tamtam numero11 ottobre

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  • 7/31/2019 Tamtam Numero11 Ottobre

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    Pensare la politica

    contributi di Pietro Barcellona Laura Bazzicalupo Giancarlo Bosetti Gianni Cuperlo Vito De Filippo

    Mario Dogliani Maurizio Ferraris Miguel Gotor Francesca Izzo Marcella Marcelli Alberto Melloni

    Elena Pulcini Nadia Urbinati Lucia Votano

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    Stefano Di TragliaDirettore responsabile

    Franco MonacoDirettore editoriale

    Alfredo DAttorreCoordinatore del Comitato editoriale

    Valentina SantarelliSegretaria di redazione

    Massimo AdinolfiMauro CerutiPaolo CorsiniStefano FassinaChiara GeloniClaudio GiuntaMiguel GotorRoberto GualtieriMarcella MarcelliEugenio Mazzarella

    Anna Maria Parente

    Francesco RussoWalter TocciGiorgio Tonini

    www.tamtamdemocratico.it

    [email protected]

    Tam Tam Democratico

    spazio di approfondimentodel Partito Democratico

    Proprietario ed editore Partito DemocraticoSede Legale - Direzione e Redazione

    VIa SantAndrea delle Fratte n. 16, 00187 RomaTel. 06/695321

    Direttore Responsabile Stefano Di Traglia

    Registrazione Tribunale di Roma n.270del 20/09/2011

    I testi e i contenuti sono tutelati da una licenza Creative

    Commons 2.5 CC BY-NC-ND 2.5 Attribuzione - Noncommerciale - Non opere derivate

    progetto grafico/sito internetdol - www.dol.it

    5 D a r e p e s o a l le i d e e

    8 L a n o s t r a a g o r Gianni Cuperlo

    11 Pol i t iche de l rea l i sm oMaurizio Ferraris

    17 Ci c h e m a n c a a l l'E u r o p aAlberto Melloni

    2 0 Valorizzarele pa s s ion i c ivi li

    Elena Pulcini2 5 Ol t re l 'egem on ia

    de l l 'econ om ia e l a

    d e m o c r a z ia p l e b i s c it a r i a

    Nadia Urbinati

    3 6 Civ is m o e P D s id ia n o l a m a n o

    Miguel Gotor

    4 0 N o n b a s t a n o l e p a r o leGiancarlo Bosetti

    4 3 I l confl it to t r al e g e n e r a z i o n i

    Pietro Barcellona

    47 Ri c e r ca e fo r m a z i o n ecom e l eva de l lo sv ilupp o

    Lucia Votano

    5 0 L' It a l i a ne u sc i r so lose ce l a fa r i l su d

    Vito De Filippo

    5 3 Condiz ionip e r l a r i n a s c i t a .

    I l c a s o N a p o l i

    Francesca Izzo

    5 7 U n a s v o lt a c u l t u r a l ep e r la d o m a n d adi au torea l i zzaz ione

    Laura Bazzicalupo

    61 L a s t e l la p o l a r e d e l lap e r s o n a e d e i d ir i t ti

    Marcella Marcelli

    6 8 Cost i tuzione e vir t pol i t icaMario Dogliani

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    Dare peso alle idee

    uesto numero di Tamtm democratico consta di tre parti. Nellaprima, anticipiamo taluni contributi del seminario promosso dalCentro studi del PD e al quale hanno partecipato una trentina distudiosi di varie discipline, specie filosofi e storici, che hannointerloquito con il segretario Pier Luigi Bersani (gli atti integrali sono

    di prossima pubblicazione). I saggi in oggetto sono introdotti da Gianni Cuperloche appunto dirige il Centro studi. Nella seconda parte figurano alcune reazioni alla

    Carta di intenti dei democratici e progressisti messa a punto da Bersani quale basedi discussione e confronto per le primarie di coalizione. A seguire un denso saggiodi Mario Dogliani su Costituzione e virt politiche. Uno dei riferimenti basici della"questione democratica" che il PD intende porre al vertice della sua agenda insiemealla "questione sociale" e al rilancio del progetto europeo.

    Ci sembrato appropriato dare all'intero numero il titolo "Pensare la politica". nostra convinzione che, nel rispetto delle reciproche sfere di autonomia, chi fapolitica e chi si dedica alla riflessione, allo studio e alla ricerca debbanointerloquire sempre pi intensamente. Perch la leggerezza pu anche essere una

    virt su altri fronti, non su quello del pensiero.

