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05/11/2016 1 XI CONGRESSO NAZIONALE FIMEG IL BENESSERE NELL’ANZIANO: METODOLOGIA PREDITTIVA, PREVENTIVA E TERAPEUTICA. VENERDI 23 SETTEMBRE 2016 Evaristo Ettorre Dipartimento di Scienze Cardiovascolari, Nefrologiche, Respiratorie, Anestesiologiche e Geriatriche, Policlinico Umberto I BIOMARKER NELLA MALATTIA DI ALZHEIMER Nonostante le preoccupanti stime su un'esplosione dei casi di demenza, il rischio di sviluppare la malattia sembra essere in calo di ben il 20% ogni dieci anni. Tra i fattori, non del tutto chiariti, sembra esserci l’aumento dell'istruzione. Nonostante le preoccupanti stime su un'esplosione dei casi di demenza, il rischio di sviluppare la malattia sembra essere in calo di ben il 20% ogni dieci anni. Tra i fattori, non del tutto chiariti, sembra esserci l’aumento dell'istruzione. Distinzione tra AD ‘fisiopatologica’ (AD-P) e AD ‘clinica’ (AD-C) Concettualizzazione della AD in fase pre-demenza come ‘pauci-’ o ‘a-’ sintomatica Similitudine con il carcinoma ‘in situ’ (‘pauci-’) Similitudine con ipercolesterolemia+aterosclerosi coronarica presenti prima del IMA Difficolta ‘core’: non conosciamo l’intervallo temporale tra comparsa di AD-P e di AD-C Riconoscimento di una fase ‘pre-sintomatica’: ‘not normal but not MCI yet’ Soggetti asintomatici con ApoE ε4+ con 1 biomarker + Portatori di mutazioni APP o Psen 1-2, ancora asintomatici Nonostante le preoccupanti stime su un'esplosione dei casi di demenza, il rischio di sviluppare la malattia sembra essere in calo di ben il 20% ogni dieci anni. Tra i fattori, non del tutto chiariti, sembra esserci l’aumento dell'istruzione. La diagnosi di ‘malattia’ di Alzheimer è definitivamente svincolata dalla gabbia del concetto di ‘demenza’ che viene invece vista come la fase finale della malattia. In ogni fase della malattia, la caratterizzazione clinico-neuropsicologica e la positività dei biomarkers aumenta significativamente l’accuratezza diagnostica. Necessità di ulteriore validazione clinica dei biomarkers. Il lasso di tempo tra la comparsa di AD-P e AD-C rimane un punto cruciale da esplorare; probabilmente e variabile tra individui (fattori genetici, vascolari, ambientali); è stimato in almeno 10 anni. I concetti sembrano piu chiari della terminologia nosografica. Questo rispecchia una materia in pieno divenire. Necessità di evitare confusione in letteratura. Fondamentale la concettualizzazione di AD prodromica e AD preclinica per i trials clinici e lo studio di nuove molecole, impiegabili nella fase precoce della malattia (e non della demenza!).

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05/11/2016

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XI CONGRESSO NAZIONALE FIMEG IL BENESSERE NELL’ANZIANO: METODOLOGIA PREDITTIVA,

PREVENTIVA E TERAPEUTICA. VENERDI 23 SETTEMBRE 2016

Evaristo Ettorre Dipartimento di Scienze Cardiovascolari, Nefrologiche, Respiratorie,

Anestesiologiche e Geriatriche, Policlinico Umberto I

BIOMARKER NELLA MALATTIA DI ALZHEIMER

Nonostante le preoccupanti stime su un'esplosione dei casi di demenza, il rischio di sviluppare la malattia sembra essere in calo di ben il 20% ogni dieci

anni. Tra i fattori, non del tutto chiariti, sembra esserci l’aumento dell'istruzione.

