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STORIE DI ECCELLENZA E INNOVAZIONE 18 PC: ULTIMA CHANCE Il personal computer tradizionale è morto? L'ascesa dei nuovi dispositivi e le possibilità di sopravvivenza dei vecchi formati. BIG DATA Non ci sono dubbi sui vantaggi competitivi assicurati dall'analisi dei dati. Ma i progetti ancora non decollano: perché? 40 26 NUMERO 5 | GIUGNO 2013 DA CAPUA AGLI STATES ESPLORATORI DELL’HI TECH Raffaele Petrone guida Pierrel, multinazionale partenopea del settore medico e farmaceutico, alla conquista dei mercati mondiali grazie a innovazione di processo e informatica. HELLO CHINA Un reportage fotografico dalla sede di Huawei, nuovo colosso mondiale delle telecomunicazioni. Distribuito gratuitamente con “Il Sole 24 ORE”

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Magazine Technopolis N° 5 giugno 2013

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Storie di eccellenza e innovazione

18 pc: ultima chanceil personal computer tradizionale è morto? l'ascesa dei nuovi dispositivi e le possibilità di sopravvivenza dei vecchi formati.

big datanon ci sono dubbi sui vantaggi competitivi assicurati dall'analisi dei dati. Ma i progetti ancora non decollano: perché?

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nUMero 5 | GiUGno 2013

da capua agli states esploratoridell’hi tech raffaele petrone guida Pierrel, multinazionale partenopea del settore medico e farmaceutico, alla conquista dei mercati mondiali grazie a innovazione di processo e informatica.

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SOMMARIO 04 storie di copertina

L’innovazione traccia la rotta: Pierrel

11 in eVidenZa

Microsoft aggiorna Windows 8

Che Intel sarà con il nuovo Ceo?

Cedacri cresce e punta a nuovi mercati

Google rilancia sui servizi

Tecnologia touch e nuovi tablet per Acer

Una nuvola senza rischi: la promessa di Hitachi DS

L’opinione: Perché non ridurre i consumi dei Pc?

18 scenari Big Data: un’occasione o un azzardo?

Oltre la BI con i Visual Analytics

Byod in Italia, un paradigma incompiuto

Il Pc tradizionale non si vende più?

Ma in Italia il “vecchio” desktop tira ancora

31 ecceLLenZe.it

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Beretta - Oracle

36 itaLia digitaLe Dove si è persa l’agenda magica?

Cloud, Open Source, e-Procurement: la PA cambia marcia

40 oBBiettiVo sU

Huawei

47 Vetrina Hi tecH

I protagonisti dell’era post-Pc

Pillole digitali

Storie di eccellenza e innovazione

N° 5 - Giugno 2013

Periodico bimestrale registrato

presso il Tribunale di Milano al n° 378

del 09/10/2012.

direttore responsabile: Emilio Mango

coordinamento: Gianni Rusconi

Hanno collaborato: Piero Aprile,

Luca Bastia, Valentina Bernocco,

Federico Cociancich, Carlo Fontana,

Seann Gardiner, Laura Tore

progetto grafico: Inventium Srl

sales and marketing: Francesco Proietto

iniziative speciali: Salvatore Losco

Business development: Anselmo Barbieri

Foto e illustrazioni: Istockphoto.

Copertina e storie di copertina: Roberto

Pierucci - ag. Agrelli&basta

editore, redazione, pubblicità: Indigo Communication Srl

Via Faruffini, 13 - 20149 Milano

tel: 02 36505844

[email protected]

www.indigocom.com

Stampa: RDS Webprinting - Arcore

© Copyright 2012

Indigo Communication Srl

Tutti i diritti di proprietà letteraria

e artistica riservati.

il sole 24 ore non ha partecipato alla realizzazione di questo periodico e non ha responsabilità per il suo contenuto.

Pubblicazione ceduta gratuitamente.

4 | GIUGNO 2013

l'innovazione traccIa la rOtta per I mercatI GlObalI

SToRia Di CoPeRTina | Pierrel

Anche nel settore medico e farmaceutico la ricerca ha costi sempre più alti. Multinazionali e governi ricorrono, così, a servizi esterni. Pierrel, grazie alle ultime acquisizioni e ai suoi processi produttivi all'avanguardia, è in pole position per giocare un ruolo di primo piano a livello mondiale. Con l'orgoglio di essere l'unica impresa non statunitense a operare sul territorio Usa nel segmento degli anestetici locali per l'odontoiatria.

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Milioni di tubofiale che, partendo da Capua, at-traversano l’Atlantico e invadono il mercato de-

gli Stati Uniti. Non è la trama di un film di fantascienza ma uno dei tanti miraco-li italiani che, se si osserva con attenzio-ne il panorama delle eccellenze nostra-ne, si possono ammirare tutti i giorni. Questa volta la storia di successo ha come protagonista Pierrel. E la tecnolo-gia è, guarda caso, il fil rouge che unisce le tante anime del gruppo, una tipica

“multinazionale tascabile” che opera nel settore medico e farmaceutico.Ma torniamo alla “invasione” degli Usa: le tubofiale non sono altro che piccoli contenitori di vetro e plastica che, nel caso specifico, racchiudono una prepa-razione, nostro malgrado, conosciuta: il liquido anestetico usato dai dentisti (una formulazione a base di Articaina). Raffaele Petrone, amministratore dele-gato di Pierrel nonché maggior azionista attraverso la finanziaria di famiglia Fin Posillipo, spiega in poche parole come

è riuscito a entrare in un mercato pra-ticamente impossibile da conquistare: “Abbiamo ottenuto il benestare della Food and Drug Administration (Fda) perché la nostra formulazione e il nostro processo produttivo sono stati giudicati idonei. Siamo gli unici fornitori di ane-stetici dentali in tubofiale al mondo ad aver ottenuto questo riconoscimento: al momento, quindi, a poter operare nel mercato Usa ci siamo solo noi e le azien-de statunitensi”.Per centrare l’obiettivo dell’autorizzazio-

gRuPPo TaSCabileProvider globale dell’industria farmaceutica e del life science, Pierrel opera sul mercato da oltre 60 anni. Quotata al Mercato Telematico Azionario di Borsa Italiana, è uno dei principali produttori europei di anestetici locali, nonché l’unico ad avere l’autorizzazione della Fda (Food & Drug Administration) per la commercializzazione sul territorio Usa di anestetici per interventi odontoiatrici.Il piccolo gruppo multinazionale italiano, il cui azionista di mag-gioranza relativa è la Fin Posillipo della famiglia Petrone, è formato da Pierrel Research International, che controlla a sua volta oltre 20 società e che opera nel settore dei servizi integrati per la ricerca di molecole e medicinali, da Con-tract Manufacturing, che gravita attorno allo stabilimento di Capua e che produce sia a marchio Pierrel sia per conto terzi, e infine da Pierrel Pharma, che si occupa di gestire e sviluppare i brand del gruppo.Di recente, Pierrel ha firmato un accordo per l’integrazione indu-striale della sua divisione ricerca con Mondobiotech, quotata alla Borsa di Zurigo.Se

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6 | GIUGNO 2013

SToRia Di CoPeRTina | Pierrel

ne Fda, che Petrone ha caparbiamente voluto anche per aggiudicarsi un premio tangibile e spendibile dell’eccellenza di Pierrel, ci sono voluti importanti inve-stimenti e un pizzico di genio italico. “La differenza tra il nostro processo pro-duttivo e quello di tutti gli altri”, spiega Toni Valente, il direttore dello stabili-mento di Capua (provincia di Caserta) dove vengono prodotte le tubofiale, “è che noi operiamo sempre in regime di asepsi, mentre tutti gli altri sterilizzano il prodotto solo alla fine, sottoponen-do la sostanza ad alte temperature che provocano un degrado di alcuni compo-nenti. Potendo sfruttare questo metodo innovativo, siamo anche stati in grado di realizzare una formulazione che si adattasse meglio ai componenti della fiala, specialmente le parti in plastica e in gomma”. Il risultato è un anestetico particolarmente puro ed efficace, che nel caso del prodotto commercializzato direttamente da Pierrel prende il nome di Orabloc, e offre migliori prestazioni agli odontoiatri e più sicurezza ai pa-zienti. Orabloc sarà ora distribuito an-che in Europa (a partire dalla Polonia, dove è arrivato in maggio, e poi in Ger-mania, Austria, Regno Unito e Francia), avendo ottenuto l’ok dell’agenzia del farmaco tedesca BfArM.

la tecnologia è il cuore pulsanteSe la creazione di anestetici locali e regionali, attraverso un metodo pro-duttivo all’avanguardia, è una branca importante di Pierrel, l’innovazione tec-nologica la fa da padrona anche quando si toccano i nuovi business nei settori medicali e delle biotecnologie, sviluppi più recenti dell’attività della multina-zionale. Il passo più deciso la famiglia Petrone lo ha fatto entrando nel capitale di Mondobiotech, società svizzera spe-cializzata nella ricerca medica attraverso i sistemi informatici (si veda la pagina a fianco), ma in arrivo ci sono almeno al-tre due soluzioni hi-tech che potrebbero aprire nuovi mercati e prospettive.La prima si chiama Goccles ed è già

Il cuore produttivo di Pierrel è a Capua, in provincia di Caserta. Lo stabilimento è in grado di”sfornare”, in condizioni di asepsi, 150 milioni di tubofiale l’anno.

molto più di un prototipo. Sviluppato insieme all’Università Cattolica del Sa-cro Cuore di Milano, consente la dia-gnosi precoce dei tumori del cavo orale (che se individuati subito possono essere curati nel 95% dei casi) tramite l’illu-minazione dei tessuti e l’osservazione attraverso un particolare filtro. “Si tratta di un sistema rivoluzionario”, racconta Fabio Velotti, amministratore di Pierrel Pharma, “perché invece di puntare su una fonte luminosa sofisticata (e quindi costosa anche per gli odontoiatri), uti-lizza una lampada fotopolimerizzante, già presente in tutti gli studi dentistici, e sfrutta un filtro innovativo montato su

particolari occhiali, che sono alla porta-ta di tutti i professionisti e che aiuteran-no a diagnosticare in tempo moltissimi tumori del cavo orale. Goccles è già una realtà: a giugno partirà la sperimentazio-ne in sei centri ospedalieri e subito dopo potrà iniziare la commercializzazione”.L’altra soluzione, chiamata per il mo-mento “Smile”, è ancora in fase di svi-luppo. Si tratta di un kit per la rileva-zione precoce e non invasiva delle carie: identificando la presenza di una partico-lare proteina, Smile è in grado di aiutare i dentisti a curare meglio i pazienti, che sono poi gli utenti finali di Pierrel.

Emilio Mango

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Dopo aver fondato Fastweb insieme a Silvio Scaglia, Ruggero Gramatica, una laurea in ingegneria e un master in finanza all’Università di Chicago, sce-glie di trasferirsi armi e bagagli a Lon-dra, dove riesce a dare seguito a una serie di idee maturate anni prima, du-rante le ricerche in matematica appli-cata realizzate presso il King’s College. Il suo pallino è la “Econofisica”, una di-sciplina che mutua i modelli matemati-ci dalla fisica e li applica all’economia e alla finanza per descriverne i cicli. Tre anni fa l’incontro “fatale” con Mon-dobiotech e l’intuizione che i modelli potevano essere adattati anche alla ricerca medica.“Volevo ampliare il raggio d’azione dei miei algoritmi”, dice Gramatica. “En-trando in contatto con la svizzera Mon-dobiotech capii che potevano essere usati per scoprire nuove connessioni tra molecole e malattie, ed elaborai la soluzione Search&Match. Conte-stualmente, gli azionisti della società mi chiesero di prenderne la guida per risanarla e rilanciarla”.Il nuovo capitolo di Mondobiotech viene scritto insieme a Pierrel, in un’o-perazione di fusione che porterà le attività di ricerca del gruppo italiano a confluire nella società svizzera, di cui la multinazionale avrà la maggioranza.Search&Match è oggi una delle armi più promettenti di Pierrel: un algorit-mo che, girando su semplici computer basati su Unix, può esaminare milioni di documenti scientifici, alla ricerca di legami utili tra concetti relativi a pro-cessi biochimici. Si tratta, in fondo, di un’applicazione pratica dei tanto decantati Big Data. “L’algoritmo co-struisce un grafico complesso”, spiega Gramatica, “una nuvola di occorrenze

e relazioni tra entità biologiche, chimi-che e mediche. È qui che entrano in gioco la teoria dei grafi e la meccanica, per trovare percorsi che l’occhio e la mente umana da soli non potrebbero rilevare.”Analizzando documenti scientifici e medici di tutto il mondo, l’algoritmo ri-leva i “Mechanism of Action” nascosti, cioè la modalità di azione delle mole-cole. Centrando due obiettivi: il drug rescue, il salvataggio di piccole mole-cole e farmaci biologici il cui sviluppo è stato abbandonato prima che fosse-ro approvati; e il drug repurposing, lo studio di molecole e farmaci approvati, finalizzato a reindirizzarli verso il tratta-mento di altre indicazioni.

i big DaTa per cercarenuove molecole

Ruggero Gramatica

Un grafo generatoda Search&Match

8 | GIUGNO 2013

SToRia Di CoPeRTina | Pierrel

Petrone, amministratore delegato di Pierrel, “la linea di produzione e la for-mulazione degli anestetici locali erano di tipo tradizionale. Noi, però, volevamo dare all’attività una marcia in più, e ab-biamo cercato di innovare sia l’una che l’altra”.Petrone tiene con sé Bob Verrengia, il “vecchio” ed esperto tecnico formulatore dello stabilimento e, insieme, volano a Chicago per trattare l’acquisto di mac-chinari innovativi, che però non aveva-

Tradizione e hi tech, ma il paziente è in primo piano

Attenzione per le risorse umane, passione e tecnologia. Questa la ricetta alla base della strategia di Pierrel, che ora copre tutta la filiera dei servizi per la ricerca medica e farmaceutica. Senza dimenticare l'obiettivo finale: la salute e il benessere dell'individuo.

era il 1898 quando Raffaele Pe-trone (nonno dell’omonimo attuale amministratore dele-gato) aprì la prima farmacia

in provincia di Avellino. Probabilmente trasmise ai suoi figli la passione per la medicina ma anche per il business, visto che oggi Carmine (il figlio) e i tre nipoti controllano una delle poche aziende far-maceutiche italiane quotate.Dopo 60 anni di attività ed esperienza, il gruppo, oggi maggior azionista di Pier-

rel, ha assunto una sua fisionomia ancora più precisa in seguito all’accordo per la fusione con la svizzera Mondobiotech. Ora, le tre anime della multinazionale campana sono distinte e sinergiche: la ri-cerca condotta in campo internazionale, la produzione (per i propri brand e per terzi) e la strategia commerciale e marke-ting. Ma il primo successo Pierrel lo deve all’innovazione dei processi.“Quando abbiamo rilevato lo stabili-mento di Capua”, racconta Raffaele

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Pierrel produce e commercializza il proprio anestetico a base di articaina, denominato Orabloc. Una parte dell’attività del gruppo è però dedicata alla ricerca e alla produzione per conto terzi.

Nella pagina a fianco, in senso orario, Maria Teresa Ciccone, Fulvio Citare-do, Raffaele Petrone, Fabio Velotti e Toni Valente.A destra, davanti allo stabilimento Pierrel di Capua, tutto lo staff dell’a-zienda.

no consentito all’azienda proprietaria di ricevere l’autorizzazione della “temibile” Food & Drug Administration (Fda) americana, che pretende altissimi e rigidi standard qualitativi.Pierrel non solo ottiene il benestare per il processo, ma viene anche premiata per la particolare formulazione dell’anestetico, che risulta avere caratteristiche di ecce-zionale purezza e sicurezza.“Siamo gli unici produttori non statuni-tensi di tubofiale di articaina (questo il nome del principio attivo, ndr) al mon-do ad avere l’autorizzazione per la distri-buzione in Nord America”, ribadisce con orgoglio Fulvio Citaredo, direttore ge-nerale di Pierrel, “ma l’eccellenza dell’a-zienda non si ferma alla produzione. La nostra frontiera al momento è rap-presentata dalla ricerca clinica, portata avanti da Pierrel Research International, una società che pur non potendo anno-verarsi tra i big mondiali è sicuramente la più solida e attiva tra le realtà di di-mensioni contenute”.Grazie al recente accordo con la svizzera Mondobiotech (vedere articolo nelle pa-gine precedenti), il gruppo Pierrel ha poi completato la filiera che va dalla “caccia”

di molecole e principi attivi potenzial-mente utili a sconfiggere malattie, fino alla gestione della ricerca clinica vera e propria, che Pierrel realizza per se stessa ma anche per conto terzi.“Di solito il nostro contributo inizia dopo che una grande multinazionale ha individuato una molecola interessante e, per contenere i costi, delega a noi le fasi successive della ricerca”, spiega Ci-taredo. “Mission cui assolviamo grazie a Search&Match, un algoritmo mate-matico importantissimo nella gestione dell’imponente patrimonio di dati che la ricerca genera, dati oscuri all’umana comprensione”.

