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Premessa storica La scelta restauratrice del Congresso di Vienna di ripristinare la situazione geografico - politica antecedente all’esperienza napoleonica, promuove una forte compattazione nazionalistica, maturando quindi le condizioni per la formazione di grandi Stati nazionali. L’oramai inarrestabile processo di industrializzazione stava mutando radicalmente la situazione economica dei principali Stati europei, consolidando la borghesia capitalista, sempre più ricca e potente, a discapito di un proletariato sempre più povero ed emarginato. Ciò condusse in tutta Europa a numerosi moti di rivolta; operai e contadini iniziarono ad organizzarsi sindacalmente, scioperando, e dando quindi avvio ai primi movimenti di ispirazione socialista. Sono proprio queste premesse socio-politiche i punti di partenza per la configurazione di un’idea Romantica. Infatti, i fini del Congresso di Vienna di rinchiudere politicamente e culturalmente ogni Stato all’interno dei propri confini prerivoluzionari avevano fatto sì che venissero meno anche quegli ideali di universalità propri della cultura illuminista e dell’arte neoclassica. Il Romanticismo E’ il movimento letterario dello Sturm und Drang (tempesta ed impeto) a porre le basi per l’affermarsi del movimento romantico europeo. Il concetto di popolo che il Romanticismo esalta è quello legato all’idea di Nazione , cioè di un insieme di individui legati da lingua, religione, cultura e tradizioni. Da ciò deriva una attenzione per quella sfera di sentimenti, affetti e passioni caratteristici di ciascuna individualità. La sensibilità romantica predilige

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Premessa storica La scelta restauratrice del Congresso di Vienna di ripristinare la situazione geografico - politica antecedente all’esperienza napoleonica, promuove una forte compattazione nazionalistica, maturando quindi le condizioni per la formazione di grandi Stati nazionali. L’oramai inarrestabile processo di industrializzazione stava mutando radicalmente la situazione economica dei principali Stati europei, consolidando la borghesia capitalista, sempre più ricca e potente, a discapito di un proletariato sempre più povero ed emarginato. Ciò condusse in tutta Europa a numerosi moti di rivolta; operai e contadini iniziarono ad organizzarsi sindacalmente, scioperando, e dando quindi avvio ai primi movimenti di ispirazione socialista. Sono proprio queste premesse socio-politiche i punti di partenza per la configurazione di un’idea Romantica. Infatti, i fini del Congresso di Vienna di rinchiudere politicamente e culturalmente ogni Stato all’interno dei propri confini prerivoluzionari avevano fatto sì che venissero meno anche quegli ideali di universalità propri della cultura illuminista e dell’arte neoclassica. Il Romanticismo E’ il movimento letterario dello Sturm und Drang (tempesta ed impeto) a porre le basi per l’affermarsi del movimento romantico europeo. Il concetto di popolo che il Romanticismo esalta è quello legato all’idea di Nazione, cioè di un insieme di individui legati da lingua, religione, cultura e tradizioni. Da ciò deriva una attenzione per quella sfera di sentimenti, affetti e passioni caratteristici di ciascuna individualità. La sensibilità romantica predilige

