26natura in sardegna

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Il periodico di informazione ambientale a cura dell'ASS.FOR.ONLUS

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Page 1: 26Natura in Sardegna

P]ANTE RARE ED ENDI^AICHE-E-', \ ììri);.-ìNI 1 .,:

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Page 2: 26Natura in Sardegna

W Provincia ogliastral.\, Assessorato'àll'X*biente

Progetto INTERREG I IIASardIgna, Corsica, Toscanafinaliizato alla reintroduzione dell'Avvoltoio Gipeto in Sardegrra

Page 3: 26Natura in Sardegna

§ditorialedi Salvatore Scriva

§ditorialeNote sulla prevenzionedegli incendi forestalidi Antonello Me[e

AMBI§NTELa prevenzione degli incendiboschivi in Europadi Ervedo Giordano

Incendi boschivi. Storia e statistichedi Umberto D'Autilia

Come prevenire gli incendi:il ruolo degli operai forestalidi Giuseppe Delogu

Protocollo di Kyoto e forestedi Giovanni Monaci

Asfalto? No. graziedi Fiorenzo Caterini

DIRITTO AI,TBIENTATETecniche penaUstiche di tuteladell'ambientedi Massimiliano Tronci

Uambiente nel diritto internazionaledi Tiziana Mori

IL *R0&§?T0 GIP§§o i§ §A§.§§&§*rIl progetto per la reintroduzionedel Gipeto in Sardegnadi Carlo Murgia

Uavoltoio barbatodi Francesco Cetti

rAUNALo sparviero sardodi Gianni Sirigu

Riproduzione dei falcone pescatorenelle coste sardedi Sergio Secci

§ì-*&.APiante endemiche della Sardegnadi Ninni Marras

RUBRICHELa sardegna nuragicadi Bruno Uda

Flora di Sardegna

I Putedri del santodi Roberto Balia

Canis gherradorisdi Salvatore Scriva

29

32

34

381,1,

40t4

18

22

46

47

48

25

27

Collaboratori

Roberto Balia, Fiorenzo Caterini, Umberto DAutilia,

Giuseppe Delogu, Ervedo Giordano, Ninni Marras,

Antonello Mele, Giovanni Monaci, Tiziana Mori, Carlo

Murgia, Francesco Murgia, Sergio Secci, Gianni Sirigu,

Massimiliano Tronci, Bruno Uda, Klaus Robin, JurgPau[ Mut[er, Thomas PachLatko

Redazione per "11 progetto Gipeto in Sardegna": Paolo

Fasce, Presidente FCBV; Anna Maria Fenai, Coordinatrice

didattica; Umberto Graziano, responsabile ASS.F0R. per itprogetto Gipeto; Cario Murgia, Coordinatore scientifico

"Progetto Gipeto in Sardegna"; Hany Salamon, naturalista

ABBONAMENTI

Annuo (12 numeri): € 30 Sostenitore: € 60,00

0gni copia 3 €, copia arretnta 6,00 € (previa verifica delladisponibilità)

I versamenti devono essere effettuati sul c/c postale n.21970090

intestato a: ASS.r0R. Associazione dei forestali sardi,

Casella postale, 50 - 09124 Cagliari, è indispensabile specificare [a

causale di versamento: Abbonamento Natura in Sardegna.

Cambio di indirizzo: servizio gratuito, ma con espressa richiestainoltrata via fax.

Pubblicità: è cunta direttamente

Tariffe inserzioni a colori (IVA Inclusa)

pagina intema € 1.350,00 doppia pagina € 2.000,00

1/2 pagina € 650,00 1/4pagna € 350,00

I1 e lll di copertina € 1.500,00 IV di copetina € 1.800,00posizione di igore + 100À

impianti in quadricromia compresi nella tariffaLe taliffe si riferiscono ad una sola uscita

Le idee espresse negli articoLi riflettono ìlopinione degli autori e

non si riferiscono necessariamente ad orientamenti ufficiali.Manoscritti, foto e disegni, saranno restituiti su espressa richie-sta degli autori.

Tutti i diritti di proprietà lettenda ed artistica sono dservati.Si informa che i dati utilizzati al fine della spedizione di questa

Rivista, contenuti in elenchi conoscibili da chiunque, sono tnt-tati a questo soto fine in conformità a quanto previsto dal D.lgs

n. 196 del 30/06/2003. Per esercitare i diritti (aggiornamento,

cancetlazione ecc.) di cui all]ari. 13 scrivere a: ASS.F0R. Casella

Postale 50 - 09124 Caqtiari.

0rgano ufficiaLe per la Sardegna delLa F.C.B.V.

Foundation for the consewation of the bearded vulture

Natura in Sardegna collabora con la rivista bimestra-

le "Linea ecologica - Economia Montana"

AOUTDITIOil?OR TEE

coil§BÀva "toùot rB

I{atura in §ardegna n'26 - 2005

Page 4: 26Natura in Sardegna

a preoccupazione per Ie emer-genze ambientali che affliggonoit mondo e, nel nostro piccolo, la

terra di Sardegna, ci impone continueriftessioni.Tutti vorremo sapere, conoscere e

discutere le scelte più opportune per iIgoverno del territorio in cui viviamo."Natura in Sardegna" è una rivista che

tratta argomenti importanti quali: Iecause che minacciano il nostroambiente naturale, il dissesto idrogeo-

logico, l'inquinamento, gli incendi, laflora e la fauna.

Questi argomenti diventano momentoe strumento d'incontro osservando unodei principi che ha ispirato la nostrarivista, sin dalle prime pubbticazioni

nel 1995, e cioè quello di far conosce-

re, vedere e far capire ai nostri lettorila bellezza della natura sarda attraver-so suggestive immagini e semplici testiche ne riepilogano il loro contenuto.Vedere per amare, amare per rispettare,rispettare per difendere.Vi invitiamo pertanto a scriverci ed

esprimere le vostre opinioni in modo daprodurre un nuovo modo di "fare"

informazione dove aI parere degli"esperti" si affianca quello della gente

comune, degli appassionati naturalistiamanti della Sardegna e degli studenti.Per incentivare questa collaborazione

lASS.F0R. propone due concorsi: il primo

tegato alla reahzzazione di un libro con-

tro gli incendi e il secondo finalizzato al

progetto per la reintroduzione del Gipe-

to in Sardegna (troverete alllnternoampie spiegazioni sulle due iniziative).Nel corso di questi anni vi abbiamoproposto, insieme alla rivista, dei librimonografici su flora e fauna. Continue-remo anche in futuro su questa linea diapprofondimento, mediante ta pubblicazione di calendari tematici.In passato vi abbiamo proposto, a tito-lo desempio, la fauna delle zone umide,

con fintento di far vedere e capire quale

importante patrimonio faunistico è

ospitato nei nostri stagni, at fine divalorizzarle più proficuamente, tutelar-le e farle diventare momento di attra-

zione e fruizione turistica ricreativa.Oggi, finalmente, si parla di "Parco del

Molentargius": sarà questa loccasioneper valorizzare quel patrimonio? Spe-

riamo di si, ma discutiamone insieme,

affinché queste nuove strutture "Par-

chi", delegate a governare una parte

della nostra terra, non siano da consi-

derarsi imposizioni di altri, ma struttu-re volute e decise da noi collettività, inserena armonia.Abbiamo poi pubblicato le foto disptendide orchidee endemiche della

Sardegna, fiori unici al mondo che dalla

Germania all'0landa esperti naturalistivengono a fotografare. II nostro inten-to è quello di ricordare che Ia Sardegna.

è [unica regione d'Italia che non ha

ancora legiferato in materia di tuteladella propria flora (funghi compresi).

Quest'anno riproponiamo tale argomen-

to, pubblicando le foto di alcune pian-

te endemiche, sperando che questo

possa invogliare i nostri legislatori a

rivedere le proposte di legge che giac-

ciono in Consiglio Regionale sepolte da

altre urgenze.Abbiamo illustrato i pochi monumentinaturati regolarmente tutelati per legge.

La nostra speranza è che anche altreopere della natura e delluomo come gli"archi naturali" e i "pinnettos", ungiorno, diventino elementi del patrimo-nio naturalistico da tutelare, sia per ilrispetto alla nostra storia geologica,

che ci ha regalato stupende architettu-

re, sia per un riconoscimento alla sto-ria del mondo pastorale che ci ha sapu-

to tramandare un modello di costruzio-ne unico per sempticità e naturalezza.Il periodico d'informazione ambientale"Notiziario Forestale", pubblicato dat-

lASS.F0R. anche per sensibilizzare Io-pinione pubblica sarda sulle problema-

tiche che gli operatori della VigilanzaAmbientale incontrano nel tutelare ilpatrimonio naturalistico, è diventatonel corso degli anni un nuovo stru-mento per approfondire le "Campagne

Ambientali" detla nostra associazione.

Ricordiamo ad esempio quella per lareintroduzione del Gipeto in Sardegna.

Un progetto iniziato con la pubblica-

zione delle ricerche sulla nostra rivi-sta, da parte delf ispettore Forestale

Umberto Graziano e della biologa AIes-

sia Atzeni, sulla scomparsa di questo

meraviglioso voiatile. Per la realizza-zione di questo importante progettopuntiamo non solo noi ma anche laFondazione Internazionale del Gipeto ealtre istituzioni. In particolare va datomerito allAssessore allambiente dellaProvincia di Nuoro, Rocco Celentano,

che ha chiamato a raccolta i soggettiche nel progetto devono lavorare per

awiare la campagna dtnformazione e

di costruzione di condizioni utili,affinché tra qualche anno una coppiadi gipeti possa ritornare a volare suicieli della Sardegna.

A dieci anni dalla sua nascita il perio-

dico trimestrale dellASS.F0R. "Notizia-

rio Forestale" si rinnova per cercare dioffrirvi uno strumento in più, puntual-mente presente, nel dibattito sutlatutela dellambiente in Sardegna. Ilnostro obiettivo è anche quello di ricor-dare, al legislatore e a voi lettori, che

per tutelare questa natura serve unCorpo Forestale potenziato in uomini,mezzi, competenze e specializzazioni.Ciò che è più importante è costruire unrapporto di collaborazione tra Istitu-zione CFVA e opinione pubblica, affin-ché possiamo tutti prevenire ed evita-re di affrontare eventuali nuove emer-genze ambientali nella nostra terra.

Natura im §ardegna n'26 - 2005

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I mese di maggio è stagione dipreallarmi durante ta quale gliaddetti ai lavori elaborano la strate-

gia della prevenzione e totta contro gliincendi. sulla base degli elementi che lalegge 353 det 2000 assembla nel termine"previsione": individuazione delle aree e

dei periodi a rischio dincendio e degtiindici di pericolosità. Apparteniamo allagenerazione che ha vissuto le primeesperienze fatte di piccote iniziative apartire dagli anni'60, quando lAssesso-rato degli Enti Locali della Regione Sardaintesseva rapporti diretti con i Comuniper I'approntamento di squadre di inter-vento costituite da "volontari", la cuimemoria desta una certa malinconia.Il Corpo forestale dello Stato, in Sarde-gna, allora stava a guardare e parteci-

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pava solo in quaiità di passacarte e diportaordini, anello di congiunzione fraun indaffarato funzionario assessorialee le basi operative dislocate nelte ton-tane periferie.Gli incendi venivano appiccati ancheallora regolarmente, per colpa e dolo,speciatmente durante i mesi di luglio edagosto con code settembrine il cui esitodipendeva dalle aleatorie precipitazionipreautunnali. Le possibilità di spegni-

mento erano legate essenzialmente allevariabili intensità del regime dei venti,e Ie giornate di vento teso condiziona-vano Ia velocità degli incendi e te rela-tive superfici percorse dal fuoco.Nel 1965 tAssessorato degti Enti Localiha affidato al Corpo forestale delloStato l'organizzazione e ta fase opera-tiva della lotta, così da assurgere dalrango di semplice coadiuvante a que[odi attore principale. Ci si è immersi

§aturx à:r §ardeg:la n"Z6 - ?0S5

Page 6: 26Natura in Sardegna

nello studio delle problematiche, ric-che di molteplici aspetti, senza trascu-rare l'analisi degli "usi e consuetudini"locali che prevedevano ìlimpiego del

fuoco come pratica agronomica di eli-minazione dei residui organici dellavegetazione pregressa e come strumen-to di conquista di aree pascolative

attraverso Ia semplificazione di piùcomplessi sistemi arborei ed arbustividella vegetazione naturale sarda

(boschi e macchie).È stata affrontata una lunga stagione diconvegni, seminari, tavole rotonde nel-Ulsola, in Italia e al[estero allo scopo diapprendere, ma anche di porgere ad

attri, i risultati delle rispettive espe-

rienze. Solamente dopo 10 anni, nel1.975, il Servizio antincendi ha assunto

un assetto definitivo passando daglioriginari 38 "distretti antincendi" ai 95

del decennio successivo. Fra le iniziati-ve impostate in quegli anni dagli Ispet-torati di Nuoro e Tempio Pausania ricor-diamo le prime prove di impiego dell'e-Iicottero leggero Agusta Bell 47 / J e diquelto di media potenza LAMA

S 315-8 della francese Aerospaziale. Incontemporanea con iniziative similaridetla regione Lombardia, iniziavaanche in Sardegna llera dell'impiegodel mezzo aereo ad ala rotante.È stato costruito un sistema di preven-zione e di lotta progressivamente effi-ciente che, da un anno all'altro, si è

arricchito di soluzioni scaturite dalletrascorse esperienze, comprese quelle

negative. Nei 1.0 anni a cavallo fra idue secoli, sulla base di una solidastruttura operativa, ed anche in virtùdei contenuti innovativi della legge

353/2000, sono state disciplinate Ie

funzioni ed i compiti dei diversi livellidell'organizzazione e potenziati glistrumenti tecnici della complessa"macchina da guerra".

Sulla realtà dei giorni nostri cogliamoqualche spunto da un "servizio" apparso

nella Nuova Sardegna del 31 maggio

2005, per fare alcune considerazioni. La

prossima estate saranno schierati incampo 13 mila uomini e L6 mezzi aerei.

È un'armata. Analizzando la composizio-ne organica, si rileva che le 1063 "guar-

die det Corpo forestale" si accompagna-no a 41,1,5 "impiegati e funzionari del-

I'Ente Foreste" (certamente il riferimen-to è agli operai dei cantieri forestati,perché le operazioni contro gli incendinon si conducono inquadrando "impie-gati e funzionari"), 1400 "volontari",5000 "barracelli" e 1700 "vigili del

fuoco". È nostra impressione che possa

essere impresa ardua, e non priva dirischi, it cercare di creare una coesione

fra entità cosi eterogenee per struttura,disciplina e formazione professionale

anche con uno zoccolo duro costituitodal Corpo forestale e dai Vigili del fuoco.

Le squadre dei Barracelli potrebbero

essere impiegate nella "prevenzione

attiva", per il controllo del territorio dirispettiva competenza e conoscenza

nelle ore e nelle aree notoriamente a

rischio d'incendio; si ritiene funzional-mente debole il loro impiego nella lotta

attiva a causa della carenza di mezzi ido-nei e di specifica professionalità. Ivotontari, non megto specificati,.quan-do dotati di mezzi operativi adeguatipotrebbero essere inquadrati nel sistema

di lotta sotto la guida det personale fore-

stale. Ilorganico più numeroso è quello

distribuito nelle centinaia di cantieri disistemazione idraulico-forestale e nelle

ex foreste demaniali. Il cordone ombeli-cale che univa questi nuclei periferici al

Corpo forestale si è spezzato con il con-

seguente indebolimento del tessuto con-nettivo che una volta rappresentava to

spirito di corpo degli appartenenti allagrande famiglia degLi operatori delLarea

forestale. I rapporti sono "burocratici".

LAssessore detla Difesa dellAmbientedichiara che 1o sforzo è teso al consoli-damento del settore della prevenzione

facendo affidamento anche sui 237 postidi osservazione ed allarme (te vedette) e

sulla possibilità di fruire in tempo reale

lrtratura in §ardegma n'26 - 2005

Page 7: 26Natura in Sardegna

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Una fase dei ritievi eseguiti dagli operatori dei Nuclei Investigativi Antincendio

il Corpo Forestale di VigilanzaAmbientale della Sardegna è stato ilpdmo, fin dal7994, ad aver istituitoi Nuclei Investigativi Antincendio; nelresto del territorio nazionale sono

operativi solo dal 2000.

si può assicurare una efficienza fun-zionale net 95 % degli episodi che si

carattedzzano per una superficiemedia per incendio di circa 8 ettari;nel restante 5 %degli episodi, cosiddetti rilevanti, neiquali gioca un ruolo preponderantel'intensità e durata del vento, è stataregistrata una superficie media di oltre300 ettari.

È stato notato, da parte di qualcheosservatore del fenomeno, che negliultimi trent'anni, ad una progressivaevoluzione strutturale e funzionatedella organizzazione del servizioantincendi, è corrisposto un incre-mento del numero degli incendi purcon un progressivamente lieve calodella superficie media che, com'ènoto, individua il livello di efficienzadell'apparato di prevenzione e lotta.Il fenomeno è stato interpretatocome l'effetto del satto di qualitàdegli incendi che, da episodi di origi-ne agro-pastoraie legati alla coltiva-zione ed aila gestione delle terre,specialmente nei paesi con climicaldo-aridi, troverebbero motivazioniin una sorta di "industria del fuoco".Se questa ipotesi trovasse un fonda-mento, occorrerebbe riflettere sullanatura delle cause determinanti cheesulano dalle forme tradizionali diuso del fuoco. Gti incendi con moti-vazioni di natura economica e specu-lativa andrebbero analizzati inmaniera adeguata perché nella stra-tegia della difesa occorrerebbe adot-tare preventive misure atte ad inter-rompere questa logica perversa. Ilproblema esiste perché è difficile tro-vare motivazioni "ordinarie e con-suetudinarie" per episodi che si sonocaratterizzati per modalità, scelte ditempi, luoghi, condizioni meteorolo-giche particolarmente favorevoli.Sarebbe vanificato anche l'impiegocoadiuvante, essenziale, onerosodella flotta aerea come quella predi-sposta, di 16 unità diverse per tipo-logia, caratteristiche, potenza edefficienza.Buon lavoro!

di dati meteorologici per llanalisi delregime dei venti. È noto che il regimetermico è una costante e quello pluvio-metrico di nessun apporto utile.La prevenzione è stata un "chiodofisso" da quando abbiamo osservatoche i migliori risultati si conseguononell'intervenire all'inizio dell'incen-dio, cosa non sempre possibile per ladislocazione dei focolai nell'area fore-stale. Nell'incendio forestale agiscono,come elementi non modificabili, i fat-tori predisponenti di natura meteoro-logica e fisiografica, e Ie cause deter-minanti di origine antropica: t'accen-sione del fuoco (casuale, dolosa). Poi-ché i fattori predisponenti sonoimmodificabili, si può operare sola-mente per limitare le cause determi-nanti non naturali. Nella strategiadella difesa dall'incendio forestale è

prevista la "prevenzione attiva" comecontrollo costante del territorio, conparticolare riguardo per le aree più

vulnerabiti per l'esistenza di fattori dirischio (aree boscate e con diversi tipidi macchia, zone montane e costieredi riievanza naturalistica, paesaggisti-ca e turistica, aree destinate ad atti-vità pastorali condotte in condizionidi semiseLvatichezza). Se è vero che IaIotta all'incendio forestale è anche unproblema di polizia, e non solamentetecnico, occorre che per tre mesi ilpersonale disponibite per la vigilanzavenga concentrato in questa attività,dislocando le pattuglie in itinerarisensibili ed evitando sovrapposizioniattraverso un coordinamento intelli-gente. È un compito della pubblicaamministrazione da affidare ai propriorgani tecnici e di polizia: Corpo fore-stale, Vigili urbani, Guardie campe-stri, Compagnie barracellari, con lacollaborazione più convinta, durante imesi estivi, dei Corpi di polizia (Cara-

binieri, Polizia di Stato ed altri).Attuando questa forma di prevenzione

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Ilatura in Sardegna n'26 2005

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Retazione presentata al convegno "Conoscere

e difendere i boschi" tenuto all'Abbazia diVallombrosa il 9 e 10 giugno 2005

incendi deve tenere conto delle ten-denze a medio termine dello sviiuppodemografico e socio-economico, ma

non puÙ trascurare il fatto che l'Europa

è caratterizzata da condizioni ambien-tali estremamente difformi che intera-giscono con il fenomeno degli incendiboschivi e sulle attività di difesa

II confronto tra alcuni Paesi dell'areafinnoscandinava - quali Norvegia, Sve-

zia, Finlandia - con quelli della regio-ne mediterranea - quali Portogallo,Spagna, Francia meridionale, Italia - è

particolarmente signifi cativo.In Norvegia, il fenomeno degli incendiboschivi ha un impatto trascurabilesutle foreste che si estendono su 8.8

milioni di ettari, Ia metà dei quali inmontagna.Il grande sviluppo delle coste frasta-gliate e la presenza dei fiordi fanno sÌ

che il clima, caratterizzato da notevoliprecipitazioni, presenti elevata oceani-

cità anche nelle zone interne; Ialter-narsi delle vallate, delle torbiere e

delle depressioni rappresentano osta-coli naturali per gli incendi e rendonopossibile la presenza di aree rifugio per

la vegetazione.Tuttavia, nei secoli passati, il fuoco è

stato ampiamente impiegato comemezzo strategico dai Paesi della LegaAnseatica per ostacotare ta presenza

dei prodotti forestali norvegesi nel

egti ultimi 50 anni, con f in-cremento della popolazioneeuropea, passata da 568 a 795

milioni di abitanti, Ia pressio-

ne sull'ambiente è andata crescendo,

con un aumento det 40olo. Uincrementodemografico non è stato uniforme e

l'Europa occidentale ha contribuito per

1128olo, quella orientale per il72olo.Le proiezioni per il 2020 indicano che

la densità della popolazione rimarràpiuttosto stabite nell'Europa occiden-tale, con circa 110 abitanti per chilo-metro quadrato, raggiungerà 100 abi-tanti in quetla orientale, mentre si

verificherà un leggero declino dall'at-tuale livello di 12 abitanti nella Fede-

razione Russa.

