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ARTRITE REUMATOIDE ARTRITI INFIAMMATORIE DEFINIZIONE L’Artrite Reumatoide è una malattia infiammatoria cronica sistemica che colpisce le articolazioni diartrodali con formazione del “panno sinoviale” che provoca distruzione delle cartilagini articolari, erosioni ossee ed infine perdita della funzione delle articolazioni colpite. Dr Felice Galluccio

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ARTRITE REUMATOIDE ARTRITI INFIAMMATORIE

DEFINIZIONE L’Artrite Reumatoide è una malattia infiammatoria

cronica sistemica che colpisce le articolazioni

diartrodali con formazione del “panno sinoviale” che

provoca distruzione delle cartilagini articolari,

erosioni ossee ed infine perdita della funzione delle

articolazioni colpite.

Dr Felice Galluccio

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ARTRITE REUMATOIDE

Dr Felice Galluccio 1

INTRODUZIONE.

L’Artrite Reumatoide (AR) è una malattia infiammatoria cronica autoimmune sistemica che colpisce le

articolazioni diartrodali con formazione del “panno sinoviale” che provoca distruzione delle cartilagini

articolari, erosioni ossee ed infine perdita della funzione delle articolazioni colpite.

L’AR rappresenta un importante problema di salute pubblica, colpisce infatti soggetti in età lavorativa a cui

si associano costi diretti e indiretti considerevoli. Da notare inoltre che il danno articolare è precoce visto che

le erosioni articolari sono evidenti, alle indagini di RM, già dopo 6 mesi di malattia e circa il 70% dei pazienti

le svilupperà entro i primi 2 anni.

La malattia colpisce più frequentemente il sesso femminile (2:1) nella fascia d’età compresa tra i 30 e i 60

anni. La prevalenza dell’artrite reumatoide è 0,3-1% (OMS). In Europa, l’AR sembra essere più frequente nelle

popolazioni del Nord Europa, mentre nel bacino del Mediterraneo la malattia sembra essere meno grave e

con manifestazioni extra articolari meno frequenti. In Italia le percentuali variano dallo 0,3% allo 0,73%.

EZIOLOGIA.

La causa dell’AR è tuttavia ignota. Si ritiene che la malattia sia dovuta dall’interazione tra fattori genetici,

epigenetici e ambientali. I fattori genetici da soli contribuiscono al 50% del rischio di sviluppare la malattia.

Sono oltre trenta le regioni genetiche del sistema HLA associate con l’AR. Tra queste, i portatori degli alleli

HLA-DRB1 condividono un motivo comune, il cosiddetto shared epitope (SE), che moltiplica il rischio di 4-5

volte. Gli anticorpi contro i peptidi ciclici citrullinati (anti-CCP), implicati nella patogenesi dell’AR, sembravo

svilupparsi maggiormente nei soggetti HLA-DRB1 portatori dello SE esposti ai fattori ambientali come il fumo.

Quando questi fattori sono presenti contemporaneamente, si assiste all’effetto di moltiplicazione cumulativa

del rischio (ad esempio fumo di sigaretta si associa ad un rischio di sviluppare AR anti-CCP positiva di circa 21

volte).

Alcuni agenti infettivi, quali il virus di Epstein-Barr, il parvovirus B19, porphyromonas gingivalis e i micobatteri

sono stati ampiamente studiati come induttori di autoimmunità, ma ad oggi non c’è stata alcun riscontro di

antigeni patogeno derivati nello sviluppo di malattia.

Sono molte le chemochine e citochine ad azione pro-infiammatoria che giocano un ruolo fondamentale nella

AR. L’attivazione e l’infiltrazione di linfociti T e macrofagi nella membrana sinoviale porta alla produzione

delle interleuchine -1, -2, -6, -8, -10, -17, TNF-α, PDGF, IGF e TGFβ. Queste molecole sono implicate nella

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flogosi e nella proliferazione della membrana sinoviale, nella distruzione cartilaginea e ossea e negli effetti

sistemici della malattia. Soprattutto l’iperproduzione di TNF-α, dovuta alle interazioni tra linfociti T e B, ai

sinoviociti simil-fibroblastici e simil-macrofagici, guida la flogosi sinoviale e la distruzione articolare.

