiallite della catte­drale, le pieghe della sua sottana avevano qualcosa di monumentale, degno dell'arte statuaria. Invece il buon vicario si aggirava nella chiesa senza gra­vità, trotterellava, e quando andava in qua e in là, sembrava rotolare su se stesso. Questi due uomini avevano però una cosa in comune. Come l'aria ambiziosa di Troubert, rendendolo temibile, probabilmente aveva contri­buito a condannarlo al ruolo insignificante di semplice canonico, il caratte­re e i modi di Birotteau sembravano votarlo in eterno al vicariato della cat­tedrale. Tuttavia, arrivato all'età di cinquant'anni, don Troubert, con il suo comportamento modesto, con l'apparente mancanza di ambizione e con la sua vita irreprensibile, aveva completamente dissipato i timori che i suoi supposti talenti e il suo terribile aspetto avevano fatto nascere nei superiori. Poiché inoltre, da un anno, la sua salute si era gravemente alterata, la sua imminente promozione al vicariato generale della diocesi sembrava proba­bile. I suoi stessi avversari desideravano la sua nomina, per aver modo di preparare meglio la loro, nel poco tempo che una malattia ormai diventata cronica gli avrebbe concesso di vivere. Lungi dal suggerire le stesse spe­ranze, il triplo mento di Birotteau mostrava ai rivali, che gli contendevano il canonicato, i sintomi di una salute florida, e la sua gotta sembrava garan­tire che, come dice il proverbio, sarebbe campato cent'anni. Don Chape­

23

Page 24: Balzac - Il Parroco Di Tours

loud, uomo intelligente e accorto, così amabile che i personaggi più in vista della città, laici e religiosi, cercavano la sua compagnia, si era sempre op­posto, ma in segreto e con astuzia, alla promozione di don Troubert. Gli aveva anzi chiuso abilmente le porte di tutti i salotti in cui si riuniva la mi­gliore società di Tours, sebbene, mentre era in vita, Troubert l'avesse sem­pre trattato con grande rispetto, dimostrandogli a ogni occasione la massi­ma deferenza. Questa costante sottomissione non era riuscita a cambiare l'opinione del defunto canonico che, durante la sua ultima passeggiata, di­ceva ancora a Birotteau: «Diffidate di quello spilungone di Troubert! È una specie di Sisto V in scala diocesana». Questo era l'amico, il commensale di Mademoiselle Gamard: proprio il giorno dopo che la zitella aveva, per così dire, dichiarato guerra al povero Birotteau, veniva a far visita al vicario, come per dimostrargli la sua amicizia.

«Dovete perdonare Marianne», disse il canonico vedendola entrare. «Credo che oggi sia venuta prima da me. Il mio appartamento è molto umi­do e io non ho smesso di tossire per tutta la notte. Voi non avete di questi problemi, qui», aggiunse guardando gli stucchi che giravano intorno al sof­fitto.

«Oh! io, qui, ci sto come un canonico», rispose Birotteau sorridendo.«E io come un vicario», replicò umilmente l'altro.«Sì, ma voi alloggerete presto all'Arcivescovado», disse il buon prete,

che voleva vedere tutti felici.«Eh! oppure al cimitero. Ma sia fatta la volontà di Dio!». E Troubert

alzò gli occhi al cielo con un gesto di rassegnazione. «Venivo», aggiunse, «per chiedervi in prestito il catalogo dei benefici ecclesiastici. A Tours solo voi lo possedete».

«Prendetelo dalla mia biblioteca», rispose Birotteau, cui l'ultima frase del canonico aveva riportato alla mente tutti i piaceri della sua vita felice.

Il canonico andò in biblioteca e lì restò per tutto il tempo che il vicario impiegò a vestirsi. Poco dopo risuonò la campanella della colazione e il gottoso, pensando che senza la visita di Troubert si sarebbe dovuto alzare senza fuoco, si disse: «E un brav'uomo!».

I due preti scesero insieme, entrambi armati di un enorme in folio, che appoggiarono su una delle mensole della sala da pranzo.

«Che cos'è quella roba?» domandò sgarbatamente Mademoiselle Ga­

24

Page 25: Balzac - Il Parroco Di Tours

mard rivolgendosi a Birotteau. «Spero che non abbiate intenzione di in­gombrare la mia sala da pranzo con i vostri libroni».

«Sono libri che servono a me», rispose don Troubert, «il signor vicario ha avuto la gentilezza di prestarmeli».

«Avrei dovuto immaginarmelo», disse lei lasciandosi sfuggire un sorriso sprezzante. «Non capita spesso che don Birotteau legga dei mattoni come quelli».

«Come state, Mademoiselle?», riprese il pensionante con voce flautata.«Mica tanto bene», rispose lei seccamente. «Per colpa vostra ieri sera

sono stata svegliata nel primo sonno, e poi per tutta la notte ne ho risentito». Sedendosi, Mademoiselle Gamard aggiunse: «Signori, il latte si raffredda».

Sbalordito dall'accoglienza tanto sgarbata della padrona di casa, dalla quale si aspettava invece delle scuse, ma al tempo stesso spaventato, come tutte le persone timide, dalla prospettiva di un litigio, il povero vicario si sedette in silenzio. Poi, scorgendo nel volto di Mademoiselle Gamard i sin­tomi di un evidente malumore, continuò a rimanere in conflitto con la sua ragione, che gli ordinava di non tollerare la mancanza di rispetto della zi­tella, mentre il suo carattere lo portava a evitare uno scontro. In balia di un simile dissidio interiore, Birotteau cominciò a esaminare scrupolosamente le grandi striature verdi dipinte sullo spesso taffettà incerato che, per un'a­bitudine che risaliva a tempi immemorabili, la Gamard lasciava sulla tavola durante la colazione, senza badare né ai bordi logori né ai numerosi strappi di questa tovaglia. I due pensionanti erano sistemati l'uno di fronte all'altro, ciascuno seduto in una poltrona di vimini, ai due lati opposti dell'imponen­te tavola quadrata, il cui centro era occupato dalla padrona di casa, che do­minava la situazione dall'alto del suo seggiolone montato su due predellini, foderato di cuscini e addossato alla stufa della sala da pranzo. Questa stan­za e il salotto per gli ospiti si trovavano al pianterreno, sotto la camera e il salotto di Birotteau. Dopo aver ricevuto da Mademoiselle Gamard la sua tazza di caffè zuccherato, il vicario rimase agghiacciato dal profondo silen­zio nel quale si svolgeva il rito abitualmente così lieto della colazione. Non osava guardare né l'arida figura di Troubert, né il volto minaccioso della zi­tella, e per darsi un contegno si voltò verso il grosso carlino, decisamente obeso, che, accucciato su un cuscino accanto alla stufa, non si muoveva

25

Page 26: Balzac - Il Parroco Di Tours

mai di lì, trovando sempre alla sua sinistra un piattino pieno di leccornie e alla sua destra una ciotola di acqua fresca.

«Allora, bello mio», gli disse, «anche tu aspetti il tuo caffè».Questo personaggio, uno dei più importanti della casa, ma poco invaden­

te perché non abbaiava più e lasciava la parola alla sua padrona, alzò su Bi­rotteau gli occhietti quasi scomparsi sotto le grinze rigonfie di grasso che gli deformavano il muso, e poi li richiuse sornione. Per comprendere la sofferenza del povero vicario, basti dire che, dotato di una loquacità vuota e sonora come il rumore di un pallone che rimbalza, sosteneva - senza aver mai potuto dare ai medici una sola ragione della sua opinione - che le paro­le favoriscono la digestione. La Gamard, che condivideva questa dottrina igienica, nonostante i loro dissapori non aveva ancora mancato, mai, di parlare durante i pasti; ma da qualche mattina il vicario si era lambiccato invano il cervello, per farle domande insidiose e provare a scioglierle la lingua. Se lo spazio assai limitato di questa storia permettesse di riportare una sola di tali conversazioni, che quasi sempre suscitavano il sorriso ama­ro e beffardo di don Troubert, avremmo un quadro perfetto dell'esistenza vuota e sciocca dei provinciali. Forse qualche persona di spirito verrebbe a conoscere non senza piacere gli strani discorsi che permettevano a don Bi­rotteau e a Mademoiselle Gamard di sviluppare le loro personali opinioni sulla politica, la religione e la letteratura. Ci sarebbe certamente qualcosa di comico da riferire: per esempio le ragioni che entrambi avevano di dubi­tare seriamente, nel 1826, della morte di Napoleone; oppure le congetture che li portavano a credere alla sopravvivenza di Luigi XVII, salvato nella cavità di un grosso ceppo. Chi non avrebbe riso sentendoli affermare, per ragioni evidentemente tutte loro, che il re di Francia disponeva da solo di tutte le imposte, che le Camere esistevano per distruggere il clero, che più di un milione e trecentomila persone erano morte sul patibolo durante la ri­voluzione? Poi parlavano della Stampa senza conoscere il numero dei gior­nali, senza avere la minima idea di quel che fosse quest'invenzione moder­na. E ancora, Birotteau ascoltava Mademoiselle Gamard con molta atten­zione, quando affermava che un uomo, se ingurgitava un uovo ogni matti­na, doveva immancabilmente morire alla fine dell'anno: era provato; e che un panino morbido al latte, mangiato per qualche giorno senza bere, guari­va dalla sciatica; e che tutti gli operai che avevano lavorato alla demolizio­

26

Page 27: Balzac - Il Parroco Di Tours

ne dell'Abbazia di Saint-Martin erano defunti nel giro di sei mesi; e che un certo prefetto aveva fatto tutto il possibile, sotto Bonaparte, per abbattere le torri di Saint-Gatien; e mille altre storie assurde.

Ma in quel momento Birotteau si sentì la lingua come morta e quindi si rassegnò a mangiare senza conversare. Ben presto trovò quel silenzio peri­coloso per il suo stomaco e audacemente disse: «Questo caffè è davvero eccellente!». Fu un atto di coraggio del tutto inutile. Dopo aver guardato il cielo attraverso il poco spazio che separava, sopra il giardino, i due neri ar­chi di sostegno di Saint-Gatien, il vicario ebbe ancora il coraggio di dire: «Oggi il tempo sarà migliore di ieri...».

A questo proposito, Mademoiselle Gamard si accontentò di rivolgere la più graziosa delle sue occhiate a don Troubert, per poi riportare i suoi oc­chi, carichi di una severità terribile, su Birotteau, che per fortuna aveva ab­bassato i suoi.

Nessuna creatura di sesso femminile era capace di incarnare la natura elegiaca della zitella meglio di Mademoiselle Gamard; ma per dipingere nel modo migliore un essere il cui carattere conferisce un interesse immen­so ai piccoli avvenimenti di questo dramma e alla vita precedente dei per­sonaggi che ne sono gli attori, forse è necessario riassumere qui le idee che trovano espressione nella persona della zitella: le abitudini plasmano l'ani­ma e l'anima plasma la fisionomia. Se tutto, nella società umana come nel mondo naturale, deve avere un fine, quaggiù ci sono certamente alcune esi­stenze il cui fine e la cui utilità sono inspiegabili. La morale e l'economia politica condannano alla stessa maniera l'individuo che consuma senza pro­durre, che occupa un posto sulla terra senza diffondere intorno a sé né bene né male; perché il male è verosimilmente un bene i cui risultati non si ma­nifestano immediatamente. E raro che le zitelle non si mettano da sé in questa classe di esseri improduttivi. Ora, se la consapevolezza del lavoro svolto suscita nelle persone attive un sentimento di soddisfazione che le aiuta a sopportare la vita, la certezza di essere a carico di altri, o anche solo inutili, deve produrre l'effetto contrario e ispirare per se stesse, nelle perso­ne inerti, il disprezzo che generano negli altri. Questa dura riprovazione so­ciale è una delle cause che, all'insaputa delle zitelle, contribuisce a iniettare nelle loro anime il dolore che i loro volti esprimono. Un pregiudizio non privo, forse, di fondamento getta costantemente e dovunque - e in Francia

27

Page 28: Balzac - Il Parroco Di Tours

ancora più che altrove - una luce molto negativa sulla donna con la quale nessuno ha voluto condividere le gioie e sopportare i dolori della vita. Eb­bene, per le donne arriva un'età in cui la gente, a torto o a ragione, le con­danna sulla base del disdegno di cui sono vittime. Brutte, la bontà del ca­rattere avrebbe dovuto riscattare le imperfezioni della natura; belle, la loro sventura deve avere avuto cause ben gravi. Non si sa quali, fra le une e le altre, meritino maggiore ripulsa. Se poi restano volutamente nubili, per de­siderio d'indipendenza, né gli uomini né le madri perdonano la loro scelta, perché hanno voltato le spalle al femminile spirito di sacrificio, si sono ne­gate alle passioni che rendono il loro sesso così poetico: rinunciare ai dolo­ri della donna significa abdicare al suo ideale e non meritare, perciò, le dol­ci consolazioni alle quali una madre ha sempre incontestabilmente diritto. E poi i sentimenti generosi, le squisite qualità della donna si sviluppano solo con un esercizio costante; se resta nubile, un essere di sesso femminile diventa una contraddizione in termini: egoista e fredda, fa orrore. Questa sentenza impietosa è sfortunatamente troppo giusta perché le zitelle ne ignorino i motivi. Sono idee che germogliano naturalmente nei loro cuori, come gli effetti della loro triste esistenza s'imprimono sui loro lineamenti. E dunque appassiscono, perché non hanno mai provato la costante espan­sione o la felicità che fanno sbocciare la bellezza sul volto delle donne e rendono languidi i loro movimenti. Poi diventano acide e tristi, perché un essere che non ha seguito la sua vocazione è infelice; soffre, e la sofferenza genera cattiveria. Infatti, prima di dar la colpa della sua solitudine a se stes­sa, per lungo tempo la zitella accusa tutti gli altri. Dall'accusa al desiderio di vendetta, il passo è breve. Insomma, i modi sgarbati che caratterizzano le zitelle sono, ancora una volta, il risultato necessario della loro vita. Non avendo mai provato il bisogno di piacere, sono aliene dall'eleganza e dal buon gusto. Si osservano soltanto con i propri occhi, mai con quelli degli altri; così, a poco a poco, sono portate a scegliere le cose che risultano co­mode per loro, e non quelle che possono essere gradevoli per gli altri. Sen­za rendersi ben conto della differenza che passa fra loro e le altre donne, fi­niscono per intuirla e quindi per soffrirne. La gelosia è un sentimento inde­lebile nel cuore femminile. Le zitelle sono dunque gelose a vuoto e cono­scono solo il lato doloroso dell'unica passione che gli uomini perdonano al gentil sesso, perché li lusinga. Così, frustrate in tutti i loro desideri, obbli­