La tendenza comune a tutte le subre-gioni è il costante aumento dellapopolazione urbanizzata, che passerà

dal 60 all'80%. e Ia riduzione di quellarurale, che risulterà inferiore a quetladel 1950.Se questo quadro troverà conferma, neiprossimi decenni si accentuerà la diffi-coltà nel reperimento della forza lavoroper il settore agricolo forestate nei Paesi

occidentali, accompagnata da una cre-

scente richiesta da parte degli abitantidelle città di aree boscate perturbane e

di valoizzazione delle fu nzioni ambien-tali e paesaggistiche delle foreste.

La strategia della prevenzione degli

\Natura im §ardegma n"26 - 2005

Page 9: 26Natura in Sardegna

commercio internazionale e per darespazio alla pastorizia, come dimostra-no le estese superfici a Catluna lungole coste.Attualmente it numero degli incendi è

molto contenuto grazie all'impegnodiretto delle popolazioni, e la causa

prevalente è costituita dalla caduta deifutmini.Nell'ultimo decennio la superficiemedia percorsa annualmente dal fuocoè stata di 600 ha e il numero degliincendi di 500 per una ampiezza intor-no all'ettaro, salvo che nelle rare anna-te eccezionali.In Svezia la maggior parte delle foreste- che occupano 27 milioni di ha nelle

Nel periodo tra iI 1950 ed iI 1970 gliincendi boschivi hanno interessato10.000 ettari all'anno per ridurre l'ac-cumulo superficiale della lettiera che

ostacola la rinnovazione.Attualmente, l'impiego del fuoco pre-scritto - nei limiti imposti dalla certi-ficazione per la gestione sostenibiteFSC - riguarda il 5olo delljarea che cade

aI taglio ogni anno.La causa principale degli incendi è

imputabile ai fulmini, quando ai perio-di di alta pressione fanno seguitotemporali con scarse o nulle precipita-zioni.In Finlandia le foreste occupano iIT0olodel territorio, pari a 22 milioni di ha e

siva riduzione dei residui boschivi da60-90 mc ad ha, nelle foreste naturali,a 2 mc ad ha in quelle gestite, connotevole abbassamento degli indici dirischio; attualmente la superficie per-corsa risulta in media di 600-700 haall'anno, oltre a 2.000 ha interessatidal fuoco prescritto.Da questo sintetico esame appare evi-dente che nella regione finnoscandina-va il fenomeno degli incendi è statopraticamente trascurabile negli ultimiquaranta anni, pur riferito ad unasuperficie di circa 60 milioni di ha dibosco, pari alta metà di quelli europei(esclusa la Federazione Russa).

Il positivo percorso compiuto da Nor-

sono costituite prevalentemente daconifere.La distribuzione delle precipitazioniche segnano i valori massimi durantel'estate, le basse temperature dellezone semi boreali, la grande diffusionedelle zone lacustri con oltre 180.000laghi at centro del Paese, rappresenta-no una valida salvaguardia per la dif-fusione dei fuoco.Tuttavia, nel XIX secolo, gli incendipercorrevano ogni anno - per esigenze

dell'agricoltura e del pascolo - 50-70mila ha di boschi, con una superficiemedia di 130 ha per evento.Dagli inizi del '900, si è verificato unsensibile cambiamento nell'impiego delfuoco che è stato limitato preva-lentemente per favorire la rinnovazio-ne naturale e che ha riguardato, fino al1960, circa 40.000 ha all'anno.Nell'ultimo decennio, l'introduzionedella gestione sostenibile delle foreste,la diffusione della meccanizzazionedelle utitzzazioni e l'impiego del fuocoprescritto, hanno portato alla progres-

vegia, Svezia e Finlandia, è stato favo-rito dalle condizioni ambientali, dallamodesta densità degli abitanti, com-presa tra 74 e 27 per chilometro qua-

drato, dal coinvolgimento diretto dellepopolazioni responsabili del teriitorio,ma anche dalltmpiego di moderne tec-niche di monitoraggio e di difesa. Inparticolare, sono stati perfezionati edunificati gli indici di rischio, modifi-cando quelti americani e canadesi, ed isistemi satellitari per la localizzazionedei fuImini, che sono tra le più fre-quenti cause d'incendio (il 35% deicasi).Lo scenario è molto diverso nellaregione mediterranea dove, negli ulti-mi venti anni, <<Ie estati di fuoco»> sonodiventate più frequenti. Tati situazionisi sono verificate nel 1980-83, nel7990-94, nel 2001-2003, con un pro-gressivo aumento degli eventi.Negti uttimi dieci anni il numero degliincendi ha continuato a crescere,anche se si è verificata ta positiva ridu-zione della superficie percorsa, che

La prevenzione degli incendiboschivi in europa

zone boreali e semiboreali - è formatada conifere, mentre soltanto poche

centinaia di migliaia di ha di latifoglie- faggio, querce, aceri - sono localizza-te nelle zone temperate.Il clima è più freddo di quello dellaNorvegia per la presenza di montagneche sbarrano linfluenza dellAtlanticoed il territorio è attraversato da nume-rosi fiumi e laghi che contribuiscono aridurre il pericolo degli incendi.Nei secoli passati il fuoco ha notevol-mente influito sull'evoluzione deisoprassuoli forestali, a causa di eventicatastrofici che si sono verificati ad

intervalli di 50-60 anni nel Nord e di20 nel Sud del Paese.

Soltanto dalla fine delI800 ha avutoinizio il sistematico controllo degl.i

incendi, mentre dalla metà del secoloscorso il cambiamento sostanzialenelle tecniche agricole ha limitato for-temente iI ricorso aI fuoco per miglio-rare le condizioni del pascolo in forestae per rendere disponibili le terre perl'agricottura.

Natura in Sardegna n"26 - 2005

Page 10: 26Natura in Sardegna

risulta comunque quasi 100 voltesuperiore a quella della Finnoscandia.Llandamento delle precipitazioni sta-gionali caratterizza in maniera moltopiù sensibile, rispetto alle regioni delNord, il verificarsi del fenomeno, che

non è più limitato ai mesi estivi, quan-do le piogge sono scarse, ma si esten-de a quelli autunnali ed invernali,durante i quali la siccità si presentaormai con ricorrente frequenza.In sintesi, nella regione mediterraneavengono percorsi mediamente dalfuoco ogni anno circa 600.000 ha disuperfici boscate, con una frequenzaannua di 50.000 incendi, che contri-buiscono pesantemente all'emissionedi C02 nellatmosfera.Le caratteristiche morfologiche delterritorio, la composizione e distribu-zione delle aree boscate, l'elevatadensità della popolazione - che sfiorain Italia 200 abitanti per chilometroquadrato e 110 in Francia ed in Porto-gallo -, l'abbandono delle aree dimontagna, la diffusa urbanizzazione,creano condizioni di rischio partico-larmente elevate.In Portogallo, che dispone di 3,6 milio-ni di ha di bosco, il 57olo dei quali inmontagna, gli incendi si manifestanocon particolare frequenza nelle regionisettentrionali e centrali ed ogni annovengono percorsi in media 40.000 haed altrettanti di superfici erborate. Disolito si tratta di una miriade di picco-Ii episodi, circa 20.000 alìianno, mache nelle annate eccezionali, comequella del 2001, si possono trasforma-re, a causa del permanere dei venti, incatastrofi. A titolo d'esempio, nel solomese di settembre, sono andati perdu-ti 43.000 ha.In Spagna - ridotta la secolare conflit-tualità tra pastorizia e foresta in segui-to allo sviluppo economico - il perico-Io maggiore è rappresentato dalla pres-

sione turistica e dall'espansione edili-zia lungo te coste e le aree rurali.La vegetazione forestale, che si esten-de su 14 milioni di ha, dei quali 5

milioni in montagna, si adatta a condi-zioni morfologiche, climatiche ed

ambientali molto varie che vanno dallezone oceaniche del nord a quellecontinentali semiaride del centro, aquetle alpine che richiedono specificheattività di prevenzione. Nell'ultimodecennio, la superficie totale percorsa

dagti incendi è diminuita, in media, a

60.000 ha all'anno. Al contrario è

aumentato il numero degli eventi.La Francia meridionale, in cui predomi-na la vegetazione di tipo mediterra-neo, presenta un regime dei venti che

soffiano impetuosi durante i mesi diagosto e di settembre estendendo gliincendi su superfici molto vaste nelvolgere di poche ore. Cosi è accadutonel 1990, quando in due giorni anda-rono distrutti 29.000 ha di pinete e dimacchie.A partire dagli anni 90, è stato com-piuto un notevole sforzo per presidiareil territorio e per assicurare fincolu-mità delle popolazioni e dei turisti;attualmente la superficie annuale per-corsa è stata in media di 10.000 ha.Ultalia, con ormai 10 milioni di ha diforeste, ha condiviso con il Portogalloe la Spagna f impiego del fuoco comemezzo di diffusione per l'agricolturaed it pascolo, come dimostra lacostante presenza degli incendi nellearee rurali.Nel decennio 1980-90, in tre anni, lasuperficie percorsa dagli incendi hasuperato 200.000 ha, mentre iI decen-nio successivo ha fatto registrare quat-tro annate con oltre 100.000 ha ed unacon 200.000. Un'incidenza cosi elevataè quasi sempre dipendente da annateparticolarmente siccitose e da tem-perature eccezionali anche per iI climamediterraneo durante i mesi di agostoe di settembre.IJimpegno per il monitoraggio. per laprevenzione e la difesa è stato consi-derevole grazie al coordinamento tra iICorpo Forestale dello Stato, le Regioni,Ie Province, i Comuni, la Protezionecivile, i Vigili del Fuoco, le organiz-zazioni di volontariato, ed i risultatisono stati positivi poichÈ la superficieboscata percorsa dal fuoco è diminuitaintorno a 30-40.000 ha ed altrettanto

quella non boscata, mentre si è mante-nuta la tendenza alf incremento nelnumero degli eventi.Da questo breve esame della diffusionedegli incendi nella subregione setten-trionale ed in quella mediterraneaappare evidente che le condizioniambientali impongono esigenze e

modalità di prevenzione diversificate.Le difficoltà per promuovere un'azione

comune europea, soprattutto in occa-sione di eventi catastrofici, hannorichiesto un lungo periodo di trattati-ve intergovernative. Lorenza Collettiha fornito, di recente, un quadrosignificativo del cammino percorso dalConsiglio d'Europa dal 1986, iter che

doveva portare dopo quattro anni allaformulazione del concetto di gestionesostenibile delle foreste, che compren-deva, tra I'altro, raccomandazioni e

direttive contro gli incendi boschivi.Sono stati necessari attri dieci anni pergiungere, nel 2002, alla direttiva che

lilatura in Sardegna n'26 - 2005

Page 11: 26Natura in Sardegna

prevede il cofinanziamento delle cam-pagne di prevenzione, dei corsi diaddestramento per i tecnici e per lepopolazioni, il potenziamento delleinfrastrutture e dei mezzi di difesa.Net 2003. quale conseguenza de1 pro-gramma quadro del Consiglio dEuropa(Decisione n 1,600/2002 EC), iI monito-raggio degti ecosistemi forestali diventail punto centrale delte attività del Fore-

st Focus per la protezione delle foreste

dalf inquinamento atmosferico ma

anche dagli incendi; nel 2004, ai cinquePaesi che avevano aderito al programma

di difesa (Francia, Germania, Grecia,

Italia, Portogallo, Spagna), se ne

aggiungono altri cinque (Cipro, Polonia,Slovacchia, Slovenia, Ungheria).I punti principaìi sottoscritti riguardano:

- la formazione di una banca daticomune per il monitoraggio e Ia raccol-ta delle informazioni, che fa capo alCentro di Ispra;

- la protezione dagli incendi, che pre-vede misure di prevenzione conosciti-va, comprendenti campagne rivoltealle popolazioni per aumentarne laconsapevotezza e Ia responsabilità,riguardanti anche l'addestramento spe-

ciatistico degti addetti;- misure di protezione sul terreno,mediante la r ealizzazione di parafuo co,

punti d'acqua ecc.;- sviluppo delle ricerche e degli studida parte degti Stati membri e dellaCommissione.

Purtroppo, i finanziamenti per il perio-do 2003-2006 per iI Forest Focus sonorisultati piuttosto modesti, circa 60

milioni di Euro, di cui soto 9 destinatialla prevenzione degli incendi.Va perÙ osservato che Ie attività per leinfrastrutture e per il restauro delle

superfici dopo il passaggio del fuocopossono beneficiare anche del cofinan-ziamento dei programmi di svilupporurale (Regulation ECC n.1,257/90), e

per il periodo 2003-2004 allltalia è

stato attribuito il 21% dei finanzia-menti.Nel 2004 la Commissione Europea ha

accettato Ia richiesta per la formazionedi un gruppo informale di esperti degliStati membri e delle organizzazioninon govemative per la messa a puntodi una nuova classificazione dei rischida incendio e per delineare le misurepiù idonee alla protezione dei boschidopo il 2006. Questo gruppo è statomolto attivo e si è riunito ripetutamen-te a Saragoza, a Ispra ed a Bruxetles.Ilimponente sviluppo turistico netle

aree rurali in questi ultimi anni haaumentato notevolmente il livello dirischio ed il Consiglio d'Europa, difronte al ripetersi di situazioni cata-strofiche, ha attivato nel quadro dellaprotezione civile per il periodo 2004-2006 un programma comune di azione

a supporto delle iniziative eccezionaliper la prevenzione, la preparazione e lapartecipazione delle popolazioni e

della mutua collaborazione tra i servi-zi di protezione civile e di protezioneambientale.

Le richieste, il coordinamento, lamobilitazione delle forze disponibili incaso d'incendio nei vari Paesi sono affi-date al Centro di monitoraggio e diinformazione della Comunità (MIC) che

dispone delle informazioni sul rischiogiornaliero d'incendio e sulla localizza-zione delle arre bruciate fornito dalCentro di Ispra.Un'altra importante iniziativa dellUnio-ne riguarda il Fondo europeo di solida-rietà, dotato di circa 3 milioni di Euro,che a partire dal 2002 è stato esteso

oltre aIIe alluvioni anche agli incendiforestali, ed a cui hanno potuto accede-

re iI Portogallo e la Spagna colpiti llan-no successivo da gravi emergenze.

La molteplicità degli organismi coin-volti nella prevenzione degli incendiha convinto lo stesso Consiglio ad

awiare una politica finanziaria di piùstretto coordinamento, che dovrebbeportare nel 2007 alla confluenza dellenumerose iniziative settoriali previstenei programmi Life, Natura, Ambientee Forest Focus.

Da questo breve panorama si possono

rilevare due aspetti significativi e cioèche, grazie all'impegno dei Paesi mem-bri durante il 2004, gli strumenti e lestrutture per la prevenzione hannoconsentito a livello europeo di migtio-rare l'efficienza della raccolta delleinformazioni per approfondire la cono-scenza det fenomeno degli incendiboschivi e delle sue conseguenze sul-l'ambiente, al fine di adottare misureadeguate per contrastarlo.» evidente che i risultati saranno tantopiù rapidi quanto più i Paesi saranno ingrado di rafforzare e di perfezionare iIcoordinamento tra gli uomini ed i mezzidi cui dispongono, tenendo in contoche ta posta in gioco sta assumendo

sempre più valenza planetaria anche invista dei cambiamenti climatici.Tuttavia, non si puÙ attendere che lasoluzione dei problemi della preven-zione possa venire affidata soltantoalte decisioni comunitarie.Nel nostro Paese, la sensibilizzazionedei cittadini, che sempre più numerositraggono beneficio nel tempo libero dai

Natuxa in Sardegna n"26 - 2005

Page 12: 26Natura in Sardegna

boschi, rappresenta un aspetto signifi-cativo per cercare di ridurre il crescentenumero di incendi che ha segnato

anche la stagione 2004.

Questo non significa che fimpegno dei

responsabiti del territorio sia venutomeno, anzi va riconosciuta Ia costante

attenzione del Corpo Forestale delto

Stato, dei Servizi Forestali regionali,della Protezione civile, dei gruppi divolontariato, detLe associazioni ambien-

taliste nell'attuare i programmi dimonitoraggio e di formazione, soprat-

tutto per i giovani che frequentano le

scuoie di ogni ordine e grado.

Llaumento nella frequenza degli incendinellultimo decennio rende urgente pro-porre nuove forme di sensibilizzazione,passando da quella generica a quellamirata a particolari categorie di poten-ziali fruitori del territorio. In particola-re, appare opportuno intensificare glisforzi nei periodi di maggiore pericolo-sità, da luglio a settembre, su quella

vasta parte della popolazione che sireca in vacanza utilizzando i mezzi di

10 §atura in §ardeEna n"26 - 2005

trasporto aereo, marittimo e ferroviario.IJapporto delle società aeroportuali e

marittime che prowedono a canalizzare

milioni di passeggeri verso la Sardegna,

l'Elba, ta Sicilia, la Calabria, la Puglia, laLiguria - regioni a notevole rischio d'in-cendi - potrebbe presentare il vantaggiodi poter concentrare le informazioni inpochi centri ad alta frequentazione.Basta pensare allaereoporto della MaI-pensa dove dal luglio al 17 agosto tran-sitano 23 milioni di passeggeri, con

oltre 25.000 movimenti dei quali 4.350

rappresentati da voli charter.

La novità delle tariffe «last seconò>,

che consentono risparmi del 50% neifine settimana, sta trovando un vastopubblico che vuole compiere le vacanze

senza correre iI rischio di interminabilicode sulle autostrade.A fianco dei grandi scali, i più significa-tivi sono quelli regionali come da esem-

pio Olbia con 340 movimenti al giorno

durante il periodo estivo, o Bari che haraddoppiato il traffico con 1,5 milioninel 2004 e punta su 2 milioni nel pros-

simo anno.Considerazioni analoghe possono essere

fatte per le compagnie di navigazione

che imbarcano milioni di passeggeri inpochi porti turistici per le isole e lecoste del mediterraneo.Nelle aree di attraversamento obbligatonon dowebbe essere troppo oneroso

diffondere, durante i periodi critici, gti

awertimenti per far comprendere quan-

to possa essere dannosa la disattenzio-ne o la leggerezza di comportamentonelle aree boscate.Non è detto che la risposta del pubblicosia positiva, ma non vi è dubbio che tapresentazione delle conseguenze di unincendio in una località boscatariconoscibile, prossima allarea di desti-nazione, puU suscitare maggiore atten-zione di un generico messaggio di sal-

vaguardia ambientale.In questa ottica, un ruolo fondamenta-te potrebbe venire svolto dalle Regioni

che sono titolari del trasporto, su rotaiae su gomma, utilizzando le stazioniormai quasi tutte attrezzate di acco-

gtienti terminali in cui convergono

durante il periodo estivo imponentiflussi turistici.Ai servizi forestali regionali non man-

cherà certo Ia possibilità offerta daipiano di trasporto che dispone di unarete capillare anche attraverso le zonepiù a rischio del territorio, e di saper

individuare i percorsi dove appare piùnecessario trasmettere le esigenze dellaprevenzione.»» evidente che Iobiettivo è quello diaumentare Ia sensibilità al rispetto del

territorio e quindi iI messaggio è neces-

sariamente diverso da quello riguardan-te gli incendi per cause dolose, dove

sono prevalenti le conseguenze dellarepressione.Non c'è da farsi troppe illusioni che ladeterminazione di chi ha deciso di ricor-rere al fuoco, per motivi di rivalsa o diprotesta, possa venire scalfita da preoc-

cupazioni di rispetto per llambiente che

lo circonda. In questo caso, Uunica viada seguire è quella intrapresa dal Corpo

forestale dello Stato, che consiste nellosviluppare Ie conoscenze sulla tipologiae sutlevoluzione degti incendi, in modo

da acquisire la certezza delle cause e

giungere alf individuazione del colpevo-

le. Si assiste, infatti, ad un preoccupan-

te contributo della popolazione della

terza età aI fenomeno e te cause merite-rebbero di venire approfondite.Ampliare il senso di responsabilità indi-viduale per operare a difesa degli incen-di boschivi non è compito facile, nÈ dibreve durata.Per questo è necessario puntare su ini-ziative che abbiano un effetto moltipli-cativo, come è il caso del setto-re dei

trasporti: I'0sservatorio Foreste e

Ambiente è cosciente di questa diffi-coltà e proseguirà Ie sue attività didivulgazione, nella certezza che Ie ana-

lisi e Ie proposte risulteranno di grande

utilità pratica per la campagna antin-cendio 2005 che, secondo i climatologi,si annuncia particolarmente calda ed icui effetti negativi sugli incendipotranno venire limitati soltantomediante un maggiore coinvolgimentodelle popolazioni e la vigitanza di tuttele forze che operano sul. territorio.

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Intervento tenuto al convegno "Conoscere

e difendere i boschi" tenuto all'Abbazia diVatlombrosa il 9 e 10 giugno 2005

[i incendi boschivi, anche se

sempre presenti nella nostrarealtà territoriale, sono diventa-

ti un fenomeno grave e preoccupantedalllnizio degli anni '70, assumendonegli ultimi 30 anni dimensioni, in ter-mini di superfici percorse e numero dieventi, estremamente elevate nono-stante siano state attivate e potenzia-te nel tempo le strutture preposte alcontenimento con llmpiego di mezzi e

tecnologie più moderne.Llaumento e la diffusione degti incendiè legato sostanzialmente oltrechè aldilatarsi di favorevoti condizioni clima-tiche atle profonde modifiche awenutenetl'uso antropico del territorio.Infatti, ai periodi di siccità prolungatanaturalmente predisponenti si sonosovrapposti Uabbandono detle aree rura-li, la crescita delle popolazioni dellearee urbanizzate, l'adozione di politicheforestali estremamente conservative.La loro azione, comportando laumentodelle aree marginali, la perdita dei pre-sidi territoriali, I'espansione delle aree

d'interfaccia, I'accumulo di combustibi-le, ha favorito i fenomeni di degradoambientale, tra cui gti incendi risulta-no preminenti.Paradossalmente, più si moltiplicanogli sforzi organizzativi più il boscobrucia; tale affermazione sembra unaprofonda,incongruenza, ma corrispon-de alla realtà dei fatti.

