vulnerabilità vsresilenza

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Atti del convegno Roma 08 Aprile 2010 Presso Università Pontificia Salesiana A cura di Laura Nardecchia VULNERABILITA’ VULNERABILITA’ VULNERABILITA’ VULNERABILITA’ VS VS VS VS RESILIENZA RESILIENZA RESILIENZA RESILIENZA

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Atti del convengo svoltosi a Roma il giorno 08/04/2010

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  • Atti del convegno Roma 08 Aprile 2010

    Presso Universit Pontificia Salesiana

    A cura di Laura Nardecchia

    VULNERABILITAVULNERABILITAVULNERABILITAVULNERABILITA VSVSVSVS

    RESILIENZARESILIENZARESILIENZARESILIENZA

  • Atti del Convegno Vulnerabilit vs resilienza Roma, 08 Aprile 2010

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    A cura di Laura NardecchiaA cura di Laura NardecchiaA cura di Laura NardecchiaA cura di Laura Nardecchia

    Edizione Agosto 2010

  • Atti del Convegno Vulnerabilit vs resilienza Roma, 08 Aprile 2010

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    INDICEINDICEINDICEINDICE

    Cap. 1 Cap. 1 Cap. 1 Cap. 1 ---- PRESENTAZIONE PRESENTAZIONE PRESENTAZIONE PRESENTAZIONE ............................................................................................................................................................................................................................ 4444

    Cap. 2 Cap. 2 Cap. 2 Cap. 2 ---- PROGRAMMAPROGRAMMAPROGRAMMAPROGRAMMA........................................................................................................................................................................................................................................................ 9999

    Cap. 3Cap. 3Cap. 3Cap. 3 ---- ABSTRACTS ABSTRACTS ABSTRACTS ABSTRACTS ................................................................................................................................................................................................................................................................ 11111111

    CaCaCaCap. 4 p. 4 p. 4 p. 4 RELAZIONI RELAZIONI RELAZIONI RELAZIONI ................................................................................................................................................................................................................................................................ 19191919

    Divorzio: palestra della resilienza ................................................................................... 19 La resilienza nell'et adulta e nella comunit in seguito a eventi potenzialmente traumatici. ..................................................................................................................... 26 La resilienza quale fattore motivazionale: evidenze dal mondo dello sport .................... 49 Davanti alla morte: vulnerabilit vs resilienza Teoria e interventi clinici di Psicoterapia Integrata ........................................................................................................................ 61 Il trauma e la capacit di resilienza ................................................................................ 77 Pensare costruttivo con la Resilienza ............................................................................. 87 Vulnerabilit vs resilienza in et evolutiva: .................................................................. 103

    Cap. 4 Cap. 4 Cap. 4 Cap. 4 RINGRAZIAMENTI RINGRAZIAMENTI RINGRAZIAMENTI RINGRAZIAMENTI ........................................................................................................................................................................................................ 141141141141

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    Gli studi sulla Resilienza hanno una lunga storia che inizia nella met del 20 secolo, con ricerche in vari ambiti, diverse popolazioni e patologie. A tuttoggi, in ambito internazionale, la Resilienza al centro di interesse scientifico e clinico ed considerata una caratteristica ordinaria, presente negli esseri umani, nelle famiglie e nelle comunit. Osserviamo comunemente comportamenti resilienti nelle famiglie per superare conflitti, favorire relazioni affettive positive e raggiungere obiettivi condivisi; nelle comunit per sviluppare risorse in modo da promuovere una convivenza pacifica e collaborativa; nellindividuo per migliorare la propria salute mentale ed emozionale e per risolvere situazioni difficili nella vita quotidiana, tutti con lobiettivo di raggiungere un certo grado di benessere. Questo non significa che una persona non sperimenti difficolt, emozioni di dolore e tristezza di fronte a situazioni traumatiche e drammatiche o che una famiglia o una comunit non si trovino a fronteggiare emergenze per lutti, avversit e catastrofi, ma che trovino risorse personali ed ambientali per fronteggiare al meglio le situazioni. La resilienza un fenomeno ed un processo che riflettono un relativo adattamento positivo nonostante esperienze di avversit, traumi, tragedie, pericoli o fonti significative di stress, come problemi familiari e relazionali, seri problemi di salute, o stressor dovuti al lavoro ed a problemi finanziari.

    Le definizioni proposte dagli studiosi sono molteplici in quanto si riferiscono a differenti presupposti teorici e sono diversificate in relazione alle aree indagate ed agli obiettivi. Dalle ricerche emerge che la Resilienza implica caratteristiche fenomenologiche, processuali, esperienze e risposte pi o meno adattive che non sono unacquisizione permanente ma sono variabili nello stesso individuo, nella famiglia, nella

    Cap. 1 Cap. 1 Cap. 1 Cap. 1 ---- PRESENTAZIONE PRESENTAZIONE PRESENTAZIONE PRESENTAZIONE

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    comunit in quanto nuove vulnerabilit e risorse emergono con cambiamenti delle circostanze di vita. Infine, bisogna aggiungere che la Resilienza risente dei molteplici contesti, realt e culture dove le persone svolgono la loro vita.

    La Resilienza non viene considerata, quindi, come un tratto stabile che le persone hanno o non hanno. Nel costrutto di resilienza sono presenti comportamenti, pensieri, emozioni, valutazioni, interessi ed atteggiamenti che possono essere appresi e sviluppati da ciascuno. Nello studiare questo argomento ed ai fini di pianificare interventi efficaci, va tenuto presente che ciascun essere umano d un suo significato al comportamento resiliente in base ai suoi interessi e valutazioni insieme ai valori e principi veicolati dalla cultura e dal gruppo di riferimento.

    Generalmente il costrutto di Resilienza definito come un processo dinamico di adattarsi con successo a situazioni di vita stressanti nonostante esperienze di avversit e traumi significativi, approccio basato specialmente sulle risorse o punti di forza di un individuo, sullabilit di auto-riparazione e di sopravvivenza.

    Il Prof. M. Ungar, della Dalhousie University (Canada), propone, in accordo ad un approccio costruttivista post-moderno, di considerare la Resilienza sotto due aspetti 1) - la capacit dellindividuo di navigare per lacquisizione di risorse benefiche per la sua salute ed una condizione della famiglia, della comunit e della cultura di fornire tali risorse nei modi culturalmente significativi; 2) - la negoziazione di risorse che sostengono e promuovono la salute, in un contesto socio-culturale. Per cui la resilienza un concetto allargato e complesso che include lindividuo, coi suoi significati, insieme a fattori comunitari e culturali.

    Comprendere come e perch alcuni bambini sviluppano disordini o comportamenti non adattivi, mentre altri bambini, nonostante valutati potenzialmente vulnerabili ed in situazioni avverse, si sviluppano normalmente, richiede lidentificazione sia di quei fattori di rischio e protezione che potrebbero minare o promuovere un positivo

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    adattamento, sia delle convinzioni, delle euristiche e dei significati che ciascuno attribuisce a s ed agli obiettivi che intende perseguire per il proprio benessere.

    Limportanza del tema a fini di interventi nellambito evolutivo e preventivo, con obiettivi di sviluppo e promozione della salute ed il benessere psico-sociale, ci ha motivato ad organizzare un primo convegno dedicato alla Resilienza, come evento introduttivo al quale intendiamo far seguire incontri di approfondimento specifici.

    Il programma ha visto lintervento si diversi esperti del settore che hanno dato il loro contributo specifico per illustrare i diversi ambiti di applicazione di un costrutto fondante il benessere dellindividuo tale il costrutto della resilienza.

    Il convegno ha avuto luogo il giorno 08 Aprile 2010 presso lUniversit Pontificia Salesiana in Piazza dellAteneo Salesiano, 1 a Roma.

    Responsabile del Convegno:

    Dott.ssa Gabriella Giordanella Perilli.