28

Page 29: Balzac - Il Parroco Di Tours

gate a comprimere le inclinazioni della loro natura, le zitelle vivono un conflitto interiore al quale non s'abituano mai. Non è forse terribile a ogni età, soprattutto per una donna, leggere sui volti un sentimento di ripulsa, quando invece il suo destino dovrebbe essere quello di suscitare nei cuori, intorno a sé, soltanto sensazioni piacevoli? Perciò lo sguardo di una zitella è sempre obliquo, non tanto per modestia, quanto piuttosto per paura e ver­gogna. Questi esseri non perdonano alla società la loro posizione falsa, per­ché non riescono a perdonarla a se stessi. Perché è davvero impossibile che una persona perpetuamente in guerra con se stessa, o in contraddizione con la vita, lasci gli altri in pace e non ne invidi la felicità. Tutto quanto questo universo di idee tristi era concentrato negli occhi grigi e spenti di Made­moiselle Gamard; e le occhiaie nere e profonde, che li cerchiavano, rivela­vano le lunghe battaglie della sua vita solitaria. Tutte le rughe del suo volto erano diritte. L'ossatura della fronte, della testa, delle gote era rigida e sec­ca. Lasciava crescere, senza curarsene, i peli, un tempo bruni, di certi nei sparsi sul mento. Le labbra sottili coprivano appena i denti troppo lunghi ma ancora bianchi. Era di carnagione scura; i capelli, un tempo neri, erano stati sbiancati da terribili emicranie. Perciò era costretta a portare una fa­scia di capelli posticci; ma siccome non sapeva metterla in modo da dissi­mularne l'attaccatura, spesso s'intravedeva un piccolo interstizio fra il bor­do della cuffia e il laccio nero che reggeva questa specie di mezza parruc­ca, i cui boccoli erano arricciati in maniera alquanto approssimativa. L'abi­to, di taffettà d'estate e di lana merino d'inverno, ma sempre color suora carmelitana, le stringeva un po' troppo la vita sgraziata e le braccia magre. Continuamente ripiegato, il colletto lasciava scoperta la pelle rossastra del collo, artisticamente striata come una foglia di quercia vista in controluce. La sua origine spiegava almeno in parte i difetti del suo fisico. Era figlia di un mercante di legnami, una specie di villan rifatto. Forse a diciott'anni era stata fresca e in carne, ma ormai non restava traccia del colorito chiaro e luminoso che si vantava di aver avuto. La sua carnagione aveva preso le to­nalità livide tipiche delle bigotte. Fra i lineamenti del volto, il naso aquilino contribuiva più di tutti a esprimere il suo carattere dispotico, mentre la fronte piatta tradiva una mente dalle vedute ristrette. Si muoveva a scatti, in modo bizzarro e sgraziato; e anche solo vedendola prendere il fazzoletto dalla borsetta per soffiarsi fragorosamente il naso, avreste indovinato il suo

29

Page 30: Balzac - Il Parroco Di Tours

carattere e le sue abitudini. Piuttosto alta, si teneva perfettamente eretta, giustificando così l'opinione di un naturalista, che ha spiegato fisicamente l'andatura di tutte le zitelle sostenendo che le loro giunture si saldano. Camminava senza distribuire armoniosamente il movimento fra le varie parti del corpo in modo da produrre quelle ondulazioni che nelle donne sono così graziose e attraenti; avanzava, per così dire, tutta d'un pezzo, e a ogni passo sembrava apparire all'improvviso come la statua del Commen­datore. Nei momenti di buonumore dava a intendere, come tutte le zitelle, che naturalmente avrebbe potuto sposarsi, ma che per fortuna si era accorta in tempo della malafede del suo spasimante; e così, senza rendersene con­to, condannava il suo cuore a beneficio della sua intelligenza calcolatrice.

Questo tipico esempio del genere zitella era adeguatamente incorniciato dalle grottesche invenzioni di una carta da parati a paesaggi turchi, che or­nava le pareti della sala da pranzo. Mademoiselle Gamard soggiornava abi­tualmente in questa stanza, ornata da due mensole e da un barometro. Dove sedeva ciascuno dei due preti, c'era un piccolo cuscino ricamato, dai colori sbiaditi. Il salotto dove riceveva gli ospiti era degno di lei. Si fa presto a descriverlo: basti dire che si chiamava il salotto giallo. Le tende erano gial­le, mobili e tappezzerie pure; sul camino, ornato da uno specchio con la cornice dorata, i candelabri e la pendola di cristallo diffondevano un ba­gliore che feriva l'occhio. Quanto all'appartamento privato di Mademoisel­le Gamard, nessuno aveva mai avuto il permesso di mettervi piede. Si pote­va soltanto supporre che fosse pieno di quelle cianfrusaglie, di quei mobili stravecchi, di quei logori orpelli, di cui tutte le zitelle sì circondano e cui tengono tanto.

Questa era la persona che più di ogni altra era destinata a esercitare il suo influsso sugli ultimi giorni di don Birotteau.

Non essendo in condizione di consumare secondo natura l'energia data alla donna, ma non potendo fare a meno di usarla in un modo o nell'altro, l'aveva investita negli intrighi meschini, nei pettegolezzi di provincia e ne­gli intrallazzi egoistici di cui finiscono per occuparsi a tempo pieno tutte le zitelle. Birotteau, per sua disgrazia, aveva suscitato in Sophie Gamard il solo sentimento che questa miserabile creatura era in grado di provare: l'o­dio, che nell'orizzonte tranquillo e monotono - e nel suo caso particolar­mente ristretto - della vita di provincia era rimasto fino a quel momento la­

30

Page 31: Balzac - Il Parroco Di Tours

tente, ma sarebbe diventato tanto più intenso, quanto più si sarebbe eserci­tato su piccole cose e in un ambiente angusto. Birotteau era una di quelle persone predestinate a subire di tutto perché, non essendo capaci di vedere niente, non riescono a evitare niente: alla gente così, prima o poi succede di tutto.

«Sì, oggi il tempo sarà bello», rispose dopo un po' il canonico, che parve riscuotersi da un sogno a occhi aperti e voler mettere in pratica le leggi del­la buona educazione.

Birotteau, spaventato dal tempo intercorso fra la domanda e la risposta, dopo aver bevuto il caffè senza conversare per la prima volta in vita sua, lasciò la sala da pranzo, dove si sentiva il cuore serrato come in una morsa. Siccome il caffè gli era rimasto sullo stomaco, se ne andò a passeggiare tri­stemente negli angusti vialetti del giardino, delimitati da siepi di bosso e disposti a forma di stella. Ma voltandosi dopo il primo giro, vide Made­moiselle Gamard e don Troubert appostati in silenzio sulla porta del salot­to: lui con le braccia incrociate e immobile come una statua funeraria; lei appoggiata alla porta-persiana. Osservandolo, entrambi sembravano conta­re i suoi passi. Niente è più imbarazzante, per un uomo timido, che essere esaminato con curiosità; ma se per di più è osservato da occhi pieni di odio, la sua sofferenza si trasforma in un martirio insopportabile. Subito don Birotteau si disse che stava impedendo a Mademoiselle Gamard e a don Troubert di passeggiare. Quest'idea, ispirata al tempo stesso dalla pau­ra e dalla bontà, s'impose con tale impeto alla sua mente che lo spinse a sgomberare il campo. Se ne andò, senza più pensare, ormai, al suo canoni­cato, tanto era assorbito dall'esasperante tirannia della zitella. Trovò per caso, e fortunatamente per lui, molto di cui occuparsi a Saint-Gatien: diver­si funerali, un matrimonio e due battesimi. Riuscì così a dimenticare i suoi dispiaceri. Ma quando il suo stomaco gli annunciò l'ora del pranzo, tirò fuori l'orologio non senza spavento, vedendo che erano già le quattro pas­sate da qualche minuto. Conosceva bene la puntualità di Mademoiselle Ga­mard e dunque si affrettò a tornare a casa.

Vide in cucina la prima portata che era già stata sparecchiata. Poi, quan­do entrò nella sala da pranzo, la zitella gli disse con un tono di voce che la­sciava trapelare al tempo stesso l'acrimonia di un rimprovero e la gioia di cogliere in fallo il suo pensionante: «Sono le quattro e mezzo, don Birot­

31

Page 32: Balzac - Il Parroco Di Tours

teau. Sapete bene che non siamo tenuti a aspettarci».Il vicario guardò la pendola della sala da pranzo e dal modo in cui era

stato sistemato il velo di garza che la proteggeva dalla polvere, capì che la padrona di casa l'aveva montata quella mattina, per il gusto dispettoso di farla andare avanti rispetto all'orologio di Saint-Gatien. Non era proprio il caso di protestare. Se avesse tradotto in parole il sospetto che gli era venu­to, avrebbe causato la più terribile e la meglio giustificata delle esplosioni eloquenti cui Mademoiselle Gamard, come tutte le donne della sua specie, sapeva dar la stura in casi simili. La zitella indovinò le mille e una angherie che una serva può far subire al suo padrone o una moglie al marito nella vita privata e non esitò a rovesciarne il peso schiacciante sul povero prete. Nel modo in cui si compiaceva a ordire le sue cospirazioni contro la quiete domestica del suo pensionante, c'era l'impronta del genio più astutamente malvagio. Fece in modo di non apparire mai dalla parte del torto.

Otto giorni dopo il momento in cui inizia questo racconto, la vita quoti­diana in casa di Mademoiselle Gamard e le relazioni che don Birotteau aveva con l'affittacamere gli rivelarono una trama ordita da almeno sei mesi. Fintantoché la zitella aveva portato avanti la sua vendetta nell'ombra e il vicario aveva potuto cullarsi volontariamente nell'errore, rifiutando di credere a intenzioni malevole, la sofferenza morale aveva fatto pochi pro­gressi in lui. Ma dopo la storia della candela riportata di sopra e della pen­dola manomessa, Birotteau non poteva più dubitarne: viveva in balia di un odio il cui occhio era sempre spalancato su di lui. E così arrivò rapidamen­te alla disperazione: vedeva sempre e dappertutto le dita adunche e affuso­late di Mademoiselle Gamard, pronte a conficcarsi nel suo cuore. Felice di coltivare un sentimento così fertile di emozioni come la vendetta, la zitella godeva a planare, a incombere sul vicario, come un uccello predatore plana e incombe su un topo campagnolo prima di divorarlo. Da tempo aveva or­dito un piano che il buon prete, preso alla sprovvista, non poteva nemmeno immaginare; e non tardò a metterlo in pratica, mostrando così il genio che sanno dispiegare, nelle piccole cose, le persone sole, la cui anima, incapace di concepire la grandezza della vera vita religiosa, è completamente dedita alle minuzie della devozione bigotta. Per di più, un'altra circostanza aggra­vava la pena, e in modo terribile! La natura dei suoi crucci impediva a Bi­rotteau, carattere espansivo cui piaceva essere compatito e confortato, an­

32

Page 33: Balzac - Il Parroco Di Tours

che la piccola consolazione di sfogarsi con gli amici. Quel poco tatto, che doveva alla sua timidezza, gli faceva temere di apparire ridicolo a occupar­si di simili sciocchezze. Eppure di quelle sciocchezze era fatta tutta la sua esistenza, la sua cara esistenza piena di occupazioni nel vuoto e di vuoto nelle occupazioni; vita monotona e grigia, in cui i sentimenti troppo forti erano sciagure, in cui la mancanza di emozioni era felicità. Il paradiso del povero reverendo si trasformò improvvisamente in inferno. In una parola, la sua sofferenza diventò insopportabile. Giorno dopo giorno, cresceva sempre più il terrore che gli causava la prospettiva di dover affrontare Ma­demoiselle Gamard; e la segreta infelicità che avvelenava le ore della sua vecchiaia finì per compromettere la sua salute. Una mattina, mettendosi le calze blu chiné, notò che la circonferenza del suo polpaccio aveva perduto otto linee.

Folgorato da questa diagnosi così crudelmente irrefutabile, decise di ri­volgersi a don Troubert, per pregarlo di fare da mediatore fra lui e Made­moiselle Gamard.

Trovandosi davanti all'imponente canonico, che per riceverlo in una stanza completamente spoglia lasciò in fretta il suo studio pieno di scartof­fie, dove lavorava senza tregua e dove nessuno aveva il permesso di pene­trare, il vicario ebbe quasi vergogna di parlare dei dispetti di Mademoiselle Gamard a un uomo che pareva così seriamente impegnato. Ma dopo esser stato preda di tutte le angosce dell'incertezza che le persone umili, irresolu­te o deboli provano anche per cose di nessuna importanza, si decise, non senza violente palpitazioni, a spiegare la sua posizione a don Troubert.