L’informatica per vincereNelle fasi successive agli studi pre-clinici le aziende del settore medico e farmaceu-tico hanno bisogno di poter gestire con efficienza le informazioni e i documenti relativi alla ricerca. Qui si innesta un ul-teriore tassello dell’offerta, ad alta tecno-logia, di Pierrel: una piattaforma basata su Web, sviluppata prima a uso interno e poi resa disponibile sul mercato. Si trat-ta di Hypersuite, una soluzione per la raccolta, l’archiviazione e lo scambio dei

documenti per la gestione, l’analisi e il reporting dei test clinici.Già utilizzato in oltre 400 studi, Hyper-suite permette una più ampia visibilità dei risultati, una gestione centralizzata (quindi più sicura) dei dati e una mag-giore efficienza dei ricercatori, i quali possono usare un’interfaccia semplice e intuitiva, che non richiede particolari competenze tecniche. “Il risultato finale”, dice a Technopolis Maxime Stevens, global business de-velopment di Pierrel, “è un risparmio sensibile di tempi e costi della fase di ricerca dei farmaci che, come è noto, in-cide per il 50-70% sulle spese sostenute dalle aziende farmaceutiche per portare un nuovo prodotto sul mercato. Una migliore comunicazione e collaborazio-ne tra i gruppi di lavoro e l’eliminazione di gran parte della carta, due dei tanti vantaggi offerti da HyperSuite, rappre-sentano già da soli importanti voci di risparmio e recupero di efficienza”.“Tutti vantaggi”, come Petrone ama sot-tolineare, “di cui beneficiano in ultima analisi i pazienti, che avranno disponibili farmaci in tempi più brevi”. E.M.

11GIUGNO 2013 |

Il cambiamento è in rampa di lancio: Windows 8.1, nome ufficiale del primo grande aggiornamento, gratuito e scari-cabile dal Windows Store, del nuovo si-stema operativo di Microsoft verrà bat-tezzato ufficialmente in occasione della Build Conference in programma a San Francisco dal 26 al 28 giugno. Si trat-ta del primo passo di un programma di upgrade, finora conosciuto con il nome in codice di Blue, previsto dal gigante di Redmond. Di fatto è anche la rispo-sta che la società indirizza alle critiche avanzate da alcuni produttori di Pc e da una discreta fetta di utenti. Tami Reller, chief financial e chief marketing officer della divisione Windows, lo ha del re-sto ammesso pubblicamente: Windows 8 va modificato perché i feedback dal campo lo chiedono apertamente. Diver-si analisti hanno usato in queste settima-ne toni ben più critici, bollando come insufficienti i numeri prodotti dal siste-ma operativo nel suo primo semestre di vita: 100 milioni di licenze vendute da fine ottobre a tutto aprile (a fine genna-io erano 60 milioni) e di queste solo 59 milioni realmente attivate a bordo di un Pc (rilevazioni Net Application); circa 900mila esemplari di Surface spediti nel primo trimestre; altrettanti i device a ta-voletta basati su Windows 8 e Windows Rt distribuiti da altri vendor, per una quota di mercato complessiva inferiore al 2% nel segmento tablet.Vero è che, come rimarcano da Micro-soft, i dispositivi certificati per le varie versioni del software sono oltre 2.400 e che le app nel Windows Store hanno superato quota 50mila, ma è altrettan-to evidente che la decantata rivoluzio-ne touch nel segno di un Windows

Otto in ufficio? Non diventerà uno standard

universale per Pc, tablet e smartphone (con Windows Phone 8) non si è ancora compiuta. Al punto che si è optato per il re-design di alcuni elementi chiave della piattaforma, per ovviare alle difficoltà incontrate dagli utenti nell’utilizzarla.

Che cosa cambierà con Blue?Al centro del dibattito inerente Win-dows 8.1 ci sono soprattutto due ele-menti, e cioè il tasto Start e il vecchio menu Start. Il primo, funzione cardine della interfaccia di Windows classica, dovrebbe essere ripristinato con il primo aggiornamento del software; il secondo, invece, potrebbe essere sacrificato per invogliare gli utenti a prendere domesti-chezza con le “live tile” di Otto.Microsoft, questo è certo, sta valutan-do l’ipotesi di aggiungere un’opzione di avvio rapido dal desktop, che permette-rebbe di bypassare la schermata iniziale con le mattonelle animate (fra queste anche quella del Windows Store) che appare di default all’avvio del computer. I dettagli si conosceranno a breve, ma in ogni caso questa scelta è una sorta di passo indietro. Il tempo e queste modi-fiche diranno se per Windows 8 si potrà parlare di successo o di clamoroso flop.

IN EVIDENZA

Circa 100 milioni di licenze vendu-te in sei mesi non bastano per sti-lare un bilancio positivo del nuovo sistema operativo.

Microsoft aggiorna Windows 8 con Blue. Il mercato e gli utenti impongono il passo indietro

Il nuovo sistema operativo non si diffonderà in campo enterprise tan-to da diventare uno standard. L’as-sunto è firmato da Forrester Re-search, secondo cui Windows 8 è destinato a essere installato in meno del 50% dei computer aziendali. Gli analisti giustificano la proiezio-ne di cui sopra, convinti del fatto che la maggior parte delle grandi e medie organizzazioni ripeterà solo con la prossima edizione di Windows, e non con quella attua-le, il passaggio diretto, sul modello di quello compiuto in questi anni transitando da Xp a Seven. La riprova di questa teoria è in una percentuale: solo il 26% delle azien-de americane ed europee campione ha già contemplato la migrazione a Windows 8, e tra i fattori che ne stanno condizionando l’adozione c’è la sensazione che non offra un netto miglioramento rispetto al pre-cedente Windows 7.

12 | GIUGNO 2013

IN EVIDENZA

In Intel dal 1982 e chief operating offi-cer dal gennaio 2012, Brian Krzanich è divenuto a partire dal 16 maggio il sesto chief executive officer nella quasi cinquantennale storia della compagnia di Santa Clara. Il 52enne manager rac-coglie l’eredità di Paul Otellini in una fase in cui il modello di computing tradizionale basato su Pc sta lascian-do il testimone a quello imperniato su tablet e smartphone. Il curriculum di Krzanich, responsabile di un’organiz-zazione di oltre 50mila addetti fra area Manufacturing e Custom Foundry, Nand Solutions Group e Information Technology, sulla carta non si discute. Gli investitori, e non è un mistero, spe-ravano però in un nome diverso, in una figura proveniente da fuori (eventualità mai accaduta finora) e capace di impri-mere un’accelerata decisiva in direzio-ne mobile. Sintomatico, in tal senso, come Krzanich nel suo primo giorno

da Ceo abbia ammesso la lentezza con cui Intel ha finora approcciato questo settore, nonostante investimenti a nove zeri (vedi il miliardo di dollari speso per acquisire le tecnologie radiomobili di Infineon).

Un accordo con Google ed Apple?L’affermazione dei processori Atom di nuova generazione “Clover Trail” nel comparto delle tavolette e dei telefoni-ni intelligenti è, forse, la sfida più im-portante per il nuovo Ceo. Suggestiva, in proposito, l’ipotesi che porrebbe In-tel al fianco di Google per realizzare un notebook a piattaforma Android, ipote-si che presupporrebbe un cambiamento importante per un’azienda che ha fatto del binomio “Wintel” (Windows e In-tel) l’elemento cardine per monopo-lizzare o quasi la domanda di chip per Pc e server. Per mantenere marginalità nell’ordine del 60% (su un giro d’affari

Che Intel sarà con il nuovo Ceo?La prima sfida è quella del mobileIl colosso di Santa Clara è chiamato a cambiare pelle per rispondere alla crisi del mercato dei Pc e alla forza dei produttori di chip per smartpho-ne e tablet con piattaforma Arm. Sul taccuino di Brian Krzanich ci sono gli accordi con Google e Apple?

che nel 2012 è arrivato a 53,3 miliardi di dollari), questo non basterà comun-que a Intel per consolidare la posizione dominante oggi detenuta nei notebook e nei desktop, causa la forte regressio-ne di domanda di Pc tradizionali. Nel mobile, però, a dividersi la quasi tota-lità del mercato sono oggi i produttori fedeli alla tecnologia Arm, come Qual-comm, Nvidia e Samsung. Motorola, Zte e Lenovo sono al mo-mento i soli “top brand” che hanno scelto i chip di Santa Clara per i propri smartphone Android; diverse indiscre-zioni riportano da tempo la possibilità di un’alleanza con Apple che sarebbe vitale, visti i volumi mossi dalla casa della Mela, per le sorti di Intel nell’u-niverso dei telefonini. Sarà Krzanich a firmare questo accordo? Saprà il nuovo Ceo mettere a frutto la potenza mani-fatturiera della società anche nell’ottica di produrre processori per conto terzi, Apple in primis? Quest’ultima è una strada che, secondo J.P. Morgan, po-trebbe generare ricavi di 4,2 miliardi di dollari l’anno entro il 2017. Dalla vendita di 50 milioni di chip Atom per tablet, secondo Morgan Stanley, la compagnia potrebbe invece ottene-re nel 2015 entrate per un miliardo di dollari, catturando il 75% del vendu-to a piattaforma Windows 8 e l’8% di quello Android.

Gianni Rusconi

Un cuore di nuova generazionePerformance accresciute, consu-mi estremamente limitati, funzioni touch e riconoscimento vocale, que-ste le credenziali con cui si presenta la quarta generazione dei processori Core. “Prodotti che nascono”, dice Andrea Toigo, enterprise technology specialist, Intel Italia e Svizzera, “con l’idea di sviluppare il cuore dell’ul-trabook. Non si tratta di una nuova microarchitettura a 22 nanometri (i prossimi chip verranno realizzati a 14 nanometri, ndr), ma porta dei cambiamenti importanti a livello tecnologico: un sottosistema grafico

completamente nuovo e una serie di accorgimenti pensati principalmente per migliorare le prestazioni senza in-cidere sull’efficienza energetica”. Sono quattro le nuove famiglie di system on chip destinati ai compu-ter ultraportatili, e di questi il top di gamma è la serie H quad-core con grafica Intel Iris Pro. Secondo Intel, l’avvento dei Core di quarta genera-zione si accompagnerà a un maggior numero di dispositivi due-in-uno e convertibili (tablet e all’occorrenza ultrabook con tastiera) e a prodotti con schermo touch.

Brian Krzanich chief executive officer di Intel

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Nonostante lo scenario non sia stato dei migliori, tra la crisi economica e le tante fusioni che hanno contraddistin-to il mercato di riferimento, Cedacri ha fatto registrare risultati in linea con i propri piani di sviluppo e in lieve cre-scita rispetto all’anno precedente.Conosciuta per le soluzioni in outsourcing rivolte al settore bancario, Cedacri ha realizzato nel 2012 una parte degli obiettivi fissati nel piano di sviluppo triennale reso noto lo scorso anno, iniziando in particolare la pe-netrazione nel segmento delle aziende industriali e di servizi (il che ha signi-ficato anche l’espansione dell’offerta nell’ambito del facility management) e alzando il tiro anche su istituti di cre-dito di medie dimensioni, in questo caso puntando sulle formule di full-outsourcing e sulla vendita di software sviluppato in proprio.“Abbiamo investito più di 100 milio-ni di euro per adeguare l’infrastrut-tura tecnologica e quindi l’offerta alle mutate condizioni del mercato”, spiega Salvatore Stefanelli, direttore generale di Cedacri, “e altrettanti ne

Cedacri cresce e punta a nuovi mercati

spenderemo nei prossimi anni. I risul-tati non si sono fatti attendere: siamo riusciti a compensare la perdita di al-cuni importanti clienti, a seguito di acquisizioni da parte di grandi gruppi bancari, con nuovi partner, che han-no creduto nei nostri servizi e ci han-no permesso di mettere a segno una

Si è conclusa con il keynote di Larry Page – pronunciato a fatica per un problema alle corde vocali, ma arrivato con forza a una platea di 1 milione di utenti collegati in streaming su You-Tube – l’annuale conferenza Google I/O, dedicata agli sviluppatori. Non pochi gli annunci di questa edizione, sebbene più focalizzati sui servizi che non sull’hardware: qui, il piatto forte è stata la “Google edition”, spogliata del contributo (interfaccia e widget) di Samsung ma identica dell’hardware, del Galaxy S4, che da fine mese sarà venduta su Google Play per 649 dolla-ri. Accanto a modifiche di interfaccia e

funzioni per le Maps e per il social net-work G+, la compagnia di Mountain View ha poi presentato due novità per il mondo consumer. La prima è Play Game Services, un servizio dedicato ai videogiocatori, che permette di sal-vare e sincronizzare nel cloud i dati delle partite; l’altra è una piattaforma per lo streaming musicale, che segue le orme di casi di successo come Spotify e Pandora, e anticipa sul filo del rasoio il lancio della iRadio di Apple. Gran-de assente, sul palco degli annunci, è stato Android: nessuna parola ufficiale, infatti, è stata spesa per il successore di Jelly Bean, cioè la versione 5.0 con

Google rilancia sui servizi e rimanda Android

crescita dell’1% del fatturato rispetto all’anno precedente”.Si sviluppa, quindi, su più fronti la strategia di Cedacri per trovare risorse e quote di mercato in un settore che da molti anni ormai punta al conte-nimento dei costi e alla razionalizza-zione; da una parte i servizi “storici” di outsourcing, spinti oggi fino al fa-cility management, dall’altra soluzioni innovative per i nuovi mercati, quali per esempio il nuovo sistema di mo-bile payment, basato sull’esperienza accumulata con l’home banking e pro-gettato per offrire una soluzione sicura e chiavi in mano a tutti i vendor che vogliano sfruttare rapidamente questa nuova opportunità.Più lenta del previsto, invece, la pia-nificata espansione sui mercati esteri, anch’essa volta ad assicurare a Cedacri lo spazio vitale per la crescita. “La stra-tegia in questo caso”, spiega Stefanel-li, “non è agire da soli, ma operare in partnership. In questo senso abbiamo già parecchi contatti in Paesi poten-zialmente interessanti per la nostra offerta di facility management”.

Salvatore Stefanellidirettore generale

di Cedacri

Larry Page

nome in codice Lime Pie, che era at-tesa per maggio. Il perché del ritardo? Forse, dicono i rumors, per lasciare ai produttori hardware il tempo di ag-giornare i propri modelli di punta.

15GIUGNO 2013 |

Acer punta sul touch e su una ridefi-nizione dell’esperienza utente che mira ad “annullare le barriere fra persone e tecnologie”, come nelle parole del presidente, Jim Wong. Da New York, qualche settimana fa l’azienda taiwane-se ha presentato una tripletta di nuovi dispositivi con schermo tattile, diversi tra loro per dimensioni, design, sistema operativo e destinazioni d’uso. Ma con un elemento in comune: l’evoluzione dell’esperienza utente, appunto, un’e-voluzione che deve portare verso pro-dotti più “umani”, come sottolineato da Wong. Acer Aspire R7, Aspire P3 e Iconia A1 i nomi dei nuovi modelli. Si tratta, rispettivamente, di un notebook touch da 15,6 pollici con tastiera rego-

Tecnologia touch e nuovi tablet nella strategia di Acer

Un cloud sicuro, che non spezzi le gambe alla mobilità ma anzi la sup-porti, e che possa dirsi semplice ed en-terprise-ready. Non sono poche le am-bizioni di Hitachi Content Platform Anywhere, una nuova piattaforma per l’archiviazione, sincronizzazione e condivisione di file presentata in an-teprima a Londra dal chief technology officer della multinazionale, Peter Sjo-berg. Concepita sia per funzionare su reti aziendali, sia via Internet, si tratta della prima soluzione “sync&share” completamente progettata, venduta e supportata da un singolo vendor. “Crediamo che il mercato abbia bi-sogno di soluzioni semplici, smart e sicure”, ha dichiarato Sjoberg, sottoli-neando come la piattaforma riassuma tutte e tre queste caratteristiche. È semplice poiché configurabile dall’end user e utilizzabile in modo intuitivo; è smart perché permette la sincronizza-zione dei contenuti fra Pc, smartpho-

Una nuvola senza rischi: la promessa di Hitachi Data Systems

Peter Sjoberg Cto di Hitachi Data Systems

ne e tablet (per ora soltanto quelli iOS, ma è già previsto lo sviluppo delle re-lative app per Android e Windows Phone); ed è sicura, perché consente agli amministratori It di verificare la compliance dei dati e di cancellarli da remoto in caso di furto o smarrimento di un dispositivo. “Il Bring your own device è una sfida per tutte le aziende, e in questo modo è possibile control-lare i dati e sapere dove si trovano”, ha sottolineato Sjoberg. “Questa soluzio-ne è rivolta alle realtà piccole, medie e grandi, poiché crediamo che, indipen-dentemente dalle dimensioni del bu-siness, tutte abbiano bisogno di poter garantire una protezione dei dati con uno standard di livello enterprise. Vero è che oggi, purtroppo, le aziende più piccole tendono ad accettare un livello di rischio maggiore, e più in generale anche se gli amministratori It tentano di impedire ai dipendenti di usare so-luzioni di file sharing, queste vengono

labile in altezza e inclinazione, di un convertibile da 11,6 pollici e di un ta-blet concepito per il mercato consumer; i primi due si basano su Windows 8, il terzo su Android. “Negli ultimi due anni, ha spiegato Wong, “abbiamo lavorato per rompe-

Jim Wong presidente Acer

re le barriere fra utenti e tecnologie, e per ripensare l’esperienza di computing migliorando il design dei prodotti e l’interazione. Parlando di prodotti, non vogliamo solo potenziare l’hardware, ma anche l’esperienza utente e arrivare a esplorare i nostri stessi limiti”. Parole ambiziose, e che si legano all’evoluzione touch dei prodotti mobili e in partico-lare ai tablet. “Per l’Europa”, ha dichia-rato Luca Rossi, vice presidente di Acer per l’area Emea, “il nostro target fissato per quest’anno era di vendere dai 5 ai 6 milioni di tablet, ma in base all’an-damento attuale crediamo che potrem-mo raggiungere i 10 milioni. Nei primi quattro mesi del 2013 ne abbiamo già spediti più che in tutto il 2012”.

utilizzate comunque”.Il secondo annuncio londinese riguar-da una nuova versione della Hitachi Content Platform, piattaforma di cloud storage a oggetti ad alta scala-bilità. Quattro, sostanzialmente, i po-tenziamenti introdotti: il supporto alle applicazioni cloud realizzate per Ama-zon S3; il miglioramento del tagging con i metadati; il supporto alla virtua-lizzazione VMware; infine, con la nuo-va versione si può effettuare il tiering ad archivi storage esterni, cioè i clienti possono fare uso dell’intelligenza della Hcp mentre utilizzano altri media per l’archiviazione.

