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Università degli Studi di Roma “La Sapienza”
Dipartimento di Storia Antropologia Religioni Arte e Spettacolo
Arti e Scienze dello Spettacolo
Corso: Teatro Contemporaneo
Docente: Aleksandra Jovicevic
Anno Accademico: 2018/19
Appello: 01.10.19
Matricola: 1861310
TESINA PER IL TEATRO CONTEMPORANEO
Energie Collettive Analisi di due spettacoli
di
Raffaele Primotici
2
INDICE
Premessa………………………………………………………………………………………………………….3
Tropicana (Frigoproduzioni)
Introduzione……………………………………………………………………………………………….4
Teatro e Musica (Musicalizzazione nel Contemporaneo)…………………………….5
Il Piano della Comunicazione Relazionale…………………………………………………...6
Io Che Amo Solo Te
Introduzione……………………………………………………………………………………………….7
L’elemento Scenografico e la Simultaneità………………………………………………….8
Regia Teatrale (o come il cinema ha influenzato il teatro)…………………………..10
Politica e Sociale (il movimento LGBTQ a teatro)……………………………………….11
Conclusione……………………………………………………………………………………………………..13
Bibliografia……………………………………………………………………………………………………...14
3
Premessa
In questa tesina intendo analizzare due spettacoli visti nell’anno 2019 a Roma.
Gli argomenti che tratterò saranno relazionati al materiale e alle informazioni
acquisite a lezione, uniti ad una mia personale ricerca nel campo artistico/teatrale
contemporaneo.
Gli spettacoli che andrò ad analizzare sono due:
- ‘Tropicana’ un lavoro di Frigoproduzioni. Visto il 17 Maggio 2019 nello spazio
artistico ‘Carrozzerie n.o.t.’ (Testaccio, Roma).
- ‘Io Che Amo Solo Te’ un lavoro di Lucilla Lupaioli e Alessandro Di Marco. Visto
il 29 Maggio 2019 al Teatro Tordinona (Trastevere, Roma).
Si intende, in questa analisi, esaminare i due spettacoli cercando di inserirli
all’interno di un paradigma contemporaneo. Con l’aiuto i diversi testi bibliografici, in
questa tesina si affronta un percorso volto a mettere in relazione i due spettacoli
visti con le teorie sul Teatro Postdrammatico di Hans-Thies Lehmann, inoltre
saranno presenti diverse riflessioni di carattere storico critico sull’identità di genere
e sul suo rapporto con il teatro contemporaneo.
4
“Tropicana”
(Frigoproduzioni)
Introduzione
Frigoproduzioni è un’etichetta di produzione artistica, principalmente attiva nel campo delle arti
performative. La compagnia è costituita da Francesco Alberici, Claudia Marsicano e Daniele
Turconi.
Lo spettacolo preso in analisi ha il titolo di “Tropicana”, lavoro teatrale della compagnia, realizzato
fra il 2016 e il 2017 con la collaborazione di Salvatore Aronica.
La rappresentazione ha avuto luogo il 17 maggio 2019 nello spazio artistico Carrozzerie n.o.t.
(Testaccio, Roma).
È sulla scia della celebre hit “Tropicana” del Gruppo Italiano che si snoda l’intero spettacolo dei
Frigoproduzioni, i quali, tramite salti temporali e frammenti di comicità, ci raccontano la storia
della genesi della canzone e del successivo scioglimento del gruppo.
«Tutti l’hanno ascoltata, ma nessuno l’ha mai capita»
È con questa frase che si individua il senso dell’intero spettacolo dei Frigoproduzioni, che vogliono
mettere alla luce la questione dello spettatore/ascoltatore, il quale non rappresenta più un
elemento passivo nella ricezione dei segnali artistico/musicali. Naturalmente la questione viene
estesa anche al discorso teatrale, è forse per questo che la compagnia artistica decide di costruire
l’intero spettacolo sulla base di una scenografia quasi nulla, di frequenti immagini oniriche, e nella
disposizione, a volte senza significato, delle immagini che si vengono a costituire. Difatti già Hans-
Thies Lehmann nel suo ‘Teatro Postdrammatico’ ci illustra la nuova necessità del teatro, che è
quella di “fare spazio alla possibilità dei segni teatrali proprio per mezzo di una privazione dei
significati”.1
Una delle nuove esigenze del teatro sembra dunque essere quella di stimolare l’individualità dello
spettatore, consentendogli di conferire ai segni che lo spettacolo presenta una interpretazione del
tutto personale, favorendo infine la nascita di immaginari differenti nel pubblico.