    Membri del Comitato Scientifico:

    Prof. Carlo Nanni (Magnifico Rettore Universit Pontificia Salesiana)

    Dott.ssa Luisa Lopez

    Dott.ssa Gabriella Giordanella

    Prof. Santo Rullo

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    Sono intervenuti i seguenti relatori (in ordine alfabetico):

    Dott. Roberto Cicinelli

    Dott.ssa Gabriella Giordanella

    Dott.ssa Susanna Loriga

    Prof. Clemente Polacek

    Prof. Gabriele Prati

    Dott. Santo Rullo

    Dott. Pietro Trabucchi

    Il convegno stato organizzato da:

    Associazione Musilva

    Scuola di Psicoterapia Integrata e Musicoterapia

    (http://www.musilva-spim.it)

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    Con il patrocinio de:

    Ordine degli Psicologi del Lazio

    Comune di Roma Assessorato alle Politiche Culturali e della Comunicazione

    Provincia di Roma

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    Cap. 2 Cap. 2 Cap. 2 Cap. 2 ---- PROGRAMMAPROGRAMMAPROGRAMMAPROGRAMMA

    Mattina

    9:30 Prof. C. NANNI Apertura Lavori

    Chairman: Prof. C. NANNI

    10:00 Prof. C. POLACEK

    Divorzio: palestra della resilienza

    10:45 Dott. G. PRATI La resilienza nell'et adulta e nella comunit in seguito a eventi potenzialmente traumatici

    11:30 coffee break Chairman: Dott.ssa L. LOPEZ

    12:00 Dott. P. TRABUCCHI

    La resilienza quale fattore motivazionale: evidenze dal mondo dello sport

    12:45 Dott.ssa. G. GIORDANELLA Davanti alla morte: vulnerabilit vs resilienza. Teoria e interventi clinici di Psicoterapia Integrata

    13:30 pausa pranzo

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    Pomeriggio

    Chairman: Dott.ssa. G. GIORDANELLA

    14:30 Dott.ssa S. LORIGA

    Educazione socio affettiva e resilienza

    15:15 Dott. R. CICINELLI Pensare costruttivo con la Resilienza

    16:00 coffee break

    Chairman: Dott.ssa L. LOPEZ

    16:30 Dott. S. RULLO

    Vulnerabilit vs resilienza in et evolutiva: il ruolo dellambiente, della cultura e delle sostanze di abuso nellesordio dei disturbi psicotici

    17:15 - 18:30 Tavola Rotonda

    18:30 Discussione e conclusione

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    Cap. 3 Cap. 3 Cap. 3 Cap. 3 ---- ABSTRACTS ABSTRACTS ABSTRACTS ABSTRACTS1111

    Divorzio: palestra della resilienza

    Prof. Clemente Polacek

    Nel contributo viene definito il concetto di resilienza e poi vengono descritti tre modi con cui tre categorie di soggetti hanno gestito la nuova situazione creatasi dopo il divorzio dei loro genitori di cui una adottando la resilienza e le altre due il coping meno adatto.

    Il costrutto di "resilienza psicologica" presenta delle importanti innovazioni teorico-operative rispetto ai vecchi modelli di "robustezza psicologica", tipiche degli anni '70-'80 (come, ad esempio, il classico costrutto di Hardiness proposto da Kobasa).

    La resilienza non implica solo la capacit di "reggere frontalmente" ad impatti emotivi critici, ma soprattutto la possibilit di adattarvisi flessibilmente, ripristinando nuove forme adattative di equilibrio personale e psicosociale nel post-evento. Un costrutto complesso, quindi, che pu essere applicato sia in ambito individuale che psicosociale.

    1 Tutto i l materiale presentato stato dato in gentile concessione alla Scuola di Psicoterapia Integrata e Musicoterapia e resta espressamente propriet degl i autori . Ogni riproduzione necessi ta di dichiararne la fonte.

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    La resilienza nellet adulta e nella comunit in

    seguito a eventi potenzialmente traumatici

    Dott. Gabriele Prati

    La ricerca sulla resilienza si tradizionalmente focalizzata sullinfanzia e sulladolescenza. Negli ultimi anni, tuttavia, questarea di studi stata estesa allet adulta con particolare riferimento ad eventi critici (es. lutto o trauma). La finalit di questo intervento quella di delineare lo stato dellarte in due concetti di resilienza: resilienza nellet adulta e resilienza di comunit. Questo intervento assume come prospettiva teorica la teoria di Hobfoll sulla conservazione delle risorse. Dagli studi sulla resilienza nellet adulta emergono tre punti: la resilienza diversa dal recupero, gli esiti di resilienza sono comuni e vi sono molteplici risorse (sia personali che ambientali) che li possono favorire. Le risorse personali riscontrate sono credenze centrate sullaccettazione e su un mondo giusto, hardiness, self-enhancement, regolazione emotiva (prima dellevento), variabili di appraisal, autoefficacia legata al coping, emozioni positive e strategie di coping attive e orientate allinibizione delle emotive negative (durante e dopo levento). Fra le risorse ambientali troviamo il sostegno sociale, soprattutto quello percepito, risorse materiali, senso di appartenenza e riconoscimento sociale.

    Nella resilienza di comunit vi sono elementi che si collocano sul piano dei fattori di rischio, di protezione e di esito. Fra i fattori di rischio la letteratura ha indagato disastri, criminalit e violenza, fattori socio-culturali, fattori politici,

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    economici e geografici. I fattori di protezione a livello di comunit risultano essere: fattori sociali, fattori culturali, fattori economici e politici. Fra gli esiti di resilienza applicati alla comunit in letteratura sono stati utilizzati indicatori economici, politici ed epidemiologici.

    La resilienza quale fattore motivazionale:

    evidenze dal mondo dello sport

    Dott. Pietro Trabucchi

    Uno degli aspetti pi interessanti della resilienza sta nella sua caratteristica di generare motivazione e nel favorire la persistenza motivazionale. Questo aspetto della resilienza trova una delle sue massime espressioni nel mondo dello sport delite. Non solo perch la resilienza uno dei fattori fondamentali di successo nelle carriere sportive. Ma anche perch, negli ultimi anni, per una serie di fenomeni legati sia alle trasformazioni sociali e culturali, sia alle innovazioni nelle metodiche di allenamento, let della massima prestazione si alzata; inoltre le carriere degli atleti ai massimi livelli sono diventate pi lunghe. Questo ha richiesto di investire e lavorare ulteriormente sulle capacit motivazionali degli atleti.

    Nella relazione vengono brevemente analizzate alcune esperienze di costruzione della resilienza e delle risorse motivazionali nello sport delite; e vengono prospettate le possibilit di generalizzare queste esperienze deccellenza ad altri contesti, come quello educativo o al mondo delle organizzazioni e del lavoro.

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    Davanti alla morte: vulnerabilit vs resilienza.

    Teoria e interventi clinici di Psicoterapia Integrata

    (Guided Imagery and Music BMGIM e Rational

    Emotive Behavioural Therapy REBT)

    Dott.ssa Gabriella Giordanella

    Gli esseri umani vivono, generalmente, una morte tragica, improvvisa, prematura, in modo traumatico, cos come nel confronto con la propria morte e/o malattia incurabile, gli stessi mostrano il loro lato vulnerabile. Questi eventi possono essere vissuti con notevoli differenze da un soggetto ad un altro, da un gruppo ad un altro, per una serie di variabili che possono riguardare livelli di vulnerabilit personali, nonch fattori di rischio e protettivi presenti nel contesto socio-culturale.

    In accordo col concetto di resilienza, lesperienza traumatica pu portare, in alcuni casi, ad una crescita e ad un cambiamento, con lacquisizione di una diversa consapevolezza di s ed una diversa attribuzione di significato alla propria esperienza. Ci che pi interessante e rilevante per lorganizzazione di interventi terapeutici, sembra che latteggiamento di resilienza possa essere appreso.

    Linsieme di conoscenze attualmente disponibili sullessere umano, suggeriscono, nella pratica terapeutica, lutilizzo di interventi multidimensionali come la Guided Imagery and Music di H. Bonny integrata con la REBT per promuovere atteggiamenti resilienti in presenza di caratteristiche di vulnerabilit.

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    Studi interdisciplinari ed esempi clinici illustreranno come lintervento proposto sia efficace nel favorire lo sviluppo di caratteristiche di resilienza.

    Il metodo presenta particolarit specifiche rappresentate dalla musica, stimolo sensoriale ad alta valenza emozionale, percepita in uno stato modificato di coscienza e la condivisione verbale con il terapeuta, durante lo svolgimento dellesperienza. Queste caratteristiche comportano: 1) lattivazione di unampia rete di regioni cerebrali associate allattenzione, ai processi semantici, alla memoria, a funzioni motorie e processi emotivi; 2) la mappatura cognitiva di schemi immaginativo-metaforici tra aree cerebrali e livelli diversi di coscienza; 3) limmaginario come attivo coinvolgimento del soggetto che permette allorganismo di simulare internamente eventi importanti/traumatici affinch possano essere rivisitati e modificati mediante la scoperta di risorse e lelaborazione di abilit di coping; 4) la riflessione conclusiva in modo da integrare il vissuto esperienziale nella vita quotidiana; 5) effetti positivi sulla salute psicofisica e sul benessere soggettivo.

    Educazione socio-affettiva e resilienza

    Dott.ssa Susanna Loriga

    Resilienza, deriva dal latino resalio, iterativo di salio, che significa saltare, danzare.

    La letteratura scientifica internazionale suddivide la resilienza in: resilienza strutturale e resilienza congiunturale.

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    Serge Tisseron, psichiatra, ne Resilience ou la lutte pour la vie agosto 2003, utilizza la metafora dellostrica per spiegare la resilienza. Lostrica reagisce allentrata di impurit producendo la perla. La resilienza rappresenta una ricchezza interiore.

    La resilienza non scaturisce ipso facto dal trauma se, chi ha subito il vulnus, non riconosce il danno subito uscendo dallo stato di obnubilamento che ne impedisce unelaborazione.

    Educare alla resilienza significa anche: educare allautoconsapevolezza e allempatia attraverso i percorsi di educazione socio-affettiva allinterno delle scuole. Ergo, sviluppare lintelligenza emotiva (Goleman), come capacit indispensabile per instaurare relazioni produttive e per elaborare i lutti nel proprio percorso di vita.