KmffiffiH%#€ fumffiffifu€w.ffi.

subiti dal Nord può arrivare fino al 40%del totale.Queste aride statistiche i cui picchisono registrati in giornate che determi-nano forti movimenti di emotivitàripresi dai mass-media sono poi pun-tualmente dimenticate al cessare delle-mergenza.Anche se i danni provocati dagli incen-di sono ormai conoscenze acquisite,che coinvolgono sia vite umane sia ibeni andati in fumo, non bisogna tra-scurare le principali conseguenze delfuoco nei boschi:-la perdita di biodiversità vegetale e

animale;

ffiffimw,ffim ffi roffimffi€m&'ffimfum

Ad un miglioramento del sistema dilotta ha corrisposto una particolareresistenza e ricorrenza del fenomeno.I due aspetti si contrappongono e

determinano, come risultato. una leg-gera tendenza aI contenimento delproblema del fuoco che mostra, nelcontempo, un eccezionale dinamismosoprattutto in alcuni ambiti.ilarchivio completo relativo agli incen-di boschivi è disponibile dal 1970 ad

oggi, per un periodo comptessivo di 35

anni.In meno di quaranta anni sono andatidistrutti o danneggiati quasi 1.800.000ettari di bosco a causa di circa 300.000incendi.Nellultimo decennio la media annuasupera gli 11.000 incendi/anno. con50.000 ettari di superficie boscatadevastati.I dati annuali sutle superfici percorse

dal fuoco e sul numero di eventi risen-tono di particolari condizioni chehanno di volta in volta favorito o sfa-vorito Ia diffusione; ciò è confermatodai dati 2004, tra i più confortanti del-I'ultimo quinquennio, che però noninvitano ad "abbassare Ia guardia"essendo i[ fenomeno cosi complesso e

dipendente da eventi climatici estremi.0ltre il 70% dei boschi italiani è ubica-to in aree in cui è elevato il rischio diincendi e solamente il 30% per laquota e per il clima, si può considera-re quasi al sicuro; il 90% degli incendicolpisce i boschi compresi in una quotatra il livello del mare ed i 1000 metri.Gli ambienti mediterranei sono quellimaggiormente aggrediti, anche se

ormai gli incendi non sono più unaesclusiva del Sud come dimostrano lefiamme che nel periodo inverno-prima-vera colpiscono Ie regioni alpine.In particolari stagioni, con forti siccitàinvernali, Ia percentuale dei danni

Natura in §ardeEna n"26 - 2005 11

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-l'rrreversrbrle clanno provocato al.L'am-

biente e agli ecosistemi;-la devastazione del paesaggio;

-la progressiva alterazione fisico-chi-mica dei suoli ed il conseguente disse-

sto idrogeologico;-iI processo di isterilimento del terrenoche potrà innescare fenomeni di deser-

tificazione, temuti e prospettati dalmondo scientifico nel prossimo futuro;-iI contributo negato alleffetto serra

con cospicue immissioni di C02 nelllat-mosfera (azione doppiamente negativaperché gli incendi, oltre all'aumento diC02, provocano contemporaneamentela riduzione di piante arboree e arbu-stive che fisiotogicamente sono attivenel circuito della fissazione naturaledel carbonio).Queste prime semplici considerazioniesprimono ampiamente le gravi respon-

sabilità degti incendi nei confronti delle

alterazioni climatiche e dei disastriambientali, ma è possibile tentare di tra-durre numericamente alcuni effetti per

cleflrurne e rattorzarne [a dlmensrone:-circa il 25% del territorio delle aree

meridionali è a rischio di desertifica-zione;-gli incendi boschivi impediscono che

almeno 200.000 tonneltate di C02 inun anno vengano sottratte dall'atmo-sfera;-và a fuoco, sempre in un anno, unabiomassa equivalente a circa 2.000.000di tonneilate di petrolio.Da quanto detto emerge chiaramente lanecessità di agire anticipando ljazione

devastatrice del fuoco operando al fine dimigliorare [efficacia della prevenzione.

Uattività di prevenzione consiste nelporre in essere "azioni mirate a ridurrele cause e iI potenziale innesco d'incen-

dio nonché interventi finalizzati aIIa

mitigazione dei danni conseguenti"(L.353/2000).Uazione del Corpo Forestale deilo Stato

in tal senso è indirizzata allo sviluppodi un'attenta campagna di sensibitiz-zazione, ispirata alla molteplicità ed

a[[a o]versrta or attrvrta cne vengonosvolte nelle aree a rischio di incendioboschivo. at puntuale controlio del ter-ritorio e soprattutto all'approfondi-mento conoscitivo delle cause nellaprosecuzione del percorso iniziato con

lllndagine conoscitiva svolta su incari-co del Governo nel 2002.Uattività di sensibilizzazione vienecurata nell'ambito di un ampio pro-gramma di comunicazione istituziona-le finalizzato all'informazione sulletematiche ambientali, all'educazioneal rispetto della natura, alla diffusionedella cultura della legalità in materiaambientate.A tal fine nellultimo anno si è prowe-duto, in collaborazione con la RAI, a

fornire informazioni di pubblica utilitàsulla sicurezza alimentare, sulla difesa

delle specie animali e vegetali a rischiodi estinzione, suile escursioni in sicu-rezza e sulla prevenzione degli incendiattraverso la pagina 734 di Televideo e

gli spazi quotidiani su Isoradio.

72 §atxra in §arctrcqr:a n"26 - ?0C5

Page 15: 26Natura in Sardegna

Nel mese di giugno è stata awiataattraverso spot televisivi, annuncistampa e affissioni, Ia campagnaAntincendi Boschivi.Iattenzione dei cittadini è statarichiamata mediante l'immagine di unalbero con un estintore fissato al tron-co e lo slogan La natura non può difen-dersi da sola. Aiutiamola a difenderladal fuoco, seguita dalìiinvito a segnala-re eventuali focolai al numero di emer-genza ambientale 1515.Inoltre, attraverso brochure e folder,distribuiti presso i 1.300 uffici perife-rici del Corpo, sono state diffuse lenorme fondamentali di comportamentoda adottare in caso di incendio o perevitare di generare incendi in modoinvolontario.Un secondo livello di informazione è

stato realizzato tramite il portalewww.corpoforestale.it e la newstetter,pubblicata sul sito.Il foglio digitale, nato per intensificaree rendere più agevole sia la comunica-

zione interna, che quetla esterna, infor-ma gli iscritti, con tre aggiornamentisettimanali, riguardo le attività, appun-tamenti, iniziative e operazioni delCorpo Forestale sul territorio nazionale.Grande attenzione viene rivolta allapopolazione scolastica nella convin-zione che sia fondamentale, ai fini pre-ventivi, educare le giovani generazionial rispetto e alta tutela dell'ambiente. Ibambini sono i destinatari, non solodella sezione a loro dedicata sul sitoweb istituzionale, dove Forestatino, uncartoon nato da[a penna di Luca Riva,li guida attraverso le tematicheambientali, ma anche di specifici pro-getti educativi quali "Bosco a scuola","Horti Culturati" e "Leggi il bosco".Iattività di prevenzione e repressionedei reati connessi agli incendi vienestrutturata in funzione di fattori terri-toriali e sociali, con un approccio ope-rativo definito a livello provinciate e

mirato alle specifiche situazioni.La complessità del fenomeno per la mot-teplicità delle motivazioni degli incen-diari, spesso legate a situazioni di pre-

cario utilizzo del territorio e di sofferen-za economica e sociale dei contesti rura-li e montani, richiede la formazione e laspeciatizzazione del personale.

A tal fine il Corpo si è dotato di unaspecifica struttura, articolata neiseguenti dispositivi:- N.I.C.A.F. Nucleo InvestigativoCentrale Ambientale e Forestale

- N.I.A.B. Nucleo InvestigativoAntincendi Boschivi

- N.I.P.A.F. Nucleo Investigativo diPolizia Ambientale e Forestale, inambito provinciale.In contemporanea è stato awiato, inottemperanza a quanto stabitito dallalegge quadro, un processo volto a[[a-dozione di nuove metodologie indi-spensabiti per consentire un attento e

costante monitoraggio della situazionee un'adeguata contrapposizione awa-Iendosi della collaborazione degti entidi ricerca e delle università.Tra esse meritano attenzione le speri-mentazioni in atto finalizzate allaimmediata rilevazione delte superfici

percorse ed alla corretta determinazio-ne delle cause d'incendio.La georefenzazione degli eventi e laperimetrazione delle aree percorse datfuoco costituiscono infatti utiti stru-menti per la comprensione del fenome-no nei diversi ambiti territoriati e socioeconomici e per le attività di preven-zione e repressione a tutti i tivelti.Iiattività volta all'individuazione dellecause assume estrema rileyanza per la ren-dere ancora più efficace la prevenzione;

essa viene condotta applicando il Metodo

delle evidenze fisiche, che attraverso unoscrupoloso procedimento consente la rico-struzione dellevento e l'individuazione delpunto d'inizio delf incendio.Uevoluzione dellincendio viene rico-struita attraverso la ricerca e l'anatisidegli indicatori dei segni che il passag-

gio det fuoco ha prodotto sulla vegeta-zione e sull'ambiente fisico.La loro corretta interpretazione per-mette di localizzare i punti d'inizio delfuoco, obiettivo fondamentale del pro-cesso investigativo, poiché attraversoessi si rilevano preziose informazionisulle cause.

IJapprofondimento conoscitivo che può

derivare dalt'appticazione di tale meto-dologia rende perseguibili vari obietti-vi: la differenziazione territoriale e

subterritoriale del fenomeno in funzio-ne delle cause, la caratterizzazionedelle cause e detle modalità d'innesco,l'analisi motivazionale del fenomeno,l'attuazione di azioni di sorveglianza e

di repressione sempre più rispondentialla "tipicità" territoriale del fenome-no, la valutazione dellefficacia dellenorme e della loro appticabitità.La gravità del problema non permettedi omettere alcuno sforzo ai fini detsuo contenimento, il Corpo Forestaledello Stato ne è assolutamente consa-pevote ed ha pertanto awiato un pro-cesso di rinnovamento strutturale, diqualificazione professionale e di spe-cializzazione tecnica, per garantire latutela dellambiente e dell'incolumitàpubblica che, per essere realmenteefficace, deve essere incentrata sullaprevenzione.

Natura in §ardegna n'26 - 2005 13

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Come prevenire gli incendi:il ruolo degti operai forestaliIntervento tenuto aI convegno "Conoscere e difendere i boschi" tenutoall'Abbazia di Vallombrosa il 9 e 10 giugno 2005

el ringraziare la Fondazione VaI-lombrosa e Ia Consulta Nazionale

Foresta Legno di avermi invitatoa partecipare a queste giornate, cosidense di interventi e contributi nellematerie forestali in senso lato, desideropreliminarmente chiarire che avevopreparato un intewento non esatta-mente incentrato sulla tematica relati-va agti "operai forestali" ed al lororuolo, dato che da tempo il quesito fon-damentale all'ordine del giorno dellanostra esperienza regionale è rivoltonon tanto al potenziamento delle tec-niche di spegnimento ma soprattutto alcreare le premesse perché gli incendi,come meglio dirò più avanti, si riduca-no decisamente di numero.E per farlo, desidero partire da unapremessa di ordine storico, riportandoIa nostra attenzione ai secoti dellAltoMedioevo (IX-XI secolo), proprio neglianni in cui i Vallombrosani, il cuiAbate Padre Lorenzo Russo oggi ciospita, si insediavano in Sardegna por-tando luci e occasioni di apertura cul-turale di non poco rilievo.Bene: in quegli anni si consolidavano,e venivano esplicitamente trasformati

14 tr{atuxa in §ardegna n'26 - 2005

in codices rurales scritti e organici,avanzati e talvolta d'avanguardiarispetto alle norme vigenti nell'ItaLia"continentale", le cosiddette "Cartas

de Logu" il cui significato equivalenteodierno è, né più né meno, di Costi-tuzione delto Stato: stiamo parlandodi quell'originale sistema "statuale"(superiorem non recognoscens) chefurono i Giudicati (di Arborea, di Gal-Iura, di Caralis, di Torres) nati dopo iIprogressivo abbandono delt'isola da

parte dei Bizantini (VIII secolo d.C.),aI quale abbandono i sardi risposeroproducendo forme autonome di orga-nizzazione della vita delle campagne e

delle città non meno importanti diquelle delle più famose città marinaredi Genova, Pisa, Barcellona, con lequali intessevano forti rapporti dialleanze commerciati e militari.Il richiamo alle "Cartas de Logu" in que-

sta sede importa non tanto per llaffasci-nante (e poco conosciuta nei libd discuola) vicenda di autogoverno chequegli anni impropriamente definiti"bui" produssero, ma soprattutto per ilriferimento specifico ed affatto origina-le agli incendi (0rdinamentos de fogu).

Sono appena passati esattamente sei-cento anni (1403-2003) da quando

moriva Ia giudicessa Eleonora dAr-borèa, ultima grande epigona dellevicende storiche giudicali.La sua fama è legata, tra l'altro, allaversione finale della Carta de Logu dicui è pervenuto un manoscritto spa-gnolo del 1500 circa, in cui la materiadegli incendi, elaborata peraltro anchenegli anni precedenti da suo padre

Mariano IV, è organicamente trattatacome materia penale rilevante tra ireati del tempo.Era previsto t'obbligo di realizzare ido-nee fasce parafuoco (doha) entro ilgiorno di san Pietro (24 giugno) e iIdivieto di bruciare prima della giornatadi Santa Maria (8 di settembre); chiun-que in tale periodo di divieto avesse

appiccato fuochi era severamente puni-to; Ioriginalità della norma prevedeva,

nel caso di mancata individuazione delcolpevole, il ricorso ala responsabititàco[ettiva del villaggio dove Iincendioo Uaccensione non lecita si verificava:ciascun abitante del vitlaggio, il "cura-

tore" (sindaco) e i giurati della villaerano corresponsabili della sanzione.

Page 17: 26Natura in Sardegna

E ben vero che tale richiamo allaresponsabilità collettiva non ha impe-dito, nel corso dei secoli, iI reiterarsidegli incendi come gravi fatti ai dannidel patrimonio collettivo (si tegga, ad

esempio: Tra cronaca e storia le vicende

del patrimonio boschivo della Sardegna,Enea Beccu, Carlo Delfino Editore,2000); tuttavia è documentato chequelle regole di controllo e di deterren-za durarono anche sotto gli ordina-menti degli Aragona e dei Castiglia finoal 1700 circa, sotto forma di Prammati-che, e che tale stabilità giuridica abbiain qualche modo consolidato il princi-pio della partecipazione comune allaprevenzione ed all'estinzione degliincendi una volta insorti, dietro l'av-vertimento lanciato attraverso le cam-pane del villaggio.A solo titolo di esempio, si citano leSuppliche detla Villa di Tempio nelParlamento sardo del 1.687, convocatodal Re Carlo II e presieduto dal Duca diMonteleone, dove il Sindaco detta Cittàdi Tempio chiedeva: ".... che essendo

sconveniente per la Gallura il puntodell'8 settembre segnato dalle Pramma-tiche per mettere i fuochi, si potessero

anticipare di due mesi ffinchà Ie

bestie non fossero impedite dalle trop-pe macchie a trovare il pascolo". IlViceré faceva rispondere senza indugio"Che si osservi la Reale Prammatica".Come dire: le regole di prudenza con-suete non possono essere derogate(dal Dizionario Geografico-Storico-Sta-tistico-Commerciale degli Stati di S. M.

il Re di Sardegna, di Goffredo Casalis,

Torino, 1833-1856, Maspero, Cassone,

Marzorati)Uintroduzione svolta non paia troppofuori dal tema, e si rifletta sul fattoche l'argomento della partecipazionecollettiva alla prevenzione del fenome-no ed atla riduzione del numero com-plessivo degli incendi costituisce, oggipiù di ieri, la strategia fondamentalesu cui incentrare l'attenzione.Nel passato più recente, e direi fino ad

oggi, il problema degli incendi boschi-vi è stato affrontato in termini emer-genziali, con un continuo ricorso atl'in-cremento delle forze in campo e allatecnologia: tutto ciò, se è necessario inalcune fasi del processo è spesso diven-tato atibi di deresponsabitizzazione.A partire dal 7974 la Regione Sarde-

gna, attraverso il Corpo Forestale(diventato poi nel 1985 C. F. e di Vigi-lanza Ambientale) ha sperimentatomodelli e tecniche di spegnimentodegli incendi, diventando punto diriferimento nazionale.Gli anni '80/'90 hanno visto un'evolu-zione "tecnologica" (elicotteri, sistemidi "monitoraggio elettronico") ed unincremento delte forze in campo (oggisi contano fino a 13.000 persone coin-volte in forme diverse nella strutturadi prevenzione e spegnimento), ma ilnumero complessivo degti incendi(circa 2800-3000 ogni estate) nonaccenna a diminuire.È diminuita invece negli ultimi anni lasuperficie media boscata bruciata per

incendio, il cui valore si attesta intor-no ai 6,0 ha (in questo mi permetto didissentire dai dati riportati nella pub-blicazione del CFS presentati in questo

convegno, che presentano la situazio-ne della Sardegna in termini di estremaprecarietà, indicando in 16,2 ha lasuperficie media): testimonianza diuna migliorata capacità di reazionedella struttura che, tuttavia, non puòcoprire lluniverso degli eventi.Per questo il CzuA da anni si interrogasulle strategie ed a questo proposito haorganizzato e svolto nel maggio 2004 unconvegno a Cagliari dal titolo "Incendi

boschivi e rurali in Sardegna: dalìjanali-si delte cause aIIe proposte di interven-to"; un grande sforzo è stato fatto perportare un contributo alla conoscenza diun fenomeno che non può essere sempre

e semplicemente definito criminale mache troppo spesso è legato a fattori dicolpa e sottovalutazione dei pericoti delfuoco nelllespletamento di normali atti-vità agricole, metalmeccaniche, di tra-sporto. di manutenzione etc.

II CFVA dal 1994 ha attivato, primo inItalia, Nuclei Investigativi contro gliincendi boschivi e specifici protocoltidi indagine che rapidamente sonodiventati modello operativo in tutte leProcure dellisola ed esempio anche peraltre regioni ed altre forze di poliziacon cui il CFVA collabora.Anche in questo senso l'esperienzaregionale aiuta a formulare le premes-

se per la risposta alla domanda che èstata posta.

Natura in §ardegna n"26 - 20C5 15

Page 18: 26Natura in Sardegna

Dal 1"994 ad oggi sono state redatte a

cura delle 80 Stazioni CFVA e dei NucleiInvestigativi oltre 7500 comunicazionidi reato, che hanno contribuito a defi-nire almeno 16 tipologie di cause colpo-se e almeno 19 tipologie di cause dolo-se: anche da questo punto di vista nonsi condivide l'informazione foririta dalCFS sul[ammontare del 100% di cause

d'incendio indefinite in Sardegna; alcontrario, la determinazione e il forteradicamento nel territorio regionale delpersonale det CFVA consente di supera-re luoghi comuni e false interpretazionisul fenomeno degli incendi (terrorismoetc.) che, soprattutto in estate, imper-versano sui media.I risultati delle conoscenze in meritoportano a dire che:- Non si può inseguire l'aumento degliincendi con l'aumento delle forze incampo e delle tecnologie; la sogtiaorganizzativa raggiunta costituisce iImassimo da non superare se non sivuoLe alimentare un peruerso ciclo diulteriori aumenti di incendi in funzio-ne del personale da assumere o dinuove tecnologie da adottare;- Occorre attivare azioni preventive perridurre o impedire llinsorgenza degliincendi: ogni evento infatti può rapi-damente degenerare e non essere

tenuto sotto controllo da una pur sofi-sticata struttura antincendi; i dati sta-tistici dimostrano che oltre it 90 %degli incendi viene tenuto sotto con-trollo da una struttura che ha in 12'iltempo medio di intervento su ognievento e in 8-10 ha la superficie mediatotale bruciata; ma lo 0,6% di casidetermina incendi con dimensionesuperiore ai 200 ha, e circa l'80% deltotale dei danni in giornate caratteriz-zate da venti eccezionali e temperatu-re elevatissime.

Gli incendi non sono una materia da

delegare agli "esperti" (salvo le dove-rose esigenze di alta professionalitànelle operazioni) ma da condividerecome problema sociale (la "responsabi-

lità collettiva") con tutte Ie pieghe delmondo civile: è per questo che nelcorso delf inverno/primavera si realiz-

16 §atura im §ardegna n"26 - 2005

zano incontri e si definiscono accordicon iI mondo del volontariato (ancorapoco sviluppato), iI mondo dei cosid-detti "barracelti" (una sorta di poliziarurale privata autoctona, nata per pre-venire il furto di bestiame in campa-gna e oggi disponibile ad una presen-

za di prevenzione: si tratta di circa5000 uomini in Sardegna), gli EE.LL.

per tutti gti obblighi di messa in sicu-rezza delle pertinenze stradali, luogochiave di insorgenza del fuoco, fENEL,I'ANAS, le ferrovie, i gestori dei villag-gi e campeggi turistici etc.Non rimane a questo punto che tratta-re il tema specifico: "Il ruolo degli ope-rai forestati nella prevenzione". Abbia-mo sentito i numeri e le problematicheesposte dai colleghi delle altre Regionie necessariamente debbo rappresenta-re la realtà della mia Regione: in Sar-

degna dal gennaio 2001 è operativoI'Ente Foreste della Regione Sardegnache, nato con la L.R. 24/7999, costi-tuisce il più grande datore di lavoro

pubblico dell'isola: circa 7.000 operaied impiegati che gestiscono 220.000ettari di foreste demaniali, terrenipubblici in gestione trentennate e ter-reni privati sottoposti ad occupazionetemporanea che fino al 2000 eranogestiti dal CFVA.