1Cfr. Lehmann, Teatro Postdrammatico. Segni teatrali postdrammatici, Privazione della Sintesi. pp 91.
5
Teatro e Musica (Musicalizzazione nel Contemporaneo)
Parliamo ora del coinvolgimento spettatoriale. In molteplici modi lo spettacolo dei Frigoproduzioni
tenta di trascinare a sé lo spettatore; uno di questi è sicuramente il dato musicale, che svolge un
ruolo di rilevante importanza. Fin da subito, anche da prima dello spettacolo, e anche (per alcuni)
leggendo solamente il titolo della rappresentazione, la musica si presenta come il fulcro centrale di
tutto il lavoro artistico. In particolar modo il brano ‘Tropicana’, si impone nello spettacolo in
maniera preponderante; è proprio tramite questa traccia che si sviluppano la maggior parte dei
momenti dell’azione, per questa tesi ne prenderemo in considerazione uno in particolare: lo
spettacolo è appena iniziato, uno dei personaggi è già entrato in scena per costruire di fronte ai
nostri occhi la scenografia povera, composta di microfoni, bottiglie di succhi di frutta e qualche
sedia. Ci troviamo in un momento in cui da lontano inizia a sentirsi un motivetto alquanto
familiare per la maggior parte dei presenti in sala, il suono diventa sempre più forte, fino a definire
con chiarezza che si tratta del brano ‘Tropicana’ dei Gruppo Italiano. L’entrata in scena del brano
scatena una serie di eventi che si sviluppano sia all’interno dello spettacolo che fra il pubblico;
quando il suono diviene più definito, l’attore inizia a ballare, e ciò che mi ha sorpreso
particolarmente è che quel movimento prodotto in scena, ha condizionato alcuni componenti del
pubblico a tal punto da trascinarli e condurli a seguire la danza dell’attore con dei movimenti
prima appena accennati, poi sempre più evidenti, fino a quando non si è creata una perfetta
connessione fra il corpo dell’attore e quello di alcuni spettatori. Che questo momento sia stato
intenzionalmente progettato dai Frigoproduzioni o no, resta il fatto che si tratta di un istante di
straordinaria rilevanza, poiché qui si rende evidente ed esplicita la peculiare capacità del teatro di
creare una connessione effettiva, reale, fra attore e spettatore.
Torniamo ora al dato musicale. Dopo la piccola danza dell’attore, il vivace motivetto estivo sfocia
in suoni indefiniti, quasi fantascientifici, ai quali si agganciano degli effetti di luce alquanto
ingegnosi, che ci trasportano in un’atmosfera palesemente onirica e surreale. Il quadro che ci
troviamo davanti è quasi completamente buio, l’unico fascio di luce presente illumina quattro
personaggi che osservano un punto fisso nel vuoto e bevono il succo di frutta ‘Tropicana’;
l’atmosfera onirica viene intensificata dal discorso di uno degli attori su un sogno che aveva fatto2.
Il brano musicale viene sezionato e distribuito durante il corso dello spettacolo a seconda delle
necessità dell’azione; ad esempio la parte iniziale del brano (che parla di un sogno) serve ad
introdurre il sogno che sarà riprodotto nella scena surreale di cui si è parlato poc’anzi. Possiamo
dunque affermare che l’elemento musicale è insito all’interno della trama stessa, e le due cose
non possono essere scisse.
Per concludere, lo spettacolo fornisce diversi elementi che ci consentono di identificarlo
all’interno di una prospettiva di musicalizzazione dei mezzi teatrali; non si tratta, ovviamente, solo
dei giochi sonori che rimandano a particolari situazioni, ma anche dei corpi in scena che
riproducono con degli strumenti il brano preso in esame, sezionandolo e distribuendo questi
frammenti nel corso dello spettacolo.
