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STORIE DI ECCELLENZA E INNOVAZIONE 18 GEOINTELLIGENCE Nasce un nuovo strumento per gli uomini di marketing e vendite: la Business Intelligence sposa i sistemi geografici. CLOUD IN UFFICIO Suite di produttività, device personali, collaborazione online: ecco come sta cambiando il lavoro in azienda. 40 26 NUMERO 4 | APRILE 2013 IL GENIO SOFTWARE AMICO DEI FARMACISTI Gaetano Colabucci di Johnson & Johnson punta sulla tecnologia Web e sui tablet per ottimizzare la relazione con i punti vendita e superare la crisi del settore. FOTONICA ITALIANA Dalla Brianza, Cisco guida la ricerca sulle reti ottiche a larghissima banda. E tiene viva la fucina di talenti made in Italy. Distribuito gratuitamente con “Il Sole 24 ORE”

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Magazine Technopolis N°4 aprile 2013

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Storie di eccellenza e innovazione

18 geointelligence nasce un nuovo strumento per gli uomini di marketing e vendite: la Business intelligence sposa i sistemi geografici.

cloud in ufficioSuite di produttività, device personali, collaborazione online: ecco come sta cambiando il lavoro in azienda.

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nUMero 4 | aPrile 2013

il genio software amico dei farmacisti

Gaetano Colabucci di Johnson & Johnson punta sulla tecnologia Web e sui tablet per ottimizzare la relazione con i punti vendita e superare la crisi del settore.

fotonica italianaDalla Brianza, Cisco guida la ricerca sulle reti ottiche a larghissima banda. E tiene viva la fucina di talenti made in Italy.

Distribuito gratuitamente con “Il Sole 24 ORE”

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04 storia di copertina

Il software amico dei farmacisti: Johnson & Johnson

11 in eVidenZa

I sogni “mobili” di Hp e di Lenovo

Oracle fa spese con vista sul cloud

L’Italia dell’Ict non cresce più

L’opinione: Jailbreak, una libertà piena di rischi

TeamSystem cresce in market share e investimenti

L’opinione: L’open source tenta l’impresa

Nel retail la multicanalità detta legge

18 scenari L’ufficio ideale? Liquido e senza fissa dimora

Office 365: Microsoft spinge le aziende nel cloud

L’Italia dirige la prua verso le nuvole

Big Data e cloud aprono l’era dei data center 3.0

Datemi una location e solleverò il marketing

28 ecceLLenZe.it

Salvagnini - Check Point

Università di Modena e Reggio - Sophos Città di Cremona - Aemcom

Icbpi - Oracle

32 itaLia digitaLe Macchina pubblica efficiente cercasi

Da Nord a Sud: prove generali di città intelligenti

Un jolly italiano chiamato “Internet delle cose”

40 oBBiettiVo sU

Cisco e la fotonica in Brianza

47 Vetrina Hi tecH

Smartphone di ultima generazione

Pillole digitali

SOMMARIO

Storie di eccellenza e innovazione

N° 4 - Aprile 2013

Periodico bimestrale registrato

presso il Tribunale di Milano al n° 378

del 09/10/2012.

direttore responsabile: Emilio Mango

coordinamento: Gianni Rusconi

Hanno collaborato: Piero Aprile,

Luca Bastia, Valentina Bernocco,

Federico Cociancich, Carlo Fontana,

Cesare Garlati, Laura Tore

progetto grafico: Inventium Srl

sales and marketing: Francesco Proietto

iniziative speciali: Salvatore Losco

Business development: Anselmo Barbieri

Foto e illustrazioni: Istockphoto

editore, redazione, pubblicità: Indigo Communication Srl

Via Faruffini, 13 - 20149 Milano

tel: 02 36505844

[email protected]

www.indigocom.com

Stampa: RDS Webprinting - Arcore

© Copyright 2012

Indigo Communication Srl

Tutti i diritti di proprietà letteraria

e artistica riservati.

il sole 24 ore non ha partecipato alla realizzazione di questo periodico e non ha responsabilità per il suo contenuto.

Pubblicazione ceduta gratuitamente.

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4 | APRILE 2013

pharmagenius:il genio software al fianco dei farmacisti

Non serve essere addetti ai la-vori per capire che le farma-cie sono cambiate molto nel corso degli ultimi anni. La

congiuntura macroeconomica, ma anche il quadro normativo hanno accelerato un percorso evolutivo irto di ostacoli, che ha visto l’erosione dei margini, la competi-zione sempre più serrata di altre tipologie di punti vendita e la lentezza dei paga-menti da parte della Pubblica Ammini-strazione tra gli elementi di maggior ri-schio nel mercato italiano, così come nel più ampio contesto europeo.Per far fronte a questa accelerazione del cambiamento, i farmacisti avevano bi-sogno di nuovi strumenti, di politiche

stOria Di cOPErtiNa | Johnson & Johnson

Johnson & Johnson, multinazionale attenta agli sviluppi della tecnologia, ha rotto il tabù di uno dei mercati più tradizionalisti: ha impiegato l'hi-tech, di applicativi Web e tablet, per offrire ai gestori dei negozi e alla forza commerciale sul territorio i migliori strumenti per contrastare la crisi del settore. Migliorando la relazione con i titolari delle farmacie e ottimizzando vendite, marketing e acquisti.

La sede di Johnson & Johnson a Pomezia, in provincia di Roma.

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commerciali efficaci e, perché no, di tec-nologia. Fare le scelte giuste nei tempi giusti è, infatti, non più solo un elemento importante di vantaggio competitivo ma addirittura un fattore di sopravvivenza, in un segmento dove si prevedono oltre 25mila negozi a rischio in tutta Europa.“Negli ultimi anni”, spiega Gaetano Colabucci, amministratore delegato di Johnson & Johnson, “l’industria e il

canale distributivo hanno proposto varie soluzioni per supportare i farmacisti nelle loro decisioni, ma ci sono ancora ampi margini di miglioramento”.Così alla fine dello scorso anno, Johnson & Johnson ha accettato la sfida hi-tech, resa ancora più ardita dal limitato livello di alfabetizzazione digitale del mercato delle farmacie, uno dei più tradizionalisti di tutto il panorama del retail italiano, e

ha deciso di rivoluzionare il rapporto tra fornitore e punti vendita. Sfruttando, tra le altre cose, lo stru-mento più innovativo ma anche più in voga del mo-mento, il tablet.

PEr il bENEssErEVincere i “nemici invisibili” dell’uo-mo. Con questo obiettivo Robert Wood Johnson decise di investire nella sperimentazione delle prime garze antisettiche della chirurgiamoderna: nel 1886 fondò la Johnson & Johnson e, con solo 14 dipendenti, avviò la commercializ-zazione di prodotti medicali sterili, divenendo in breve il marchio lea-der del settore. Nel 1910, a seguito della morte di Robert, alla guida della società fu chiamato il fratello, James W. Johnson, che avviò il processo di internazionalizzazio-ne e diversificazione. Gli ottanta anni successivi sono la storia di un continuo ampliamento dell’attività, sempre nel campo della salute e della persona. Anni di acquisizioni, espansioni nei vari mercati, ottimiz-zazione produttiva, ma soprattutto ricerca medica e innovazione tec-nologica. Oggi Johnson & Johnson è una public company, quotata alla Borsa di New York, che impiega più di 118mila addetti in tutto il mondo.

“Abbiamo dovuto abbattere un precon-cetto ben consolidato”, dice Gaetano Cristo, customer development mana-ger di Johnosn & Johnson, “cioè che il rapporto commerciale tra venditore e farmacista fosse basato sostanzialmente sul contatto personale, e che la tecnolo-gia fosse un elemento estraneo. Inoltre, abbiamo dovuto lottare con la grande frammentazione del mercato italiano, composto da oltre 17mila punti vendita, che certo non aiutava lo sviluppo di ap-procci e piattaforme comuni”.Elaborando un progetto ad alto contenu-to tecnologico, che dal disegno concet-tuale al rilascio sul mercato ha richiesto poco più di quattro mesi, il team di Cola-

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6 | APRILE 2013

stOria Di cOPErtiNa | Johnson & Johnson

bucci ha così cercato di risolvere i tre pro-blemi più urgenti dei farmacisti: com-prare la giusta quantità al giusto prezzo, avere a disposizione uno strumento per gestire l’esposizione e la promozione dei prodotti, avere facile accesso alle informazioni necessarie per supportare il business. In più, Johnson & Johnson ha cercato di sistematizzare e rendere più effi-cace l’attività di formazione e in-centivazione del personale addet-to alla vendita. “Il mezzo ideale per unire e rendere appealing que-sti strumenti”, dice Corrado Grif-fani, It manager di Johnson & John-son, “ci è sembrato da subito il tablet, e in particolare l’ultima generazione dell’iPad di Apple, con cui abbiamo poi equipag-giato il nostro personale commerciale sul territorio. Lavorando con i nostri colle-ghi dei reparti regionali di vendite e It e con ben cinque partner esterni, abbiamo realizzato una serie di tool che abbiamo chiamato Pharmagenius. Quattro sono destinati ai farmacisti (che per utilizzarli devono prima registrarsi sul nostro siste-ma) e sono stati sviluppati con la nuova tecnologia Html5: il portale, la piatta-forma di e-learning, lo strumento per la gestione delle relazioni e il programma di

la sOluziONE

Oltre Pharmagenius c’è di più. Il set di applicativi sviluppato dall’It di Johnson & Johnson è solo la pun-ta di un iceberg piuttosto solido, ed è anche la tappa di partenza di un percorso totalmente nuovo sul terreno della mobilità e della mar-keting intelligence. Il fronte client dell’architettura It dell’azienda è rappresentato da personal com-puter Lenovo (quasi solo portatili) con sistema operativo Microsoft Windows, mentre la forza vendita è dotata di tablet con applicativi Crm sempre in ambito Windows, ora af-

fiancati dai 110 Apple iPad (retina display e 3G) del progetto Pharma-genius, acquisiti da Vodafone con una formula di noleggio.Sul fronte software, Johnson & Johnson si affida prevalentemente a Sap, sia per il gestionale sia per il Crm, mentre per soddisfare le esigenze di business intelligence le piattaforme sono Ibm Cognos e di nuovo Sap con Bw. I tool di Pharmagenius destinati ai farma-cisti sono stati sviluppati in Html5, in modo da offrire la più ampia gamma di ambienti supportati, sia browser Web (si può scegliere tra Explorer, Chrome, Safari e Firefox)

sia device (smartphone BlackBer-ry e iPhone, tablet e Pc portatili), mentre gli strumenti in dotazione alla forza vendita sono applicazioni iOs (la parte di Digital Sales Force è sviluppata in architettura cloud con Model Metrics, una società appar-tenente a Salesforce.com). Il tool per la modellizzazione del profitto, infine, è sviluppato in ambiente Microsoft Windows e in-tegrato con l’ambiente Crm azien-dale. Pharmagenius dialoga con il data warehouse aziendale e con i sistemi di Crm e Bi per generare i report e le analisi di vendita e di mercato.

incentivi per le addette cosmetiche. I due strumenti per la forza vendita, l’applica-zione per l’analisi dei dati di mercato e quella per la gestione della clientela sono stati invece sviluppati direttamente nel sistema iOs di Apple. In ultimo, il tool per la modellizzazione del profitto è sta-to realizzato sotto Windows”. Un mix di scelte tecnologiche e di best practice (se-

lezionate in tutta Europa) che, a quanto sembra dai primi risultati, ha funzionato. “I feedback sono estremamente positivi.”

Dice Colabucci, “In soli due mesi dalla presentazione del-la piattaforma ai farmacisti abbiamo già attivato più di mille utenze, mentre dalla nostra forza vendita arriva-no riscontri ottimistici su come si sta trasformando, in meglio, il rapporto di lavoro tra personale commerciale ed esercenti”. Le ricadute anche indirette sul business

e sull’immagine di Johnson & Johnson non si sono fatte attendere: grazie alla tecnologia, la multinazionale è riuscita a instaurare una relazione di fiducia e rinnovato ottimismo con i far-macisti, un mestiere dalle radici antichis-sime che ha sempre guardato al digitale con diffidenza.

Emilio Mango

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Pharmagenius è composto da sei diversi strumenti, de-stinati sia alla forza vendita di Johnson & Johnson sia ai

farmacisti. Ecco in dettaglio le singo-le funzionalità disponibili su tablet o Web.

ims app: La società di ricerche di Mer-cato Ims ha predisposto per Johnson & Johnson un’app contenente tutta una serie di dati di mercato (valore, market share, andamento del sell out, distribuzione dei pro-dotti, giacenze medie e prezzi medi al consumatore) disaggre-gati a livello di territorio di cia-scun venditore. L’app, continua-mente aggiornata e facilmente usufruibile sull’iPad, consente al rappresentante e al farmaci-sta di analizzare in tempo reale i trend più significativi del pro-prio territorio, confrontandoli con i dati nazionali in modo da valutare aree di intervento per migliorare la performance di business.

Profit Generator: Uno strumento di modellizzazione dei dati che aiuta il farmacista e il venditore a identificare le opportunità di mercato e a tradur-le in azioni concrete da implementare nella farmacia. Anche in questo caso si parte dai dati di mercato (fonte Ims) di una farmacia tipo (dimensioni, bacino di utenza, localizzazione geografica) e si confrontano con i numeri puntuali dello specifico punto. Laddove si evi-denzino opportunità inespresse, il tool fornisce una serie di suggerimenti per sfruttarle, recuperando la marginalità potenziale del mercato.

Pharmacademy: è la piattaforma di e-Learning di Pharmagenius, dedi-cata alle attività di formazione per il farmacista e il suo staff. Gli argomenti delle lezioni riguardano la gestione del punto vendita, ma anche le infor-mazioni di categoria e di prodotto, e hanno l’obiettivo di creare all’interno della farmacia un gruppo di lavoro sempre aggiornato sulle nuove op-portunità.

Pharmashine: è il programma di in-centivazione interamente dedicato alle addette alla cosmesi. In quest’a-rea del portale le vendi-trici potranno accumu-lare i punti “Shine”, in relazione alla vendita dei prodotti cosmetici, che verranno utilizzati per ottenere dei premi. Inol-tre, con questo strumen-to le addette saranno sempre aggiornate sulle promozioni e su tutte le opportunità offerte da Johnson & Johnson.

PHarmaGENius SOTTO LA LENTEDigital sales folder: un’app per iPad basata su contenuti totalmente digita-lizzati, multimediali e interattivi, mes-sa a disposizione della forza vendita, che potrà presentare i prodotti e tutte le opportunità del mondo Johnson & Johnson attraverso il suo tablet Apple, senza l’utilizzo di supporti cartacei. Se vi sono informazioni di cui il farmaci-sta ha bisogno, il rappresentate può inviare tale materiale in tempo reale

via email.

commitment 360: uno stru-mento per fotografare lo stato del rapporto tra farmacista e fornitore e proporre eventuali correttivi con l’obiettivo di mas-simizzare la relazione e identifi-care le opportunità di crescita futura. Nulla di nuovo rispetto al processo di vendita tradizio-nale, ma grazie all’utilizzo dello strumento digitale il personale commerciale ha ora la possibi-lità di gestire l’attività in modo

armonizzato, ottimizzando i tempi e l’immagine di Johnson & Johnson.

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8 | APRILE 2013

stOria Di cOPErtiNa | Johnson & Johnson

La tecnologia per tornarealla crescita sostenibileIl mercato dei prodotti per la salute e l'igiene cambia repentinamente, seguendo il trend del settore dei beni di largo consumo. I segreti per restare competitivi sono la flessibilità, l'utilizzo di strumenti hi-tech e la partnership con gli attori del canale distributivo. All'insegna della sostenibilità.

Gaetano Colabucci, alla gui-da di Johnson & Johnson per il Sud Europa, coor-dina un team dinamico e

agguerrito, per nulla spaventato dalla sfavorevole congiuntura economica: strategia e tecnologia sono i due pilastri su cui costruire il posizionamento della multinazionale, che nonostante le di-mensioni ragguardevoli ha dimostrato di muoversi con agilità sul mercato.

Quali i trend più importanti del vostro settore?In Italia il mercato dei prodotti di largo consumo è in una fase di grande trasfor-mazione, dovuta all’impatto simultaneo di tre fattori. Il primo è la sfavorevole congiuntura economico-finanziaria, che sta producendo mutamenti significati-

vi, e in qualche misura probabilmente irreversibili, sia nei comportamenti dei consumatori, sempre più consapevoli e attenti al valore, sia nell’approccio com-merciale della distribuzione, sempre più orientato a massimizzare la marginalità di fronte a una domanda stagnante. Il secondo fattore è il progressivo rallen-tamento di investimenti e innovazione da parte delle multinazionali, come con-seguenza di un’evidente scelta strategica di focalizzarsi sui mercati emergenti e a più alta redditività. In questo scenario il settore specifico dei prodotti per la salu-te e il benessere non fa eccezione. è però strutturalmente meno esposto alle flut-tuazioni cicliche e comunque sempre in grado di garantire una profittabilità interessante sia per l’industria sia per la distribuzione.

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Il terzo è il ruolo ormai fondamenta-le delle moderne tecnologie nel creare nuove modalità, più efficaci ed efficienti che nel passato, per mettere in comu-nicazione la domanda e l’offerta. è evi-dente che siamo solo agli inizi di un’e-voluzione strutturale che progredisce in modo inarrestabile e che impone una continua rivisitazione critica dei modelli di business consolidati. In questo contesto, come si posiziona Johnson & Johnson sul mercato?La nostra azienda ha un profilo pecu-liare: è relativamente specializzata nelle categorie in cui compete (tutte merce-ologie orbitanti attorno all’area igiene e salute) ma al tempo stesso opportuna-mente diversificata in termini di canali distributivi, con circa due terzi del fattu-rato sviluppato in farmacia e la restante parte nella grande distribuzione. In far-macia Johnson & Johnson rappresenta l’attore principale in quello che definia-mo mercato “commerciale” (costituito dall’insieme dei prodotti che non neces-sitano di prescrizione), mentre nel mass market preferiamo rimanere focalizzati

su segmenti relativamente piccoli e più profittevoli rispetto alle “commodities”, per definizione più grandi da un punto di vista dei volumi ma anche più difficili sul fronte delle promozioni e del prezzo.