    Pensare costruttivo con la Resilienza

    Dott. Roberto Cicinelli

    La resilienza pu essere definita come la capacit di affrontare e superare le avversit. E, di fatto, concepita come un processo attivo non solo di resistenza ma di auto riparazione e di crescita in risposta alle crisi ed alle difficolt della vita che fonda la sua essenza sulle risorse e le potenzialit dellindividuo.

    La riconosciuta capacit di superare le difficolt mette in discussione lidea, molto diffusa nella nostra cultura, secondo la quale non pensabile che un trauma grave o precoce possa

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    risolversi, o che le esperienze negative non condizionino costantemente la nostra vita.

    Contro questo pessimismo deterministico, proponiamo la centralit della persona e ci focalizziamo sulla responsabilit da parte dellindividuo nel costruire la propria vita.

    Il modo in cui lindividuo valuta i problemi e le opportunit determina la differenza tra la capacit di affrontare e padroneggiare le difficolt ed il precipitare nella disorganizzazione funzionale e nello sconforto. Ne consegue che le credenze facilitanti ammettono le possibili alternative utili per la risoluzione dei problemi, per la guarigione e la crescita, laddove le credenze limitative perpetuano i problemi e riducono le possibili soluzioni.

    Vulnerabilit vs resilienza in et evolutiva: il

    ruolo dellambiente, della cultura e delle sostanze di

    abuso nellesordio dei disturbi psicotici

    Dr. S. Rullo

    Nelleziopatogenesi dei disturbi psicotici ha acquisito grande importanza la vulnerabilit individuale pre-morbosa, con essa individuando quegli elementi eredo-familiari e quelle varianti genetiche legate ad una riduzione dell'attivit della dopamina nella corteccia prefrontale per il coinvolgimento del gene COMT, che codifica per un enzima che modifica la dopamina prodotta nelle sinapsi.

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    La complessit del disturbo e la particolare delicatezza dei processi di maturazione neuronale e psicologico-relazionale dellet evolutiva, et di insorgenza dei disturbi schizofrenici, chiama in causa altre variabili legate allinterfaccia individuo-ambiente che verranno descritte in questo lavoro con particolare riferimento al rapporto vulnerabilit-resilienza.

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    Divorzio: palestra della resilienza

    Prof. Clemente Polacek

    (Docente emerito della facolt di Scienze dell'Educazione dellUniversit Pontificia Salesiana di Roma; Psicologo)

    1. Concetto

    La resilienza un costrutto nuovo adottato in psicologia solo recentemente e preso, per analogia, dalla fisica. Infatti, nel dizionario della lingua italiana il termine resilienza (dal latino resalio = saltare indietro, rimbalzare) viene utilizzato in fisica ed indica la capacit di un metallo di resistere ad urti improvvisi senza spaccarsi e, se piegato come una barra di acciaio, di riprendere la sua posizione o forma di prima di essere piegato.

    Vettorato (2008) fornisce il significato della resilienza nelle scienze psico-sociali e educative riportando che essa la capacit di un soggetto di fare appello alle proprie risorse interiori per reagire ad una situazione avversa e per sviluppare una personalit positiva nonostante le previsioni sfavorevoli. Alcuni vivono in situazioni di alto rischio senza essere piegati da esse. Vettorato riporta alcune disposizioni del soggetto resiliente che consistono nelle seguenti capacit:

    a) esaminare con sincerit se stesso;

    2 Per alcuni non verranno presentate del le relazioni scri t te ma verranno presentate le s lide usate per i l convegno.

    CaCaCaCap. 4 p. 4 p. 4 p. 4 RELAZIONI RELAZIONI RELAZIONI RELAZIONI 2222

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    b) mantenersi a una certa distanza emozionale dai problemi senza per isolarsi;

    c) affrontare i problemi, capirli e controllarli;

    d) proporsi obiettivi per superare situazioni di rischio;

    e) relativizzare gli avvenimenti negativi;

    Queste capacit si formano in tenera et per mezzo dei buoni rapporti iniziali con la madre (attaccamento sicuro opposto a quello insicuro) che poi fondano la base per la sicurezza interna e per lautostima del figlio.

    2. Dati di una ricerca

    Con i dati di una recente ricerca intendo illustrare come una situazione che si creata nella famiglia pu essere gestita in tre differenti modi, il primo dei quali quello della resilienza mentre i rimanenti due sono della rassegnazione. La ricerca stata condotta da Eldar-Avidan, Haj-Yahia e Greenbaum (2009) nello Stato di Israele. Allo studio hanno partecipato 22 giovani israeliani di et tra i 20-25 anni, i cui genitori hanno divorziato durante la loro infanzia o adolescenza, tra il 2 e il 18 anno della loro vita. Dei 22 soggetti 16 erano donne e 6 erano uomini, tutti celibi e tutti hanno completato l'obbligo scolastico. Dopo il divorzio la maggior parte (20) stata affidata alla madre.

    Con unapprofondita intervista semi-strutturata sono stati ottenuti dei dati su come hanno vissuto il divorzio. Le domande sono state poste in modo diretto e ai soggetti stata data grande possibilit di rispondere liberamente. I dati raccolti sono stati poi esaminati dagli esperti con metodi adatti al tipo di intervista scelta e sono stati raccolti anche dati demografici.

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    Dall'analisi delle risposte dei 22 soggetti sono emersi tre distinti profili con tre categorie di soggetti: i resilienti, i sopravvissuti e i vulnerabili. Cerchiamo di descriverli e poi trarre qualche conclusione.

    2.1. I resilienti

    I resilienti hanno considerato il divorzio come la transizione che offriva l'occasione al potenziamento della loro crescita e all'acquisizione di una nuova identit. Pur non minimizzando il peso della lacerante esperienza, pensavano che si presentavano loro nuove possibilit per la vita. Dei ventidue nove risultarono tali.

    I resilienti valorizzavano molto i rapporti familiari e si rendevano conto dei vantaggi che la famiglia, bench in una nuova struttura, offrisse loro. Essi ricevevano notevole aiuto dal genitore affidatario, quasi sempre la madre, e la percepivano come persona capace di gestire i suoi doveri verso il figlio nonostante la sua difficile situazione. Il genitore al quale il figlio era stato affidato risultava fondamentale nella nuova situazione. Una giovane donna si espressa cos: Mia madre stata un muro difensivo che ci avvolgeva. Dal colloquio emerso anche che quasi tutti i resilienti avevano buoni contatti con il padre che partecipava regolarmente alla loro vita. La famiglia, nonostante il grande cambiamento, continuava ad essere l'ancora di salvezza e di aiuto nella nuova situazione.

    Per qualcuno il divorzio stato un'occasione di crescita e di maturazione anticipata secondo la testimonianza di una giovane donna: Sono cresciuta pi rapidamente e maturata prima dei miei amici.

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    2.2. I sopravvissuti

    I sopravvissuti sono stati coloro che hanno interpretato il divorzio come un fatto complesso che richiedeva un adeguato adattamento.

    Il loro atteggiamento verso la nuova situazione della famiglia era ambivalente. Da un lato si sentivano di poter fronteggiare la nuova situazione ma dallaltro avevano dubbi di riuscirvi. Lambiguit della nuova situazione stava anche nel fatto che la consideravano guadagno e perdita nello stesso tempo. Dei ventidue otto appartenevano a questa categoria.

    I sopravvissuti si mostravano verso il genitore affidatario benevoli ma non lo consideravano all'altezza della nuova situazione. Per loro il divorzio risultava un'esperienza dolorosa che ha segnato la loro infanzia o adolescenza.

    Durante lo sviluppo fronteggiavano con difficolt i loro compiti per formarsi la propria identit e nella giovane et sono stati restii a intraprendere un rapporto affettivo con una persona. Molti di loro hanno disapprovato il divorzio dicendo che un bambino ha bisogno di una famiglia mentre gli altri capivano che i loro genitori non avrebbero potuto mai essere una coppia affiatata e prevedevano che anche una nuova convivenza del genitore non sarebbe stata stabile.

    I sopravvissuti erano convinti che il genitore a cui erano stati affidati non offrisse loro sufficiente sostegno e ricorrevano perci ad altre persone per essere aiutati, principalmente ai nonni.

    In quanto alla relazione stabile da adulti venivano assillati da dubbi. Si distanziavano anche dai matrimoni riusciti dei loro conoscenti in quanto hanno perso la fiducia di poter contrarre un matrimonio stabile.

    Questa categoria stata segnata soprattutto dallo scarso aiuto avuto dal genitore affidatario e dall'assenza (sembra totale) dell'altro genitore (il padre).

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    2.3. I vulnerabili

    I vulnerabili hanno vissuto il divorzio come un evento molto doloroso che ha segnato la loro vita fino a quella et. Dei ventidue cinque risultavano tali.

    La loro vulnerabilit consisteva nella perdita della relazione con entrambi i genitori. Quando i vulnerabili hanno raggiunto l'et matura, la percezione della loro infanzia non migliorata e sono stati ancora accompagnati dal dolore e dalla ribellione. Ecco il giudizio di una giovane donna: Mia madre come madre ha fallito totalmente mi sembra di sprofondare nel mare. I padri hanno deluso i figli durante l'infanzia e tale delusione si protratta fino alla loro et adulta. Un certo aiuto veniva reciprocamene dai fratelli e dalle sorelle. Del matrimonio dei genitori, superfluo persino a dirsi, avevano una totale disistima.