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infatti le persone singole e tutti i fattori culturali ed ambientali che hanno contribuito a formarle. Il presente, per i Romantici, è quindi profondamente intriso di passato, ma mentre il Neoclassicismo faceva riferimento ad un passato ideale (ovvero le antichità greco-romane), il movimento romantico ricerca le proprie radici nel più vicino Medioevo, con i suoi ricchi fermenti nazionalistici. La fede, il sentimento, l’irrazionalità che il “secolo dei lumi” aveva condannato riaffiorano ora in mille forme. Un altro importante carattere del Romanticismo è il sentimento del sublime, teorizzato da Edmund Burke, scrittore ed uomo politico, secondo il quale esso consiste in quel misterioso e affascinante insieme di sensazioni che è possibile provare solo di fronte a certi grandiosi spettacoli naturali, quando le sensazioni che ne derivano “tendono a colmare l’animo di un orrore dilettevole”, “un culmine che fa smarrir la mente di chi non sa guardar oltre”. Fortemente legato al concetto di sublime è quello di genio, ovvero colui che grazie alla sua sensibilità artistica e ai mezzi tecnici che conosce, ci consente di accedere alla vertigine del sublime. Da qui deriva l’inutilità per i Romantici dell’esperienza scolastica, che al massimo può servire per apprendere alcune nozioni tecniche. Sul piano letterario, la cultura romantica predilige il romanzo storico e la poesia dei sentimenti soggettivi. Si arriva a dare dignità artistica anche alle favole e (in Italia) ai componimenti dialettali, simbolo entrambi di un profondo radicamento nelle tradizioni popolari antiche. Sul piano musicale, i compositori romantici – primo fra tutti Beethoven – abbandonano l’armoniosa compostezza del periodo neoclassico orientandosi verso una musica passionale ed evocatrice di sensazioni estreme, fortemente legata agli eventi della natura. Per quanto riguarda la pittura, i soggetti riguardano soprattutto la tradizione favolistica locale e la natura fortemente personificata, che in relazione ai

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sentimenti dell’artista sa essere madre dolcissima o spietata matrigna. Fondamentale, al riguardo, l’apporto di Turner, fortemente connesso al sentimento del sublime.

Joseph Mallord William Turner (1775 – 1851) Turner nasce a Londra nel 1775 in una famiglia di modeste condizioni economiche. Data la sua bravura con il disegno già in età adolescenziale, fu accettato, nel 1789, alla Royal Academy of Arts. Il sublime Una lettura significativa per Turner fu sicuramente l’ “Inchiesta sul Bello e il sublime” di Edmund Burke, ispirato a scritti del I secolo d.C. di autore anonimo in cui venivano espresse le cinque fonti dalle quali, secondo l’autore, il sublime proveniva. L’Anonimo sul sublime si limitava a parlare di “sublime letterario”, un sublime che non investiva l’ambito della natura ma si arrestava alle pagine dei libri. Burke, invece, a secoli di distanza, denota nel suo saggio come cause del sublime il terrore, l’oscurità, la potenza, la privazione, la vastità, l’infinità, la difficoltà, la magnificenza. Per sublime Burke intende qualcosa di ambiguo, che desta al contempo piacere e senso di smarrimento: l'oggetto in questione (mare in tempesta, cielo stellato, montagne) non si adegua spontaneamente a noi e alle nostre facoltà conoscitive, ma ci incute timore perchè manifesta la sterminata grandezza e potenza della natura di fronte alla sterminata piccolezza e impotenza dell'uomo.

Caspar  David  Friederich  Il  viandante  sul  mare  di  nebbia  

1818    

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A quell’epoca, all’Accademia, oltre a Burke, venivano seguiti anche i principi dell’incisore e scrittore William Gilpin, per il quale il valore di un quadro di paesaggio consisteva soprattutto nel pittoresco, ovvero nelle ruvidezze e mutevolezze irregolari della natura, nelle condizioni primitive della campagna non ancora trasformata dalla mano dell’uomo. L’influenza di questi pensieri sugli artisti del periodo portò alla formazione di una sorta di elementi scenici pittoreschi – antiche rovine, pietre coperte di muschio, rocce scoscese, cascate. Così, agli inizi di Turner, la pittura di paesaggio ufficialmente riconosciuta ed accettata dal senso estetico comune era limitatamente legata allo studio diretto della natura. Notevole in questo senso l’apporto di Turner, che agli esordi della sua carriera artistica, era ammirato per la capacità di resa fedele del soggetto e per la precisione rappresentativa del soggetto, dimostrando, per lo meno in una prima fase, un approccio topografico alla pittura di paesaggio. Lorrain Nel 1799 avvenne per Turner l’importante incontro con la pittura di Claude Lorrain (Champagne 1600 – Roma 1682), artista seicentesco di origini francesi, i cui dipinti assumono una fondamentale importanza per l’ evoluzione dell’opera di Turner. Nel suo testamento lega il suo dipinto Didone costruisce Cartagine alla National Gallery , a condizione che venga appeso accanto al Porto di mare con l’imbarco della regina di Saba di Lorrain.