2 Durante il suo discorso, l’attore cita numerose frasi del brano ‘Tropicana’, tra cui la celebre frase d’attacco della canzone “Ma che strano sogno, di un vulcano e una città. Gente che ballava sopra un’isola.”
6
Il Piano della Comunicazione Relazionale
Altro elemento degno di nota è il piano di comunicazione relazionale inserito nello spettacolo.
Principalmente ‘Tropicana’ si sviluppa su tre dati: un dato riguardante lo spettatore (tutti
conoscono il celebre brano), un piano della finzione (la storia rappresentata della nascita della
canzone) e un dato di comunicazione relazionale (si evidenzia la finzione).
«Sono un attore, sto interpretando un personaggio».
È così che Francesco Alberici, uno dei protagonisti, si rivolge al pubblico durante una scena.
L’attore qui scivola fuori dal proprio personaggio e si confronta con il pubblico mostrandosi nudo,
spogliato della sua maschera, reale in tutto il suo essere. È questo il momento in cui l’attore cessa
di essere personaggio, ed è qui che il reale irrompe prepotentemente in scena.
Detto con le parole di Hans-Thies Lehmann “nel teatro postdrammatico, l’affermazione del reale in
sé non costituisce il centro del discorso (…), ma l’insicurezza attraverso l’indecidibilità, se si tratti di
realtà o finzione. È da questa ambiguità che scaturisce l’effetto teatrale e con esso l’effetto sulla
coscienza”.3 È dunque questo che rende insicuro lo spettatore nello spettacolo dei
Frigoproduzioni, proprio questa irruzione del reale che quasi sempre è esclusa dal teatro, ma che
in qualche modo, come ci dice Lehmann “vi è inevitabilmente connesso”.4
Per una prima conclusione della tesina sull’analisi di ‘Tropicana’, vorrei soffermarmi brevemente a
discutere del corpo dello spettacolo. Ci tengo innanzitutto a precisare che parlando di corpo, non
mi riferisco (solamente) alla corporeità dell’attore, ma anche e soprattutto a quell’insieme di parti
(o elementi) che producono una situazione organizzata e regolata. In breve, il corpo produce la
propria struttura momento per momento; struttura formata appunto da un insieme di parti
interconnesse fra loro.
Parlando dunque di corpo in riferimento a ‘Tropicana’, non voglio ridurmi a discutere solamente
della corporeità dell’attore, ma anche di quell’elemento che, come già illustrato in precedenza, è
legato indissolubilmente all’intera struttura dello spettacolo: la musica. Voglio insistere sul
discorso musicale poiché rappresenta un elemento davvero fondamentale che, a volte, si staglia
ancora più in alto degli attori, in parole povere diviene quasi un corpo centrale.
Durante lo spettacolo, notiamo che gi attori passano progressivamente in secondo piano,
subiscono quindi una sorta di processo di svalutazione; l’attore diviene gradualmente il mezzo per
individuare il senso dello spettacolo, che sta nel cuore della canzone ‘Tropicana’. Obiettivo dello
spettacolo è quello di far luce sulla totale, disarmante assenza di ascolto da parte dello
spettatore.5 Il che ci riporta alla citazione da cui siamo partiti. «Tutti l’hanno ascoltata, ma nessuno
l’ha mai capita». Concludendo possiamo dire che, in qualche maniera, è la musica stessa le coeur
dello spettacolo, il “personaggio” attorno al quale ruota l’intero processo.
3 Cfr. Lehmann, Teatro Postdrammatico. Segni teatrali postdrammatici, Irruzione del Reale pp 107 e seg. 4 Cfr. Lehmann, Teatro Postdrammatico. Segni teatrali postdrammatici, Irruzione del Reale pp 109. 5 I personaggi fanno inoltre percepire, durante alcune scene, che sono loro stessi in primis a non aver colto il vero significato della canzone.