    I vulnerabili godevano, se cos si pu dire, di una notevole indipendenza, ma la consideravano pi come una mancanza di sostegno da parte dei genitori che un vantaggio e la intendevano come una possibilit di non dover avere dei contatti con i genitori come ha espresso un soggetto: Il divorzio ha creato attorno a me un deserto. Nell'et adulta i vulnerabili non possedevano un modello di matrimonio e il concetto di intimit non andava oltre i clich offerti dai mass media. Tutti, tranne uno, non avevano un legame affettivo e nutrivano la convinzione pessimista della vita senza per manifestarla apertamente.

    Le tre categorie di soggetti hanno avuto la seguente caratteristica in comune: la capacit o la incapacit dei genitori di agire in modo responsabile verso i figli per sostenerli durante la loro crescita.

    3. Sintesi

    Il divorzio causa della crisi e l'occasione non desiderata della transizione che porta allo stress e richiede un adattamento. La

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    transizione tocca l'intero sistema della famiglia e richiede la sua riorganizzazione. Essa porta ai rischi che senza il divorzio i membri non avrebbero corso. Dall'altra parte il dopo divorzio richiede la capacit del soggetto di fronteggiare la nuova situazione che pu mobilitare le sue forze offrendogli la possibilit di mettere in atto la sua resilienza.

    La resilienza, pur essendo una capacit personale deve essere sostenuta anche con laiuto esterno. Generalmente vengono distinti due tipi di fattori: interni ed esterni.

    I fattori interni sono di natura razionale; la capacit di capire la situazione e la coscienza delle proprie risorse di natura valoriale: un concetto positivo di se stesso con la conseguente stima; il desiderio di crescita e di considerare la nuova situazione come una opportunit di dimostrare a se stessi la capacit di gestire la situazione stressante.

    I fattori esterni si riferiscono alla famiglia con la sua struttura che rimasta ancora salda dopo il divorzio: la coesione, i validi legami, la capacit di gestire i conflitti degli ex-coniugi, la capacit di comunicare reciprocamente, le risorse economiche, sociali e culturali.

    Nelle ricerche del passato venivano esaminate le conseguenze del divorzio sui figli considerandoli vittime, ora conviene vederlo anche in una prospettiva ricostruttiva, mobilitando le risorse interne ed esterne del soggetto e di tutto quello che ancora rimasto della famiglia di una volta.

    ___________________

    Riferimenti bibliografici

    Eldar-Avidan D., M.M. Haj-Zahia e C.W. Greenbaum (2009), Divorce is a part of my lifeResilience, survival, and vulnerability: Young adults perception of the

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    implications of parental divorce, in Journal of Marital and Family Therapy, Vol. 35, No. 1, 30-46.

    Vettorato G. (2008), Resilienza, in Prellezo J.M., G. Malizia e C. Nanni (a cura), Dizionario di scienze delleducazione, Roma, LAS, p. 496.

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    La resilienza nell'et adulta e nella comunit in seguito

    a eventi potenzialmente traumatici.

    Dott. Gabriele Prati

    (Professore a contratto presso il Dipartimento di Scienze dellEducazione dellUniversit di Bologna, PhD, Psicologo.)

    1. Introduzione

    Nelle scienze umane e sociali il concetto di resilienza ha una storia piuttosto recente data la dominanza del modello patocentrico, che assumeva lequazione rischio-disadattamento. Tuttavia a partire dagli anni Settanta alcuni studi longitudinali pionieristici compiuti da psichiatri e psicologi dello sviluppo come Garmezy, Anthony, Murphy, Rutter e Werner diedero avvio allo studio della resilienza che rappresenta attualmente unarea di studio ben consolidata pur tenendo conto delle sue problematiche a livello teorico ed empirico (per una rassegna critica del concetto si veda Caso, De Leo, De Gregorio, 2002).

    La resilienza unarea di studio che tradizionalmente ha avuto come focus linfanzia e ladolescenza. Negli ultimi anni, per, il campo di studio si esteso lungo larco di vita includendo let adulta e senile (Bonanno, 2004). Il concetto di resilienza nellet adulta, per, non ha avuto lo stesso seguito in termini di interesse scientifico, nonostante risulti che la maggior parte degli adulti affrontano, almeno una volta nella vita, un evento potenzialmente traumatico come il trovarsi in circostanze pericolose o il perdere, in maniera drammatica, una persona cara (Bonanno, 2005a).

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    Fino ad una decina di anni fa, il focus principale nellarea degli eventi critici consisteva nella misurazione degli aspetti patologici delle reazioni a questi eventi, anche se dai dati era gi chiaro che almeno la met delle persone esposte a questi eventi non sviluppava nessun tipo di disturbo. Questi risultati venivano interpretati spesso in vari modi: come un adattamento superficiale oppure il risultato di un forte diniego o, al contrario, di una forza interiore eccezionale (ibid.). Lo scarso fondamento empirico di queste interpretazioni sar evidenziato in questa relazione, la quale si centrer sullesposizione dei principali risultati emersi nello studio della resilienza nellet adulta, limitando il campo dei fattori di rischio ad eventi potenzialmente traumatici.

    2. Reazioni tipiche ad eventi potenzialmente traumatici

    Fra le reazioni ad eventi potenzialmente traumatici Bonanno (2004; 2005a) distingue tra recupero (recovery) e resilienza. Da una parte il recupero denota la traiettoria evolutiva caratterizzata da un primo periodo (di solito almeno alcuni mesi fino ad uno o due anni) di sintomatologia sottosoglia, da problemi interpersonali e da difficolt nello svolgere i compiti quotidiani, seguito da un graduale recupero al livello di funzionamento pre-evento. Dallaltra la resilienza indica la capacit di mantenere un certo equilibrio nel funzionamento al di l di possibili cadute momentanee. Naturalmente il ritorno al funzionamento precedente al fattore di rischio non deve essere preso alla lettera. Adottando una prospettiva sistemica, infatti, persone, famiglie e comunit sono sistemi in continuo cambiamento e, pertanto, non possibile un ritorno ad uno stato precedente in senso stretto.

    Queste due traiettorie rappresentano assieme al decorso cronico ed allimpatto ritardato le reazioni pi comuni a traumi o lutti (FIG. 1). Da una parte abbiamo un decorso cronico che colpisce il 10-30% delle persone e si caratterizza per importanti problematiche nel funzionamento. Questo esito si differenzia da un impatto ritardato che colpisce il 5-10% delle

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    persone poich i disturbi nel funzionamento, bench presenti inizialmente, si aggravano nel tempo. La traiettoria del recupero (recovery), che riguarda il 15-35% delle persone, si differenzia dalla resilienza per la presenza iniziale di significative problematiche nel funzionamento che vengono poi gradualmente recuperate. La resilienza , invece, lesito pi comune in quanto riguarda il 35-55% delle persone e si caratterizza per un sostanziale mantenimento del funzionamento nonostante possibili ripercussioni passeggere subito dopo levento critico.

    A sostegno della validit di queste assunzioni vi sono alcune ricerche longitudinali.

    Lesito di resilienza risulta essere collegato ad indici di migliore funzionamento prima dellevento critico, in questo caso la morte di una persona cara, rispetto ad altri esiti caratterizzati da problematiche relative al lutto (Bonanno, Moskowitz, Papa, Folkman, 2005; Bonanno et al., 2002). Inoltre le differenze fra le diverse traiettorie, resilienza, recupero, impatto ritardato e decorso cronico, sono stati valutati in maniera longitudinale tramite diverse metodologie (self-report, interviste cliniche semistrutturate e giudizi da parte di amici o parenti dei soggetti) le quali hanno fornito risultati simili (Bonanno, Rennicke, Dekel, 2005; Bonanno, Moskowitz, Papa, Folkman, 2005).

    Un altro problema relativo alla validit del concetto di resilienza riguarda la possibilit di confonderlo con un adattamento superficiale che si risolve in una compromissione del funzionamento nel lungo termine. Tuttavia questo esito caratterizzato da un funzionamento pi disturbato nel periodo immediatamente successivo allevento critico rispetto a chi si trova in un percorso di resilienza (Bonanno, Rennicke, Dekel, 2005). Nella figura 1 lemergere di problematiche nel lungo termine corrisponde ad un esito di impatto ritardato, differente come punto di partenza dalla resilienza.

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    Un altro tipo di reazione ad eventi critici quello relativo alla crescita post-traumatica (Prati, Pietrantoni, in corso di stampa; Tedeschi, Calhoun, 2004) che non verr trattato in questa rassegna.

    Figura 1

    Primo perch, in accordo con Carver (1998), resilienza e crescita post-traumatica sono due costrutti diversi in quanto questultimo fa riferimento allacquisizione di benefici di tipo psicologico nella lotta contro levento negativo mentre la resilienza denota un ritorno omeostatico ad una condizione precedente. Anche se Bonanno (2004) ritiene che la resilienza implichi anche le potenzialit di esperienze trasformative ed emozioni positive, questo aspetto periferico rispetto al tradizionale concetto di funzionamento integro in seguito ad

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    avversit e raramente se ne tiene conto nelle sue operazionalizzazioni. Inoltre, cosa pi importante, la ricerca sulla crescita post-traumatica ha evidenziato la contemporanea presenza di problematiche nel funzionamento ed esperienze di cambiamento in positivo (Tedeschi, Calhoun, 2004). Pertanto esperienze di crescita post-traumatica non presuppongono necessariamente un buon adattamento. Infatti, come sostiene lo stesso Bonanno (2005b), la crescita post-traumatica riguarderebbe maggiormente le persone caratterizzate da una traiettoria di recupero piuttosto che di resilienza.