Il canonico ascoltò con aria grave e distaccata, sforzandosi, ma invano, di reprimere certi sorrisi che forse, a occhi intelligenti, avrebbero rivelato le emozioni di un'intima soddisfazione. Una fiamma sembrò sfuggirgli dal­le palpebre, quando Birotteau, con l'eloquenza che nasce dai sentimenti veri, gli descrisse l'amarezza di cui era continuamente colmo il suo calice; ma Troubert si mise la mano sugli occhi, con gesto familiare ai pensatori, e assunse la compostezza dignitosa che gli era abituale. Quando il vicario ebbe finito di parlare, avrebbe avuto non poche difficoltà se avesse voluto cercare sul volto di Troubert, in quel momento chiazzato da macchie ancor più gialle del solito colorito bilioso, qualche traccia dei sentimenti che il suo discorso doveva aver provocato in quel prete misterioso. Dopo un mo­

33

Page 34: Balzac - Il Parroco Di Tours

mento di silenzio, il canonico diede una di quelle risposte in cui tutte le pa­role dovevano essere studiate a lungo per comprenderne pienamente la por­tata, ma che più tardi provavano alle persone acute la stupefacente profon­dità della sua anima e la potenza del suo ingegno. Così, umiliò Birotteau dicendogli che «queste cose tanto più lo stupivano in quanto non se ne sa­rebbe mai accorto senza la confessione del confratello; attribuiva questa scarsa perspicacia alle sue gravi occupazioni, ai suoi lavori e alla tirannia di certi pensieri elevati che non gli permettevano di prestare attenzione ai dettagli della vita quotidiana». Gli fece osservare, ma senza aver l'aria di voler criticare la condotta di un uomo la cui età e la cui cultura meritavano il suo rispetto, che «un tempo, gli eremiti raramente pensavano al cibo e al­l'alloggio, in fondo alle tebaidi dove si dedicavano interamente a sante con­templazioni», e che, «ai giorni nostri, un prete poteva crearsi ovunque, col pensiero, una tebaide. Poi, ritornando a ciò che gli aveva detto, aggiunse che «quel tipo di problemi gli risultava del tutto nuovo. In dodici anni, non era mai avvenuto niente di simile fra Mademoiselle Gamard e il venerabile don Chapeloud. Quanto a lui, certo, poteva senz'altro fare da mediatore fra il vicario e la padrona di casa, dal momento che la sua amicizia con que­st'ultima non oltrepassava i limiti imposti dalle leggi della Chiesa ai suoi fedeli servitori; ma, in questo caso, giustizia esigeva che ascoltasse anche Mademoiselle Gamard. E aggiunse che, peraltro, non trovava in lei niente di cambiato; che l'aveva sempre vista in quel modo; che di buon grado si era piegato a qualcuno dei suoi capricci, ben sapendo che la rispettabile Si­gnorina era la bontà e la dolcezza fatte persona; che bisognava attribuire i suoi lievi sbalzi di umore alla tubercolosi polmonare di cui soffriva senza farne parola, e alla quale si rassegnava da vera cristiana...». Finì dicendo al vicario che «se fosse rimasto ancora dalla Signorina, anche solo per pochi anni, avrebbe potuto apprezzarla meglio e riconoscere i tesori di quell'ec­cellente carattere».

Don Birotteau uscì sconcertato. Nella fatale necessità, in cui si trovava, di dover chieder consiglio soltanto a se stesso, pensò che Mademoiselle Gamard avrebbe reagito esattamente come lui. Il buon uomo s'illuse di spe­gnere, per mancanza di alimento, l'odio che la zitella nutriva nei suoi con­fronti, semplicemente assentandosi per un po'. Quindi decise di andare a passare qualche giorno, come faceva un tempo, in una tenuta di campagna

34

Page 35: Balzac - Il Parroco Di Tours

dove Madame de Listomère si recava sul finire dell'autunno, quando il cie­lo in Turenna è solitamente sereno e il tempo mite. Pover'uomo! così esau­diva puntualmente i segreti desideri della sua terribile nemica, i cui com­plotti potevano essere sventati soltanto con la pazienza di un certosino; ma, non sospettando niente, non conoscendo nemmeno lo stato dei propri affa­ri, doveva soccombere come un agnello al primo colpo del macellaio.

Vicina all'argine che si trova fra la città di Tours e le alture di Saint-Georges, esposta a mezzogiorno, circondata di rocce, la proprietà di Mada­me de Listomère offriva i piaceri della campagna e tutte le attrattive della città. Infatti, per andare dal ponte di Tours al portone di questa casa, detta L'Allodola, non ci volevano più di dieci minuti: vantaggio prezioso in una regione dove per niente al mondo la gente è disposta a scomodarsi – nem­meno per andarsi a cercare un piacere, Don Birotteau era all'Allodola da circa dieci giorni, quando una mattina, all'ora della colazione, il custode venne a riferirgli che Monsieur Caron desiderava parlargli. Monsieur Ca­ron era un avvocato, incaricato degli affari di Mademoiselle Gamard. Bi­rotteau, che non si ricordava di quest'ultima circostanza e non pensava di aver motivi di discordia con chicchessia, lasciò la tavola in preda a una strana ansia, per andare dall'avvocato: lo trovò seduto con aria modesta sul­la balaustrata di una terrazza.

«Poiché la vostra intenzione di non alloggiare più presso Mademoiselle Gamard è ormai evidente...», disse l'incaricato d'affari.

«Ma scusi! Avvocato», si agitò don Birotteau interrompendolo, «non ho mai pensato di lasciare quella casa».

«Ciononostante, Reverendo», riprese l'avvocato, «di certo dovete aver avuto un chiarimento con la Signorina a tale proposito, poiché ella mi man­da proprio al fine di sapere se avete intenzione di fermarvi ancora a lungo in campagna. Il caso di una lunga assenza, non essendo stato previsto nei vostri accordi, può dar adito a contestazione. Ora, posto che Mademoiselle Gamard intende che la vostra pensione...».

«Avvocato», disse Birotteau, sempre più sorpreso e interrompendolo an­cora, «non credevo che fosse necessario procedere per vie quasi giudiziarie per...».

«Mademoiselle Gamard, che vuole evitare ogni genere di difficoltà», disse Monsieur Caron, «mi ha incaricato di venire qui per prendere accordi

35

Page 36: Balzac - Il Parroco Di Tours

con voi».«Ebbene, se potete farmi la cortesia di tornare domani», riprese ancora

don Birotteau, «a mia volta avrò il tempo di chiedere un parere».«Come volete», disse Caron salutando.E l'azzeccagarbugli se ne andò. Il povero vicario, allarmato dall'ostina­

zione con cui Mademoiselle Gamard lo perseguitava, ritornò nella sala da pranzo di Madame de Listomère con l'aria stravolta. Vedendolo in quello stato, tutti gli chiesero: «Che vi succede, don Birotteau?...».

Il prete, sconsolato, si sedette senza rispondere, tanto era abbattuto dalle immagini ancora vaghe della sua disgrazia. Ma, dopo colazione, quando molti dei suoi amici si ritrovarono nel salotto, davanti a un bel caminetto acceso, Birotteau raccontò nel modo più schietto e ingenuo i dettagli della sua avventura. I suoi ascoltatori, che cominciavano a annoiarsi della villeg­giatura campagnola, s'interessarono con passione a questo intrigo così per­fettamente in armonia con i caratteri della vita di provincia. Tutti presero le parti del reverendo contro la zitella.

«Ma come!», gli disse Madame de Listomère, «non vi accorgete che don Troubert vuole il vostro appartamento? È evidente!».

A questo punto, lo storico avrebbe il diritto di abbozzare il ritratto della gentildonna; ma ha pensato che perfino quei lettori che non conoscono il sistema della cognomologia di Sterne non potrebbero pronunciare queste tre parole: MADAME DE LISTOMÈRE! senza immaginarsela nobile, pie­na di dignità, capace di temperare l'estrema severità della religione con l'antica eleganza dei costumi monarchici e classici, e con i suoi modi im­peccabili; buona, ma un po' rigida; con una voce leggermente nasale; tanto ardita da permettersi la lettura della Nouvelle Héloise e qualche serata a teatro; indifferente alle mode, al punto da non indossare mai né cuffia né cappello.

«Don Birotteau non deve assolutamente cedere a quella vecchia attacca­brighe! », esclamò Monsieur de Listomère, tenente di vascello in visita dal­la zia durante un congedo. «Se il vicario ha coraggio e vuole seguire i miei consigli, presto si sarà riconquistato la sua tranquillità».

Insomma, tutti si misero a analizzare il comportamento di Mademoiselle Gamard con l'acume tipico della gente di provincia, cui non si può negare la capacità di mettere a nudo le ragioni più segrete delle azioni umane.

36

Page 37: Balzac - Il Parroco Di Tours

«Andateci piano», disse un vecchio proprietario che conosceva la regio­ne. «C'è sotto qualcosa di grave che ancora mi sfugge. Don Troubert è troppo profondo perché si possano indovinare di primo acchito le sue in­tenzioni. Per il nostro caro Birotteau i guai sono appena cominciati. Il pun­to è questo: anche cedendo l'appartamento a don Troubert, lo lasceranno in pace? Ne dubito». «Se Caron è venuto a dirvi», aggiunse voltandosi verso il povero prete sbalordito, «che voi avevate intenzione di lasciare la casa di Mademoiselle Gamard, di certo Mademoiselle Gamard ha intenzione di mettervi alla porta... Se le cose stanno così, sarete sfrattato volente o nolen­te. Persone del genere non azzardano mai niente, giocano solo a colpo sicu­ro».

L'anziano gentiluomo, che si chiamava Monsieur de Bourbonne, incar­nava perfettamente il modo di vedere della gente di provincia, proprio come Voltaire ha incarnato lo spirito del suo tempo. Questo vecchio magro e asciutto professava in materia di abbigliamento tutta l'indifferenza di un proprietario le cui terre hanno un valore tenuto in grande considerazione nel dipartimento. La sua fisionomia, scurita dal sole della Turenna, dava l'i­dea di una persona più acuta che brillante. Abituato a pesare le parole, a calcolare esattamente ogni sua azione, nascondeva la sua profonda accor­tezza sotto un'ingannevole bonomia. In realtà, bastava poco per rendersi conto che, come un contadino della Normandia, finiva sempre per guada­gnarci, qualsiasi cosa facesse. Eccelleva in enologia, la scienza preferita dagli abitanti della Turenna. Era riuscito a estendere i pascoli di una delle sue tenute a spese dei depositi alluvionali della Loira, evitando che lo Stato gli facesse causa: un bel colpo, che gli valse la fama di uomo d'ingegno. Se, incuriositi dalla conversazione di Monsieur de Bourbonne, aveste do­mandato la sua biografia a qualche suo conterraneo: «Oh! è un vecchio volpone!», sarebbe stata immancabilmente la risposta di tutti quelli che ne erano invidiosi, e ce n'erano tanti. In Turenna l'invidia costituisce, come nella maggior parte delle province, lo zoccolo duro dei rapporti sociali.

L'osservazione di Monsieur de Bourbonne provocò un momento di si­lenzio, durante il quale le persone che componevano il gruppetto parvero riflettere. In quel mentre, fu annunciata Mademoiselle Salomon de Ville­noix. Veniva da Tours, spinta dal desiderio di essere utile a Birotteau, e le notizie che portava dalla città cambiarono completamente le carte in tavola.

37

Page 38: Balzac - Il Parroco Di Tours

Al momento del suo arrivo, tutti, eccetto il proprietario terriero, consiglia­vano a Birotteau di scendere in campo contro Troubert e la Gamard, sotto gli auspici della cerchia aristocratica, che lo avrebbe protetto.

«Il vicario generale, cui spetta l'assegnazione delle cariche ecclesiasti­che», disse Mademoiselle Salomon, «si è ammalato, e l'arcivescovo ha af­fidato i suoi compiti a don Troubert. Adesso, perciò, la nomina al canoni­cato dipende interamente da lui. Ebbene, ieri, da Mademoiselle de La Blot­tière, don Poirel ha parlato delle noie che don Birotteau sta procurando a Mademoiselle Gamard, come per giustificare la disgrazia che ben presto colpirà il nostro buon reverendo: "don Birotteau non poteva proprio fare a meno di don Chapeloud", diceva; "e dopo la morte del virtuoso canonico, tutti hanno potuto vedere che...". E giù con le supposizioni e le calunnie. Capite?».

«Troubert sarà vicario generale», disse solennemente Monsieur de Bour­bonne.

«Insomma!», esclamò Madame de Listomère guardando Birotteau, «che cosa preferite: essere canonico o restare da Mademoiselle Gamard?».

«Essere canonico», fu un coro unanime.«Allora», riprese Madame de Listomère, «bisogna darla vinta a don

Troubert e a Mademoiselle Gamard. Non vi fanno forse sapere indiretta­mente, con la visita di Caron, che se acconsentite a andarvene da quella casa diventerete canonico? Do ut des!».

Tutti applaudirono l'acume e la perspicacia di Madame de Listomère, ec­cetto il barone suo nipote, che disse, in tono scherzoso, a Monsieur de Bourbonne; «Mi sarebbe proprio piaciuto un bel duello: la Gamard contro il Birotteau ».

Ma, per disgrazia del vicario, l'equilibrio delle forze in campo – da un lato i salotti aristocratici, dall'altro la zitella sostenuta da don Troubert - era impari. Ben presto arrivò il momento in cui la lotta doveva delinearsi più nettamente, ingrandirsi e prendere proporzioni gigantesche. Su consiglio di Madame de Listomère e della maggior parte dei suoi sostenitori, che co­minciavano a appassionarsi a quell'intrigo piombato nel vuoto della loro vita di provinciali, un domestico fu mandato da Monsieur Caron. L'avvoca­to tornò con sorprendente velocità - cosa che spaventò solo Monsieur de Bourbonne.

38

Page 39: Balzac - Il Parroco Di Tours

«Rimandiamo ogni decisione nell'attesa di ulteriori informazioni», fu il parere di questo Fabio Massimo Temporeggiatore in vestaglia, le cui pro­fonde riflessioni riuscivano a intuire le mosse più complesse sullo scac­chiere della Turenna.

Volle chiarire a Birotteau i pericoli della sua posizione. Ma la saggezza del vecchio volpone non s'accordava con le passioni del momento: lo ascoltarono distrattamente e non gli diedero retta. L'incontro fra l'avvocato e Birotteau durò poco. Il vicario ritornò sbigottito dicendo: «Mi chiedono un documento scritto che constati il mio ritiro».

«Che cos'è questa parola raccapricciante?» disse il tenente di vascello.«Che vuol dire?» esclamò Madame de Listomère.«Significa semplicemente che don Birotteau deve dichiarare di voler la­

sciare la casa di Mademoiselle Gamard», rispose Monsieur de Bourbonne, fiutando una presa di tabacco.