Come cambiano i fornitori, il canale e i clienti finali?In generale si percepisce a tutti i livelli una forte pressione sul conto econo-mico, con il conseguente inasprimen-to degli aspetti negoziali, ma al tempo stesso anche la disponibilità a dialogare in modo del tutto nuovo all’insegna del concetto di partnership. Il nuovo scenario richiede senza dubbio una maggiore flessibilità da parte di tut-ti, inclusa la distribuzione, e in diversi casi abbiamo riscontrato un’apertura ben maggiore, rispetto al passato, alla sperimentazione di nuove idee e alla valutazione di modelli di business ine-diti, con un occhio molto più attento alle potenzialità di medio-lungo termi-ne piuttosto che ai ritorni di breve. La complessa situazione di oggi sta creando molti problemi, ma anche condizioni di mercato totalmente nuove in cui è pos-

sibile intravedere interessanti opportu-nità. Gli attori che usciranno vincitori dalla crisi saranno proprio quelli che in questo momento difficile avranno sapu-to creare le basi per partnership strategi-che di lungo periodo.

E in che modo la tecnologia vi aiuta?In molti modi, tra i quali ricorderei senz’altro il rapido e più facile accesso alle informazioni essenziali per il deci-sion making aziendale, la standardizza-zione e semplificazione dei processi in-terni, il miglioramento del controllo e del monitoraggio del business.In poche parole, direi che la tecnologia ci ha aiutato e ci sta ulteriormente aiu-tando a risparmiare tempo e risorse spe-si per attività “interne” all’azienda, che possono ora essere indirizzate in modo molto più utile verso l’esterno.

Quindi, quali sono i vantaggi competitivi?Johnson & Johnson ha sempre punta-to e continuerà a puntare su quelli che sono i suoi asset strategici più caratte-ristici, e cioè la fortissima attenzione alla qualità dei propri prodotti e a una gestione “sana” del business, il focus sui consumer insight come pilastri su cui generare innovazione, e infine l’approc-cio distributivo multicanale per massi-mizzare sia l’appeal sia l’accessibilità del proprio portafoglio.

E allora, quali sono gli obiettivi strategici e tattici per il 2013?La cosa su cui ci stiamo focalizzando è il ripristino di una crescita sostenibile del fatturato, idealmente accompagna-ta da un aumento della quota di mer-cato. Importanti nuove iniziative (la linea di prodotti per l’igiene personale Le Petit Marseilles nel mass market e l’umbrella brand Carlo Erba in farma-cia), fortissimi investimenti pubblici-tari e una rafforzata partnership con gli esponenti più qualificati della distribu-zione sono i tre pilastri che ci rendono molto fiduciosi.

E.M.

UN TEAM GIOVANEDa sinistra, Marco Fazio, customer development associated director pharmacy,

Domenico Barletta, customer development director, Gaetano Colabucci, Gaetano Cristo, shopper and trade marketing manager e Corrado Griffani, It

manager customer development and sales.

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11APRILE 2013 |

La sfida, per i produttori di personal computer, è nota: sfondare in un merca-to, quello dei device mobili, che assicu-ra al momento potenzialità di ulteriore crescita al cospetto di un settore, quello dei Pc, che invece da tempo sta soffren-do. Per questo Hewlett Packard e Le-novo stanno lanciando segnali forti sul fronte di tablet e smartphone. La società californiana, per bocca del suo Ceo, ha confermato di recente che focalizzerà risorse (designer, ingegneri, marketing) sulle tavolette togliendole ai computer. Il tablet Android a basso co-sto Slate 7, annunciato al Mobile Con-gress di Barcellona, è forse il primo passo in questa direzione. Certo è che la perse-veranza di Meg Whitman nello strizzare l’occhio al mondo mobile, smartphone inclusi, va presa sul serio. Perché, parole sue, Hp deve necessariamente affrontare la veloce transizione della domanda dai classici prodotti di computing verso te-lefonini e device touch. La casa di Palo Alto, alle prese con un imponente pia-no di ristrutturazione che comporterà il taglio di 29mila dipendenti, punterà su prodotti multipiattaforma a livello di chip e di sistema operativo (Windows

Oracle fa spese con vista sui cloud ibridiNuovo scatto in avanti della società di Redwood Shores per completare la propria offerta di servizi e soluzio-ni di computing nella nuvola. L’ac-cordo per acquisire Nimbula, cloud provider con sede a Mountain View, è stato ufficializzato il mese scorso e verrà completato entro la fine del primo semestre. Fra gli asset di Nim-bula, di cui uno dei co-fondatori è Chris Pinkham (figura chiave nello sviluppo di Amazon Elastic Compu-ter Cloud, Ec2), c’è la grande espe-rienza maturata sulla piattaforma open source OpenStack. L’idea di Oracle è quella di comple-tare un menu di soluzioni enterprise (tra cui figurano anche i sistemi in-gegnerizzati Exalogic) con strumenti software capaci di garantire massima flessibilità di gestione delle risorse It in ambienti cloud privati e ibridi.

Deutsche Telekom saluta il Belpaese:T-Systems Italia va a Engineering Da tempo in odore di cessione, la filiale italiana della divisione infor-matica del colosso delle tlc tedesco, con 400 dipendenti in organico e di-verse grandi aziende clienti, è passata completamente di mano (100% delle azioni) in virtù dell’accordo raggiun-to a inizio marzo con Engineering Ingegneria Informatica. L’operazio-ne prevede un aumento di capitale di 42 milioni di euro da parte di T-Systems International e un versa-mento di un euro da parte del system integrator romano, uno dei principali fornitori di servizi di It outsourcing in Italia. La vendita è subordinata, tra l’altro, all’autorizzazione dell’Autori-tà Antitrust.

Il sogno mobile di Hp sono i tablet.Quello di Lenovo è BlackBerry?

8 e Android) e con form-factor diver-si. Per raggiungere l’obiettivo, Hp si è liberata (se vogliamo, paradossalmente) di WebOs, il sistema operativo open source avuto in dote nell’ambito dell’ac-quisizione di Palm, nel 2010: software, brevetti e personale li ha rilevati Lg Elec-tronics, che li userà per sviluppare Smart Tv di nuova generazione.Diversa la posizione di Lenovo, che nei tablet ha già profuso sforzi pur senza ot-tenere fino a oggi particolari riscontri in termini di venduto e di quote di merca-to. Lo scatto in avanti del secondo pro-duttore al mondo di Pc è atteso soprat-tutto in ambito smartphone, terreno in cui la società è presente di fatto solo in Cina. L’apertura verso la possibile ac-quisizione di BlackBerry, annunciata a fine gennaio dal chief financial officer e poi confermata dal Ceo Yang Yuanqing, fa probabilmente parte di un progetto di espansione in orbita mobile a due direttrici. Da un lato il mercato euro-peo e nordamericano, e dall’altro quello enterprise, dove Lenovo si è conquista-ta un posto al sole mettendo a frutto la scalata alla divisione Pc di Ibm, avvenu-ta nel 2005. G.R.

IN EVIDENZA

La casa californiana ha venduto WebOs a Lg e sposterà risorse dai Pc classici alle tavolette. La società cinese riapre a nuove acquisizioni.

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12 | APRILE 2013

IN EVIDENZA

Il comparto dell’Information and Communications Technology italiano è in crisi. Lo stato di difficoltà che inte-ressa il Paese colpisce in modo evidente anche i mercati dell’informatica e delle telecomunicazioni, che nel 2012 segna-no rispettivamente una flessione del 4% e 3,5% (per un giro d’affari di 16,9 e 39,8 miliardi di euro) rispetto all’anno precedente. I dati del rapporto Assinform 2013 oscurano quindi l’orizzonte delle azien-de e dei 390mila addetti che operano in questo comparto, ed evidenziano un ulteriore scenario di preoccupazione: il bilancio in rosso del cosiddetto “digital market”, che comprende oltre alle tra-dizionali componenti Ict anche i pro-dotti consumer e i contenuti e i servizi online. Un macrosettore che vale oltre 68 miliardi di euro (cifra che rappresen-ta il 4,9 % del Pil nazionale) ma che re-gistra una frenata dell’1,8% e non pre-senta segnali di inversione di tendenza nel breve termine. A meno che non intervengano, questo l’esplicito monito lanciato dal Presidente di Assinform, Paolo Angelucci, misure correttive a livello governativo. Il punto focale della questione è il se-guente: se i prossimi mesi vedessero un cambiamento strutturale del quadro di riferimento, e quindi attuazione dell’A-genda Digitale, accelerazione dei paga-menti della Pubblica Amministrazione, credito d’imposta per le imprese, incen-tivi per la ricerca e per chi innova, il tas-so di decrescita del global digital mar-ket si fermerebbe a fine 2013 all’1,5%. Se le azioni di cui sopra rimarranno al palo, la frenata della spesa in tecnologie sarà ancora più consistente, e più preci-samente del 5,8% per quanto riguarda

il segmento It e del 3,6% relativamente all’universo digitale nel suo complesso. Uno scenario, in poche parole, poco confortante al cospetto di una corsa alla rivoluzione digitale non più prorogabi-le da parte del tessuto imprenditoriale italiano. Angelucci parla, non a caso, di un con-testo nazionale “ancora poco sensibile all’innovazione e in cui per un’impresa ogni nuovo investimento rappresenta un vero e proprio azzardo”, un conte-sto che impone di “creare le condizioni affinché per le imprese e le Pubbliche Amministrazioni sia possibile sfruttare le enormi potenzialità che le nuove tec-nologie offrono”. Il messaggio spedito al nuovo esecutivo è chiaro.

Gianni Rusconi

L’Italia dell’Ict non cresce più.E Assinform punge il Governo

Nonostante il bilancio 2012 in ros-so, vi sono segnali incoraggianti per il “digital market” italiano. Ma sono segnali sostanzialmente legati a voci di consumo personali: tablet, che crescono del 69% a 800 milioni di euro (oltre due milioni di pezzi ven-duti), smartphone, in salita del 39% a 2,3 miliardi di euro (8,6 milioni di pezzi), Smart Tv, musica digitale, ebook ed editoria online. In linea ge-nerale Web e mobile corrono, dando vigore ai segmenti più direttamente legati a queste tecnologie (12 milioni circa gli utenti di servizi e-commer-ce), mentre comparti più tradiziona-li, come quello del software e delle soluzioni applicative on premise (in-stallate sui server aziendali e non fru-ite nel cloud) si fermano a una cresci-ta del 2,4%, raggiungendo quota 5,3 miliardi di euro. Il giro d’affari dei servizi cloud sale del 49%, ma è ancora limitato a 260 milioni di euro. I Pc soffrono, con un calo a volume nel 2012 del 13,8% fino a 5,3 milioni di unità, e i servizi Ict nel complesso non stanno molto meglio, essendo in discesa del 4,7% fino a quota 38,3 miliardi. Per converso, l’avanzata del nuovo paradigma digitale si evidenzia in segmenti dalle grandi potenzialità di sviluppo, come quello di “Internet delle cose”, che registra un salto in avanti anno su anno del 18% sfio-rando il tetto degli 1,3 miliardi di euro.

Gli strani numeri dell’economia digitale

Il settore Ict chiude il 2012 in rosso: l’informatica registra vendite in calo del 4%, le telecomunicazioni del 3,5%. Ma senza interventi mirati, l’inversione di tendenza si profila praticamente impossibile.

Paolo AngelucciPresidente di Assinform

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Cresce il business di Kolst.it, socie-tà appartenente al gruppo KpnQwest Italia, e crescono le infrastrutture dei suoi data center collocati a Milano, nel centro nevralgico della Rete dello stiva-le. All’interno del comprensorio di via Caldera, Kolst.it ha al momento ben quattro centri; l’ultimo, costruito se-condo le più moderne tecniche di effi-cienza, risparmio energetico e sicurezza, è già quasi al massimo della capacità operativa, e il quinto, in fase di pro-gettazione (prevede il raffreddamento a liquido e il sistema “free cooling”, che sfrutta la differenza di temperatura con l’ambiente esterno), potrebbe essere at-tivato nell’arco di due anni.L’offerta della società, rivolta per lo più all’ampio mercato delle Pmi italiane, è piuttosto variegata; comprende infatti servizi di hosting, di connettività, di messaggistica unificata e multicanale. Ma i piani di Kolst.it prevedono un forte sviluppo di uno dei segmenti più promettenti dell’It moderno: il public cloud, che ora pesa solo per il 5% del fatturato.Il servizio Kloud, basato su due infra-strutture gemelle e connesse in fibra ottica, in grado di garantire un livel-lo di servizio che può arrivare fino al 99,9995%, è acquistabile via Web in quattro varianti, a partire da poco meno di 10 euro al mese. Punto di forza, ol-tre all’affidabilità, è l’estrema flessibilità della configurazione.

Kolst.it cresce con il Kloud

L’ultimo jailbreak per iOs 6.1, rila-sciato a febbraio, è stato scaricato da cinque milioni di utenti in sole 48 ore, secondo le statistiche postate da Cyril, l’hacker sviluppatore, su evasi0n.com. Nei primi due giorni il sito ha registra-to 40 milioni di page view. Dati che confermano quelli che ho ricevuto da Jay Freeman, il titolare di Cydia, un app store (perfettamente legale) che si rivolge a coloro che hanno “reso libe-ri” i propri dispositivi Apple. Jay mi ha spiegato che, secondo le statistiche del suo sito, dal 5% al 10% dei termina-li iOS è sottoposto a jailbreak. Perché dovremmo preoccuparcene? Il dato mostra che questi device sono vulne-rabili. E che le barriere di sicurezza per cui Apple è nota si possono superare nel giro di pochi giorni: iOs 6.1 è stato rilasciato il 28 gennaio, e ci è voluto meno di una settimana a Cyril e i suoi compari per agire. E benché la com-munity dei jailbreaker agisca per ra-gioni non monetarie, possiamo scom-mettere che i “cattivi” della situazione (quali organizzazioni criminali e riven-ditori di spyware) stiano cercando dei modi per sfruttare tutto questo. Anzi, potrebbero averlo già fatto. Il jailbreak è il classico esempio di quel che può accadere quando ci si spinge troppo in là con gli utenti, mettendoli con le spalle al muro. Si ribellano. Abbiamo visto lo stesso schema ripetersi in altri segmenti dell’elettronica di consumo, dalle console di gioco ai set-top box per la Tv digitale. Il problema di Ap-ple è che vuole un controllo totale su ogni aspetto dell’ecosistema, incluse le periferiche attraverso poter scaricare le app. I clienti Apple amano i loro devi-ce, ma vengono trattati come bambini. Android, invece, tratta gli utenti come adulti: permette loro di scaricare qual-

siasi app e da qualsiasi fonte. Quindi dove sta il pericolo? Legalmente, gra-zie ad alcune esenzioni al Digital Mil-lennium Copyright Act, negli Stati Uniti è perfettamente legale effettua-re il jaibreak su uno smartphone (in Italia non esistono divieti legislativi in merito, ndr), ma non lo è farlo su un tablet. Apple, ovviamente, si oppo-ne al fatto che utenti e sviluppatori si vogliano liberare dai suoi controlli, e ammonisce circa la ridotta durata della batteria, la non affidabilità dei dati e altre conseguenze negative. Ma l’uni-co elemento su cui ha completamente ragione sono gli inaccettabili rischi di sicurezza introdotti dal jailbreak. Gli utenti hanno così tanta fiducia verso Apple da credere che i dispositivi iOs non abbiano bisogno di software di se-curity aggiuntivi, ma questa percezio-ne è una falsa sicurezza, tanto quanto lo era quella relative alla piattaforma dei Mac, oggi bersagliata da attacchi. Con una quota dal 5% al 10% di de-vice “liberati” che accedono a Cydia, non siamo più davanti a un fenomeno underground: i responsabili It devono esserne consapevoli e adottare precau-zioni adeguate.

Cesare Garlati, co-chair Csa Mobile Working Group di Cloud Security Alliance

l’opinioneJailbreak: una libertà piena di rischi

Cesare Garlati

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14 | APRILE 2013

è entrata nel nostro mercato solo nel 2012, dopo oltre dieci anni dall’inizio delle attività internazio-nali: 1&1, che nel mondo gestisce 42 milioni di contratti, occupa circa 6mila dipendenti e muove un giro d’affari di oltre due miliardi di euro, deve aver preparato con cura la stra-tegia per il lancio dei propri servizi sul nostro mercato, visto che come è noto il tessuto imprenditoriale ita-liano è molto parcellizzato.Così, pur avendo alle spalle cinque data center ad alta sicurezza e 70mila server “green”, 1&1 ha ritagliato la sua offerta sulle Pmi, non prima di aver appurato che nel nostro Paese solo un imprenditore su quattro ha già allestito un sito Internet per la propria azienda (contro l’82% della Germania).MyWebsite, questo è il nome della soluzione, semplifica la creazione e la gestione dei siti Web ed è dispo-nibile in quattro diversi pacchetti, tutti ovviamente accessibili e ac-quistabili via Internet. Tre di essi sono rivolti specificamente alle Pmi (mentre il quarto è destinato agli utenti privati) e permettono di par-tire con un layout predefinito (adat-tabile a seconda del tipo di attività dell’impresa) che è possibile provare gratuitamente per un mese. Il prezzo del pacchetto base, che comprende anche venti account di email, è di 9,99 euro al mese. Con dieci euro in più è possibile implementare anche servizi aggiuntivi, come l’e-commer-ce o l’invio di newsletter. Con la variante più costosa, che comunque non tocca i 30 euro al mese, si può usufruire della tecno-logia Seo (Search Engine Optimiza-tion) e controllare periodicamente il posizionamento del proprio sito rispetto alla concorrenza.