Nel Piano di previsione, prevenzione e

lotta attiva contro gli incendi boschiviapprovato dalta G.R. con deliberazionedell'l giugno u.s. iI personaledell'E.F.R.S. impegnato nelta campagnaAIB è pari a n. 41-1.5 unità: si trattasopratutto di conduttori ed addetti diautobotte, operatori di lotta, vedette,oltre che funzionari che collaboranonelle Sale 0perative provinciali (COP).

La struttura così dimensionata è natain modo diffuso per coprire t'interoterritorio regionale in modo da riuscirea ridurre il tempo di intewento su ogniincendio in un arco cronologico nonsuperiore a 15' (in realtà il risultato è

attestato su un tempo inferiore), main particolare modo sui territori

I

\

Page 19: 26Natura in Sardegna

boschivi di maggiore importanza (leforeste demaniali, Ie aree a parconazionale, i compendi ad alta presenzaturistica etc.).Si tratta in genere di operatori esper-ti, compresi gli stagionali che neglianni hanno realizzato buone sinergiecon Ia struttura del CFVA; e tuttavia,pur considerando Ie personali capacitàche io stesso nel corso degli anni hopotuto apprezzare e verificare sulcampo, si sono determinate delle fortirigidità che non aiutano a migliorareYorganizzazione: parlo in particolaredi atcuni istituti contrattuali (integra-tivi) che paradossalmente potrebberoessere portatori di interessi alla persi-stenza del fuoco anziché alla sua rapi-da estinzione; istituti che complicanoanziché semplificare ta linea dicomando, assegnata per legge al Corpoforestale e di V.A. e che durante 1'e-

mergenza di tutto necessitano fuorché

di una complicazione nel passaggio

degli ordini di attacco al fuoco; inqualche modo - ed in alcuni casi è

anche stato acclarato, anche se si trat-ta di patologie - finsorgenza di incen-di è talvolta tegata a probtematiche diconflitto interno ai cantieri (Iicenzia-menti/non assunzioni; passaggi diqualifica; ordini di servizio non accet-tati etc.).Ma Ielemento più drammatico è con-nesso alla "deresponsabilizzazione"della società civile sugli incendi: "nonvado a spegnere perché ci sono giàquelli che sono pagati per farlo"; cosicome spesso le stesse squadre di lottasi ritirano in buon ordine dal frontedetlo spegnimento all'arrivo del Cana-dair (per "prometeica vergogna" come

è stata definita dat filosofo PlacidoCherchi al Convegno di Cagliari) rinun-ciando ad un'efficace conclusione dellaoperazione.

Fondare Ia prevenzione degli incendisull'elemento "esclusivo" o "prevalen-te" degli operai forestali, per conclude-re, non pare, a chi scrive, cosa utile: Ialotta attiva richiede certamente unaforte professionalità e non f improwi-sazione volontaristica; in questo sensocostituire nuclei di operai forestalisempre più specializzati è cosa buona e

giusta per la fase dell'awistamento e

dello spegnimento, anche se nei pros-simi anni maggiore attenzione dovràessere dedicata atle magnifiche profes-sionalità anche nell'awistamento e

spegnimento dimostrate dai pochi (inSardegna) gruppi di volontariatoantincendi e dalle Compagnie Barrac-cellari (diffuse nel nuorese e nel cen-tro-nord Sardegna). Ma per la preven-zione ritengo che altre siano le stradeda seguire: e devono essere strade diricostruzione della responsabilità col-lettiva, a partire dal singolo cittadinoche deve adottare comportamenti vir-tuosi nell'evitare, prima che nascano,gli incendi; ancora di più, i comporta-menti preventivi delle pubblicheamministrazioni, che dovranno redige-re appositi piani comunali antincendioin cui dettagliare e realizzare tutte leopere di difesa passiva preventiva(fasce antincendio, raccolta di rifiutiinfiammabili, soprattutto dalle stradeetc.); ancora, in ogni attività economi-ca (agricola, turistica, artigiana, etc.)dovranno essere sempre più rese obbli-gatorie modatità intrinsecamenteautoprotette dagli incendi; in Sarde-gna. rispetto a questo tema, è in cari-co al Consiglio Regionale una legge direcepimento della L. 353/00 e di unsuo adattamento alla situazione regio-nale; tra gli altri problemi da risolvereanche con questo strumento è l'annosavicenda det mancato decollo del Cata-sto dei terreni percorsi dal fuoco, che iComuni solo in minima parte stannoadottando: il ruolo del CFVA in questosenso è necessario per la capacità e

t'autorevolezza che in questi anni è

stata messa in campo nella realizzazio-ne digitale delle carte dei terreniincendiati in ausilio ai comuni.

ldatura in §ardegna :l'26 - 2005 77

Page 20: 26Natura in Sardegna

sufficienti per perseguire a lungo ter-mine I'obiettivo stabilito nella Conven-zione Quadro, di impedire interferenzeantropiche pericolose per il sistemaclimatico. Pertanto si rispose adottan-do il "Mandato di Berlino", aprendo ungiro di consultazioni per rafforzare gliimpegni presi da parte delle Parti del-lAllegato I.A seguito di ciò si giunse, nel 1997,

all'importante Conferenza di Kyoto(COP 3) in cui i paesi industrializzati si

impegnarono a ridurre le emissioni digas serra per il periodo 2008-2012 dialmeno il 5% rispetto ai livelli del 1990.

paese a ridurre le emissioni di gas serradel 6,5% rispetto ai livelli del 1990

entro il periodo compreso fra il 2008 eiL201,2. La Legge 1,20/2002 prevede traUaltro che il Ministero dell'Ambiente e

della Tutela del Territorio, di concertocon gli altri ministeri competenti, pre-senti un piano d'azione nazionale perla riduzione dei gas serra e Iaumentodel loro assorbimento per raggiungereal minor costo Iobiettivo preposto.AII'ItaIia è stato attribuito, con riferi-mento al 1990, un livello di emissioninette pari a 521 Mt C02. IJobiettivo diriduzione si è attestato pertanto a

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(prima parte)

Ii Stati, con I'adozione dellaConvenzione Quadro deLle Nazio-ni Unite sui Cambiamenti Clima-

tici nel 1992, riconobbero il ruolo delleattività antropiche come causa princi-pale dell'aumento dei gas responsabilidelleffetto serra nell'atmosfera. Con

ciò si stabilì [a necessità di awiareun'inversione di tendenza in quelleche sono le modalità di sviluppo detlasocietà, attualmente imperniata nellosfruttamento delle risorse naturali, edin particolare nell'utilizzo delle fontienergetiche fossili (petrolio, carbonio,gas naturale ecc.) principali responsa-bili dell'aumento negli ultimi 150 annidel tasso di concentrazione di gas serra(GHG), per la massima parte C02.

In particolare si riconobbero, comemaggiori responsabili di tale situazio-ne, i paesi più svituppati (Parti incluseaIIAIIegato I), produttori da soli del75olo delle emissioni mondiali. Per talemotivo si decise di mantenere le emis-sioni dell'anno 2000 al livelto del 1990.

Con la prima Conferenza delle Parti(C0P1) di Berlino, fu chiaro che gliimpegni assunti non sarebbero stati

18 Natura in §ardegna n"25 - 2005

TaIi impegni sono giuridicamente vin-colanti per i Paesi aderenti aI Protocol-1o di Kyoto.Il Protocotlo di Kyoto sarebbe entratoin vigore il novantesimo giorno succes-

sivo alla data in cui almeno 55 Partidella Convenzione lo avessero ratifica-to, e tra questi i paesi svituppati le cuiemissioni totali di anidride carbonicarappresentano almeno it 55% detlaquantità totale emessa nel 1990.

Con Ia ratifica det Protocollo di Kyotoda parte della Russia in occasione del

COP 10, tenutosi dat 6 al 17 dicembre2004 a Buenos Aires, si è superato, conil 61.,6'1" delle emissioni prodotte, llo-biettivo preposto (fissato at 55%) ed ilProtocollo di Kyoto è entrato ufficial-mente in vigore nel marzo 2005.Ladesione delt'Italia at protocollo diKyoto si è concretizzata di fatto con Iapromulgazione della Legge 1 giugno2002, n.120 di recepimento detla Deci-

sione del Consiglio del 25 aprile 2002,n. 2002/358,/CE, riguardante la ratifi-ca a nome della Comunità Europea delProtocollo di Kyoto, allegato alla Con-

venzione Quadro delle Nazioni Unitesui Cambiamenti Climatici.Con ciò si è determinato ìlimpegno del

quello di emettere al massimo 487 MtC02 nel periodo 2008-201.2, calcolatocome media annuale del periodo. Il"gap" da colmare come riduzioniassomma pertanto a 34 Mt.Con la Delibera CIPE 723/2002 è statoperò accertato che, invece di ridursi,nel 2000 le emissioni sono aumentatea 546,8 Mt, e Ia previsione di emissio-ne per il 2010 è pari a 579,8 Mt. Per-

tanto it valore di riduzione reale cui è

necessario puntare per raggiungere Io-biettivo prefissato, che rimane fermo a

487 Mt di emissioni massime annue, è

pari in realtà a 93 Mt anzichè le 34

previste.Il Protocollo di Kyoto (art. 2 par. a)

prevede che le strategie per ridurre illivello di emissione di gas serra possa-

no comprendere diverse modalità e

settori di intervento:I) Miglioramento dell'efficacia energe-tica in settori rilevanti dell'economianazionale;

D Protezione e miglioramento deimeccanismi di rimozione e di raccoltadei gas ad effetto serra, non inctusi nelProtocoLlo di Montreal, tenuto contodegli impegni assunti in virtù degliaccordi internazionali ambientali; pro-

Page 21: 26Natura in Sardegna

mozione di metodi sostenibili digestione forestale, di imboschimento e

di rimboschimento;IiI) Promozione di forme sostenibili diagricoltura, alla luce delì"e considera-zioni relative ai cambiamenti climatici;IV) Ricerca, promozione, sviluppo e

maggiore utitizzazione di forme ener-getiche rinnovabili, di tecnologie perla cattura e l'isolamento del biossido dicarbonio e di tecnologie avanzate ed

innovative compatibili con I'ambienteV) Riduzione progressiva, o eliminazio-ne graduale, delle imperfezioni del

mercato, degli incentivi fiscali, delle

esenzioni tributarie e di sussidi, che

siano contrari all'obiettivo della Con-

venzione, in tutti i settori responsabilidi emissioni di gas ad effetto serra, ed

applicazione di strumenti di mercato;

VI) Incoraggiamento di riforme appro-priate nei settori pertinenti, al fine dipromuovere politiche e misure che

limitino o riducano le emissioni dei gas

ad effetto serra non inclusi nel Proto-collo di Montreal;VII) Adozione di misure volte a timita-re ef o ridurre le emissioni di gas ad

effetto serra non inclusi nel Protocollodi Montreal nel settore dei trasporti;

Limitazione e/o riduzione delle emis-

sioni di metano attraverso il suo recu-pero ed utilizzazione nel settore dellagestione dei rifiuti, come pure nellaproduzione, il trasporto e la distribu-zione di energia.In pratica il raggiungimento delladiminuzione di gas serra si può attua-re principalmente attraverso duemodalità: riduzione delle emissioni,soprattutto originate da combustibilefossile, ed aumento della capacità diassorbimento nei sistemi ambientali.Con la Settima Conferenza delle Partialla Convenzione 0uadro sui Cambia-

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Page 22: 26Natura in Sardegna

menti Climatici (C0P7), tenutasi a Mar-rakesh dal 29 ottobre al 9 novembre2001, è stato riconosciuto tra t'altro:iI ricorso illimitato ai tre meccanismi diflessibilità istituiti dal Protocollo diKyoto, per integrare Ie azioni nazionalicon la reabzzazione di azioni comunitra paesi dellAllegato I (Joint Imple-mentation- JI), o mediante la coopera-zione con i Paesi in via di sviluppo nonfacenti parte dettAllegato I (Clean Deve-

lopment Mechanism-CDM), oppureattraverso il commercio internazionaledei permessi di emissione (EmissionsTrading - ET); quest'ultimo meccanismoè attuabile dal Paese facente parte del-IAllegato I soltanto a conseguimentodell'obiettivo di riduzione;il ruolo delle attività di gestione foresta-le, di gestione dei suoti agricoli e pasco-

li e di rivegetazione al fine det raggiun-gimento degli obiettivi fissati dal Proto-collo di Kyoto, purchè tali attività risul-tino addizionali, siano indotte dallatti-vità umana e abbiano avuto inizio dopoil 1990; in particolare è stato posto unlimite per ogni paese alUadozione dellostrumento della gestione forestale, parial'l.5olo dell'incremento netto dello stockdi carbonio delle foreste gestite. Per IT-talia è stato fissato in misura pari a 0,18Mt di carbonio per anno (equivalente a

20 Natura in §ardegna n"26 - 2005

0,66 Mt di C02), vatore contestato dalleautorità italiane come nettamente infe-riore rispetto al reale patrimonio fore-stale nazionale e allentità delle forestegestite (in particolare il Governo è

intenzionato a far riconoscere come"gestite" le foreste sottoposte a regola-mentazione delle PMPF). Ciò ha avutocome risultato di ottenere una deroga

temporale per procedere alla redazionedi un Inventario Forestale aggiornato,UINFC, che dovrà documentare inequivo-cabilmente entro il 2006 la reale poten-ziaìità delle foreste italiane;- iI ruolo, senza alcuna limitazione, del-l'assorbimento di carbonio ottenutomediante interventi nazionali di affore-stazione e di riforestazione svolti a par-

tire dal 1990, anno base del Protocollo diKyoto, per iI raggiungimento degliobiettivi fissati;- il ruolo delle attività di afforestazionee riforestazione nellambito del mecca-

nismo di Ji;- iI ruolo delle attività di afforestazio-ne e riforestazione nell'ambito delCDM, purché tali attività risuttinoaddizionali ed abbiano avuto iniziodopo it 2000. Su tali attività si applicaiI limite delt'l% del valore delle emis-sioni del 1990, che per IItaIia corri-spondeacirca5MtC02.

Il 19 dicembre 2002 il CIPE ha approva-to Ia revisione delle "Linee-guida" del19 novembre 1998 (riguardante le«Linee guida per le politiche e [e misu-re nazionali di riduzione delle emissio-ni dei gas serra», che definiscono i cri-teri, i tempi e Ie azioni per il consegui-mento dell'obiettivo di riduzione delleemissioni di gas-serra fissato dal Proto-collo di Kyoto e dalle decisioni dell'U-nione Europea) e il relativo Piano diAzione Nazionale per la riduzione delleemissioni dei gas serra (PAN), trasmes-si al CIPE dal MATT. La nuova deliberae iI relativo Piano di Azione tengonoconto degli etementi e delte decisioninegoziali assunte dalla Settima Confe-renza sul Clima di Marrakech (C0P7).

Tali elementi riguardano ta possibititàdi "contabilizzare", come riduzionedelle emissioni, il carbonio assorbitodalle nuove piantagioni forestali e

dalte attività agroforestali e di utilizza-re in maniera sostanziale i meccanismiflessibili (Clean Development Mechani-sm, Joint Implementation, EmissionsTrading), previsti dal Protocollo diKyoto). II PAN individua i programmi e

le misure da attuare per rispettare t'o-biettivo di riduzione delle emissionidei gas serra attribuito all'Italia secon-do iI quale, nel periodo 2008-201.2, le

Page 23: 26Natura in Sardegna

emissioni dovranno essere ridotte del6,5%, rispetto al 1990.In particolare, per le misure inerenti lariduzione indiretta delle emissioniattraverso il potenziamento detle capa-cità d'assorbimento, il PAN prevedeinterventi di afforestazione e riforesta-zione, attività di gestione forestale, digestione dei suoli agricoli e dei pasco-li, di rivegetazione. A tali misure, basa-te sulla capacità delle piante di assor-bire C02 dall'atmosfera e di fissarla perperiodi più o meno lunghi negli ecosi-stemi agricoli e forestati, è riconosciu-to un potenziale di fissazione di 1.0,2

Mt di C02 equivalenti (in grado quindidi compensare emissioni di gas-serraper una stessa quantità).Per tali interventi è stato previsto 1o

stanziamento di circa 527 Meuro.

È inoltre stata prevista la realizzazionedellTnventario Forestale Nazionale e

dei Serbatoi di Carbonio (INFC), al.oscopo di poter stimare iI potenziatenazionale di fissazione di carbonioderivante dalla gestione forestale, e delRegistro Nazionale dei Serbatoi di Car-bonio, al fine di certificare i flussi dicarbonio nel periodo 2008-201.2 deri-vanti da attività di afforestazione, rifo-restazione, deforestazione, gestioneforestate, gestione di suoli agricoli,pascoli e rivegetazione.Con Ia nona Conferenza delle Parti diMilano del 2003, C0P9, sono statiapprovati i riferimenti tecnici mediantei quali possono essere attribuite lequantità di carbonio stoccate dai diver-si tipi di sinl« (pozzo di assorbimento dicarbonio), di foresta, di cottura agraria,di pascolo, od anche di prodotti deriva-ti, come iI legname destinato allediti-zia, che per una serie di anni resteràtale e quale, senza essere combusto,svolgendo così una funzione di stoccag-gio temporanea del carbonio e nonrestituito in atmosfera, i carbon sinks.

trJapplicazione del Protocollo di Kyotoin Itatia ed il ruolo delLe foresteAttuatmente è stata stimata la presen-za di quattro miliardi di ettari di fore-

ste nel mondo, l'ecosistema con lamaggior concentrazione di carboniostoccato per ettaro. Con lattuale tassodi distruzione, da tale fonte, si haun'emissione di carbonio in atmosferadi circa 2 miliardi di tonneltate annue.Uart. 3.3 det Protocollo di Kyoto rico-nosce il ruolo detle foreste come serba-toi di assorbimento del carbonio dal-l'atmosfera.lart. 3.4, definisce la base di riferi-mento annuo nel 1990 su cui attestar-si per conseguire la riduzione delleemissioni. Da tale anno si fa riferimen-to per stimare le variazioni delle super-fici forestali utili per essere riconosciu-te al fine det conseguimento dell'obiet-tivo di riduzione. Si fa riferimento alleattività di incremento o decrementodelle foreste attraverso azioni di affo-restazione o riforestazione, e deltasuperficie forestate gestita utile perattribuire crediti di carbonio. Su talearticolo è stato molto difficile raggiun-gere degli accordi nelle Conferenzedelle Parti che si sono succedute neglianni, fino alla Conferenza di Marrake-ch (C0P7) in cui si è raggiunto il con-senso decisivo.Le modalità di forest management utiliper il riconoscimento dei crediti di car-bonio hanno trovato esplicitazione nel"Good Practice Guidance for Land Use,

Land-Use Change and Forestry"(LULUCF) documento di riferimentosottoscritto nel C0P9 det 2003. In talerapporto vengono prescritti metodi distima delte emissioni e di stoccaggiodet carbonio nei sistemi ambientali.Per le foreste gli schemi si riferisconoal C stoccato nelte diverse parti dellepiante in relazione alle specie forestalied in relazione all'età det soprassuolo.Il teccio risulta essere la specie piùefficiente, mentre quella meno adegua-ta aIIo scopo è il pino radiato.Viene inoltre previsto:di conteggiare il C nei prodotti foresta-ti non destinati atla combustione;i metodi di stima det C nel suolo;la definizione di foresta, in base allespecificità nazionali;['identificazione, la localizzazione e la

quantificazione nello spazio delle fore-ste con documenti georeferenziati,anche attraverso l'ausilio di metodolo-gie di Remote Sensing;la stima delle variazioni degli stock diC;

il Reporting periodico di monitoraggiodet risultati conseguiti.In provincia di Bari è stata attivataun'area pilota sperimentate per stimarelo stock di C in un contesto agrofore-stale.La delibera CIPE 723/2002 ha stimatola possibilità di assorbimento pari a

1OMton dalle attività di incrementoforestale e di gestione, secondo quantoprevisto dagli art. 3.3 e 3.4 del Proto-collo di Kyoto. Tale misura è da ritener-si sovrastimata.Gli impianti realizzati con il REG. CEE

2080/92 contribuiscono alle attività diafforestazione previsti. La Sardegna,con circa 10.000 ettari di impianti col-laudati, è la seconda Regione d'Italiaper estensione delLa misura dopo leMarche.

(continua nel prossimo numero)

I{atura in §ardegna n"26 - 2005 27

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Quanti chilometri abbiamo macinato lungo strade polverose e sassose, sotto lapioggia e iI caldo feroce, domandandoci se quel tracciato fosse funzionale in caso

di una emergenza o di un evento incendiario, se insomma ci consentisse iI con-

trollo del territorio. Eppure questo nostro luogo di lavoro, che nessuno meglio dinoi conosce, questa maglia intrecciata che copre tutta l'isola, è un grande teso'ro in grado di raccontare, affinando sensibilitò. e attenzione, la storia antica delnostro passato.