Claude  Lorrain  Porto  di  mare  con  l’imbarco  della  regina  di  Saba,  1648  

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Fu nei quadri di Lorrain che egli sembra aver scoperto la possibilità di una resa pittorica della luce; la luminosità cromatica, le gradazioni pastello, la concentrazione sull’effetto della luce di Lorrain furono fattori che influenzarono profondamete lo stile di Turner per le opere a seguire. I viaggi La pace di Amiens, firmata nel 1802 tra Francia e Regno Unito, permise a Turner e a molti altri artisti inglesi, la possibilità di viaggiare nel continente, in paesi come la Svizzera, la Francia, l’Olanda, il Belgio: non poteva mancare l’Italia, patria dei grandi maestri del passato, in cui Turner soggiornò per la prima volta nel 1819 e visitò città come Torino, Milano, Como, Verona, Roma e Napoli. Sono proprio i numerosi viaggi compiuti da Turner nel corso della propria esistenza ad essere fondamentali per il suo seguito artistico; infatti, sin dal suo viaggio in Scozia nel 1817 il pittore manifesta i primi cambiamenti di stile: comincia ad abbandonare il sentiero tradizionale del realismo oggettuale fino ad arrivare ad una completa rivoluzione che si mostrerà negli acquarelli di questo primo viaggio in Italia . Il viaggio era qualcosa di essenziale per un artista romantico, sempre alla ricerca di nuovi orizzonti, nuovi paesaggi e nuove emozioni.

William  Turner  Didone  costruisce  Cartagine,  1815  

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Venezia, la “scoperta della luce” L’originalità tecnica di Turner come acquarellista esplode con la visita di Venezia, dove il sole italiano lo sorprende a tal punto che non si darà pace fino a quando non sarà riuscito a rendere sulla tela gli straordinari effetti della luce. Contrariamente ai precedenti paesaggisti lavora sulla luce e dipinge nei toni più alti di quanto si sia mai fatto prima. Gli effetti della luce sulla laguna impressionarono l’artista che lavorò instancabilmente riempiendo svariati album di schizzi a matita e ad acquerello; il luogo era perfetto per quello che Turner voleva riuscire ad esprimere e la velocità con cui lavorava raggiunse livelli eccellenti: non voleva lasciarsi sfuggire niente di quella città e di quegli effetti. Volendo sfruttare al massimo il tempo a disposizione preferisce utilizzare questi rapidi schizzi a matita o ad acquerello dove in ogni modo riesce a rendere perfettamente e con facilità le sensazioni che gli suscitava un luogo per lui così affascinante. Quei bozzetti a matita e quegli acquerelli al suo ritorno in patria gli serviranno come base su cui lavorare a dipinti ad olio oppure ad acquerelli di più grandi dimensioni, più rifiniti: il colore acquerellato affiancato da tocchi di colore più corposo porteranno al raggiungimento di effetti atmosferici rarefatti e complessi. Una tecnica che Turner utilizzava e che risultò a lui molto utile per “annotare” con estrema precisione le caratteristiche del paesaggio e dell’atmosfera era quella che consisteva nel preparare dei fogli di carta su cui, dopo aver disteso una mano di grigio, agiva graffiandoli al fine di far riemergere il bianco.Questi album di viaggio sono una parte rilevante della sua opera pittorica che mostrano il momento rivoluzionario della sua carriera artistica: la scoperta della luce. Turner aveva così imparato che le sfumature sulla carta bianca donano una luminosità che non si può raggiungere nella pittura a olio. Il suo lavoro di appunti visivi di viaggio è istintivo, si pone di fronte ad ogni soggetto senza