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    tate attenti: la nave in mano ormai alcuoco di bordo e le parole chetrasmette il megafono del comandantenon riguardano pi la rotta ma che cosasi manger domani. Queste parole,

    scritte pi di un secolo e mezzo fa da Soren Kierkegaard,mi pare dicano piuttosto bene il grande pericolo, nonancora scampato, corso dalla politica (non solo italiana)negli ultimi ventanni. Alcuni, prendendo a prestito il

    vocabolario della finanza, parlano di shortermismo persignificare laccorciarsi temporale e spaziale delle scelte,

    lincapacit di pensare in termini di medio-lungo periodo,

    La nostra agorGianni Cuperlo presidente del Centro Studi e deputato del Pd

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    la ristrettezza degli orizzonti, il prosciugarsi del pensieroche hanno caratterizzato la lunga stagione dellegemoniaeconomico-finanziaria.

    Siamo chiari: che cosa si manger domani tema non

    secondario e non trascurabile, tanto pi nel pieno di una crisisenza precedenti, che ha gi dissestato la vita di milioni dipersone e, insieme, le forme della democrazia. Che riuscitaa scardinare sovranit, equilibri e ordinamenti di una realtstorica come lEuropa, e pi in generale dellOccidente.

    Ed precisamente perch cogliamo la profondit diquesta crisi, ben oltre e al di l di come, ancora oggi, in tantice la raccontano, che decidiamo di partire da qui.

    Dal fatto che, una volta smarrita la rotta, presto o tardi,non ci sar pi niente da mangiare (e non solo in sensometaforico).

    Siamo di fronte a quella che un tempo avremmo chiamatouna transizione di egemonia, una fase delicata (comesospesa tra il non pi e il non ancora) in cui sincastranole spinte pi pericolose: il riarmo dei nazionalismi, opopulismi di diversa estrazione, ma che piegano sempre sulfianco destro. In qualche modo la stessa utopia di unEuropaintegrata, non solo nella moneta, oggi sembra chiusa dentroquesta morsa. Una situazione drammatica che chiede alla

    politica di gestire lemergenza (dagli spread al debito, alle

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    Siamo di fronte aquella che un tempoavremmo chiamato

    una transizione diegemonia, una fasedelicata (comesospesa tra il nonpi e il nonancora) in cuisincastrano le spintepi pericolose: ilriarmo deinazionalismi, opopulismi di diversaestrazione, ma chepiegano sempre sulfianco destro.

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    strategie anti-cicliche), ma anche di costruire un pensiero, inlarga parte originale, che faccia da cornice a un nuovomodello per lo sviluppo di domani.

    Messa cos in alto, chiaro che sar impossibile saltare

    lasticella da soli.Ecco perch la cultura, i saperi in particolare quellidiversi dalleconomia non possono sottrarsi allaresponsabilit di assumere una parte importante della faticanellimmaginare una via di uscita possibile.

    Questa la prova del nostro tempo. Questo il compitodelle classi dirigenti, non solo nella politica. Ed anche lospirito che guida un partito come il nostro nel momento incui si candida a condurre il paese fuori da quella che ormai,senza iperboli, possiamo ben chiamare decadenza. Direiche soprattutto per questa ragione abbiamo scelto unpercorso non scontato: e a chi spingeva per un leader, unprogramma e un sistema di alleanze da decidere subito,abbiamo risposto che era giusto, invece, partire da unaCarta dintenti e da unidea dellItalia e della sua funzione inEuropa. Il punto per noi che quella Carta e quel progettodevono fondarsi su un corpo didee che non interamentecompreso dentro un solo partito, per grande che sia e chenon destinato ad accompagnare una sola stagione,

    seppure cruciale, come quella che si apre da qui allaprossima campagna elettorale. Sentiamo di dover incrociareuna cittadinanza attiva, movimenti, competenze, senza lequali letteralmente impossibile una ricostruzione dalbasso. Questo mi pare il senso del progetto civico cheabbiamo messo a base di un nuovo centrosinistra e diunalleanza credibile con i moderati. Questo il senso delconfronto cercato con le forze intellettuali di cuilincontro dello scorso 26 luglio stato una tappa

    importante alle quali non abbiamo chiesto di aderire a undisegno gi scritto, ma di aiutarci a pensarlo nellaconsapevolezza che siamo davanti a una prova moltoimpegnativa. La risposta stata per noi incoraggiante e,come credo dicano i testi qui pubblicati in anteprima,ricchissima di suggestioni e stimoli a proseguire in uncammino di lunga lena che, se non la rotta, sappia ritrovarealmeno la voglia del mare.