Nonostante le preoccupanti stime su un'esplosione dei casi di demenza, il rischio di sviluppare la malattia sembra essere in calo di ben il 20% ogni dieci

anni. Tra i fattori, non del tutto chiariti, sembra esserci l’aumento dell'istruzione.

Distinzione tra AD ‘fisiopatologica’ (AD-P) e AD ‘clinica’ (AD-C)

Concettualizzazione della AD in fase pre-demenza come ‘pauci-’ o ‘a-’ sintomatica

Similitudine con il carcinoma ‘in situ’ (‘pauci-’)

Similitudine con ipercolesterolemia+aterosclerosi coronarica presenti prima del IMA

Difficolta ‘core’: non conosciamo l’intervallo temporale tra comparsa di AD-P e di AD-C

Riconoscimento di una fase ‘pre-sintomatica’: ‘not normal but not MCI yet’ Soggetti asintomatici con ApoE ε4+ con 1 biomarker + Portatori di mutazioni APP o Psen 1-2, ancora asintomatici

Nonostante le preoccupanti stime su un'esplosione dei casi di demenza, il rischio di sviluppare la malattia sembra essere in calo di ben il 20% ogni dieci

anni. Tra i fattori, non del tutto chiariti, sembra esserci l’aumento dell'istruzione.

La diagnosi di ‘malattia’ di Alzheimer è definitivamente svincolata dalla gabbia del concetto di ‘demenza’ che viene invece vista come la fase finale

della malattia. •In ogni fase della malattia, la caratterizzazione clinico-neuropsicologica e la positività dei biomarkers aumenta significativamente l’accuratezza diagnostica. Necessità di ulteriore validazione clinica dei biomarkers. •Il lasso di tempo tra la comparsa di AD-P e AD-C rimane un punto cruciale da esplorare; probabilmente e variabile tra individui (fattori genetici, vascolari, ambientali); è stimato in almeno 10 anni. •I concetti sembrano piu chiari della terminologia nosografica. Questo rispecchia una materia in pieno divenire. Necessità di evitare confusione in letteratura.

Fondamentale la concettualizzazione di AD prodromica e AD preclinica per i trials clinici e lo studio di nuove molecole, impiegabili nella fase precoce della malattia (e non della demenza!).

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IN UN MODELLO IPOTETICO, LA POSITIVITÀ PER ALCUNI

BIOMARCATORI PRECEDE L’ESORDIO CLINICO DELL’AD.

CRITERI DIAGNOSTICI E TIMING TERAPEUTICO

Criteri di NINCDS-ADRDA (1984) e Dubois (2007): la malattia inizia con la comparsa dei segni clinici.

Criteri NIA-AA (2011): Introduzione dei BIOMARKERS nel percorso diagnostico.

Markers predittivi di MCI

MARKERS BIOCHIMICI • Test genetici: presenza di uno o due alleli ε4 del gene codificante per

la apolipoproteina E (Apo E), presente sul cromosoma 19

• Costituenti del liquor: aumento della concentrazione totale della proteina tau nel liquor, della concentrazione della proteina tau fosforilata, riduzione della amiloide b1-42

• Attivazione della risposta infiammatoria: incremento dei livelli ematici di componenti del complemento, di reattivi della fase acuta e di varie citochine; up-regolazione della ciclossigenasi-2; attivazione della microglia

Accanto ai progressi e allo sviluppo di altre tecniche diagnostiche, nell’ultimo decennio sono enormemente aumentati gli studi per

l’individuazione di:

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Principal Investigator: Marilyn S. Albert, Ph.D.

The goal of this study is to identify predictors of cognitive decline among normal individuals. The domains of investigation being examined include: cognitive testing, magnetic resonance imaging, cerebrospinal fluid and blood. The primary question is whether measures from these domains, alone or in combination, can predict which normal individuals will develop cognitive decline over time.

OBIETTIVI: 1- Seguire gli individui per un periodo massimo di 18 anni e valutare l’insorgenza di MCI o demenza.