1&1 porta anche le Pmi sul Web

Secondo Forrester Research, il 67% dei dipendenti nel mondo utilizza il proprio smartphone personale per la-vorare, il 46% usa il proprio compu-ter portatile. Si configura uno spazio di lavoro “multi-device” dove la mag-gior parte degli utenti possiede due o tre dispositivi utilizzati in tempi e luoghi diversi a seconda dell’occasio-ne, uno scenario che definiamo “era post-Pc”.In questo contesto, la sfida per le or-ganizzazioni It è sempre più impron-tata a garantire l’integrità dei dati aziendali e del patrimonio software e hardware e, allo stesso tempo, con-sentire ai dipendenti di accedere alle applicazioni da qualsiasi dispositivo, in modo sicuro e compliant. Il proliferare di device mobili dotati di differenti sistemi operativi e di ap-plicazioni di diversa natura, unito alla maggiore complessità e varietà nelle abitudini d’uso degli utenti, com-porta la necessità di superare un ap-proccio di gestione del singolo dispo-sitivo, guardando invece alle persone

che lo utilizzano, alle loro esperienze d’uso.Identità e policy nell’era post-Pc non possono più essere legate ai dispositivi, ma devono riferirsi necessariamente all’individuo, tenendo conto delle sue esigenze e delle risorse alle quali ha bisogno di accedere. In questo modo l’approccio noto come “Bring Your Own Device” si trasforma in “Bring Your Own Data”, o ancor meglio in “Bring Your Own Identity”.La chiave per cogliere i vantaggi che il nuovo contesto offre, tutelando allo stesso tempo il patrimonio aziendale, è rappresentata, quindi, dal fattore umano. E dalla capacità di promuo-vere una cultura nella quale i dipen-denti si sentano non solo autorizzati e tutelati, ma supportati nel lavorare da remoto con qualsiasi dispositivo o sistema operativo. Anche dal punto di vista dell’It questo significa una ri-voluzione radicale: abbandonare una prospettiva che vede una gestione delle risorse hardware e software “per silos”, e ragionare in una nuova ottica, trasformando le applicazioni in servizi che possano essere forniti e utilizzati ovunque e in qualsiasi momento at-traverso una gestione basata su policy. Garantire all’It un livello di controllo che vada oltre l’accesso consentirà di prevenire la perdita di dati tra le ap-plicazioni sul dispositivo o nel cloud. è una questione di equilibrio: garanti-re sicurezza e gestione senza compro-mettere usabilità e capacità.

Rik Ferguson, Global Vp Security Research di Trend Micro, e Joe Baguley, Chief Technologist Emea di VMware

l’opinioneLa mobilità dal bring your own device al bring your own identityRik Ferguson

IN EVIDENZA

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Cavalcare l’onda del cambiamento, sfruttando la posizione di leadership e la possibilità di investire cifre im-portanti: questa la visione di crescita annunciata da TeamSystem dal palco dell’annuale convention dei partner, svoltasi a Riccione. Una crescita che può far leva sui traguardi economici

TeamSystem cresce in market share e investimentitagliati nel 2012, con un aumento di otto punti percentuali nei ricavi con-solidati, ora saliti a quota 154 milio-ni di euro, e un miglioramento della quota mercato fra i top player, sia nel segmento delle Pmi sia in quello pro-fessionale. “Per il 2013”, ha dichiarato l’amministratore delegato del gruppo, Federico Leproux, “ci poniamo obiet-tivi ancora più ambiziosi: nuovi clienti e una conseguente crescita del fatturato del 6%. Ciò sarà possibile anche grazie all’implementazione del progetto di rinnovamento prodotto, sviluppato per il miglioramento di tutte le nostre soluzioni, contando su un investimen-to di 20 milioni – da distribuire nei prossimi anni – in aggiunta alle con-suete risorse messe a disposizione an-nualmente per la manutenzione evo-lutiva”. Dai 20 milioni citati, 16 sono stati e saranno destinati allo sviluppo dell’offerta: il Gruppo proseguirà sulla

Per “chiudere la finestra agli aggressori”, come dice Massimo Vulpiani, country manager di Rsa Italia, è necessario ri-correre a tutte le armi a disposizione dell’It. Le finestre sono ovviamente i punti deboli del perimetro aziendale, gli aggressori sono hacker più o meno organizzati che attentano al patrimo-nio informativo. La novità della socie-tà posseduta da Emc è l’utilizzo degli analytics, attraverso la soluzione Rsa Security Analytics, per realizzare un approccio intelligence-driven alla si-curezza delle organizzazioni. La nuova piattaforma, che sfrutta la potenza dei big data, è pensata per aiutare i profes-sionisti dell’It a individuare le minacce nel momento stesso in cui si presenta-no, una possibilità che permetterà alle aziende di raggiungere più facilmente gli obiettivi di conformità.

Rsa sfrutta gli analytics per garantire sicurezza

Dopo l’uscita da Wall Street, Dell sta attraversando, dal punto di vista dell’a-zionariato, un momento di grande fermento. Altrettanto si puo dire delle strategia che, per far fronte alla com-plessità del mercato, si diversifica sia in termini di offerta sia di target. Capita così che Steve Felice, il braccio destro di Michael Dell in visita in Italia, forse anche per spiegare che il finanziamen-to erogato da Microsoft non era un’ac-quisizione (molte testate nostrane han-no equivocato sull’episodio), si rivolga alla platea dei giornalisti parlando di server e cloud con in mano l’ultimo modello di tablet della casa. L’acco-stamento non strideva affatto, anzi, metteva in luce l’approccio multidi-sciplinare della società, che si indirizza al nutrito (ancora per poco, se la crisi non smette di mordere) pubblico delle

piccole e medie imprese italiane. “Ora abbiamo un portafoglio completo in ambito infrastrutturale”, ha detto Feli-ce, “che ci permetterà di incrementare il nostro business sul fronte dei data center nell’era del cloud e della vir-tualizzazione. Ma il nostro core target rimangono sempre le Pmi (nell’acce-zione anglosassone, ndr), e l’offerta di tablet e Pc rimarrà strategica.

In Italia Dell punta su tablet e cloud

linea di un’evoluzione che, avviata nel 2011, ha portato alla finalizzazione del framework di sviluppo e al lancio di nuove soluzioni improntate alla semplificazione della user experience, alla personalizzazione (grazie a un’in-terfaccia gestionale customizzabile), all’accesso ubiquo in mobilità (con applicazioni per tablet e versioni mo-bile dei sistemi gestionali); gli altri 4 milioni sostengono un piano marke-ting che coinvolge l’azienda e le sue controllate. “Viviamo in un’epoca di cambiamento, che comporta rischi ma anche opportunità”, ha spiegato Stefano Matera, direttore marketing e canale indiretto del Gruppo. “Oggi le qualità da inseguire per essere lea-der di mercato sono sostanzialmente tre: i prodotti devono essere adattabi-li, semplici da utilizzare e affidabili. Se non si è in grado di seguire queste qualità si rischia l’estinzione”.

Federico Leproux

Steve Felice

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16 | APRILE 2013

Riparte da ItaliaOnline (nome storico del mercato digitale nazionale) il player frutto dell’integrazione tra Libero e Ma-trix, dopo l’acquisizione di quest’ultima per 88 milioni di euro. E riparte con en-tusiasmo e ambizione, visto che si posi-ziona in diretta concorrenza con colossi come Facebook e Google, distanziando di parecchie lunghezze gli altri portali e i siti di informazione.Naturalmente si parla di utenti e traf-fico italiani, ma è proprio nello Stivale ItaliaOnline conta di fare business, pun-tando sulla vendita di spazi pubblicitari e

Il 2013 si preannuncia come un anno di grandi sfide per le aziende, chiama-te ad affrontare un clima economico difficile nel quale devono riuscire a indirizzare gli investimenti su tecnolo-gie e soluzioni che consentano loro di mantenere un vantaggio competitivo a fronte di budget sempre più contenuti. La parola d’ordine è quindi “innovare per differenziarsi”. A queste situazioni si accompagnano il comparire o l’affermarsi di “trend tec-nologici” quali i big data, che permet-tono di gestire e interpretare enormi quantità di dati, o altre che favoriscono la possibilità di individuare modalità di fruizione di risorse più rispondenti alle esigenze di efficienza operativa e conte-nimento dei costi delle aziende stesse, come il cloud computing.In risposta a questo scenario, l’open source, soprattutto quando oppor-tunamente corredato da servizi inge-gneristici atti a renderlo utilizzabile in ambiti “mission critical”, con il suo modello di sviluppo collaborativo che garantisce il massimo in termini di in-

novazione, affidabilità, libertà di scelta e risparmio, da tempo ha reso possibile la realizzazione di soluzioni di livello enterprise che consentono alle aziende di cogliere importanti benefici.Facendo leva su questo modello, e in seguito alle indicazioni frutto di colla-borazioni con realtà di grande prestigio quali Banco Popolare, Csi Piemonte, Fineco, Inail, Infocamere, InfoCert, Intesasanpaolo, Ministero delle Finan-ze, Ministero di Giustizia, Poste Italia-ne e Terna, Red Hat si è impegnata a rilasciare uno “Stack Tecnologico” per la realizzazione di infrastrutture alta-mente automatizzate, orientate al bu-siness e in grado di fornire alle aziende l’elasticità necessaria per operare anche in condizioni di grande variabilità. Il tutto secondo un modello di business orientato alle esigenze di efficienza operativa e di sostenibilità economica.Un esempio concreto dei vantaggi ot-tenibili è rappresentato da Mts, uno dei principali mercati elettronici dei titoli a reddito fisso in Europa, che gra-zie all’introduzione di Red Hat Mrg ha

l’opinione

assistito a una riduzione dei tempi di latenza del sistema di negoziazione di circa il 75%.Una recente indagine condotta da Red Hat ha messo in evidenza come attra-verso l’open source le aziende abbiano ottenuto un incremento dell’efficienza operativa (82,2%), ridotto i costi It (83,3%) e velocizzato lo sviluppo di applicazioni software (71,1%). Grazie a questo tipo di risultati, diver-se note società di ricerca prevedono che entro il 2016 il 99% delle aziende “Fortune 2000” avrà adottato solu-zioni open source in ambito business critical.

Gianni AnguillettiCountry Manager di Red Hat Italia

sulla fornitura di servizi in ambito Web. Forte di un market reach del 60% (se-condo solo ai colossi mondiali del Web, appunto) e di un pubblico stimato in 20 milioni di visitatori unici mensili, il nuo-vo player conta di portarsi a casa, attra-verso la concessionaria ItaliaOnline Adv (che a sua volta aggrega le concessionarie di Libero e Matrix), un fatturato di cir-ca 130 milioni di euro. La pubblicità, raccolta sui due portali Libero e Virgilio (che resteranno separati, dopo aver go-duto di un lieve restyling dei rispettivi marchi), arriverà sia dalla rete nazionale,

Torna il brand ItaliaOnline e punta sulle Pmi

L’open source tenta l’impresa

Gianni Anguilletti

che sfrutterà il lancio di numerosi siti editoriali verticali, sia da un’intensa at-tività locale, sostenuta dalla concessiona-ria IoPubblicità, che andrà soprattutto a pescare nel bacino delle Pmi. Sempre le Pmi saranno il target dell’iniziativa Apri-tiSito, che propone agli imprenditori un modo rapido ed economico per creare e pubblicare il proprio sito aziendale.Ultima area di business è quella relativa all’offerta di servizi Internet di It.Net, che resta, con i suoi data center, una del-le realtà più solide del mercato hosting nazionale.

IN EVIDENZA

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Il cliente è diventato elastico, camaleon-tico. E per seguirlo e restare competitive le aziende del retail devono investire in tecnologia digitale. Questa è una delle tante evidenze emerse durante la con-vention europea Retail Connections, organizzata a Venezia da Cegid, multi-nazionale francese leader nel settore del-le tecnologie software gestionali e molto forte proprio nell’ambito del commercio e della distribuzione.“Il cambiamento epocale”, ha detto Pa-trick Bertrand, amministratore delega-to di Cegid, “è rappresentato dalla rete: secondo gli ultimi studi condotti a livel-lo europeo, l’83% dei consumatori non potrebbe più restare senza una connes-sione”. Essere connessi significa infor-marsi e dialogare con gli altri, acquisen-do quindi conoscenza e consapevolezza. Un trend che ha fatto nascere due mo-delli di comportamento diversi ma della stessa natura: fare Research Online Pur-chase Offline (Ropo) o, viceversa, infor-marsi nei punti vendita e poi comprare online cercando il miglior prezzo.In entrambi i casi servono le tecnologie It e servono le informazioni per poter gestire al meglio la relazione con ogni

Ses Astra punta sull’Hd anche in ItaliaSecondo la ricerca indipendente Sa-tellite Monitor condotta dalla fran-cese Ipos Media, un terzo delle 249 milioni di utenze televisive in Europa riceve il segnale via satellite. Tra que-ste, il fenomeno dell’alta definizione (Hd) è in continua crescita; un trend sostenuto, tra l’altro, dall’incremen-to delle dimensioni dei televisori.Se si considerano le trasmissioni in Hd, Ses Astra è l’operatore satelli-tare più attivo nel mondo, con oltre 1.400 canali in alta definizione sui 5.500 totali, e con la tecnologia 4K (chiamata anche Ultra Hd) già speri-mentata nel corso del 2012.“Gli utenti si stanno abituando ve-locemente all’alta definizione”, dice Pietro Guerrieri, general manager di Ses Italia, “anche grazie agli scher-mi sempre più evoluti di smartpho-ne e tablet. In più, sta crescendo in modo rapido la misura media della diagonale dei televisori, che oggi ha raggiunto i 35 pollici. Questi fattori, insieme all’adozione dello standard 4K, che verrà uti-lizzato in occasione dei più grandi eventi sportivi a livello mondiale a partire dal 2014, ci fanno ben spe-rare nella diffusione dell’Hd, un segmento dove noi siamo decisa-mente più avanti degli altri opera-tori satellitari”.

Nel retail la multicanalità detta legge: chi investe nel digitale cresce di più

singolo cliente. Cliente che, come spiega Bertrand, “cambia anche device duran-te il giorno, usando prevalentemente lo smartphone di mattina, il personal com-puter nel pomeriggio e il tablet la sera”. Insomma, si tratta di multicanalità ma anche di mobilità, cloud e collaboration, tutte tecnologie, queste ultime, che con-sentono alle aziende del retail di utilizza-re gli strumenti più innovativi restando però flessibili in termini di infrastruttu-ra. “Non è un caso”, conclude Bertrand, “che il 20% dei nuovi clienti scelga il modello Software as a Service per usare i nostri applicativi”. E non è un caso che Cegid abbia lanciato un innovativo ser-vizio gestito in cloud con la partnership strategica di Ibm, in modo da permet-tere ai clienti di utilizzare le caratteristi-che avanzate degli applicativi gestionali (produzione, logistica, amministrazione, vendite e Crm) proposti dalla software house senza nemmeno dover sopportare i costi fissi dell’infrastruttura.Il focus dell’It, quindi, si sposta dalle architetture alle funzionalità, ma mai come ora i sistemi informativi sono vitali per le aziende del retail.

Emilio Mango

Cambiano i comportamenti d’acquisto e le tecnologie diventano indispensabili per tracciare i consumatori. L’esperienza di Cegid.

Pietro Guerrieri

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18 | APRILE 2013

Una volta c’erano solo i te-lefoni fissi e i computer dekstop con monitor a tubo catodico. Oggi dentro i di-

partimenti aziendali gli oggetti che per anni hanno caratterizzato la dotazione tecnologica delle scrivanie non ci sono praticamente più. Sui desk di manager e funzionari vari trovano posto quasi solo smartphone, notebook e tablet. È una delle tante facce della rivoluzione mobile iniziata a metà anni Novanta e che nell’ultimo decennio ha mutato mol-ti dei paradigmi alla base delle operation e dei processi di multinazionali e piccole imprese. Il Byod (Bring Your Own De-vice) ha completato l’opera di cambia-mento delle relazioni tra i dipendenti e delle modalità di lavoro in azienda. Ma quanto oggi è radicato il concetto di mobilità nelle imprese? Come è recepito da manager e addetti? Quanti benefici ha realmente generato in relazione alle criticità che hanno dovuto affrontare utenti e responsabili informatici? La ri-sposta varia naturalmente da azienda ad azienda, ma un’idea di massima ce la si può fare spulciando i dati di diversi stu-di dedicati alla materia. Che dimostrano come di ostacoli da superare ce ne siano: molti più di quanto non si possa imma-ginare.

L’ufficio ideaLe?liqUido e senza fissa dimora

Team virtuali spesso privi degli strumenti adeguati Da un’indagine condotta da Siemens Enterprise Communications, per esem-pio, è emerso come ormai ben il 79% degli addetti faccia parte oggi di un team “virtuale” – e cioè gruppi di lavoro in cui si interagisce in mobilità o da remoto attraverso Pc, tablet e smartphone – ma solo il 44% di questi ritenga le intera-zioni virtuali efficaci quanto quelle fisi-che. Il 43% degli utenti, inoltre, non si è dichiarato soddisfatto delle tecnologie di collaborazione a propria disposizione. Quale quadro si evidenzia da questi dati? La maggioranza dei dipendenti lavo-ra fuori dall’ufficio ma le aziende non sfruttano ancora al meglio le nuove tec-nologie di collaborazione (online e cloud based) disponibili. La prova di questo assunto, dice lo stu-dio, è la seguente: solo l’8% delle orga-nizzazioni ha stabilito delle procedure per gestire la produttività dei team in servizio lontani dagli uffici al fine di ga-rantire un rendimento ottimale. Come lavorano, dunque, i mobile worker? Comunicando via posta elettronica o via telefono, voci citate da circa il 90% dei soggetti campionati, che solo nel 54% dei casi giudicano questi strumenti sufficienti per svolgere al meglio la pro-

Il fenomeno Byod e le nuove soluzioni di produttività cloud hanno cambiato i modelli di lavoro. Ma si tratta di una rivoluzione appena incominiciata, e forse non per tutti.