I linfociti B infiltrano anche la membrana sinoviale e si differenziano in plasmacellule, che producono

immunoglobuline policlonali e Fattore Reumatoide (FR). Inoltre, i fibroblasti sinoviali attivati rilasciano

collagenasi attivando il rilascio delle metalloproteinasi, responsabili delle lesioni cartilaginee e delle erosioni

ossee.

ASPETTI CLINICI.

Non esistono segni clinici distintivi della AR dalle altre malattie infiammatorie articolari. La diagnosi infatti si

basa sulla combinazione dei segni e sintomi clinici, dei test di laboratorio e di diagnostici per immagini.

L’AR è una condizione eterogenea con un’espressione variabile sia di esordio che di decorso di malattia.

Il dolore, la dolorabilità e la tumefazione articolare sono caratteristici, mentre il rossore e il calore si

riscontrano con meno frequenza. A queste manifestazioni articolari si possono associare le tenosinoviti, le

borsiti e le sindromi da intrappolamento come la sindrome del tunnel carpale. Infine, essendo una malattia

sistemica, possono essere presenti segni generici come la febbre, il calo ponderale e l’astenia o

manifestazioni extra-articolari quali la sindrome sicca, i noduli reumatoidi o l’interstiziopatia polmonare.

ESORDIO DI MALATTIA.

Manifestazioni articolari. Tipico è l’esordio poli-articolare simmetrico delle articolazioni interfalangee

prossimali (IFP), delle metacarpo-falangee (MCF) dei polsi e delle metatarso-falangee (MTF). In qualche caso

la malattia può avere un esordio mono o oligo-articolare ad andamento aggiuntivo per poi diventare

simmetrico.

Manifestazioni extra-articolari. All’esordio dell’AR può essere presente pericardite e/o pleurite (differenziale

con LES), sindrome sicca (differenziale con Sindrome di Sjogren), vasculite, noduli sottocutanei (differenziale

con gotta), bronchiectasie o fibrosi interstiziale polmonare.

Test di laboratorio. Frequente rialzo degli indici di flogosi VES e Proteina C Reattiva (PCR), associata

eventualmente a rialzo del fibrinogeno, riduzione della sideremia e rialzo ferritina (espressione di fase acuta),

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positività del fattore reumatoide (FR) e degli anti-CCP. Anemia, leucocitosi e trombocitosi sono un riscontro

frequente.

Imaging. La RX resta un esame fondamentale da eseguire all’esordio anche se le erosioni non sono sempre

visualizzabili specialmente in fase precoce. Resta tuttavia necessaria per avere un dato di confronto nel

periodo di follow up. L’ecografia articolare è in grado di visualizzare la sinovite subclinica (non apprezzabile

all’esame obiettivo), le micro-erosioni e permette di studiare le strutture periarticolari come tendini e

legamenti. La RM è sensibile ma non specifica e, per via dei costi e della non sempre reperibilità, è da

considerarsi di seconda linea o in casi selezionati.

DIAGNOSI.

Come già soprariportato la diagnosi dell’AR è una diagnosi clinica basta sul rilievo dei segni e sintomi, dei test

di laboratorio e sull’imaging. I criteri diagnostici ad oggi in uso sono i criteri ACR/EULAR del 2010

CRITERI ACR/EULAR 2010

COINVOLGIMENTO ARTICOLARE

1 grande articolazione 0

2-10 grandi articolazioni 1

1-3 piccole articolazioni 2

4-10 piccole articolazioni 3

>10 articolazioni (≥1 piccola) 5

SIEROLOGIA

FR e CCP negativi 0

FR e CCP positivi a basso titolo 2

FR e CCP positivi ad alto titolo 3

LABORATORIO

VES e PCR normali 0

VES e PCR alterate 1

DURATA SINTOMI

< 6 settimane 0

>6 settimane 1

SOMMA ≥ 6 diagnosi di AR

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DIAGNOSI DIFFERENZIALE.