Asfalto? No, grazie

uando nel neolitico si diffuserole prime strutture agricole, gliunici tracciati esistenti erano

quetli degli sparuti gruppi di cacciato-ri e raccoglitori paleolitici che dalle

loro capanne giungevano ai luoghi dicaccia e di raccolta. Cunicoli nell'intri-co vegetale e passaggi nelle pianurepaludose che non si distinguevano daquelli delte fiere che all'epoca abitava-no ltsola. Cominciò allora il dissoda-

mento e il prosciugamento dei campi

con qualche sentiero che favoriva ilbaratto delle derrate agricole in ecces-

so. Era un sistema viario frazionatoove non esisteva ancora una concezio-ne unitaria dell'isola madre, come ini-ziò ad essere con l'awento prepotentedella civiltà nuragica. Allora sorsero icollegamenti che unirono la Sardegna

in un sistema viario: strade che servi-vano al movimento del bestiame ma

anche a comunicare notizie e a serrare

le fila in caso di invasione. Si trattavadi scambi commerciali di un certopeso, perché la Sardegna si apriva,anche se con diffidenza, aI mare, e 1'e-

conomia pastorale delle montagneprendeva a differenziarsi da quella

agricola delle coste e delle pianure; iltutto in un generale fermento che ali-mentava traffici, movimenti di persone

e cose, scambi commerciali e culturaliinterni ed esterni.Ancora oggi è possibile, grazie ad unaattenta lettura della cartografia dispo-nibite nelle tavole dell'IGM, individua-re tracciati che collegavano due o più

monumenti di epoca nuragica e coevi aquella civiltà. La stessa Carlo Felice,

strada di epoca romana, tocca atcunidei più importanti siti nuragici: .Santa

Cristina, Nuraghe Losa, Sant'Antine.Non a caso che i romani, certamente,per collegare Caralis con Turris Lybis-sonis, utilizzarono il precedente trac-ciato nuragico. I romani, ancor più deifenici che si limitarono a scambi e traf-fici marittimi, ancor più dei cartagine-si che erano interessati al granaio delcampidano e alle miniere del Sulcis,

stesero una fitta rete di strade, undominus di accampamenti e postazionimilitari. Ecco riaffiorare, ancora oggi,nelle campagne del Logudoro, del Sut-

cis lglesiente, de[a Planargia e delMeilogu, tratti di percorsi lastricati,pietre miliari e numerosi ponti (alcuniin rovina, altri ben conservati).Come in un sowapporsi di lucidi, anco-

ra oggi riemergono dunque le strade

della nostra storia, fondendosi tra loro.Da nuraghe a nuraghe, da una rovinaromana a un luogo di culto che tale è

rimasto dalla notte più fonda deitempi sino ad oggi, cimiteri, chiese,santuari, luoghi dove si rincorre da

lungo tempo la memoria popolare,ripercorriamo tragitti immemorabiti.Cosi riconosciamo a stento, come spa-gnola, la strada che dal villaggio portaal santuario del Seicento, in quantopossibite prosecuzione spirituale diuna tomba dei giganti, di un pozzo

sacro nuragico, magari sovrappostaalle rovine di una chiesa romanica di

22 Natura in §ardegna n'25 - 2005

Page 25: 26Natura in Sardegna

epoca giudicale. Le strade della transu-manza, che ancora raccordano gti alto-piani estivi con i tiepidi pascoli inver-nali dei Campidani e delle Baronie,

sono una tale costante nella storia, da

essere disseminate di tracce e segnimonumentali di tutte le epoche.Oggi la Sardegna vive un periodo dellasua storia di profonde, e traumatiche,trasformazioni. Come in gran parte delmondo occidentale, anche in Sardegnal'industria subisce i colpi di unaprofonda crisi, dovuta principalmentea nuove realtà che si affacciano sulmercato con costi di produzione piùbassi. Il comparto agropastorale, cheper ragioni di mercato internazionalebeneficerà sempre meno di aiuti e con-tributi, vive allo stesso modo unasituazione difficile. IJEuropa ci chiedecapacità di competere piuttosto che diassorbire contributi a fondo perduto, e

questo mentre la Regione si indebita,con politiche di spesa sbagliate e scor-rette, politiche di non investimento,che non hanno portato sviluppo e nonhanno risolto nessun problema strut-turale dell'economia.Con la crisi mondiale delf industria e ledifficoltà del comparto agricolo e

pastorale, si guarda oggi aI turismocome un settore che avrà un crescenteruolo di traino per l'economia.Specialmente il turismo naturalistico e

culturale ha indici di crescita eccezio-nali. E la Sardegna si sa, è terra di turi-smo, di natura e di cultura. Anche peril turismo scontiamo scelte politichediscutibiti, fondate su un generalizza-to incentivo dell'offerta con il risulta-to di dequalificare il bene turistico piùimportante che abbiamo, t'ambiente.Nello stesso tempo si trascurano lepeculiarità che ci rendono unici e

appetibili a quel mercato in crescita: lacultura appunto, la storia, Ie tradizio-ni, ìlarcheologia.Questo tipo di turismo significa soprat-tutto itinerari e percorsi. Il limite cul-turale, infatti, è quetto di concepire ilviaggio, Iitinerario, come un momentomorto della fruizione turistica, un pas-

saggio neutrale da una visione estatica

di un elemento caratterizzante (unnuraghe, un panorama, un bosco) ad

un altro. Invece iI viaggio, il percorso,

nel turismo naturalistico, è il motivostesso del viaggio, dove l'esperienza è

costituita dal mezzo di locomozione (apiedi, in mountain bike, a cavatlo, infuoristrada) e dalla suggestiva alter-nanza di immagini e sensazioni inmovimento: il penetrare nel fitto diuna lecceta, la vista in lontananza diun branco di mufloni aI galoppo, il vol-teggio in cielo di un raro rapace, t'ap-parire improwiso dell'orizzonte mari-no. Ecco quindi che le nostre stradestoriche e a fondo naturale, le stesse

che ieri servivano il nuraghe, riutiliz-zate dagli antichi romani per estende-re il proprio dominio, Ie strade utitiz-zate dal pastore per la transumanza e

dal pellegrino per raggiungere iI san-

tuario (e utiti al forestale di oggi pertutelare e proteggere il territorio),sono attualmente uno straordinariostrumento di sviluppo turistico dellaregione, un vero e proprio patrimonioche aumenterà di valore anche per lasua rarefazione, minacciata dalìiinva-denza scriteriata dell'asfalto.Asfalto che troppo spesso non segue le

logiche dell'effettiva utilità, dell'effet-tivo servizio alla azienda agricola, o

alla urbanizzazione di fatto. Troppo

spesso la crosta bituminosa seguelogiche a volte incomprensibili, a

volte legate a politiche di spesa sel-vaggia (I'importante è non perdere ilfinanziamento, quale sia l'utitizzo deifondi è secondario) o elettorali parti-colari che non considerano il bene col-lettivo.In Sardegna è sorta recentementeun'associazione,'ASFALT0? N0 GRA-

ZIE!", costituita da personalità dellacultura sarda, dello sport e delluniver-sità, con una significativa presenza diappartenenti al Corpo Forestale, aven-te lo scopo di tutelare e vatorizzare ilpatrimonio sardo costituito dalle stra-de storiche e a fondo naturale. In par-ticolar modo gli aderenti al Corpo Fore-

stale non faranno mancare, grazie allaprofessionalità e alìiattaccamento allapropria terra che li contraddistingue,suggerimenti e interventi di servizio incaso di rischio ambientale o illegatitàpaese. Tutte Ie segnalazioni del casopossono essere comunicate ai seguentiindi:rizzi: [email protected] e

fi [email protected]).

§atura in §ardegma n'26 - 2005 23

Page 26: 26Natura in Sardegna

Tutti gti anni, soprattutto durante la stagione estiva,si ripete il dramma degli incendi. Centinaia, migliaiadi ettari di vegetazione vanno letteralmente in fumoa causa di roghi più o meno dolosi. Con l'introduzionedel numero verde 1515 it rapporto tra istituzioni pre-poste alla salvaguardia del patrimonio ecologico e cit-tadini si è fatto sempre più stretto. Ma non basta.Occorre radicare nella mentalità comune l'opinioneche iincendio non è solo un danno arrecato alla natu-ra, ma un vero e proprio disastro che si ripercuote nonsolo nell'immediata devastazione causata dal passag-

gio delle fiamme, ma anche sul futuro dell'ecosistemache erediteranno i nostri figti e nipoti.Per questo la ASS.F0R. e la rivista Natura in Sardegna,

bandiscono un concorso tetterario che vedrà protagoni-

sti tutti coloro che hanno a cuore il problema del[am-biente. I partecipanti dowanno elaborare brevi raccontiincentrati sulla tematica degli incendi. Le composizionisaranno valutate da un'apposita giuria che premierà itesti migliori. Successivamente saranno scelti alcunibrani da inserire in un libro volto a promuovere ia cam-pagna antincendi. La finalità del concorso è quella didare parola ai non addetti ai tavori e carpire, attraversogli scritti, elementi utili ed indizi che permettano dimigliorare le future campagne contro il fuoco, le tecni-che investigative, la comprensione delle cause del disa-gio che muove la mano dei piromane.

4)5)

6)

REGOLAMENTO

1) Il concorso è aperto a tutti, senza alcun limite di età.2) Per partecipare al concorso occorre:

a) inviare un racconto incentrato sulla tematica degli incendib) essere abbonati alla rivista Natura in Sardegna.

3) Labbonamento annuo alla rivista .Matura in Sardegna (12 numeri), dal costo di € 30, dovrà essere sottoscritto tramite versa-

mento sul CCP 21970090, intestato atta ASS.FOR, c.p. 50, Caqliari Centro.11 testo inviato non dovrà superare le sei pagine. Non si accettano manoscritti.È prevista una sezione per gli studenti delie scuoie elementari, medie e medie superiori con una categoria di premi loro riser-vata. GIi atunni che intendono partecipare dovranno semplicemente esibire la copia deta ricewta di abbonamento sottoscrit-ta dalla propria scuola o istituto.I racconti dovranno essere inviati alla ASS.FOR. Concorso Letterario Un fiume di parole per spegnere gli incendi, c.p. 50,09 1 24 Cagliari. oppure atl'indirizzo e-mail [email protected] essere accettati gli elaborati dovranno essere completati dail'autore con le proprie generaLità anagrafiche e andrà allegatacopia delLa ricevuta di abbonamento alla rivista Natura in Sardegna.Gli elaborati dovranno pervenire entro il 30 aprile 2006, data ultima per l'accettazione del materiale inviato. I testi recapitatisuccessivamente non verranno presi in considerazione.Tutti i lavori saranno sottopostì aL giudizio di una Giuria qualificata e nominata dall'ente promotore del concorso. Il giudiziodella Giuria sarà inappellabile.La Giuria si riunirà Àntro it 6 maggio 2006 e sceglierà i 30 testi che confluiranno nel libro sugli incendi. Venti di questi testisaranno prescelti tra quelli p.ru.nrti dalla categoria scolastica.Il giorno 1 giugno 2006, durante la manifestazione organizzata daila ASS.F0R, sarà data comunicazione dei vincitori.

Premi1o classificato: € 1.000 e 15 copie del volume Un fiume di parole per spegnere gli incendi.2o classificato: € 500 e 10 copie del volume.Dal 3o al 10o classificato: pubblicazione del proprio lavoro sul volume e 5 copie dello stesso.

Categoria scolastica1

o classificato delle scuole elementari: buono acquisto ai c sOO e 15 copie del volume Un fiume di parole per spegnere gli incen-di. In questa categoria verranno prescelti altri quattro racconti da inserire nel Libro.

1o classificato delle scuole medie: buono acquisto di € 600 e 15 copie dei volume. In questa categoria verranno scelti altri quat-

tro racconti da inserire nel libro.1o ctassificato delle scuole superiori: buono acquisto di € 750 e 15 copie del volume. In questa categoria verranno scelti altrinove racconti da inserire nel libro.

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Page 27: 26Natura in Sardegna

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parte)

egli uttimi decenni gli ordinamenti di tutti i paesi europei hanno accentua-

to Uattenzione verso i problemi di tutela dell'ambiente. Ciò è awenuto gra-

zie all'intervento delllJnione Europea che ha svolto in questo settore una

funzione di sensibilizzazione e dorientamento delle politiche nazionali, verso

obiettivi comuni di tuteia, quali i problemi posti dalllhabitat in cui vive [uomo.Ilapproccio della Comunità europea alle tematiche ambientali è cresciuto paralle-

lamente alla crescita stessa della comunità; si è avuta un'evoluzione che ha

influenzato la visione dell'ambiente fortemente legata alf idea principale del

Natura in §ardeqma n'26 - 2005 25

Page 28: 26Natura in Sardegna

miglioramento delle condizioni di vitadelluomo, come esposto nella primaversione del Trattato istitutivo delleComunità Europee, in un pieno ed

indipendente riconoscimento del beneambientale in quanto tale.Purtroppo, nessuna norma del Trattatofornisce una definizione d'ambiente e,

per questo motivo, atcuni autori 1o indi-viduano come settore nel senso di"ambito di riferimento unitario", men-tre altri ritengono che tale nozionedebba essere rinvenuta sulla base degliobiettivi dell'azione ambientale, inmodo da considerare ambiente tutto ciòche venga ritenuto essenziale al rag-giungimento degli obiettivi previsti nel-

26 Natura i* Sardegna n'20 - 2*lr

l'art.174 (ex art. 130 R) del Trattato.Mentre untmpostazione metagiuridicacostruisce l'ambiente come rapporto direlazione tra I'uomo ed una pluralitàd'elementi esterni, naturali (i c.d.

componenti della natura, cioè, i terre-ni, le acque, la vegetazione, ...) odartificiali (le forme d'interventoumano, ad es., il foro romano), sullabase d'indirizzi estetici, storico-filoso-fici, potitici ed economici, invece, tra igiuristi vi è un consenso unanime netconsiderare l'ambiente un bene fonda-mentale comune, da proteggere controaggressioni che possono superare age-

volmente le frontiere nazionali.In ambito nazionale, è stata partico-

larmente significativa la sfera dett'in-tervento penale, il quale impiega fre-quentemente incriminazioni costruiteintorno al requisito dell'inosservanzadi precetti amministrativi, al cuirispetto è subordinato lo svolgimentodelt'attività punitiva pericolosa perl'ambiente.Le riflessioni che seguiranno sarannopertanto incentrate su due aspetti: ilprimo, riguardante la compatibilità deireati ambientali con il principio dioffensività; il secondo relativo aidiversi tipi di modelli delittuosi.

(continua nel prossimo numero)

Page 29: 26Natura in Sardegna

(prima parte)

el diritto internazionale la pro-tezione dell'ambiente naturaleha sempre avuto grande impor-

tanza essendosi già presentata, intor-no ai primi anni del 1900, l'esigenza diproteggere alcune specie animali; ciòindusse alcuni Stati a stabilire delleregole di comportamento e a creare,

per tali specie, zone protette.Dunque, inizialmente, la tutela ambien-

tale sorse per salvaguardare certi aspet-

ti dell'habitat naturale, ma fu con laprotezione delle acque "frontaliere" (trai fiumi Danubio e Reno) e con la prote-zione dellatmosfera dalllnquinamento(caso della Fonderia Trai/Smelter del7941. fta Usa e Canada), che venne

segnato l'inizio della tutela internazio-nale dellambiente.A tal proposito fu introdotto il concet-to di "inquinamento transfrontaliero",comprendente i casi in cui una sostan-

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za dannosa per l'ambiente attraversauna frontiera, nel senso che iI fenome-no ha origine in uno Stato ma produce

conseguenze dannose anche nell'am-biente terrestre, atmosferico e marinodi un altro o di altri Stati o in spazinon sottoposti a sovranità nazionale.La prevenzione e la risoluzione deiproblemi connessi a questo fenomeno è

awenuta attraverso la cooperazioneinternazionale tra gli Stati interessati,che ha trovato fondamento nellenorme che regolano i rapporti interna-zionali di buon vicinato.Alla base dei rapporti di buon vicinato,si colloca il principio di astensione, ilquale afferma che "ogni Stato è tenu-to ad astenersi dall'esplicare o consen-tire sul proprio territorio attività capa-

ci di ripercuotersi dannosamente sulterritorio altrui".Con la dichiarazione di Stoccolma del16 giugno del1.972 e ta Carta mondialedella natura del 28 ottobre 1.982, il sud-detto principio ha assunto una portatapiù vasta, dato che si ritiene che esso

debba essere rispettato specialmentequando te attività svolte sotto il con-trollo degli Stati possano arrecare

danni oltre il confine statale (vedi ilcaso verificatosi nel 1986, con Uinci-

dente di àernobyt in Unione Sovietica),danneggiando cosi spazi consideratipatrimonio dell'umanità (clima, alto

§atura im §ardegna n'26 - 2005 27

Page 30: 26Natura in Sardegna

mare, luna e corpi celesti, spaziocosmico).Oltre all'obbligo di non facere o diastensione, assume rilevanza ancheI'obbligo di facere, quale il dovere diprevenzione, consistente nell'adozio-ne, da parte degli Stati, di quatsiasimisura risulti, appunto, utile a preve-nire che determinate attività provo-chino effetti dannosi.Questo obbtigo è stato previsto indiversi accordi bilaterali e multilatera-li, 1a maggior parte dei quati, relativialla protezione delle acque del Mediter-raneo. In essi, è stabilito che qualorasia già causato un danno nei confrontidi un altro Stato o di soggetti a questosottoposti, compete allo Stato inqui-nante l'obbligo di cessare o ridurre leattività che hanno provocato il danno.IJinadempimento dei suddetti obblighicomporta per gli Stati I'ulteriore obbli-go di risarcire i danni cagionati aglialtri Stati. Presupposti necessari per lanascita di tale obbligo sono: Ia presen-za di un danno rilevante e considere-vole ed uno Stato responsabile dell'il-Iecito internazionate.Nel giugno del 1992 è stata definita a

Rio de Janeiro, nell'ambito delta Con-ferenza delle Nazioni Unite sull'am-biente e lo sviluppo, la Convenzione

quadro delle Nazioni Unite sut cambia-mento climatico, la quale stabiliscealcuni principi ed impegni generali.I principi più importanti cui essa fariferimento sono: equità intergenera-zionale (in base alta quale il sistemaclimatico deve essere protetto a bene-ficio delle generazioni presenti e futu-re); responsabilità comuni ma diffe-renziate (per cui gti Stati sviluppatidovranno assumersi la responsabilitàprincipale nel combattere i mutamenticlimatici); sviluppo sostenibile (inbase al quale le misure per prevenire icambiamenti climatici debbono essere

appropriate alle specifiche condizionieconomiche di ciascuno Stato).Tra gli impegni, si può ricordare quel-lo riguardante Ia predisposizione e

I'aggiornamento di inventari nazionalidelle emissioni di gas ad effetto serra.Recentemente, la terza Conferenzadelle parti tenuta a Kyoto, ha elabora-to un protocollo alla Convenzione incui vengono precisate le misure di con-trotlo e riduzione delle emissioni rela-tive a sei gas responsabili det cambia-mento climatico.Il suddetto Protocollo, adottato I'11dicembre del 1.997 , ha imposto ai paesi

industrializzati e ai paesi con economiein via di transizione llobbligo di non

superare certi limiti di emissione di gas

ad effetto serra: fintento è di attuare,entro il 2018, una riduzione delle emis-sioni complessive di questi gas, dialmeno il 5% rispetto ai livelli det 1990.Dopo lladozione del Protocollo di Kyoto,vi sono state cinque sessioni della Con-ferenza degli Stati membri al terminedelle quali le parti hanno adottato uninsieme di ventidue decisioni che hannocostituito gli accordi di Marrakech.Gli elementi più importanti che scatu-rirono da questi accordi sono i seguen-ti: fornire aiuti e finanziamenti aipaesi in via di svituppo in materia diclima; decidere eventuali permessi diemissione di sostanze inquinanti; sta-bilire meccanismi di controllo degliobbtighi previsti negli accordi; emana-re una dichiarazione sullo sviluppodurevole.Tra iI 2 e il 4 settembre 2002, a Johan-nesburg si è tenuto un vertice riguar-dante 1o sviluppo sostenibite del pia-neta. In tale occasione i partecipanti sisono prefissi di raggiungere diversirisuttati tra cui figurano: sradicamentodella povertà; protezione e gestioneadeguata dell'ambiente; arresto dellaperdita delle biodiversità entro il 2010.

(Continua nel prossimo numero)

Page 31: 26Natura in Sardegna

& Nuoro, presso la Bibtioteca

S.$ Satta, Giovedi L3 ottobre si è

,*,4" ;*, tenuta la Conferenza Stampa dipresentazione del Progetto, InterregIIIA Sardegna-Corsica-Toscana. finaliz-zato alla reintroduzione dellAwoltoioGipeto (Gipaetus barbatus) in Sardegna.

Le azioni propedeutiche alla reintrodu-zione del Gipeto in Sardegna sono

state esposte, nel corso di una confe-renza stampa, dal gruppo promotoredelL'iniziativa.LlAssessorato al Governo del Territorio,Ambiente, Urbanistica e ProtezioneCivite detta Provincia di Nuoro, lAmmi-nistrazione Comunale di 0rgosolo,1'ASS.F0R. Associazione dei ForestaliSardi, l'Ente Foreste Regione Sardegna,il Gruppo 0rnitologico Sardo e iL Comi-tato pro fauna Sarda, hanno dato ii viaail'ufficializzazione, con la presenta-zione alla stampa, delle azioni pro-grammate per I'awio del progettoGipeto. Sull'argomento, oltre allAsses-sore allAmbiente Rocco Celentano, alSindaco di Orgosolo Francesco Meloni,at Coordinatore scientifico del "Proget-to Gipeto Sardegna" Carlo Murgia, aL

Presidente deLlASS.F0R. Salvatore Scri-va, sono intervenuti anche il Dr. Cha-

sper Buchli responsabile della Fonda-zione Svizzera Pro Gipeto, il Dr. AndreaPirovano co-responsabile del ProgettoLife Natura Gipeto del Parco Nazionaledello Stelvio, e il Dr. Arturo 0sio delComitato Pro Fauna Sarda.