«Tutto qui? Firmate!», disse Madame de Listomère guardando Birot­teau. «Se siete seriamente intenzionato a andarvene, non vedo perché non mettere nero su bianco la vostra volontà».

La volontà di Birotteau«Questo è vero», disse Monsieur de Bourbonne, chiudendo la tabacchie­

ra con un gesto secco il cui significato è intraducibile, perché valeva mille parole. «Ma è sempre pericoloso scrivere», aggiunse posando la tabacchie­ra sul caminetto, con un'aria che sembrava fatta apposta per spaventare il vicario.

Birotteau era talmente inebetito dal crollo di tutte le sue certezze, dalla velocità degli avvenimenti che lo sorprendevano senza che si potesse di­fendere, dalla facilità con la quale i suoi amici trattavano le questioni più delicate della sua vita solitaria, e che restava immobile, astratto, come per­so nel vuoto: non pensava a niente, ma ascoltava e cercava di capire il sen­so delle rapide parole di cui tutti erano prodighi. Prese il documento di Monsieur Caron e lo lesse, come se la sua attenzione potesse concentrarsi su quelle formule legali. Era solo un gesto meccanico; poi firmò quel pez­zo di carta con il quale dichiarava di rinunciare volontariamente a fruire di vitto e alloggio presso Mademoiselle Gamard, secondo gli accordi intercor­

39

Page 40: Balzac - Il Parroco Di Tours

si fra loro. Quando il vicario ebbe terminato di apporre la sua firma, il Ca­ron riprese l'atto e gli domandò in quale luogo la sua cliente dovesse far trasportare gli effetti di sua proprietà. Birotteau diede l'indirizzo di Mada­me de Listomère. Con un cenno, quest'ultima acconsentì a ricevere il reve­rendo in casa propria per qualche giorno, nella certezza che presto sarebbe stato nominato canonico.

L'anziano proprietario terriero volle vedere quella specie di atto di rinun­cia e Monsieur Caron glielo porse.

«Allora», chiese al vicario dopo averlo letto, «esistono fra voi e Made­moiselle Gamard degli accordi scritti? dove si trovano? che cosa stabilisco­no?».

«L'atto è a casa mia», rispose Birotteau.«Voi ne conoscete il tenore?», chiese il proprietario all'avvocato.«No, Signore», disse Monsieur Caron, tendendo la mano per riprendersi

il foglio fatale.«Ah!», disse fra sé l'anziano proprietario, «tu, signor avvocato, sai benis­

simo tutto quel che c'è scritto in quell'atto; ma non sei pagato per venircelo a raccontare».

E Monsieur de Bourbonne restituì la rinuncia all'avvocato.«Dove metterò tutti i miei mobili?», esclamò Birotteau, «e i miei libri, la

mia bella biblioteca, i miei bei quadri, il mio salotto rosso, tutte le mie cose, insomma!».

E la disperazione del poveraccio, che si ritrovava per così dire sradicato, aveva qualcosa di così ingenuo, mostrava con tanta evidenza la purezza dei suoi costumi, la sua completa ignoranza delle cose del mondo, che Mada­me de Listomère e Mademoiselle Salomon, con quel tono che usano le mamme quando promettono un giocattolo ai loro bambini, per consolarlo gli dissero: «Non vi preoccuperete mica di simili sciocchezze? Come pote­te pensare che non saremo in grado di trovarvi una casa meno fredda e meno tetra di quella di Mademoiselle Gamard? Se poi nessuno affittasse un alloggio di vostro gusto, poco male, una di noi due vi prenderà a pensione. Suvvia, giochiamo a tric-trac. Domani andrete a far visita a don Troubert per chiedergli il suo appoggio, e vedrete che vi riceverà a braccia aperte!».

Tanto facilmente i deboli si spaventano, altrettanto facilmente si lasciano rassicurare. Perciò il povero Birotteau, abbagliato dalla prospettiva di al­

40

Page 41: Balzac - Il Parroco Di Tours

loggiare da Madame de Listomère, dimenticò il crollo, ormai irreparabile, della felicità che così a lungo aveva desiderato e di cui aveva goduto con tanta delizia. Ma la sera, prima di addormentarsi, con la sofferenza di un uomo per cui il trambusto di un trasloco e di nuove abitudini era la fine del mondo, si torturò il cervello nel tentativo di individuare per la biblioteca un posto adatto come la sua galleria. Immaginandosi i libri sparsi qua e là, i mobili smontati e tutte le sue cose in disordine, si domandava mille volte perché mai il primo anno passato da Mademoiselle Gamard fosse stato così dolce, e il secondo invece così crudele. E la sua avventura era sempre un pozzo senza fondo, in cui s'inabissava la sua ragione. Il canonicato non gli sembrava più un risarcimento sufficiente per tanti dispiaceri; e paragonava la sua vita a una calza in cui un'unica smagliatura provocava il disfacimen­to di tutta la trama. Gli restava Mademoiselle Salomon. Ma, nel momento in cui perdeva le sue antiche illusioni, il povero prete non osava più credere in una giovane amicizia.''

Nella città dolente delle zitelle, se ne incontrano molte, soprattutto in Francia, la cui vita è un sacrificio nobilmente offerto, ogni giorno, ai più nobili sentimenti. Alcune restano ostinatamente fedeli a un cuore che trop­po presto la morte ha strappato al loro affetto: martiri dell'amore, riescono quasi miracolosamente a essere mogli soltanto con l'anima. Altre obbedi­scono a quel sentimento della famiglia che, per nostra vergogna, ogni gior­no si affievolisce; e si sacrificano per l'avvenire di un fratello, o per i nipoti orfani: diventano madri pur rimanendo vergini. Queste zitelle raggiungono il culmine dell'eroismo consentito al loro sesso, votando tutti i sentimenti femminili al culto della sventura. Idealizzano la figura della donna, rinun­ciando alle ricompense del suo destino e accettandone soltanto i dolori. Vi­vono perciò circonfuse dello splendore del loro sacrificio e gli uomini ab­bassano rispettosamente la testa davanti al loro volto avvizzito. Mademoi­selle de Sombreuil non è stata né sposa né nubile; fu e per sempre sarà una vivente poesia. Mademoiselle Salomon era una di queste creature eroiche. Il suo sacrificio era religiosamente sublime, poiché destinato a rimanere senza gloria, dopo essere stato una sofferenza di tutti i giorni. Bella, giova­ne, fu amata e riamò; il suo promesso sposo perse la ragione. Per cinque anni, con il coraggio che dà l'amore, si era dedicata al benessere puramente materiale di quello sventurato; aveva sposato la sua follia così completa­

41

Page 42: Balzac - Il Parroco Di Tours

mente da non vederlo pazzo. Era, peraltro, persona semplice nei modi e schietta nel linguaggio; e il suo volto pallido aveva un che di singolare e interessante, nonostante la regolarità dei tratti. Non parlava mai della sua storia. Soltanto, a volte, i sussulti improvvisi che si lasciava sfuggire ascol­tando il racconto di una qualche terribile o triste avventura rivelavano in lei le belle qualità che possiede chi ha sopportato grandi dolori. Si era stabilita a Tours dopo aver perso il suo compagno: non poteva essere apprezzata quanto avrebbe meritato e passava semplicemente per una brava persona. Faceva del bene a tutti e per spontanea inclinazione si affezionava ai più deboli. Per questo, il povero vicario le aveva subito ispirato un profondo interesse.

Mademoiselle de Villenoix, che andava in città già la mattina, portò con sé Birotteau, lo fece scendere sul lungofiume della Cattedrale e lo lasciò mentre s'incamminava verso il Chiostro, dove aveva gran premura di arri­vare per salvare dal naufragio almeno il canonicato e per vigilare sul traslo­co del suo mobilio. Suonò, non senza violente palpitazioni, alla porta di quella casa dove aveva l'abitudine di andare da quattordici anni, dove ave­va abitato e dalla quale doveva ora esiliarsi per sempre, dopo avere a lungo sognato di potervi morire in pace, proprio come il suo amico Chapeloud. Marianne parve sorpresa di trovarsi davanti il vicario. Questi le disse che veniva per parlare con don Troubert, e si diresse verso l'appartamento al pianterreno, dove alloggiava il canonico; ma Marianne gli gridò:

«Signor vicario, don Troubert non sta più là, è nel vostro vecchio appar­tamento».

Queste parole fecero un'impressione violenta e terribile al vicario; che fi­nalmente comprese il carattere di Troubert, e la profondità di una vendetta così lungamente meditata, trovandolo nella biblioteca di Chapeloud, seduto sulla bella poltrona gotica di Chapeloud: di sicuro dormiva nel letto di Chapeloud, usava i mobili di Chapeloud, la faceva da padrone a casa di Chapeloud, rendeva nullo il testamento di Chapeloud, diseredava finalmen­te l'amico di quel don Chapeloud che per così tanto tempo l'aveva relegato lì, da Mademoiselle Gamard, negandogli ogni possibilità di carriera eccle­siastica e chiudendogli le porte di tutti i salotti di Tours. Un colpo di bac­chetta magica aveva forse provocato quella metamorfosi? Com'era possibi­le che tutte quelle cose non appartenessero più a Birotteau? Certo, vedendo

42

Page 43: Balzac - Il Parroco Di Tours

l'aria sardonica di Troubert che contemplava la biblioteca, il povero Birot­teau capì che il futuro vicario generale era sicuro di possedere per sempre le spoglie di coloro che aveva così crudelmente odiato - Chapeloud come un nemico, e Birotteau perché in lui rivedeva ancora Chapeloud. Di fronte a questo spettacolo, mille idee si sollevarono nel cuore del buon uomo, e lo fecero sprofondare in una sorta di ipnosi. Se ne rimase immobile e come incantato dall'occhio di Troubert, che lo guardava fisso.

«Non penso, Reverendo confratello», disse finalmente Birotteau, «che sia vostra intenzione privarmi di ciò che mi appartiene. Se Mademoiselle Gamard ha potuto avere fretta di offrirvi un alloggio migliore, deve tuttavia mostrarsi tanto giusta da lasciarmi il tempo necessario per recuperare i miei libri e portar via i miei mobili».

«Reverendo confratello», disse freddamente don Troubert, senza lasciar trasparire sul volto alcun segno di emozione, «Mademoiselle Gamard mi ha informato ieri della vostra partenza, di cui ancora ignoro le cause. Se mi ha sistemato qui, lo ha fatto per necessità. Infatti, il reverendo don Poirel ha preso il mio appartamento. Non so se le cose che si trovano in queste stanze appartengano o meno alla Signorina; ma se sono vostre, conoscete la sua buona fede: la santità della sua vita è garanzia della sua onestà. Quanto a me, non vi è ignota la semplicità delle mie abitudini. Ho dormito per quindici anni in una camera spoglia, senza curarmi dell'umidità che con l'andar del tempo mi ha ucciso. Tuttavia, se voleste abitare di nuovo in questo appartamento, ve lo cederei volentieri».

Sentendo queste terribili parole, Birotteau dimenticò la questione del ca­nonicato, scese al pianterreno con la rapidità di un ragazzino per cercare Mademoiselle Gamard e la trovò in fondo alla scala, sul largo pianerottolo lastricato che univa le due ali della casa.

«Signorina», disse salutandola e senza notare né il sorriso acre e beffar­do che aveva sulle labbra né la fiamma straordinaria che dava ai suoi occhi la luminosità di quelli di una tigre, «non capisco perché non abbiate aspet­tato che mi riprendessi i miei mobili prima

«Ma come!», gli disse lei interrompendolo, «tutti i vostri effetti persona­li non sono forse stati consegnati a casa di Madame de Listomère?».

«E il mio mobilio?».«Ma allora non avete letto il vostro atto?», disse la zitella con un tono di

43

Page 44: Balzac - Il Parroco Di Tours

voce che bisognerebbe poter trascrivere su un pentagramma, per far capire quante sfumature seppe mettere l'odio nella pronuncia di ogni parola.

E Mademoiselle Gamard parve lievitare, e i suoi occhi brillarono ancora di più, e il viso s'illuminò di gioia, e fu tutta pervasa da un fremito di piace­re. Don Troubert aprì una finestra per leggere meglio, alla luce, in un volu­me in folio. Birotteau rimase come fulminato. Mademoiselle Gamard gli faceva rimbombare nelle orecchie, con voce chiara e forte come il suono di una tromba, queste parole: «Non sta forse scritto che, se ve ne foste andato da casa mia, il vostro mobilio sarebbe diventato di mia proprietà, a titolo di indennizzo, vista la differenza fra l'ammontare della vostra retta e quella del rispettabile don Chapeloud? E allora, siccome don Poirel è stato nomi­nato canonico...».

Sentendo quest'ultima frase, Birotteau abbassò un poco la testa, come per prendere congedo dalla zitella; poi uscì precipitosamente. Aveva paura, se fosse rimasto più a lungo, di sentirsi male, dando così una soddisfazione ancora più grande a nemici tanto implacabili. Barcollando come un ubria­co, raggiunse la casa di Madame de Listomère dove, in una stanza a pian­terreno, trovò la sua biancheria, i suoi vestiti e le sue carte, il tutto riposto in un baule. Davanti ai miseri resti dei suoi averi, lo sventurato prete si se­dette, e si coprì la faccia con le mani, per nascondere le lacrime. Don Poirel era diventato canonico! E lui, Birotteau, era senza casa, senza soldi e senza mobili! Fortunatamente, in quel momento passò in carrozza Mademoiselle Salomon. Il portinaio, che capì la disperazione del pover'uomo, fece un se­gno al cocchiere. Il custode e la zitella si scambiarono qualche parola; poi il vicario, mezzo morto, si lasciò trascinare dalla sua fedele amica. Made­moiselle Salomon non ottenne altro, da lui, che frasi senza senso: spaventa­ta per lo scompiglio momentaneo di una mente di per sé già tanto debole, lo portò immediatamente all'Allodola, attribuendo quel principio di aliena­zione mentale all'effetto che doveva aver avuto su di lui la nomina di don Poirel. Ignorava infatti le clausole del contratto fra il prete e Mademoiselle Gamard, per la buona ragione che lui stesso ne ignorava tutta la portata. E siccome la natura vuole che il comico si trovi a volte mescolato alle cose più patetiche, le strambe risposte di Birotteau fecero quasi sorridere Made­moiselle Salomon.