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    isogna che non appena questa gentetenter di sbarcare, sia congelata suquesta linea che i marinai chiamano delbagnasciuga. Come sappiamo, ilbagnasciuga era poi la battigia, e si

    anche visto come andata a finire. Churchill, invece, non siilludeva affatto che, in caso di invasione, i tedeschi sarebberostati congelati sul bagnasciuga, ed per questo chedisse: Noi combatteremo sulle spiagge, noi combatteremo

    nei luoghi di sbarco, noi combatteremo sui campi e sullestrade, noi combatteremo sulle colline, e non escludevanemmeno che lInghilterra potesse essere completamenteinvasa. Ora, che cosa caratterizza il discorso del bagnasciuga?Semplicemente e banalmente il rifiuto della realt, lasostituzione di quello che c con quello che si vorrebbe chefosse, lillusione spacciata per liberazione. Di discorsi delbagnasciuga se ne sono sentiti tanti dopo quello, ed perquesto che alla presa della Bastiglia si tratta ora di sostituireuna pi modesta presa della battigia, da intendersi come unapolitica del realismo, che chiami le cose con il loro nome. Perbrevit, propongo otto spunti per la discussione.

    Il mio primo punto riguarda la mitologia. Il populismo tradizionalmente mitologico, e ai miti delleroe e del me nefrego si sostituita la favola del milione di posti di lavoroche stata pagata cara quasi quanto quella degli otto milionidi baionette. Fin qui, tutto normale. Lanomalia chedurante il postmoderno anche la sinistra ha inseguito dellemitologie, a volte cinematografiche e televisive, ma

    mitologie. Rette magari da un equivoco di fondo, e cio cheil realismo, abusivamente confuso con la Realpolitik, sia di

    Politichedel realismoMaurizio Ferrarisinsegna filosofia teoretica allUniversit di Torino

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    destra, e questo proprio nel momento in cui lantirealismo ela mitologia erano i cavalli di battaglia del populismo.Intanto, come si visto a saziet, la tendenza della destrapopulistica fortemente antirealistica. Inoltre, il realismo

    non in quanto tale n di destra, n di sinistra, ma migliorala politica tanto quanto lantirealismo la peggiora, per lostesso motivo per cui si preferisce, potendo, andare da unbuon medico invece che da uno sciamano. Che poi possaessere declinato a destra o a sinistra un altro discorso.

    Da questo punto di vista, una politica del realismorichiede, in secondo luogo, una riflessione sullapolitica. Non affatto vero che siamo in unepoca post-politica come sisente da trentanni a questa parte. Anche lantipolitica politica, ed una politica, per lappunto, particolarmenteideologica e mitologica, basti dire che da noi riuscitapersino a costruire una entit fantasmatica come la Padania.Dunque, siamo in un mondo iper-politico, nel quale lapolitica talmente diffusa, in forma capillare e microfisica,da apparire invisibile e da risultare spesso ingovernabile.Rispetto ai tempi in cui De Gaulle si chiedeva come si pugovernare un paese che ha pi di 300 tipi di formaggio? lasituazione si ulteriormente complicata. Quello che emerge,per esempio, nello specchio dei social network, spesso una

    agonalit pura, un rifiuto delle mediazioni. Il che legittimo,ma proprio per questo lo spazio della politica e dellademocrazia deve presentarsi come il momento della sintesi, eci pu avvenire solo ridando centralit al parlamento erispettabilit alla politica.