William  Turner  Il  Canal  Grande  guardando  Rialto,  1819  

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provare la minima soggezione e il suo unico fine è ottenere l’effetto ‘sentito’: non fedele ma ciò che gli ha scatenato dentro. Sempre nei suoi album di schizzi “Como e Venezia”, si può trovare una delle cosiddette “strutture cromatiche”, Colour Beginnings molto simile ad un altro acquerello appartenente allo stesso taccuino: Venezia, veduta verso est dalla Giudecca: aurora. Entrambi mostrano una struttura a strisce orizzontali di colore che si sovrappongono e, nella prima tavola, si intuisce come questo fondo colorato sia pronto ad accogliere ulteriori colori e delicati profili. L’organizzazione cromatica di Colour Beginning può far intuire nell’azzurro chiaro una città in lontananza mentre la fascia bruna ha

William  Turner  Struttura  Cromatica,  1819  

William  Turner  Venezia,  veduta  verso  est  dalla  Giudecca,  1819  

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un valore spaziale come primo piano, l’azzurro più intenso del bordo superiore può essere interpretato come un addensarsi di nubi. La tavola più elaborata, Venezia, guardando est verso la Giudecca: aurora, mostra come si può rendere percepibile un paesaggio con pochi ma efficaci tocchi di colore. La città appare in lontananza mentre profili più nitidi di gondole si lasciano riconoscere nelle forme brune e più sommarie del primo piano. Se l’impianto cromatico descritto in Colour Beginning è motivabile come una fase del processo con cui l’artista cerca di suscitare una rappresentazione, e quindi non è da considerarsi come lavoro finito, troviamo in seguito anche lavori che non mirano alla resa di un’immagine ben definita. Con frequenza crescente, infatti, il pittore non si lascia guidare soltanto dall’oggetto naturale com’è visto, ma sempre più dall’effetto proprio delle stratificazioni cromatiche trasparenti o dal flusso dei pigmenti bagnati e dalla loro essiccazione sulla carta. Tramonto fra nubi scure può essere riferito ad un luogo preciso, ma non lo deve necessariamente essere. Rispetto a delle tavole ‘finite’, dove il trattamento cromatico agisce su un soggetto ben definito rendendo l’unità attraverso il colore, in questa Turner dà libero sfogo al colore che, con le sue sfumature, può creare delle forme. Si nota un cerchio rossastro che inonda dello stesso colore le nubi a sinistra in contrasto con la fascia inferiore dominata dal grigio, nero ed azzurro che si estende orizzontalmente per tutta la

Mark  Rothko  Senza  Titolo,  1963  

William  Turner  Tramonto  fra  nubi  scure,  1826  ca.  

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larghezza del dipinto. Ad un primo sguardo questa parte più scura sembra stesa senza sfumature, ma osservando meglio ci accorgiamo di una sottile differenziazione di colore. L’orizzonte è scuro sopra la parte inferiore, che è invece leggermente più tenue con toni rossastri al centro. L’interpretazione che sembra prender forma in noi è di uno specchio d’acqua che riflette il sole infiammato, mentre per la parte superiore l’interpretazione è più ricca di sfaccettature potendo scorgere le nubi e le loro ombre oppure un paesaggio di là dall’acqua. L’acqua è un elemento che assume una fondamentale importanza nel lavoro di Turner, è sicuramente il tema dominante sino alla fine della sua carriera: gran parte dei soggetti che rappresenta si trovano sulle sponde di uno specchio d’acqua, nel quale creano riflessi di forma e di luce. Il colore rosso deve esser stato steso in precedenza in modo che lo scuro, pur coprendolo in parte gli permettesse di mantenere un tono caldo: si ottiene l’effetto di un irraggiamento che avviene trasversalmente e che si unisce alla forte sensazione di profondità. Prospettiva Il viaggio italiano di Turner non si conclude con Venezia: l’artista raggiunse Roma sul finire di Settembre del 1819. Di questo primo soggiorno romano fa parte un disegno, Roma vista dal Vaticano, che servirà da schema per una tela ad olio che l’artista eseguirà nel 1820. Questo disegno è uno dei molti esempi che provano come Turner sapesse dominare anche complesse vedute prospettico - lineari. Turner, infatti, fu eletto professore di prospettiva alla Royal Accademy nel 1807 e lo fu sino al 1837, insegnando non solo le regole della prospettiva lineare ma anche tutti i problemi legati alla rappresentazione dello spazio. È tipico però della sua evoluzione stilistica andare sempre oltre fino a superare e