«Chapeloud aveva ragione», diceva. «È un mostro!». «Chi?» domanda­

44

Page 45: Balzac - Il Parroco Di Tours

va lei.«Chapeloud. Mi ha preso tutto».«Cioè Poirel?».«No, Troubert».Finalmente, arrivarono all'Allodola, dove gli amici del prete si presero

cura di lui con tanta premura, che verso sera riuscirono a calmarlo e a otte­nere così il racconto di quel che era successo nella mattinata. Il flemmatico proprietario naturalmente chiese di vedere l'atto che - l'aveva capito fin dal giorno prima - doveva contenere la chiave dell'enigma. Birotteau tirò fuori da una tasca il fatale foglio di carta bollata, lo tese a Monsieur de Bourbon­ne, che lo lesse rapidamente arrivando subito a una clausola così concepita: Poiché vi è una differenza di ottocento franchi all'anno fra la retta che pa­gava il defunto don Chapeloud e quella per la quale la suddetta Sophie Ga­mard accetta di prendere a pensione, alle condizioni qui sopra stipulate, il suddetto Franpis Birotteau, dato che il sottoscritto Franpis Birotteau rico­nosce ad abundantiam di non essere in grado per parecchi anni di versare il prezzo pagato dagli altri pensionanti di Mademoiselle Gamard, e segnata­mente da don Troubert, e, infine, in considerazione di diverse somme anti­cipate dalla suddetta e sottoscritta Sophie Gamard, il suddetto Franpis Bi­rotteau s'impegna a lasciarle a titolo di indennizzo il mobilio di cui risulterà in possesso al momento del suo decesso, o quando, per qualsivoglia causa e in qualunque tempo, decidesse di abbandonare volontariamente i luoghi a lui affittati con il presente atto, e di non fruire ulteriormente delle presta­zioni previste, qui sopra, dagli impegni presi nei suoi confronti da Made­moiselle Gamard.

«Per la Madonna, che bel contratto capestro! », esclamò il proprietario, «e che begli artigli che ha la suddetta Sophie Gamard! ».

Il povero Birotteau, non riuscendo a immaginarsi, nel suo cervello di fanciullo, nessun motivo che un giorno avrebbe potuto separarlo da Made­moiselle Gamard, contava di morire in casa sua. Non si ricordava minima­mente di quella clausola, i cui termini a suo tempo non furono nemmeno discussi, tanto gli era sembrata giusta in un momento in cui, tutto preso dal desiderio di andare a pensione dalla zitella, avrebbe firmato qualsiasi pezzo di carta che gli avessero messo sotto il naso. Questa innocenza era così de­gna di rispetto, e il comportamento di Mademoiselle Gamard così ignobile;

45

Page 46: Balzac - Il Parroco Di Tours

la sorte di quel povero sessantenne aveva qualcosa di così penoso, e la sua debolezza lo rendeva così commovente, che, in un primo impeto d'indigna­zione, Madame de Listomère esclamò: «E colpa mia se avete firmato l'atto che decreta la vostra rovina, perciò è mio dovere restituirvi la felicità di cui vi ho privato».

«Ma», disse l'anziano gentiluomo, «quell'atto è una frode, e ce n'è abba­stanza per fare un processo...».

«E allora Birotteau farà causa. Se perde a Tours, vincerà a Orléans. Se perde a Orléans, vincerà a Parigi», esclamò il barone de Listomère

«Se vuoi fare causa», riprese freddamente Monsieur de Bourbonne, «gli consiglio per prima cosa di dimettersi dal vicariato».

«Consulteremo degli avvocati», riprese Madame de Listomère, «e se c'è da fare causa, faremo causa. Ma questa faccenda è troppo vergognosa per Mademoiselle Gamard, e può diventare troppo imbarazzante per don Trou­bert: vedrete che riusciremo a ottenere una qualche transazione».

Dopo matura deliberazione, ciascuno promise il suo appoggio a don Bi­rotteau nella lotta che si stava ingaggiando fra lui e tutti gli alleati dei suoi avversari. Un presentimento certo, un indefinibile istinto provinciale spin­geva tutti a mettere insieme i nomi della Gamard e di Troubert. Ma nessu­no di coloro che si trovavano in quel momento da Madame de Listomère, a parte l'anziano proprietario, aveva un'idea precisa delle dimensioni di un si­mile scontro. Monsieur de Bourbonne prese da parte il povero prete.

«Delle quattordici persone che sono qui adesso», gli disse a voce bassa, «tra quindici giorni, non ce ne sarà una disposta a aiutarvi. Se avrete biso­gno di chiamare qualcuno in soccorso, forse troverete solo me disposto a prendere le vostre difese: e io potrei essere tanto ardito perché conosco la provincia, gli uomini, le cose, e, meglio ancora, gli interessi! Ma tutti í vo­stri amici, con le migliori intenzioni, vi mettono su una cattiva strada: se la prendete, non potrete più tornare indietro. Datemi retta! Se volete vivere in pace, lasciate il vicariato di Saint-Gatien, lasciate Tours. Non dite a nessu­no dove andate, e cercate qualche parrocchia fuori mano, dove Troubert non possa trovarvi».

«Abbandonare Tours ?» esclamò il vicario con un terrore indescrivibile.Per lui era come morire. Non significava forse recidere tutte le radici che

lo legavano al mondo e lo tenevano in vita? I celibi sostituiscono i senti­

46

Page 47: Balzac - Il Parroco Di Tours

menti con le abitudini. Quando a questo sistema morale, che li porta a at­traversare la vita, piuttosto che a vivere, si somma un carattere debole, le cose materiali acquistano su di loro un potere sorprendente. Così Birotteau era diventato simile a un vegetale: trapiantarlo voleva dire mettere a repen­taglio la sua innocente fruttificazione Come un albero, per vivere, deve ri­trovare continuamente gli stessi nutrimenti e affondare le barbe delle radici sempre nello stesso terreno, Birotteau doveva sempre trotterellare per Sain­t-Gatien, fare sempre su e giù lungo lo stesso viale della passeggiata pub­blica di Tours, percorrere immancabilmente le strade per le quali passava tutti i giorni, e continuare a frequentare i tre salotti dove giocava, ogni sera, a whist o a tric-trac.

«Ah! non ci avevo pensato», rispose Monsieur de Bourbonne guardando il prete con una specie di compassione.

Tutti seppero ben presto, nella città di Tours, che la baronessa de Listo­mère, vedova di un luogotenente generale, dava ospitalità in casa sua a don Birotteau, vicario di Saint-Gatien. Questo fatto, che molti avevano messo in dubbio, mise fine a tutte le incertezze e compattò gli opposti partiti, so­prattutto quando Mademoiselle Salomon osò, per prima, parlare di frode e di processo. Con la vanità sottile che contraddistingue le zitelle, e il fanati­smo che le caratterizza nei rapporti personali, Mademoiselle Gamard si sentì gravemente offesa dalla decisione di Madame de Listomère. La baro­nessa era una donna di alto rango, di costumi eleganti: i suoi gusti raffinati, le sue buone maniere, la sua devozione erano incontestabili. Accogliendo Birotteau, smentiva nel modo più evidente e più netto tutte le asserzioni di Mademoiselle Gamard, ne condannava indirettamente il comportamento, e sembrava dar credito alle lamentele del vicario contro la sua ex affittaca­mere.

Per rendere comprensibile il seguito di questa storia, è necessario spie­gare a questo punto quanta forza davano a Mademoiselle Gamard la perspi­cacia e l'acume analitico che permettono alle zitelle di valutare le azioni al­trui; e precisare quali erano le risorse del suo partito. Accompagnata dal si­lenzioso don Troubert, la Gamard andava a trascorrere le sue serate in quattro o cinque salotti dove si riunivano una dozzina di persone, tutte ac­comunate dagli stessi gusti, e dall'analogia della loro posizione. Si trattava di uno o due vecchi che sposavano le passioni e i cicalecci delle loro dome­

47

Page 48: Balzac - Il Parroco Di Tours

stiche; di cinque o sei zitelle che trascorrevano tutta la giornata a passare al setaccio le parole, a interpretare le mosse dei loro vicini e delle persone si­tuate, nella scala sociale, al di sopra o al di sotto di loro; e, infine, di varie donne anziane, impegnate esclusivamente a distillare maldicenze, a tenere un registro esatto di tutti i patrimoni, o a controllare le azioni degli altri: pronosticavano i matrimoni e criticavano il comportamento delle loro ami­che non meno aspramente di quello delle loro nemiche. Queste persone, al­loggiate in vari punti della città, in modo da essere disposte come i vasi ca­pillari di una pianta, aspiravano, simili a foglie assetate di rugiada, le indi­screzioni, i segreti di ogni famiglia, li mettevano in circolo e li trasmetteva­no automaticamente a don Troubert, proprio come le foglie comunicano allo stelo il refrigerio che hanno assorbito. Così, ogni sera della settimana, eccitate da quel bisogno di emozioni che si ritrova in tutti gli individui, queste brave beghine fornivano un quadro esatto della situazione della cit­tà, con una sagacia degna del consiglio dei Dieci, e si davano all'investiga­zione poliziesca con quelle armi di spionaggio infallibili che solo le passio­ni possono suggerire. Poi, quando avevano penetrato le ragioni segrete di un avvenimento, l'amor proprio le portava a dare il la al pettegolezzo, fa­cendosi belle, ciascuna nella propria zona d'influenza, della saggezza del loro sinedrio. Questa congregazione oziosa e attiva, invisibile e onniveg­gente, muta e ciarliera, possedeva un influsso che la sua natura meschina rendeva in apparenza incapace di nuocere, e che tuttavia diventava terribile quando erano in gioco interessi decisivi. Ebbene, era molto tempo che, nel­la sfera delle loro esistenze, non si era presentato un avvenimento così gra­ve e così importante per ciascuna di loro individualmente, e per tutte quan­te insieme, come la lotta di Birotteau, sostenuto da Madame de Listomère, contro don Troubert e Mademoiselle Gamard. Infatti, poiché i tre salotti di Madame de Listomère, di Madame Merlin de la Blottière e di Mademoisel­le de Villenoix erano considerati nemici da quelli frequentati da Mademoi­selle Gamard, si ritrovava in fondo a questa contesa lo spirito di fazione con tutte le sue vanità. Era la lotta del popolo e del senato romano in un cu­nicolo di talpa, o una tempesta in un bicchier d'acqua, come ha detto Mon­tesquieu parlando della repubblica di San Marino, dove le cariche pubbli­che non duravano più di un giorno, perché in caso contrario sarebbe stato troppo facile impossessarsi di un potere tirannico. Ma questa tempesta sca­

48

Page 49: Balzac - Il Parroco Di Tours

tenava negli animi tali e tante passioni che sarebbero bastate per dirigere i più grandi interessi sociali. Non è forse un errore credere che il tempo scor­ra rapido soltanto per quei cuori tutti presi da vasti progetti che trasforma­no la vita e la mettono a soqquadro? Le ore di don Troubert scorrevano al­trettanto animate, fuggivano cariche di preoccupazioni altrettanto intense, erano solcate da disperazioni e speranze altrettanto profonde, come le ore crudeli dell'ambizioso, del giocatore o dell'amante. Solo Dio conosce l'e­nergia che richiedono i trionfi ottenuti in segreto sugli uomini, sulle cose e su noi stessi. Anche se non sappiamo sempre dove stiamo andando, le fati­che del viaggio ci sono ben note. Soltanto, se allo storico è consentito trala­sciare il dramma che sta raccontando e assumere per un momento il ruolo dei critici, se vi esorta a gettare uno sguardo sull'esistenza di queste zitelle e dei due preti per cercare la causa dell'infelicità che la corrode nell'intimo, forse vi convincerete che l'uomo deve necessariamente provare certe pas­sioni, perché si sviluppino in lui le qualità che rendano nobile la sua vita, ne allarghino gli orizzonti e sopiscano il naturale egoismo di tutte le creatu­re.

Madame de Listomère fece ritorno in città senza sapere che, da cinque o sei giorni, vari amici suoi si vedevano costretti a confutare un'opinione sul suo conto che trovava largo credito, e di cui lei avrebbe riso se ne fosse ve­nuta a conoscenza: un'opinione che attribuiva al suo affetto per il nipote cause quasi criminali. Accompagnò don Birotteau dal suo avvocato, al qua­le il processo non sembrò affatto cosa facile. Gli amici del vicario, tran­quillizzati dalla convinzione di difendere una causa giusta, o impigriti dal fatto che il processo non li riguardava in prima persona, avevano rimandato l'inizio dell'istanza al giorno in cui sarebbero rientrati a Tours. Gli amici di Mademoiselle Gamard poterono quindi giocare d'anticipo, e riuscirono a raccontare í fatti in modo da mettere don Birotteau in cattiva luce. Perciò l'uomo di legge, la cui clientela era composta esclusivamente dalle persone devote della città, stupì non poco Madame de Listomère consigliandole di non imbarcarsi in un processo simile, e concluse la conversazione dicendo che, in ogni caso, lui non se ne sarebbe fatto carico, perché, in termini di legge, stando al contenuto dell'atto, Mademoiselle Gamard aveva piena­mente ragione; che in coscienza, a prescindere cioè dalle formalità della Giustizia, don Birotteau sembrava smentire - agli occhi del tribunale e a

49

Page 50: Balzac - Il Parroco Di Tours

quelli della gente per bene - quel carattere pacifico, conciliante e mansueto, che tutti gli avevano attribuito fino a quel momento; che Mademoiselle Ga­mard, considerata da tutti persona dolce e accomodante, aveva reso don Bi­rotteau suo creditore, prestandogli il denaro necessario per pagare le tasse di successione dell'eredità di Chapeloud, senza nemmeno chiedergli una ri­cevuta; che don Birotteau, alla sua età e nella sua condizione, non poteva firmare un atto senza conoscerne il contenuto e senza sapere quanto era im­portante; e che se aveva abbandonato la casa di Mademoiselle Gamard dopo soli due anni di convivenza, mentre il suo amico Chapeloud era rima­sto dodici anni e Troubert quindici, doveva avere in mente un progetto che solo lui conosceva; che perciò il processo sarebbe stato visto come un atto di ingratitudine, ecc. Dopo aver lasciato che Birotteau uscisse per primo e si dirigesse verso le scale, l'avvocato, riaccompagnandola, parlò a quat­tr'occhi con Madame de Listomère e le consigliò vivamente, nell'interesse della sua tranquillità, di non immischiarsi in quell'affare.