7
Io Che Amo Solo Te
(Lucilla Lupaioli, Alessandro di Marco)
Introduzione
“Io Che Amo Solo Te” è uno spettacolo teatrale scritto da Lucilla Lupaioli e Alessandro Di Marco,
interpretato da Andrea Lintozzi e Riccardo D’Alessandro con la partecipazione dello stesso Di
Marco. Lo spettacolo è stato presentato per la prima volta al teatro Tordinona (Roma) dall’11 al 14
aprile 2018. Visto l’enorme successo, è stato riproposto più volte durante il corso del 2018, come
ad esempio il 9 giugno per l’apertura della stagione del Gay Village. La rappresentazione si è
protesa fino al 2019 con le nuove date dal 28 al 30 maggio al Teatro Cometa Off (Testaccio, Roma).
Nello spettacolo viene rappresentata la storia di due amici, Niccolò e Valentino i quali, durante una
festa, scoprono di provare l’uno per l’altro qualcosa di più forte dell’amicizia. Naturalmente
durante il corso della storia, i ragazzi dovranno affrontare diverse vicissitudini, quali omofobia e
bullismo, che porteranno a uno spegnimento della iniziale natura comica dello spettacolo per
raggiungere, nella conclusione, un finale prettamente tragico.
«C’è gente che ama mille cose e si perde per le strade del mondo. Io che amo solo te, io mi
fermerò e ti regalerò quel che resta della mia gioventù»
È la celebre canzone di Sergio Endrigo6 che, quasi come in ‘Tropicana’, dà il titolo e fa da sfondo
allo struggente racconto portato in scena da Lucilla Lupaioli e Alessandro Di Marco. Inscritto in uno
spazio scenico volutamente piccolo, lo spettacolo si snoda in un turbine di passione, che lascia
spazio non al linguaggio parlato, quanto al linguaggio del corpo dei due attori, che si rende
violento cardine principale dell’amore che sconvolge le vite dei due giovani protagonisti.
6 Sergio Endrigo fu un grande cantautore italiano. Io Che Amo Solo Te, pubblicata nel 1962, è la sua canzone d’esordio, nonché uno dei suoi più grandi successi.
8
L’elemento Scenografico e la Simultaneità
Come già accennato, lo spettacolo si svolge all’interno di uno spazio molto ridotto, in cui gli attori
si trovano a stretto contatto con il pubblico. Dopo la fine dello spettacolo, ho avuto il piacere di
porre qualche veloce domanda al regista Alessandro Di Marco. Alla mia domanda riguardante la
ragione della scelta di uno spazio così, potremmo dire, ristretto, Di Marco illustra la propria
volontà di dare l’impressione che “si entri nella stanza di un adolescente”.
Il pavimento pieno di cartoni di pizza, le scarpe e i calzini sparsi ovunque, il divano logoro, le lattine
di birra; tutto di questa ridotta e frammentaria scenografia ci dà l’idea di essere appena entrati
nella cameretta di un classico adolescente. Il tipo di idea espresso da Di Marco, è intensificato
dall’entrata del pubblico nello spazio teatrale; difatti la porta d’ingresso si trova in posizione
perfettamente adiacente all’inizio dello spazio scenico, di conseguenza, per arrivare a prendere
posto, il pubblico deve scavalcare un buon numero di lattine di birra e calzini. L’espediente è
eccezionale poiché, già prima dell’inizio della rappresentazione, l’ignaro pubblico si trova in stretto
contatto con una dimensione decisamente intima, elemento sostanziale che caratterizza lo
spettacolo. Ma l’elemento scenografico cruciale e determinante per la rappresentazione è un
altro: il divano al centro della scena. Il divano si presenta fin da subito come il perno attorno al
quale ruote letteralmente tutto il racconto. Lo spettacolo realizza quasi tutti i cambi di scena
sfruttando questo elemento, e sempre grazie a quest’ultimo si sviluppano molte azioni in
simultanea degli attori. Cercherò di entrare nel dettaglio della questione per poter definire con
chiarezza l’esatta funzione di questo elemento scenografico. Esaminerò una scena in particolare
per poter discutere poi su due punti: la funzione della scenografia e la simultaneità dell’azione.
Parlando della scena presa in esame, dobbiamo precisare che ci troviamo nel momento
intermedio della rappresentazione; il divano al centro è già stato dunque il “luogo” dove si è svolto
gran parte del racconto. Di fatto il divano è già il luogo in cui i due protagonisti hanno parlato a
lungo, è già il luogo in cui i due si sono innamorati, è già il luogo in cui hanno fatto l’amore.