SCENARi | Cloud per la produttività

Un utente, più device, mezza scrivaniaOpen space, mobility, cloud: tre ele-menti di uno stesso fenomeno, quel-lo relativo all’uso dei device perso-nali in azienda. Secondo uno studio di Citrix fatto su 1.900 responsabili It in 19 Paesi, entro il 2020 le azien-de ridurranno lo spazio adibito agli uffici di quasi un quinto. Il luogo di lavoro del futuro prevede in media solo sette scrivanie ogni dieci lavora-tori e l’accesso a sistemi informatici aziendali (applicazioni, dati e servizi) da un numero medio di sei disposi-tivi diversi per persona. Poco meno

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pria attività. Il 72 % ritiene, infatti, che il lavoro di squadra sarebbe più efficace via video (ma soltanto il 34% ne fa uso) mentre il 43% si dice frustrato e non in grado di utilizzare al meglio gli stru-menti di collaborazione di cui dispone (perché non funzionanti correttamente o perché difficili da usare).

Con i tablet si accede al Crm e agli analyticsUna seconda un’indagine, condotta da Wakefield Research per conto di Avana-de su circa 600 fra dirigenti e It decision maker di 19 Paesi, ha invece rivelato come la diffusione dell’utilizzo delle tecnologie consumer in ambito azien-dale stia avendo conseguenze molto si-gnificative sul tradizionale modo di fare business e sui risultati da raggiungere. Tali impatti, quest la chiave di lettura, derivano dalla progressiva adozione di soluzioni tecnologiche completamente appannaggio dei dipendenti, vedi siste-mi di archiviazione delle email o di Crm (customer relationship management) centralizzati e accessibili via Internet in qualsiasi momento e da qualsiasi device. Un cambio di prospettiva confermato dai dati che seguono: oltre sei imprese su dieci (per la precisione il 61%, percen-tuale che sale al 63% in Italia) ammetto-no che la maggioranza dei propri addetti utilizza dispositivi personali sul luogo di lavoro. Per fare che cosa? Circa la metà delle aziende intervistate (il 54% nel com-plesso, il 47% in Italia) fa sapere che gli smartphone sono impiegati per svolge-re operazioni basiche, quali consultare la casella email o i documenti online e organizzare il calendario. Per i tablet il dato scende al 33% (e al 37% per il campione italiano) ma un’identica fetta di rispondenti (il 47% in Italia) confer-ma come la maggior parte delle figure aziendali ricorra ai Pc a tavoletta per eseguire operazioni avanzate, quali l’ac-cesso al Crm, la gestione dei progetti, la creazione di contenuti e l’analisi dei dati. Gianni Rusconi

Modificare il modo di fare busi-ness avviando processi aziendali completamente nuovi ha un nome, “work redesigned”. Lo studio Ava-nade afferma, in proposito, che oltre sette aziende su dieci (il 71% degli intervistati, il 76% in Italia) hanno trasformato almeno un pro-cesso di business (gestione delle risorse It, vendita e marketing, ri-sorse umane e customer service) sposando l’uso di smartphone, tablet e tecnologie consumer. In particolare, il 20% delle aziende (il 18% in Italia) ha cambiato quattro o più processi di business per mas-simizzare gli effetti benefici della mobility o dei social media. Chi più ha cavalcato questo cambiamen-to ha ottenuto risultati migliori in termini di performance di vendita, possibilità di aumentare i profitti, più efficace distribuzione di servizi e prodotti sul mercato. E le critici-tà? Ovviamente non mancano. Il differente punto di vista di dirigenti aziendali e degli staff It può esse-re il limite maggiore alla diffusione dei nuovi paradigmi. E la sicurez-za è certamente uno dei fronti di scontro più evidenti. Il 71% dei manager C-level crede che il resto dell’azienda possa svolgere le pro-prie attività anche fuori dall’ufficio; dello stesso avviso sono solo il 32% dei Cio e dei responsabili delle business unit. L’area It, in estrema sintesi, punta a minimizzare i po-tenziali rischi derivanti dalla diffu-sione del Byod in azienda. Il ma-nagement, per contro, è molto più concentrato sulla massimizzazione dei suoi potenziali benefici.

Management e it separati dal Byod

di un terzo degli addetti (il 29%) non lavorerà più da un ufficio tradiziona-le ma opererà da diverse postazioni semi-permanenti, come l’abitazione (nel 64% dei casi), sedi di progetti (60%) e strutture di clienti o partner (50%). Gli stili di lavoro mobili sono già stati adottati completamente da un quarto delle aziende, ed entro la metà del 2014 questo dato raggiun-gerà l’83%. L’80% delle realtà che hanno già sposato i fenomeni del “workshifting”(gli addetti svolgono le proprie attività lavorative in mo-menti e luoghi ritenuti ottimali) e del Byod, dice infine lo studio, ha regi-strato effetti positivi diretti sui costi.

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SCENARi | Cloud per la produttività

Intervenuto un mese fa all’evento di lancio del nuovo Office 365 a Milano, il chief operating officer di Microsoft, Kevin Turner, si è

sbilanciato nell’etichettare la soluzione come “uno dei prodotti di maggior suc-cesso di tutta la storia della compagnia”. Dalla data del suo lancio sul mercato (avvenuto a metà 2011) a oggi, la sui-te di produttività accessibile nel cloud in modalità “as a service” ha ottenuto il credito di un cliente aziendale della società di Redmond su cinque; solo un anno fa il rapporto era di uno su sette. E a crescere esponenzialmente, nell’or-dine del 150% negli ultimi 12 mesi, è stato in particolare il numero di picco-

le e medie imprese che hanno deciso di adottarla. Lecito quindi il proclama del top manager di Microsoft? Sulla carta sì, anche perché le referenze che può esibire Office 365 sono importanti. Turner ha fatto i nomi di alcune multinazionali che hanno adottato la soluzione su larga sca-la – Mc Donald’s, Coca Cola, cui si ag-giungono non identificati grandi retailer e compagnie finanziarie – ed è ufficiale che fra i clienti di cui sopra vi siano lo Stato del Texas (100mila utenti interes-sati), il Department of Veterans Affairs Usa (600mila) e Toyota (200mila addetti a livello mondiale).

Un ecosistema di applicazioni e ser-vizi online a portata di utenteNella battaglia con Google per primeg-giare nell’ambito degli applicativi per l’ufficio “cloud based”, il rilascio del nuo-vo Office 365 (nelle varianti consumer e per il business) ha segnato un punto a fa-vore di Microsoft, che di questo mercato, con la versione tradizionale della suite, è di fatto padrona indiscussa. Come ha spiegato Turner, c’è un altro tassello da considerare: la vision a suo tempo conia-ta da Bill Gates, “un Pc su ogni scrivania e in ogni casa”, ha lasciato definitivamente

oFFiCE 365: MICROSOFT SPINGE LE AZIENDE ITALIANE NEL CLOUDLa nuova suite di produttività rivolta all’utenza business si presenta con un curriculum importante ed estese funzionalità, per fare breccia anche nel tessuto delle Pmi. Ecco chi l’ha già adottata.

l’UFFiCio REMoTo pARlA iTAliANo Studi professionali, Pmi ed enti loca-li che vogliono bypassare Office per gestire l’operatività da ufficio hanno diverse alternative. La più importante sono le Apps di Google, con tutto il corredo dei servizi online di Mountain View. Altra strada sono i program-

il posto al paradigma “device & service”, le cui anime sono cloud e mobility. E che continua comunque a considerare il sof-tware un elemento centrale, necessario a gestire tutto l’ecosistema di applicazioni, servizi e contenuti che ruota intorno all’utente. Il vantaggio dichiarato di Of-fice 365 del resto – al di là delle mere funzionalità dei vari Word, Share Point e via dicendo e della connettività fra Lync e Skype per i servizi di chat e voce – è il seguente: essere accessibile on demand su molteplici dispositivi (un massimo di cinque fra Pc, Mac, smartphone e tablet) e attraverso una licenza in abbonamen-to che sulla carta promette risparmi di costo considerevoli rispetto alla classica implementazione del software in moda-lità on premise. La suite si presenta alla porta delle aziende, tanto quelle di gradi dimensioni che quelle con una manciata di dipendenti, con costi che variano da 125 a 155 euro di canone annuo (Iva esclusa) per utente. Chi ha già adottato Office 365 in Italia? I nomi che Micro-soft esibisce sono per esempio quelli di AstraZeneca (azienda del settore farma-ceutico), Gruppo Credito Valtellinese, Politecnico di Milano e Autoservizi Me-reu (trasporti). G.R.

mi open source come OpenOffice e Libre Office. Oppure si può scom-mettere su prodotti “made in Italy” come DesktopRemoto, pacchetto che mette a disposizione un ambiente Web based fruibile via browser da Pc Windows, Mac, iPad e tablet Android senza installare alcun programma. Al suo interno sono integrati una suite (LibreOffice) del tutto compatibile con

i formati Word, Excel e PowerPoint in lettura e scrittura, un client email, gli applicativi per gestire calendario e contatti (sincronizzabili con agende e rubriche di tablet e smartphone), lettore Pdf e feed Rss. Nella versione dedicata agli agenti di commercio è inoltre disponibile un software di Crm specifico. I prezzi? Il pacchetto base costa 9,90 euro al mese (Iva esclusa).

Kevin Turner

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Sopra, l’Ultrabook HP EliteBook Folio 9470m.

A fianco, il tablet HP ElitePad 900. Entrambi sup-portano il sistema operativo

Microsoft Windows 8.

Che cosa distingue un tablet per il business da un oggetto tecnologicamente avanzato ma adatto prevalentemen-

te all’utilizzo personale? La domanda è tutt’altro che banale, perché il fenome-no del Byod (Bring Your Own Device) è stato sì pervasivo, ma non ha risolto, anzi ha acuito, alcuni dei problemi che i responsabili It conoscono molto bene, in primis la compatibilità con le applica-zioni aziendali, la sicurezza e la facilità di manutenzione e gestione.È per questo che i vendor più legati al mondo delle imprese hanno atteso il momento giusto per presentare sul mer-cato le loro proposte di device mobili, corredandoli delle opportune caratteri-stiche per essere utilizzati anche in azien-da con la giusta produttività e il corretto Tco (Total Cost of Ownership).La sintesi ideale tra individuo e impresa l’ha forse trovata Todd Bradley, a capo della divisione Printing and Personal Systems di HP: “unire lo stile e la user experience che chiedono i consumatori con le caratteristiche di cui ha bisogno l’It”. È seguendo questa filosofia che sono stati progettati l’ElitePad e l’Elite-Book, i due strumenti mobili destinati al business.HP ElitePad 900 è un tablet con scher-mo da 10,1 pollici, che mantiene tutto il fascino di un oggetto di design, gra-zie anche allo chassis di alluminio che ha consentito di limitare lo spessore a soli 9,2 millimetri e il peso a meno di 630 grammi. Grandi e piccole aziende saranno anche interessate al fatto che il device supporta Microsoft Windows 8

Pro e tutto il suo ecosistema. Tornando alla dotazione hardware, Eli-tePad è un piccolo genio del Byod: oltre a montare un processore dual-core Intel Atom, il tablet coniuga per esempio una fotocamera posteriore da 8 megapixel e una webcam frontale (utile soprattutto per le videoriunioni) con un Expansion Jacket che offre due porte Usb, un’uscita Hdmi, uno slot per schede Sd, ma che consente soprattutto di espandere l’auto-nomia con una seconda batteria opzio-nale. A proposito di batterie, ElitePad ne utilizza una facilmente sostituibile presso i centri autorizzati, risolvendo così uno dei problemi più gravi dei device tipici del mondo consumer (l’inaccessibilità della batteria, appunto).Sul fronte della sicurezza, ElitePad è equipaggiato con HP Client Security, con HP Bios Protection e con Trusted Platform Module 2.0.

Per le imprese e i professionisti che non vogliono abbandonare il più tradiziona-le “form factor” del Pc portatile (anche ElitePad può diventare un efficace stru-mento da scrivania con la sua Docking Station, offerta in opzione), HP ha pro-gettato l’Ultrabook ideale per il business: EliteBook Folio 9470m con sistema operativo Microsoft Windows 8. Equi-paggiato con il potente processore Intel Core i7, EliteBook ha uno spessore di 18,95 millimetri e un peso di 1,63 chilo-grammi. Nonostante l’estrema portabili-tà, l’Ultrabook incorpora un display da 14 pollici, una tastiera integrale retroillu-minata e, opzionalmente, la connettività 3G o Lte. Tra le caratteristiche più de-siderate dal mondo business, l’assistenza telefonica gratuita 24x7x365 e la batteria sostituibile, che comunque, associata a un secondo pack opzionale, garantisce un’autonomia totale di 21 ore.

Progettati per il business ma ideali anche per l’utilizzo individuale, i nuovi tablet e Ultrabook di HP strizzano l'occhio al design, alla sicurezza e alla sostenibilità.

il lavoro è mobile

SCeNARi | Produttività in movimento

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22 | APRILE 2013

Cloud computing ormai si-gnifica strategie di business e progetti che stanno profon-damente trasformando i mo-

delli, i processi e l’organizzazione delle grandi imprese e, di conseguenza, anche la domanda di Information Tecnology. La fotografia è di NextValue, scattata osservando i comportamenti di oltre 140 aziende italiane con una spesa in-formatica superiore ai 20 milioni di euro (due milioni nel caso di filiali di multi-nazionali). Il dato d’insieme che emer-ge dallo studio vede la cifra impegnata per il 2013 dai chief information officer, relativamente a nuovi progetti di inno-vazione e per lo sviluppo dell’esistente, attestarsi al 58% del budget It esterno. Nel 2012 questa percentuale si è fermata al 26%. Per quanto riguarda le soluzioni nella nuvola, il 10% dei Cio le ritiene al-tamente strategiche nell’ottica del cam-biamento, il 30% le giudica tecnologie in grado di abilitare progetti futuri e il

24% gli attribuisce un valore tattico. Il 22% pensa invece siano una practice va-lutabile in futuro, e solo il 14% le bolla come inutili. Nei piani di investimento per i prossimi tre anni il cloud è citato dal 69% degli intervistati, che eleggono però a priorità le soluzioni di informa-tion security management (92%), il mo-bile (84%), le business analytics (83%) e il VoIP (82%). I freni all’adozione del cloud, però, non mancano e sono noti: sicurezza dei dati, non conformità alle normative, impossi-bilità di cambiare fornitore, diminuzione della governance del sistema, mancanza di trasparenza sui costi e dubbi sulle pre-stazioni. L’integrazione dei servizi nella nuvola con i sistemi e le applicazioni già esistenti è la criticità più sentita. Se ridu-zione della spesa e continuità operativa del business sono dei “must”, fra le tec-nologie indicate come fondamentali dai Cio per sostenere la crescita, il cloud si piazza solo al sesto posto, con il 40% di

citazioni raccolte. Più importanti sono ritenute, in quest’ottica, la virtualizza-zione (67% degli intervistati) e le busi-ness analytics (54%).Dalla survey emerge, infine, come sarà allocato nei prossimi 12 mesi il budget per la nuvola, che si fa largo nei piani di investimento It nonostante la conte-stuale restrizione delle spese aziendali. Ai progetti di cloud pubblico (SaaS, IaaS e PaaS) e privato (già oggetto di speri-mentazione per il 39% del campione) andranno fette più o meno equivalenti e nell’ordine del 17%. Nel triennio in corso, sintetizza così il quadro evolutivo Next Value, si assisterà a una diminuzio-ne tra il 25% e il 30% dei costi di mes-sa in opera dei servizi di public cloud, mentre di conseguenza cresceranno gli investimenti per le soluzioni di compu-ting nella nuvola, con un passaggio dai 520 milioni di euro del 2012 agli oltre 1,2 miliardi previsti per il 2016.

Luca Bastia

L’adozione dei servizi Saas, Iaas e Paas nel nostro Paese è in piena evoluzione. Nonostante i budget contenuti dei dipartimenti It e le difficoltà di integrazione del cloud con le infrastrutture esistenti. Lo afferma uno studio di Next Value.

L’itaLia dirige La Prua verso lE NUvolE

SCENARi | I numeri del cloud

0 20 40 60 80 100 120

Server Virtualization (N=55)

Private Cloud (N=53)

Desktop Virtualization (N=50)

Storage Virtualization (N=50)

SaaS (N=50)

IaaS (N=28)

PaaS (N=23)

>1000500-1000250-500<250

Cloud Computing: dimensione attuale degli investimenti per tipologia di progetto.%, N. imprese con progetti in corso. Investimenti in migliaia di Euro

0 20 40 60 80 100

Information Security Management

Mobile/Tablet computing

Business Analytics

VoIP

Cloud Computing

Unified Communications

Wireless Broadband

Sviluppo apps aziendali

Social Media & Collaborations

Previsto Non previsto

Tecnologie e tendenze di business previste nei piani di investimento della direzione iT.