16 | GIUGNO 2013

Restare arroccati al concetto tradizionale di azienda, alle sue regole e processi, op-pure aprirsi alla rivoluzione social? Una terza via, che prenda il buono da en-trambi gli approcci, è possibile e necessa-ria per restare competitivi in un mondo sempre più condizionato dai cambia-menti tecnologici. Se ne parlerà, fra presentazioni di case history, ricerche di mercato, interventi di analisti e dirigenti di aziende come Ibm, Sap e Cisco, il 12 e 13 giugno a Milano (hotel Marriott di via Washington), nella sesta edizione del

Nel settore It c’è una scadenza che le aziende di tutte le dimensioni devono rispettare. Secondo dati resi noti da Net Applications nel febbraio 2013, Windows Xp è ancora installato su circa il 40% dei Pc, e il supporto per questo sistema operativo cesserà ad aprile del 2014. L’esigenza di abbando-nare Windows Xp obbliga, quindi, le aziende a valutare quale sarà il loro ap-proccio al desktop del futuro. Si tratta di progetti su larga scala che le imprese devono implementare in modo otti-male per minimizzare l’impatto sulle attività quotidiane dei propri utenti. Tuttavia, non dovrebbe essere tralascia-ta l’opportunità che questa operazio-ne offre in termini di miglioramento dell’efficienza energetica e controllo sui consumi a livello di computer fissi. Il desktop power management può assi-curare alle aziende un risparmio reale, molto più elevato rispetto a quanto si possa ottenere con lo spegnimento del-le macchine nelle ore notturne. Secondo un report di Dimensional Re-search, il 56% delle aziende non gesti-sce i consumi a livello di desktop, quin-di il potenziale di risparmio è elevato. In termini di overhead dei costi di

migrazione, una sostituzione like-for-like delle macchine è l’approccio che impatta meno sulla configurazione It esistente. Dal punto di vista del power management, i nuovi Pc possono esse-re più efficienti nei consumi rispetto a quelli esistenti, assicurando al tempo stesso maggiore potenza di calcolo. Il principale vantaggio di questo metodo è lo scarso impatto sull’It. La sfida prin-cipale consiste nella necessità di ricor-rere a spese di capitale per i desktop: in molti casi, sostituire tutte le macchine potrebbe risultare troppo costoso. L’approccio alternativo richiede un maggiore impegno da parte del team It, poiché quest’ultimo deve valutare che i device siano adatti a un nuovo sistema operativo e poi trasformarli in “nuove” macchine ancora supportate. È possibi-le ridurre tempi e costi dell’attività di re-image e installazione delle applica-zioni attraverso l’automazione dei pro-cessi di system management, che sem-plifica il supporto sul lungo termine e quindi permette di risparmiare tempo. Qualunque approccio si decida di adot-tare, la gestione energetica del desktop può assicurare risparmi interessanti, nell’ordine del 40%. Secondo una ri-

l’opinione

cerca Ovum del gennaio 2012, si parla di un taglio annuale di 380kWh e 265 Kg di CO2 per ogni macchina, pari a 30 euro per Pc all’anno. Ipotizzando un incremento dei costi dell’energia del 10% nei prossimi dodici mesi, il rispar-mio può essere addirittura superiore. Queste riduzioni energetiche non de-vono necessariamente avvenire a spese di altre attività It. Uno dei motivi prin-cipali della mancata implementazione di una gestione energetica del desktop è stata, finora, la necessità di lasciare le macchine all’It per eseguire gli aggior-namenti, ma questo adesso non è più vero. La possibilità di ridurre i costi e migliorare il livello di servizio, quindi, è concreta.

Seann Gardiner Emea sales director di Dell Software Group

Social Business Forum organizzato da OpenKnowledge. In programma anche workshop sui “temi caldi” del momento, come social Crm, marketing digitale, so-cializzazione dei processi di business, Big Data, gamification, community di di-pendenti, collaborative innovation. Una delle sfida di fondo per le organizzazioni, secondo il fondatore di OpenKnowled-ge Rosario Sica, è quella di investire maggiormente in ricerca e non solo in sviluppo, mirando quindi a creare nuo-ve tipologie di prodotto e nuovi bisogni.

Social business, un’opportunità di cambiamento

Perché non ridurre i consumi dei Pc?

Seann Gardiner

Un’altra è quella di puntare sul capitale sociale e sulle potenzialità di innovazione legate ai dipendenti più giovani, al loro modo di conoscere, interagire e collabo-rare attraverso il Web 2.0 e le piattaforme social. “Questi strumenti”, dichiara Sica, “invece di essere visti come una minaccia dovrebbero essere visti come un’opportu-nità”. Ma è possibile conciliare vecchi e nuovi modelli di lavoro? “Lo è, se siamo in grado di creare la giusta motivazione e il giusto contesto”, spiega Sica. “La rispo-sta non è solo nella tecnologia”.

IN EVIDENZA

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18 | GIUGNO 2013

C’è chi li considera il pa-radigma per eccellenza della “nuova” It. Chi li vede come strumento vi-

tale di un cambiamento che abbraccia l’adozione del cloud, la ripresa degli in-vestimenti in tecnologie e l’inserimento negli organici aziendali di nuove figure dedicate. C’è però anche chi, sui Big Data, avanza leciti dubbi, per lo meno inerenti le modalità attraverso le quali questo fenomeno è attualmente com-preso e trasformato in progetti operativi in seno alle imprese. Il quadro che ruota intorno ai grandi dati è frastagliato, fo-riero di luci ma non povero di ombre. E a dirlo sono due diverse ricerche di mercato.

Solo un’azienda su tre ha una stra-tegia ad hoc Il Connected World Technology Report, studio condotto per Cisco da In-sightExpress intervistando professioni-sti It di 18 diversi Paesi (l’Italia non c’è), evidenzia come il 60% delle aziende interpellate sia dell’idea che i Big Data contribuiranno a migliorare il processo decisionale e la competitività. Per con-tro, solo una minoranza di queste, e pre-cisamente il 28%, si dice già in grado di generare valore strategico dai propri

un’occasioneo un GRANDE azzardo?

dati. Indicativo come le maggiori con-vinzioni sui vantaggi derivanti da un “progetto Big Data” siano state eviden-ziate dalla maggioranza dei Cio cinesi e di quelli attivi nei mercati emergenti (India e Brasile fra questi). In generale, sussiste un’evidente con-traddizione fra le potenzialità attese e presunte e le policy mirate a concretiz-zarle. Oltre i due terzi del campione ri-tiene infatti i Big Data una priorità per le aziende nel corso del 2013 e pure nei prossimi cinque anni; il 38%, tuttavia, ammette la mancanza di un piano stra-tegico per poterne beneficiare appieno, pur avendo adottato soluzioni in tal sen-so. Cosa frena, dunque, le aziende? Fra gli ostacoli messi in evidenza dall’inda-gine spiccano innanzitutto la sicurezza (che preoccupa il 27% degli intervistati) e la mancanza di risorse economiche e di tempo per studiare i Big Data. Non meno rilevante è il desiderio che acco-muna un’azienda su quattro, e cioè la presenza di uno staff It adeguato e di personale esperto. Di problemi, come è facile intuire, non ne mancano. Eppu-re – altra contraddizione – la metà dei responsabili It fa notare come i Big Data interesseranno l’aumento dei budget It della propria organizzazione, sia nel 2013, sia in futuro.

L’esplosione delle informazioni in azienda è un dibattito aperto: in molti sono convinti dei possibili vantaggi in termini di predispozione agli investimenti It e all’adozione di nuove tecnologie, ma non mancano i problemi. Che vanno oltre la sicurezza e la mancanza di risorse.

SCENARI | Big Data

Un volano per crescere?L’adozione di progetti Big Data, que-sta una delle tendenze positive rivelate dallo studio, farà da acceleratore per la diffusione di altre tecnologie. L’81% dei responsabili It dichiara che tutte o alcu-ne delle iniziative in questo campo ri-chiederanno funzionalità di cloud com-puting; circa la metà stima invece che la capacità di rete potrebbe raddoppia-re nel corso dei prossimi due anni. Per contro, solo un intervistato su cinque si dice pronto per affrontare un aumento del traffico sul network aziendale e anti-cipa il bisogno di maggior disponibilità di banda. Non manca inoltre l’apertura

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Il difficile compitodei Cio

al machine to machine: ben tre intervi-stati su quattro prevedono in futuro per i propri progetti Big Data informazioni provenienti da sensori digitali, contato-ri intelligenti, video e altri dispositivi “smart”. Una virtù intrinseca ai Big Data sarebbe quindi quella di poter aggiungere valore al business e alimentare la collaborazio-ne con altre aree dell’organizzazione: il 73% degli intervistati si dice, infatti, convinto che all’It si affiancheranno anche altri dipartimenti aziendali, a cominciare dal finance per proseguire con R&D, operations e marketing & vendite. I Big Data, infine, segneranno

Razionalizzazione della spesa e ottimizzazione restano le priorità in uno scenario in grande tra-sformazione che vede cloud, vir-tualizzazione, consumerizzazione, business analytics e Big Data assu-mere sempre più importanza. Que-sti elementi, dicono gli analisti di Idc, evolveranno sia in maniera au-tonoma sia in convergenza tra loro. E i dati, in tale processo, ricoprono un ruolo determinante in conside-razione del fatto che, nell’arco del quinquennio 2010-2015, questi si moltiplicheranno per sei volte (fino ad arrivare su scala globale al tetto degli 8 miliardi di terabyte). Domi-nare questa mole impressionante di informazioni obbliga le aziende a gestire i propri dati strutturati (un decimo del totale) ma anche la componente non strutturata che proviene da fonti eterogeneee, come transazioni di business, so-cial network, Web, email, Internet delle cose. La difficoltà per i Cio è dunque quella di comprendere quali siano i dati rilevanti e come valorizzarli ai fini aziendali. In loro soccorso ci sono i tool di Business Analytics e le soluzioni Big Data, che comportano però un aumen-to della complessità delle pratiche gestionali a supporto dei processi decisionali. Con impatti a livello infrastrutturale, middleware e di sistema. Prendere le decisioni più velocemente rispetto a prima e analizzando più informazioni è l’o-biettivo. Il tema dei dati, avvertono però gli esperti, era già complesso prima e lo sta diventando ancora di più, con il rischio di generare caos in assenza di governance e azioni sostenibili finalizzate a ritor-ni concreti di business.

davvero l’affermazione su larga scala di nuovi profili professionali come i cosid-detti “data scientist”, i massimi esperti in fatto di analisi e utilizzo delle infor-mazioni? Per il momento c’è da registra-re il fatto che un responsabile It su cin-que (il 22%, per la precisione) prevede un’incidenza positiva del fenomeno sul personale informatico.

In Europa c’è ancora confusioneLe percezioni e la capacità di compren-sione in tema di Big Data sono state oggetto anche di un recente studio con-dotto da Quocirca per conto di Oracle, studio per il quale sono state interpel-late circa mille aziende dell’area Emea. Dall’analisi emerge, un po’ a sorpresa, che non c’è unità di vedute sulle carat-teristiche principali di un fenomeno non ancora pienamente compreso, e di cui conseguentemente è difficile iniziare a cogliere i benefici. Viene, cioè, messo in luce il clima di confusione che avvolge le dinamiche di cambiamento necessarie per implementare le soluzioni dedicate ai grandi dati. Alcune aziende, nello specifico, riten-gono che si verificherà un mutamento radicale, mentre altre pensano che sarà sufficiente intervenire con progetti di in-tegrazione con le tecnologie già esistenti. Nel dettaglio, tre quarti delle aziende in-tervistate non attribuiscono grande im-portanza ai Big Data , mentre un quarto di esse riconosce “un’importanza alquan-to limitata” a tale risorsa negli ultimi due anni. C’è, all’opposto, un altro quarto di imprese (fra cui in particolare quelle inglesi) che la considera un elemento differenziante o un aspetto della massi-ma priorità per i prossimi due anni. A livello di settori, infine, si nota un’ampia discrepanza di pesi attribuiti ai Big Data: le telecomunicazioni e le utility sono di gran lunga i comparti che ritengono più importanti i grandi dati, mentre sanità e retail capeggiano la lista di quelli che al contrario considerano tale tecnologia e tale approccio poco rilevanti.

Gianni Rusconi

20 | GIUGNO 2013

SCENARI | Big Data

Che cosa sono, a che cosa servono e come implementarli. I Big Data spiegati dai fornitori di tecnologia più attivi sul mercato. Per scoprire se è già il momento di attivarsi.

Da Ibm a Oracle, da Micro-soft a Sap, passando per Ci-sco, Sas e molti altri. I ven-dor tecnologici coinvolti a

vario titolo sul fronte dei Big Data sono praticamente tutti. Fra questi ci sono anche due specialisti nel campo della gestione delle infor-mazioni come Emc e Teradata. Marco Fanizzi, amministratore delegato e di-rettore generale per l’Italia della prima, ed Enrico Galimberti, director profes-sional services della seconda, spiegano a Technopolis come inquadrare un feno-meno che sempre più sta interessando anche le imprese del Belpaese.

Inquadriamo, in termini di vision strategica, i Big DataFanizzi: Sono lo strumento che permet-te di reagire prontamente alle mutevoli condizioni di mercato, offrendo suppor-to alle decisioni importanti, ma anche elemento chiave su cui basare futuri ri-pensamenti del modello di business. Galimberti: Lo sviluppo di queste ap-plicazioni sarà una sfida per i Cio, per-ché le competenze necessarie per creare applicazioni sui Big Data sono diverse, e più sofisticate, rispetto a quelle ne-cessarie per sviluppare applicazioni tra-dizionali. In futuro, infatti, saranno di uso quotidiano per coloro che lavorano con le informazioni, e questa prossima generazione di applicazioni Web e mo-bile porterà un enorme vantaggio com-petitivo, perché permetterà di scoprire nuove opportunità per comunicare con i clienti.

PIù sONO I DAtI, mAGGIORII vANtAGGI COmPEtItIvI

Quali sono i vantaggi ottenibili per l’azienda in termini operativi e di business?Fanizzi: Per comprendere quanto i Big Data siano rilevanti per ogni azienda, bi-sogna analizzare tre fonti di informazioni importanti: i social media, la tecnologia e i dati di terze parti. Per un’azienda che si interfaccia direttamente con il cliente fi-nale, per esempio, è necessario conoscere in maniera approfondita la potenzialità del proprio bacino di utenti. I social me-dia e l’opinione dei consumatori stanno diventando sempre più l’elemento princi-pale in grado di determinare la percezione di un marchio. In molti casi, governi e organizzazioni, spesso no profit e di be-neficenza, consentono a figure esterne di accedere ai propri dati: se si combinano informazioni pubbliche con i dati perso-nali si aprono nuove prospettive al pro-cesso decisionale di un’organizzazione.Galimberti: Il futuro appartiene alle imprese che utilizzeranno i Big Data analytics e sapranno usarli a proprio van-taggio per prendere decisioni. I business e It manager che saranno più veloci ad adottare grandi soluzioni analitiche in un’architettura unificata renderanno le loro aziende più competitive sul mercato.