    Il mio terzo punto riguarda la sinistra. Non capisco tanto idiscorsi, anche quelli vecchi di decenni, secondo cui questadistinzione non ha pi senso. Il senso c, eccome, ed ,grosso modo, questo: la sinistra illuminista e punta per unaemancipazione dellumanit attraverso la ragione, mentre ladestra crede che lumanit debba essere comandata dal tronoe dallaltare (e dalle loro versioni aggiornate). Di ldiscendono tutte le differenziazioni ulteriori su cui harichiamato a suo tempo lattenzione Bobbio: sul piano dei

    valori (uguaglianza o differenza tra gli uomini), della politica(autorit o libert) e della prospettiva storica (progresso oconservazione). Era cos nellOttocento, al tempo delledestre controrivoluzionarie, orleaniste e bonapartiste, ed cos anche adesso. Ci premesso, pu capitare che la sinistra

    governi con modalit di destra (si pensi a Stalin) e che ladestra attui ideali di sinistra (si pensi appunto a Churchill

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    Siamo in un mondoiper-politico, nel

    quale la politica

    talmente diffusa, informa capillare e

    microfisica, daapparire invisibile eda risultare spesso

    ingovernabile.

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    nella Seconda Guerra Mondiale). Inoltre, il mondo pienodi persone che si credono di sinistra e sono di destra (o piraramente si credono di destra e sono di sinistra). Questonon significa che destra e sinistra non abbiano pi senso, ma

    semplicemente che gli esseri umani non sempre hanno leidee chiare. Mi ci metto anchio nel novero, per c una cosasu cui sento di potermi esprimere con certezza, ed checoloro che si proclamano al di l della distinzionedestra/sinistra sono, in effetti, di destra, perch tipico delladestra lappello a una dimensione impolitica o metapolitica.

    Il mio quarto punto riguarda il neoconservatorismo. Sepermane la differenza tra destra e sinistra, gi sotto il profiloculturale non pu essere privo di conseguenze il fatto che iriferimenti teorici della sinistra siano stati, da almenotrentanni a questa parte, di destra: Nietzsche, Heidegger,Schmitt. Che infatti hanno determinato le linee politichefondamentali: decisionismo, potere carismatico, fatalismo.Perch si sia imposto il neoconservatorismo si pu spiegaresociologicamente con le analisi ancora valide di Lukcs: gliintellettuali non accettano le rinunce per il loro stile di vitache comporterebbe il marxismo, e preferiscono larivoluzione mitologica e a costo zero di Zarathustra. Siobietter che, da ventanni a questa parte, dopo la caduta del

    muro, si assistito a un potente ritorno di Marx. Per ilritorno di Marx anchesso mitologico. Marx ritorna ma,daccordo con la caratterizzazione di Derrida che ha dato viaal processo, ritorna come spettro. Nel momento in cui ilsocialismo realizzato esiste solo in Goodbye Lenin!, alloralintellettuale non ha alcuna difficolt a dichiararsi marxista.La situazione ben descritta da Cartesio: il pio marito chepiange sulla tomba della moglie non sarebbe poi coscontento se costei resuscitasse. Fuor di metafora, nellarco diun quarantennio la sinistra ha visto, in successione, la propriaaffermazione culturale sullonda della ribellione giovanile, epoi il crollo del socialismo reale. In questa trasformazione,leffetto pi significativo che stili comunicativi di sinistra(vincenti sotto il profilo culturale) hanno veicolato contenutidi destra (vincenti sotto il profilo politico), e come risultatosi avuto il fenomeno del neoconservatorismo.Questultimo ha fatto valere con molta forza lappello alconflitto, alla contrapposizione agonale e militare, al nonfare prigionieri.

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    Nellarco di unquarantennio lasinistra ha visto, in

    successione, lapropriaaffermazioneculturale sullondadella ribellionegiovanile, e poi ilcrollo del socialismoreale. In questatrasformazione,leffetto pisignificativo chestili comunicativi disinistra hannoveicolato contenuti didestra e come

    risultato si avuto ilfenomeno delneoconservatorismo.

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    Il mio quinto punto riguarda allora la ricostruzione. Invecedi proclamare astrattamente lattualit (o linattualit, che aifini della retorica lo stesso) di Marx, si tratta di esercitareuna critica dellideologia mettendo a fuoco gli elementi pi

    problematici del postmoderno, ossia (come ho estesamenteanalizzato nelManifesto del nuovo realismo), lironizzazione, ladesublimazione e la deoggettivazione. Lironizzazione unapresa di distanza dalle responsabilit e soprattutto una messatra virgolette della realt, sistematicamente impropria emanipolabile. La desublimazione la convinzione che leforze del mito e del desiderio siano vie di emancipazione pipotenti e vere rispetto alla ragione. La deoggettivazione,proclamare la superiorit della solidariet sulla oggettivit, dimenticarsi che le cosche mafiose sono estremamentesolidali, e che loggettivit (cos come il sapere in generale,che non pu essere abusivamente confuso con il potere) per lappunto ci che ci permette di distinguere non solo ilcaldo dal freddo o il nero dal bianco, ma una cosca mafiosada un parlamento.