William  Turner  Roma  vista  dal  Vaticano,  1819  ca.  

William  Turner  Studio  per  Roma  vista  dal  Vaticano,  1819  

ca.  

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trascurare, nell’opera tarda, tutte le regole della prospettiva per giungere al cromatismo puro. Ciò che più sorprende è che il dipinto ha un primo piano costruito in modo oscuro, tanto da non consentire all’osservatore di districare e capire l’organizzazione spaziale della Loggia. Raffaello è seduto su di una balaustrata in pietra, vicino a cui è situata una figura femminile, che sembra ruotare in avanti sconcertando l’osservatore che non capisce come tale balaustrata possa proseguire sul lato sinistro della scena. In primo piano sono visibili dei quadri disposti su di un tavolo rivestito di rosso: tali quadri sono misteriosamente appoggiati o sostenuti da qualcosa ma è impossibile capire qual è l’oggetto che gli permette di essere sostenuti, così come è impossibile definire un tavolo, o piuttosto un gradino, quello a cui sono appoggiati. Le proporzioni delle figure maschili sono poco chiare e mettono in rilievo la minutezza della figura femminile, incoerente nel sistema spaziale circostante. Incoerente è anche il passaggio dal primo piano a sinistra agli edifici retrostanti: la facciata dell’edificio più grande è creata da linee che, data la loro direzione, non possono convergere in nessun punto di fuga. Tutti questi aspetti mirano a chiarire come la struttura prospettica non fosse determinante nella resa del soggetto, costruito quindi al di fuori di una rappresentazione spaziale sistematica. Le critiche in occasione dell’esposizione dell’opera furono molte ma non era comunque ipotizzabile che un maestro della prospettiva potesse aver sbagliato l’impostazione: l’errore era volontario. In seguito, l’interesse dell’artista per la luce lo portò spesso a trascurare l’accuratezza del disegno: questo suo tendere a non dare troppa importanza al soggetto per dedicarsi agli effetti atmosferici può essere raccontato da un aneddoto a proposito dell’opera Mortlake Terrace che mostra il tramonto a

William  Turner  Roma  vista  dal  Vaticano.  Raffaello,  accompagnato  dalla  Fornarina,    

lavora  ai  suoi  quadri  per  la  decorazione  della  Loggia,  1820  

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Mortlake. Mentre Turner stava ancora completando l’opera, Edwin Lanseer, amico pittore e collega di Turner alla Royal Academy, notò che mancava qualcosa per attirare l’attenzione al centro del quadro: in un momento di assenza dell’artista Lanseer ritagliò un cagnolino di carta e lo attaccò al centro, sul parapetto, proprio dove noi adesso lo vediamo. Turner, quando si rimise al lavoro ritoccò il cagnolino con la massima indifferenza e continuò a dipingere concentrandosi sulla luce. La Catastrofe come sublime Dopo aver visitato Roma, Turner scese a sud, facendo tappa a Napoli, dove aveva sperato di essere presente per l’eruzione del Vesuvio, che però avvenne quando l’artista era già di ritorno verso l’Inghilterra. Tale soggetto era però già stato rappresentato dal pittore in due acquarelli del 1817 – 1818, ispirandosi ad un disegno o una stampa di un altro artista. Il pittore rappresenta spesso nel corso della propria carriera artistica, catastrofi naturali e gravi disagi meteorologici e Vesuvio in eruzione non è l’unico esempio; questo gusto è ovviamente in perfetta sintonia con la tematica del sublime.