Le criticità da superare e i rischi da evitare? Galimberti: La varietà di nuove tecnolo-gie per la gestione dei dati e di piattafor-me tra cui scegliere può essere conside-rata positivamente, ma può anche creare dei problemi. Inizialmente ci sarà chi installerà le nuove piattaforme Big Data

Enrico Galimberti, director professional services di Teradata

Marco Fanizzi, amministratore delegato e direttore generale per l’Italia di Emc

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oltre la Bi con la vISUAL ANALytICS

Le tecnologie per l’analisi dei dati sono da tempo una delle priorità sul tavolo di chief in-formation officer e responsabili

It. Gartner, nell’affrontare l’argomen-to, ha coniato il concetto di “analytics everywhere”, stimando da oggi al 2020 una crescita del 9% anno su anno della spesa per queste soluzioni, con un giro d’affari globale che passerà da 70 a 136 miliardi di dollari, e un incremento dei volumi dei dati in-memory del 30%. A concorrere per spartirsi questa torta ci sono le grandi firme dell’It, ognuna del-le quali con una ricetta per gestire i Big Data che, almeno sulla carta, si presenta unica. Quella di Sas, per esempio, risponde a un ben definita offerta tecnologica, vi-sual analytics. Il che significa, in concre-to, soluzioni ad elevato coefficiente pre-stazionale per esplorare enormi quantità di informazioni (strutturate e non) più facilmente accessibili da parte di aziende private ed enti pubblici. Soluzioni di cui l’amministratore delegato della società in Italia, Marco Icardi, sottolinea la pre-rogativa “di rendere accessibili strumen-ti avanzati a molti più utenti anche privi di competenze tecniche”.La business intelligence e i tool di anali-si ‒ nella visione di Sas ‒ sono i cardini,

la visual analytics li unisce in un’unica soluzione che permette di rappresentare la realtà in modalità “data driven”. Vengono, cioè, interrogati milioni di dati in pochi secondi e visualizzati in formato grafico, logicamente e non in modalità precostituita, sui device (ta-blet, ovviamente, inclusi) dei manager deputati a prendere decisioni. Aiutare le aziende, anche quelle di medie di-mensioni, a definire strategie in base a tutto il patrimonio di informazioni disponibili e in tempi rapidissimi, az-

zerando il margine di errore è, in estre-ma sintesi, il compito che si prefigge la visual analytucs. Per farlo sfrutta nuovi algoritmi per la modellazione predittiva, analisi in-database e componenti avan-zate di risk management e analisi delle frodi, ma anche un’interfaccia che ren-de più facilmente “visibili” i dati anche dallo schermo di una tavoletta. I classi-ci strumenti di business intelligence e di reporting, assicura Sas, non sono in grado di garantire tale funzionalità con la stessa efficacia.

in un ambiente It che non integra dati, metadati, sicurezza e amministrazione; il ricorso a soluzioni analitiche in un am-biente frammentato può, però, vanificare la promessa che i grandi dati sono in gra-do di offrire con una gestione più appro-fondita di tutte le informazioni. E questo tipo di implementazioni aumenterà il rischio di fallimento di alcuni progetti.

L’approccio ideale per gestire i Big Data: quali passi occorre fare?Fanizzi: Essendo in presenza di dati strutturati e non, provenienti dalle fonti

più disparate, bisogna mantenere e ge-stire tutte queste informazioni in tempo reale. Le aziende che avranno la capacità di innovare mantenendo questa visibilità avranno a disposizione una fonte di in-telligence praticamente inesauribile, dal-la quale attingere per innovare i propri processi e guadagnare quote di mercato. Per fare questo, però, alcuni elementi sono imprescindibili: tecnologie adegua-te per consolidare e analizzare in tempo reale grandi volumi di dati, persone do-tate delle giuste competenze e, soprat-tutto, un approccio ampio e strutturato,

che consideri i Big Data un elemento aziendale portante, a livello strategico ben prima che tecnologico.Galimberti: Per essere competitive, le aziende devono possedere sia le capacità di analisi dei Big Data sia di quelli tra-dizionali, entrambe operanti in un siste-ma di gestione di database relazionali. I Cio dovranno guardare oltre il semplice hardware per l’archiviazione di grandi quantità di dati, e concentrarsi sullo svi-luppo di un processo analitico che abbia la caratteristica di essere ripetibile e di generare valore. L.B.

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Spinte dalla necessità di una strategia a supporto della mo-bility, le aziende imprimono una nuova direzione alle pro-

prie scelte relative all’innovazione tec-nologica: non più un fenomeno “top-down”, avviato da Cio e specialisti It, ma un processo che si sviluppa per infiltra-zione costante, sotto la spinta di coloro che operano in azienda e sono al tem-po stesso consumatori di servizi, stru-menti e soluzioni (mobili) nel privato. Il quadro è descritto da Alfredo Gatti, managing partner di Nextvalue e mana-ging director di Cionet Italia, che frena però subito i facili entusiasmi in tema di Byod: “Una larga parte della forza lavo-ro italiana, abituata a sfruttare i vantaggi della mobility in ottica personale, trova ancora ostacoli e difficoltà quando in azienda vorrebbe accedere a sistemi e a informazioni, poiché non tutte le ap-plicazioni business sono aggiornate e lo consentono”.

Un’attitudine consumer-orientedUno scenario a luci e ombre, quindi. Da una parte la disponibilità a utilizzare i

Uno studio mette in evidenza come il Bring your own device nel nostro Paese sia già un processo avviato ma solo parzialmente diffuso. I Cio lamentano problemi di sicurezza, di costi e la mancanza di app di tipo enterprise.

SCENARI | Byod

propri strumenti mobili in azienda sol-lecita molte organizzazioni a prendere in seria considerazione questa “practice” per le proprie strategie di enterprise mobili-ty. Dall’altra, nel nostro Paese si tende ad andare più cauti nelle pratiche di Bring your own device perché esistono tutto-ra barriere di costo e controindicazioni di carattere fiscale e sindacale che sco-raggiano questa scelta. “Il rovescio del-la medaglia”, osserva in merito Gatti “è costituito da costi più impegnativi e da rischi di governance e di scarsa gestione della sicurezza dell’informazione. Con miriadi di device connessi di vario tipo è inevitabile che si possano innescare vul-nerabilità a diversi livelli della infrastrut-tura It aziendale. Smartphone e app sono strumenti intrinsecamente complessi e potenzialmente insicuri. Per di più gli utilizzatori assumono comportamenti

ByoD in italia, un paradigma incompiuto

da consumatori anche in azienda, ovvero privilegiano la convenienza, spesso igno-rando i rischi e soprattutto non abban-donando mai le loro abitudini. Le app di classe enterprise, che secondo diverse fonti aumenterebbero al ritmo di oltre il 30% su base triennale, dovrebbero in-vece sottostare a requisiti più stringenti rispetto a quelle di tipo consumer, e chi ne ha il controllo della messa in opera dovrebbe far riferimento a precise policy aziendali di sicurezza mobile”.

I principali ostacoli all’adozioneLa survey condotta da Nextvalue su un panel di 160 chief information officer e direttori It italiani durante il mese di aprile 2013 ha, innanzitutto, evidenziato che ben l’80% dei rispondenti conferma per la propria azienda una strategia di enterprise mobility in essere o in fase di

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messa a punto nei prossimi 12 mesi. Il rimanente 20% ammette di non averne o di non sentirne il bisogno. I dati però mostrano in maniera inequivocabile che gli orizzonti sono a breve o a brevissimo termine, in quanto solo il 22% del cam-pione indica l’adozione di una strategia di due anni e oltre. Fra gli ostacoli alla scelta del Byod non c’è solo la compo-nente sicurezza di apparecchi e informa-zioni; l’elemento “costo” è citato esplici-tamente dal 61% dei Cio ed è correlato ad altre voci, vedi la disomogeneità o mancanza di gestione del device mobi-le, l’inadeguata introduzione o la totale assenza di policy. Altri limiti alla svilup-po organico del fenomeno sono infine la carenza di applicazioni verticali (24% dei rispondenti) e soprattutto la poca chiarezza del piano di investimenti e dei relativi ritorni (voce citata nel 20% dei casi). Preoccupa, secondo NextValue, il fatto che oltre il 71% delle imprese del panel non abbia individuato dei Key performance indicator specifici per mi-surare le iniziative di enterprise mobility. Anche se, come rileva Gatti, “le imprese stanno facendo del proprio meglio in fatto di mobile device management e il

72% del panel dichiara di aver già scel-to e adottato una piattaforma di questo tipo o di essere in procinto di farlo nel breve periodo.

Aziende ancora prudenti Quanto, realmente, sono utilizzati smartphone o tablet personali in azien-da? La ricerca ha stabilito che nel 43% delle organizzazioni non è previsto uno specifico programma Byod. Negli al-tri casi, in linea di massima, vigono si-tuazioni miste: in un’impresa su due il Byod coinvolge meno di un quarto de-gli addetti e non è la principale policy dell’azienda. “Solo nel 4% dei casi”, specifica Gatti, “si può considerarla una scelta strategica, che coinvolge più del-la metà dei collaboratori, e solo nel 2% dei casi è una vera policy obbligatoria”. L’atteggiamento rispetto al fenomeno, lo dicono i numeri, è quindi ancora molto prudente. L’86% delle imprese dichiara di essere proprietaria dei device in uso ai dipendenti per lavoro e di farsi carico dei costi di servizio, e il 25% non si è ancora cimentato nello sviluppo e nella messa in produzione di app dedicate. Luca Bastia

Oltre 70 imprese italiane di dimen-sione medio grande, attive in diversi settori verticali, sono finite sotto l’o-biettivo per comprenderne le strate-gie finalizzate all’uso di device mo-bili personali a fini aziendali. L’ultima indagine di the Innovation Group in tema di Bring your own device ha confermato una tendenza nota: le aziende vedono di buon occhio que-sto nuovo paradigma tecnologico, ma poche sono quelle che l’hanno adottato attraverso progetti struttu-rati. Nel dettaglio: l’82% delle orga-nizzazioni intervistate permette (o è propenso a farlo) ai propri dipenden-ti di impiegare smartphone e tablet

A tutti piace, pochi lo fanno

per svolgere il proprio lavoro; solo il 7% degli addetti complessivi, per lo più figure manageriali, fruisce effetti-vamente di progetti Byod. La ricerca fa notare, in generale, come l’atteggiamento ostile della componente It verso il fenomeno sia progressivamente venuto meno, in relazione al fatto che in molti casi i benefici sono considerati nel com-plesso superiori alle problematiche (sicurezza dei dati sensibili, inte-grazione con il sistema informativo esistente, gestione dei dispositivi) a esso legate. Per il 70% del cam-pione, inoltre, l’uso di apparecchi personali comporterà in futuro una crescita del numero dei “mobile wor-ker” dell’azienda. E in aumento sono previsti anche gli investimenti per

la mobility e l’adozione di soluzioni specifiche per abilitarla, come con-trollo degli accessi via sistemi vpn, reti WiFi interne. Interessante, infine, evidenziare come il 40% delle aziende abbia re-alizzato applicazioni “in house” per i dispositivi mobili personali e come, invece, solo un terzo consideri il Byod una reale opportunità per ri-durre i costi della mobility, costi che tendono a crescere in seno a tutte le imprese oggetto di indagine. Le om-bre sulla presunta maturità del feno-meno, in definitiva, rimangono: alle aziende italiane piace, molte se ne stanno occupando, ma sono ancora lontane dall’aver trovato la soluzione a tutti i problemi che lo riguardano. G.R.

FIGURA 1La sua azienda ha una strategia di Enterprise Mobility?

(% sul totale delle aziende del panel)

37 % SI, limitatamente a un periodo inferiore a 12 mesi

22 % SI, prevista per i prossimi 24-36 mesi

21 % NO, ma prevista entro i prossimi 12 mesi

20 % NO, non è prevista

37%20%

21%

22%

FIGURA 2Quali sono i principali ostacoli nell’adozione di iniziative

Enterprise Mobility?

(% sul totale delle aziende del panel - risposte multiple)

68 % Disomogeneità e mancanza di gestione dei device

61 % Costi di comunicazione e per i device

43 % Sicurezza dei dispositivi e dell’informazione

32 % Carenza di policy aziendali

24 % Carenza di applicazioni orizzontali e industry

20 % Non chiarezza sugli investimenti e i ritorni

10 % Carenza di competenze interne

Fonte Nextvalue, maggio 2013

24 | GIUGNO 2013

Alberto Degradi di Cisco e moreno Ciboldi di Alcatel-Lucent Enterprise spiegano come affrontare il fenomeno Byod e come introdurlo progressivamente in azienda per ridurre i rischi che lo accompagnano.

“Il Byod è uno dei trend tec-nologici per il quale gli It manager debbono realizza-re una strategia oppure su-

bire il fenomeno”: l’opinione di Alberto Degradi, infrastructure architecture lea-der borderless network e data center di Cisco Italia, è netta. “È difficile dire di no al Byod”, osserva il manager, “e non perché il fenomeno sia di moda ma per-ché il business richiede sempre più agili-tà, capacità di accedere alle applicazioni aziendali in qualunque momento e con qualsiasi dispositivo”. Moreno Ciboldi, senior vice president for sales South Eu-rope & Mea di Alcatel-Lucent Enterpri-se, è convinto che il Byod porti vantaggi “perché da una parte migliora l’efficien-za e dall’altra aumenta la soddisfazione dell’utente, in quanto costui utilizza uno strumento che conosce e che gli piace usare. Alla fine ne beneficia il business”. Al centro della questione c’è però anche l’It manager, figura che secondo Degra-di è “sicuramente spaventata dalle pro-blematiche di sicurezza. Prima l’azienda testava diversi device e applicazioni per definire quale impiegare: oggi chi ven-de il software illustra quali sono le app

SCENARI | Byod

utilizzabili su tablet e smartphone e le uniche accortezze che deve avere il ma-nager It sono quelle di definire le policy e dotarsi eventual-mente di una solu-zione di mobile device management per gestire il dispositivo, determinare cosa può fare e se venga utilizzato in maniera impropria sulla rete aziendale”.

Quali i rischi e come evitarliAumento esponenziale del numero di device da governare, più applicazioni da gestire per garantire il riconoscimento dei dispositivi, crescita dei problemi di security: “I rischi legati al Byod”, spiega ancora l’esperto di Cisco, “possono essere principalmente riconducibili al fatto di subire questo fenomeno. Per evitarli, ser-ve darsi una strategia che consenta all’It di razionalizzare sia la rete di accesso, sia i relativi software di policy e device ma-nagement”. Aspetti, questi, su cui mette l’accento anche Ciboldi: “La sicurezza delle rete è un aspetto fondamentale e per questo è importante poter mappa-

re l’utente con i dispositivi che intende utilizzare, mantenendo lo stesso livello di sicurezza cui l’azienda è abituata. L’altro aspetto, ovviamente, riguarda le presta-zioni e la capacità di banda, poiché am-pliando il numero di dispositivi che vi accedono questa deve essere adeguata. Ed è vitale, in ottica mobility, che in azienda vi sia una rete wireless”. Se non si soddi-sfano questi punti, secondo il manager di Alcatel, “l’introduzione del Byod diventa controproducente, perché se non si rie-sce a utilizzare i device mobili in maniera adeguata si scoraggia l’utente”. Come iniziare“Meglio partire con un’installazione pi-lota o solo con il management, se c’è una paura atavica o culturale relativa all’uso di questi strumenti”. Il suggerimento di Degradi si allarga all’opportunità di te-

istruzioniper L’USo, dalla rete al software

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L’anno della definitiva consacra-zione del Bring your own devi-ce? Il 2017. Lo dice Gartner,

secondo cui fra quattro anni circa la metà delle imprese del pianeta atti-verà programmi e strategie in questa direzione, stoppando gli acquisti di apparecchi di Pc portatili, tablet e smartphone per i propri addetti. La consumerizzazione dell’It cono-scerà presto, quindi, un’ulteriore fase di sviluppo, aprendo le porte a cam-biamenti di natura organizzativa e gestionale anche radicali. Oggi sono una minoranza, il 15%, le aziende che confermano di non voler sposare neanche in futuro il modello basato sull’uso in chiave business dei device di proprietà dei dipendenti. Il 40% sta considerando, invece, l’idea di offrire alla propria forza lavoro una doppia possibilità, conservando perciò l’op-zione del dispositivo aziendale. Al vaglio di Cio e Cfo ci sono diverse variabili, e fra queste i costi: causa la crescita costante delle attività condot-te in mobilità, fornire Pc e tavolette ai propri addetti può costare media-mente oltre 600 dollari l’anno per di-pendente, cifra difficilmente soppor-tabile per i budget di spesa di molte imprese. Non a caso, secondo Gartner l’ado-zione del Byod è più marcata nelle compagnie con un giro d’affari com-preso fra i 500 milioni e i 5 miliardi di dollari (quindi aziende medie e medio grandi ma non grandissime), registra

UN’AZIENDA SU DUE CAMBIERÀ FACCIA. MA NEL 2017Fra quattro anni, secondo Gartner, la metà delle organizzazioni elimi-nerà la fornitura di device mobili ai dipendenti, lasciati liberi di usare i propri. Un cambio radicale che cela diverse insidie.

una diffusione doppia negli Stati Uni-ti rispetto all’Europa e gradimenti molto elevati da parte degli utenti soprattutto in Paesi come l’India, la Cina e il Brasile.