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    Nellesaminare questi tre punti si tratta di tener ferme leistanze decostruttive avendo tuttavia ben chiaro che nelmomento in cui la confusione diviene una ideologia non cniente di pi utilmente critico del realismo e della

    ricostruzione, e che dunque un obiettivo fondamentale quello di ricostruire la decostruzione. indispensabile che le analisi decostruttive della critica

    dellideologia vengano affiancate, in termini costruttivi, daindagini di ontologia sociale. Nel mondo non ci sono solo glioggetti naturali, esistono anche gli oggetti sociali, come lecrisi economiche e le guerre, le vacanze e i matrimoni, iparlamenti e la democrazia. Questi oggetti non sono affattoevanescenti o liquidi, come spesso si legge. Sono solidi comealberi o case, e importantissimi perch da loro dipende inbuona parte la nostra felicit o infelicit. Per questo latrasformazione difficile, richiede pazienza e fatica, si prestamale ai colpi di bacchetta magica e alla finanza creativa. Inquesto senso, lapporto specifico di un realismo di sinistrastarebbe nel condurre una analisi sulla genesi, la struttura e lepropriet della realt sociale, che permetterebbe unintervento incisivo in quella realt medesima.

    Il mio sesto punto il richiamo alle regole. Come abbiamovisto, al centro della mitologia c il rifiuto della realt, e al

    centro dellidea della mitologia postmoderna c lidea che ilmondo sia liquido ed evanescente. Nella sua versione disinistra, c lidea che la realt, la sua nettezza e le sue regole,siano lo strumento dei forti contro i deboli, quando chiaramente vero il contrario. I forti non hanno bisogno di realt,cos come non hanno bisogno di leggi. Sono i deboli chedevono contare sullesistenza di giudici, di istituzioni, diregole, che a loro volta devono essere condivise e legittime.La cultura italiana, con un effetto di lungo periodo che stato ampiamente studiato, ribellistica, e questo porta, deltutto naturalmente, allantirealismo, al sogno, alla fuga dalleregole, sperando che il polverone e lanomia si possa volgerea nostro vantaggio. Per questo uno slogan come non cisono fatti, solo interpretazioni ha potuto incontrare un cosgrande successo, ed essere vissuto come emancipativo.Perch il senso di quello slogan era una sorta di liberi tutti,sebbene il suo risultato, come del tutto ovvio, la ragionedel pi forte sempre la migliore.

    qui che interviene il mio settimo punto, e cio

    luniversit. La ricostruzione e il riconoscimento delle regole siinseriscono in un complessivo bisogno di sapere. In questi

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    I forti non hannobisogno di realt,cos come non hanno

    bisogno di leggi.Sono i deboli chedevono contaresullesistenza digiudici, diistituzioni, di regole,che a loro voltadevono esserecondivise e legittime.La cultura italiana,con un effetto dilungo periodo che stato ampiamentestudiato, ribellistica, e questo

    porta, del tuttonaturalmente,allantirealismo, alsogno, alla fuga dalleregole, sperando cheil polverone elanomia si possa

    volgere a nostrovantaggio.

    Pensare la politica

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    anni la sinistra ha interiorizzato lanti-intellettualismo delladestra. Fenomeni come labuso della cultura pop sono daquesto punto di vista illuminanti, perch fanno passare comeculturale un atteggiamento che pu essere anticulturale e

    radicalmente mitologico. Lo stesso vale per il culto delpresente. E da questo punto di vista la riforma delluniversitprogettata dalla sinistra e attuata dalla destra in spiritorigorosamente bipartisan un fenomeno clamoroso, il cuieffetto principale stato di favorire il pubblico e soprattutodi distruggere le litesintellettuali che tradizionalmente sonostate il sostegno della sinistra, se ammettiamo, comesuggerivo pi sopra, la consustanzialit di sinistra eilluminismo. La riforma parte dunque dallistruzione edalluniversit, in cui abbiamo libert di azione, in cui non cisi pu appellare ai vincoli e allo spread (perch una cattivariforma costa quanto una buona). La stagione passata ha

    visto il parlamento invaso dalla televisione. Non sarebbesbagliato che ora la biblioteca riprendesse il suo posto,magari anche in forma aggiornata e con e-book, ecertamente con la consapevolezza che avere cultura nonsignifica essere intelligenti o giusti, ma aiuta.