Fonte: NEXTvAlUE - GENNAio 2013 Fonte: NEXTvAlUE - GENNAio 2013

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L’ importanza del cloud com-puting è cresciuta grazie ai governi e aziende che, sem-pre più numerosi, hanno de-

ciso di adottarlo per ridurre le spese, migliorare la collaborazione e accele-rare la realizzazione di nuovi progetti, minimizzando al contempo i rischi. Tuttavia, proprio per la sempre mag-giore diffusione del cloud, è diven-tato prioritario che tutte le par-ti coinvolte collaborino per farlo rimanere un sistema aperto, intero-perabile e accessibile, oltre che per in-dirizzare aspetti cruciali quali la sicu-rezza, la competitività e la gestibilità. Oggi il cloud riduce le disparità tra le aziende. Le start up, infatti, possono accedere a molte delle risorse It tipica-mente riservate alle grandi aziende, a fronte di minimi investimenti hardware e software. Allo stesso modo, i gover-ni riescono a ridurre drasticamente o a reindirizzare i propri budget conti-nuando a offrire servizi di qualità ai cit-

tadini. Questi ultimi, a loro volta, pos-sono beneficiare di strumenti di email, storage e video basati sulla nuvola, ca-ratterizzati da costi contenuti e grande semplicità d’uso. Grazie anche alle indicazioni fornite da Amd e da altri leader del settore, la nuo-va strategia della Commissione Europea per “Scatenare il potenziale del cloud computing in Europa” (Unleashing the potential of cloud computing in Europe), presentata lo scorso settembre, alimenta rinnovate speranze per il rilancio dell’e-conomia comunitaria. Come ha affer-mato il Commissario Europeo Neelie Kroes, c’è l’opportunità “di un enorme beneficio economico quantificabile in centinaia di miliardi di euro entro il 2020, ai quali vanno aggiunti milioni di nuovi posti di lavoro. Ma questo avverrà solo se saranno adottate scelte politiche opportune”. Con questo documento la Commis-sione intende stabilire standard e cer-tificazioni atti a creare una robusta infrastruttura cloud, a sviluppare best practice – come i programmi per gli appalti pubblici – e a creare fiducia nei diversi Paesi dell’Unione. Sebbene questa strategia possa essere d’aiuto, le vere opportunità e sfide riguardano la creazione di un sistema di leggi e pro-cedure armonizzato tra i Paesi membri. L’Europa deve adoperarsi per rimuovere le aree grigie e affrontare il problema del lock-in (gli accordi in esclusiva con i vendor), attraverso il sostegno a stan-dard aperti e comuni e all’interoperabi-lità dei sistemi cloud, affinché si possa passare da un fornitore all’altro senza

ALL’EUROPA INVECE SERVE UN pRoGETTo CoMUNECome sottolineato dal commissario Ue Neelie Kroes, da qui al 2020 le tecnologie nella nuvola potranno gene-rare centinaia di migliaia di euro e milioni di posti di lavoro. A patto, però, di promuoverne l’adozione e favorire l’interoperabilità fra i sistemi dei diversi vendor.

Darren Grasby,corporate vice president e general manager Emea di Amd

risultarne penalizzati. Inoltre, il quadro normativo sulla privacy attualmente non è implementato in modo coerente nei diversi Paesi: è necessaria maggio-re trasparenza da parte dei provider dei servizi cloud, che devono assicurare che la loro sia un’infrastruttura It flessibi-le, disciplinata da contratti semplici e comprensibili, nonché assicurare livelli di servizio ben definiti, inclusi gli even-tuali costi per l’inadempienza da parte dei fornitori. Per quanto riguarda il lock-in, è neces-sario garantire l’esistenza di standard tecnologici aperti e non proprietari, in modo che la libera concorrenza tra i for-nitori di componentistica e di prodotti finali si traduca in maggior qualità, in-novazione e scelta per gli acquirenti.È dunque fondamentale che i governi europei agiscano di comune accordo. Il cloud offre così tante opportunità e in una tale varietà di settori che sarebbe un peccato non riuscire a sfruttarle a causa di politiche inefficaci e della conseguen-te perdita di fiducia da parte delle im-prese e dei consumatori. Altre impor-tanti realtà, come il Nord America, non sono ostacolate dal complesso sistema giuridico che talvolta rallenta l’Ue. Ma con il giusto approccio e un’azione co-mune da parte di tutti player coinvolti l’Europa può cogliere l’occasione e fare un passo in avanti, approfittando di questo punto di svolta per il business e la tecnologia.

Darren Grasby

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24 | APRILE 2013

Lo studio “Next Generation Data Center Index III” evidenzia una maggiore propensione per la gestione interna delle informazioni critiche. Buoni i riscontri relativi al percorso di consolidamento delle server farm delle aziende italiane.

le aziende denotano un atteggia-mento più “responsabile” nei confronti dei nuovi paradigmi, big data e cloud, che stanno

imponendo cambiamenti radicali nelle modalità di utilizzo, gestione ed evo-luzione delle infrastrutture It. Lo dice lo studio Next Generation Data Center Index Cycle III, realizzato dalla società di ricerca Quocirca per conto di Ora-cle, intervistando oltre 950 manager di grandi aziende in dieci Paesi della regio-ne Emea, Italia compresa. I Cio, questo uno dei messaggi partoriti dallo studio, si stanno muovendo per riportare i dati all’interno delle proprie server farm evi-denziando maggiore attenzione al valo-re delle informazioni e alle modalità di movimentazione delle stesse (nell’ottica della massima semplificazione possibile) tra cloud pubblici e privati. Un indice appositamente elaborato da Quocirca conferma che i progressi compiuti in questa direzione sono consistenti. Anche se non mancano aspetti critici.

il supporto dell’it al business è un nervo scopertoSe il fattore sostenibilità resta in generale una componente “core” nelle strategie sui data center, gli imperativi a breve ter-mine legati alla flessibilità di implemen-tazione tendono però a essere prioritari

rispetto alle esigenze a lungo termine di supporto al business. Molte imprese stanno, cioè, dimostrando una scarsa percezione del valore aggiunto che può generare una più sofisticata politica per i centri dati. Perdendo una grande occa-sione. Il tutto in uno scenario che regi-stra un mutamento dell’approccio verso il cloud: nel recente passato le imprese affidavano all’esterno lo sviluppo, il test e la messa in opera di molti progetti; oggi questa “tecnologia” sta diventan-do mainstream e molte delle iniziative pilota stanno andando in produzione (in molti casi su piattaforme di private cloud) con la conseguente razionalizza-zione dell’accesso alle risorse. Entrando nel merito dei numeri, i Cio che ricorrono solamente a risorse inter-ne per gestire i dati sono aumentati dal 45% al 66% tra i due cicli dello studio; le aziende dotate di un unico data cen-ter interno sono passate dal 26% al 41% e quelle che affermano di usarne più di uno sono cresciute dal 19% al 25%. Per contro, si è ridotta la fetta di chi si avvale di un mix di strutture interne ed esterne, scesa dal 56% al 34%. Un calo si è avuto anche nel numero di organizzazioni che non considerano necessario attivare un nuovo data center nel prossimo futuro, numero che è diminuito sensibilmente nell’arco delle tre fasi dello studio, pas-

SCENARi | Data center

Ennio Ciccarelli, country leader server & storage systems di Oracle Italia

Big data e cLoud aProno L’era dei dATA CENTER 3.0

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sando dal 17% iniziale all’attuale 7%. Interessante rilevare, infine, come la percentuale delle aziende che intendo-no affidarsi a una nuova sala macchine nei prossimi 12 mesi sia in aumento dal 22% al 26%, segno di una certa consa-pevolezza per un’ulteriore fase di esplo-sione dei dati.

Cost saving e aumento delle presta-zioni: un obiettivo possibileSe Clive Longbottom, analista di Quo-circa, ha rimarcato come “molte deci-sioni relative al data center siano state prese da Cio e responsabili It con un approccio tattico che potrebbe avere conseguenze sulle capacità strategiche delle imprese in futuro”, la percezione di Ennio Ciccarelli, country leader ser-ver & storage systems di Oracle Italia, è più orientata all’ottimismo. Sebbene il Belpaese si trovi in ottava posizione (su dieci) dell’indice generale di Quocirca, le aziende italiane hanno in effetti evi-denziato discreti passi in avanti per ciò che concerne il supporto al business, la flessibilità (legata alla virtualizzazione dei server), la sostenibilità e il consolida-

Sala macchine green, questa sconosciutaQuasi la metà dei professionisti al lavoro nei data center non è a co-noscenza degli obiettivi energeti-ci fissati dall’Unione Europea per il 2020. L’evoluzione eco-friendly delle sale macchine è tracciata, ma c’è un evidente buco di consapevolezza proprio fra chi opera in questo set-tore. Lo dice una ricerca di Emerson Network power, secondo cui il 43% delle figure informatiche del Vecchio Continente non è edotta sulla diret-tiva comunitaria che esorta all’uso di fonti rinnovabili. Per contro, il 21% del campione di 341 fra dirigenti e addetti ad attività di engineering e

data center management intervista-ti ha già adottato iniziative per uni-formarsi ai requisiti di cui sopra. In tal senso si prevede che quasi tutti i reparti delle aziende saranno inte-ressati dalla rivoluzione “verde” e dall’indagine è emerso che già oggi oltre un quarto delle organizzazioni interpellate ha intrapreso iniziative ecologiche dedicate. Nonostante la diffusa ignoranza sul-la direttiva Ue 20-20-20 (riduzione delle emissioni di gas serra di alme-no il 20% rispetto ai livelli del 1990, generazione del 20% dell’energia consumata mediante fonti rinnova-bili, abbattimento del 20% dell’uso di energia primaria rispetto ai livelli proiettati), le pratiche green iniziano

comunque a farsi strada fra gli ope-ratori It, un po’ anche sull’onda dei progetti portati avanti oltreoceano da Apple, eBay, Google e altri co-lossi che hanno realizzato o stanno realizzando server farm basate sull’u-tilizzo di energia solare ed eolica. Fra coloro che si sono dichiarati consa-pevoli degli obiettivi Ue, il 57% ha cominciato a selezionare le nuove apparecchiature It in base all’effi-cienza energetica. Un parametro, quest’ultimo, considerato prioritario nella progettazione di un data cen-ter dal 72% dei rispondenti, mentre il fattore costi è la principale causa della mancata adozione di soluzioni più ecologiche per circa la metà de-gli intervistati.

mento delle infrastrutture It nell’ottica di una maggiore efficienza energetica. “I segnali che arrivano dalla ricerca – dice il manager – sono incoraggianti e frut-to dell’importanza che le nostre imprese riconoscono ai percorsi di ottimizzazio-ne dei propri data center. Il paradigma che vedeva l’aumento della dote infra-strutturale direttamente proporzionale all’aumento di domanda di capacità elaborativa sta cambiando”. Banche, uti-lity, grandi retailer, operatori del settori media ed enti pubblici sono, a detta di Ciccarelli, esempi tangibili di come l’a-dozione di soluzioni avanzate (i sistemi ingegnerizzati come Exadata, nel caso di Oracle) e servizi as a service di tipo infra-strutturale (IaaS) possa generare signifi-cativi incrementi delle prestazioni It, in combinazione con saving sui costi an-che nell’ordine del 50%. Con un Roi in nuovi progetti nell’ordine dei 18 mesi. “Il vero investimento da fare”, chiude Ciccarelli, “è quello di spostare il budget verso l’innovazione senza sprecarlo in at-tività di mantenimento dell’esistente. Anche a livello di medie imprese”.

Piero Aprile

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26 | APRILE 2013

Secondo molti analisti siamo di fronte a un salto quantico nel campo delle tecnologie appli-cate al business. L’opportunità

che bussa alla porta dei direttori mar-keting, ma anche dei responsabili delle vendite e del controllo di gestione (e, più in generale, di chiunque sia alla guida di un’organizzazione), è rappresentata dalla possibilità di incrociare la potenza della Business Intelligence con i sistemi infor-mativi geografici.Per identificare questa nuova tecnologia, che nasce da due funzionalità disponibili da anni ma che promette di valere molto di più della loro somma, sono stati co-niati almeno un paio di neologismi. Uno dei più comuni è “location intelligence”, l’altro è un marchio registrato. “GeoIn-telligence”, spiega Marco Santambro-gio, fondatore e managing director della società di consulenza Value Lab, “è il nome della nostra suite di soluzioni che unisce la grande capacità di analisi della Business Intelligence alla possibilità di gestire dati georeferenziati non più solo a livello numerico (Cap, via, numero ci-vico) ma anche grafico e interattivo. È un vero e proprio passo da gigante, che parte da una constatazione molto banale: tutti oggi siamo interessati alla geografia come individui, pensiamo alle previsioni me-teo personalizzate, ai navigatori stradali, alla localizzazione sui social network, ma poi come manager in azienda ci dimen-tichiamo della dimensione geografica, e così finiamo per prendere decisioni meno efficaci”.Eppure, secondo le più recenti statisti-che, l’80% delle informazioni che arriva-

Dall‘unione di Business Intelligence e sistemi informativi geografici nasce la GeoIntelligence, un insieme di strumenti, creati in Italia, che possono rivoluzionare l‘attività di problem solving.

datemi una loCATioN e soLLeverò iL marketing

SCENARi | Business Intelligence

Intelligence a Business Discovery.Proprio dall’unione tra la piattaforma QlikView e il sistema Gis di Esri è nato GeoIntegrator, uno dei tool più potenti della suite GeoIntelligence di Value Lab. “Con questa soluzione”, dice Santam-brogio, “siamo riusciti a sfruttare l’estre-ma facilità d’uso Di QlikView, unendola alla potenza del sistema informativo geo-grafico Esri. Ne è scaturito uno strumen-to che è ideale per il problem solving, un software che ha già avuto numerosi riconoscimenti in ambito mondiale e che permette di visualizzare in modo interattivo i dati e le analisi insieme alla rappresentazione del territorio a cui si ri-feriscono”.

Marco Santambrogio, fondatore e managing director di Value Lab, e Massimo San Giuseppe, Ceo di QlikView Italy. In basso, una schermata di GeoIntegrator.

no alle aziende è già (o potrebbe essere fa-cilmente) georeferenziato. E il trend per il prossimo futuro, con “Internet delle cose” che sta diventando sempre più per-vasiva, non può che essere ulteriormente indirizzato verso lo sfruttamento della localizzazione di cose e persone.“Con il crescere dell’importanza dei dati geografici”, dice Massimo San Giusep-pe, Ceo di QlikView Italy, “assume an-cora più rilevanza l’approccio di user ex-perience come scoperta dei dati da parte dell’utente business, che in qualche modo ha bisogno di essere sorpreso dalle infor-mazioni e trovare nuovi elementi che lo aiutino a prendere decisioni migliori. È da sempre la filosofia di QlikView, che ha assecondato così il passaggio da Business

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con

IT TRANSFORMATIONLe Best Practice dell’innovazione

con il patrocinio di

In un momento in cui l’IT non può più limitarsi al mero efficientamento dei processi aziendali, va accentuandosi la pressione sulle aziende e sugli IT decision maker per “fare innovazione”. Come l’IT può contribuire alla costruzione dell’IMPRESA DEL FUTURO?

Durante gli appuntamenti, grazie al contributo degli analisti IDC, ad aziende leader e alla presentazione di progetti di eccellenza come TNT Italy, Nato e Comune di Napoli - per citarne solo alcuni - verranno affrontati temi come:

• Consolidamento e Virtualizzazione Intelligente • Data Center e Infrastructure Management • Converged Infrastructure e Cloud Computing • Trusted IT (availability, protection, security) • Social e Mobile Computing

Nel corso degli incontri IDC presenterà, IN ANTEPRIMA NAZIONALE, i risultati di una ricerca esclusiva che analizza come le aziende italiane stanno affrontando i temi legati alla trasformazione dell’infrastruttura IT.

Le date:

Torino, 11 aprile - Pinacoteca AgnelliNapoli, 16 aprile - Grand Hotel ParkersSant’Agata Bolognese, 13 giugno - Automobili LamborghiniPadova, 18 giugno - Villa ItaliaFirenze, 19 settembre - Grand Hotel Villa Medici

Per informazioni e registrazioni:

Mara Barbero, Senior Conference Manager, IDC [email protected] - 0228457.373 http://www.idcitalia.com/eventi/ITTransformation2013#IDCITT13

EVIV1_AV-200x260.indd 1 28/03/2013 09:19:25

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28 | APRILE 2013

ECCELLENZE.IT | Salvagnini

una Security d'acciaio per la lavorazione della lamiera

L a lavorazione della lamiera si affi-da alle “lame”. Potrebbe sembrare un gioco di parole, ma è quel-

lo che, letteralmente, ha scelto di fare Salvagnini adottando l’architettura Sof-tware Blade (lama, in inglese) di Check Point. Una soluzione di sicurezza che la-vora a strati, sovrapponendo e integran-do fra loro diversi strumenti. Nel caso di Salvagnini, il piano di rinnovamento

della dotazione It è servito ad assicurare la stabilità della piattaforma tecnologi-ca, preponderante rispetto a quella degli applicativi, o meglio cruciale per il fun-zionamento dell’azienda. Realtà interna-zionale con un coordinamento tutto ita-liano, Salvagnini opera nel settore della meccanica strumentale, ovvero progetta, realizza, e commercializza prodotti per la lavorazione della lamiera: pannellatrici ibride, sistemi flessibili di punzonatura-cesoiatura integrati, macchine per il taglio laser in fibra, celle di piegatura robotizzata e altre soluzioni che posso-no suonare famigliari solo agli addetti ai lavori. Per tutti gli altri, basti sapere che l’azienda può vantare oltre 150 settori di applicazione, oltre a numeri impor-tanti: 1.400 dipendenti in Italia (650 dei quali a Sarego, Vicenza, che è an-che la sede legale, gli altri ad Avellino), 18 filiali operative nel mondo, quattro stabilimenti (nelle due sedi italiane, in Austria e negli Stati Uniti) e 4200 instal-lazioni in funzione in 75 diversi Paesi. Insomma, una struttura articolata, composta dialle varie sedi dislocate nel mondo e dalle aziende consociate del gruppo, che rimangono autonome nella gestione delle proprie risorse It.

“Nel nostro caso”, spiega Gianluca Pen-savalle, responsabile sistemi informativi di Salvagnini, “sia la sicurezza perimetra-le, sia quella aziendale interna sono di importanza critica. La parte da leone è rappresentata dalla navigazione Internet, elemento che ha reso necessaria l’ado-zione di un firewall adeguato e di una serie di strumenti di sicurezza integra-ti”. Nel 2011, Salvagnini ha affrontato un’importante evoluzione strutturale, passando da un’infrastruttura per così dire “tradizionale” a una innovativa, ba-sata su software blade, che consente l’at-tivazione di moduli specifici ritenuti di volta in volta utili: questo ha permesso di ottimizzare gli investimenti e al tempo stesso di adattare le soluzioni di sicurezza alle necessità dell’azienda, con la libertà di modificarle nel tempo. Il nome pro-prio dietro questa architettura software blade è quello di Check Point, operatore di cui l’azienda è cliente fin dal 1998. “Check Point ha risposto alle nostre esi-genze in maniera sempre pronta”, com-menta Pensavalle. “La scelta è avvenuta considerando l’esperienza positiva con l’azienda nel corso del tempo e la ma-turità della soluzione Check Point, che risulta essere affidabilissima”.