Pochi progetti concreti e il rischio dei costi nascostiIl rovescio della medaglia di un feno-meno che sulla carta sembra privo di ostacoli è la carenza di vere e proprie “case history”: solo il 22% dei respon-sabili It campionati da Gartner ha detto di averne realizzate in seno alla propria azienda. In molti casi ‒ questa la spiegazione data dagli analisti ‒ i progetti di mobility sono esplorativi, dunque privi di obiettivi chiari e di ritorni quantificabili. E questo sebbe-ne il mercato offra un’ampia disponi-bilità di applicazioni mobili con pa-rametri di Return of investment ben determinati. La proliferazione di di-spositivi personali e delle app mobili in azienda comporta dei benefici, ma richiede maggiori misure per la sicu-rezza delle informazioni sensibili e la privacy, più licenze applicative da ge-stire e attività di assistenza tecnica. Il rischio di una maggiore confusione è tutt’altro che remoto. E c’è anche un potenziale problema legato alle spese extra, necessarie per “mantenere” un addetto attivo in un progetto Byod: spese che potrebbero triplicare dai 100 dollari l’anno attuali ai circa 300 previsti entro il 2016.

G.R.

Alberto Degradi, infrastructure architecture leader borderless network e data center di Cisco Italia, e Moreno Ciboldi, senior vice president for sales South Europe & Mea di Alcatel-Lucent Enterprise

stare un progetto Byod su un team che abbia la necessità e l’abitudine di inte-ragire operativamente (il venditore o il responsabile delle spedizioni che deve vedere la merce presente in magazzino) e di puntare su fornitori “in grado di im-plementare i software di gestione e, so-prattutto, garantire la sicurezza dei dati”. Per Ciboldi, invece, la ricetta perfetta per adottare il Bring your own device è “ini-ziare con un gruppo o una categoria di utenti, normalmente il management o gli agenti commerciali, per crearsi un’e-sperienza interna ed estendere successiva-mente il progetto ad altre figure”.

Luca Bastia

26 | GIUGNO 2013

il pc tradizionale non SI vENDE PIù? i numeri e i trend della crisi

L’era del personal computer, così come l’abbiamo inteso per circa 30 anni, è finita? Forse no, ma sicuramente

questo settore è a un crocevia mai incon-trato prima: il Pc è cambiato, è sempre più mobile e l’evoluzione della domanda sta impattando fortemente sulle dina-miche di sviluppo dei nuovi prodotti. Quanto alle vendite, lo stato di crisi che attanaglia il comparto – tablet esclusi – è ormai conclamato (quattro, in attesa del responso del secondo periodo, i trimestri consecutivi chiusi in rosso) e incide sulle strategie future dei vendor. Nel primo trimestre del 2013 la doman-da su scala mondiale di desktop e note-book ha evidenziato, secondo i calcoli di Gartner e Idc, una flessione record: il crollo delle vendite è stato infatti tra

Primo trimestre in profondo rosso per notebook e desktop, che perdono a volumi circa il 13% anno su anno. E la domanda scenderà ancora nel 2013, anche nei mercati emergenti. Per contro, è boom per i computer a tavoletta: in Europa se ne conteranno 147 milioni entro il 2017.

l’11,2 e il 13,9% rispetto allo stesso pe-riodo del 2012. Le unità spedite sono scese sotto quota 80 milioni. Per Idc il calo del 13,9% a fine marzo è il peg-gior risultato mai registrato in questo settore da quando (circa 20 anni fa) la società di ricerca ha iniziato a tracciar-ne l’andamento. Per Gartner la flessione del 20,5% in Europa Occidentale (12 milioni di unità spedite) è la più vistosa mai rilevata. A livello globale Lenovo è l’unico vendor che sia riuscito a chiudere i primi tre mesi in attivo in termini di volumi spediti, registrando comunque una battuta d’arresto e iscrivendo a con-suntivo esattamente gli stessi numeri del primo trimestre 2012. Hewlett Packard, che di questo mercato è ancora l’azienda regina, ha perso oltre il 23%.E l’Italia? Segue la tendenza. Sirmi ha

SCENARI | Personal Computer

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tutti vogliono i tablet: ecco perché

confermato per il settore dei Pc client un incremento complessivo del 10% (oltre 1,8 milioni di pezzi) generato però solo grazie al boom dei tablet, le cui consegne nel trimestre sono salite del 146% a quo-ta 884mila unità. Desktop e notebook sono crollati invece del 18,2 e del 29,1% rispettivamente.

La cause del crollo di domandaIl succo delle varie ricerche è chiaro: il mercato dei Pc vive una prolungata fase di passaggio a vuoto. La forte frenata di domanda, questo uno degli aspetti forse più preoccupanti, è stata significativa in tutte le regioni del mondo rispetto ai dati dei dodici mesi precedenti, nonostante i timidi segnali di ripresa dell’economia globale e dell’avvento sul mercato dei computer Windows 8. Idc fa a notare – ed è per i vendor un parziale motivo di ottimismo – che il crollo delle vendite ha riguardato in modo particolare l’ambito consumer; gli acquisti aziendali sono, infatti, lievemente in crescita, per quan-to relativi all’aggiornamento del parco macchine programmato da tempo.Ma quali sono i motivi alla base del flop? La risposta, sempre secondo Idc, è in una

viaggia di corsa il mercato dei ta-blet. E si tratta di una corsa accelera-ta, che non conoscerà rallentamenti di sorta anche negli anni a venire. Anzi. secondo le proiezioni di For-rester, la penetrazione dei device a tavoletta in Europa andrà a qua-druplicarsi in soli cinque anni. se a fine 2012 un cittadino su sette del vecchio Continente (33 milioni di persone) disponeva di un iPad o si-mili, entro la fine del 2017 gli adepti dei mini computer touch saranno 147 milioni, con una diffusione che passerà dal 14 al 55%. Paesi Bassi, spagna e Italia, spiegano gli analisti, sono stati l’anno passato i primi tre bacini di sbocco delle tavolette (con

parola: tablet. Di riflesso c’è un’altra ra-gione (conosciuta) che spiega la caduta irreversibile di notebook e desktop. E cioè l’ancora scarso effetto sulla doman-da generato dal nuovo sistema operati-vo di Microsoft, che paradossalmente sembra aver ulteriormente rallentato gli acquisti. La nuova interfaccia touch, i nuovi form factor incarnati dai mo-delli ibridi e convertibili e dai modelli ultrasottili (gli ultrabook) e i costi dei prodotti a listino hanno reso i Pc mol-to meno attraenti rispetto ai computer a tavoletta o agli smartphone di ultima generazione. Ed anche Gartner punta il dito sul maggiore interesse da parte dei consumatori per i dispositivi mobili, con ecosistemi sempre più ricchi di app. Da una parte la crisi economica ha con-tratto il budget di spesa delle famiglie, che dovendo scegliere hanno puntato sui prodotti touch ultra mobili e a basso costo; dall’altra la maggior parte di chi già possiede un Pc da due o tre anni non sente l’esigenza di cambiarlo con un mo-dello più nuovo e resta ferma alla prati-cità d’uso dei tradizionali computer privi di interfaccia tattile. E lo stallo della do-manda si è prolungato.

Stime in ribasso anche per il 2013A raffreddare i già scarsi entusiasmi dei produttori ci hanno pensato ancora una volta gli analisti, anticipando come il venduto su scala mondiale scenderà quest’anno nell’ordine del 2% (ma si ventila anche un’ipotesi peggiorativa, superiore al 3%) rispetto all’anno prece-dente. La tendenza al ribasso dei volumi è quindi confermata, anche se al mo-mento meno negativa di quanto consun-tivato nel 2012, chiuso con una flessione delle vendite del 3,7%. A rallentare la corsa dei computer con-correrà anche la frenata di consumi nei mercati emergenti, che lo scorso dicem-bre hanno mostrato per la prima volta un rallentamento. Secondo Idc, la cre-scita di domanda prevista per i Paesi in via di sviluppo non supererà nel 2013 la soglia dell’1% e rimarrà a singola cifra fino al 2017. Per i mercati maturi (Usa, Canada, Europa Occidentale e Giappo-ne), invece, l’anno appena iniziato sarà il terzo consecutivo in flessione e solo a partire dal 2014 il consuntivo dello spedito di notebook e desktop dovrebbe tornare lievemente in attivo.

Gianni Rusconi

da per i laptop tradizionali, i numeri relativi ai tablet si commentano da soli. Nel primo trimestre (dati Idc) le tavolette vendute a livello mondiale sono state oltre 49 milioni. La stima di Gartner per l’intero anno è di 197 milioni di unità, il che significa un balzo in avanti del 69,8% rispetto al 2012. Nel 2017 si sfiorerà quota 470 milioni.

una penetrazione del 20, 18 e 16% rispettivamente) mentre la Francia si è piazzata in fondo alla graduatoria (con il 9%). A incentivare la migrazione da Pc a tablet concorre sicuramente, e l’as-sunto è a firma di Gartner, la pro-liferazione di dispositivi a prezzi più contenuti e con funzionalità più am-pie, capaci di soddisfare le esigenze degli utenti. Passando sempre più tempo su tavolette e smartphone, osservano gli esperti, i consumato-ri non sentiranno più il bisogno di sostituire con frequenza il loro Pc. Detto che la nuova generazione di portatili ultralleggeri renderà meno evidente la nuova frenata di doman-

28 | GIUGNO 2013

Il personal computer tradizionale non morirà. Contro tutti i trend e le mode, i big del settore rispondo-no in modo unanime alla doman-

da che tanti nostalgici non posso fare a meno di porsi osservando l’ascesa ineso-rabile dei dispositivi mobili come tablet e smartphone e lo stallo dei computer “vecchio stile”.Per il desktop (inteso come unità centra-le separata dal monitor) e per il notebo-ok (quello potente ma con dimensioni e peso ragguardevoli) non è ancora il mo-mento della pensione, quindi, anche se i nuovi fattori di forma riscuotono sicura-mente più interesse.“Nell’area geografica di mia competen-za”, dice Filippo Praticò, vice president e direttore della regione Sud Europa di Lenovo, “vediamo ancora una forte do-manda di personal computer tradizio-nali, sia da parte delle grandi aziende sia della Pubblica Amministrazione. Al net-to dell’ottimo andamento del business, che per Lenovo è in continua crescita (i risultati finanziari appena annunciati fanno effettivamente segnare una serie

Dall‘unione di Business Intelligence e sistemi informativi geografici nasce la GeoIntelligence.

ma in italia il ”vECChIo” pc tira ancora

di record positivi per la multinazionale, in controtendenza rispetto al mercato, ndr), le vendite dei formati tradizionali di personal computer non sono affatto rallentate”.La richiesta di personal computer, rallen-tata a causa dell’allungamento del ciclo di vita richiesto dalle aziende per poter contenere i costi, d’altra parte è sostenu-ta dall’imminente cessazione del suppor-to per le vecchie architetture di micro-processori e sistemi operativi. Cessazione che Intel e Microsoft presto annunceran-no, al fine di spingere le soluzioni più moderne ed efficienti.“Le aziende che non l’hanno ancora fatto”, dice Praticò, “dovranno per for-za mettere a budget la sostituzione delle vecchie macchine, per evitare di trovarsi scoperte sul fronte dell’assistenza e quin-di della continuità del business. Che poi la scelta ricada sui nuovi form factor è probabile, già tanti clienti stanno acqui-stando in parallelo sia notebook tradizio-nali, sia dispositivi come i nostri Yoga ed Helix, potenti ma leggeri e flessibili. Un discorso a parte meritano i desktop: la nostra percezione è che stiano crescendo molto gli all-in-one, un segmento in cui noi abbiamo sperimentato un incremen-to del 35%. Il vecchio Pc sta diventando quindi più piccolo e touch”.Qualche distinguo invece arriva da Tino Canegrati, vice president e general ma-nager di Hp Printing and Personal Sy-stems Group, che rileva come “La crisi dei formati tradizionali è stato più evi-dente sui notebook che sui desktop, e più sensibile sul mercato consumer ri-spetto a quello business. Sulle famiglie,

In alto, Filippo Praticò, vice president e direttore della regione Sud Europa di Lenovo. Al centro, Tino Canegrati, Vice President e General Manager di Hp Prin-ting and Personal Systems Group.Sotto, Livio Pisciotta, client maketing manager di Dell Italia.

SCENARI | Big dataSCENARI | Personal Computer

Hp Elitebook 9470m

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Per Acer il touch è questione di tempoNella ormai famigerata “era post-Pc” Acer ha già messo piede e intende procedere a passo spedito. L’azienda taiwanese ha obiettivi ambiziosi nel mercato dei tablet, puntando per il 2013 alla soglia di 10 milioni di unità, e coltiva il filone dei modelli low cost con Android e schermi fra i 7 e gli 8 pollici (Iconia B1 e A1). Il mondo dei notebook non interessa più? Niente affatto, o meglio non se si considera nella definizione anche la nuova ge-nerazione di Pc con display tattile e tastiera mobile, generazione in cui rientrano anche i nuovi Aspire R7 e Aspire P3. “Nei prossimi sei mesi lanceremo ulteriori nuovi modelli”, annuncia Luca Rossi, vice presidente

della regione Emea, “e quasi sem-pre contempleranno il touch almeno come opzione, ovvero si potrà sce-gliere se averlo o no con diverse con-figurazioni possibili”. A detta di Rossi, l’affermarsi del touch non è materia di discussione, ma semmai potrebbero esserlo le tempistiche. “sicuramen-te lo scenario consumer va separato da quello professionale: nel primo l’adozione del touch in tutte le sue forme sarà rapida, e dall’attuale quo-ta del 10% si arriverà già alla fine di quest’anno ad avere un 30% di no-tebook e tablet touch sul totale dei modelli consumer. Nel mondo azien-dale non vedo, nell’immediato, un passaggio di questo tipo. L’Europa va verso il touch più lentamente rispetto al Nord America, mentre le imprese italiane sono ancora più indietro, con

Luca Rossi, vice presidentedella regione Emea di Acer

una quota di Pc tattili che è intorno al 3% o 4% del totale”. Windows 8 aiuterà? “sicuramente”, ammette Rossi, “finora ha dato meno stimolo alle vendite di Pc di quanto l’industria non si attendesse. ma per vedere dei frutti ci vuole tempo, come per tutti i nuovi sistemi operativi”.

dei tradizionali hard disk”.Nessun aspetto negativo nemmeno per l’avvento del Byod e per la proliferazione degli smartphone, che talvolta rendo-no meno indispensabile l’utilizzo di un Pc: “C’è stata la moda dei tablet”, dice Canegrati, “spinta dal top management, che trovava semplice ed efficace rivolger-si a questi strumenti e ha pensato quindi di farla adottare anche ad altre figure in azienda. Presto, i responsabili aziendali si sono però resi conto che i tablet sono perfetti per chi deve consultare le infor-mazioni, ma non per chi deve produrle, così i notebook hanno ripreso terreno”.Vendite ibride, quindi, tanto è vero che tra i best seller di Hp ci sono sì i tablet, ma anche l’Elitebook 9470m, un pro-dotto di fascia alta che riscuote parec-chio successo sul mercato delle imprese.Anche Dell è allineata con i competi-tor sul fronte di chi non pensa al pre-pensionamento dei personal computer tradizionali, anche se l’interpretazione di Livio Pisciotta, client maketing mana-ger di Dell Italia si discosta da quella dei colleghi: “A mio parere si va verso una riduzione delle prestazioni favore di una

maggiore portabilità (nel caso dei note-book) o di form factor più accattivanti, come gli all-in-one, nel caso dei desktop. I nuovi sistemi operativi, infatti, sono meno assetati di risorse rispetto ai prece-denti, e consentono di utilizzare macchi-ne più leggere, in tutti i sensi”. Pisciotta mette in evidenza come in Ita-lia l’abitudine di acquistare i “vecchi” formati sia ancora radicata. “In fondo”, spiega il manager, “i desktop tradi-zionali sono più facili da gestire e più economici da manutenere; hanno parti sostituibili, al contrario di molti modelli integrati, e hanno cicli di vita più lunghi dei portatili”. Emilio Mango

pesa infatti in misura maggiore il calo dei consumi e la riduzione del potere d’acquisto, oltre che la maggiore attrat-tività di altri dispositivi come tablet e smartphone”. Dal punto di vista di Hp, quindi, il mercato aziendale non ha su-bito grandi stravolgimenti, anche perché l’incremento della produttività personale è ancora tra le priorità dei Cio. “Contrariamente alla tendenza generale”, spiega Canegrati, “le imprese non hanno smesso di investire, soprattutto perché cercano di rendere più efficiente il per-sonale in mobilità. Sul fronte delle gran-di aziende, inoltre, il prezzo medio dei modelli acquistati è in aumento, perché i clienti si rivolgono a macchine più per-formanti, con dischi a stato solido invece

Dell Xps 13

Lenovo Helix

30 | GIUGNO 2013

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31GIUGNO 2013 |

ECCELLENZE.IT | Marcopolo Expert

Il Web ha cicli di vita rapidi, si sa. È per questo che nell’autunno del 2011 Marcopolo Expert ha deciso

di fare una verifica delle prestazioni del proprio sito, lanciato pochi mesi prima, in aprile. “La conclusione fu che il sito non era già più adeguato alle nostre esi-genze”, racconta Massimo Cova, Cio di Marcopolo Expert, “perché non ci permetteva di fare cose ormai indispen-sabili, come gestire il cross-selling, l’up-selling e i canali social. In più, l’immagi-ne non era per nulla allineata con quella della catena di negozi”.Siccome la multicanalità per Marcopolo era già allora una fede, venne subito sta-bilito di procedere a un “replatform” del sito. “Volevamo che il Web diventasse il nostro primo negozio”, prosegue Cova, “che ci permettesse di fare analisi dei dati. Insomma, la nostra non fu una de-cisione dettata da esigenze tecniche, ma di business. Per questo realizzammo una ricerca molto approfondita degli ope-

ratori del retail statunitensi, per capire quali fossero le strategie vincenti”.Lavorando a braccetto con il marketing (un evento sempre più frequente ma an-cora raro in assoluto nel mondo dell’It), il Cio di Marcopolo ha eseguito una software selection molto accurata, esa-minando a fondo le soluzioni e le piatta-forme di tutti i principali vendor.“Abbiamo realizzato un documento di

600 punti”, dice Cova, “articolato tra re-quisiti per il business, per il consumer e per l’utente in mobilità. Alla fine, dopo uno slittamento dei tempi dovuto pro-prio all’estrema severità della selezione, abbiamo scelto la piattaforma Hybris, forse la più nuova sul mercato ma anche una delle poche a offrire tutte le funzio-nalità in un unico ambiente. Nonostan-te la soluzione fosse di livello enterprise, quindi tutt’altro che semplice da imple-mentare, grazie ai partner Techedge e Frog siamo riusciti a terminare il proget-to e andare online il 26 di novembre, in tempo per la campagna di Natale”.Con molti meno giorni-uomo di quel-li che sarebbero stati necessari con altre piattaforme, oggi Marcopolo Expert può vantare un sito che da una parte offre all’utente una customer experience ricca e attraente, identica con qualunque device e omogenea con gli altri canali della catena, ma in grado soprattutto di aumentare il tasso di conversione delle visite in acquisti.

un nuovo sito per Gestire la multicanalitàPer sfruttare meglio il cross-selling e l'interazione con i social network, la catena dell'elettronica di consumo rinnova totalmente il proprio sito. Per trasformare il Web nel negozio più grande d'Italia.