Noto in passato come Awoltoio degliagnelli, il Gipeto in sardo è chiamato

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Page 32: 26Natura in Sardegna

Gurturju ossarju. Questo grande rapace

si caratterizza per una dieta alimenta-re basata principatmente sulle ossa dianimali. Presente in Sardegna fino agtiinizi degli anni'80, con un'ultima nidi-ficazione accertata net Supramonte di0rgosoto negli anni 1.968-69, è oggiestinto. Viceversa in Corsica, alìiinter-no del Parco regionale, sono tuttorapresenti dieci coppie che purtroppo,negli ultimi anni, hanno avuto untasso di natalità molto basso. Ancheper questo motivo si è ritenuto impor-tante procedere aI progetto di reintro-duzione in Sardegna, in modo da crea-re le basi per Ia salvaguardia di questo

grande rapace creando una continuitàterritoriale tra le due aree insulari e

consentire la soprawivenza di questa

popolazione residuale, unica nell'areadel Mediterraneo occidentale.Analogamente a quanto si sta attuan-do ormai da 25 anni nell'arco alpinocon un progetto internazionale che

coinvolge la Francia, la Svizzera, l'Ita-Iia e lAustria, I'intervento prevede unaprima fase di sensibilizzazione rivoltaalle comunità locali, della durata didue anni, cui seguirà una seconda fase

dedicata alia reintroduzione in naturadei giovani gipeti.ilarea della reintroduzione è stata indi-viduata nelle province di Nuoro ed

Ogliastra, mentre Ia campagna di sen-

sibilizzazione (cacciatori, agricoltori,scuole) interesserà tutto it territorioregionale.Tra le azioni proputsive più forti per

[elaborazione del progetto si ricordaquelta svolta dallAssociazione Foresta-

Ii Sardi che nel corso di questi anni ha

elaborato diverse iniziative come lamostra "Diorami del Supramonte: dallaroccia al Gipeto" e varie pubblicazionisul periodico ambientale della Sarde-

gna Notiziario Forestale. Partner dell'i-niziativa sono il Parco Regionale dellaCorsica e quello dello Stelvio.

Il progetto Gipeto

Scopo delfiniziativa è quello di ricosti-tuire una stabile popolazione di Gipetonelle aree montane della provincia di

30 Natura in §ardegna n'26 - 2005

Nuoro. Tale progetto quadriennaledovrà necessariamente costituire f ini-zio di un più ampio progetto che dovrà:

a) garantire una durata pluriennalecon un massimo che dovrà essere stabi-tito in base ai risultati ottenuti dopo iprimi quattro anni del presente proget-to. Llesperienza della reintroduzionenetle Alpi (vedi introduzione) dimostrallimportanza e la necessità di operare

su un tungo periodo;b) costituire i presupposti per poterfavorire negli anni a venire il reinsedia-mento naturale in altri territori delf i-sola dove un tempo Ia specie era pre-

sente (Limbara, Sarrabus, Iglesiente);c) dare vita ad una metapopolazione inconnessione con quella presente nellavicina Corsica.

Nell'isola francese infatti sono attual-mente presenti 10 coppie costituite da

individui adulti ma con un tasso ripro-duttivo molto basso (0,19 giovani/cop-pia/anno). Il presente progetto INTER-

REG potrà pertanto iniziare a creare lecondizioni perché si possa generare nelprossimo futuro un flusso naturale diawoltoio barbuto tra le due isole.

Il previsto programma di educazione e

sensibilizzazione, che costituisce unacomponente determinante nell'interaoperazione, riguarderà tutto il territo-rio regionale ed andrà a far parte delpiù ampio progetto di programmazionein fatto di educazione ambientale, che

vede nelle province i nodi strategicideputati a gestire Ieducazione ambien-tale nel territorio (Rete INFEA).

1. Analisi storicaLocalizzata nei principali massiccimontuosi dell'isola, questa specie era

sicuramente non particolarmente fre-quente, come si deduce leggendo i vec-

chi autori (Cetti, Cara, Salvatori, Mar-

cialis, La Marmora). Una tale consisten-za appare del resto comprensibileessendo un awoltoio legato alle grandipareti rocciose, quindi con Ielementohabitat che agisce già da fattore limi-tante ed avendo inoltre una biologiariproduttiva sostanzialmente diversadagli altri vulturidi (coloniali): nidifica

infatti in coppie isolate che possiedo-

no un areale ben definito, all'internodel quale non è ammesso nessun altroindividuo conspecifico.A questi aspetti legati all'ecologiadella specie si sono aggiunti fattoriesterni che hanno irrimediabilmentecompromesso la capacità di sussistenzadi questa popolazione insulare.Alla fine del XIX secolo era segnalato

sicuramente come nidificante nellaSardegna sud-occidentale (Igtesiente),sud-orientale (Sarrabus), centrate(Gennargentu-Supramonte) e setten-trionale (Limbara, Monte Albo); nume-rose le catture e gli awistamenti ripor-tati nei testi da Salvatori (1865),GiglioLi (1886), Brooke (1873), Klein-schmidt (1903). Successivamente l'a-reale riproduttivo è andato ulterior-mente restringendosi fino ad arrivarealla metà del XX secolo in cui il Gipeto

si riproduceva sicuramente nel Sarra-

bus e nel massiccio centrale del Gen-

nargentu-Supramonte. Lultimo tenta-tivo di nidificazione accertata nelsupramonte di 0rgosolo nel 1.967 / 68.Di sicuro interesse è la documentazio-ne fotografica prodotta dal fotografonaturalista Domenico Ruju che ritraef inconfondibile sagoma del Gipeto inuna fotografia reatizzata il 26/3/7977sul monte Corrasi di 0liena (Nu) e pub-blicata nel libro Caro Grifone (1981). Si

tratta verosimilmente dell'ultima prova

documentata della presenza della spe-

cie in Sardegna. Foto

Ancora Ruju nel libro "I1 Supramonte"riporta testimonianze risalenti agÌianni'50 di un pastore di Baunei che

ricorda numerosi esemplari nella sua

zona. Sempre nel Supramonte, riportadi catture fatte con tagliole su com-missione per conto di collezionististranieri. In tale pubblicazione vieneriportata anche Ia foto di un Gipeto

adulto catturato a Padru (Sassari) nel1.955-56.Successive osservazioni awenute neglianni '90 nel Nord Sardegna, sono da

attribuire ad individui provenientidalla vicina Corsica, distante in linead'aria pochi chilometri.

Page 33: 26Natura in Sardegna

2. Cause di declinoLe cause di declino sono da ascriversisostanzialmente a quelle che hannocausato la drastica rarefazione dellAv-voltoio grifone e l'estinzione dellAwot-toio monaco nell'isola. Per quanto ulti-mo anello della catena alimentare anche

tra gli uccelli necrofagi, di fatto con unadieta alimentare costituita in gran parteda ossa (intere) e da zampe di ungulati,anche il Gipeto ha risentito negli anni'40 dette campagne di pesticidi contro lecavatlette e della successiva (anni'50)Iotta antimatarica combattuta con ilDDT. A ciò bisogna aggiungere Y:utiltzzoda parte degii allevatori della stricninaper la lotta alle volpi ed ai cani rinselva-tichiti. Ma sicuramente alla sua scom-parsa ha contribuito in maniera deter-minante un attro importante elementosicuramente più marcato che per gli altriawoltoi: gli abbattimenti finalizzati alcollezionismo.Per cifre anche consistenti i Gipetivenivano abbattuti ed impagtiati su

commissione. A riguardo numerosisono i casi e le segnalazioni; del restouna parziale indagine ha permesso dirisalire a 28 esemplari provenientidalla Sardegna detenuti a vario titotopresso le Università, i Musei Naturali-stici e le collezioni private nell'isola,oltre quelli presenti nei principalimusei ed università italiane. Natural-mente non si tratta che delta cima diun iceberg.DaIIa cronologia di questi dati si puònotare come te ultime catture sianoawenute principalmente nel centroSardegna (Nuoro).It Gipeto è un animale longevo che puòriprodursi dai 6-7 anni fino ai 30; è

una specie che può sopportare unbasso tasso di riproduzione ed unaforte mortatità dei giovani; ma affin-chè la popolazione rimanga integra è

necessario che agli adulti sia garantitoun tasso di vita elevato. Ecco che cosìsi spiega Iestinzione in Sardegna, dovegti adulti sono stati decimati ne1L'utti-mo secolo dal collezionismo e, inminor misura, da bocconi awelenati;per gli esemplari superstiti è stato

impossibile, vista la strategia evolutivadetla specie, ricostituire una popola-zione stabile.

Disponibilità atimentarePur essendo consapevoli che questaspecie necessita di un areale partico-Iarmente vasto e di fatto tutti i princi-pali massicci dell'isola, una voltarimesso in natura, potranno essere fre-quentati, si è ritenuto di calcolare lacarrying capacity solo dell'area monta-na e collinare della provincia di Nuoroed 0gliastra comprendente i massiccidel Gennargentu-Supramonte e delMonte AIbo.Sulla base detle stime effettuate. perquanto soggette a numerosissime edincontrollabili variabili, si può ragio-nevolmente dedurre che la componen-te alimentare presente nei territoripresi in esame per la reintroduzionedellAwoltoio gipeto sia più che suffi-ciente per consentire il rinsediamentostabile detle tre-cinque coppie presen-

ti agli inizi degli anni '50 nei massicciGennargentu-Supramonte e MonteAlbo.

3. Progetto di educazione e sensibiliz-zazioneUno dei principali requisiti per il suc-cesso del progetto sarà dato dallacapacità di sensibilizzazione ed infor-mazione delle popolazioni nell'area

interessata dalf intervento (Supramon-te, Barbagie, 0gliastra, Baronie) e

quindi allargando allintero territorioregionale.È infatti indispensabile informare f in-tera popolazione sulla reintroduzionee periodicamente sullo stato di attua-zione del progetto. Con programmimirati verranno raggiunte in particola-re tutte le categorie di persone appar-tenenti al mondo rurale e della monta-gna (allevatori, agricoltori, cacciatori,climbers, escursionisti).Una attività specifica di educazioneverrà condotta netle scuole. Sarannoutilizzati, previo adattamento allarealtà locale, i modelli pedagogici giàampiamente testati dagli esperti dieducazione che hanno lavorato neiPirenei Spagnoli e Francesi. Verrà quin-di sfruttato il sistema dei centri dieducazione già posto in essere dallaProvincia di Nuoro.Uobiettivo generale del programma dieducazione ambientale dovrà vedere ilGipeto come mezzo per far conoscereed awicinare i giovani agli ambientimontani, quindi alle attività tradizio-nati, alla fauna, alla flora ed alle pro-btematiche gestionati legate allluso delsuolo. Nascerà pertanto un progetto disensibilizzazione e di promozione perla gestione concertata della biodiver-sità dell'area montana de1la Provinciadi Nuoro.

§atura in §ardegna n'26 - 2005 31

Page 34: 26Natura in Sardegna

ffimwm&&m€w fumwfum&*per attri risguardi: nel barbato le alechiuse pigliano quasi tre quarti di tuttala lunghezza detLuccello e giungonofino atla estremità della coda, benchèquesta oltrepassi di sette pollici laestremità de'piedi, ed in un barbato,che non aveva se non quaranta pollicidi lunghezza, trovai i coltelli lunghiquasi pollici ventinove; il barbatoadunque ha ale vastissime, e in questo

s'assomiglia esso alle aquile, le quatibenchè minori di corpo degU avoltoi,hanno nondimeno volo maggiore; nèalle aquile s'assomiglia in questo puntoiI moderno percnottero, di cui si scrive,che ha le ale corte. È ancora propiodelle aquile a differenza degli avoltoi,che llartiglio loro maggiore sia quel delpollice, mentre negli avoltoi llartigliomaggiore è quello del dito esteriore, o

almeno esso è uguale a quel del pollice;su questo punto non trovo nulla dispiegato toccante il percnottero, ma ilbarbaro in questo pure imita Ie aquile,essendo I'artigtio suo massimo il polli-care. Di maniera che iI barbato daiL'a-quila quasi non si allontana se non perragion dell'animo, e delllappetito de'carnami, e nel corpo parrebbe del tuttouna aquila, se nol tradissero il rostro egli artigli; il rostro è pienamente daavoltoio correndo dalla fronte dirittoper più d'un pollice e mezzo, e lar[igliosuo pollicare, benchè sia il massimo ditutti i suoi artigli, è nondimeno picco-Io a proporzione, non giungendo ad

uguagliare llunghion della aquila mini-ma, comunque questa sia forse la metàminore di esso barbato. Sono quindientrato in sospetto non avessero imoderni preso abbaglio, e datoci forseper lo percnottero d'Aristotile tutfaltrouccello da quello, che Aristotile intese;e dubitai non fosse il vero percnotteroIavoltojo barbaro.

Qui il barbato esiste in bastevole quan-tità; più volte ne ho avuto da diversissi-me parti dell'isola, e dopo Iavoltor nerocon più frequenza ho veduto il barbato.

Tratto da GIi uccelli di Sardegna

di Francesco Cetti, Sassari 1776

siste in quarto luogo lAvoltoioBarbato, cot qual nome ottima-mente il chiama Linneo, perché in

realtà esso porta la barba, ed una barbasì visibile che si fa osservare prima d'o-gni altra cosa. Essa pende nera dall'an-golo, ove concorrono Ie due ossa dellamascelta inferiore, composta non dipiume, ma di crini lunghi fino a un pol-lice e otto linee. Crini e setole simili a

quei della barba vestono lateralmenteuna parte della mascella inferiore e

cuoprono nella mascella di sopra tuttoquel tratto, che rimane tra la fronte e laporzione det rostro adunca, di maniera,che non si vede nè incerato, nè naridell'uccello. Le setole principiandosopra gli occhi e unendosi a quelle dellafronte verificano esattamente la descri-zione di Linneo, frons, oculorumqueregio atra. Gli antichi Greci diedero alloro percnottero ii nome di gypaetos,

che viene a dire quanto avoltoio-aquila;ma se ad alcun avoltoio si deve dare ilnome di gypaetos indicante la sua pros-

simità coll'aquila, a niuno conviene più

32 l'latura in SardeEna n'26 - 2005

giustamente, che al nostro barbato, dimaniera, che se i[ percnottero nomina-to da Aristotile è veramente quell'uccel-Io, che intendono i moderni, assai

malamente si diè it nome di gypaetos alpercnottero, almeno in paragone dellla-voltoio barbato. La ignudità del capo,del collo e delle gambe, sono altrettan-ti tratti, per i quali iI percnotteromoderno si allontana dall'aquila, poichèl'aquila è ottimamente e foltamenteimpiumata per Ia testa e tutto il collo,ed è ben calzata di piume giù per tuttala gamba infino al piede; or tali tratti diallontanamento non si trovano nel bar-bato; esso è ben coperto e ben calzato;nel comignolo della testa vi sono piumecorte bensì, ma però ben coprenti; da

indi ingiù per tutto i[ collo vi è unarruffamento di folte piume acute; lun-ghe e folte piume sono pur radicate pertutto il fusolo della gamba; sicché perragion d'impiumamento assai più vicinoalllaquila è il barbato, che non il mo-derno percnottero. Ma il barbato è piùdel percnottero vicino all'aquila ancora

Page 35: 26Natura in Sardegna

Grandemente deve esso essere sottopo-sto a variare nel colore, poichè salvo lepenne maggiori delle ale e della coda,

che sempre trovai nere, salvo ancora lepiume del petto, del ventre, e dellegambe, Ie quali sempre trovai rossigne:in tal barbato ho vedute le piume mino-ri, che fanno guarnizione alle maggioridellale e quelle che cuoprono il dorso, dicolor castagno con tacche bianche; talaltro ebbe piume color di paglia intornoaI collo framischiate ad altre che eranometà nere, metà rosse; ne ho vedutoancora de bellamente vergati, inquantole piume minori delle ale e del dorso

essendo nere, erano dimezzare per lolungo da una striscia qual bianca, qualgialliccia con una più targa macchia

nella punta. Uavoltoio barbato descrittoda Gesnero con il nome di avoltoioatxeo, vultur aureus, fu macchiato inquesta ultima foggia; dico Yavoltoio bar-bato descritto da Gesnero sotto il nome

di aureo, poiché il di lui aureo non è

altro che iI nostro barbato; ciò si fa evi-

dente considerando tutto insieme e ciò

che Gesnero ne dice con parole, e ciò che

ne rappresenta colla figura incisa; leparole ne esprimono perfettamente lagrandezza, e it colore; e Ia figura comun-que mal disegnata, ne rappresenta Ia

barba, e la calzatura. Su questo puntoLinneo è stato oculato giudicando iden-tico Uaureo di Gesnero col barbato; ma

sbagliò, per quanto parmi, it chiarissimoBuffon, dando per un avottoio stesso

l'aureo di Gesnero, e '1 Grifone.0r dacchè ancora Gesnero conobbe ilbarbaro, e l'ebbe dalle alpi rezie divie-ne vie più giusto il porre fra gli avoltoidimoranti in Europa eziandio il barba-ro, at che per altro basterebbe la sua

esistenza in Sardegna. Il numero per-tanto degli avoltoi grandi d'Europa nonè compiuto presso Buffone; L'autorchiarissimo quattro soli ne pone, ilpercnottero, il grifone, l'avoltor cresta-

to, e l'avoltor per antonomasia. Con-

vien crescere questa lista dell'avoltorbarbato; e convien forse crescerlaancora dell'avoltor bianco, se esso nonè identico col percnottero, e converràdi più crescerla dell'avoltor nero, quan-

do esso non fosse d'una spezie stessa

coll'avoltor per antonomasia, ciò che

per altro non sembra vero, stando alle

descrizioni, le quali dell'avoltoio per

antonomasia si danno.Si cacciano gli avoltoi in Sardegna per

il medesimo fine, e al medesimo modo,

che si fa in Cipri secondo Ia relazionedi Dappero. La penna matta è ciò che

interessa in questo uccello. Tutte quat-

tro le spezie da me annoverate ne sono

ricche. Consiste essa penna matta inbioccoli, ognun de' quali contiene uncortissimo picciuolo, a cui è appiccatauna moltitudine di vere piumette sot-titi e molli, le quali sono molli perragione, che it loro fusticello medesimo

è floscio, e i fiIetti, che al fusticellosona attaccati, svolazzano liberi senza

coesione fra loro.Ogni parte del corpo degli avoltoi ne è

piena a piè delle altre piume, di ma-

niera, che ancora nella interiore faccia

delle ale tutte quelle ossa, che ne reg-gono le penne, ne sono piene. Questaqualità di avere pien di peluria ancora

I'interiore delle ale, è stata riguardatacome una propietà degti avoltoi ad

esclusione di tutti gli altri rapaci; frat-tanto in quasi tutti i rapaci da me

osservati, aquile, astori, sparvieri ec.

ho trovato [opposto, e gli ho trovaticon indubitata e notabile peluria albraccio, al carpio, al metacarpio, o inqualunque attra maniera si vogtianochiamare Ie ossa dell'ale; di modo che

dubitai di avere forse mal inteso gliautori; le loro parole mi sembrano non-dimeno troppo chiare. Vulturi prae cae-

teris rapacibus peculiare est, ut interio-rem alae partem, et quae corporiincumbit, leni vellere totam intectamhabeat, cum reliquae illud alarumcavum plumulis nudum obtineant. Sonoqueste le parote di Aldrovandi.Un altro naturalista il più elegante, enobile che si possa citare, dice Io stes-

so in altro idioma. 0n les reconnoÌtra(gti avoltoi ) .... a fespece de duvetfin,qui tapisse l'interieur de leurs ailes, etqui ne se trouve pas dans les autresoiseaux de proie. Ciò che in materia dipenna matta è veramente singolare

neil'avoltoio, si è l'abbondanza, laspessezza, Ia lunghezza, per cui essa faquasi la figura di principale abbiglia-mento e difesa dell'animale, e si pre-

senta per se stessa visibile e scoperta

in molti luoghi attraverso alle altrepiume. Tutte quattro le spezie, come

dissi, ne sono ricche, ma all'avoltoiobianco si deve la preferenza; la calugi-ne del grifone tira al bianco succido,quella del nero nereggia, e quella delbarbato gialleggia; ma quella del bian-co è candidissima, e inoltre i suoi bioc-coli sono più folti, e più lunghi, aven-

done strappati de' lunghi fino a trepolUci; e in sul punto della lunghezza,e foltezza de' bioccoti f inferiore a tuttiparmi il barbato.In grazia di questa ricca peluria si

appostano gli avoltoi per fare pettidelta loro pelle in soccorso degli stoma-

cuzzi mal digerenti, come appunto pra-ticano i Cipriotti. Potrebbe ancora far-sene uso di lusso foderandone robe,

ove per awentura, principalmente 1'a-

voltor bianco, farebbe scorno al vajo, eallarmellino; e a tal uso le vidde giàimpiegate Bellonio nelle pelliccerie delCairo.

i pastori sono quelli, che fanno Ia prin-cipal caccia degli avoltoi, e tali di lorousano mantenere fosse per ciò appo-statamente, Ià dentro gittano Ia vacca,

o iI caval morto, e gli avoltoi pronta-mente vi sono sopra. I1 pastore lascialoro fare Ia scorpacciata, infinchè licrede ben pieni; allora arriva, e ancoraa colpi di pertica gli ammazza dentro lafossa medesima impediti e dal propiopeso e dal luogo. Talora il cacciatoresale in cima del monte, e vi arrostisceun cane; conviene che il vento spiriverso dove gli avoltoi stanno; Iodordell'arrosto va a ritrovarli, e po-tentemente gli tira infin dalla distan-za, per quanto ho udito, di sedici inventi miglia, cosa più credibile, che

non da miglia 500, come già disse altri.Piace a' cacciatori medesimamente lacarne degli avoltoi, che certo suol esse-

re ben coperta di sugna. Avoltoi danido non è facile avere, le più erte e

scoscese rupi sono la sede de'Ioro nidi.