Dunque siamo in un momento in cui si è ormai sottolineata la componente primaria che questo
oggetto incarna. Ad un certo punto dello spettacolo, entrano in scena i due protagonisti che vanno
a sedersi per terra ai due lati opposti del divano, dove iniziano a simulare di giocare ai videogames;
poco dopo uno dei due ragazzi tira fuori il cellulare e chiama l’altro, così iniziano una
conversazione in via telefonica, e lo spettatore ha la possibilità di osservare al contempo sia il
mittente che il destinatario. In questo notevole espediente scenico, il divano al centro di tutto si
rende automaticamente muro, solo con la sua presenza fisica, è produttore di due luoghi distinti,
due camere da letto diverse, presenti in luoghi opposti della città. Ciò che è doveroso precisare, è
che l’associazione della figura del divano con quella di un muro (o comunque di un elemento che
separa due spazi), è derivante solo ed esclusivamente dalla interpretazione dei segni da parte
dello spettatore. Ma prendiamo come esempio, per rendere ancor più chiaro il discorso,
un’ulteriore scena, quella finale. Siamo arrivati ora al punto in cui uno de protagonisti, Valentino, è
stato picchiato da un gruppo di omofobi, abbandonato da tutti gli amici e persino dal suo fidanzato
Niccolò (il quale aveva troppa paura di ammettere la propria omosessualità). Lo spettacolo si
conclude con il suicidio di Valentino che si butterà giù da una finestra. Dopo scene struggenti che
9
ci mostrano come la depressione si impossessò del giovane, arriviamo alla scena finale; Valentino
sale sullo schienale del divano che, anche grazie ad un ingegnoso effetto di luci7, si trasforma nel
davanzale di una finestra, dal quale appunto avverrà il suicidio.
Questo discorso sul rilievo importante che riveste l’elemento scenografico, ci porta a far luce su
uno dei tratti caratteristici dei Teatro Postdrammatico di Hans-Thies Lehmann: la densità dei segni.
Violare la regola convenzionale e la norma della densità dei segni, come ci dice Lehmann, è
diventata la regola. C’è troppo, o troppo poco. In ‘Io Che Amo Solo Te’, i segni sono notevolmente
ridotti, ci troviamo infatti in uno spazio limitato in cui l’unico elemento rilevante presente è il
divano. Ed è proprio per questo che il divano si trasforma continuamente in fattore soggetto a
interpretazione, in questo modo il pubblico non è più passivo/ricevente, ma attivo/interpretante.
Inoltre bisogna aggiungere che la ricezione dello spettatore va concepita in termini di montaggio.
Si tratterebbe di distinguere fra un montaggio produttivo, operato dagli autori dello spettacolo (il
divano) e un montaggio ricettivo, a carico appunto dello spettatore, e che consisterebbe nella
“conversione di un’immagine percepita in una visione costruita”8 (il muro, il davanzale).9
Per chiarire il tutto con le parole di Lehmann “Il gioco con una bassa densità segnica mira ad
attivare il pubblico, che basandosi su un minimo materiale di partenza è costretto a diventare
produttivo”.10
Arriviamo ora al secondo punto cui avevo accennato in precedenza. Riprendiamo la scena del
divano-muro, questa volta non per parlare della scenografia, ma per soffermarci brevemente su
un altro aspetto fondamentale dello spettacolo e, più in grande, del Teatro Postdrammatico: la
simultaneità. Come già detto, i due protagonisti agiscono ora in simultanea, conferendo allo
spettatore una maggior facoltà di scelta su cosa osservare, l’attenzione è quindi liberamente
fluttuante. Discutendo dell’effetto di simultaneità si può affermare, come suggerisce Lehmann,
che la parcellizzazione percettiva diventa un’esperienza inevitabile. Dal momento che la
comprensione trova difficilmente sponda nelle connessioni onnicomprensive dell’azione, anche gli
eventi percepiti nella loro immediatezza si sottraggono a un processo di sintesi, se scorrono
paralleli e la concentrazione su uno di essi non rende possibile registrare chiaramente gli altri.11 È