    Dopo aver esposto le differenze tra le diverse possibili traiettorie, si tratteranno gli altri due punti fondamentali espressi da Bonanno (2004; 2005a) che riassumono un decennio di ricerche longitudinali effettuate con persone che hanno subito un lutto o un evento potenzialmente traumatico. Il primo punto ha a che fare con lalta prevalenza di esiti di resilienza ed il secondo con la molteplicit di risorse che conducono a questi esiti.

    3. Gli esiti di resilienza sono comuni

    Salzer e Bickmann (1999) e Vzquez (2005) parlano di mito per indicare leccessiva enfasi data alle reazioni di distress mostrate da persone esposte ad eventi traumatici. I diversi studi longitudinali riportati da Salzer e Bickmann (1999) dimostrano che la maggior parte delle persone esposte ad un disastro presenta un rapido recupero del funzionamento in quanto spesso si riscontra una relazione negativa fra tempo passato dal disastro e distress. I dati indicano che il disagio normalmente esperito in situazioni cos drammatiche tende a ritornare ai livelli pre-evento nel giro di uno o al massimo due anni.

    Parlando di eventi specifici, ad esempio, alcune ricerche hanno rilevato uninaspettata resilienza fra i vigili del fuoco e fra gli operatori coinvolti nel recupero dei cadaveri nellattentato terroristico di Oklahoma City del 1995 costato la vita a 168 persone (North et al.,

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    2002; Tucker et al., 2002). Considerando i dati epidemiologici relativi alle popolazioni di New York e di Madrid in seguito agli attentati terroristici Vzquez (2005) conclude che, al di l di problematiche leggere e transitorie, la resilienza la norma.

    Nella sua rassegna sullargomento Bonanno (2004a) rileva che la maggioranza delle persone esposte ad eventi potenzialmente traumatici come disordine pubblico, incidente stradale, attentato terroristico, disastro tecnologico e guerra non sviluppa un disturbo da stress post-traumatico.

    Questi studi sono di grande importanza nello sfatare il mito del trauma come entit fortemente patogena. Tuttavia in queste ricerche la resilienza non era lobiettivo della ricerca ma un esito inaspettato. Alcuni studi che hanno esaminato le reazioni psicologiche in seguito allattentato del 2001 alle Twin Towers si sono proposti specificamente di studiare la resilienza definendola, in modo ristretto, come la presenza di non pi di un sintomo di disturbo da stress post- traumatico.

    Bonanno, Galea, Bucciarelli e Vlahov (2006) hanno indagato la resilienza a sei mesi dallattentato alle Twin Towers in un campione di oltre 2.000 persone rappresentativo della popolazione di New York per diverse variabili sociodemografiche.

    Dai risultati emerge che circa la met delle persone dimostra esiti di resilienza. Fra le persone che hanno subito in prima persona lattentato (ad esempio sono rimasti feriti oppure si trovavano nel World Trade Center al momento ed in pi hanno perso una persona cara), la proporzione di esiti di resilienza si colloca intorno ad un terzo.

    In modo simile Wortman e Silver (1989) sono stati fra i primi a parlare di mito nei riguardi delle reazioni patologiche al lutto. Nel loro lavoro si sostiene che non vi supporto empirico alle assunzioni che un lutto comporti necessariamente reazioni di distress o che lassenza di queste sia riconducibile necessariamente ad una patologia. Bonanno

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    (2004; 2005a) nel prendere in rassegna ricerche longitudinali sul lutto conferma questi assunti.

    Prendendo in considerazione la popolazione generale, dati statunitensi ci dicono che il 50-60% delle persone esposta a stress traumatico almeno una volta nella vita (Ozer, Best, Lipsey, Weiss, 2003) ma la prevalenza lifetime del disturbo da stress post-traumatico si colloca attorno ad un 8% secondo il DSMIV- TR (American Psychiatric Association, 2000).

    Questi dati ci confermano che la resilienza un esito frequente, pi di quanto si possa pensare, ma non dicono il perch, ossia il processo che porta a questo esito.

    4. Molteplicit delle risorse che caratterizzano la resilienza

    La letteratura sulla vulnerabilit e sui fattori di rischio nello sviluppo di patologie a seguito di eventi critici ampia: per esempio recentemente Brewin, Andrews e Valentine (2000) e Ozer, Best, Lipsey e Weiss (2003) hanno condotto due meta-analisi sui fattori di rischio del disturbo da stress post-traumatico.

    Tuttavia queste ricerche poco ci dicono sui fattori di protezione o sui fattori in grado di predire un esito di resilienza.

    In questa parte della rassegna, pertanto, prenderemo in considerazione i diversi fattori psicosociali che promuovono ladattamento in seguito ad eventi critici (per i fattori neurobiologici si veda Southwick, Vythilingam, Charney, 2005). Lesito di resilienza , infatti, il frutto di un processo dai complessi, ed a volte inattesi, aspetti (Bonanno, 2004a; 2005) che interessano molteplici fattori psicosociali qui indicati come risorse.

    La nozione di risorsa molto importante al punto che Hobfoll (1989) ha elaborato la teoria della conservazione delle risorse come modello per concettualizzare lo stress. Secondo questa cornice teorica

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    lo stress la reazione ad un ambiente in cui vi una minaccia alle proprie risorse o una reale perdita di queste oppure, ancora, un mancato incremento nelle risorse a seguito di un investimento di altri tipi di risorse. In questo caso la nozione di risorsa ha una connotazione ampia che include quattro macrocategorie: risorse oggettive (ad esempio possesso di casa, auto ecc.), ruoli sociali (ad esempio occupazione, amicizie, partner ecc.), caratteristiche personali (ad esempio et, sesso, autoefficacia ecc.) e potenzialit (energy), ossia qualit come tempo, denaro e conoscenze.

    Dato che in letteratura si preferisce parlare di risorse personali o ambientali (Benight, Bandura, 2004), i prossimi due paragrafi riguarderanno le risorse personali (prima e dopo levento) e ambientali in grado di promuovere il processo di resilienza.

    5. Risorse personali prima dellevento critico

    In precedenza si evidenziato che una condizione essenziale per poter parlare di resilienza consiste nella presenza di un buono stato di salute prima dellevento critico (Bonanno et al., 2002; Bonanno, Moskowitz, Papa, Folkman, 2005). Oltre a questo tipo di varabile relativa al funzionamento ve ne sono altre legate agli stili cognitivi ed alla regolazione emotiva.

    Un set di credenze orientate a vedere il mondo come fondato sulla giustizia e ad accettare la morte come parte del processo della vita sono variabili importanti nel predire nel tempo lesito di resilienza in seguito alla morte del coniuge (Bonanno et al., 2002).

    Ancora pi importante, per, risulta labilit di riformulare un evento in termini di sfida e di attribuire ad esso un significato positivo nel processo di resilienza (Southwick, Vythilingam, Charney, 2005).

    Tra le caratteristiche di personalit che presuppongono questo tipo di abilit vi sicuramente lhardiness, intesa come la combinazione

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    di tre atteggiamenti fra loro intercorrelati: impegno (cercare un coinvolgimento piuttosto che rinunciare), controllo (battersi per riuscire piuttosto che sentirsi impotente) e senso di sfida (affrontare eventi negativi come unopportunit di apprendimento piuttosto che come una minaccia) (Maddi, 2002). Anche se questo costrutto stato testato efficacemente come buffer allo stress quotidiano (soprattutto lavorativo) vi sono evidenze che ne dimostrano limportanza nei confronti di eventi critici come la prigionia di guerra (Waysman, Schwarzwald, Solomon, 2001), il conflitto nellex Jugoslavia (Jovanovic, Aleksandric, Dunjic, Todorovic, 2004) o laver preso parte a operazioni militari nella guerra del Golfo (Bartone, 1999) e nel Vietnam (King et al., 1998). Dato interessante, leffetto protettivo dellhardiness sul disturbo da stress post-traumatico risulta essere parzialmente mediata da un aumento nel sostegno sociale (ibid.).

    Una variabile collegata allhardiness il self-enhancement, ossia una concezione di s in termini eccessivamente positivi (Bonanno, 2004a). Questo tipo di bias teso al miglioramento della propria immagine risulta essere di grande importanza nel predire longitudinalmente la resilienza di fronte ad eventi critici, come attentati terroristici (Bonanno, Rennicke, Dekel, 2005), guerra civile e lutto di una persona cara (Bonanno, Field, Kovacevic, Kaltman, 2002). Il concetto di self-enhancement strettamente legato a quello di illusioni positive di Taylor e Brown (1988), anche questo molto importante nel processo di adattamento a circostanze avverse come la malattia tumorale. Nello specifico

    Taylor e Brown (ibid.) sostengono che le illusioni positive riguardano una visione di s eccessivamente positiva, un senso di padronanza o controllo esagerato ed un ottimismo irrealistico.