Natura in §ardegna n'26 - 2005 33

Page 36: 26Natura in Sardegna

Lo sparviero sardo(ACCTPTTER NISUS WoLTERSToRFFI, KLEINSCHIDT, 1,901,)

o Sparviero presente in Sardegnasi differenzia dalla sottospecienominale Nisus Nisus per la

taglia più piccola e per una colorazio-ne del piumaggio più scura. Lo

Sparviero, come lAstore, appartienealla classe degli uccelli, ordine accipi-triformi, famiglia degli Accipitridi,genere Accipiter. Entrambi sono abilis-simi cacciatori ma si differenziano traloro per le dimensioni, maggiori nell'a-store; hanno una struttura morfologicaadatta a vivere negli ambienti boschi-vi, in quanto sono dotati di coda moltolunga e ali larghe e relativamentecorte che permettono ioro di muoversi

con abilità e notevole velocità durantel'inseguimento delle prede alìlinternodel bosco.Lo Sparviero è un rapace indissolubil-mente legato alle aree boschive, anchese la sua presenza nei boschi sardi è

sempre più minacciata dagli intensi e

numerosi incendi che nel periodo esti-vo divampano nella nostra isola e che,

come tutti noi sappiamo, arrecanogravi danni aLl'ecosistema. Nulla puòfare lo sparviero per evitare gli incen-di, se non sfruttare l'unica arma a suo

vantaggio che madre natura gli ha

dato, "Ie ali"; noi invece tanto possia-

mo per evitarli e combatterli.

34 Natura in Sardeg*a n"2,; 20C!

Page 37: 26Natura in Sardegna

IL PIRATA DEL BOSCO

Ho osservato e fotografato 1o Sparviero soprattutto nei territori del Sulcis-

Iglesiente, del Sarrabus- Gerrei e del Gennargentu. Chi ha avuto l'occasione, o

chiamiamola pure fortuna, di osservare questo rapace elusivo, sempre attento, acui nulla sfugge allinterno del suo territorio, non esagera di certo nel definirlo

§§aàu,ra in §ardegna n"26 - 2005 35

Page 38: 26Natura in Sardegna

"pirata del bosco". Non si può nonrimanere sbalorditi nel vedere conquale velocità ed abilità sfreccia tra lefronde ed i rami del bosco più fitto,soprattutto se ci si trova netle vicinan-ze del sito di nidificazione. Nonostantel'aspetto gracile, rivela grande forza e

spiccata aggressività quando passa

all'azione; lo sanno bene Ie sue poten-ziali prede, le cui dimensioni raggiun-gono talvolta il doppio del suo peso

corporeo. Infatti mi è capitato di tro-vare, in prossimità del nido. resti e

spiumate di Colombaccio, il cui peso

supera abbondantemente quello delloSparviero che si aggira intorno ai 200grammi. Quando le prede entrano nelsuo raggio d'azione non hanno piùscampo; per cercare di sfuggire a que-sto abile predatore assumono spessouna posizione di immobilità assolutache tuttavia non sempre è sufficiente.0ltre alla velocità nelfinseguimentodelle prede, lo Sparviero rivela di pos-sedere altre abilità e tecniche di cacciache ne mettono in evidenza la spiccataastuzia. Spesso, infatti, una votta indi-

36 §atura in §ardeg:la n"3§ - 2*S5

Page 39: 26Natura in Sardegna

viduata la preda, si awicina silenziosamente di ramo in ramo, utilizzando come

copertura cespugli e grossi tronchi; è capace di stare in agguato per ore in atte-sa che Ia malcapitata preda esca allo scoperto.

Lo sparviero è un rapace prevalentemente ornitofago, anche se raramente mi è

capitato di trovare in prossimità del nido piccoli rettili e roditori. Le prede che

solitamente fanno parte del suo spettro alimentare sono uccelli di piccola e

media taglia come Cinciarelle, Fringuelli. Frosoni e Merli.Essendo un rapace molto schivo e diffidente, è molto difficile scorgerlo nel bosco,

eccetto nel periodo di nidificazione (primavera inoltrata), owiamente se si ha lafortuna di passare nelle immediate vicinanze del nido; solo in questo frangentelo Sparviero rinuncia alla sua riservatezza uscendo allo scoperto e mostrandosiparticolarmente vocifero. Nel periodo invernale, invece, la sua presenza vienetradita dall'abitudine di spiumare le prede in grosse ceppaie o tronchi, lasciando

dunque segni della sua presenza.

Alfinterno del suo territorio questo rapace dispone di diversi nidi che, come hopotuto talvolta constatare, vengono utilizzati a rotazione negli anni; durantefinverno lui stesso costruisce il suo nido nelle biforcazioni degli alberi prescelti,utilizzando ramoscelli secchi abilmente intrecciati tra loro.

Page 40: 26Natura in Sardegna

§BS*sffi ,§à § 4s & * c§* 6q ffi *ȧt §§& ffi §ry *#§ rB*§d&!§§jryeeffi & §.ffieffffi§A* ffiffi§tre§{§§, ffi

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*+ ;ei giorni 24-25-26-27 ottobre 2005:iril era presente a San Teodoro, accom-

I * pagnati dal Comandante della Sta-

zione Forestale e di V. A. di Siniscola,

Ispettore Forestale Teresa Loi e dagli fusi-stenti Forestali Sandra Piras, Luigi Decor-

tes, Giovanni Mele, Salvatore Ledda, Piero

Mereu e Gino Ruju, una delegazione ditecnici ed amministratori del Parco Natu-

rale Regionale di Corsica per la costruzio-ne di nidi aventi Io scopo di facilitare lariproduzione in loco del falcone pescatore.

Lo stupendo rapace dal petto bianco, untempo assai comune lungo la costa che va

da Golfo Aranci a San Teodoro, ma non piùnidificante dagli anni sessanta. ancor oggi

è presente in pochi esemplari nel periodo

38 §*txra im §ardegna n'16 - 2ù*r

Page 41: 26Natura in Sardegna

ottobre-gennaio. Negli stessi giorni infat-ti in cui tante persone erano intente a

proporgli un comodo nido, una coppia

volteggiava alta sugli operatori, quasi avoleme seguire i lavori. Nell'area restano

le sue tracce però in tanti toponimi. La

spiaggia di UAcula, antistante il porliccio-1o di funtAldia, è cosÌ chiamata per lapresenza di una grossa e vecchia pianta disabina, sulla quale il falcone per decenniaveva il suo nido. La delegazione corsa era

composta da Jean Marie Dominici, diret-tore della Riserva di Scandula, da Paulu

Antoni Susini, responsabile del Parco

Naturale Regionale di Corsica per gli affa-ri europei, dai tecnici Joseph Alberini e

Jean Baptiste Germini, entrambi dellaRiserrra di Scandula che fa parte del Parco

anzidetto.Sono state quattro giornate di intensolavoro durante le quali gli addetti hannooperato anche per 10 ore al giomo.

I nidi sono stati posati per 1o più sopra gtiscogli granitici alfinterno della Laguna diSan Teodoro, e qualcuno su uno dei tantiisolotti prossimi alla costa teodorina. La

scelta dei siti, preceduta da un sopralluo-go da parte dei tecnici nel periodo estivo,è stata effettuata sulla base delle abitudi-ni di vita e pesca del falcone. I1 grande

volatore, pesa un paio di kg ma ha una-pertura alare di mt 1.,75, si nutre escltsi-vamente di pesci che cattura in mare ed

in condizioni di visibiìità perfetta con pic-

chiate fulminee. Col mare agitato, nonpotendo determinare con certezza ledimensioni deUa preda che, se troppogrossa e pesante, 1o trascinerebbe in mare

portandolo a morte certa, preferiscepescare negli stagni o nei fiumi dattacquaìimpida. Infatti una volta catturato ilpesce, non gli è più consentito di apriregli artigli. Per ta costruzione dei nidi sono

state utilizzate due tecniche diverse aseconda del sito. Talvolta sono stati usatipaletti e staffe metalliche di feno zincato

a caldo, sulle quali sono stati posati rami

di erica, inizialmente robusti e poi semprepiù fini, ancorati tutti con robusto fil difeno zincato. Ne risulta una costruzionerobusta e pesante che deve durare nel

tempo, con la parte superiore leggermen-

te concava per contenere un abbondantestrato di poseidonia oceanica. Legger-

mente diversa la tecnica usata per l'anco-raggio del nido su unalta scogliera. I tec-nici corsi sono arrivati a San Teodoro con

due camioncini di fascine di rami di erica

annerita, tutti delle stesse dimensioni,

tagliati in qualche area corsa attraversatada incendio, perché in tal modo sono piùresistenti nel tempo.0ltre ai tecnici corsi, hanno cotlaboratoalle operazioni varie persone, impegna-

te in ruoli diversi. In primo luogo i com-ponenti det gruppo operativo delllcimar

composto da Gian Piero Meloni, Giusep-pe Taras, Marco Doddo, Giacomo Manno-

ni e Salvatore Brandanu. I1 gruppo lci-mar, in qualità di promotore del proget-

to predisposto a suo tempo e, per alcuniaspetti di soggetto attuatore dello stes-

so, anche per incarico dellAmministra-zione comunale, si è occupato della logi-stica. delt'organizzazione, della partedocumentaria e fotografica. ilAmmini-strazione comunale, oltre ad aver assicu-

rato la disponibilità di due operai, haseguito i lavori con il consigliere delega-

to allambiente Maurizio Sanna. Costan-

te Ia presenza e la collaborazione di unapattuglia del Corpo Forestale e di Vigi-lanza ambientale, Comando di Siniscola.Uomini e mezzi per gli spostamenti inLaguna sono stati assicurati dallaSocietà Stagno di San Teodoro SpA, men-tre per gli spostamenti a mare il Consor-

zio di Gestione deIlAMP di Tavolara Capo

Codacavallo, presente il Direttore Augu-sto Navone, ha assicurato un mezzo ido-neo. Il lavoro svolto rappresenta comun-que solo la prima parle del progetto bal-buzard. I tecnici corsi infatti tornerannoai primi di febbraio 2006 per la posa diuna sagoma nelle vicinanze di ciascunnido. La sagoma in pvc riproduce perfet-tamente il falcone pescatore per attrarloed indurlo ad impossessarsi del nido,sagoma che non può essere posizionata

fin da ora perché verrebbe rovinata daigabbiani. Una volta accertata la presa dipossesso di uno o più nidi, ha inizio lafase due che consiste nel controllocostante e a distanza da parte di ungruppo di lavoro incaricato, gruppo dilavoro che prowederà successivamente

all'inanellamento dei giovani fuIchi conricetrasmittenti dotate di batterie solariper seguirne i flussi migratori. Un lavorocomplesso ed interessante quindi, divatenza scientifica internazionale, coor-dinato da operatori estremamente quali-ficati quali Jean Marie Dominici e JeanCtaude Thibault, che studiano il àlconeormai da 25 anni e che sono riusciti afarlo riprodurre prima in Corsica, dove

esistono ormai una trentina di coppienidificanti e, dalla primavera 2005,anche nel Parco della Maremma Toscana.

ltatura in Sardegna n"26 - 2t)05 39

Page 42: 26Natura in Sardegna

Aquilegia nugorensis Arrigoni & Nardi (Ranunculaceae)

Pianta erbacea perenne alta 30-80 cm con fusti eretti e ramificati. Foglie basaLiriunite in rosetta e lungamente picciolate, con picciolo breve le cauline. Fiori nor-malmente di colore azzurro chiaro con caratteristico sprone imbutiforme e frut-to costituito da folLicoli eretti.La fioritura awiene da maggio a giugno.È la più diffusa tra Ie specie esclusive della Sardegna; il suo areale sembrava limi-tato ad aicune località del Monte Tonneri (Seui) e deL Gennargentu ma, specie per

dal volume Piante endemiche della Sardegna,

testo e foto di Ninni Marras. Sestu, 2000

40 .i','-r.rt:t.r.r:,r

Page 43: 26Natura in Sardegna

ottobre-gennaio. Negli stessi giorni infat-ti in cui tante persone erano intente a

proporgli un comodo nido, una coppia

votteggiava alta sugt operatori, quasi avoleme seguire i lavori. Nel[area restano

le sue tracce però in tanti toponimi. La

spiaggia di IAcula, antistante il porticcio-1o di PuntAldia, è cosÌ chiamata per lapresenza di una grossa e vecchia pianta disabina, sulla quale iI falcone per decenniaveva il suo nido. La delegazione corsa era

composta da Jean Marie Dominici, diret-tore della Riserva di Scandula, da Paulu

Antoni Susini, responsabile del Parco

Naturale Regionale di Corsica per gli affa-ri europei, dai tecnici Joseph Alberini e

Jean Baptiste Germini, entrambi dellaRiserva di Scandula che fa parte del Parco

anzidetto.Sono state quattro giornate di intensolavoro durante le quali gli addetti hannooperato anche per 10 ore aI giorno.

I nidi sono stati posati per 1o più sopra gliscogli granitici all'intemo della Laguna diSan Teodoro, e qualcuno su uno dei tantiisototti prossimi alla costa teodorina. La

scelta dei siti, preceduta da un sopralluo-go da parte dei tecnici nel periodo estivo,è stata effettuata sulla base delle abitudi-ni di vita e pesca del faicone. IL grande

volatore, pesa un paio di kg ma ha una-pertura alare di mt 1.,75, si nutre esctusi-

vamente di pesci che cattura in mare ed

in condizioni di visibilità perfetta con pic-

chiate fulminee. Col mare agitato, nonpotendo determinare con certezza ledimensioni della preda che, se troppogrossa e pesante, lo trascinerebbe in mare

portandolo a morte certa, preferiscepescare negli stagni o nei fiumi dall'acqua

timpida. infatti una volta catturato ilpesce, non gli è più consentito di apriregti artigti. Per Ia costruzione dei nidi sono

state utilizzate due tecniche diverse aseconda del sito. Talvolta sono stati uatipaletti e staffe metalliche di feno zincato

a caldo, sulle quali sono stati posati rami

di erica, inizialmente robusti e poi semprepiù fini, ancorati tutti con robusto fil difeno zincato. Ne risulta una costruzionerobusta e pesante che deve durare nel

tempo, con la parte superiore leggermen-

te concava per contenere un abbondantestrato di poseidonia oceanica. Legger-

mente diversa Ia tecnica usata per llanco-raggio del nido su unalta scogLiera. I tec-nici corsi sono arrivati a San Teodoro con

due camioncini di fascine di rami di erica

annerita, tutti delle stesse dimensioni,tagliati in qualche area corsa attraversatada incendio, perché in tal modo sono piùresistenti nel tempo.Oltre ai tecnici corsi, hanno collaboratoalle operazioni varie persone, impegna-

te in ruoli diversi. In primo luogo i com-ponenti del gruppo operativo dellicimar

composto da Gian Piero Meloni, Giusep-pe Taras, Marco Doddo, Giacomo Manno-ni e Salvatore Brandanu. II gruppo lci-mar, in qualità di promotore dei proget-

to predisposto a suo tempo e, per alcuniaspetti di soggetto attuatore dello stes-

so, anche per incarico dellAmministra-zione comunale, si è occupato della logistica, dell'organizzazione, della parte

documentaria e fotografica. LjAmmini-strazione comunale, oltre ad aver assicu-

rato la disponibilità di due operai, haseguito i lavori con il consigliere delega-

to alUambiente Maurizio Sanna. Costan-

te la presenza e la collaborazione di unapattugtia del Corpo Forestale e di Vigi-lanza ambientale, Comando di Siniscota.

Uomini e mezzi per gli spostamenti inLaguna sono stati assicurati dallaSocietà Stagno di San Teodoro SpA, men-tre per gli spostamenti a mare il Consor-

zio di Gestione dell'AMP di Tavolara Capo

Codacavallo, presente il Direttore Augu-sto Navone, ha assicurato un mezzo ido-neo. Il lavoro svolto rappresenta comun-que solo la prima parte del progetto bal-buzard. I tecnici corsi infatti tornerannoai primi di febbraio 2006 per la posa diuna sagoma nelle vicinanze di ciascunnido. La sagoma in pvc riproduce perfet-tamente il falcone pescatore per attrarloed indurlo ad impossessarsi del nido,sagoma che non può essere posizioriata

fin da ora perché venebbe rovinata daigabbiani. Una volta accertata Ia presa dipossesso di uno o più nidi, ha inizio lafase due che consiste nel control"locostante e a distanza da parte di ungruppo di lavoro incaricato, gruppo dilavoro che prowederà successivamente

alltnanellamento dei giovani falchi conricetrasmittenti dotate di batterie solariper seguirne i flussi migratori. Un lavorocomplesso ed interessante quindi, divalenza scientifica internazionale, coor-dinato da operatori estremamente quali-ficati quati Jean Marie Dominici e JeanClaude Thibault, che studiano iI falconeormai da 25 anni e che sono riusciti a

farlo riprodurre prima in Corsica, dove

esistono ormai una trentina di coppienidificanti e, dalla primavera 2005,anche nel Parco della Maremma Toscana.

Natura in §ardegna n"26 - 2A05 39

Page 44: 26Natura in Sardegna

quest'ultima località, osservazioni piùrecenti hanno ampliato il dato sulladistribuzione rilevando la presenza dinumerose stazioni sia sul versante diArzana che su quello di Villagrande.Accanto a questa entità esistono altredue specie esclusive della nostra Isolache differiscono minimamente dallaspecie descritta: Aquilegia barbaricinaArrigoni & Nardi con fiori normalmentebiancastri che fiorisce da maggio a giu-gno ed è stata finora rinvenuta soltan-to in prossimità di alcuni torrenti sulMonte Spada a Fonni; Aquilegia nuragi-ca Arrigoni & Nardi, con fiori normal-mente azzurri o rosei che fiorisce da

maggio a giugno ed è stata reperitaunicamente in prossimità della Gola diGorropu.

I,[atura in §ardegna n"26 - 2C05 47

Page 45: 26Natura in Sardegna

§{mestra *m§{'Xtxa

Genista aetnensis (Rafin.) DC. (Legumi-nosae)

Alberello alto fino a7-9 m e che, spes-

so, si presenta nella forma arbustiva con

rami giovani striati con corteccia verde;

rami maturi con corteccia bruno aran-

ciata. Fogtie lineari-oblunghe con

tomento biancastro. Fiori giatli, odorosi,riuniti in racemi. Frutto costituito da unlegume rossastro contenente 2-5 semi.Fiorisce da giugno ad agosto.

Questa specie cresce spontanea solo

sul versante orientale dellEtna e inSardegna (Berchidda, Tatana, Villa-grande, Buddusò, Dorgali, Urzulei,complesso dei Sette Fratetli e del Gut-

turu Mannu).Esistono in Sardegna numerose altrespecie endemiche afferenti al genere

Genista L.: Genista arbusensis Valsecchi,

arbusto assai ramoso di 50-100 cm,

esclusivo delta Sardegna con foglielanceolate, rami striati con pelositàscarsa, fiori gialli e frutto costituito da

un legume villoso di 15-20 mm. Presen-

ta un areale circoscritto alla fascia

costiera del settore sud-orientate e fiori-sce in maggio; Genista cadasonensisYal-secchi, arbusto assai ramificato, spino-

so, con rami eretti leggermente striati.Foglie obovato-spatolate, fiori giallidisposti sui rami giovani e legume di 1,

5-2 cm, oblungo e villoso. Ha un areale

limitato alle coste centro-orientali delUl-

sola e fiorisce in febbraio-matzo; Genista

corsica (Loiset.) DC. in Lam. & DC., arbu-

sto spinoso di 20-80 cm che frequente-mente si presenta nella forma pulvinatacon fusti contorti, angolosi e striati.Spine ricurve ed acute, foglie obovate,fiori gialli isolati e legume oblungo, gla-

bro, di 1-2 cm. In Sardegna è diffusa dal

livello del mare sino alle quote più altee fiorisce da febbraio ad aprile; Genista

ephedroides DC., arbusto ramoso di 30-

150 cm con fusti sottili e striati. Foglie

inferiori trifogliolate e semplici, ovato

tanceolate Ie superiori, fiori gialli inracemi lassi e legume ovale, rostrato e

42 Natura i:l §ardegma n"26 - 2005

Page 46: 26Natura in Sardegna

quest'ultima località, osservazioni piùrecenti hanno ampliato il dato sulla

distribuzione rilevando la presenza dinumerose stazioni sia sul versante diArzana che su quello di Villagrande.Accanto a questa entità esistono altredue specie esclusive della nostra Isolache differiscono minimamente dallaspecie descritta: Aquilegia barbaricinaArrigoni & Nardi con fiori normalmentebiancastri che fiorisce da maggio a giu-

gno ed è stata finora rinvenuta soltan-to in prossimità di alcuni torrenti sulMonte Spada a Fonni; Aquilegia nuragi-ca Arrigoni & Nardi, con fiori normal-mente azzurri o rosei che fiorisce da

maggio a giugno ed è stata reperitaunicamente in prossimità della Gola diGorropu.

§Iatura im §ardegma n'25 - 2005 4l

Page 47: 26Natura in Sardegna

pubescente. Presenta un'areale com-prendente Ie coste occidentali e setten-trionali, fiorisce in aprile maggio; Geni-

sta morisii Colta, piccolo arbusto di 30-

50 cm, spinoso e assai ramificato con

foglie trifogliate. Fiori gialli terminali o

nelle ascelle e legume oblungo e villoso.Areale ristretto alla Sardegna sud occi-

dentale, fiorisce in maggio; Genista sar-

doa Valsecchi, arbusto ramoso di 30-200

cm con rami rigidi e striati. Foglie trifo-gliolate, fiori gialli in racemi terminali e

legume ovoide, acuminato, peloso,

lungo 6-7 mm. Areale ristretto alla Nurra

e allllglesiente, fiorisce da luglio ad ago-

sto; Genista sulcitana Valsecchi, arbusto

di 40-60 cm con rami intricati, legger-

mente striati e pubescenti. Foglie trifo-gliolate, fiori solitari o costituenti infio-rescenze e legume oblungo, pubescente

lungo 10-12 mm. Areale ristretto alle

zone montane della Sardegna meridio-nale, fiorisce in maggio giugno; Genista

toluensis Valsecchi, piccolo arbusto spi-

noso di 20-30 cm. Rami eretti corti e

striati, foglie alterne e trifogliolate e

fiori gialti solitari o geminati e legume

oblungo di circa 1 cm. Areale ristretto al

Monte Albo e ai Monte Tolui, fiorisce inmaggio.