pertanto necessario per lo spettatore rivolgere attenzione al particolare e contemporaneamente
percepire il tutto. Nello spettacolo preso in esame, le situazioni in simultanea sono molteplici, fra
queste la scena finale; al momento del suicidio di Valentino, sono presenti il Niccolò giovane e
quello adulto (interpretato peraltro da Alessandro Di Marco), che ricorda con tanta amarezza
quella notte di tanti anni prima. Siamo quindi resi consapevoli che l’intero spettacolo è in realtà un
flashback, vediamo pertanto parlare in simultanea un personaggio proveniente dal passato (il
giovane Niccolò), e il risentito e tormentato Niccolò del futuro. Ora, nel caso in cui ci siano più
proposte parallele spesso non è evidente se tra esse esista una connessione o se sono
semplicemente esteriormente contemporanee. Dunque quello di far pronunciare le stesse parole a
entrambi i Niccolò, è stato un espediente puramente rivolto ad intensificare la drammaticità del
7 Viene illuminata dai riflettori la parte di muro di fronte a Valentino, simulando una superficie rettangolare che richiama simbolicamente a una finestra. 8 André Helbo. Theory of Performing Arts. 1987. 9 Cfr. Marco De Marinis. Capire il Teatro, Semiotica pp 59. 10 Cfr. Lehmann, Teatro Postdrammatico. Segni Teatrali Postdrammatici, Densità dei Segni pp 98 e seg. 11 Cfr. Lehmann, Teatro Postdrammatico. Segni Teatrali Postdrammatici, Simultaneità pp 96 e seg.
10
momento. Per concludere con le parole di Jochen Hörisch12 contenute nel teatro postdrammatico
di Lehmann: “È decisivo che la rinuncia alla totalità non sia intesa come una mancanza, ma come la
possibilità liberatoria di una continua ri-scrittura, di un immaginario e una nuova combinazione,
che si oppone alla smania di comprensione”.
Regia Teatrale (o come il cinema ha influenzato il teatro)
Prima di arrivare all’ultimo punto della mia trattazione su questo spettacolo, mi sembra doveroso
citare alcune tecniche di regia degne di nota. La regia di ‘Io Che Amo Solo Te’ presenta tecniche di
fruizione del racconto di stampo prevalentemente cinematografico. Inserirò ora un breve accenno
di base storica.
Nel ‘900, con l’arrivo del cinema, si distrusse ciò che il teatro era fino a quel momento; così il
teatro si trasformò, diventando prima metalinguistico, e assorbendo poi la grandezza di tutte le
arti, compresa quella cinematografica. Il linguaggio del cinema fu tradotto in quello teatrale.
Arrivano quindi a teatro caratteristiche come il montaggio, lo slow motion, i repentini cambi di
scena eccetera.
‘Io Che Amo Solo Te’ è presentato tramite la classica modalità di narrazione propria del
montaggio; trattasi di quell’operazione che consiste nell’unire la fine di un’inquadratura con
l’inizio della successiva. Per lo spettatore questa operazione si traduce in quello che possiamo
definire l’effetto montaggio, ovvero il passaggio da un’immagine A, a un’immagine B. Il montaggio
è così, innanzitutto, un mettere in relazione due o più elementi fra loro.13 Possiamo quindi citare
alcuni fra i numerosi cambi di scena realizzati con dei semplici, ma efficaci giochi di luce, che ci
portano improvvisamente dalla sera al giorno seguente; ricordiamo anche la componente
musicale che, grazie alla dissolvenza, svolge un ruolo fondamentale nel montaggio fra una scena e
l’altra. Particolarmente interessante è l’effetto di montaggio che si è voluto creare nella scena che
evidenzia la crescente depressione del personaggio di Valentino; in questa scena, tramite alcuni
effetti di luce, come il fluido passaggio da un riflettore all’altro, viene sottolineato con estrema
dote e pesantezza il passare dei mesi e l’aumentare della depressione, la pesantezza è intensificata
inoltre dalla grande capacità dell’attore di utilizzare la propria voce in maniera tale da privarla di
ogni sfumatura melodica, evidenziando un ambiente piatto e grigio.