Tuttavia, la sera, il povero vicario, che si tormentava come un condanna­to a morte in una cella di isolamento a Bicétre mentre attende l'esito del ri­corso in cassazione, non poté fare a meno di raccontare ai suoi amici il ri­sultato della visita, quando gli ospiti, prima di iniziare le partite a carte, si radunavano davanti al camino di Madame de Listomère.

«A parte l'avvocato dei Liberali, non conosco a Tours nessun leguleio disposto a farsi carico di questo processo senza aver l'intenzione di farvelo perdere», esclamò Monsieur de Bourbonne, «e proprio non vi consiglio di andare avanti».

«Ah, così? ma è un'infamia!», disse il tenente di vascello. «Io in persona accompagnerò il vicario da questo avvocato».

«Andateci quando farà buio», disse Monsieur de Bourbonne interrom­pendolo.

«E perché mai?».«Ho appena saputo che don Troubert è stato nominato vicario generale,

al posto di quello che è morto l'altro ieri».«Me ne frego altamente di don Troubert!».Sfortunatamente, il barone de Listomère, uomo di trentasei anni, non

vide il segno che gli fece Monsieur de Bourbonne, per raccomandargli di pesare le parole, indicandogli un consigliere di prefettura, amico di Trou­

50

Page 51: Balzac - Il Parroco Di Tours

bert. E dunque il tenente di vascello aggiunse: «Se il signor don Troubert è un mascalzone...».

«Oh!», disse Monsieur de Bourbonne interrompendolo, «perché coinvol­gere don Troubert in una questione che gli è completamente estranea?...».

«Ma», riprese il barone, «non è forse lui che si gode il mobilio di don Birotteau? Ricordo di essere andato nell'appartamento di don Chapeloud e di aver visto due quadri di valore. Supponete che valgano diecimila fran­chi... Credete per caso che don Birotteau abbia avuto l'intenzione di pagare, per i due anni passati a casa di questa Gamard, diecimila franchi, quando già la biblioteca e i mobili valgono pressappoco la stessa somma?».

Don Birotteau spalancò gli occhi, sentendo che aveva posseduto un capi­tale così enorme.

E il barone, accalorandosi, continuò: «Per Dio! Monsieur Salmon, l'ex perito del Museo di Parigi, è venuto qui in città, in visita da sua suocera. Andrò da lui stasera stessa, con don Birotteau, per pregarlo di stimare i quadri. Poi, accompagnerò il Reverendo direttamente dall'avvocato».

Due giorni dopo questa conversazione, il processo aveva preso quota. L'avvocato dei Liberali, accettando di difendere gli interessi di Birotteau, aveva messo in cattiva luce la causa del vicario. Quelli dell'opposizione e quelli che avevano fama di non amare i preti o la religione, due cose che molti confondono, s'impadronirono della vicenda: in città non si parlava d'altro. L'ex perito del Museo aveva stimato undicimila franchi la Vergine di Valentin e il Cristo di Lebrun, opere di una bellezza fuori dal comune. Quanto alla biblioteca e ai mobili gotici, la gran voga di simili oggetti, che cresceva di giorno in giorno a Parigi, faceva sì che avessero in quel mo­mento un valore di dodicimila franchi. Insomma, dopo accurate verifiche, il perito valutò l'intero mobilio diecimila scudi. Ebbene, era evidente: posto che Birotteau non aveva avuto intenzione di dare a Mademoiselle Gamard questa somma enorme per il poco denaro di cui poteva esserle debitore come conguaglio, secondo quanto stabilito nell'atto, c'era, giuridicamente parlando, di che riformare i loro accordi; altrimenti la zitella sarebbe stata colpevole di frode volontaria. L'avvocato dei Liberali, per prima cosa, fece notificare a Mademoiselle Gamard la citazione in giudizio. Nonostante il tono aspro, la notifica, che si richiamava all'autorità di sentenze inappella­bili e faceva riferimento a vari articoli del Codice, era un vero e proprio ca­

51

Page 52: Balzac - Il Parroco Di Tours

polavoro di logica giudiziaria e condannava con tanta evidenza la zitella, che l'Opposizione pensò bene di farne circolare in città trenta o quaranta copie.

Qualche giorno dopo l'inizio delle ostilità fra la zitella e Birotteau, il ba­rone de Listomère, che sperava di diventare capitano di corvetta, rientrando nella prima promozione, annunciata da tempo al ministero della Marina, ri­cevette una lettera in cui un suo amico gli annunciava che in alto loco si parlava di metterlo a riposo. La notizia lo lasciò interdetto: partì immedia­tamente per Parigi e si presentò alla prima serata del Ministro, che sembrò a sua volta assai stupito e si mise a ridere ascoltando il barone de Listomè­re esporgli i suoi timori. Il giorno dopo, nonostante le parole del Ministro, il barone consultò gli uffici. Con un'indiscrezione che certi funzionari com­mettono abbastanza di frequente per i loro amici, un segretario gli mostrò un documento già pronto, che non era stato ancora sottoposto all'attenzione del Ministro soltanto perché un direttore si era ammalato, e che conferma­va la fatale notizia. Senza perdere un secondo, il barone de Listomère andò da un suo zio che, essendo deputato, poteva incontrare immediatamente il Ministro alla Camera, e lo pregò di sondare gli umori di Sua Eccellenza, perché era in gioco tutto il suo avvenire. Perciò attese ansiosamente nella carrozza dello zio la fine della seduta. Il deputato uscì prima della chiusura dei lavori parlamentari, e mentre tornavano a casa sua, disse al nipote: «Cosa diavolo ti viene in mente, di andare a far la guerra ai preti? Il Mini­stro ha iniziato col dirmi che ti sei messo alla testa dei liberali a Tours! che hai opinioni detestabili, non segui la linea del governo, ecc. Le sue frasi erano così contorte e involute che sembrava stesse ancora parlando alla Ca­mera. Allora gli ho detto: "Ma insomma! si può sapere che cos'è successo?"; Sua Eccellenza ha finito per confessarmi che sei caduto in di­sgrazia alla Grande Aumònerie. Per farla breve, chiedendo qua e là qualche informazione ai miei colleghi, ho saputo che hai detto cose sconsiderate su un certo don Troubert, semplice vicario generale, che però è il personaggio più importante della provincia, dove rappresenta la Congregazione.'" Ho detto al Ministro che rispondo io per te, io in persona. Ma sappi, caro si­gnor nipote, che se vuoi fare strada nella vita non devi farti mai nessuna inimicizia fra gli uomini di Chiesa. Torna di corsa a Tours e fa' la pace con quel diavolo di un vicario generale. Ricordati che i vicari generali sono

52

Page 53: Balzac - Il Parroco Di Tours

gente con cui bisogna sempre vivere in pace. Ma dico io! qui tutti lavoria­mo per rafforzare la religione; se un tenente di vascello, che vuol diventare capitano, si mette a parlar male dei preti, è uno stupido. Se non ti riconcili con don Troubert, non contare più su di me: ti rinnegherò. Due minuti fa il Ministro degli Affari Ecclesiastici mi ha parlato di quest'uomo come di un futuro vescovo. Se Troubert prendesse in odio la nostra famiglia, potrebbe impedirmi di essere incluso nella prossima infornata di Pari. Lo capisci o no?».

Queste parole svelarono al tenente di vascello le segrete occupazioni di Troubert, del quale Birotteau diceva scioccamente: «Non so a che cosa possa servirgli non dormire la notte».

La posizione del canonico nel senato in gonnella, che con tanta sottile abilità teneva sotto controllo ogni minuzia in tutta la provincia, e le sue ca­pacità personali avevano fatto sì che la Congregazione lo scegliesse, fra tutti gli ecclesiastici della città, come proconsole segreto della Turenna. Arcivescovo, generale, prefetto, tutti, potenti e umili, sottostavano al suo occulto dominio. Il barone de Listomère non ci mise molto a prendere una decisione.

«Non ci tengo proprio», disse a suo zio, «a beccarmi una seconda borda­ta ecclesiastica nella mia opera viva».

Tre giorni dopo questo colloquio diplomatico fra lo zio e il nipote, l'uffi­ciale di Marina, ritornato di gran fretta a Tours con la diligenza postale, ri­velava alla zia, la sera stessa del suo arrivo, i pericoli che correvano le più care speranze della famiglia de Listomère, se loro due si ostinavano a di­fendere quell'imbecille di Birotteau. Il barone aveva pregato Monsieur de Bourbonne di restare, mentre l'anziano gentiluomo stava prendendo basto­ne e cappello per andarsene dopo la partita a whist. La perspicacia di quel vecchio volpone era indispensabile per illuminare gli scogli fra cui i de Li­stomère si trovavano a navigare, e lui era andato a prendere bastone e cap­pello prima del solito, proprio per il piacere di sentirsi dire all'orecchio: «Rimanete, ho bisogno di parlarvi».

Il repentino ritorno del barone, la sua aria soddisfatta, smentita dall'e­spressione grave che a tratti si dipingeva sul suo volto, avevano suggerito in qualche modo a Monsieur de Bourbonne il sospetto che il tenente avesse subito una qualche sconfitta nella sua crociata contro Troubert e la Ga­

53

Page 54: Balzac - Il Parroco Di Tours

mard. Non si mostrò affatto sorpreso quando il barone gli rivelò con enfasi il segreto potere del vicario generale congregazionista.

«Lo sapevo», disse.«Ah sì?», sbottò la baronessa, «e perché non ci avete avvertiti?».«Signora», rispose bruscamente Monsieur de Bourbonne, «dimenticatevi

che io avevo intuito l'invisibile influenza di quel prete, e io dimenticherò che anche voi, ora, ne siete a conoscenza. Se non tenessimo per noi il se­greto, passeremmo per suoi complici: saremmo temuti e odiati. Fate come me: fingete di non saperne niente, come una stupida; ma non dimenticate mai con chi avete a che fare e state attenta a dove mettete i piedi. Ho pro­vato a farvelo capire in tutti i modi, ma voi non mi davate retta e io non vo­levo compromettermi».

«E ora come dobbiamo comportarci?», chiese il barone.Va da sé che nessuno si pose il problema se bisognasse o no abbandona­

re Birotteau: era ovvio, era la prima tacita condizione accettata da tutti e tre i personaggi a consulto.

«Battere in ritirata con gli onori militari è sempre stato il capolavoro dei più abili generali», rispose Monsieur de Bourbonne. «Piegatevi di fronte a Troubert: se il suo odio è meno forte della sua vanità, ve ne farete un allea­to; ma se vi piegate troppo, vi metterà i piedi in testa, perché ciò che fa sprofondare tutto, piuttosto, è lo spirito della Chiesa, l'ha detto Boileau. Barone, fategli credere che abbandonate la Marina, e gli sfuggirete. Quanto a voi, signora, mandate via il vicario da casa vostra: la darete vinta alla Ga­mard. Poi, dall'arcivescovo, chiedete a don Troubert se sa giocare a whist, vi dirà di sì. Pregatelo di venire a fare una partita qui, in questo salotto, dove desidera essere ricevuto; di certo, non si lascerà sfuggire l'occasione. Siete donna, trovate il modo per spingere quel prete a sostenere i vostri in­teressi. Quando il barone sarà capitano di vascello, suo zio Pari di Francia e Troubert vescovo, potrete far nominare Birotteau canonico a vostro piaci­mento. Fino a allora, piegatevi; ma piegatevi con grazia e sempre minac­ciando. La vostra famiglia può offrire a Troubert tanto appoggio quanto ve ne potrà dare lui: vi intenderete a meraviglia. Però, marinaio, avanzate con lo scandaglio in mano!».

«Povero Birotteau! », disse la baronessa.«Oh! fatela finita il più presto possibile», replicò il proprietario terriero

54

Page 55: Balzac - Il Parroco Di Tours

uscendo. «Se qualche liberale che sa il fatto suo s'immischiasse negli affari di quella testa vuota, per voi sarebbero dolori. Dopo tutto, i tribunali si pro­nuncerebbero a suo favore, e Troubert deve avere paura del giudizio. Può ancora perdonarvi di aver scatenato i combattimenti, ma dopo una sconfitta diventerebbe implacabile. Non dico altro».

Chiuse di scatto la tabacchiera, andò a mettersi le soprascarpe e se ne andò.

Il mattino seguente, dopo colazione, la baronessa restò sola con il vica­rio e, non senza un evidente imbarazzo, gli disse: «Mio caro Birotteau, tro­verete di certo le mie richieste crudelmente ingiuste; e vi sembreranno in contraddizione con tutto quel che vi ho detto finora; ma è proprio necessa­rio, per voi e per noi, che in primo luogo mettiate immediatamente fine al processo contro Mademoiselle Gamard, rinunciando alle vostre richieste; e poi, che ve ne andiate da casa mia». Sentendo queste parole, il povero prete impallidì. «Sono», riprese lei, «la causa innocente delle vostre sciagure, e so che senza mio nipote non avreste mai intentato il processo che ora pro­voca i vostri e i nostri mali. Ma, mi state ascoltando?».