L’AR si pone in diagnostica differenziale con le altre malattie infiammatorie articolari quali la spondiloartrite

periferica, artrite psoriasica, le artriti reattive e le artriti associate a malattie infiammatorie intestinali; con la

polimialgia reumatica (PMR) con artrite periferica, con la gotta e la malattia da deposito d pirofosfato diidrato

di calcio, con la malattia di Lyme e le artriti virali (parvovirus B19), con le connettiviti come il lupus

eritematoso sistemico (LES) e la Sindrome di Sjogren (SSj).

MONITORAGGIO E VALUTAZIONE ATTIVITÀ DI MALATTIA.

È strettamente necessario monitorare l’attività di malattia durante tutto il suo decorso. Per questo motivo,

oltre al controllo dei parametri bioumorali e delle metodiche di imaging, si usano degli indici compositi quali

il DAS28 (disease activity score, calcolato su 28 articolazioni più ves o pcr e vas stato di salute generale), lo

SDAI (simplified disease activity index, 5 parametri di outcome: articolazioni tumefatte e dolenti, vas paziente

e medico, PCR) e il CDAI (clinical disease activity index – come lo SDAI senza PCR). Sulla base del risultato di

questi indici è possibile definire lo stato di attività di malattia. Utile inoltre valutazione del rischio

cardiovascolare e infettivo.

REMISSIONE BASSA ATTIVITÀ MODERATA ATTIVITÀ ELEVATA ATTIVITÀ

DAS28 ≤2.6 2.6 – 3.2 3.2 – 5.1 >5.1

SDAI ≤3.3 3.3 - 11 11 – 26 >26

CDAI ≤2.8 2.8 - 10 10 - 22 >22

FATTORI PROGNOSTICI.

Nella gestione di un paziente con AR, specialmente in fase precoce di malattia, è imprescindibile stratificare

i fattori prognostici negativi per malattia aggressiva ed erosiva. Le evidenze scientifiche disponibili fino ad

oggi hanno identificato i principali fattori di rischio che devono essere attentamente valutati per impostare

la corretta strategia terapeutica e la cadenza dei controlli di follow-up. La persistenza di elevati valori di VES

e PCR, la positività ad alto titolo di FR e anti-CCP e la positività dell’HLA DRB1 *04*01 (SE) sono i principali

fattori prognostici negativi. Non di uso comune in clinica, sono fattori prognostici negativi anche gli elevati

livelli sierici di IL -6, -10, -1α, -1β, TNFα e CTX I-II (marker di erosione).

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MALATTIA STABILE – CARATTERISTICHE.

Coinvolgimento articolare.

Mani e polsi. Tipiche delle forme croniche o inveterate di AR sono le deformità articolari:

Mano:

o Boutonniere: iperflessione della IFP ed iperestensione IFD

o Swan neck (collo di cigno): iperestensione IFP e iperflessione IFD

o Z-shaped (pollice a Z): flessione MCF e iperestensione IF

o Sublussazione e deviazione ulnare

Polso:

o Tasto di pianoforte: lussazione diafisi ulna per artrite radioulnare distale

o Sublussazione e deviazione radiale

Gomito. Non è infrequente in corso di AR il coinvolgimento del gomito, a differenza dell’artrosi dove non è mai

colpito nelle forme primarie. Il segno precoce è la posizione in flessione obbligata. Tipica la perdita precoce della

supinazione e poi della flesso-estensione.

Spalla. La spalla è coinvolta generalmente tardivamente dove si manifesta con erosioni articolari e della fossa

glenoidea. Frequenti la rottura del capo lungo del bicipite, dei tendini della cuffia dei rotatori e la borsite sub

acromiale e sub deltoidea.