}§atura ix §ardcgna n"26 - ?t)05 43

Page 48: 26Natura in Sardegna

a storia della civiltà nuragica Ia sipuò fare partire dalla cultura diSantTroxi, 1650 a.C., dal nome

della località in agro di Decimoputzu.Materiali di questa cultura sono stati rin-venuti in tombe dei giganti. Non si usapiù il vaso tripode, sostituito da fornelLie bollitoi. Nelle domus de janas di Deci-moputzu sono stati rinvenuti 250 sche-letri con spade lunghe 33, 66 e 77 cm. Le

spade ed iI tipo di ceramica, grigia e

senza decorazioni, testimoniano la men-talità gueniera di queste popolazioni. Laforma delle spade è detta Argarica, dallalocalità di El Argar, Spagna, dove ne sonostate rinvenute uguati. Questo fa presup-pone che i sardi di allora si fossero spin-ti in quella zona, considerando il fattoche in Spagna, Corsica e nelle Baleari sitrovano torri simili a quelle nuragiche e

che Minorca veniva chiamata Nure. Lo

sviluppo vero e proprio detla civiltànuragica si ebbe a partire dal 1600/1550a.C. In questo periodo, nel Mediterraneo,accadono eventi storici molto importan-ti: dall'Egitto vengono scacciati gli inva-sori Hiksos ed inizia una nuova fase dellagrande civiltà egizia; si sviluppanoanche la civiltà micenea e quela pro-toappenninica. È quindi un periodo discambi, come è dimostrato dallunitàmetrica Lineare nuragica (circa 5,5 metri)uguale a quetla utilizzata nellTgeo, a

Creta ed in alcune aree dellAnatoLia.

I nuraghi, da sempre it simbolo più rap-presentativo della Sardegna. hannoavuto una loro evoluzione secolare. Iprimi in ordine cronologico sono i proto-nuraghi costruiti secondo diverse tipoto-gie. All'inizio si trattava di una base for-mata da un muro in pietra di forma piùo meno circolare, riempito di terra, cheformava una piattaforma sulla qualecostruire una o più capanne, a loro voltacircondate da una pahzzata. Col temposi adottarono altre soluzioni architetto-niche ed in questo muro si aprì una

porta che conduceva ad un corridoio conuna scala che portava al livetto superio-re, quello delle capanne di cui sopra. Poigli ingressi diventarono due, soluzionepresto abbandonata probabilmente per-ché, in caso di attacco, i nemici avrebbe-ro avuto due possibitità per entrare e, diconseguenza, gli occupanti avrebberodovuto dividere Ie proprie forze per sbar-rare i due ingressi. In seguito, dopo llen-trata vennero ricavati alcuni vani, finoad arrivare al nuraghe vero e proprio. Inuraghi avevano Iaspetto di castelLimedievali, come testimoniano con cer-tezza dei modelli in pietra - alcuni usaticome incensiere - e qualche bronzettoche li raffigurava. Come i castelli per ifeudatari, i nuraghi erano la residenzadel capo tribù e della sua famiglia, men-tre il popolo viveva neLle capanne delvillaggio circostante. La tecnica costrut-tiva era a tholos, cioè gti anelli di pietradella torre si restringevano verso l'alto,formando, alltnterno, una cupola ogiva-le. Potevano essere circondati da muradifese da più toni. Sulla sommità di que-ste prendevano posto gli arcieri ed ifrombolieri, famosi quelli Bàlari che uti-ltzzavano proiettili di piombo. I nuraghierano costruiti con un muro esterno,uno interno e, fra loro, un riempimentodi malta formato da argilla e pietre pic-cole. E una tecnica architettonica che siritrova anche nellTgeo ed in 0riente, fra

gli lttiti. Spesso il nuraghe, atl'interno,veniva foderato di sughero per renderlopiù confortevole. IJingresso del nuraghepuò essere di taglio ogivale o rettango-lare, in quest'ultimo caso, sopra Iarchi-trave, si trova una finestrella che serveper non fare gravare iI peso dei massi

sullo stesso, ma scaricarlo ai lati. Iden-tica tipologia di finestrelle di scarico sitrovano anche a Micene. In base aI tipodi nuraghe è stata ipotizzata una suddi-visione del territorio di tipo feudale,cioè i re abitavano nei nuraghi con piùtorri e i "nobili" di rango inferiore, inquetLi più semplici, con funzioni di con-trollo dei confini del territorio e lungo levie di comunicazione. Questo governomonarchico dovette durare fino agliinizi della prima età del Ferro, 900 a.C.,

quando i nuraghi vennero ristrutturati e

trasformati in templi. Come mai questocambiamento? Le fonti greche ci spiega-no il perché. Secondo queste, la classedominante nuragica era costituita dagliJolei, partiti dalla città di Tespi, vicinoad Atene. Governarono a lungo prima diessere esiliati nei dintorni di Cuma, inCampania. Probabilmente te cause del-Iesilio sono da ricercare nel cattivomodo di gestire il potere, visto che inquesto periodo nascono Ie capanne conun sedile che segue il perimetro internodel muro, dove si sedevano i personaggipiù importanti det villaggio per a'legife-

rare".Un'altra costruzione caratteristica delperiodo nuragico è la tomba dei giganti.E formata da un corpo rettangolare absi-dato, nel quale veniva messo iI defuntocol suo corredo funebre, e da un emici-clo frontale costituito da due ati che for-mano una mezzaluna, Uesedra. Iinsie-me, visto dalìialto, schematizza la testadel toro, simboto di forza maschile. Lo

spazio compreso fra le "corna" del toro,serviva per le cerimonie sacre, infatti, inun secondo tempo, viene costruita unapanchina in pietra addossata alle ali del-Uemicicio, per il pubblico. Spesso si tro-vano, a fianco alle tombe dei giganti,uno o più menhir.Le più significative costruzioni sacre

sono i pozzi sacri, che si sviluppano nelBronzo Recente ed il cui uso proseguefino allTtà del Ferro. La scala scende

44 Natura in §ardegna n'26 - 2005

Page 49: 26Natura in Sardegna

fino al livello dell'acqua, in un ambientecircolare ogivale, come se fosse un nura-ghe sotterraneo.Ma quale fu, per gli antichi storici e geo-

grafi, Io sviluppo della civiltà sarda

prima delliarrivo dei cartaginesi e deiromani? I cartaginesi ci raccontano che iprimi colonizzatori detla Sardegna parti-rono dalla Libia, guidati da un eroe dinome Sardo che diede il nome allisoÌa.Inoltre i Libi erano navigatori, e questo

spiegherebbe la massiccia esportazionedi ossidiana. Diodoro Siculo attribuiscela grandiosità dei monumenti nuragici

III, venendo sconfitti con lastuzia:prima la flotta egiziana si presentò com-patta contro quella nemica. All'awici-narsi di questa, le navi egizie aprirono1o schieramento circondando quelle deiPopoti del Mare, sottoponendole ad unapioggia di frecce. Le navi superstiti pen-

sarono dunque di attaccare it detta delNilo, sbarcando le loro truppe. Ma gliegiziani, che avevano preso tutte le pre-

cauzioni possibili, avevano nascosto ifamosi arcieri della Nubia, capaci di col-pire un uccello in volo a cento metri didistanza, fra i canneti del fiume. Sotto iI

in due suoi scritti, Timeo e Krizia, ove

afferma che ne aveva appreso Iesisten-za da un suo parente. Costui, durantediscussione con dei sacerdoti egiziani,stava sminuendo la loro civiltà rispettoa quella greca. Uno dei sacerdoti siinfervorò cosÌ tanto che rivelò essere

quella egizia una civiltà discendente da

un'altra molto evoluta e antica, Atlanti-de, situata oltre Ie colonne d'Ercole.

Venne prontamente rimproverato daglialtri sacerdoti presenti per aver svelato,in preda all'ira, un segreto celato da

millenni. Ora non voglio scendere nei

alla inventiva di Dedalo. Un gruppo diuomini brachimorfi (cioè col craniocorto e largo) proveniente dalla Spagna,

aI seguito del condottiero Norax, partitoda Tartessos, avrebbe fondato la città diNora e, forse, stimolato la nascita dellaciviltà nuragica. E ancora, i greci Ioleipartiti da Tespi, avrebbero fondato01bia, quelli di Atene invece Ia città diAgryle (Caqliari). Ancora i Greci ci dico-no che i compagni di Enea sbarcarono inSardegna dopo la guerra di Troia. Nume-rose sono poi le fonti che fanno discen-dere i Sardi da Ercole, per via più o menodiretta. Testimonianze storiografichepiù precise ci parlano dei Sardi comepirati ben organizzati che, insieme aglialtri cosiddetti "Popoli del mare" com-batterono contro gli Egiziani di Ramsete

tiro degli altissimi negri nubiani, siinfransero i sogni dei Popoli del Mare: isoprawissuti vennero fatti prigionieri e

le loro navi bruciate.

Questo è ciò che sappiamo, fra archeolo-gia, storia e leggende, di tale periodo

storico; non sappiamo quasi niente, pur-troppo, degli anni di guerriglia contro icartaginesi ed i romani, che in Barbagia,

area che accolse le popolazioni delle pia-nure che non vollero piegarsi agli inva-sori, dovettero protrarsi fino aI 200 d.C.

E adesso, permettetemi di togliermi unsassolino dalla scarpa .... lJltimamentesi sta parlando della possibilità di iden-tificare Ia Sardegna con Atlantide. Prima

di fare le deduzioni del caso, anal.rzzia-

mo alcuni fatti. In primo luogo Atlanti-de è citata per la prima volta da Platone

dettagli riguardanti tutti gti studi che

vertono sulf identificazione della Sarde-gna con Atlantide, ma faccio solo due

considerazioni: innanzitutto la civittàegizia inizia con l'unione dell'Egitto delnord e quello del sud intorno al 3000

a.C. e, di conseguenza, precedentemen-

te a quella nuragica, come dimostraanche iI fatto che la prima piramide

tronca risale at 2800 a.C., i primi nura-ghi al 1600 a.C.; ma anche senza volereprendere in considerazione la cronolo-gia, se gli egizi fossero stati i discen-denti dei Sardi-Atlantidei, invece dellepiramidi avrebbero costruito i nuraghi.0 no?

Il prossimo articolo parlerà dei fenicio-punici in Sardegna

l§atura in §ardegna n"26 - 2005 45

Page 50: 26Natura in Sardegna

Flora di Sardegna

Sardegna risulta essere cosi di notevoleaiuto non soto per il grande numero digiovani che si accingono ad affrontare laprova del concorso per Agenti Forestali,

ma per tutte quelle persone che desiden-no riconoscere e poter individuare gli ele-

menti della natura che I circondano. Pen-

siamo così agli amanti delle escursioni, ai

professori e ai loro studenti che si accingo-no a gite fuori porta, ma anche a coloro

che, pur vivendo in ambito rurale, hannodimenticato i nomi degli alberi e degliarbusti che quotidianamente ammirano.

Questo libro potete ordinarlo direXamen-te consultando il sito www-assfor.it

I volume "Flora di Sardegna, pian-te arboree e arbustive", pubblicatodalla Zonza Editori, nasce da una

felice intuizione di Giovanni Diana,comandante della stazione forestale diBolotana e grande appassionato di temiinerenti la natura e il territorio. Grazie

alla vasta conoscenza acquisita sulcampo, Iautore fornisce nel suo lavoroutili e dettagtiate notizie sugli alberi egli arbusti che si possono incontrare nel-threa regionale. Scritto in modo sempli-ce e comprensibile, nel libro sono catalo-gate le differenti piante che ricoprono iIsuolo sardo. La suddivisione è operatasecondo due gruppi, angiosperme e gim-nosperme, alfinterno dei quali sono pre-senti una sessantina di schede diapprofondimento. 0gni scheda, correlatada foto esplicative, fornisce il nome dellapianta presa in esame (indicando quello

volgare, scientifico e sardo), la prove-

nienza regionale e llaspetto esteriore, ladiffusione sul territorio, le dimensionimedie, il tipo di corteccia e di fogìie, ifiori che essa produce, gli eventuali frut-ti. Nella parte terminale della trattazio-ne un indice dei nomi aiuta ad indivi-duare le varie piante fornendo, in rapidasuccessione, Ia denominazione volgare, ilnome scientifico, Ia fumiglia di apparte-nenza. 11 merito del libro di GiovanniDiana consiste nel fornire un panoramadettagliato della materia, trattandolosecondo criteri scienfitici ma al contem-po comprensibili anche per coloro che

non sono esperti del settore. Ftora di

46 §atura in §ardegna n"26 - 2005

Page 51: 26Natura in Sardegna

Linguetta di cintura in bronzo

Museo Nazionale di Cagliai

re* piccoli cavalli galoppano in branco

$ sotto le querce delta selva di Canai,

&nelllsota di Sant'Antioco, sud-ovest

della Sardegna.Hanno fiutato llodore degli umani e sono

stati spaventati dai cani che i cacciatorihanno portato: dowanno catturare alcu-

ni puledri che, legati e marchiati, saranno

caricati su un caro trainato da buoi.I cavalLi hanno il mantello baio o nero dalriflesso verde, a causa dei microscopicimuschi che crescono tra i loro peLi; hannogli occhi a mandorla e, gli stalloni, crinie-ra e coda lunghissime.Sono poco più grandi di un asinello sardo

da mola.Vivono perennemente sotto la protezione

del bosco fitto e di Antioco, medico nor-dafricano martirizzato dai romani perché

di religione cattolica, patrono della Sarde-

gna, il loro padrone.

Ogni tanto g[ uomini del Sulcis e deltTgle-siente si recano nella Cattedrale del santo

e fanno un'offerta per poter cacciare unanimale.Sembra una storia d'altri tempi, di quelle

da raccontare ai bambini prima detla buo-nanotte.Invece è una realtà dimenticata.Una storia vera e per cerli versi triste per-

ché di quei piccoli animali nelta Cattedrale

di SanfAntioco oggi non y'è quasi traccia.

Francesco Cetti, nel 7774 (I quadrupedidelllsola di Sardegna), descrive con dovi-zia di particolari i cavalli selvatici dellapiù grande delle isole sarde: altezza di trepiedi, carattere indomito tanto che soven-

te gli animali preferivano suicidarsi piut-tosto che essere soggiogati datl'uomo che,

a volte, disperato I uccideva dopo aver

invano tentato di ammansirìi:

I putedridel santo

" (...) I loro corpi sono appunto, quali

Leone Africano descisse i cavalli selvaggi

dArabia e Numidia; cioè piccoli, con chio-

ma irta, e breve, i coloi non costanti,

comunque i più sono bai. (...) sono dinatura si perversa, che non v'è modo diaddomesticarli, ed alla fine si muojonodisperati, o disperato iI padrone gliammazza. Erasmo Stella racconta lo stesso

de' cavalli selvatici di Prussia (. ..) "In quel tempo, in Sardegna i cavalli selva-

tici erano presenti anche nella Nurra e aBultei, ma i più numerosi e conosciutierano quelli delllsota sulcitana.Alberto Della Marmora, capitoto sesto delprimo volume delViaggio in Sardegna:" (...) Si è parlato dei cavalli selvaggi diSantAntioco: ma questa specie, che esiste-

va ancora 64 anni fa, ora è del tutto scom-

parsa. Un mio prozio, viceré di Sardegna

dal 177i al 1775, icevetteinregalo uno diquesti cavq.lli selvaggi, catturato a Canai,

nell'isola di SantAntioco. Era molto piccolo

ma snello, aveva il pelo lungo, di colore

rosso, era bizzoso, anzi indomabile" Moi dimalinconia poco tempo dopo. Credo che sia

stato lfultimo cavallo selvaggio catturatonellTsola. (. ..) "I caval[ selvatici sardi vagarrano per le cam-

pagne finché, con lTditto delle Chiudende,

Arciere saettante in piedi sul dorso del cavallo, peio-

do nuragico non meglio determinato loc. Saliu, Sulcis

ne fu decretata Ia decimazione in quanto

venne perentoriamente vietato lalleva-mento allo stato brado; gli animaì-i sopra-

vissuti si rifugiarono nei luoghi più imper-vi, dove non davano fastidio a nessuno.

Uno di questi luoghi è la Giara, Ialtopianoattualmente famoso proprio per i cavalLini

sehratici.Grazie alla presenza di questo esteso ter-ritorio iI focoso cavallo sardo si è conser-

vato in relativa pvrezza nonostante 11m-

missione, negìi anni sessanta e settantadel secolo scorso, di cavalli di taglia gran-

de (Anglo-Arabi-Sardi), panebbe al fine diincrementarne ta stazza in quanto ta pre-giata carne di cavatlo detla Giara, dalgusto un po'selvatico, veniva liberamentevenduta in alcune macellerie cagliaritane.I puledri del Santo sono menzionati in uninedito documento spagnolo, conosciuto

come Process de miracles, det XW secolo:" (.. .) Item q(ue) ed dita Isla hi ha games

de moltes Jume(n)tes i va(n)qs / de la

iglesia de St Antiogo j lo dia de la festa se

prene(n) vaques j potros j se paga(n) a

obra et alias. (...) "Una linguetta di cintura in bronzo delledimensioni di cm. 10,4 x 5 fu rinvenutaa SantAntioco vicino alta chiesa delSanto; databile al VIi secolo d.C. facevaparte della collezione Spano e fu donataal Museo Nazionale di Cagliari dove anco-

ra è esposta; vi è raffigurato un cavaliere

con il cavallo.

Lo Spano interpretò la scena come lEntra-ta di Cristo a Gerusalemme.

Un altro importante documento èYArciere

saettante in piedi sul dorso del cavallo

(dimensioni: altezza cm.7,2 e lunghezzacm.5,6), un bronzetto nuragico rinvenutoin tocalità Salìu di uno sconosciuto Comu-

ne del Sutcis - S'acqua salia è una localitàcostiera di San Giovanni Suergiu, Sa fun-tana de s'acqua sa/ia è unaltra localitàvicina a Is pruinis in Comune di SantAn-

tioco, mentre invece Gutturu saà'u risultaal confine tra i Comuni di SantAnna Arre-

si e Teulada - che rappresenterebbe l'uni-

Natura in Sardegna n"26 - 2005 47

Page 52: 26Natura in Sardegna

ca raffigurazione del cavalo ufficiatmenteritrovata in Sardegna.

Giovanni Lilliu ritiene che non sia certo

che i protosardi non conoscessero il caval-

lo ma che sicuramente a partire dal VIIsecolo a.C. essi disponessero di cavalliavuti dai Fenici o dai Cartaginesi; forsepossiamo così spiegare Ia presenza dei

cavalli selvatici a SantAntioco, l'anticaSolki, e Ia tradizione estesasi alfinteraprovincia fenicia e cartaginese sulcitana.

Quindi, quella del Sulcis è una tradizionecavallara (non in senso spregiativo) anti-ca che non ha niente da invidiare a quel-

la di altre regioni dell'isola, come U0rista-

nese, che il senso comune dei media

attuatmente identifica appunto con ilcavallo per via di alcune manifestazioniequestri che vi si svolgono (Ia Sartigtia,lArdia, Sa carrela e'nanti).Anche nei piccoli paesi sutcitani, duranteil carnevale o in occasione detta festapatronate, cosÌ come nella stessa Cagliari e

in molti altri centri detla Sardegna, si cor-

reva il palio.A Santadi, sino agli anni trenta del secoto

scorso, la giostra equestre prevedeva

prove di abi[tà e pariglie sul percorso rica-vato attorno alla piazza principale.

Alcuni decenni fa sembrava che la tradi-zione equestre stesse scomparendo dalsud della Sardegna; oggi essa rimane ben

salda tra coloro che hanno fatto del caval-

1o non una moda un po'retrò ma una vera

e propria passione.

E questa passione per i[ cavatlo, unita a

quetla per le tradizioni e alla sardità cultu-rale, dowebbe supportare la realizzazione

di un sogno: il ritorno dei piccoli cavalliselvaggi net Sulcis.

Bibliografia:

Francesco Cetti, I quadrupedi di Sardegna, GIA Editrice;Alberto Della Marmora, Viaggio in Sardegna, ristampa ara-statica dellTditrice Archivio Fotografico Sardo, Nuoro, 1995;

Letizia Pani Ermini - Mariangela Mannone, Museo Archeo-

logico Nazionale d[ Cogliai, Catalogo dei mateiali oistiani e

altomedioevali,IstrttLo PoLigrafico e Zecca delLo Stato, Libre-ria dello Stato;Filippo Piti, S. Antioco e il suo culto, Edizioni "Santuario S.

Antioco", 1981;

Giorranni Lilliu, fl cavallo nella protostoia sarda, Rendicon-

ti serie D(, Atti dellAccademia Nazionale dei Lhcei, 1993;

Giovanni LilUu, Scalture della Sardegna nuragica, Edizioni.

La Z,altela, L966;Christian Zervos. Ia civiltà della Sardegna, Libreria Scienti-fi ca Intemazionale, 1982.

48 l{atura in §ardegna n"26 - 2U05

§ffis

ffitrBffitrffiffiffiffifl§§

ryf I libro, f,anis gherradais di'Roberto

§ naua, PIM Editrice, nasce da unaJ*ricerca lunga e paziente e contienedocu$enti letterali;r e,, fotognfiei.: aiquali,si aggiungono :intercssànti fsntiinedite.IJopera narra una storia sconosciuta

agli stessi sardi. una storia affaseinantee aI contempo awjncentq: quella degii

Antichi canl di §ardegna. :

Anfmali, pre{Osi,: ,

,già nòti nellanti- "'chità, 'utilizzatr ,,

contls gli invaso,ri ,

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a.'C. e'fuancesi r1g1 ",,1793), "furonorin,'

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dall'irnpero otto.,, ,

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Le particolari,doti:4i, quesLi eani '', ì,':

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vite, ùm,. 4q; La 1ro,no§rafia,lapprese8tacosi un viaggio nel tempo, durante ilquale .,,yqp.gong1,:éna[izpad:rl:lé.cUmei,ttiltestimonianze e reperti archeologici.1flr[1s' .]ih!slsssa+te;::,di,.:fai:ile, rr,lethiraricco di spunti e di notizie, è reperibile

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