La baronessa in poche parole gli mise davanti agli occhi le proporzioni immense che aveva assunto la questione e gli fece capire la gravità delle conseguenze. Le sue meditazioni notturne le avevano permesso di intuire il passato di Troubert; e allora poté mostrare a Birotteau, senza sbagliarsi, la trama in cui l'aveva intrappolato quella vendetta così abilmente ordita; poté rivelargli le profonde capacità, il potere del suo nemico, svelandogli il suo odio, spiegandogliene le cause, facendogli vedere Troubert che per dodici anni si era umiliato, quasi strisciando per terra, di fronte a Chapeloud, ave­va ingoiato senza proteste tutto quel che Chapeloud gli aveva fatto subire, e adesso continuava a perseguitare Chapeloud nella persona del suo mi­gliore amico. L'innocente Birotteau congiunse le mani come per pregare e pianse di dolore al cospetto di orrori umani che mai la sua anima pura ave­va sospettato. Spaventato come se si fosse trovato sul bordo di un precipi­zio, ascoltava con occhi fissi e umidi, ma inespressivi, i discorsi della sua benefattrice, che per concludere gli disse: «Sono consapevole del male che faccio, abbandonandovi; purtroppo, mio caro Reverendo, i doveri familiari hanno la precedenza su quelli dell'amicizia. Arrendetevi, come me, a que­sta bufera, vi dimostrerò tutta la mia riconoscenza. Non vi parlo dei vostri

55

Page 56: Balzac - Il Parroco Di Tours

interessi: a quelli, ci penso io. Non avrete nessuna preoccupazione materia­le. Con l'aiuto di Bourbonne, che saprà salvare le apparenze, farò in modo che non vi manchi nulla. Amico mio, concedetemi il permesso di tradirvi. Resterò vostra amica, e al tempo stesso farò quel che mi impongono i miei obblighi mondani. Ditemi voi come intendete regolarvi».

Il povero prete, stupefatto, esclamò: «Ma allora Chapeloud aveva ragio­ne a dire che, se Troubert avesse potuto andare a tirarlo per i piedi nella tomba, l'avrebbe fatto! Dorme nel letto di Chapeloud».

«Non è il momento di lamentarsi», disse Madame de Listomère, «il tem­po stringe. Decidiamoci!».

Birotteau era troppo buono per non obbedire, nelle circostanze critiche, all'impulsiva dedizione del primo momento. E d'altronde la sua vita, ormai, non era più nient'altro che un'agonia. Rivolgendo alla sua protettrice uno sguardo disperato, che al tempo stesso la riempì di tristezza e la esasperò, disse: «sono nelle vostre mani. Non sono altro che un bourrier buttato in mezzo alla strada!».

Questo termine del dialetto della Turenna va tradotto con "pagliuzza": non c'è altro equivalente possibile. Ma esistono pagliuzze graziose, gialle, lucide, brillanti, che fanno la felicità dei bambini; il bourrier invece è una pagliuzza scolorita, impiastricciata di fango, caduta nei canali di scolo, sbattuta dalle intemperie, tritata dai piedi dei passanti.

«Però, Signora, non vorrei che Troubert si tenesse il ritratto di Chape­loud, è stato fatto per me, mi appartiene; vi prego, fate in modo che mi sia restituito, di tutto il resto non m'importa più niente».

«E va bene», disse Madame de Listomère, «andrò da Mademoiselle Ga­mard». Il tono di queste parole rivelò lo sforzo straordinario che doveva fare la baronessa per abbassarsi a blandire l'orgoglio della zitella. «E pro­verò», aggiunse, «a sistemare tutto; quasi non oso sperarci. Andate a trova­re Monsieur de Bourbonne: che metta la vostra rinuncia in bella forma; e portatemi l'atto: fatto bene, con tutti i crismi; poi, con l'aiuto di Monsigno­re, l'arcivescovo, forse potremo venirne a capo, di questa storia».

Birotteau uscì terrorizzato. Troubert aveva preso ai suoi occhi le dimen­sioni di una piramide egizia. Le mani di quell'uomo erano a Parigi e i suoi gomiti nel chiostro di Saint-Gatien.

«Lui! », Si diceva, «impedire al marchese de Listomère di diventare Pari

56

Page 57: Balzac - Il Parroco Di Tours

di Francia?... E forse, con l'aiuto di Monsignore, l'arcivescovo, potremo ve­nirne a capo!».

Davanti a interessi così grandi, Birotteau si sentiva un pidocchio: era il primo a condannarsi.

La notizia del trasloco di Birotteau fu tanto più stupefacente, quanto più la sua causa era impenetrabile. Madame de Listomère diceva che, siccome suo nipote voleva sposarsi e lasciare la Marina, aveva bisogno dell'apparta­mento del vicario per ingrandire il suo. Nessuno era ancora al corrente del­la rinuncia di Birotteau. In questo modo, le istruzioni di Monsieur de Bour­bonne venivano scrupolosamente eseguite. Queste due notizie, giungendo all'orecchio del vicario generale, dovevano blandire il suo amor proprio, mostrandogli che la famiglia de Listomère, se pure non capitolava, si tene­va almeno neutrale, e riconosceva tacitamente il potere occulto della Con­gregazione: e riconoscerlo, non significava forse sottomettersi? Ma il pro­cesso rimaneva interamente sub judice. Ciò non significava forse piegarsi e minacciare al tempo stesso?

In questa lotta, i de Listomère avevano dunque assunto un atteggiamento del tutto simile a quello del vicario generale: se ne tenevano fuori, e così potevano manovrare senza compromettersi. Ma sopravvenne un fatto assai grave, che rese ancora più difficile la riuscita dei piani meditati da Mon­sieur de Bourbonne e dai de Listomère per rabbonire il partito Gamard-Troubert. Il giorno prima, uscendo dalla cattedrale, Mademoiselle Gamard aveva preso freddo, si era messa a letto e - stando a quel che si diceva - era in pericolo di vita. Tutta la città riecheggiava di lamenti suscitati da una falsa commiserazione. «La sensibilità di Mademoiselle Gamard non aveva resistito allo scandalo del processo. Anche se la legge era dalla sua parte, sarebbe morta per il dispiacere. Birotteau uccideva la sua benefattrice... ». Questo era il succo delle informazioni messe in giro dal capillare tam-tam del grande conciliabolo in gonnella, e ripetute con pettegolo compiacimen­to dalla gente di Tours.

Madame de Listomère subì l'onta di essere andata dalla zitella senza rac­cogliere i frutti della sua visita. Chiese molto cortesemente di poter parlare con il signor vicario generale. Lusingato forse di ricevere nella biblioteca di Chapeloud - e proprio davanti al caminetto ornato dai due famosi quadri, oggetto della discordia - una donna che lo aveva snobbato, Troubert fece

57

Page 58: Balzac - Il Parroco Di Tours

attendere un po' la baronessa; poi accettò di darle udienza. Nessun cortigia­no, nessun diplomatico mise mai, nel discutere i suoi interessi privati, o nel condurre un negoziato d'importanza nazionale, più abilità, dissimulazione, profondità, di quanta ne profusero la baronessa e l'ecclesiastico nel mo­mento in cui si trovarono insieme in scena.

Simile al padrino che, nel Medioevo, armava il campione e ne fortifica­va il valore con utili consigli al momento di entrare in lizza, quel vecchio volpone di Bourbonne aveva detto alla baronessa: «Non dimenticate mai il vostro ruolo: siete messaggera di pace, non parte in causa. Troubert è an­che lui un mediatore. Pesate le parole! studiate le inflessioni della voce del vicario generale. Se si accarezza il mento, è fatta».

Certi caricaturisti si sono divertiti a rappresentare il contrasto che c'è, di frequente, fra quel che si dice e quel che si pensa. Qui, per cogliere fino in fondo l'interesse del duello verbale che si svolse fra il prete e la nobildon­na, è necessario svelare i pensieri che entrambi nascosero dietro frasi in ap­parenza insignificanti. Madame de Listomère cominciò col sottolineare quanto dispiacere le causasse il processo di Birotteau; poi andò avanti di­cendo quanto fosse grande il suo desiderio di vedere quella faccenda con­cludersi in modo soddisfacente per entrambe le parti.

«Il danno è fatto, Signora», disse il prete con voce grave, «la nostra vir­tuosa Mademoiselle Gamard sta morendo». («Sapete quanto me ne impor­ta! a quella stupida zitella ci tengo quanto al Prete Gianni!», pensava; «però mi piacerebbe proprio scaricar la sua morte sul groppone a voialtri, e mettervi un bel peso sulla coscienza, se siete così sciocchi da preoccuparvi di queste cose»).

«Non appena ho saputo della sua malattia, Reverendo», rispose la baro­nessa, «ho preteso dal signor vicario un atto di rinuncia, e io stessa sono venuta qui per portarlo all'irreprensibile Signorina» («Ti leggo nel pensie­ro, furbastro! », pensava lei; «ma ormai ci siamo messi al riparo dalle tue calunnie. Quanto a te, se adesso accetti di prendere l'atto di rinuncia, rimar­rai invischiato e dovrai ammettere che sei complice della Gamard»).

Per un attimo calò il silenzio.«Le questioni temporali di Mademoiselle Gamard non mi riguardano»,

disse alla fine il prete, abbassando le ampie palpebre sugli occhi d'aquila, per velare le sue emozioni. (« Eh no! non ci riuscirete a farmi compromet­

58

Page 59: Balzac - Il Parroco Di Tours

tere! Ma sia lodato il Cielo! quei maledetti avvocati non manderanno avan­ti una causa che avrebbe potuto macchiare la mia reputazione. Allora, però, che vorranno mai i de Listomère, per abbassarsi al punto da essere servili? »).

«Reverendo», rispose la baronessa, «gli affari di don Birotteau sono estranei a me, quanto lo sono a voi gli interessi di Mademoiselle Gamard; ma disgraziatamente la religione potrebbe essere danneggiata dalle loro di­spute; del resto, in voi non vedo altro che un mediatore, e io stessa sono venuta qui come messaggera di pace...». («Io non riesco a fartela bere, ma neanche tu ci riuscirai, mio caro Troubert», pensava; «lo vedi che ti rispon­do per le rime? è chiara l'antifona?»).

«Oh, Signora, la religione potrebbe esserne danneggiata?» disse il vica­rio generale. «La religione si trova in una posizione troppo elevata perché gli uomini possano scalfirla». («La religione sono io, mia cara», pensava). «Dio ci giudicherà infallibilmente, Signora», aggiunse. «L'autorità del tri­bunale divino è la sola che io riconosca».

«Certo, certo, Reverendo», rispose lei, «ma allora... cerchiamo di far coincidere il giudizio degli uomini con il giudizio di Dio». («D'accordo, la religione sei tu»).

Don Troubert cambiò tono: «Vostro nipote, il barone, non è forse andato a Parigi?». («Da quelle parti avete avuto mie notizie», pensava. «Posso schiacciarvi, proprio voi, che mi avete trattato con disprezzo. Siete venuta qui per arrendervi»).

«Sì, Reverendo, e vi ringrazio per l'interesse che mostrate nei suoi con­fronti. Ritornerà a Parigi questa sera stessa: l'ha mandato a chiamare il Mi­nistro, che è davvero tanto gentile con noi, e proprio non vorrebbe vederlo rinunciare al servizio in Marina» («Miserabile gesuita, non ci riuscirai a schiacciarci», pensava; «e quanto alle tue allusioni, non credere che non le abbia capite»). Un momento di silenzio. Poi riprese: «Trovo che il suo comportamento in questa faccenda lasci molto a desiderare; ma, per un ma­rinaio, non essere un esperto di diritto mi pare una colpa perdonabile». («Alleiamoci», pensava. «Non ci guadagneremo niente a farci la guerra»).

Un sorriso appena accennato si perse fra le pieghe del volto di Troubert: «Se non altro, ci avrà reso il servizio di farci conoscere il valore di questi due dipinti», disse guardando i quadri. «Saranno un magnifico ornamento

59

Page 60: Balzac - Il Parroco Di Tours

per la cappella della Vergine». («Mi avete lanciato un epigramma», pensa­va, «eccovene due: così siamo pari, signora mia»).

«Se avete intenzione di donarli a Saint-Gatien, permettetemi, ve ne pre­go, di offrire alla Chiesa delle cornici degne del luogo e delle opere». («Mi piacerebbe proprio farti ammettere che ti volevi fregare la roba di Birot­teau», pensava).

«Non sono di mia proprietà», disse il prete senza abbassare la guardia.«Ecco qui», disse Madame de Listomère, «un atto che mette fine a ogni

discussione e li restituisce a Mademoiselle Gamard». Posò l'atto di rinuncia sul tavolo. (Vedete, signor mio», pensava, «quanto mi fido di voi»). «E cosa degna di voi, Reverendo», aggiunse, «degna del vostro bel carattere, riconciliare due cristiani; anche se ormai di Birotteau non m'importa più gran che...».

«Sta pur sempre a pensione da voi», la interruppe il prete.«No, Reverendo, non abita più da me». («La nomina a Pari di mio co­

gnato e la carriera militare di mio nipote mi fanno fare un bel po' di vi­gliaccate», pensava).

Il vicario generale rimase impassibile, ma la sua calma era indizio di emozioni violentissime. Monsieur de Bourbonne era stato il solo a intuire il segreto di quella pace apparente. Il prete trionfava!

«E allora perché avete accettato di farvi carico del suo atto di rinuncia?», domandò Troubert, mosso da un sentimento simile a quello che spinge una donna a farsi ripetere un complimento.

«Non ho saputo fare a meno di cedere alla compassione. Birotteau, di cui conoscete certamente la debolezza di carattere, mi ha supplicato di in­contrare Mademoiselle Gamard, per ottenere come prezzo della sua rinun­cia a...»

Il prete aggrottò le sopracciglia.«...a dei diritti peraltro riconosciuti da rinomati avvocati, il ritratto...»Il prete guardò Madame de Listomère.«... il ritratto di Chapeloud», continuò la baronessa.' «Lascio a voi di

giudicare le sue pretese...». («Verresti condannato, se tu scegliessi di anda­re in giudizio», pensava).

Il tono della baronessa nel pronunciare le parole rinomati avvocati fece capire al vicario generale che la nobildonna conosceva sia i punti forti sia i

60

Page 61: Balzac - Il Parroco Di Tours

punti deboli del nemico. Madame de Listomère, nel corso di questa con­versazione, che a lungo si mantenne su un registro simile, mostrò tanto ta­lento a quel navigatissimo esperto di artifici retorici, che il prete scese da Mademoiselle Gamard per chiederle una risposta sulla transazione. che le veniva proposta.