Rachide cervicale. Estremamente raro ma grave con sub-lussazione atlo-occipitale per erosione del dente

dell’epistrofeo (articolazione sinoviale tra legamento trasverso atlante e dente epistrofeo). Possono inoltre

essere colpite le articolazioni apofisarie.

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Coxofemorale. Viene colpita raramente, in qualche caso nelle forme ad esordio atipico mono o oligo-articolare. È

più frequente l’artrosi secondaria.

Ginocchio. Tra le grandi articolazioni è quella colpita più frequentemente. Classica sinovite con versamento fluido

abbondante con associata ciste poplitea (di Baker). La ciste poplitea si estende generalmente dal recesso del

gastrocnemio verso il gemello mediale.

Caviglia e piede. Vengono interessate maggiormente le articolazioni talari e talo-navicolari e intertarsali.

Frequente artrosi secondaria per rottura dei tendini mediali. Il piede viene colpito similarmente alla mano, con

deformità dell’avampiede a “triangolo” per lussazione I raggio e dita a martello. Queste ultime sono dovute a

iperestensione MTF e iperflessione IFP per tendinite dei flessori.

MANIFESTAZIONI EXTRA-ARTICOLARI.

Ematologiche:

o Anemia

o Leucopenia e piastrinopenia (S. di Felty)

Polmonari:

o Fibrosi interstiziale diffusa e bronchiectasie

o Versamento pleurico

o Noduli polmonari

o Pneumoconiosi (S. di Caplan)

o Ipertensione polmonare (rara)

Oculari:

o Cheratocongiuntivite secca

o Sclerite, episclerite

Vasculiti

o Periungueale

o Sistemica

Cuore:

o Pericardite

o Versamento pericardico

o Valvulopatie

o Difetti conduzione

Neurologico:

o Sindromi da intrappolamento (ad es. tunnel carpale)

o Neuropatie periferiche

o Mononeuropatie multiple

Cutanee:

o Noduli sottocutanei

o Rash vasculitici

o Ulcere cutanee

o Pioderma gangrenoso

Amiloidosi secondaria

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TERAPIA.

Le conoscenze più recenti nel trattamento dell’AR partono dal concetto che diagnosi e terapia precoce possono

modificare l’andamento della malattia. La terapia dell’AR dovrebbe essere guidata sulla base degli elementi che

predicono una malattia a prognosi sfavorevole come la positività ad alto titolo del FR e degli anti-CCP, la presenza

di elevata attività di malattia e di danno articolare precoce.

L’EULAR ha rilasciato recentemente delle raccomandazioni sui necessari step di trattamento (vedi flow-chart

allegate). Il trattamento con DMARD sintetici dovrebbe essere iniziato immediatamente alla diagnosi e avere come

obiettivo la remissione o almeno la bassa attività di malattia. Il farmaco di scelta è il methotrexate (MTX) che viene

somministrato ad un dosaggio compreso tra 7,5 a 25 mg una volta la settimana. Dopo 24 ore dalla

somministrazione di MTX, dovrebbe essere somministrato acido folico (5 mg per os) per ridurre gli effetti

collaterali. In presenza di controindicazioni (o intolleranza) a MTX, è possibile usare in alternativa: leflunomide

(LFN -20 mg una volta al giorno), sulfasalazina (SSZ - 1.000 mg due volte al giorno, posologia da raggiungere

iniziando da 500 mg al giorno e incrementando la posologia di 500 mg ogni settimana). I sali d’oro non vengono

oramai utilizzati per scarsa tollerabilità, maneggevolezza e difficile reperibilità.

In qualche caso, specialmente nei pazienti anziani con bassa attività di malattia e assenza di fattori prognostici

negativi, può essere usata idrossiclorochina a dosaggi di 200 mg due volte al giorno. Il farmaco è in genere ben

tollerato ed è necessario solo un controllo oculistico annuale per il rischio di accumulo oculare, evento questo

peraltro reversibile.