    In aggiunta a queste variabili collocate sul versante pi cognitivo vi sono anche gli aspetti emotivi, rintracciabili in ci che Bonanno (2005) definisce una capacit di adattamento flessibile agli eventi critici. Uno studio sperimentale ha confermato, infatti, che la flessibilit nella regolazione emotiva, operazionalizzata come la capacit di aumentare o

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    diminuire lespressione emotiva in base ad una richiesta, predice un migliore adattamento a due anni di distanza fra studenti di New York nel periodo immediatamente successivo lattentato alle Twin Towers (Bonanno et al., 2004).

    Gli aspetti citati a livello individuale sono importanti anche perch consentono di affrontare gli eventi critici in modo adattivo, grazie allutilizzo di specifiche strategie di coping.

    6. Risorse personali nel processo di resilienza

    Nel paragrafo precedente abbiamo illustrato caratteristiche individuali che sono predittori prossimali di strategie di coping adattive. Per esempio lhardiness si collega ad un maggiore uso di coping trasformativo (transformational), ossia relativo alla trasformazione di crisi in opportunit, ed un minore uso di coping regressivo (regressive), ossia caratterizzato dal diniego e dallevitamento (Maddi, 2002).

    Tuttavia uno dei risultati pi importanti emersi dalle meta-analisi sui predittori del disturbo da stress post-traumatico di Brewin, Andrews e Valentine (2000) e di Ozer, Best, Lipsey e Weiss (2003) riguarda il peso decisamente minore assunto dai fattori precedenti al trauma rispetto ai fattori collegati al processo di adattamento al trauma. Infatti le strategie di coping nei confronti di eventi critici dipendono non tanto dalle caratteristiche individuali quanto dalla complessa interazione tra fattori individuali e contestuali ed hanno luogo nel breve e lungo termine a partire dallevento potenzialmente traumatico.

    Questa interdipendenza fra fattori individuali come le cognizioni e fattori ambientali come il sostegno sociale ben rappresentata dal concetto di percezione di autoefficacia legata al coping (perceived coping self-efficacy) che fa riferimento al ruolo positivo delle convinzioni circa le capacit di poter gestire o esercitare almeno qualche forma di controllo sullevento avverso (Benight, Bandura, 2004). Nella loro rassegna gli autori sottolineano il ruolo chiave della self-efficacy nel fronteggiare un

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    evento traumatico, in quanto la percezione di autoefficacia legata al coping risulta essere un forte mediatore nel processo di adattamento a diversi tipi di traumi: guerra, disastro naturale, attacco terroristico, aggressione e morte del coniuge. Infatti dalle ricerche emerge che una buona percezione di autoefficacia legata al coping consente una valutazione pi favorevole del potenziale pericolo, minori reazioni di stress ad esso ed un pi veloce adattamento. Secondo i ricercatori il ruolo protettivo del sostegno sociale spiegato dallaumento nellautoefficacia legata al coping, anche se sottolineano che una migliore autoefficacia legata al coping pu contribuire alla costituzione di una migliore rete di supporto sociale. Inoltre leffetto di unaltra variabile ambientale, la perdita delle risorse, sul distress tende ad essere soppresso dallautoefficacia legata al coping. Infine lautoefficacia legata al coping importante nel predire un minore uso di strategie di coping orientate allevitamento ed un migliore adattamento al disastro naturale in maniera indipendente da strategie di coping adattive come il coping attivo.

    Il valore adattivo delle strategie di coping attive nei confronti di eventi critici ormai ben consolidato come dimostra la rassegna di Southwick, Vythilingam e Charney (2005). In questo caso il coping attivo si riferisce a due strategie, problem-focused ed approach, che includono la ricerca di supporto sociale, ladozione di uno spirito combattivo, la riformulazione in chiave positiva dello stressor e lintraprendere attivit per risolvere il problema. Tuttavia non tutte le ricerche vanno a supporto delle strategie di coping attive e questo pu essere dovuto alluso delle ricerche correlazionale in base alle quali non si pu stabilire se il coping influisce sul distress o viceversa (Norris et al., 2002).

    North, Spitznagel e Smith (2001) hanno condotto una delle poche ricerche prospettiche sulle strategie di coping in seguito a un omicidio di massa. Le evidenze sottolineano il valore protettivo per la salute mentale di tre tipi di strategie di coping tese a ricercare e procurare aiuti in modo

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    attivo (active outreach), rimanere informati e concentrati sul problema (informed pragmatism), assimilare levento, accettarlo e mantenere la pazienza (reconciliation/acceptance).

    Fra le strategie di coping centrate sulle emozioni e sullevitamento, tradizionalmente associate al disadattamento (Norris et al., 2002; Southwick, Vythilingam, Charney, 2005), Bonanno (2004a) sostiene che il coping orientato allinibizione delle emotive negative (repressive coping) un ingrediente chiave nel processo di resilienza al lutto e allabuso sessuale poich si tratta di eventi isolati che richiedono forme di coping particolari risultate disadattive in altri contesti.

    Tuttavia linibizione intesa da Bonanno non significa un evitamento totale fino alla dissociazione delle proprie emozioni negative. Dopotutto le ricerche hanno documentato effetti negativi per la salute fisica dovuti alla repressione come strategia per affrontare eventi critici come un disastro (Benight et al., 2004). In un articolo successivo Bonanno (2005) precisa che le persone resilienti esprimono emozioni negative quando parlano degli eventi critici ma in misura minore e danno maggiore spazio alle emozioni positive rispetto alle persone non resilienti. In una precedente ricerca, infatti, si dimostrato che lespressione di emozioni negative in unintervista da parte di persone che hanno perso il coniuge predice un lutto complicato, mentre le emozioni positive espresse genuinamente sono in grado di predire un migliore adattamento (Bonanno, Keltner, 1997).

    Le emozioni positive sono facilitate dallo humor, il quale risulta una fra le strategie di coping che caratterizzano i resilienti fra i veterani di guerra o le persone con diagnosi di tumore (Southwick, Vythilingam, Charney, 2005).

    Parlando dellutilit delle emozioni positive Fredrickson (1998) ha messo in campo la broaden and build theory of positive emotions. Questa teoria sostiene che le emozioni positive sono estremamente adattive in caso di stress poich sono in grado di ampliare (broaden) il

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    repertorio cognitivo e comportamentale delle persone, e, grazie a questo ampliamento le persone costruiscono (build) le proprie risorse fisiche (ad esempio salute e longevit), psicologiche (ad esempio resilienza, ottimismo, creativit), intellettuali (ad esempio conoscenze) e sociali (ad esempio amicizie e supporto). A questo proposito Fredrickson, Tugade, Waugh e Larkin (2003) hanno compiuto uno studio longitudinale su studenti universitari statunitensi prima e dopo l11 settembre 2001.

    I risultati mostrano che le emozioni positive provate nel momento dellattacco alle torri fungono pienamente da mediatori fra lego-resiliency, definita come la capacit di modificare in modo flessibile ed elastico i propri livelli di ego-control inteso come modalit di regolazione del mondo interno (Caprara, Steca, De Leo, 2003, p. 8), prima dellattacco ed un migliore adattamento dopo lattacco. Uno studio successivo ha riscontrato che le persone con alta ego-resiliency utilizzano le emozioni positive per migliorare la regolazione degli affetti e per trovare un significato in situazioni stressanti (Tugade, Fredrickson, 2004). Tuttavia Vzquez, Hervas e Perez-Sales (2006), in unindagine condotta subito dopo lattentato di Madrid del 2004, hanno trovato supporto per lassociazione fra emozioni positive e significato positivo allevento ma non fra emozioni positive e minore psicopatologia.

    Le emozioni positive, inoltre, possono essere legate a fattori sociali come sentimenti di solidariet, di coesione e condivisione riscontrati in tragedie collettive (Vzquez, 2005).

    7. Risorse ambientali nel processo di resilienza

    La risorsa ambientale pi citata nel campo della resilienza ad eventi critici senza dubbio il sostegno sociale. Le gi menzionate meta-analisi sui predittori del disturbo da stress post-traumatico (Brewin, Andrews, Valentine, 2000; Ozer, Best, Lipsey, Weiss, 2003) dimostrano senza dubbio il valore protettivo del sostegno sociale nel periodo successivo levento nello sviluppo di questo tipo di disturbo. In

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    particolare leffetto del sostegno sociale sembra essere di tipo cumulativo nel tempo in quanto pi forte negli studi che prendono in considerazione un arco temporale di almeno tre anni dallevento (ibid.). Tuttavia, le ricerche esistenti ci dicono poco su quale tipo di sostegno sociale sia pi indicato nel processo di resilienza. Per esempio in letteratura si riscontrano misure della rete sociale, del sostegno sociale ricevuto, percepito o della soddisfazione ad esso attribuita. Inoltre, non ben chiaro quale sia la funzione principale svolta dal sostegno sociale, per esempio informativa, emotiva o strumentale. Infine,4 le ricerche differiscono anche per la fonte del sostegno sociale, come i pari o la famiglia.