L’azienda vicentina, operativa nel settore della meccanica strumentale, ha scelto Check Point per dare stabilità e sicurezza alla sua piattaforma It.

LA SOLUZIONE

L’architettura Software Blade per-mette di gestire da un’unica console più applicazioni, nonché di aggiun-gere elementi a seconda delle neces-sità. La soluzione sovrappone diversi “strati” di sicurezza, tra cui firewall, antivirus, anti botnet, Url filtering, sandbox le vulnerabilità zero-day. In particolare, Salvagnini ha adottato le software blade Ips e Application Con-trol per la gestione centralizzata, l’Ap-pliance Check Point Utm-1 e soluzio-ni per la protezione della sua Vpn (a cui accedono i lavoratori dislocati in più sedi). SmartEvent, inoltre, con-sente di raccogliere e consolidare tutti gli eventi di sicurezza, garantendo vi-sibilità da un solo punto di controllo.

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29APRILE 2013 |

LA SOLUZIONE

Sophos Puremessage per Unix (componente della soluzione Email Protection) ed Endpoint Protection Advanced si sono adattati perfetta-mente a un utilizzo gerarchico della console di amministrazione, che permette una gestione centrale ma lascia alle periferie la possibilità di definire policy ad hoc per la prote-zione degli utenti.Mentre Puremessage consente di bloccare efficacemente spam, virus, spyware e attività di phishing, le duemila licenze di Endpoint Protection includono funzionalità di cifratura, web filtering e patch assessment. I client su cui sono stati installati i prodotti sono piuttosto eterogenei, vanno da macchine di ultima generazione a Pc datati che si basano ancora su sistema operativo Microsoft Windows Xp.

in emilia Si aSSegna la laurea honoriS cauSa in antiSpamLa soluzione proposta da Sophos protegge migliaia di caselle email e di client, consentendo una gestione centralizzata ma lasciando la giusta libertà di movimento ai singoli dipartimenti.

L’Università degli Studi di Mo-dena e Reggio ha due sedi prin-cipali (i due capoluoghi Emi-

liani) ma ben 39 location periferiche distribuite sul territorio, dove trovano posto 14 diversi dipartimenti. Un mo-dello a rete che funziona egregiamente, ma che rappresenta un vero e proprio incubo per chi si occupa di sicurezza e deve salvaguardare la produttività degli impiegati (il personale tecnico e ammi-nistrativo). I numeri sono ancora più da brivido se si considerano le caselle di posta dell’Ateneo da proteggere sia sul fronte dello spamming sia su quello del malware: 5mila, dislocate su circa 2mila postazioni client.“Parecchi anni fa scegliemmo la solu-zione Puremessage di Sophos come antispam”, racconta Fabrizio Calan-ca, responsabile dell’infrastruttura It dell’Università, “acquisendo un primo lotto di licenze. Strada facendo abbia-mo capito che era proprio la risposta che faceva al caso nostro, perché ci per-metteva da una parte di centralizzare il controllo ottimizzando costi e risorse umane, dall’altra di lasciare parecchia autonomia operativa alle sedi periferi-che”.L’organigramma del reparto It dell’A-teneo prevede una trentina di addetti (che spaziano dal responsabile ai tec-nici della manutenzione), ma ogni dipartimento può scegliere di prov-vedere in modo autonomo alle atti-vità quotidiane, generando così una complessità non indifferente anche a livello organizzativo. Ecco perché le so-luzioni Endpoint Protection ed Email Protection di Sophos, unitamente a

Puremessage, costituiscono la scelta ideale: “Non appesantiscono il carico computazionale dei client”, spiega Ca-lanca, “sono multipiattaforma (requisi-to fondamentale per un’organizzazione universitaria) ma consentono un buon grado di gestione centralizzata”.Oggi il sistema realizzato con Sophos copre circa i due terzi delle postazio-ni client installate presso tutte le sedi dell’Università, anche se è verosimile immaginare che nel prossimo futuro i dipartimenti che ancora non hanno scelto la piattaforma comune si unifor-mino allo “standard”. Le caratteristiche dei prodotti Sophos sono tali da far prevedere anche un’e-ventuale estensione del servizio alle ca-selle di email degli studenti, che attual-mente sono gestite tramite un provider esterno ma che le sempre più ferree regole della privacy potrebbero far ri-entrare d’autorità sotto l’ala protettrice dell’It dell’Ateneo.

ECCELLENZE.IT | Università degli Studi di Modena e Reggio

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30 | APRILE 2013

la rete Super veloce che opera al Servizio del cittadino

Forma e contenuto, infrastruttura e soluzioni tecnologiche. Ovvero da un lato la rete banda ultralar-

ga di cui può farsi vanto – unico fra i capoluoghi lombardi – la città di Cre-mona, e dall’altro i servizi che possono “viaggiare” spediti su quest’autostrada di dati che è la fibra ottica. Tutto è par-tito dalla realizzazione di un network di tipo Fiber to the Home (Ftth), architet-tura che porta i conduttori fino alle sin-gole abitazioni o uffici, consentendo di navigare fino a 30 megabit per secondo. A realizzare il lavoro è stata Aemcom, controllata della Società per Azioni di proprietà del Comune, Aem, che oggi gestisce questa rete metropolitana su-perveloce. Qui, nell’ambito dell’Agen-da Digitale Lombarda, la Regione ha portato avanti un progetto, conclusosi nell’estate del 2012, per testare sulla Ftth una serie di servizi. Lombardia Informatica ha curato l’implemen-tazione e la misurazione dei risulta-ti, mentre una serie di vendor hanno messo gratuitamente a disposizione le loro tecnologie. Applicandole a sanità digitale e telemedicina, scuola, teleas-

sistenza, sicurezza, smart tv, teleconfe-renze e backup nel cloud. Italtel, per esempio, insieme a Cisco Telepresence ha permesso all’ospedale e al tribunale di realizzare, rispettivamente, consulti medici e udienze a distanza; sempre di Italtel è il sistema di videosorveglianza con cui la Polizia Municipale ha moni-torato il territorio attraverso 24 teleca-mere; Gpi ha dotato dieci famiglie con parenti anziani di decoder che permet-tono di inoltrare dal televisore video-chiamate (personali, di assistenza, per la spesa a domicilio, ecc.); un centinaio di utenti hanno ricevuto set-top-box per accedere a servizi della PA tramite Tv; alcune scuole hanno usato Microsoft Lync e lavagne interattive multimediali di Telecom Italia per lezioni a distan-za; l’azienda ospedaliera ha testato il back up via cloud di Sinergy; Ericsson ha installato negli uffici del Comune 14 postazioni per videoconferenza e data&application sharing.Come è andata la sperimentazione? “In generale”, illustra Daniele Crespi, in-novative services manager di Lombar-dia Informatica, “i giudizi raccolti sono

stati tra il buono e l’ottimo. I servizi testati hanno trovato un gradimento sia in termini di usabilità, sia di utili-tà. In particolare, nel caso della scuole la tecnologia ha prodotto grandi be-nefici nell’apprendimento a distanza e nel supporto agli alunni con difficoltà di apprendimento”. “Cremona, gra-zie all’azione di Aemcom, ha investito negli anni in un’infrastruttura che con-sente alla città un potenziale di compe-titività Ict che in Italia pochissime al-tre realtà possono vantare”, commenta Gerardo Paloschi, direttore generale di Aemcom.

ECCELLENZE.IT | Città di Cremona

LA SOLUZIONE

L’ultrabroadband a 30 Mbps si estende per 11mila chilometri di fibra fra città e comuni limitrofi, raggiungendo il 35% degli edifici. Durante la sperimentazione, l’im-pegno massimo di banda rilevato è stato fra i 10 e 12 Mbps. La fibra si è rivelata necessaria per le sue carat-teristiche di bassa latenza e bidire-zionalità, consentendo un flusso dati veloce sia in entrata sia in uscita.

Aemcom ha collegato il 35% degli edifici, tra abitazioni e uffici, alla rete ottica Fiber to the Home. Dando alla Regione l’opportunità di sperimentare, con l’ausilio di Lombardia Informatica, applicazioni basate su video e data sharing utili alla cittadinanza: dalla sanità, alla scuola, alla giustizia, all’assistenza sociale.

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ECCELLENZE.IT | Icbpi

la Sicurezza, un valore per innovare e creScere

Quanto è importante la sicurez-za per un Gruppo Bancario che opera a supporto della

crescita e del consolidamento di ban-che, istituzioni finanziarie e assicurati-ve, imprese e Pubblica Amministrazio-ne, con un fatturato di 600 milioni di dollari? Davvero molto. Non solo per-ché rappresenta circa il 10% del bud-get di investimento dell’Ict, ma anche e soprattutto perché è una componen-te essenziale, centrale e irrinunciabile all’insegna di un percorso ispirato alla massima efficienza e affidabilità e al cor-retto contenimento dei costi. La visione di Pablito Rosa, responsabile Ict sicurezza e compliance e Infrastrut-ture e Esercizio del Gruppo Icbpi, dove sicurezza e continuità operativa rappre-sentano un elemento unico, è di quelle che non lasciano dubbi ad errate inter-pretazioni. Così spiega il manager: “Il nostro ap-proccio alla sicurezza, dal latino sine cura, senza preoccupazione, è stato quel-lo di eliminare gradualmente la perce-zione aziendale di elemento vessatorio e coercitivo, di condividere con i respon-

sabili di business il valore e l’importanza della security e della continuità dei servi-zi, al fine di renderla un elemento vitale del sistema nervoso dell’intera organiz-zazione e del suo processo di crescita e innovazione”. Sicurezza e continuità operativa sono ora in azienda un “asset di valore per il

business” condiviso e “desiderato” dalle diverse aree di management, e non sola-mente un’esigenza necessaria, che si inse-risce in un contesto di sistema informa-tivo, come spiega Rosa, “estremamente complesso e tecnologicamente molto avanzato”, che non contempla esclusiva-mente la logica di computing propria del mainframe, ma adotta tecnologie “aper-te” e si avvale di partner esterni ricono-sciuti a livello internazionale. La visione della sicurezza nel Gruppo Icbpi si può quindi definire olistica e si concretizza operativamente attraverso l’applicazione di una metodologia inter-na definita e strutturata in un modello di gestione tassonomico, con personale altamente qualificato. In poche parole, governo della sicurezza per una sempre maggiore affidabilità dei servizi, mitiga-zione dei rischi a essa connessa e preven-zione: questo il principale compito cui è chiamata l’unità organizzativa di cui è responsabile Rosa. La sicurezza opera dunque in modo si-nergico al business, “entra in tutti i pro-cessi aziendali, interviene come elemen-to core nella declinazione del processo di sviluppo delle applicazioni e risponde alla forte esigenza di compliance, a cui un gruppo bancario quale Icbpi deve ot-temperare ”. Per questo motivo, all’interno dell’azien-da, il concetto di continuità operativa si è evoluto in quello di business resilience, paradigma che si traduce, chiude il cer-chio Rosa, “nella capacità di organizzare l’erogazione dei servizi tenendo conto sia dell’accadimento di eventi critici che possono compromettere la continuità funzionale, sia di situazioni che richie-dono l’elasticità di risorse tecnologiche e organizzative per far fronte a picchi di esercizio e mantenere adeguati livelli operativi”.

Per un gruppo bancario specializzato in servizi di pagamento nazionali e internazionali, la security va oltre la semplice protezione di sistemi informativi, dati e infrastruttura. Diventa una componente vitale per la gestione del rischio aziendale e rappresenta un asset condiviso da tutta l’organizzazione.

LA SOLUZIONE

È stata implementata una soluzio-ne di database security assessment con tecnologie Oracle per operare su alcuni dei sistemi di monetica (tre database, sei applicazioni) che coprono il 98% della struttura dati dell’azienda. Gli ambiti di intervento interessano la gestione delle configu-razioni e degli accessi privilegiati, il data protection e le attività di monitoraggio, audit e compliance. I prodotti Oracle utilizzati sono Da-tabase Firewall per il controllo del traffico nel database Sql, Advanced Security per la crittografia dei dati e Database Vault per la gestione degli utenti privilegiati.

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tale di una nazione, l’Italia è al 27esimo posto fra i 34 Paesi dell’Ocse.

Tutti i buoni propositi dell’Agenzia digitale per l'ItaliaL’incertezza politico/istituzionale che ha accompagnato il primo mese post elezio-ni non è certo un buon viatico per spera-re che i 32 decreti attuativi dell’Agenda possano essere sbloccati in tempi brevi. Il rischio impasse, sul fronte del processo di digitalizzazione della Pubblica Ammi-nistrazione e di rilancio della competiti-vità delle imprese, è latente. Fra i primi provvedimenti a vedere la fine del tun-

I l Consiglio Ue ha un obiettivo: cre-are entro il 2015 un mercato unico delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione. Una grande

piazza digitale che entro il mese di otto-bre dovrebbe iniziare a prendere forma (sulla carta) con misure ad hoc. Questo almeno lo scopo (e il compito) del Com-missario per l’Agenda Digitale, Neelie Kroes. A Bruxelles, in poche parole, si cerca di accelerare il processo per la cre-scita e la competitività dei Paesi mem-bri, con particolare attenzione al mondo dell’Ict. Basterà, tale professione di in-tenti, a mettere tutti d’accordo sulle mo-

dalità di operare in un comparto tanto strategico quanto redditizio (si pensi alle miliardarie aste per l’assegnazione delle frequenze digitali)? La domanda rimbal-za senza risposta sulle questioni italiane relative all’Agenda Digitale. Riuscirà il nuovo esecutivo (al momento in cui scriviamo è ancora in carica quello pre-sieduto da Mario Monti) a dare corpo al documento divenuto legge lo scorso dicembre con l’approvazione del decre-to Crescita Sviluppo? In attesa di novità tocca partire da un dato certo: secondo l’indice “e3 Web Intensity Index”, che misura la maturità dell’ecosistema digi-

L’Agenda Digitale attende i decreti attuativi dei primi progetti, mentre l’Agenzia per l'Italia digitale ha fissato gli obiettivi da raggiungere nel segno della razionalizzazione dei processi e dei sistemi informatici. Gli sprechi e le storture della Pa sono, però, tanti.

A.A.A. mAcchinA pubblicA efficiente CerCAsI

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nel burocratico c’è il fascicolo sanitario elettronico. Smart city, start up e banda larga sono altri passaggi importanti, ma al momento sembrano priorità sfiorite, al di là dei bandi annunciati dal Miur. Per contro, l’Agenzia per l’Italia digi-tale è oggi un organismo attivo a tutti gli effetti e ha firmato (il 15 marzo) la convenzione che disciplina il rapporto di collaborazione con il Consip, l’ente che gestisce le gare di acquisto della Pa e che nel prossimo quinquennio dovrà as-segnare commesse per un valore di oltre 10 miliardi di euro. E il suo direttore ge-nerale, Agostino Ragosa, si è dichiarato a più riprese ottimista. Mettendo sul ta-volo anche dei numeri. Ambiziosi. Qua-li? Per esempio i 26 miliardi di euro che l’Agenzia vorrebbe spendere per la nuova dote tecnologica della Pa entro il 2018. Nel dettaglio, l’acquisto di soluzioni Ict vale 3,5 miliardi, quello di prodotti “commodity” altri 3,5 miliardi, e altret-tanti serviranno per le infrastrutture di rete (servizi cloud compresi). I rimanenti 16 miliardi saranno investiti per realizza-re, nel lungo periodo, interventi a livel-lo di procurement e per razionalizzare i data center (si parla di 4mila strutture, scarsamente interoperabili fra di loro e molte delle quali ritenute non idonee a livello di affidabilità e sicurezza dei dati) della macchina pubblica. Ragosa vuole partire proprio da qui, dal consolidare sistemi e applicazioni che non si parlano – prerogativa invece indi-spensabile per ipotizzare un’infrastruttu-ra unica capace di gestire tutti i servizi in modalità digitale – e liberare risorse da investire su nuovi progetti. L’obiettivo dell’Agenzia è di arrivare a soli 40 data center certificati, cambiando in corsa an-che le modalità di “ingaggio” delle socie-tà in house che gestiscono e aggiornano i sistemi. Compito improbo? Forse. Di certo è più facilmente misurabile l’obiet-tivo che Ragosa si è prefissato per met-tere in pista l’Anagrafe Nazionale delle Persone (Anp). Le gare per realizzare il sistema dovrebbero partire entro fine anno e dal 2014 lo strumento che con-

rICerCA, PA e sTArT uP: CI sono 256 mILIonI

Oltre un quarto di miliardo di euro, per la precisione 256,5 mi-lioni: è il budget definito a tavo-lino, a metà marzo, dai ministeri dell’Istruzione e dello Sviluppo Economico del Governo Monti per promuovere l’innovazione in Italia. Tre le linee guida del pro-gramma, espresse da altrettanti bandi. Il primo riguarda l’aggior-namento digitale della Pubblica Amministrazione per lo sviluppo di servizi al cittadino, a cui andrà il grosso della torta , circa150 mi-lioni di euro. A fare da linea guida al progetto le indicazioni del VIII Programma quadro europeo Ho-rizon 2020. Il secondo bando, da 30 milioni di euro, è nato per so-stenere la competitività delle im-prese attive da meno di sei anni, e in particolare le micro, piccole e medie aziende del Sud, attraverso iniziative a vario livello in ambito big data, sociale, produzione, fru-izione e distribuzione dei conte-nuti culturali e luoghi di aggrega-zione all’interno delle Università italiane per promuovere impren-ditorialità ed innovazione. Il terzo bando prevede il poten-ziamento delle strutture di ricer-ca delle Università  e degli Enti Pubblici di Ricerca nelle Regioni della Convergenza (Sicilia, Cala-bria, Puglia e Campania): 76,5 i milioni di euro destinati a nuove infrastrutture, digitalizzazione de-gli archivi, potenziamento degli strumenti per il monitoraggio am-bientale e territoriale.

terrà i dati completi di ciascun cittadino (anagrafici, sanitari, giudiziari e relativi al grado di istruzione), e che consentirà l’accesso online alle informazioni da par-te di amministrazioni e utenti, dovrebbe essere in funzione.