William  Turner  Mortlake  Terrace,  1827  

William  Turner  Vesuvio  in  eruzione,  1817  

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In questo caso la natura non è rappresentata come minaccia dell’incolumità dell’uomo, ma diventa potenza incontrollabile che scatena morte e distruzione; di fronte a tutto ciò all’uomo non rimane che arrendersi. Le tempeste e le battaglie marine raffigurate, oltre a Turner anche da altri pittori dell’Ottocento stanno a sottolineare, allacciando perfettamente al forte sentimento della fede tipico dei romantici, l’uomo che in balia delle onde non può far altro che attendere la clemenza divina. Il cataclisma in mare è anche immagine della perdita della stabilità e dello smarrimento delle capacità tecniche umane di controllo della propria vita. Ovvio è che questa tematica è contraria agli ideali razionalistici tipici dell’Illuminismo, ma è perfettamente compatibile con il sentimento irrazionale romantico. La furia scatenata del mare in tempesta che domina l’uomo è rappresentata in modo sublime ne Il naufragio di Turner.

William  Turner  Il  naufragio,  1817  

Theodore  Gericault  La  zattera  della  medusa,  1818-­‐19  

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La rappresentazione della figura umana Introducendo personaggi nei suoi paesaggi, Turner seguiva un’esigenza dell’epoca. Per questo non attribuì mai loro un ruolo determinante, come faceva, per esempio, Caspar David Friederich. Nei sui quadri, Friederich presenta ripetutamente delle figure intente all’osservazione della natura, anche se l’uomo rappresentato non fa parte di essa, ma le si contrappone. La figura umana, in Friederich ha la funzione di far immedesimare l’osservatore del quadro in sé stessa, di far meglio confrontare il pubblico dell’opera con la grandezza della natura. Turner invece nelle sue opere tarde introduce degli uomini, ma si tratta sempre di gruppi, che l’osservatore avverte come parte dell’evento naturale. Così, per esempio, in Scena di festa in laguna egli accenna soltanto delle figure – non è chiaro se si trovino su delle barche o su di una banchina –, il loro movimento d’insieme, i loro

Caspar  David  Friederich  Monaco  in  riva  al  mare,  1808  -­‐  10  

William  Turner  Scena  di  festa  in  Laguna,  Venezia,  1845  ca.  

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riflessi sull’acqua, ma nessun interlocutore, nessun individuo che compia l’azione di mediazione tra il pubblico ed il paesaggio. La teoria dei colori Turner, fra i grandi pittori dell'800, fu quello che probabilmente impegnò uno sforzo maggiore nell'intento di formulare una propria teoria dei colori. Egli tenne, nel 1811, una conferenza alla Royal Academy, nella quale cercò di definire gli estremi di una possibile personale teoria dei colori. In questa conferenza Turner dimostrò pubblicamente la sua profonda conoscienza sia degli studi sui colori di Newton che di quelli di Goethe. Definì, inoltre, in modo chiaro, la differenza fra quelli che lui chiamava i colori "prismatici", generati dalla scomposizione della luce attraverso il prisma, ed i colori "materiali", cioè quelli dei pigmenti adoperati dai pittori. Turner affermò che dalla miscela dei primari "materiali" (giallo, rosso e azzurro) veniva fuori un grigio torbido, mentre dalla miscela dei primari "prismatici" (luci colorate) veniva fuori il bianco. La sua intuizione era corretta, se non fosse che commise l'errore di considerare come colori primari prismatici: il giallo, l'azzurro ed il rosso, mentre, come aveva dimostrato Young ed in seguito avrebbero dimostrato Von Helmholtz