Prima di iniziare la terapia con MTX e leflunomide è raccomandata l’esecuzione dei marker dell’epatite e di una

radiografia del torace Durante una terapia con DMARD e, in particolare, nei primi periodi di somministrazione, è

necessario monitorare ogni 4 settimane i valori di transaminasi, emocromo e pressione arteriosa.

I glucocorticoidi aggiunti a dosaggi bassi o moderatamente elevati ai DMARD sintetici determinano un beneficio

come trattamento iniziale a breve termine ma devono sospesi o essere scalati alla minima dose efficace nel minor

tempo possibile.

Nei pazienti che rispondono insufficientemente o non rispondono a MTX e/o a un altro DMARD sintetico con o

senza glucocorticoidi e in presenza di fattori prognostici negativi, dovrebbero essere utilizzati DMARD biologici.

I biologici di prima scelta sono gli anti-TNFα (infliximab, adalimumab, certolizumab, etanercept, golimumab), anti

IL-6 (tocilizumab) o con l’inibitore del processo di costimolazione (abatacept). Questi farmaci dovrebbero essere

somministrati preferibilmente in combinazione con MTX o con altro DMARD se quest’ultimo è controindicato o

c’è intolleranza. In alcuni casi è possibile la mono somministrazione.

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Prima di intraprendere la terapia biologica è necessario, oltre allo screening già riportato per MTX, eseguire lo

screening per infezione tubercolare latente con RX torace, intradermoreazione di Mantoux e/o Quantiferon TB

Gold. In caso di positività del test occorre consultare i colleghi infettivologi per la corretta strategia terapeutica

(terapia di profilassi, eradicante etc).

Nei casi di fallimento del primo DMARD biologico anti_TNFα, è indicato il tentativo con un secondo farmaco della

stessa categoria o con uno a scelta tra gli inibitori della costimolazione (abatacept), anti-IL6 (tocilizumab) o anti-

CD20 (rituximab).

I DMARD biologici sono somministrabili sia per via sottocutanea che endovenosa ai seguenti dosaggi:

Etanercept: 25 mg due volte la settimana o 50 mg ogni settimana;

Adalimumab: 40 mg ogni 2 settimane;

Golimumab: di 50 mg ogni mese;

Certolizumab: 400 mg ogni 2 settimane per le prime tre somministrazioni e poi 200 mg ogni 2 settimane.

Infliximab: dose iniziale di 3 mg/kg (con possibile incremento del dosaggio) previa premedicazione.

Tocilizumab: ev 8mg/Kg fino ad un massimo di 800mg; sc 162mg settimanali.

Abatacept: ev 500 mg per pazienti con meno di 60 kg di peso, 750 mg per pazienti tra 60 e 100 kg, 1.000

mg se >100 kg; sc 125 mg settimanali.

Rituximab: ev 2 infusioni di 1000mg a distanza di 2 settimane previa premedicazione.

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Recentemente è stato approvato l’uso dei farmaci biosimilari. Con biosimilare si indica un farmaco biologico che

contiene una versione del principio attivo già autorizzato di un farmaco biologico. in EEA (medicinale di

riferimento o originatore). Un approfondito e accurato esercizio di comparabilità sancisce La similarità del farmaco

al medicinale di riferimento in termini di qualità, attività biologica, efficacia e sicurezza clinica viene certificata

attraverso studi di comparabilità. Nonostante questo i dati di farmacovigilanza sui prodotti biosimilari sono scarsi

e contrastanti (aumento incidenza di tubercolosi con biosimilare infliximab) per cui sono da considerare un arma

terapeutica in più per la cura dei pazienti con AR, ma devono essere tenuti sotto stretto monitoraggio e il passaggio

in automatico da un farmaco di riferimento ad un biosimilare deve essere attentamente valutato.

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