    Infine e questo ultimo punto potrebbe sintetizzare tuttigli altri si tratta di riconoscere la centralit del lavoro.

    Essere realisti non significa in alcun modo considerareleconomia come ultima istanza di riferimento. Leconomia una struttura con fortissimi elementi di immaginazione, e trapopulismo ed economicismo ci sono molti tratti in comune,in particolare il fatto che basta una frase lasciata sfuggire intelevisione o sul web per causare catastrofi o salvezze.Lultima istanza di riferimento, per una politica di sinistra, allora appunto il lavoro, come trasformazione concreta dellarealt. A livello globale assistiamo alla realizzazione della

    dialettica signoria-servit: chi produce si sta impossessandodella terra. A questo non si pu rispondere con delle guerredi carta, ma con altro lavoro, che pu certo essere anchelavoro intellettuale, ma deve essere lavoro, che producericchezza (il beneficio secondario consisterebbe nel restituiredignit alle persone). E se un qualche neoconservatoreeroico verr a dirci che questo latteggiamento dellultimouomo gli risponderemo che s, magari cos, e che lui se lodesidera pu fare lo Zarathustra e il superuomo, ma a casasua, come DAnnunzio alla Capponcina.

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    La stagione passataha visto il

    parlamento invaso

    dalla televisione.Non sarebbe

    sbagliato che ora labiblioteca riprendesseil suo posto, magari

    anche in formaaggiornata e con e-book, e certamente

    con laconsapevolezza cheavere cultura non

    significa essereintelligenti o giusti,

    ma aiuta.

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    l 24 settembre del 2011 The Tablet, la maggiorerivista cattolica del Regno Unito, ricordava a tuttiuna questione di fondo, drammatica, tale daconvincere tutti al fatto che gli sforzi che oggicircondano lEuropa e leuro non possono essere

    ridotti a mero affare negoziale: If euro falls, what pricespeace?. Nelle pagine interne della rivista un buon articolo diStephen Wall toccava tasti meno grevi: ma gi Romano Prodial convegno di Fscire e dellExcellenz Kluster Religion und

    Politik aveva spinto fino allestremo il paragone fra lEuropadegli anni Trenta che si dissolve equella degli anni Sessanta che si raccoglie; proprio per nonrifluire ancora verso la guerra. E adesso laffiorare di unaespressione a qualunque costo usata da Draghi, Monti,Hollande per parlare della difesa dalla speculazione, torna infondo a ridire qualcosa di tremendo e fatale. Dopo leuro nonci sono le monete: c la guerra.

    Come tutte le generazioni pensiamo di essere meglio deinostri padri e dei nostri nonni: il che, insegna il profeta Isaia, una balla. Non siamo per nulla pi saggi delle generazioni dicento anni fa che sono andate ad una distruzione convinte delvalore del gesto bellico, guerra, proprio quando

    giungeva al suo apogeo la cultura, la potenza e linnocenzadi un continente che si era macchiato del pi atroce criminedella storia umana, il colonialismo.

    La potenza contaminante della violenza che lEuropaaveva disseminato nel mondo sarebbe diventata visibile solodopo, quando una frase del papa che nessuno beatific,

    divent la riga pi celebre di tutto il magistero pontificio:una inutile strage.

    Ci che mancaallEuropaAlberto Mellonidirige la Fondazione per le Scienze Religiose Giovanni XXIII di Bologna

    I

    Pensare la politica

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    Non siamo nemmeno migliori delle generazioni che sonoandate dietro ai fascismi nella seconda guerra mondiale, chehanno portato consenso ed in due casi i Popolari in Italia, ilCentro in Germania hanno regalato il consenso cattolico

    allesordio della catastrofe dalla quale solo dopo alcuni annidalla fine del conflitto sarebbe emersa la coscienza di ci che laShoah era stata e ci che la Shoah aveva disvelato.