2- Identificare biomarkers di progressione (liquor, plasma, RMN, beta amiloide).

3- Fornire un database facilmente accessibile ai gruppi di ricerca

NEUROGRANINA

1. Proteina post-sinaptica implicata nei meccanismi dell’apprendimento , nel potenziamento a lungo termine e di plasticità sinaptica tramite l’uptake della calmodulina a livello delle spine dendritiche.

2. Altamente espressa nel SNC e presente nel liquor come frammenti c-terminali

3. Livelli elevati pregiudicano la trasmissione sinaptica soprattutto a livello delle aree associative superiori.

4. Livelli elevati si riscontrano già nel liquido cefalo-rachidiano di pazienti con MCI e sono associati ad una più rapida progressione della malattia.

5. Alti livelli di neurogranina sono associati con una più rapida progressione della malattia

Review letter J AM Med Dir Assoc. 09/2016

Markers predittivi di MCI

NEUROGRANINA: nuove evidenze scientifiche

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Markers predittivi di MCI

OBIETTIVO DELLO STUDIO: analizzare la presenza di proteina tau nella saliva umana con la spettrometria di massa. Le forme salivari della proteina tau possono non solo servire come marcatori per la diagnosi della malattia e / o la progressione ma anche fornire un feedback sui

risposta del paziente ad intervento farmaceutico. RISULTATI: nella coorte di pazienti affetti da MCI analizzata, sono stati osservati livelli di p-tau ( forma fosforilata ) più alti rispetto ai livelli di t-tau all'interno dello stesso soggetto diversamente a quanto osservato nel liquido cefalorachidiano. In base alle nostre osservazioni preliminari, mentre i livelli salivari di t-tau rimangono sostanzialmente invariati, i livelli di p-tau aumentano nei pazienti AD rispetto ai controlli sani

Markers predittivi di MCI

Markers predittivi di MCI

• In questo studio è stato dimostrato che i livelli basali di ferritina nel liquor sono negativamente associati con le performance cognitive. I livelli di ferritina rappresentano un fattore predittivo di conversione da MCI ad AD.

• I livelli di ferritina sono associati con i livelli di apolipoproteina E nel liquor e sono elevati dall’allele APOE-ɛ4.

• Questi risultati rivelano che elevati livello di ferro a livello cerebrale impattano negativamente sulla progressione della malattia e suggeriscono che l'elevazione del ferro nel cervello possa essere un possibile meccanismo di danno per l’ APOE-ɛ4 ( principale fattore di rischio genetico per l'AD).

Markers predittivi di MCI

DEFICIT OLFATTIVI E DIAGNOSI PRECOCE

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Markers predittivi di MCI

DEFICIT OLFATTIVI E DIAGNOSI PRECOCE

Marigliano V, Gualdi G, Servello A, Marigliano B, Volpe LD, Fioretti A, Pagliarella M, Valenti M,

Masedu F, Di Biasi C, Ettorre E, Fusetti M 2014

OBIETTIVO: L’ obiettivo di questo studio pilota è stato quello di verificare il ruolo dei test olfattometrici e della risonanza magnetica volumetrica dell’ ippocampo nel predire la conversione da MCI a demenza conclamata. MATERIALI E METODI: Diciotto pazienti con MCI amnesico sono stati arruolati e seguiti per 12 mesi. Sono stati ipotizzati inizialmente come fattori predittivi di conversione in demenza il deficit olfattivo e la riduzione del volume ippocampale.

Markers predittivi di MCI

RISULTATI: Nel follow-up di un anno, 5 pazienti hanno sviluppato un quadro di demenza di Alzheimer. I due fattori predittivi (test olfattometrici e RMN dell’ ippocampo) hanno mostrato la stessa sensibilità del 92.3% ma il test olfattivo ha mostrato una specificità (75% vs. 60%). CONCLUSIONI: I nostri risultati suggeriscono la potenziale utilità dei test olfattivi e della volumetria dell’ ippocampo per una diagnosi precoce di demenza di Alzheimer.