32 | GIUGNO 2013

ECCELLENZE.IT | Seat Pagine Gialle

lontano da occhi indiscreti con l'autenticazione sicura

P roteggere informazioni riservate da occhi indiscreti, garantendo sicurezza e insieme semplicità in

un ambiente It eterogeneo, composto da sistemi e tipi di dati diversi fra loro: questo lo scopo del processo di rinnova-mento di Seat Pagine Gialle. Fondata nel 1925 come società di stampa degli elenchi telefonici, è oggi un’azienda che fornisce servizi Internet – dal Web mar-keting alla gestione di siti di e-commer-ce, dal couponing alle strategie sui social network – e che vanta una rete com-merciale di 2mila dipendenti e 500mila clienti. La sua struttura It si articola in un datacenter contenente circa 900 im-magini del sistema operativo, divise tra ambienti enterprise Windows e Linux.Già da tempo Seat Pg ha adottato il Sin-gle Sign-On (Sso), sistema che permette all’utente di sfruttare un’unica password per accedere a più aree protette e risorse: sulla base di Active Directory 2003 (ver-sione dei servizi di rete di Microsoft che abilitano, fra le altre cose, il Single Sign-On) era stata implementata la soluzione Dell Authentication Services. Solu-zione che, oltre a semplificare le ope-razioni di accesso a dati e applicazioni, ha consentito all’azienda di gestire l’in-

tegrazione tra sistemi operativi Linux e Windows. Il passo successivo è stato estendere il Sso anche alla piattaforma Sap. “La nostra area si avvaleva già della tecnologia Single Sign-On grazie a uno sviluppo personalizzato che coinvolgeva Active Directory 2003”, spiega Roberta

Politano, responsabile dell’area proget-ti, architetture e sicurezza tecnologica di Seat Pg. “Successivamente, abbiamo fatto partire un piano di rinnovo tec-nologico che prevedeva il passaggio da Ad 2003 ad Ad 2008, e che richiedeva un prodotto all’avanguardia che ci ga-rantisse un supporto adeguato insieme alla possibilità di sostenere un’evoluzio-ne nel tempo”. Con l’aggiornamento ad Ad 2008, infatti, erano sorti problemi con il codice personalizzato in uso fino a quel momento. Si è dunque deciso di valutare prodotti di terze parti e la scelta è ricaduta ancora una volta su Dell, che offre un modulo nativo “Single Sign-on for Sap”; la soluzione è stata implemen-tata da Quest Software, oggi parte della stessa Dell. “Durante il periodo di trial il nostro staff It non ha riscontrato la ne-cessità di rivolgersi al supporto tecnico, né si sono verificate difficoltà nel corso dell’implementazione vera e propria, che ha richiesto l’acquisizione di circa mille licenze” ha dichiarato Politano. Seat Pg ha dunque raggiunto l’obiettivo di estendere il sistema di autenticazione unica a Sap, e allo stesso tempo ha otte-nuto un ambiente omogeneo unifican-do i sistemi Unix e Linux.

La società di servizi Internet e Web marketing ha esteso il Single Sign-On a tutto il suo ambiente informatico, incluso Sap, grazie alle soluzioni di Dell Quest. Risultato: una maggiore sicurezza dei dati e un risparmio di tempo per gli amministratori It.

LA SOLUZIONE

Single Sign-on for Sap consente ai sistemi Unix e Linux di “unirsi” al dominio Active Directory, estenden-do ai server Unix le conformità e la sicurezza dell’autenticazione per Sap basata su Ad: questo riduce drasti-camente il tempo speso dall’It nel-la gestione delle password e relativi problemi, e allo stesso tempo offre una migliore user experience all’u-tente finale. Tecnologie di crittografia avanzata garantiscono la sicurezza e la riservatezza dei dati Sap inviati dal client al server. Inoltre, la soluzione si integra facilmente con altri prodotti Quest One Identity, che forniscono funzionalità complementari come governance degli accessi, gestione de-gli account privilegiati, identity intel-ligence, provisioning e automazione.

33GIUGNO 2013 |

retail senza seGreti Grazie alla business intelliGenceIl percorso di revisione del sistema It del gruppo, iniziato all’alba del nuovo millennio, ha uniformato il data warehousing e la reportistica di quasi tutte le aree di business. L’ambiente MicroStrategy analizza i dati di vendite, clienti, attività di marketing e acquisti.

Un assortimento medio di 35mila libri, ma si arriva a 65mila nei negozi più grandi, senza conta-

re Cd, Dvd, videogame, strumenti musi-cali, articoli di cartoleria e giochi. Un ca-talogo che tocca i 200mila titoli librari, con 50mila nuovi inserimenti annui. E poi i clienti, cioè i 46 milioni di visitatori annui e due milioni e mezzo di fedelissi-mi del programma Carta Più. Sono alcu-ni dei numeri che descrivono le attività retail del gruppo La Feltrinelli, numeri che da soli suggeriscono l’importanza di poter disporre di un sistema It capace di analizzare questa mole di dati. “Pri-ma del 2000”, racconta Giovanni Te-desco, responsabile sistemi informativi di La Feltrinelli, “non esisteva un vero sistema It in azienda. Perfino le casse non erano computerizzate e quindi non alimentavano nessun data warehouse”. È con il nuovo millennio che il gruppo cominciò a definire una vera e propria architettura It, preoccupandosi di evitare che la gestione dei dati venisse lasciata

all’iniziativa individuale. “L’azienda sta-va cambiando e soprattutto stava inte-grando altre organizzazioni”, prosegue Tedesco, “e il rischio concreto era quello di portare avanti più sistemi informativi diversi, con più fonti di dati e differenti versioni della verità”. Il primo passo fu quello di rivolgersi a Fujitsu per unifor-mare il sistema di casse, e su questa base costruire report e funzioni statistiche per monitorare le vendite. Secondo step fu la semplificazione del data warehouse e degli strumenti di reporting, ottenuta mappando i sistemi e i processi fino ad allora in uso ed eliminandone le ineffi-cienze, mentre il problema dell’unifor-mità venne risolto adottando la soluzio-ne di reporting Retail Business Analyst di Fujitsu. Il salto di qualità verso la bu-siness intelligence lo segnò MicroStra-tegy: l’ambiente fu adottato prima dal personale del marketing, seguito a ruota dall’ufficio vendite. “A parte la prima re-azione di disorientamento”, racconta Te-desco, “la soddisfazione fu totale perché

ECCELLENZE.IT | La Feltrinelli

gli utenti potevano godere di una grande flessibilità ed efficienza nell’uso dei re-port, ma soprattutto potevano contare su un’unica fonte. Da allora non ho più sentito nessuno lamentarsi”. Fu poi la volta, di nuovo, di un’altra soluzione di Fujitsu, Loss Prevention, specifica per le aziende del settore retail. E il presente? Oggi La Feltrinelli sta automatizzando la reportistica relativa agli acquisti, desti-nata per il momento ai dipendenti della sede centrale. “Oggi i report sono sche-dulati in modo automatico e tutti i lune-dì mattina sono già disponibili sul por-tale creato in ambiente MicroStrategy”, spiega Tedesco. “Nel prossimo futuro anche i report destinati ai singoli negozi, che oggi dopo una prima rielaborazione vengono inviati via email ai responsabili dei punti vendita intasando le caselle di posta, saranno pubblicati nella Intranet aziendale o caricati sul portale”. Nei prossimi mesi l’ambiente unificato di BI sarà ulteriormente esteso alle attività di e-commerce e al mondo social.

LA SOLUZIONE

L’ambiente MicroStrategy è stato ini-zialmente implementato per le funzio-ni di marketing e poi per le vendite, e attualmente è in fase di estensione al comparto acquisti. La soluzione rivol-ta al settore retail include funzioni di business analytics sui dati dei clienti (anagrafica e comportamenti d’acqui-sto), sul contesto in cui è inserito il negozio, sulle vendite e sull’inventa-rio, sull’efficacia delle attività di mar-keting, sulle performance dei singoli punti vendita e altro ancora.

34 | GIUGNO 2013

ECCELLENZE.IT | Università di Pordenone

Il Consorzio Universitario di Por-denone, nato nel 1992, è l’ente che coordina i corsi di laurea triennali

e magistrali, quelli di perfezionamento e i master attivati presso il Polo Univer-sitario di Pordenone dalle Università di Udine e di Trieste, da Isia Roma Design e dal Politecnico di Milano. Un’offerta formativa ad alto contenuto informatico, che richiede un utilizzo considerevole di laboratori dotati di svariati software, tra cui programmi per elaborazioni matema-tiche, grafica computerizzata, progetta-zione assistita ed elaborazione del suono.L’elevato numero di postazioni (più di 150) con configurazioni hardware e software completamente diverse, unito alla complessità dell’erogazione didattica (ogni docente richiede un software spe-cifico per la sua materia) rende l’infra-struttura It molto complessa e, soprat-tutto, la sua gestione e manutenzione estremamente onerose. Infine, l’ambito accademico esige un approccio al pro-blema completamente diverso dal setto-re business, un approccio dettato dal rit-mo dell’erogazione didattica. Ogni anno accademico, il medesimo corso può esse-re condotto da docenti diversi, e questo significa l’utilizzo di software differenti, con le conseguenti ripercussioni a livello sistemistico. Tutto ciò comporta la ne-cessità di procedere spesso alla modifica delle configurazioni software delle po-stazioni, di gestire continuamente nuovi rilasci, nonché di reinstallare frequente-mente i sistemi operativi per garantirne la stabilità.Fin da subito è stato chiaro che le nuove frontiere della virtualizzazione potevano essere la soluzione ideale per gestire la dinamicità dei laboratori e per permet-tere ai 1.300 studenti di utilizzare anche i propri Pc. Ed è parso evidente che le

soluzioni implementate con successo in ambito aziendale potevano non essere altrettanto efficienti in questo contesto.Era quindi importante provare le alter-native in commercio per capirne le po-tenzialità: sono stati, perciò, realizzati vari laboratori sperimentali per lo scree-ning e la valutazione dei prodotti. “La soluzione XenDesktop e l’esperien-za di Citrix nel settore della virtualizza-zione desktop ci hanno favorevolmente impressionato” afferma Andrea Zanni, responsabile information technology del Consorzio di Pordenone per la for-mazione superiore, gli studi universitari e la ricerca, “così abbiamo realizzato un progetto pilota, con un periodo di valu-tazioni di tre mesi, che ha coinvolto in prima battuta gli studenti del corso di comunicazione multimediale e tecnolo-gie dell’informazione. Questo è stato un valido test per la futura implementazio-ne del progetto e per la virtualizzazione di tutti i laboratori informatici con la so-luzione Citrix, su un totale di oltre 150 postazioni”.

anche l'ateneo si virtualizzaPer le 150 postazioni dei laboratori, il Consorzio Universitario di Pordenone sceglie la virtualizzazione di Citrix. Perché le esigenze di un'organizzazione educativa sono molto diverse da quelle del business.

LA SOLUZIONE

La soluzione implementata si è ri-velata molto scalabile, offrendo la possibilità di utilizzare i software di proprietà del Polo Universitario an-che agli studenti che si collegano da remoto e seguono le lezioni in video-conferenza, senza bisogno di hardwa-re dedicato o installazioni software specifiche. Il Consorzio ha registrato una con-siderevole diminuzione del carico di lavoro per la gestione e manutenzio-ne delle macchine e, sia pur con il progetto pilota, è stato calcolato un risparmio di circa il 60% di termini di tempo di manutenzione. Degno di nota anche l’evidente risparmio eco-nomico, circa il 15%, conseguito gra-zie alla soluzione XenDesktop, dato che le licenze dell’hypervisor XenSer-ver in versione Enterprise sono gratu-ite, assicurando tutte le funzionalità di alta affidabilità che con altri ven-dor sarebbero state a pagamento.

35GIUGNO 2013 |

LA SOLUZIONE

L’azienda ha adottato tutti i moduli di Oracle JD Edwards EnterpriseOne, una suite di Enterprise Resource Planning per la gestione finanziaria, della produzione, dei progetti, del ciclo di vita degli asset, degli ordini, delle relazioni con i clienti e di altre attività. Per migliorare l’automatizza-zione delle operazioni, le applicazioni sono state ottimizzate con il sostegno della società di consulenza GN. Sul fronte del data warehouse, i nuo-vi sistemi applicativi e di Business Intelligence poggiano su Oracle Da-tabase, mentre per quanto riguarda l’hardware l’azienda è migrata su due server Oracle Sparc T4.

le inefficienze it nel mirino del leader della caccia

Le soluzioni di Oracle sono il cuore del rinnovamento tecnologico portato avanti da Fabbrica d’Armi Pietro Beretta: dai sistemi gestionali che coprono tutte le attività aziendali al data warehouse, dalla business intelligence ai server.

Non sono molte le aziende ita-liane che possono vantare sulla carta d’identità quindici gene-

razioni di gestione familiare: la Fabbrica d’Armi Pietro Beretta è una di queste, e a dispetto dell’età (la più antica fattura di vendita è datata 3 ottobre 1526) oggi è in linea con la tecnologia più moder-na. La società, che oggi produce armi sportive, ottiche e abbigliamento, ha scelto le applicazioni, la tecnologia e i sistemi server di Oracle per rinnovare le proprie risorse It. Il settore di riferimento è certo delicato, specie per la necessità di essere confor-mi con il vasto corpo di leggi che regola il commercio di armi nei diversi Paesi: per questo motivo il processo di revi-sione It dell’azienda, iniziato nel 2011, è stato da un lato orientato al recupero di efficienza, e dall’altro allo sviluppo di funzionalità verticalizzate, in grado di garantire la conformità normativa. “Maggiore efficienza e soddisfazione del cliente sono i principali obiettivi che ci stanno guidando lungo questo artico-lato progetto”, ha dichiarato Daniele

Bertoni, direttore organizzazione e si-stemi di Fabbrica d’Armi Pietro Beretta. “Siamo fiduciosi di poter raggiungere risultati molto importanti in questo senso, contando anche sul supporto che saprà darci il nostro nuovo sistema in-formativo”.

ECCELLENZE.IT | Beretta

Lo scorso anno il sistema Erp di Oracle ha definitivamente sostituito le applica-zioni legacy prima utilizzate per gover-nare i processi amministrativi delle tre business unit Armi, Abbigliamento e Servizi, il controllo di gestione, i cespiti e gli acquisti non-stock. Altre innova-zioni sono state l’apertura di un portale per i fornitori di componenti, l’imple-mentazione di applicativi per la gestione del magazzino avanzato (in cui armi e componenti sono conservati con l’ausi-lio di avanzate tecnologie di tracciamen-to), di imballaggi e trasporti, produzio-ne, ordini e fatturazione. Inoltre è stato introdotto un nuovo siste-ma basato su Oracle Business Intelligen-ce a sostegno delle attività di analisi dati e reportistica. “La strategia di Oracle”, ha sottolineato Sauro Romani, allian-ces & channels country leader di Oracle Italia, “è di mettere a disposizione uno stack completo di risorse hardware e software che consentano alle imprese di eliminare le complessità dall’It, per foca-lizzare la propria attenzione sull’innova-zione del business”.