William  Turner  Disco  dei  colori  n.1,  1822-­8  

William  Turner  Roma,  il  foro  con  un  arcobaleno,  1819  

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e Maxwell, i colori primari della luce sono: il verde, il blu ed il rosso. Turner studiò con grande interesse le teorie dei colori e della visione, in particolare quella di Newton e quella di Goethe. Egli, più che aderire ad una teoria in particolare, le adoperò, via via, come fonti di ispirazione per la realizzazione delle sue opere. Studiò con attenzione diversi fenomeni come l'apparizione degli arcobaleni, il rapporto visivo tra colori complementari, il colore delle ombre in rapporto al colore dominante della luce (capì che una luce fortemente colorata, produce ombre che vengono percepite come del colore complementare: luce rossa, ombra verde azzurra; luce gialla, ombra violacea). Turner fu molto affascinato dalla teoria dei colori di Goethe. Il fatto che il poeta tedesco considerasse i colori come una reazione intima, poetica, della personalità alle sollecitazioni della natura, si accordava con l'animo romantico del pittore Inglese. Opere significative Regolo, 1828 Dipinto a Roma nel 1828 e rielaborato in Inghilterra nel 1837, l’olio ha per soggetto il reimbarco per Cartagine di Marco Attilio Regolo. Il condottiero romano, fatto prigioniero dai Cartaginesi, era stato rinviato in patria per trattare lo scambio dei prigionieri e convincere Roma ad arrendersi. Giunto in città, però, aveva sconsigliato ai cittadini di accettare le proposte dei nemici e aveva consigliato di continuare con la guerra. Tuttavia, dato che oramai aveva dato la parola di tornare a Cartagine dopo aver annunciato a Roma il messaggio, tornò a

William  Turner  Regolo,  1828  

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Cartagine, dove subì il taglio delle palpebre e fu poi ucciso facendolo rotolare giù da una rupe rinchiuso in una botte. La luce, accecante, quasi bianca, del sole che si trova basso sull’orizzonte, rappresenta o la premonizione del destino crudele a cui Regolo andava incontro oppure la visione sublime della luce che i suoi occhi, privi di palpebre, ricevevano al massimo della potenza. La luce, che è come diffusa dai vapori, rende vaghe le forme del porto e degli edifici in lontananza. La luce, dorata e gloriosa, crea un ampio fascio luminoso che fonde cielo e acqua e suggerisce il cammino di Regolo verso la gloria eterna degli eroi. Notevole il riferimento al dipinto Porto di mare con l’imbarco della regina di Saba di Claude Lorrain. Ombra e tenebre. La sera del Diluvio, 1843 Questo dipinto costituisce sicuramente uno dei più raffinati punti di arrivo nella ricerca artistica di Turner. Il pittore descrive lo stato della terra corrotta nel momento in cui le acque si stanno per abbattere su di essa per purificarla, utilizzando l’opposizione cromatica tra toni caldi e luminosi nella porzione centrale e nelle estremità inferiori alle forti e cupe ombre che si addensano in basso a destra e nell’arco superiore. In prossimità del centro della tela si scorge una massa globulare di luce, forse il sole o la luna, che da un senso di enorme sfondamento prospettico. Nel centro geometrico del quadro è percepibile

William  Turner  Ombra  e  tenebre.  La  sera  del  diluvio,  1843  

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un’ombra in lontananza, interpretabile come l’arca, dato che proprio verso quel punto sembra muoversi una fila di animali, percepibili anche in primo piano; il cielo è attraversato da una fila di uccelli neri disposti in forma di semicerchio. L’immensità del cielo è ridotta ad uno spazio esiguo, essendo limitata in alto da una spessa coltre di nubi nere. Il precipitare dell’acqua è reso secondo l’effetto già sperimentato dal pittore nell’opera Tormenta di neve: Annibale e il suo esercito attraversano le Alpi. Riguardo la bufera, evidenti anche le analogie con i disegni di Leonardo da Vinci, della serie dei Diluvi.

William  Turner  Tormenta  di  neve:  Annibale  e  il  suo  esercito  

attraversano  le  alpi,  1812  

Leonardo  da  Vinci  Città  al  centro  di  un  vortice,  1516  ca.  