    Anche se si confrontano gli studi che prendono in considerazione lo stesso tipo di sostegno sociale, emergono inconsistenze, come fanno notare Norris et al. (2002) nella loro monumentale rassegna di 160 studi sui disastri. Nel loro lavoro il sostegno sociale stato classificato in tre tipi: rete sociale, sostegno sociale ricevuto e sostegno sociale percepito. La maggior parte degli studi ha riscontrato leffetto protettivo sulla salute del sostegno sociale percepito, seguito dal sostegno sociale ricevuto e, per ultimo, dalle misure di rete. Pertanto si ricavano due ipotesi: a) le rappresentazioni circa la disponibilit di sostegno (sostegno sociale percepito) hanno un maggiore effetto protettivo rispetto alle rappresentazioni circa il sostegno effettivamente ricevuto (sostegno sociale ricevuto); b) queste ultime hanno una maggiore importanza rispetto alle rappresentazioni della rete di relazioni in cui si inseriti (rete sociale).

    Un supporto per la seconda ipotesi arriva da una ricerca importante di King et al. (1998) su 1.632 veterani del Vietnam dalla quale emerge che le misure del sostegno emotivo sono maggiormente protettive nei confronti del disturbo da stress post-traumatico rispetto alle misure della rete sociale e questo vale soprattutto per le donne.

    La conferma per la prima ipotesi arriva dal modello della deterrenza del deterioramento del sostegno sociale (social support

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    deterioration deterrence model) di Norris e Kaniasty (1996) rappresentato nella figura 2. I ricercatori hanno proposto il modello per spiegare limportanza del sostegno sociale nelladattamento al trauma. Nello specifico il modello assume che un trauma, come un disastro naturale, ha un effetto negativo sulla salute in modo diretto solo a breve termine, passato il quale leffetto indiretto, ossia tramite il deterioramento del sostegno sociale percepito. Un evento tragico comporta inevitabilmente un deterioramento del sostegno sociale percepito che pu, o meno, essere bilanciato dal sostegno sociale mobilizzato in seguito allevento (ad esempio aiuti). Ladattamento al trauma deve prendere in considerazione sia il deterioramento del sostegno sociale percepito, sia un maggiore sostegno ricevuto che lo pu compensare e favorire, indirettamente, la salute. Leffetto protettivo del sostegno sociale ricevuto non tanto diretto quanto mediato da un aumentato sostegno sociale percepito, definito come le credenze nella disponibilit di aiuti in caso di bisogno. Pertanto il sostegno sociale ricevuto promuove ladattamento in condizioni avverse grazie ad un aumentato sostegno sociale percepito, che si rivela il fattore centrale nel processo di mediazione.

    Tuttavia, Norris et al. (2002), nel passare in rassegna i numerosi studi, riscontrano molte inconsistenze nelle ricerche sul sostegno sociale percepito fra i diversi campioni considerati, per cui questa ipotesi non va sottoscritta in maniera definitiva.

    In generale, come sottolineano Salzer e Bickmann (1999), il sostegno sociale ha due funzioni, una di moderazione fra evento critico ed adattamento e laltra di promozione della salute indipendentemente dalla presenza di stressor.

    Tuttavia i ricercatori ipotizzano che nelladattamento ad eventi avversi, come un disastro, non solo le risorse sociali ma anche le risorse materiali giochino un ruolo fondamentale per il successivo adattamento. Le ricerche riportate, infatti, dimostrano che la perdita delle risorse il fattore maggiormente correlato al distress psicologico conseguente a disastri. A conclusioni simili giungono anche Norris et al. (2002) che

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    passano in rassegna una decina di studi che supportano leffetto principale della perdita di risorse nel predire ladattamento ai disastri.

    Figura 2

    Da questi studi, di tipo correlazionale, Salzer e Bickmann (1999) ricavano lipotesi che interventi tesi a ristabilire le perdite materiali possano essere fondamentali nel processo di resilienza. Questa ipotesi supportata in maniera indiretta da Norris et al. (2002), secondo i quali i disastri hanno un impatto maggiore per la salute nei paesi in via di sviluppo rispetto ai paesi economicamente sviluppati. Infatti le risorse di cui dispongono questi ultimi riescono con maggiore probabilit a controbilanciare le perdite materiali dovute ad un disastro rispetto a paesi le cui risorse finanziarie sono precarie.

    Questa ipotesi ha un suo senso anche se vanno fatte due puntualizzazioni. Primo, la perdita delle risorse misurata tramite self-

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    report e quindi vi possono essere dei bias per cui chi pi stressato ricorda maggiormente le perdite. Ricerche longitudinali possono stabilire meglio il percorso causale. Secondo, recentemente Sattler et al. (2002) hanno dimostrato che la perdita delle risorse il fattore principale nel predire il distress (in seguito alluragano George). Tuttavia in questa ricerca le risorse sono state considerate separatamente in base al tipo. Ne emerge che le risorse personali e sociali hanno una maggiore importanza nel processo di adattamento rispetto alle risorse materiali.

    Risultati simili sono stati ottenuti anche in una ricerca sul distress derivato dallesposizione ad eventi critici fra i vigili del fuoco (Monnier, Cameron, Hobfoll, Gribble, 2002). Pertanto queste ricerche ridimensionano il peso delle risorse materiali in favore delle risorse personali e sociali.

    Infine se si va ad indagare eventi traumatici che coinvolgono una collettivit di persone come un disastro o una guerra, i fattori di resilienza che possono essere ascritti alla comunit, assumono una grande importanza. Una recente ricerca di Perez-Sales et al. (2005) ha preso in rassegna sei fattori di resilienza in situazioni traumatiche collettive. Due fattori fanno diretto riferimento al rapporto con lingroup, senso di appartenenza, e con loutgroup, cio la validazione e il riconoscimento sociale. Il senso di appartenenza rivela il ruolo protettivo dellidentificazione col proprio gruppo, sia in termini reali che tramite narrative personali. Il senso di comunit e la costruzione di narrative collettive che incrementino il valore delle persone traumatizzate sono elementi costituenti di questa dimensione. Nel rapporto con loutgroup il riconoscimento e la validazione sociale delle sofferenze (vs isolamento o stigmatizzazione) sono fattori socio-culturali molto importanti nel processo di resilienza. Gli altri quattro fattori hanno a che fare maggiormente con gli aspetti organizzativi promotori di controllo sulla propria vita, senso di prevedibilit e sicurezza, rispetto per la dignit personale e prospettive future ottimistiche.

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    8. Discussione

    In questa rassegna sono stati introdotti gli elementi fondamentali della ricerca sulla resilienza nellet adulta con riferimento ad eventi critici. Dalle ricerche emergono chiaramente tre punti fondamentali. Primo, la resilienza qualcosa di differente rispetto al processo di recupero anche se, allo stato attuale, questa discriminazione cos raffinata tenuta in considerazione in poche ricerche.

    Infatti, spesso si parla di adattamento senza specificare se si tratta di un recupero dopo circostanze iniziali effettivamente problematiche o se si tratta di una sostanziale integrit nel funzionamento psicosociale.

    Secondo, contrariamente al senso comune e a decenni di ricerche cliniche, gli esiti di resilienza sono comuni e molto pi diffusi rispetto ad esiti caratterizzati da psicopatologie. Ne deriva che la supposta alta vulnerabilit delle persone ai traumi un falso scientificamente parlando e gli interventi che si basano su questo assunto possono risultare controproducenti (Vzquez, 2005).

    Questi risultati non comportano certamente una colpevolizzazione delle persone non connotate da un esito di resilienza o una proposta di ridimensionare limportanza degli studi traumatologici. Al contrario le ricerche sulla resilienza di fronte ad eventi critici sottolineano il bisogno di avere una conoscenza pi completa sulladattamento umano e sui fattori in grado di promuoverlo.

    Questo discorso ci porta al terzo punto, ossia la comprensione dei processi che conducono alla resilienza. Le ricerche ci dicono che vi sono molteplici risorse implicate nel processo di resilienza. Le risorse personali sono ampiamente documentate al punto che sono state suddivise in risorse pre-evento (ad esempio hardiness, self-enhancement, regolazione emotiva) e post-evento o di processo (ad esempio autoefficacia legata al coping, strategie di coping, emozioni positive). Fra le risorse coinvolte nel processo di resilienza vi sono anche quelle ambientali (ad esempio sostegno sociale, risorse materiali) che offrono

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    un contributo importante. Chiaramente quando il trauma non solo individuale ma anche collettivo entrano in gioco nel processo di resilienza fattori relativi sia alla comunit o societ come il senso di appartenenza e il riconoscimento sociale, sia ad una gestione dellevento critico che favorisca la partecipazione, il controllo ed il rispetto.

    ___________________

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    La resilienza quale fattore motivazionale: evidenze dal

    mondo dello sport

    Dott. P. Trabucchi

    (Professore incaricato presso lUniversit di Verona, Psicologo, collabora con il Centro di ricerca in Bioingegneria e Scienze motorie dellUniversit di Trento e con lIstituto di Scienze dello Sport di Roma.)