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Tanti punti in sospeso. Decreti attuativi ancora nel limbo. As-senza di risorse per finanziare voci di spesa a suo tempo pre-

viste. Il cammino dell’Agenda Digitale, a sei mesi dalla sua investitura come legge dello Stato all’interno del Decre-to Crescita 2.0, è tortuoso e soggetto a rallentamenti forzati, spesso poco com-prensibili. Con il contorno del solito rimpallo di responsabilità e titolarità decisionale. Un’altra, l’ennesima, occa-sione persa per cambiare faccia al Paese? Vedremo. Certo, smarrire il filo dell’iter dei provvedimenti pensati per innovare Pubblica Amministrazione e altri pro-cessi è molto facile. Possibile che la ri-voluzione digitale osannata da più parti sia stata mestamente dimenticata in un angolo o in qualche cassetto?Il richiamo all’Agenda, nel suo discor-so di insediamento alla Camera (il 29 aprile), il premier Enrico Letta l’aveva anche fatto, ma senza specificare le mo-dalità attraverso le quali trattare l’argo-mento. Di ministri o sottosegretari ad hoc, per il momento, neppure l’ombra e l’operatività dell’Agenzia per l’Italia digitale (si veda l’articolo nell’altra pa-gina) è tutt’altro che a pieno regime.

Come agire? Fare in frettaUn consiglio sul da farsi per sbloccare la nuova empasse è arrivato nelle scorse set-timane dal presidente di Confindustria Digitale, Stefano Parisi, già molto pro-digo di suggerimenti lo scorso autunno per i “padrini” del documento digitale, Mario Monti e Corrado Passera. Snelli-re e strutturare la governance, portando sotto l’unica responsabilità del premier il programma dell’Agenda e affidando-

Solo una parte dei provvedimenti previsti dal documento divenuto legge lo scorso dicembre è già in vigore. Per molti

altri si attendono i decreti attuativi e le risorse. Che oggi non ci sono. I tempi si allungano e la promessa di innovazione

digitale del Paese vive, per ora, solo sulla carta.

DOVE SI È PERSA L’AGENDA MAGICA?

ITALIA DIGITALE

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ne l’esecuzione (con delega mirata) a un sottosegretario alla Presidenza del Consiglio. Questo il da farsi secondo Parisi, che ha ricordato come il 38% delle risorse professionali oggi ricerca-te dal settore Ict non sia reperibile nel mercato del lavoro italiano. Non meno esplicito è stato il monito del numero uno di Confindustria, Giorgio Squin-zi, che poche settimane fa ha chiesto al premier di rendere subito operativa l’Agenzia etichettando tale azione come “vitale per tutto il Paese”. Se l’Agenda Digitale si blocca, questo lo scenario, il necessario processo di innovazione della macchina pubblica rischia di arenarsi e con esso le speranze che questo faccia da volano alla ripresa dell’economia del settore Ict, in forte sofferenza ormai da un biennio e con limitate prospettive di uscire dalla crisi almeno per l’anno in corso. Per non parlare del mancato con-tributo al Pil, che solo con l’attuazione di tutte le misure dell’Agenda (la stima è della Commissione europea) potrebbe invece crescere fino al 5%.

Le azioni in sospeso, dall’anagrafe unica alle start upPer avere un’idea di quanto resta da fare per mettere in atto l’Agenda si può ri-

IL pArADosso DELL’AGEnzIA

Doveva essere il braccio operativo per realizzare i provvedimenti dell’A-genda. Rischia di essere l’ostacolo più grande alla sua attuazione. L’Agenzia per l’Italia Digitale è l’emblema (non l’unico) delle difficoltà tutte italiane nel portare avanti progetti di rinno-vamento già approvati a livello istitu-zionale. Dopo le infinite discussioni per arriva-re alla nomina del suo direttore gene-rale, ecco il problema dello statuto. Il nuovo governo ha deciso di ripren-derlo in mano, si pensa per apportare

correre ad alcuni numeri. Otto sono le misure ancora nel limbo, mentre solo cinque quelle già in vigore senza ne-cessità di ulteriori passaggi formali. I rimanenti sei provvedimenti, dei 19 introdotti complessivamente dal De-creto, dovrebbero entrare in vigore fra quest’anno e il biennio 2014-15. Nella zona d’ombra, causa mancanza dei de-creti attuativi, si trovano progetti che avrebbero dovuto impattare da subito sull’efficienza e sulla qualità dei servi-zi amministrativi: documento digitale unificato (carta di identità, codice fisca-le e carta sanitaria riunite in un’unica tessera a microchip), anagrafe unica (c’è da mettere a fattor comune le decine di applicazioni software che oggi gestisco-no le oltre 8mila anagrafi comunali), i certificati di nascita e morte e il domi-cilio in forma digitale, oltre al fascicolo sanitario elettronico (pratica ferma sul tavolo della Conferenza Stato-Regioni). Non meno importante, all’insegna della massima trasparenza dell’apparato pub-blico, era considerata la questione open data, le cui modalità di attuazione sono ancora (al momento in cui scriviamo) al vaglio dell’Agenzia. Nel dimenticatoio, per chiudere, sono finiti i “pacchetti” per la riduzione dei costi per gli ope-

ratori telco relativamente alle opere di cablaggio per la fibra ottica, per cui si attende il piano attuativo da parte del Ministero dello Sviluppo Economico, e gli incentivi fiscali alle start up, che aspettano la copertura del Ministero delle Finanze. I bene informati sulla materia ipotizza-no, in linea generale, slittamenti fra i sei mesi e l’anno per la messa in opera dei provvedimenti rispetto ai temi annun-ciati in sede di emanazione del decreto. Per il momento occorre accontentarsi dei due bandi di gara lanciati nei mesi scorsi per le smart city (quello più im-portante da 665 milioni di euro) e dei circa 900 milioni stanziati nel comples-so per eliminare entro il 2014 il digital divide nelle aree depresse. E mentre la nostra Pa aspetta alla fine-stra gli eventi, il gap in fatto di innova-zione con gli altri Paesi aumenta. Assin-tel ha ricordato come in Europa siamo al 15esimo posto nel gruppo dei “mo-derate innovator” e come il World Eco-nomic Forum classifichi l’Italia al 51esi-mo posto quanto a capacità di usare le tecnologie per sviluppare competitività e benessere per i cittadini. Numeri che dicono molto, se non tutto.

Gianni Rusconi

modifiche rispetto a quanto stabilito dal precedente esecutivo. Il punto è che senza statuto l’Agenzia non può operare, e senza un comitato di in-dirizzo non può espletare le funzioni assegnatele dal decreto Crescita 2.0.I rilievi organizzativo-procedurali avanzati dalla Corte dei Conti hanno bloccato l’iter di ratifica dello statuto, ma certo non possono essere la cau-sa prima e unica del suo perdurante stallo. Anche la mancata nomina del rappre-sentante delle Regioni nel Comitato direttivo, che a fino a tutto maggio era pendente, non può essere rite-nuta una barriera insormontabile, per quanto burocraticamente rilevante.

A minare il ruolo dell’ente c’è qual-cosa di più profondo. C’è il mancato accordo sulla governance della stes-sa (divisa fra quattro ministeri), c’è la guerra sulle deleghe, c’è il problema del reperimento dei fondi, problema che solo il ripristino del Dipartimento per la Digitalizzazione e l’Innovazione sotto la guida della Presidenza del consiglio potrebbe risolvere. L’attuale direttore, Agostino Ragosa, ha ribadito a più riprese una sorta di mantra: “L’Agenzia va avanti lo stes-so”. Già, ma come? Ne sapremo di più il 30 giugno, data fissata per la discussione della relazione sullo stato di avanzamento dei lavori per la digi-talizzazione dell’Italia? Improbabile.

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Il Direttore generale dell’Agenzia per l’Italia Digitale, Agostino Ra-gosa, ha un preciso piano in testa ed è quello di realizzare, parole sue,

la “prima grande opera di centralizza-zione e razionalizzazione dell’informa-tica pubblica”. Un progetto ambizioso, che nemmeno l’inoperatività formale dell’ente da lui guidato sembra, almeno sulla carta, poter ridimensionare. Tanto che lo stesso Ragosa ha reso di pubblico dominio la natura di alcune misure che, come si spera, faranno capo all’Agenzia, a cominciare da quelle (attese per fine giugno) relative alle linee guida per la Pa in tema di cloud computing e ai siste-mi per gestire i dati dell’Anagrafe unica nazionale. La sfida da vincere nel medio periodo è quella di dare vita a 40 data center certi-ficati da cui erogare a cittadini e imprese tutti i servizi degli enti locali e centrali. Un grande progetto di cloud pubblico, l’ha definito Ragosa, che inizierà a ma-terializzarsi con l’assegnazione alla Con-sip del bando da 2,7 miliardi di euro destinati al nuovo Sistema pubblico di connettività. Che occorra mettere mano al cuore informativo della macchina

pubblica è chiaro, perché una struttura con circa 5mila centri di elaborazione dati non è sostenibile economicamente e neppure sicura. Per questo la Pa deve rivoluzionare il suo scheletro tecnolo-gico e adeguarlo alle normative vigenti, deve riorganizzare le sale macchina per soddisfare i requisiti di affidabilità Tier 4, e deve dotarsi di una rete capace di assecondare i carichi di un’infrastruttura data centric che integrerà anche la fonia e gestirà alcuni servizi in remoto. L’obietti-vo di Ragosa, in estrema sintesi, è quello di costruire una “enterprise public infra-structure” fortemente orientata al cloud e che sia anche un vero e proprio asset dello Stato e non una sorta di buco nero dove finiscono qualcosa come 10 miliar-di di euro l’anno (tanta è la spesa per le risorse Ict della macchina pubblica). Per arrivarci, secondo il direttore dell’Agen-zia, serviranno innanzitutto norme ad hoc per ordinare come bene strategico l’infrastruttura tecnologica della Pa, vi-sto che oggi non è considerata tale.

software libero per le infrastruttu-re serverLa gara telematica per la stipula di un

Il cambio di pelle della macchina pubblica passa per l’utilizzo più strutturato delle risorse informatiche. L’Agenzia per l’Italia Digitale e il Consip sono i principali attori di un’opera di razionalizzazione necessaria. Ma i vincoli normativi, organizzativi e burocratici non mancano.

ITALIA DIGITALE | Pubblica Amministrazione

accordo quadro annuale dal valore di otto milioni di euro avviata qualche settimana dal Consip (e chiusasi il 23 maggio) va registrata come importante, e non solo per il valore economico della gara. La gara in questione, infatti, è sta-ta la prima in assoluto nell’ambito dei sistemi operativi e delle infrastrutture server open source e vuole rappresentare il primo gradino di un percorso “virtuo-so” di adozione di soluzioni basate su codice sorgente di tipo aperto da parte degli enti pubblici. Un percorso che in-teressa, e questa è l’altra sottolineatura da fare, diversi ambiti di applicazione del software libero, dalla mobility al middleware, dalle infrastrutture It criti-che allo storage. La peculiarità del pro-

CLOuD, OPEN SOuRCE, E-proCurEMEnT: IL SEttORE PubbLICO CAmbIA mARCIA

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getto risiede, infine, nella possibilità che le pubbliche amministrazioni realizzino appalti specifici e personalizzabili su mi-sura che prevedano la fornitura di servizi legati ai sistemi operativi open in am-bito server (formazione, supporto alla migrazione infrastrutturale da sistemi Unix), con l’obiettivo finale di facilitare l’adozione di questo strumento per dif-ferenti casistiche di applicazione. Il rovescio della medaglia però non man-ca, ed è legato ai dubbi emersi nei con-fronti del software libero e del suo utiliz-zo in seno agli enti della Pa. Il tavolo di lavoro costituito dall’Agenzia per l’Italia Digitale non ha, infatti, partorito al mo-mento le linee guida per l’adozione delle tecnologie open source: perché, sembra,

LE soCIETà In-housE sono prIvILEGIATE

alcuni degli esperti incaricati sono per una linea interpretativa delle norme in materia poco favorevole alle tecnolo-gie stesse. Eppure la legge (art. 68 del Codice dell’Amministrazione Digitale) dice chiaramente che le pubbliche am-ministrazioni sono invitate in sede di acquisizione di programmi informatici a tenere in debita considerazione ‒ ri-spetto a vari parametri, costi ovviamente compresi ‒ anche il software libero o a sorgente aperto. A questo, oltretutto, in uno specifico comma viene attribuita la preferenzialità rispetto ai programmi in-formatici di tipo proprietario accessibili con licenza d’uso.

Acquisti online, un passo avantiSu Consip, l’organismo che centralizza una parte degli acquisti per la pubblica amministrazione, si sono scritte spesso parole critiche, tese a evidenziare i limi-ti di una struttura che grazie alle tec-nologie potrebbe contribuire in modo sostanziale al processo di efficientamen-to della macchina pubblica. C’è, però, un dato che premia l’operato dell’ente controllato dal Ministero dell’Econo-mia e delle Finanze, ed è quello della media degli acquisti effettuati online per conto degli enti pubblici, pari al 5% del totale e superiore alla media nazionale del 3%. Un elemento da cui partire, perché sicuramente migliorabi-le e perché gli strumenti tecnologici e normativi per farlo esistono. Latitano ancora, invece, specifiche procedu-re operative e di controllo (sono circa 100mila i buyer per la categoria beni e servizi) per poter svoltare con decisione verso l’e-procurement. L’auspicio è che dalle gare telematiche gestite dal Con-sip possano transitare più degli attuali 29 miliardi di euro che l’ente presidia direttamente sui circa 140 miliardi che costituiscono la spesa per beni e servizi della Pa, e che la percentuale di acqui-sti effettivamente gestita online possa crescere sensibilmente rispetto al 10% registrato a fine 2011.

Piero Aprile

Un emendamento proposto dalla Camera in sede di conversione del decreto sui pagamenti dei debiti della Pa ha inserito in cima alla lista dei beneficiari le società regionali, che a loro volta dovranno usare le risorse ricevute per azzerare i credi-ti dei rispettivi fornitori. L’esecutivo ha quindi accolto l’appello avan-zato da Assinform per includere nel provvedimento di cui sopra le oltre 30 aziende Ict in-house italia-ne (di proprietà degli enti locali o aziende partecipate dalle Pubbli-che Amministrazioni) partendo dal presupposto che i crediti del set-tore tecnologico ammontino a una cifra stimata tra 1,7 e 2 miliardi di euro. Un enorme fardello, così l’ha definito l’organismo associativo di Confindustria, che si raffronta a una spesa pubblica annua in informatica nell’ordine dei 3,7 miliardi di euro. Risolta la questione dei ritardati pagamenti, per le società in-house di Regioni e Province Autonome si profila ora una nuova sfida, e cioè quella di agire sul territorio come braccio operativo dell’Agenzia per l’Italia Digitale, con l’obiettivo di lavorare in equilibrio con l’offerta e gli ecosistemi Ict locali. Forte au-tonomia sull’uso delle risorse eco-nomiche, umane e tecnologiche a disposizione, e altrettanto forte relazione con l’Agenzia: questi i due cardini che dovranno ispirare il nuovo corso delle Ict in-house, fra i cui compiti c’è naturalmente anche quello di contribuire alla riduzione dell’attuale frammentazione del sistema Ict pubblico. A cominciare dalla razionalizzazione delle infra-strutture hardware, riducendo il numero dei data center.

40 | GIUGNO 2013

OBBIETTIVO SU | Huawei

SmarTphOnEin salsa di soia

I prodotti e le soluzioni di Huawei sono utilizzati da 45 dei primi 50 operatori globali e sono impiegati da oltre 100 nazioni, che rappre-

sentano circa un terzo della popolazio-ne mondiale. Grandi numeri per quel-la che è una società privata, detenuta al 100% dai suoi dipendenti e costante-mente impegnata nello sviluppo della propria gestione in accordo con le best practice internazionali. La mission dichiarata della multina-zionale è quella di garantire agli utenti finali un’esperienza ottimale nelle co-municazioni convergenti, attraverso qualsiasi dispositivo. Huawei ha registrato una crescita so-stenuta nel 2012, con un fatturato di

Relativamente giovane, fondata nel 1987, Huawei è diventata uno dei maggiori fornitori globali di reti di telecomunicazioni. Oggi compete anche nel mercato dei telefoni cellulari, grazie al favorevole rapporto prezzo/qualità dei suoi modelli.

35,35 miliardi di dollari e un profitto netto di 2,47 miliardi. Grazie all’esperienza sviluppata nelle reti fisse, mobili e nella comunicazio-ne dati su Ip, una società relativamente giovane (fondata nel 1987) è diven-tata un player di rilievo nell’era della convergenza. Per far fronte alle sfide imposte dai cambiamenti climatici, Huawei ha, inoltre, lanciato una serie di soluzioni ecosostenibili per aiuta-re i propri clienti a ridurre i consumi energetici e le emissioni di anidride carbonica. La compagnia è strutturata in tre divi-sioni (Carrier, Enterprise e Consumer) per offrire servizi diversificati e per ri-spondere a esigenze specifiche.