Troubert tornò subito.«Signora mia, le riferisco le testuali parole della poveretta, che è in fin di

vita: "Il reverendo don Chapeloud mi era troppo caro", mi ha detto, `perché io possa separarmi dal suo ritratto". Quanto a me», riprese, «se mi apparte­nesse, di certo non lo cederei. I miei sentimenti nei confronti del caro con­fratello defunto sono sempre stati tanto costanti che nessuno, credo, ha al­trettanti diritti di serbare la sua immagine».

«Reverendo, non è davvero il caso di guastarci il sangue per un quadro da quattro soldi. («Me ne infischio quanto voi, del ritratto», pensava). Te­netelo pure, ne faremo fare una copia. Sono contenta di aver messo a tacere questo triste e deplorevole processo, e quanto a me, ci ho guadagnato, per­ché ho avuto il piacere di fare la vostra conoscenza. Ho sentito parlare del vostro talento a whist. Perdonate la mia curiosità: sono donna», disse la ba­ronessa con un sorriso. «Se avrete la gentilezza di venire da noi, una di queste sere, per fare una partita, va da sé che ne saremo onorati».

Troubert si accarezzò il mento. («È fatta! Bourbonne aveva ragione», pensò, «anche lui ha la sua buona dose di vanità»).

In effetti, il vicario generale provava in quel momento la stessa deliziosa sensazione alla quale era incapace di resistere Mirabeau, quando, all'apice del successo, vedeva aprirsi davanti alla sua carrozza i battenti del portone di un palazzo cui in precedenza gli era negato l'accesso.

«Signora», rispose, «ho troppe gravi occupazioni per potermi permettere di fare vita mondana; ma per voi, che cosa non si sarebbe pronti a fare?». («La zitella sta per crepare; ora me la vedrò con i de Listomère, e li servirò se loro mi serviranno!», pensava. «Meglio averli per amici che per nemici»).

Madame de Listomère rientrò a casa, sperando che l'arcivescovo portas­se a buon fine l'opera di pace da lei così felicemente cominciata. Ma Birot­teau non era destinato a trarre profitto nemmeno dalla sua rinuncia. Mada­me de Listomère apprese il giorno dopo la notizia della morte di Mademoi­

61

Page 62: Balzac - Il Parroco Di Tours

selle Gamard. Quando il testamento della zitella fu aperto, nessuno si stupì vedendo che aveva designato don Troubert suo erede universale. Il patri­monio fu stimato centomila scudi. Il vicario generale fece recapitare due biglietti di partecipazione per la cerimonia e il corteo funebre della sua amica a casa di Madame de Listomère: uno per la baronessa, l'altro per il nipote.

«Ci tocca andare», disse lei.«Eh, sì, non ci sono dubbi», esclamò Monsieur de Bourbonne. «Monsi­

gnor Troubert vuole mettervi alla prova. Barone, andate fino al cimitero», aggiunse voltandosi verso il tenente di vascello che, per sua sfortuna, non era ancora partito da Tours.

Ci fu la cerimonia: e si svolse con gran pompa ecclesiastica. Una sola persona pianse: Birotteau. Solo, in una cappella in disparte, e senza che nessuno lo vedesse: pensava di essere colpevole di quella morte, e pregò sinceramente per l'anima della defunta, rimpiangendo con amarezza di non aver saputo ottenere da lei il perdono dei suoi torti. Don Troubert accom­pagnò il corpo dell'amica fino alla tomba in cui doveva essere sotterrata. Sul bordo della fossa, pronunciò un discorso in cui, grazie alla sua elo­quenza, il quadro della vita angusta condotta dalla testatrice assunse pro­porzioni monumentali. Ecco le parole che più di tutte rimasero impresse nella mente delle persone che assistettero alla perorazione:

«Questa vita piena di giorni consacrati a Dio e alla religione, questa vita adorna di tante buone azioni compiute in silenzio, di tante virtù umili e ignorate, fu stroncata da un dolore che chiameremmo immeritato, se, sulle soglie della vita eterna, potessimo dimenticare che tutte le nostre afflizioni ci sono mandate da Dio. I numerosi amici di questa nostra santa sorella, conoscendo la nobiltà e il candore del suo animo, prevedevano che tutto avrebbe potuto sopportare, fuorché dei sospetti che macchiavano l'intera sua esistenza. Perciò, forse, la Provvidenza l'ha condotta al cospetto di Dio per sottrarla alle nostre meschinità. Beati coloro che quaggiù possono ripo­sare in pace con se stessi, come adesso la nostra Sophie riposa nel regno dei Cieli, avvolta nella candida veste della sua innocenza!».

«Alla fine di questo discorso pomposo» riprese Monsieur de Bourbonne, che raccontò a Madame de Listomère i dettagli del funerale a porte chiuse, quando, finite le partite di whist, rimasero soli con il barone, «provate a

62

Page 63: Balzac - Il Parroco Di Tours

immaginarvi, se ci riuscite, quel Luigi XI in sottana, che dà l'ultimo colpo d'aspersorio, pieno d'acqua santa, proprio così». Monsieur de Bourbonne prese le molle del caminetto e imitò talmente bene il gesto di don Troubert, che il barone e sua zia non poterono fare a meno di lasciarsi sfuggire un sorriso. «Solo in quel movimento», riprese il vecchio proprietario terriero, «si è tradito. Fino a allora, il suo contegno era stato impeccabile; ma deve essere stato impossibile, mentre metteva una volta per tutte una pietra so­pra quella zitella che disprezzava con tutto il cuore, e che forse odiava non meno di quanto avesse detestato Chapeloud, deve essere stato davvero im­possibile per lui non lasciar trasparire la sua gioia in un gesto».

L'indomani mattina, Mademoiselle Salomon andò a colazione da Mada­me de Listomère, e, appena arrivata, in preda a una grande agitazione, le disse:

«Il nostro povero don Birotteau ha ricevuto poco fa un colpo terribile, che rivela un implacabile disegno dettato dall'odio: lo hanno nominato par­roco di Saint-Symphorien».

Saint-Symphorien è un sobborgo di Tours, che si trova oltre il ponte. Questo ponte, uno dei più bei monumenti dell'architettura francese, è lungo millenovecento piedi, e le due piazze che si aprono alle due estremità sono perfettamente identiche.

«Vi rendete conto?», riprese dopo una pausa, piena di stupore per la freddezza con la quale Madame de Listomère riceveva la notizia. «Laggiù don Birotteau si sentirà come a cento leghe da Tours, dai suoi amici, da tut­to. Non è forse il più terribile degli esili essere strappato da una città che i suoi occhi vedranno tutti i giorni e dove non potrà più venire? Lui che, dopo tutte le disgrazie che gli sono capitate, quasi non riesce più a cammi­nare, sarebbe costretto a fare una lega per venire a trovarci. In questo preci­so istante, il poveretto è a letto con la febbre. Il presbiterio di Saint-Sym­phorien è freddo, umido, e la parrocchia non è certo abbastanza ricca per­ché si possano fare dei lavori di ristrutturazione. Il nostro povero vecchiet­to si ritroverà sepolto in una vera e propria cripta. Che situazione atroce!».

A questo punto ci basterà forse, per concludere questa storia, riferire solo qualche avvenimento e abbozzare un ultimo quadro.

Cinque mesi dopo, il vicario generale fu nominato vescovo. Madame de Listomère era morta, lasciando in legato a don Birotteau una rendita di mil­

63

Page 64: Balzac - Il Parroco Di Tours

lecinquecento franchi. Il giorno in cui il testamento della baronessa fu aperto, Monsignor Hyacinthe, vescovo di Troyes, era sul punto di lasciare la città di Tours per andare a risiedere nella sua diocesi; ma rinviò la par­tenza. Furioso di essersi fatto infinocchiare da una donna cui aveva stretto la mano, mentre lei tendeva segretamente la sua al nemico, Troubert mi­nacciò nuovamente la carriera del barone e la nomina a Pari di Francia del marchese de Listomère. Pronunciò davanti a tutti, nel salone dell'arcivesco­vo, una di quelle battute da prete, gravide di vendetta e rivestite di melli­flua mansuetudine. L'ambizioso ufficiale di Marina andò a trovare quel­l'uomo implacabile, che gli dettò senza dubbio condizioni durissime, per­ché il barone, nella sua condotta, mostrò la più supina condiscendenza alle volontà del terribile congregazionista. Con un atto di donazione, il vescovo fresco di nomina restituì la casa di Mademoiselle Gamard al capitolo della cattedrale, destinò la libreria e i libri di Chapeloud al seminario minore, of­frì i due quadri della discordia alla cappella della Vergine; ma si tenne il ri­tratto di Chapeloud. Nessuno riusciva a spiegarsi questa rinuncia quasi to­tale all'eredità di Mademoiselle Gamard. Monsieur de Bourbonne suppose che il vescovo ne conservasse segretamente la parte liquida, per essere in grado di non sfigurare a Parigi, nel caso fosse chiamato al banco dei vesco­vi nella Camera alta. Poi, alla vigilia della partenza di Monsignor Troubert, il proprietario terriero, da vecchio volpone che era, finalmente indovinò la ragione nascosta di quella scelta: era il colpo di grazia, inflitto dalla più persistente fra tutte le vendette alla più debole fra tutte le vittime. Il lascito di Madame de Listomère a Birotteau fu attaccato dal barone de Listomère sotto pretesto di captazione! Alcuni giorni dopo la notifica della citazione in giudizio, il barone fu nominato capitano di vascello. Con una misura di­sciplinare, il parroco di Saint-Symphorien fu interdetto. I superiori traeva­no le loro conclusioni senza aspettare il verdetto del tribunale. L'assassino di Sophie Gamard, buon'anima, era dunque un truffatore! Se Monsignor Troubert avesse conservato l'eredità della zitella, sarebbe stato ben difficile ottenere dalle autorità ecclesiastiche una censura nei confronti di Birotteau.

Nel momento in cui Monsignor Hyacinthe, vescovo di Troyes, passava in diligenza sul lungofiume di Saint-Symphorien, diretto a Parigi, il povero don Birotteau era stato messo su una poltrona, al sole, su una terrazza. Il povero prete, colpito dal rigore del suo arcivescovo, era pallido e magro. Il

64

Page 65: Balzac - Il Parroco Di Tours

dolore, impresso in tutti í lineamenti, decomponeva completamente quel volto, un tempo così bonario e giocondo. La malattia faceva calare sui suoi occhi, che in passato si animavano ingenuamente per i piaceri della buona tavola e mai erano ingombrati da idee gravi, un velo che poteva sembrare un pensiero. Era ormai lo scheletro del Birotteau che, un anno prima, trot­terellava, così vuoto ma così contento, attraverso il Chiostro. Il vescovo lanciò sulla sua vittima uno sguardo di disprezzo e di pietà; poi ebbe l'in­dulgenza di risolversi a dimenticarlo, e passò oltre.

Non ci sono dubbi: in altri tempi, Troubert sarebbe stato un Ildebrando o un Alessandro VI. Oggi, la Chiesa non è più una potenza politica, e non as­sorbe più le forze degli uomini solitari. Di conseguenza, il celibato presen­ta il difetto capitale di far convergere tutte le qualità di un individuo in un'unica passione, l'egoismo: perciò rende i celibi o nocivi o inutili. Vivia­mo in un'epoca in cui la colpa dei governi è di aver fatto non tanto la So­cietà per l'Uomo, quanto piuttosto l'Uomo per la Società. Si assiste perciò a un continuo conflitto fra l'individuo e il sistema che lo vuole sfruttare e che a sua volta lui prova a sfruttare, per trarne profitto; una volta, invece, l'uo­mo, in realtà più libero, si mostrava più generoso nei confronti della cosa pubblica. Il cerchio in cui si agitano gli uomini si è allargato a poco a poco: l'anima in grado di abbracciarne l'insieme sarà sempre e solo una magnifica eccezione; e questo perché, di norma, in morale come in fisica, il movi­mento perde in intensità ciò che guadagna in estensione. La Società non deve basarsi sulle eccezioni. In principio, l'uomo era puramente e sempli­cemente padre, e il suo cuore batteva con calore, concentrato nel raggio della sua famiglia. In seguito, visse per un clan o per una piccola repubbli­ca: si spiegano così i grandi esempi storici di abnegazione, in Grecia o a Roma. Poi, fu l'uomo di una casta o di una religione, per la cui grandezza spesso non esitò a compiere gesta sublimi; ma, a quel punto, al campo dei suoi interessi furono annesse tutte le regioni intellettuali. Oggi, la sua vita è legata a quella di una patria immensa; presto, la sua famiglia sarà, si dice, il mondo intero. Questo cosmopolitismo morale, antica speranza della Roma cristiana, non sarà forse un sublime errore? E senz'altro naturale credere alla realizzazione di una nobile chimera, credere alla fratellanza fra gli uo­mini. Ma, ahinoi! la macchina umana non ha proporzioni tanto divine. Le anime abbastanza grandi per sposare sentimenti riservati agli uomini supe­

65

Page 66: Balzac - Il Parroco Di Tours

riori non saranno mai né quelle dei semplici cittadini, né quelle dei padri di famiglia. Alcuni fisiologi pensano che quando il cervello s'ingrandisce così tanto, il cuore deve per forza restringersi. Errore! L'egoismo apparente de­gli uomini che portano in seno una scienza, una nazione, o nuove leggi, non è forse la più nobile delle passioni, non rappresenta forse, in qualche modo, la maternità delle masse ? Per generare popoli nuovi o per produrre idee nuove, non devono forse unire, nella potenza delle loro menti, le mammelle della donna alla forza di Dio? La storia di personaggi come In­nocenzo III, o come Pietro il Grande, la storia di tutti i condottieri che han­no segnato la vita di un secolo o di una nazione, mostrerebbe - se ce ne fos­se bisogno - gli effetti, in un ordine elevatissimo, di quella stessa, immen­sa, facoltà di pensiero, che Troubert incarnava in fondo al chiostro di Saint-Gatien.

Saint-Firmin, aprile 1832

66