12 Jochen Hörisch è un professore di tedesco moderno e analisi dei media all’Università di Mannheim. 13 Cfr. G. Rondolino, D. Tomasi. Manuale del Film. Il Montaggio pp 198.
11
Politica e Sociale (il movimento LGBTQ14 a teatro)
L’ultimo argomento che vorrei trattare nei riguardi di questo spettacolo, riguarda la sua natura
politico/sociale. Come abbiamo già specificato, ‘Io Che Amo Solo Te’ tratta temi molto discussi
negli ultimi 50 anni, quali omofobia e bullismo. Prima di affrontare il discorso, è doveroso trattare
l’argomento avendo conoscenza di alcune basi storiche:
«We are everywhere!»15
Il 2019 è un anno pieno di ricorrenze per la causa omosessuale; oltre ad essere la ricorrenza dei
25 anni dalla prima manifestazione per i diritti gay a Roma, durante l’anno si sono celebrati i 50
anni dai Moti di Stonewall, movimento omosessuale e femminista che, verso la fine degli anni ’60,
ha combattuto contro società etero patriarcale che non concedeva titoli o diritti agli ‘invertiti’16 e
alle donne. Le rivolte di Stonewall portarono alla nascita di molteplici movimenti gay in tutto il
mondo, inoltre le proteste omosessuali si protesero anche nel campo artistico, influenzando molti
grandi artisti come il già famoso Andy Warhol. Il sentimento di protesta si estese anche nel campo
teatrale, che ebbe come esponenti artisti del calibro di Lindsay Kemp il quale, già con il suo celebre
spettacolo “Flowers”, ha scandalizzato il pubblico e la critica facendo emergere l’osceno nascosto
sotto l’innocuo make-up, andando a definire il camp e il queer decostruendo sesso e genere con
una grazia eterea17. Kemp ha inoltre contribuito a portare il teatro all’interno dell’ambiente del
Rock ’n’ Roll, facendo da maestro ad artisti come David Bowie (inventore peraltro del Glam Rock,
genere musicale che esplora varie tematiche camp e queer) e Mick Jagger.
Negli anni ’70, la ricerca di un teatro come forma di protesta si rivelò vastissima, anche in Italia
nacquero diversi gruppi e comunità teatrali. Si aveva la fiducia che il teatro potesse modificare i
comportamenti dello spettatore18, inoltre ci furono notevoli ricerche e progressi nel campo della
teatroterapia e quindi del teatro sociale. Il teatro sociale si distingue poi dal teatro d’arte, da
quello commerciale e da quello d’avanguardia, perché non ha come finalità primaria il prodotto
14 LGBTQ: Lesbian, Gay, Bisexuals, Transexuals, Queer. È una sigla utilizzata come termine collettivo per identificare i membri della comunità omosessuale. 15 «Noi siamo ovunque!» è la frase slogan dei manifestanti durante i moti di Stonewall del 1969. 16 ‘Invertiti’ è un termine dispregiativo utilizzato per schernire i membri della comunità omosessuale. 17 Cfr. Alessandro Iachino. Lindsay Kemp, il trucco è l’anima (teatroecritica.net) 18 Cfr. Valentina Valentini. Nuovo Teatro Made in Italy, Linea del Settanta (1968-1977)
12
estetico, il mercato dell’intrattenimento o la ricerca teatrale, bensì il processo di costruzione
pubblico e privato degli individui19.
Tornando allo spettacolo preso in esame, notiamo chiaramente la necessità di attuare un processo
di sensibilizzazione dello spettatore nei confronti di una tematica così tanto dibattuta in questi
tempi. Andando a vedere lo spettacolo al Teatro Cometa Off di Roma, ho notato la presenza di
diversi gruppi esponenti dei movimenti LGBTQ romani. Spettacoli come questo dimostrano come
la forza e a necessità del teatro di far fronte a questioni sociali considerevoli siano presenti e
determinanti ancora oggi. Da sempre il teatro si fa portavoce di minoranze e diversità, e
personalmente lo considero la fonte artistica più incisiva in questo senso. Per concludere la mia
trattazione su questo spettacolo con le parole di Lindsay Kemp: “Sin dal teatro catartico degli
antichi greci, i cui drammi permettevano quasi di ipnotizzare il pubblico e sollevarne lo
spirito, l’arte ha la funzione di liberare il popolo. Il mio teatro, come la poetica di Genet, Jarman,
Garcia Lorca, Cocteau e altri, ha lo stesso scopo. Il proposito dell’arte è liberare il popolo. Abbiamo
la grande responsabilità di liberare la gente. La mia arte ha – in effetti – lo stesso scopo che hanno
le organizzazioni come Arcigay: aiutare le persone a sentirsi libere. Libere da loro stesse e libere
dai condizionamenti dei regimi”20.