Ippocampo normale Ippocampo atrofico

Markers predittivi di MCI

OBIETTIVO: La disfunzione olfattiva è presente sin dalle prime fasi della malattia di Alzheimer (AD). In pazienti affetti da AD, la perdita di valore olfattivo è stata correlata con l'atrofia di alcune strutture del sistema olfattivo, ma il ruolo del bulbo olfattivo rimane poco chiaro. Lo scopo del nostro lavoro è quello di verificare se i pazienti affetti da AD mostrano una riduzione statisticamente significativa del volume medio del bulbo olfattivo (OBV) rispetto ai soggetti sani.

METODI: 78 soggetti sono stati arruolati nello studio e divisi in tre gruppi: 28 anziani sani (22 femmine, 6 maschi, età media 69,4 ± 9,2), 25 pazienti con decadimento cognitivo lieve (MCI) di tipo amnesico (14 femmine, 11 maschi, età media 74.5 ± 7.5), e 25 pazienti con lieve AD (14 femmine, 11 maschi, età media 73,7 ± 6,8). Ogni soggetto è stato sottoposto ad uno studio di risonanza magnetica del bulbo olfattivo e ad una valutazione olfattiva con lo Sniffin’ test esteso.

Markers predittivi di MCI

DEFICIT OLFATTIVI E DIAGNOSI PRECOCE

L'analisi statistica non ha mostrato alcuna correlazione tra volume del bulbo olfattivo, MCI e DA. Inoltre, la funzione olfattiva e il volume del

bulbo olfattivo non sono correlati in nessuno dei tre gruppi.

La riduzione di OBV non sembra rappresentare un indice di danno neuronale nelle prime fasi di AD

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Markers predittivi di MCI

Retinal photographic analysis shows potential as an adjunct for early detection of AD or monitoring of AD-progression or response to treatments

• Con il termine nanoparticella si identificano normalmente delle particelle formate da aggregati atomici o molecolari con un diametro compreso indicativamente fra 2 e 200 nm.

• Dal momento dell’ingresso delle nanoparticelle (NPs) in un fluido biologico, la loro superficie viene subito coperta da uno strato biomolecolare chiamato “corona proteica”. Tale strato conferisce alle NPs un’identità differente da quella pura iniziale, a seconda della specie biologica.

• Molto recentemente, diversi studi hanno dimostrato che i cambiamenti della composizione plasmatica in base al tipo di malattia influiscono sulla composizione della corona proteica delle NPs. Perciò, pazienti con una data malattia possono avere una distinta corona (chiamata corona proteica specifica di malattia PDSPC ).

NANOPARTICELLE

Nanodispositivi attualmente utilizzati e/o in fase di sviluppo per il trasporto di agenti terapeutici e materiale genetico, nell’animale di laboratorio.

• Individuazione e perfezionamento di nuovi test di screening per la diagnosi precoce

• Educazione alla salute e lotta ai fattori di rischio cardiovascolari e non

• Ricerca continua volta all’ identificazione dei meccanismi patogenetici suscettibili di trattamento

• Miglioramento delle tecniche di riabilitazione neurocognitiva

Prospettive future…..

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Diagnosi precoce di AD

implicazioni etiche,

implicazioni di sanità pubblica,

sostenibilità economica per i RCTs

Uso dei biomarcatori

quanto è realistico un utilizzo ad ampio raggio nei setting clinici?

necessità di ulteriore standardizzazione dei risultati

invasività delle procedure (rachicentesi)

CONCLUSIONI

La diagnosi precoce ma soprattutto il

“trattamento” dei disturbi cognitivi è oggi la strada da percorrere ancor prima che inizi la

malattia dementigena.

Prevenzione, ricerca, monitoraggio dei fattori di rischio rappresentano il punto di partenza per

ritardare la storia naturale della malattia.