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Huawei Occupa 150mila dipendenti, cHe sOnO ancHe aziOnisti della sOcietà. un mOdellO cHe guaRda sia alla cultuRa impRenditORiale Occidentale sia alla paRtecipaziOne pOpOlaRe tipica della cina.

sHenzHen,nel sud della cina, è il quar-tier generale della multina-zionale. nel campus appena fuori dalla città sono sorti palazzi di grande impatto visivo, progettati da architetti di fama mon-diale. nella foto a fianco, il magazzino centrale, che contiene oltre 3.000 diverse referenze. a sinistra in alto il call center globale.

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OBBIETTIVO SU | Huawei

Huawei dedica mOlte RisORse alla RiceRca e al test dei pROdOtti. il centRO destinatO a queste attività Occupa unO degli edifici più gRandi e aRcHitettOnicamente significativi dell'inteRO quaRtieRe.

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VITa SOcIalE

molti dipendenti alloggiano nel condominio all'interno dell'area del quartier generale a shenzhen, conosciuto anche come Bai cao garden. il complesso è costituito da 10 edifici in stile europeo e gli appartamenti sono gestiti da una società immobiliare. dentro il perimetro dell'headquarter c'è anche la Huawei university.

la cRescita nel 2012 le tre divisioni

di Huawei sono cresciute con percentuali comprese

tra il 6 e il 25%. il fatturato ha raggiunto i

35,35 miliardi di dollari.

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OBBIETTIVO SU | Huawei

nel dicemBRe 2008 Business weeK aveva nOminatO Huawei cOme una delle aziende più influenti al mOndO. negli anni successivi, la quOta di meRcatO della multinaziOnale è cResciuta a Ritmi veRtiginOsi.

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la sOsteniBilitàè uno dei valori fondanti della multi-nazionale cinese, che ha realizzato presso la sede centrale uno showroom interamen-te dedicato alle tema-tiche green (pagina a fianco in alto).

la RiceRcaè sicuramente una del-le attività strategiche per Huawei, in queste pagine, le immagini di tecnici e ingegneri impegnati nella manu-tenzione dei sistemi e nel test dei prodotti.

SOCIALYTICSCONFERENCE

M I L A N O · 2 5 S E T T E M BR E 2 0 1 3

SOCIAL MEDIA ANALYTICS: STRATEGIE E STRUMENTIPER VALORIZZARE LA CUSTOMER EXPERIENCE

PERCHÉ PARTECIPARE

L’universo digitale sta crescendo, stima IDC, a un ritmo del 50% all’anno: nel 2015 il volume dei contenuti digitali sfiorerà gli 8 ZB. Il 90% di questo volume è prodotto da dati non strutturati, per lo più generati attraverso i social media. Si tratta di dati carichi di informazioni importanti, ma più difficili da analizzare e comprendere. Ciò comporta non solo l’adozione di specifici strumenti di analisi, ma anche un ripensamento a livello infrastrutturale e applicativo per rispondere alla necessità di raccogliere ed elaborare tutto questo universo destrutturato, integrandolo con sistemi aziendali di CRM, collaborazione ed ERM e con soluzioni di Business Analytics.

• Comprendere l’effettiva valenza di una strategia mirata all’utilizzo di strumenti di Socialytics: a cosa servono e perché non se ne può più fare a meno

• Come portare la Social Media Analytics in azienda: i principali ostacoli all’adozione• Conoscere metriche e KPI per i social media• Comprendere l’effettivo livello di integrazione tra soluzioni di Social Media

Analytics e IT• Come coordinare competenze, sforzi e obiettivi delle funzioni IT, marketing e

business• Come definire obiettivi social e allinearli con quelli di business

PLATINUM SPONSOR#IDCSocialytics13

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DAY

http://www.idcitalia.com/eventi/socialytics2013

KEYNOTE SPEAKERMisurare l’efficacia di un progetto di social media marketing Andrea Andreutti, Head of Interactive Marketing, Samsung

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VETRINA HI-TECH

taforma di Microsoft. E dunque, con il lancio di Windows 8 e l’abbinamento ai processori Intel di nuova generazione, è arrivato anche il touch su dispositivi che chiamare tablet è riduttivo e definire no-tebook rischia di essere fuorviante: nella ormai famigerata “era post-Pc”, come la etichettano gli addetti ai lavori, non solo i form factor ma anche l’esperienza utente sono ormai cambiati. Le princi-pali differenze fra i nuovi ibridi e i laptop tradizionali sono, sostanzialmente, una maggiore portabilità dovuta a spessore e peso ridotti, l’utilizzo di memorie flash Ssd in luogo degli hard disk e talvolta l’assenza di lettori ottici (che andrebbero a incidere sul volume). Sul fronte della user experience, come si diceva, la vera innovazione è il touch, un elemento che si combina all’interfaccia di Windows 8 e ad applicazioni progettate per l’intera-zione tattile. Fatta salva, ovviamente, la possibilità di utilizzare una tastiera per le operazioni di scrittura, tastiera che va in-tesa non come un accessorio di saltuaria utilità, ma come una componente har-dware a tutti gli effetti.

Form factor innovativi, ma anche strumenti di produttività legati a Windows 8. Ecco i protagonisti dell’era post-Pc.

Il fuTuRo È lEgATo Al fATToRE dIsplAyL’alto tasso di innovazione di que-sta nuova categoria di prodotto basterà a far soccombere i Pc tradi-zionali, affermando in modo stabile l’era del touch anche al di fuori del mondo consumer? Molto dipende-rà dalla propensione delle aziende al rinnovo del parco macchine e, parallelamente, dalla loro apertura verso il modello del Bring your own device, per il quale i dipendenti tenderanno a utilizzare dentro e fuori dall’ufficio strumenti con un Dna di portabilità molto forte e de-finito. Inoltre, un elemento cruciale sarà il prezzo dei display: attualmente è soprattutto l’acquisto dei pannelli tattili a incidere sui costi sostenuti dai produttori, ma questo handicap andrà via via assottigliandosi. Per citare qualche numero, secon-do la società di ricerca DisplaySe-arch entro il 2017 le spedizioni di Pc portatili arriveranno a quota 762 milioni di unità, delle quali solo 183,3 milioni saranno notebook pri-vi di tecnologia tattile, con un calo del 10% rispetto ai livelli attuali. E in tempi ancora più brevi, cioè fra quest’anno e il 2014, le consegne di notebook touch subiranno già un’impennata del 48%.

IL TOUCH, NUOVO VOLTO DEI pC

da supporto per la fruizione passiva, per la navigazione e la riproduzione audio e video, a strumento per la

creazione di contenuti. Da dispositi-vo squisitamente leisure, a un’identità sempre più orientata (anche) al lavoro e alla produttività. Il mondo dei tablet sta cambiando, e non con un’evoluzio-ne unidirezionale ma frammentandosi in più categorie di prodotto e, dunque, pubblici di riferimento. È colmando lo spazio intermedio fra puro intratteni-mento e pura operatività che sono nati – su input, fra gli altri, di Asus con la sua gamma Transformer – i tablet ibridi, capaci di trasformarsi in notebook sot-tili o ultrabook che dir si voglia, grazie a una tastiera removibile e agganciabile allo schermo secondo meccanismi vari. Il passo successivo è arrivato con Windows, o meglio con Windows 8: un sistema operativo nato, a differenza di Android, pensando da subito anche all’utenza di professionisti e studenti, quella che non può rinunciare agli applicativi di Office e alle garanzie di sicurezza legate alla piat-

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sizioni scomode. La dotazione include processori Intel Core i5, memoria che arriva fino a 12 GB e per l’archiviazione fino a 1 TB oppure 156 GB di Ssd, oltre a un’uscita Hdmi, lettore Sd, tre porte Usb, WiFi, Bluetooth e un convertitore Vga. Un prodotto che probabilmente non conquisterà un successo mainstre-am, dato anche il prezzo di quasi mille

parallela alla carica dei tanti nuovi tablet da 7 a 10 pollici presentati negli ultimi mesi, chiaramente destinati a un

pubblico consumer, c’e un’altra ondata che si infrange, sempre più impetuosa, sullo scenario del computing. È quella dei notebook touch, o ultrabook touch che dir si voglia, o ancora dei conver-tibili o “ibridi”, un po’ tablet e un po’ Pc tradizionale. Per tutti questi modelli la presenza di Windows 8 o Windows Rt e gli schermi più grandi sono chia-

C’è un touch per tutti i gusti (e le tasche)Equipaggiati con Windows 8 o Rt, i Pc convertibili in tablet sperimentano nuovi design, spaziando tra diverse dimensioni e meccanismi di integrazione fra schermo e tastiera. Ma anche, e notevolmente, fra i range di prezzo.

VETRINA HI-TECH

Dopo il lancio della versione con a bordo Windows Rt, più chiaramen-te rivolta a un’utenza consumer, è arrivato in Italia anche il “fratello maggiore” Surface Pro, le cui buone carte a favore del mondo professionale sono innanzitutto la presenza di Windows 8 Pro e quella di chip Intel Core i5. Il formato di schermo, 10,6 pollici, fa propendere per la definizione di tablet (la stessa utilizzata da Micro-soft, d’altra parte), ma va detto che le sue caratteristiche business lo

MICROSOFT Surface PropREzzo: dA 889 EuRo

ri indizi di vocazione (anche) business, mentre le differenze fra l’uno e l’altro si giocano sulle specifiche hardware e sul design, in particolare per quanto riguar-da l’integrazione fra display e tastiera: su questo fronte, una soluzione inedita è quella brevettata da Acer per il suo nuo-vo Aspire R7 e battezzata “Ezel Hinge”, che consente di muovere in altezza e an-golazione il display da 15,6 pollici, fino a ruotarlo su se stesso di 180 gradi, con l’obiettivo di adattarsi a diverse occasio-ni d’uso e di evitare affaticamenti da po-

TosHIBA WT310

Display: 11,6” (1920x1080)

Processore: Intel Core

Peso: da 0,825 Kg

Spessore: 1,24 cm

pREzzo: dA 949 EuRo

ACERR7Display: 15,6” (1920x1080)

Processore: Intel Core i5

Peso: 2,5 Kg

Spessore: 2,85 cm

pREzzo: 999 EuRo

Hp pAVIlIoN TouCHsMART slEEKBooK Display: 15,6” (1366x768)

Processore: Intel Core i5

Peso: 2,1 Kg

Spessore: 2,1 cm

pREzzo: 499 EuRo

4949GIUGNO 2013 |

euro, ma che rappresenta un’interessan-te sperimentazione.Fra i modelli che rinunciano alla tastiera estraibile in favore di un meccanismo che permette di ruotarla di 360 gradi, ma non di staccarla e lasciarla a casa quando non serve, c’è anche Lenovo con il nuovo ultrabook tattile IdeaPad Yoga 11. Un’alternativa più maneggevo-le, da 11,6 pollici, allo Yoga 13 (che di pollici ne misura 13,3), rispetto al quale lo schermo rinuncia a un po’ di risolu-zione ma non alla tecnologia Ips, quella

che migliora i colori e allarga l’angolo di visualizzazione. Il peso è contenuto, 1,2 chili, e sulla carta la batteria promette fino a 13 ore di autonomia. Il sistema operativo, in questo caso, è Windows Rt, abbinato a processori Nivida Tegra quad-core.Decisamente di fascia alta (circa 1.600 euro) è il nuovo cavallo di battaglia di Asus, Taichi: un ultrabook che riesce a conciliare un peso di 1,25 chili e uno spessore di appena 3 millimetri con una caratteristica sui generis, ovvero la pre-senza di due schermi da 11,6 pollici. Entrambi dotati di risoluzione Full HD, possono essere utilizzati alternativamen-te o in contemporanea, per riprodurre gli stessi contenuti a favore di più uten-ti; non mancano una tastiera, che scom-pare alla vista quando il Pc è chiuso, e un pennino stilo.Diversa la strategia del nuovo Pavillon Touchsmart Sleekbook di Hp, un mo-dello che punta su un prezzo appetibi-le (meno di 500 euro) e su una natura meno da tablet e più da Pc utile alla produttività, dato lo schermo da 15,6 pollici e la presenza di processori Intel i5. Le interfacce comprendono Usb 3.0, 2.0 e Hdmi, e un dettaglio intelligente è il fatto che la batteria sia estraibile, come nei “vecchi” notebook.

rendono ben distante dalle alter-native Android di pari dimensioni, e più simile a un mini-ultrabook. Quali caratteristiche business? La presenza della suite di Office, per esempio, e poi l’interfaccia Usb 3.0 per trasferimenti di file più veloci, una Cpu che arriva a 1,7 GHz di frequenza e una Ram da 4 GB. La richiesta è di 889 euro, Iva inclusa, per la configurazione da 64 GB e di 999 euro per quella da 128 GB.

lENoVoIdEApAd yogA 11Display: 11,6” (1366x768)

Processore: Nvidia Tegra 3

Peso: 1,27 Kg

Spessore: 1,56 cm

pREzzo: 799 dollARI

sAMsuNgATIV sERIE 5 Display: 11,6” (1366 x 768)

Processore: Intel Atom Z2760

Peso: 0,74 Kg

Spessore: 0,99 cm

pREzzo: dA 669 EuRo

Asus TAICHI 21Display: doppio, 11,6” (1920x1080)

Processore: Intel Core i7 o i5

Peso: 1,25 Kg

Spessore: 1,65 cm

pREzzo: 1.599 EuRo

50 | GIUGNO 2013

pillole digitali

VETRINA HI-TECH

lEXMARK MX6500eAcquisizione, copia e finitura di stam-pa dei documenti, oltre a funzioni più particolari come la scansione di codici a barre e quella verso Microsoft Sha-rePoint: sono alcune delle capacità di MX6500e, un nuovo dispositivo per la gestione documentale rivolto alle aziende, che possono posizionarlo in prossimità di una stampante all-in-one (per gestire anche email e fax) oppure su una scrivania. Le sue caratteristiche sono potenza e flessibilità: è infatti in grado di acquisire in fronte/retro fino a 88 immagini al minuto e di suppor-tare un’ampia varietà d formati di car-ta, inclusi documenti di identità. Con schermo touch a colori da 10,2 pollici, è compatibile con la gamma di stam-panti MS810, MS811 e MS812.Prezzo: 2.529 euro

VERBATIMV3 Max usb 3.0Grande capacità di archiviazione e velocità di trasferimento lampo di-stinguono la nuova serie di flash drive di Verbatim dalle “normali” chiavette Usb. La gamma parte, infatti, dal mo-

dello basic con 16 GB di spazio (in vendita a 26,99 euro) per arrivare a quello da 128 GB (128,99 euro), pas-sando per i tagli intermedi da 32 GB (44,49 euro) e da 64 GB (67,99 euro). Quanto alla velocità di trasferimento dati, in caso di utilizzo con porta Usb 3.0 si può arrivare a un massimo di 175 MB/sec per la lettura dei file e di 80 MB/sec per la scrittura. Tutti i modelli dispongono di mec-canismo retrattile “slide & lock”, che protegge il connettore Usb da possibi-li danni quando non è in uso.Prezzo: da 26,99 euro

IRIsCAN pro 3 Cloud Piccole e piccolissime aziende, ma anche studi e professionali e lavora-tori autonomi sono il target ideale di IriScan Pro 3 Cloud: uno scanner multifunzione portatile che è in gra-do di inviare i documenti acquisiti direttamente nella “nuvola”, ovve-ro verso servizi come SharePoint, SkyDrive Google Drive, Evernote, Box, Dropbox e ownCloud. Compat-to e facile da spostare da una stanza all’altra, questo modello consente di digitalizzare molti tipi di documenti, inclusi contratti, fatture e ricevute, nonché – con una funzione specifica del suo software integrato – i biglietti da visita. Dotato di un contenitore da

50 fogli, può acquisire fino a 15 pagi-ne al minuto. Il software Ocr Readiris Corporate 14, in dotazione, permette di convertire documenti cartacei, Pdf o immagini in file digitali modificabi-li, indicizzabili e condivisibili.Prezzo: 299 euro

NoKIAlumia 925Il nuovo top di gamma tra i Windows Phone di Nokia è arrivato. Lumia 925, evoluzione del 920, è molto simile al predecessore nell’estetica e nelle carat-teristiche tecniche: design a tavoletta con schermo da 4,5 pollici, processore Qualcomm Snapdragon S4 dual-core da 1,5 GHz, fotocamera da 8,7 mega-pixel con doppio flash Led e anteriore da 1,2 megapixel, e poi un corredo di connettività che include WiFi, Lte, microUsb, Bluetooth e chip Nfc.Migliorano, invece, la maneggevolezza e le prestazioni della batteria: rispetto al modello precedente, il peso scende da 185 a 139 grammi, anche grazie alla combinazione di policarbonato e alluminio nella scocca; lo spessore passa da 10,7 a 8,5 millimetri; l’auto-nomia sale da 10,8 a un massimo di-chiarato di 12,8 ore di conversazione. Disponibile in tre varianti di colore, cioè bianco, nero o grigio, e con me-moria integrata da 16 GB o da 32 GB (quest’ultima è venduta in esclusiva da Vodafone). Prezzo: da 469 euro, Iva esclusa

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