19 Cfr. Claudio Bernardi. Il Teatro Sociale, l’arte tra disagio e cura pp 57 e seg. 20 Cfr. Claudio Finelli. Intervista a Lindsay Kemp (gay.it)
13
Conclusione
Nei due spettacoli analizzati, abbiamo capito quanto il teatro possa mettersi in discussione con la
vita contemporanea. Soprattutto abbiamo compreso che il teatro possiede molteplici,
innumerevoli modi per mettersi in relazione con il suo pubblico. Alla fine, spettacoli come
‘Tropicana’ e ‘Io Che Amo Solo Te’ non sembrano così tanto distanti. Inizialmente i due spettacoli
mi sembravano di natura quasi completamente differente, ma analizzandoli ho compreso che
hanno molti tratti in comune; a partire dall’uso delle scenografie, della tecnologia, fino ad arrivare
alle perforanti e intense performance degli attori che sono stati in grado, in entrambi gli spettacoli,
di toccare l’animo del pubblico. Mi piacerebbe a questo proposito aggiungere una citazione di
Richard Schechner presente nei suoi ‘punti di contatto fra il pensiero antropologico e quello
teatrale’:
“Gli spettatori sono perfettamente consapevoli del momento in cui una performance decolla: si
manifesta una presenza, qualcosa è accaduto. I performer hanno toccato, o hanno smosso il
pubblico, ed è nato un certo tipo di collaborazione, la speciale vita collettiva del teatro.
Personalmente non credo che lo stesso genere di cosa possa capitare con i film o la televisione, la
cui forza sta nell’investire individualmente le persone ma non nel generare energie collettive”.21
Per concludere mi piacerebbe dire che l’esperienza nel teatro contemporaneo è stata magnifica,
poiché mi ha aperto (ulteriormente) gli occhi sulla fondamentale importanza del teatro nella vita
di chiunque e di chi, come me, è versato particolarmente nel campo artistico. L’esperienza mi ha
inoltre spinto a partecipare a mostre, convegni ed eventi riguardanti il teatro, inserendomi
completamente all’interno di questa meravigliosa realtà contemporanea, conferendomi un più
ampio pensiero critico, e un amore ancor più grande per questa arte divina.
21 Cfr. Richard Schechner. Magnitudi della Performance. pp 23.
14
BIBLIOGRAFIA
Bernardi, Claudio. Il Teatro Sociale. Roma, Carocci Editore. 2004
De Marinis, Marco. Capire Il Teatro (Lineamenti di una Nuova Teatrologia). Roma,
Bulzoni Editore. 2008
Finelli, Claudio. Intervista a Lindsay Kemp. Presente in: (https://www.gay.it/cultura/news/lo-
scopo-dell-arte-e-liberare-il-popolo-intervista-a-lindsay-kemp).
Iachino, Alessandro. Lindsay Kemp, il Trucco è l’Anima. Presente in:
(https://www.teatroecritica.net/2018/08/teatro-in-video-lindsay-kemp-il-trucco-e-lanima/). 2018
Lehmann, Hans-Thies. Il Teatro Postdrammatico. Cue Press. 2017
Pavis, Patrice. L’Analisi degli Spettacoli. Lindau. 2004
Rondolino, Gianni. Tomasi, Dario. Manuale del Film. UTET. 2011
Schechner, Richard. “Punti di Contatto Fra il Pensiero Antropologico e il Pensiero
Teatrale” in Magnitudini della Performance. Roma, Bulzoni Editore
Valentini, Valentina. “Il Teatro dei Settanta (1968-1977)” in Nuovo Teatro Made in
Italy. Bulzoni Editore. 2015