Fra i creditori della Pa c’è anche l’industria Ict“Situazione insostenibile”: due parole, un concetto molto esplicito. Tra le vitti-me delle lungaggini di pagamento degli enti pubblici – ritardi medi nell’ordine dei 240 giorni – ci sono anche le imprese dell’Ict, il cui credito si aggira intorno ai 3 miliardi di euro. Comprensibile quin-di lo sfogo/allarme lanciato dal Presiden-te di Confindustria Digitale, Stefano Parisi, in relazione anche al fatto che l’industria dell’informatica (composta in buona parte di Pmi) attraversa una fase di prolungata contrazione della spesa da parte del settore privato. L’attuazione dei piani dell’Agenda Digitale non può non considerare il problema. Che diventa an-cor più paradossale al cospetto di quanto il Parlamento italiano spende oggi per stampare gli atti di Camera e Senato: 12 milioni di euro l’anno. Più della metà del budget annuale (20 milioni di euro) per l’acquisto e la manutenzione di strumen-ti informatici (tablet e computer in dota-zione a senatori e onorevoli compresi) e per l’accessibilità alla documentazione in via telematica. Lo ha rivelato uno studio dell’Istituto Bruno Leoni, che evidenzia anche come la completa digitalizzazione delle attività di Montecitorio e Palazzo Madama farebbe risparmiare ai contri-buenti 40 milioni di euro. La nuova legislatura, quanto a consu-mi di carta, fa ben sperare: 558 dei 630 deputati neoeletti hanno già acquisito la firma digitale con la quale potranno presentare agli uffici della Camera pro-poste di legge e atti ispettivi (come in-terrogazioni e interpellanze) in formato elettronico utilizzando la rete WiFi pub-blica di Montecitorio. Sperando che al-meno quella funzioni.

Gianni Rusconi

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che attualmente è già superata solo da una triade di Paesi virtuosi, Svezia, Fin-landia e Danimarca.Nel 2010 l’investimento in research & development nell’Ue ha toccato i 247 miliardi di euro, con un contributo italiano che appare sottodimensionato rispetto a quanto dovrebbe. Con una spesa inferiore ai 20 milioni di euro (19,6 milioni), nel 2010 l’Italia ha in-fatti coperto l’8% degli investimenti in R&D dell’Ue a 27, a fronte di un Pil pari al 12,6% del totale europeo. Il per-ché di questi numeri? Lo studio parla di una “debolezza strutturale italiana” riferendosi allo scarso peso dei finanzia-menti privati in ricerca industriale, che invece sono uno degli elementi chiave (dovranno costituire i due terzi del to-tale) per raggiungere l’obiettivo del 3% di rapporto investimenti/Pil fissato per il 2020, a cui si accennava più sopra.Discorso parallelo riguarda la registra-zione di brevetti, attività che nel Belpa-ese è in declino. A partire dal 2007 il numero di richieste vagliate dallo Euro-pean Patent Office (Epo) è progressiva-mente diminuito, passando dagli 85,1 brevetti per milione di abitanti depo-sitati nel 2004 ai 73,3 del 2010. Altro dato negativo è la percentuale di lavo-

Due report, stilati dall’istat e dall’innovation Scoreboard dell’ue, dipingono uno scenario a luci e ombre: negli ultimi cinque anni il 54% delle imprese italiane è stato capace di innovare, ma sono calati altri indicatori importanti, come investimenti e brevetti.

La voglia c’è, le risorse un po’ meno. Sul tema dell’innova-zione nelle imprese italiane l’ultimo rapporto dell’Istat e

del Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro (Cnel) sul Benessere equo e sostenibile offre uno scorcio a luci e ombre. Lo Stivale, infatti, è al di sopra della media europea quanto a percen-tuale di aziende che, nel quadriennio che va da inizio 2008 a fine 2011, han-no introdotto innovazioni di prodotto, di processo, organizzative o di marke-ting: il 54%, contro il 49% dell’Ue. Altri indicatori, però, entusiasmano molto meno, come il rapporto fra spe-sa in ricerca & sviluppo e Pil: da noi è stabile all’1,3%, a fronte di una media europea del 2% e di un obiettivo comu-nitario fissato al 3%. Percentuale che dovrà essere raggiunta entro il 2020, e

VogLIA dI InnovAzIone TrICoLore, mA mAncAno LE RIsoRsE

ratori impiegati nel settore tecnologico (Ict, manifatturiero ad alta tecnologia e servizi a elevata intensità di conoscen-za): il 3,3% italiano del 2011 è al di sot-to del valore europeo del 3,8%, nonché tra i più bassi nell’ambito dell’Ue a 15 e superiore solo a Portogallo e Grecia.È un’Italia che arranca anche quel-la dipinta dall’Innovation Scoreboard dell’Unione Europea. Siamo sedice-simi nella classifica che misura il tasso di innovazione, la ricerca, il numero di brevetti e di dottorandi nel territorio comunitario. In questa corsa verso il futuro (già rallentata dalla crisi econo-mica), il nostro Paese si piazza tra gli innovatori “moderati”, davanti a Spagna e Portogallo ma dietro Estonia, Cipro e Slovenia, mentre ai primi posti svettano Germania, Danimarca, Svezia e Finlan-dia. Tra il 2008 e il 2012 sono pochi gli indicatori in crescita nello Stivale, fra cui l’aumento delle pubblicazioni scien-tifiche firmate da ricercatori italiani, ma spesso realizzate all’estero (+5,2%) e il numero dei nuovi laureati che conse-guono dottorati di ricerca; in netto calo, invece, i depositi di brevetti e gli investi-menti, con un -8,2% di venture capital stanziati nel quinquennio.

Valentina Bernocco

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Il rapporto fra Pil e spesa in ricerca e sviluppo L'indice di innovazione negli stati europei

Fonte: IsTAT/CneL Fonte: InnovATIon sCoreboArD

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Le smart city sono una voce im-portante dell’Agenda Digitale e una tappa altrettanto vitale del processo di digitalizzazione

del Paese. Ritornello ormai noto, come noto è il fatto che tali progetti stentano a decollare per diverse ragioni, dalla man-canza di fondi all’incapacità di tradurre le idee sulla carta in azioni concrete. Gli esempi virtuosi a cui fare riferimento – da Nord a Sud – però non mancano, e diverse città oggi possono già vantare un invidiabile livello di “intelligenza”, come ha confermato di recente uno studio di Forum PA. Sul podio svettano Bologna, Parma e Trento, ma ci sono anche altri capoluoghi a cui guardare.

Trento, l'eccellenza tecnologica a misura d’uomoTerza nella classifica italiana di Forum PA e prima in quella europea (stilata qualche anno fa dall’Università di Vien-na) delle città di medie dimensioni, Trento mette in campo una dote di circa 500 ricercatori attivi nel settore Ict e un accordo con l’ente Trento Rise, che mira a trasformare la provincia in un polo di eccellenza tecnologica nel Vecchio Con-

tinente attraverso la sperimentazione su scala urbana dei risultati ottenuti in la-boratorio. Accordo che, fra l’altro, per-mette al Comune di offrire ai cittadini, a bassi costi, prodotti e servizi innovativi. I progetti in corso sono eterogenei: il lancio di un portale Web (SensorCivico) che raccoglie notizie e segnalazioni dei cittadini; app mobili (come SmartCam-pus, in fase di testing all’Università di Trento) con cui accedere a informazioni turistiche o sui trasporti; l’uso di tag Rfid per monitorare il prestito dei libri della biblioteca. E poi la banda larga: il terri-torio provinciale conta su una dorsale in fibra ottica di 900 chilometri e su una rete wireless con oltre 700 access point. Dopo aver azzerato il digital divide for-nendo al 100% dei residenti connessioni da almeno 2 Mbps, il piano a medio-lungo termine della provincia prevede di portare al 90% della popolazione un collegamento da almeno 20 Mbps.

Futuro smart all’ombra della moleTorino non è certo a corto di idee: sono infatti ben 17 i progetti presen-tati nell’ambito dei bandi del Miur, la maggioranza dei quali ha già ottenuto

finanziamenti per 190 milioni di euro per iniziative di sicurezza, scuola di-gitale, smart grid e altro. E sono circa 60 – fra aziende private, banche, poli di formazione, Università, fondazioni e associazioni di categoria – i soggetti che hanno aderito alla Piattaforma per To-rino Smart City, la cornice operativa in cui queste idee dovranno realizzarsi. Ri-spetto a Trento, la città sabauda scivola in basso nella classifica di Forum PA, al 59esimo posto. La ragione è presto spie-gata: dal punto di vista dell’ecologismo Torino è ancora indietro. Per recuperare terreno, lo scorso settembre il Comu-ne ha varato un piano per lo sviluppo dell’edilizia sostenibile, con l’obiettivo di

da Trento a siracusa, passando per Torino, Venezia e Bari: gli esempi concreti di iniziative per le smart city non mancano, e spaziano dalla riqualificazione edilizia ai servizi al cittadino fino al WiFi gratuito. chi le sostiene? In parte fondi pubblici, ma anche l’impegno volontario di sindaci e imprese.

ITALIA DIGITALe | Smart City

DA norD A SuD: prove generAli Di CITTàintelligenti

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ridurre sensibilmente le emissioni di ani-dride carbonica (entro il 2020, del 40% rispetto ai livelli di inizio anni Novan-ta) e di risparmiare quasi 800 milioni di euro all’anno. La città piemontese può invece vantare un ruolo da apripista per quanto riguarda l’e-government: si va dai servizi di infomobilità in tempo reale del sito Web T5 a Doqui, un sistema di dematerializzazione dei documenti del-le pubbliche amministrazioni basato su soluzioni open source. Da un’iniziativa privata, la Fondazione Torino Wireless, è nato il progetto Matching Board, volto a far incontrare le competenze delle im-prese con i bandi di finanziamento e le opportunità in ambito smart city.

bari, capitale dell’ecologismoAnche nel tacco dello Stivale sono in cor-so o stanno per partire varie sperimenta-zioni approvate dal Miur, come quella del progetto ResNovae, che prevede la riqualificazione di un rione periferico e la costruzione di un nuovo quartiere che potrà ospitare 8mila abitanti, in una zona (Maglia 21) all’incrocio fra città e campagna. Da due anni, inoltre, Bari ha aderito all’iniziativa europea Patto dei Sindaci, impegnandosi a ridurre di alme-no il 20% (rispetto al 1990) le emissioni inquinanti da qui al 2020. Entro la stessa data, il piano di riqualificazione edilizia in corso avrà generato, da stime, 15mila posti di lavoro, mettendo a frutto un investimento di 1,8 miliardi di euro. Il capoluogo pugliese è la prima città del Sud Italia a essersi dotata, a gennaio di quest’anno, di una colonnina di ricarica pubblica per veicoli elettrici, posizionata in bella mostra vicino al teatro Petruzzel-li. Chi prende i mezzi pubblici, invece, da qualche mese può acquistare biglietti e abbonamenti della Società Trasporti Provinciale via smartphone, grazie a un accordo con Vodafone, Wind e 3 Italia.

L’intelligenza sbarca in lagunaSe c’è una città per cui il tema dei tra-sporti è cruciale, questa è Venezia. Non è un caso, dunque, che in laguna sia allo

studio un progetto per dotare le imbar-cazioni in transito di un dispositivo con microSim e Gps, tramite cui raccoglie-re informazioni su traffico e condizioni del mare. Un esempio di innovazione in campo mobile è la soluzione (Telepago) che permette di saldare le soste nei par-cheggi tramite Sms e di ricevere dal Co-mune degli alert, sempre via Sms, sullo stato della marea. Quanto alla connet-tività, da tempo l’amministrazione co-munale offre accesso gratuito a Internet grazie ai 200 hotspot installati fra laguna e terraferma.

siracusa, una sfida su cui scommet-tono anche i bigLo scorso anno Siracusa, unica italiana, è stata selezionata da Ibm per il program-ma internazionale “Smarter Cities Chal-lenge”, che mette in campo 50 milioni di dollari in tecnologia e servizi per pro-muovere l’innovazione in cento città del mondo. Il piano d’azione si focalizzerà su varie aree di intervento, fra cui assistenza sanitaria, istruzione, sicurezza, servizi so-ciali, trasporti, sostenibilità, gestione del bilancio ed energia. E poi, elemento da non sottostimare, la valorizzazione del patrimonio turistico della città, abbinata alla salvaguardia del patrimonio storico e al monitoraggio ambientale.

Valentina Bernocco

IL bALLeTTo DeI FonDI DeL mIurUn progetto da due miliardi di euro.  Questa l’entità dell’ultimo piano presentato a metà marzo dai Ministeri dello Sviluppo economico e dell’Istruzione a sostegno della competitività delle imprese. Tutti a favore dei progetti per le smart city? Non è dato saperlo. Per finan-ziare le attività di ricerca è certo che il Miur ha stanziato finora 1,2 miliardi di euro, il 60% dei quali è concentrato sulle città intelligen-ti. Il primo bando nazionale Smart

Cities & Communities da 665,5 milioni, avviato lo scorso agosto (è del 2012, invece, quello da 240 milioni di euro riguardante le sole regioni meridionali), dovrebbe es-sere assegnato in autunno, dopo che qualche settimana fa è scattata la seconda fase di valutazione con 83 diversi progetti selezionati. Di questi fondi, 170 milioni sono di contributo alla spesa e 485,5 milio-ni per il credito agevolato aperto a imprese, centri di ricerca, consorzi e società consortili e organismi di ricerca con sedi operative su tutto il territorio nazionale.

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fino al 50% sui costi di investimento e fino al 70% su quelli operativi. Può quindi essere l’Internet delle cose una delle tecnologie abilitanti per le smart city? Lo abbiamo chiesto ad Alessandro Perego, responsabile scientifico dell’Os-servatorio Iot.

Fare leva sull’Internet delle cose per rendere più smart le città: quali sono le criticità di questo paradigma?La prima sono le tempistiche. La rilet-tura degli obblighi normativi relativi al gas può fungere da volano per la realiz-zazione delle città intelligenti. Tuttavia le scadenze stringenti comportano la necessità di partire al più presto, e con questi tempi potrebbe diventare diffici-le realizzare una rete costruita secondo standard aperti, che consentano poi di

Il numero di oggetti interconnessi tramite schede Sim dati attive nel Belpaese è arrivato, a fine 2012, a cinque milioni, crescendo del 25%

rispetto al 2011. Il giro d’affari legato a queste soluzioni – smart metering e smart asset management nelle utility sono fra quelle più diffuse – oggi vale circa 810 milioni di euro. Pochi, ancora, i progetti che ricorrono a tecnologie di comunicazione diverse da quella cellu-lare, ma vi sono alcuni ambiti specifici di applicazione in cui il fenomeno può trovare nuove opportunità di sviluppo. E uno di questi sono le smart city. L’ob-bligo (tutto italiano) dell’installazione di contatori intelligenti in almeno il 60% delle utenze domestiche entro la fine del 2018, questo il messaggio che emerge dall’Osservatorio Internet of Things (Iot) della School of Mana-gement del Politecnico di Milano, può essere un’occasione per dare vita a nuove applicazioni per l’illuminazione pubblica (con lampioni interconnessi fa di loro), la gestione dei rifiuti (per il controllo del contenuto dei cassonetti), gli spazi verdi, i parcheggi, il traffico. In quest’ottica si può pensare a una rete di comunicazione condivisa, da utilizzare per raccogliere informazioni non solo dai contatori ma anche da altri oggetti intelligenti. Una rete, battezzata “Smart Urban Infrastructure”, che – se imple-mentata in una media città di 70mila abitanti – potrebbe garantire risparmi

Un joLLy TUTTo ITALIAno chIAmATo InTerneT DeLLe Cose

utilizzarla anche per altre applicazioni.

La seconda?La complessità della governance e dei modelli di business: ci sono ancora molti punti da smarcare al riguardo, per esem-pio si dovrà capire chi si farà carico dei costi di realizzazione della rete di comu-nicazione condivisa, come attribuire i costi della Smart Urban Infrastructure a ciascuna applicazione, come promuove-re la nascita di nuovi servizi.

La terza criticità ha a che vedere con i fondi a disposizione?Sì, ed è la capacità di spesa della Pubblica Amministrazione. Molte, ma non tutte, le applicazioni per le smart city hanno come committente la Pa. Questo aspetto si scontra con i tagli derivanti dalla spen-ding review, e spinge a rendere essenziale una focalizzazione anche su applicazioni il cui committente sia privato, sia esso una organizzazione oppure un individuo.

Quanto l’Agenda Digitale potrà aiutare l’accelerazione di questo processo?L’Agenda Digitale può essere un elemen-to importante del processo, perché già oggi tocca numerosi temi su cui l’Inter-net delle cose gioca un ruolo chiave. I principali sono la mobilità, la sanità, il turismo, l’efficienza energetica e le smart grid. Ci sono progetti in corso che rispondono in qualche modo ai criteri della Smart Ur-ban Infrastructure? Sì ci sono, e si propongono di svilup-pare una infrastruttura comune a più servizi della città. Gli esempi? I cluster applicativi di Santander, Trento, Berlino, Aarhus e Birmingham.

Gianni Rusconi

Alessandro Perego, responsabile scientifico dell’Osservatorio Internet of Things della School of Management del Politecnico di Milano

ITALIA DIGITALe | Smart city

Dalle applicazioni di smart metering a quelle per la gestione di illuminazione pubblica, rifiuti e parcheggi: c’è una ricetta per lo sviluppo delle città intelligenti. ecco quale.