    Nel linguaggio odierno, apparentemente, non c nulladella cultura della violenza degli anni dieci: gli stereotipinazionalisti o le banalit geoteologiche non fanno paura,ancora. Ma insegnano rime antiche di odio: e il populismosuonato nelle orecchie di una generazione giovane daitromboni di destra e di sinistra dellindignazione dovrebberorenderci attenti alla fatto che la tragedia scende sempre dal

    Viale delle Banalit: dopo leuro non ci sono le monete; cquella guerra che gli europei non hanno mai mancato di farsiprima che lintuizione dei superstiti vedesse nellunione (onella comunit, come si diceva con una espressione assai pibella) europea il rimedio al male intrinseco.

    Dietro leuro c la guerra: e sulla capacit di enunciarequesto assunto qui che lespressione a qualunque costoprende senso oggi ci che misura le fragilit o la forzaculturale delle classi dirigenti europee, la cui statura del dire e

    del pensare stata erosa da molti venti: quello dei partiti cheinseguono la piazza, degli intellettuali che si danno sapore colproprio narcisismo (le got du poisson cest la sauce, dice la cucinafrancese); e anche dalle chiese, che contro la storia hannopartecipato di questo degrado.

    Le chiese infatti hanno assunto e rilanciato uneuroscetticismo che ha eroso la capacit di visione.Dimentiche che stato un istinto cristiano (la penitenza) cheha fondato lEuropa, si sono convinte che il processo che ha

    unificato ancorch poco il continente sia il veicolo di unasecolarizzazione selvaggia fatta di diritti indigeribili; come se lastoria non avesse insegnato che diritti un tempo negati (lelibert di coscienza, luguaglianza della donna, le costituzioniparlamentari) hanno giovato alla corsa dellevangelo nel tempo.

    Contro questa Europa che, secondo il discorso del cardinalRatzinger del 1aprile 2005, sera della morte di Wojtya,sarebbe giunta ad impedire alla chiesa di enunciare il suomagistero sullomosessualit, le chiese hanno adottato unsilenzio istituzionale e magisteriale. La Santa Sede non ha un

    sostituto per lEuropa, la conferenza dei vescovi europei nonha detto nulla di serio della crisi e delle sue radici, e il papa

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    Le chiese infattihanno assunto e

    rilanciato un

    euroscetticismo cheha eroso la capacit

    di visione.Dimentiche che

    stato un istintocristiano (la

    penitenza) che hafondato lEuropa, si

    sono convinte che ilprocesso che ha

    unificato ancorchpoco il continente sia

    il veicolo di unasecolarizzazioneselvaggia fatta di

    diritti indigeribili;come se la storia nonavesse insegnato che

    diritti un temponegati (le libert di

    coscienza,luguaglianza della

    donna, lecostituzioni

    parlamentari) hannogiovato alla corsa

    dellevangelo neltempo.

    Pensare la politica

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    Benedetto XVI ha speso la sua autorit in difesa dellEuropa.Quasi che non si rendesse conto che tramite lui e la figlia delpastore Merkel rischia di posarsi una nuova ombra scura edensa sulla storia tedesca.

    In secondo luogo le chiese hanno assunto e rilanciato lasfiducia nella democrazia, usandola come fosse un attrezzo,una cosa priva di valore in s. Forzando in questo caso ilpensiero di Ratzinger (e Scola) hanno fatto di principi nonnegoziabili (il lessico quello del fondamentalismo battistadegli anni Venti) una clava che cala spezza la fisiologiademocratica, fulmina il timer delicatissimo che porta allaaffermazione di valori fondamentali nella societ pluralista.Cos le chiese finiscono per lasciarsi usare come stampella didestre (palesi ed occulte) prive di idee, che certo non amano ladottrina cristiana, ma conoscono bene le cose che eccitano lafantasia dellistituzione ecclesiastica.

    Sicch anzich assumere in modo superficiale oopportunistico i linguaggi delle chiese con la convinzioneche questo aiuti a guadagnare quei consensi irriflessi e quei

    voti suffragi in eredit che in politica non sono mai esistiti, igrandi attori della societ europea dovrebbero sperare che lechiese possano concentrarsi sul loro dovere fondamentale(quod vulgo diciturmission): praticare la misericordia,

    conoscere la debolezza, dar fiducia alla coscienza formata,insegnare il disprezzo del potere, relativizzare con sapienza ilfurore ideologico. Se le chiese pospongono questo doverealle carriere e agli opportunismi, allEuropa manca qualcosa.E allEuropa qualcosa manca nel rintocco muto di ci che

    vale qualunque prezzo.