    Cosa la resilienza? La mia personale definizione del termine resilienza la seguente: la resilienza psicologica la capacit di persistere nel perseguire obiettivi sfidanti, fronteggiando in maniera efficace le difficolt e gli altri eventi negativi che si incontreranno sul cammino.

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    Universit di Verona

    VITTORIE AL FOTO-FINISH DOPO 42,195 KM CORSI A TEMPI INCREDIBILI.

    MOTORI IDENTICI ?

    Sono coincidenze incredibili o c dellaltro?

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    in the classic paradigm the limits to endurance are expalined by arguments of metabolic nature. (..) there are experimental situations where itis not possible to explain the limitation to endurance usingthis paradigm (Jones and Killian, 2000; Noakes, 2000; Noakes et al. 2001,; Walsh2000) B. KAYSER, 2003

    SIMILI CASI SONO DIFFICILI DA SPIEGARE SIMILI CASI SONO DIFFICILI DA SPIEGARE UTILIZZANDO I MODELLI CLASSICI DELLA UTILIZZANDO I MODELLI CLASSICI DELLA FISIOLOGIA: DOVE IL FISIOLOGIA: DOVE IL FATTORE LIMITANTEFATTORE LIMITANTE

    LA PRESTAZIONELA PRESTAZIONE EE METABOLICOMETABOLICO

    Lindividuo resiliente presenta una serie di caratteristiche psicologiche inconfondibili: un ottimista e tende a leggere gli eventi negativi come momentanei e circoscritti; ritiene di possedere un ampio margine di controllo sulla propria vita e sullambiente che lo circonda; determinato e estremamente motivato a raggiungere gli obiettivi che si prefissato; tende a vedere i cambiamenti come una sfida e come unopportunit, piuttosto che come una minaccia.

    Non un caso, dunque, che uno studio uscito nel 2002 che esaminava le caratteristiche psicologiche di 32 atleti statunitensi vincitori di medaglie olimpiche indichi nella resilienza uno dei requisiti irrinunciabili per latleta di alto livello.

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    Gi Wilmore nel 1969 aveva

    dimostrato che in presenza di competitors il

    TIME TO EXHAUSTION

    si allunga

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    GliASPETTI MOTIVAZIONALI VOLITIVI

    acquistano una rilevanza sempre maggiore nel mondo dello sport

    PERCHE A LUNGO TERMINE

    DETERMINANO LA

    CARRIERAPERCHE

    SONO DECISIVI PER ILLIMITE DELLA PRESTAZIONE

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    Gli atleti di alto livello sono, e devono essere, molto resilienti: in parte perch le loro caratteristiche psicologiche sono gi frutto di una selezione. Ma anche perch la pratica sportiva favorisce la costruzione della resilienza: c un bel detto di Eddy Ottoz a questo proposito, lallenamento la rappresentazione della speranza. Allenarsi, infatti, comporta il darsi attivamente degli obiettivi, credere che sia possibile raggiungerli, impegnarsi per farlo; superare imprevisti, impasse, frustrazioni ed infortuni; essere disciplinati, mantenere alta la speranza e la motivazione.

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    Universit di VeronaPIETRO TRABUCCHIPIETRO TRABUCCHIwww.pietrotrabucchi.itwww.pietrotrabucchi.it

    I fattori motivazionalidiventano sono sempre piimportanti perch le carriere agonistiche sempre pi lunghe rispetto al passato..

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    ee lletet della massima prestazione della massima prestazione diventa sempre pidiventa sempre pi elevata.elevata.

    Et media vincitori Coppa Mondo Sci di Fondo 2000-2007: Primi 10: 31 11-20: 28 21-30: 2525

    (Campaci, 2008)(Campaci, 2008)

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    Nazionale 100kNazionale 100k

    Uomini: 33

    Donne: 35

    Nazionale 24hNazionale 24h

    Donne: 40

    Uomini: 40

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    la capacitla capacit di rimanere motivati di fronte ad ostacoli e di rimanere motivati di fronte ad ostacoli e difficoltdifficolt che si incontrano nel perseguimento di un che si incontrano nel perseguimento di un

    obiettivo obiettivo

    (sia in processi a lungo che a breve termine)(sia in processi a lungo che a breve termine)

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    SI ACCORDANO ANNI ALLA COSTRUZIONE DELLE CAPACITA FISIOLOGICHE: PERCHE PRETENDERE ISTANTANEAMENTE QUELLE PSICOLOGICHE (nessuna

    federazione investe nella preparazione psicologica giovanile)

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    LA RESILIENZA HA UNA NATURA COGNITIVA. RIGUARDA LA RESILIENZA HA UNA NATURA COGNITIVA. RIGUARDA COME PERCEPIAMO E VALUTIAMO GLI EVENTI INTERNI COME PERCEPIAMO E VALUTIAMO GLI EVENTI INTERNI ED ESTERNI E CONDIZIONA LA RISPOSTA FISIOLOGICA E ED ESTERNI E CONDIZIONA LA RISPOSTA FISIOLOGICA E

    COMPORTAMENTALECOMPORTAMENTALE

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    FATICAFATICA

    PERCEZIONE PERCEZIONE DOLOROSADOLOROSA

    FREDDOFREDDO

    GRADIENTE GRADIENTE DIDIDIFFICOLTADIFFICOLTA

    ETC..ETC..

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    Si modifica il senso di controllo:Si modifica il senso di controllo: Cambiando lCambiando lINTERPRETAZIONE delle INTERPRETAZIONE delle

    difficoltdifficolt, mostrando come in parte esse , mostrando come in parte esse non siano assolute ma parzialmente non siano assolute ma parzialmente negoziabili;negoziabili;

    Questo passa da un Questo passa da un cambiamento cambiamento cognitivocognitivo che disinneschi le reazioni che disinneschi le reazioni emozionali automatiche agli eventi emozionali automatiche agli eventi avversiviavversivi

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    Tutti questi esempi ci conducono ad un concetto chiave: le persone non sono stressate dagli eventi in s, ma dallinterpretazione che ne danno. E linterpretazione ne orienta anche i comportamenti. Se io penso che il dolore sia qualcosa di assolutamente non gestibile in modo attivo, al primo indolenzimento terminer il mio esercizio. Viceversa, vedr la sofferenza come un elemento del gioco, che lo rende anzi pi interessante.

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    LAVORI SUL CONTROLLO LAVORI SUL CONTROLLO DELLDELLATTENZIONEATTENZIONE

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    Si modifica il senso di Si modifica il senso di controllo:controllo:

    Inoltre dal proporre esperienze in Inoltre dal proporre esperienze in allenamento che aumentino il senso di allenamento che aumentino il senso di controllo e stimolino la controllo e stimolino la neuroplasticitneuroplasticitaccogliendo gli insegnamenti recenti accogliendo gli insegnamenti recenti delle neuroscienze.delle neuroscienze.

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    DISSINESCARE LAMIGDALA !!

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    Davanti alla morte: vulnerabilit vs resilienza Teoria e

    interventi clinici di Psicoterapia Integrata

    (Guided Imagery and Music BMGIM e Rational Emotive

    Behavioural Therapy REBT)

    Gabriella Giordanella

    (Psicoterapeuta, P.hD, Direttore della Scuola di Psicoterapia Integrata e Musicoterapia)

    1. Introduzione

    Questo intervento si pone lobiettivo di offrire un contributo teorico e clinico su modalit di psicoterapia che hanno dimostrato la loro efficacia nel permettere alle persone di scoprire e/o sviluppare capacit di resilienza davanti allinesorabilit della morte o a crisi drammatiche associate a gravi malattie incurabili.

    Gli esseri umani vivono, generalmente, una morte tragica, improvvisa, prematura, in modo traumatico, cos come nel confronto con la propria morte e/o malattia incurabile, gli stessi mostrano il loro lato vulnerabile. Questi eventi possono essere vissuti con notevoli differenze da un soggetto ad un altro, da un gruppo ad un altro, per una serie di variabili che possono riguardare livelli di vulnerabilit personali, nonch fattori di rischio e protettivi presenti nel contesto socio-culturale.

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    2. Resilienza

    In generale la resilienza si riferisce ad una classe di fenomeni caratterizzati da modalit di adattamento positivo in un contesto di rischio o avversit rilevanti (Masten, 2001). Da una prospettiva salutogenica (Antonosky, 1987), la resilienza acquista un senso pi ampio, non riguarda solo abilit di coping come processo adattivo di fronte ad eventi stressanti per superarli e ripristinare un funzionamento precedente, ma una prontezza nel recupero e la capacit di utilizzare lesperienza traumatica come una spinta, un impulso alla crescita, alla trasformazione verso una qualit di vita positivamente intesa. Insieme al senso di autoefficacia-autostima, di benessere psicologico, un costrutto importante da considerare in terapia quello di hardiness che include latteggiamento pro-attivo o impegno, il locus of control interno e la valutazione dellevento traumatico come opportunit di crescita piuttosto che di minaccia.

    In questo contesto, noi consideriamo la resilienza come 1 - un processo fluido piuttosto che tratti stabili; 2 un miglioramento o una crescita che vanno oltre i precedenti livelli di funzionamento; 3 un costrutto multidimensionale che attraversa aree emotive, spirituali, sociali cognitive e fisic