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OBBIETTIVO SU | Cisco

reti OTTIchE del mio stivale

L e reti di ultima generazione parlano brianzolo. A pochi chilometri di distanza, infatti, Cisco ha posizionato il labora-

torio di ricerca sulle reti ottiche di ulti-ma generazione, che occupa ben 6.500 metri quadri presso la sede di Monza, e il suo headquarter italiano di Vimer-cate, che ospita anche un avveniristico centro per la Business Collaboration. Ma la presenza italiana di Cisco è ben più radicata: la multinazionale ha infat-ti attivato molte iniziative che coinvol-gono studenti e giovani talenti e ha co-struito solide relazioni all’interno del tessuto sociale e culturale del nostro Pa-ese. La tecnologia delle reti ha bisogno di una visione di lungo periodo e neces-sita di investimenti, skill e infrastruttu-re ai massimi livelli, tutti elementi che non si inventano da un giorno all’al-tro ma che richiedono piani strategici complessi e importanti. Come il Cisco Networking Academy Program, che si propone di risolvere l’annoso problema della carenza di talenti.

la multinazionale del networking studia le tecnologie fotoniche nel grande laboratorio di monza e mostra le applicazioni della collaboration nel suo centro di vimercate. ma Cisco punta sull'italia anche sul fronte della formazione. Per non restare a corto di talenti.

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VIMERCATE, in provincia di Monza e Brianza, ospita il quartier generale di Cisco Italia (quello mondiale, a sinistra sotto il titolo è a San Jose, negli Usa). In tutto il palazzo gli impianti (riscaldamento, luce e ventilazione) sono gestiti tramite la rete Ip.

Il CISCo BUSInESS CollABoRATIon oCCUpA Un InTERo pIAno dEllA SEdE dI VIMERCATE E oSpITA, TRA l'AlTRo, UnA SAlA doTATA dI AppARATI pER lA TElEpRESEnzA.

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OBBIETTIVO SU | Cisco

CISCo phoTonICS dI MonzA IMpIEgA 200 RICERCAToRI, dEdICATI A STUdIARE lE RETI oTTIChE A lARghISSIMA BAndA dI nUoVA gEnERAzIonE.

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APRILE 2013 | 43

naTa da pIrELLI

Cisco photonics, la struttura di ricerca e sviluppo che guida a livello mondiale le attività di Cisco per la tecnologia delle reti ottiche, nasce nel 2000 con l'acquisizione della divisione fotonica di pirelli optical Systems. Il sito di ricerca di Monza è integrato con gli altri Engineering Centre della multinazionale e svolge anche attività di dimostrazione di tecnologie e prodotti per i clienti.la struttura brianzola collabora attivamente con i poli di eccellenza italiani nel campo della fotonica, tra cui il gruppo optCom del dipartimento di Elettronica del politecnico di Torino e il centro di ricerca Create-net di Trento.

lA FoTonICA rappresenta la punta di

diamante della ricerca Cisco. In poco più di

dieci anni di attività sono stati depositati oltre

cento brevetti nati dal know-how italiano.

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44 | APRILE 201344

OBBIETTIVO SU | Cisco

CISCo nETwoRkIng ACAdEMy pRogRAM è Un'InIzIATIVA dI FoRMAzIonE pRESEnTE In TUTTo Il Mondo, ChE MIRA A RIdURRE Il gAp TRA doMAndA E oFFERTA dI poSTI dI lAVoRo nEl SETToRE IT. pRopRIo lo "SkIll ShoRTAgE" è ConSIdERATo dA TEMpo Uno dEI FREnI Allo SVIlUppo dEll'InnoVAzIonE nEl noSTRo pAESE.

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APRILE 2013 | 45

nEll’UlTIMo Anno sono stati oltre 20mila gli studenti che hanno frequentato le 284 networking Academy istituite in Italia.In alto, nella pagina a fianco, la sala di tele-presenza del centro Cisco Business Colla-boration di Vimercate.

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PUBBLICITA’

DA OGGI TECHNOPOLIS è ANCHE ONLINEwww.technopolismagazine.it

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Uno spazio dedicato alla tecnologia per il business,

caratterizzato dalla filosofia editoriale che

ha decretato il successo della testata ma,

in più, dinamico e interattivo. Technopolis non poteva non avere anche

una versione Web, dove troverete i numeri (sfogliabili) della rivista

cartacea e tanti altri contenuti realizzati ad hoc. Uno spazio che da oggi

aspetta anche il vostro contributo: inviateci commenti e suggerimenti;

insieme proveremo a tradurre la tecnologia in casi di successo e a

trasformarla nel vero motore della ripresa.

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47APRILE 2013 |

VETRINA HI-TECH

La battaglia per il predominio nel mercato degli smartphone non si combatte solo sulle prestazioni hardware ma sul software, con il

tentativo di imporre sistemi operativi al-ternativi a iOs e Android, e soprattutto ai market collegati. Il loro vantaggio sem-bra a incolmabile, ma il duopolio desta qualche preoccupazione tra i produttori e apre la porta a nuovi protagonisti. Fino a pochi mesi fa il destino di Rim sembrava segnato, ma con il nuovo si-stema operativo e lo Z10, BlackBerry (che per l’occasione ha cambiato il nome dell’azienda) rimescola le carte e si prepa-ra a riconquistare utenti. BlackBerry deve gran parte del suo successo al proprio si-stema di gestione della posta elettronica; adesso che qualunque smartphone è in grado di ricevere e inviare email la casa canadese cerca di recuperare il divario ri-pensando completamente il sistema ope-rativo proprietario (ora BlackBerry 10). Windows Phone 8 cresce, anche se len-tamente, come ci ha raccontato Stefania Duico, direttore della divisione Win-dows Phone di Microsoft Italia: “Il punto

di forza del sistema operativo Microsoft consiste nella perfetta integrazione con i desktop e i tablet. L’interfaccia utente unificata e la possibilità di utilizzare le proprie applicazioni in maniera estrema-mente simile su diverse piattaforme è un indiscutibile vantaggio”.Grande attenzione ha destato anche l’annuncio, a Barcellona, del nuovo si-stema operativo Firefox Os. Come ci ha raccontato uno dei protagonisti del suo sviluppo, il vice president Firefox Engi-neering Johnathan Nightingale, il si-stema operativo punta tutto sull’Html5. È lo stesso linguaggio usato per creare le più recenti applicazioni Web e funzio-na egregiamente anche su terminali low cost, così da essere estremamente inte-ressante specialmente per l’espansione nei Paesi emergenti. Anche Samsung, forte della sua posizione di leader nella vendita di smartphone, non è stata ferma a guardare e ha annunciato l’abbandono del sistema operativo Bada a favore del nuovo Tizen, basato su Linux e sviluppa-to assieme a Intel.

Federico Cociancich

Android, iOs, ma anche il nuovo BlackBerry e gli oustider. La competizione si gioca sempre più sulle componenti software.

L’IbRIDO fARà TENDENzA?Sono stati battezzati “phablet” e sono una via di mezzo fra un tele-

fono e un tablet. Per adesso sono preda di un ristretto ma convin-to gruppo di sosteni-tori, che li ha adottati e non ne può più fare a meno, ma in futuro potrebbero essere il giusto compromesso tra la portabilità di uno smartphone e la leggi-

bilità di una tavoletta. Tut-to è iniziato nel 2011 con il Samsung Galaxy Note, un modello con schermo da 5,3 polli-ci, dotato di stilo per interagire e scrivere sul display. Non stava in una normale tasca e non era troppo co-modo per telefonare senza auricolare (date le dimensioni, acco-starlo all’orecchio du-rante la conversazione esponeva l’utente al pubblico ludibrio). Poi è arrivato il Note II, con schermo da 5,5 pollici, e sono entrati in lizza an-che alcuni (pochi, per il momento)

concorrenti, come l’Asus FonePad da 7 pollici (da non confondersi con il PadFone) e il Huawei Ascend Mate. Altri phablet sono all’oriz-zonte: la linea di con-fine è rappresentata dal display, compreso tra 5 e 7 pollici (oltre, si entra nel campo dei tablet) e, ovviamente,

dalla possibilità di fare telefonate.

La PARTITA dei sisTeMi operaTiVi

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Gli smartphone al top di gam-ma dimostrano la capacità delle aziende di innovare, ma i grandi volumi si fan-

no ancora con modelli di fascia media e medio-bassa: Nokia, Lg, Acer, Alcatel e la cinese Huawei si preparano a dare battaglia con dispositivi caratterizzati da un ottimo rapporto qualità/prezzo. Tra tutti spicca l’Ascend P2 di Huawei, che vanta uno spessore di soli 8,4 millimetri, un ampio schermo da 4,7 pollici Ips Hd e un processore quad-core da 1,5 GHz. Di pregio anche la fotocamera da 13 me-gapixel e una batteria che è tra quelle con maggior capacità sul mercato. Il tutto a un prezzo di listino molto aggressivo, in-feriore ai 400 euro. Il produttore cinese ha presentato anche il primo Windows Phone “low cost” (a meno di 200 euro) con display da 4 pollici, processore da

Gli ultimi smartphone sono i nuovi oggetti del desiderioCascata di modelli di fascia alta e media per i maggiori produttori, da Samsung a Lg, passando per il rinnovato sprint di Nokia e BlackBerry e i prezzi aggressivi di Huawei.

VETRINA HI-TECH

è forse il prodotto più atteso di questo scorcio di stagione; la quarta versione del fortunato smartphone di Samsung promette di diventare un best seller come il predecessore. La multinazionale coreana è riuscita nell’impresa di inte-grare uno schermo da 5 pollici in uno chassis più compatto rispetto al modello precedente. Il sistema operativo è sem-pre Android, la batteria è stata potenzia-ta per supportare le nuove funzioni, tra cui l’Nfc e il riconoscimento facciale.

SAMSUNG Galaxy S4 PREzzO: DA DEfINIRE

SONY XPERIA z

Sistema operativo: Android 4.1Dimensioni (mm): 139 x 71 x 7,9Peso: 146 grammiSchermo: 5’’ (1920x1080 px)Processore: Qualcomm (quad-core da 1,5 GHz)

PREzzO: 639 EuRO

NOKIA LuMIA 720

Sistema operativo: Windows 8Dimensioni (mm): 127,9 x 67,5 x 9Peso: 128 grammiSchermo: 4,3’’ (800x480 px)Processore: Snapdragon S4 (dual-core, 1 GHz)

PREzzO: 349,90 EuRO

APPLE IPHONE 5

Sistema operativo: iOS 6Dimensioni (mm): 123,8 x 58,6 x 7,6Peso: 112 grammiSchermo: 4’’ (1136x640 px)Processore: A6 (1,2 GHz)

PREzzO: DA 729 EuRO

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Lg, invece, ha rinnovato l’intera serie L, (L3 II, L5 II e L7 II), che adesso ha processori più potenti, display Ips, foto-camere migliori, batterie più durature e sistema operativo aggiornato. La nuova serie Optimus F, con i modelli F5 ed F7, si posiziona più in alto grazie al suppor-to alle reti Lte, mentre il top di gamma è l’Optimus G, uno smartphone con schermo Hd da 4,7 pollici, processore quad-core di ultima generazione con Lte e fotocamera da 13 megapixel. Il tutto in 8,5 millimetri di spessore.Samsung ha dedicato un evento separato all’annuncio del proprio top di gamma, il Galaxy S4, e a Barcellona ha presen-tato il Galaxy Note 8.0, un tablet da 8 pollici che consente anche di telefonare. Scelta simile per Htc, che ha invece an-ticipato la presentazione del nuovo One, con monoscocca in alluminio che lo rende particolarmente leggero e display da 4,7 pollici Full Hd. Tra i produttori “minori”, Alcatel ha rinnovato l’inte-ra gamma con le serie Pop, Star, Idol e Scribe: ben nove terminali, caratterizzati da colorazioni vivaci e prezzi aggressivi. Acer ha invece limitato le novità a due modelli: Liquid E1 e Liquid Z2. Il pri-mo è un top di gamma con dual Sim e sistema audio evoluto, mentre lo Z2 è uno smartphone Android entry-level.

BLACKBERRY Z10PREzzO: 699 EuRO

La scocca in alluminio super leggera, le linee arrotondate, l’abbandono della tastiera Qwerty e il display touch da 4,2 pollici: queste le innovazioni dello Z10 evi-denti al primo impatto. Le prestazioni sono affidate a un processore dual-core da 1,5 Ghz, a 2 GB di Ram e 16 GB di memoria interna, mentre la connettività Lte velocizza la navigazione. L’interfaccia è stata comple-tamente riprogettata puntando sui con-trolli gestuali e su un reale multitasking; il sistema operativo può creare due ambienti separati, uno lavorativo e uno personale. Fotocamera all’altezza, da 8 megapixel.

1,2 GHz dual-core e 4 GB di memoria. Anche Nokia presidia la fascia media con i due nuovi Lumia 720 e il Lumia 520. Il primo, con display da 4,3 pollici, punta sulla fotografia di qualità: oltre al sensore da 6,7 megapixel, spicca un’otti-ca Carl Zeiss particolarmente luminosa (f/1.9) e adatta anche a scatti in condi-zioni di scarsa visibilità. Il 720 dispone inoltre delle più recenti funzioni d’alta

gamma, inclusi Nokia Music, il sistema di localizzazione Here, la possibilità di ricarica senza fili e il supporto Nfc. Il Lumia 520 permette invece di provare l’esperienza di Windows Phone 8 a un prezzo più conveniente; ha uno schermo da 4 pollici, un processore dual-core da 1 GHz e fotocamera da 5 megapixel. Per vederlo dovremo però aspettare il secon-do trimestre del 2013.

HuAWEI ASCEND P2

Sistema operativo: Android 4.1Dimensioni (mm): 136,2 x 66,7 x 8,4Peso: 122 grammiSchermo:4,7’’ (1280x720 px)Processore: Arm (quad-core, 1,5 GHz)

PREzzO: 399 EuRO

LG OPTIMuS G

Sistema operativo: Android 4.1.2Dimensioni (mm): 131,9 x 68,9 x 8,45Peso: 135 grammiSchermo: 4,7’’ (1280x768 px)Processore: Qualcomm Snapdragon (quad-core, 1,5 GHz)

PREzzO: 599 EuRO

HTC ONE

Sistema operativo: AndroidDimensioni (mm): 137,4 x 68,2 x 9,3Peso: 143 grammiSchermo: 4,7’’ (1080x468 px)Processore: Qualcomm Snapdragon (quad-core, 1,7 GHz)

PREzzO: 699 EuRO

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pillole digitali

VETRINA HI-TECH

HPEnvy 120 Inkjet e-All-in-One

Adatta alle piccole aziende e agli home office, la nuova all-in-one di Hp è un modello a getto d’inchiostro che pun-ta sulla multifunzionalità, ma anche sull’estetica. Si tratta infatti di una pe-riferica che funge da stampante, foto-copiatrice e scanner, e che può vantare un design compatto e, come elemento distintivo, uno schermo touch (da 4,3 pollici) a scomparsa. Grazie all’integra-zione delle App TouchSmart di Hp, questo modello supporta il browsing, la creazione di documenti e la stampa direttamente dal Web, cioè senza dover transitare da un computer. Inoltre il sistema AirPrint consente di stampare direttamente da iPad, iPhone e iPod touch, collegandosi attraverso il WiFi.Prezzo: 249 euro.

JAbRAMotion

Ottimo per una semplice chiacchiera-ta telefonica di piacere, ma anche per quelle di lavoro, sia dentro le pareti dell’ufficio, sia quando si è in movi-

mento. Jabra Motion è un nuovo au-ricolare senza fili che integra al suo in-terno il Bluetooth 4.0 ma anche l’Nfc, consentendo dunque più modalità di connessione wireless con smartphone, computer laptop o tablet. Piccolo, leggero e compatto, altra sua caratteristica è la presenza di una serie di sensori di movimento e microfoni in grado di analizzare l’ambiente cir-costante e adattare i volumi alle condi-zioni audio presenti, sia che ci si trovi in una stanza silenziosa, sia in strada o magari in treno. Motion, inoltre, registra il più piccolo movimento: quando viene indossato la chiamata comincia simultaneamente, mentre una volta riposto, ripiegando il microfono, il dispositivo si spegne e va in stand by.Prezzo: da 129 euro

TP-LINkTD-W8980

Navigare, caricare e scaricare file, ese-guire operazioni di streaming e altre attività online senza problemi di con-nettività o interferenze fra device. È la promessa dell’ultimo modem/router all-in-one di Tp-Link, che oltre alle due funzioni citate svolge anche quelle di acces point, print server, media ser-ver e switch. E garantisce connessioni veloci e stabili grazie a una tecnologia di dual band simultaneo a 300 Mbps (2,4 e 5 Ghz), che in totale offre 600 Mbps. La presenza di un doppio cana-le permette di gestire simultaneamente

le frequenze radio a 2,4 GHz e 5 GHz, e quindi di evitare interferenze pro-dotte da dispositivi Bluetooth, telefoni cordless o altre reti wireless. Il disposi-tivo consente inoltre la condivisione di file e stampanti grazie a due porte Usb integrate.Prezzo: 129,90 euro

AsusPadFone Infinity

L’azienda taiwanese prosegue sulla strada dei dispositivi ibridi presentan-do l’evoluzione del suo PadFone, un tablet Android il cui “cuore” è costi-tuito da uno smartphone. PadFone Infinity, infatti, combina un terminale telefonico con schermo da 5 pollici e un tablet da 10 pollici, definito come Infinity Station: il primo si inserisce nel secondo e funge da “motore sof-tware”, potendo però funzionare come terminale indipendente qualora estrat-to dall’alloggiamento docking. Per semplificare la vita all’utente, il PadFone realizza una sincronizzazio-ne automatica dei contenuti fra i due dispositivi, in modo da non doversi mai preoccupare di cosa viene instal-lato o archiviato sull’uno o sull’altro elemento. L’equipaggiamento prevede a bordo dello smartphone un proces-sore quad-core di Qualcomm da 1,7 GHz; non mancano le due fotocamere di rito, una posteriore da ben 13 me-gapixel e una anteriore da 2 megapixel (in dotazione sia al telefono, sia alla tavoletta).Prezzo: 999 euro

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