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Luce e colore: il mattino dopo il diluvio, 1843 In questo dipinto è evidente l’influenza della lettura della traduzione della teoria dei colori di Goethe, che nel suo libro descrive la capacità del rosso e del giallo di provocare sentimenti positivi. Turner, infatti, utilizza questi colori per mettere in rilievo il potere creatore e vivificante della luce. Infatti, il mattino dopo il diluvio è il giorno della rinascita, dell’inizio, della speranza di un nuovo ordine di cose. Vaghe forme umane sono trascinate, in un abbandono totale, nel vortice di luce, mentre Mosè, seduto, scrive la Genesi ed un serpente, eretto al centro del vortice ricorda la storia salvifica vissuta dagli ebrei, come narrata nel Vecchio Testamento. Il vortice del colore, che ricorda l’aurora, attrae verso il suo interno l’umanità, che si dirige verso un radioso futuro. In questo quadro Turner attua un processo di liberazione del colore dalla forma, ponendo il mattino dopo il diluvio in una dimensione spirituale.

William  Turner  Luce  e  colore:  il  mattino  dopo  il  diluvio,  1843  

William  Turner  Luce  e  colore:  il  mattino  dopo  il  diluvio,  1843  

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Pioggia, vapore e velocità – la grande ferrovia dell’Ovest, 1845 Il dipinto mostra nelle zone superiori un fine tessuto di toni gialli, rischiarati nella grande superficie bianca e scuriti da ombre grigio-azzurre. In basso a sinistra gli stessi toni si ripetono, in modo più fitto e con colore sparso in modo più diffuso. Da questa diffusione, nel bordo inferiore sulla destra, appaiono due rette scurissime, dipinte con un tono marrone e nero. Si possono interpretare come il ponte su cui il treno sta per transitare. Ma nel quadro il treno rimane immobile; la forte sensazione di movimento, infatti, riguarda solamente gli altri elementi: la parte frontale della locomotiva sembra ferma, poiché dipinta in modo nitido, senza linee mosse o sfumate. L'insieme dà un'impressione di grande velocità e sembra impossibile fissare l'immagine nei suoi particolari. Turner raffigura il treno positivamente, come simbolo del progresso tecnologico. Infatti siamo in epoca vittoriana, in piena rivoluzione industriale, e il treno è il simbolo dell'insorgente modernità. Al contrario dei suoi contemporanei che spesso si dimostravano poco entusiasti dell'era del vapore, William Turner si volge con interesse e passione alla nuova epoca, rendendole omaggio. Ambigua, a detta di alcuni critici, la presenza di una lepre che corre davanti alla locomotiva. Secondo alcuni di essi, infatti, essa rappresenterebbe la natura che sta per essere schiacciata dal processo tecnologico, ma secondo George Leslie, un amico di Turner che osservò il lavoro pittorico nei giorni precedenti alla prima esposizione del quadro, nelle intenzioni del pittore la lepre era il simbolo della velocità. Infatti, secondo una metafora che all'epoca era di moda, la rapidità della lepre rappresentava un'allegoria delle forze della natura.

William  Turner  Pioggia,  vapore  e  velocità,  1844  

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Bibliografia: - Enciclopedia “La storia dell’arte”, Electa, vol 14, Il Romanticismo - Itinerario nell’arte, Giorgio Cricco, Francesco Paolo di Teodoro, Zanichelli, vol.3 dall’Età dei Lumi ai giorni nostri - Itinerario nell’arte, Giorgio Cricco, Francesco Paolo di Teodoro, Zanichelli, vol.2 da Giotto all’Età Barocca - Turner, Michael Bockemuhl, Taschen - Romanticismo, Norbert Wolf, Taschen - Abstract Art, Dietmar Elger, Taschen - Teoria dei Colori, Johann Wolfgang von Goethe - www.tate.org.uk - www.william-turner.org - www.britishmuseum.org