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    orno in primo luogo a proporre la domanda cheavevo fatto preliminarmente al mio intervento:perch siamo qui? Qual il senso e lo scopo diquesta riunione, al di l di un sia pur utilescambio e brainstormingsui grandi temi di

    attualit politica?Nelle risposte, ho colto con piacere un obiettivo ambizioso:

    quello di ricostruire un pensiero politico, di dotarsi deglistrumenti teorici adatti ad affrontare le sfide del presente.

    Siamo infatti di fronte a sfide inedite, a veri e proprimutamenti epocali di cui urgente non solo prendere atto,ma fare in modo che emergano nellagenda politica e nellesue priorit.

    Non pretendo certo qui di addentrarmi in una diagnosi deltempo, ma mi preme sottolineare subito quello che a mioavviso il quadro generale allinterno del quale inserire la miariflessione: la globalizzazione (preferisco dire let globalepersottolineare linsorgere di una nuova epoca rispetto allamodernit) portatrice di problemi e rischi inediti, ma anchedi nuove chances da cogliere con attenzione.

    Vediamo allora i rischi e gli aspetti problematici.Il prepotente emergere dellegemonia delleconomia

    rispetto alla politica nella sua forma moderna cheindebolisce, come ben mostra la crisi finanziaria, la sovranitdegli Stati; la comparsa sulla scena dei cosiddetti rischiglobali (global warminge riscaldamento del pianeta, erosionedelle risorse e crisi ecologica, minaccia nucleare), che rivelanopienamente linterdipendenza quale caratteristica peculiare

    del mondo globale, rendendo obsolete le strategieimmunitarie della modernit.

    Valorizzarele passioni civili

    Elena Pulciniinsegna filosofia sociale presso l'Universit di Firenze

    T

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    Ne deriva una condizione diffusa di insicurezza e di paurache genera un sentimento di impotenza e spinge gli individuia ritrarsi sempre pi in un asfittico individualismo. Siamoormai confinati nel triste ruolo di spettatoridi eventi che non

    riusciamo a controllare e a volte neppure a capire. Cresceinoltre la tirannia del consumo, che in una dilagante societdello spettacolo sembra compensare la fragilit delleidentit e invade sempre nuove sfere della vita (come lacultura, i sentimenti e la stessa politica), sottraendo energie erisorse a tutto ci che non riguardi le effimere e narcisistichesoddisfazioni del presente. La paura inoltre generaregressioni sicuritarie, e sfocia in aggregazioniendogamiche ed esclusive, fondate sullopposizioneNoi/loro (come appare evidente da secessionismi, rigurgitidi razzismo, revivals nazionalistici o etnico-religiosi).

    Si delineano cos le due fondamentalipatologiedella societglobale: da un lato, un radicale individualismo che si traducenellindifferenza, nel deficit di impegno e nella diserzionedella sfera pubblica; dallaltro un comunitarismo entropico cheripropone forme di condivisione distruttive, generandonuove forme di violenza. Sappiamo bene, facendo anchetesoro della lezione tocquevilliana, come tutto questo sitraduca in una torsione totalitaria della democrazia: gli Stati

    sfruttano lindifferenza e la paura per imporre forme didominio indirette e pervasive, peculiari di quello cheTocqueville chiamava il dispotismo mite. Assistiamo cosallerosione dei diritti, alla proclamazione di leggi ingiuste,allinasprirsi del controllo sulla vita intima e privata dellepersone. Si crea in altri termini un circolo vizioso tra individuie politica, in virt del quale i primi chiedono alla politicalesonero dalla vita pubblica e la politica reagisce a sua voltaattraverso la progressiva riduzione degli spazi democratici.

    La democrazia sopravvive indubbiamente in una serie diforme di protesta che attraversano il pianeta e sono animateda un risveglio di passioni collettive. E vero che questeassumono spesso il volto preoccupante di un diffusopopulismo: il quale nelle sue forme peggiori, va adalimentare gli inganni e le derive della societ dellospettacolo producendo, come nel caso del nostro paese,mostri carismatici; e nelle sue forme migliori, appareincapace di tradursi in progetto, strategia, proposta politica.

    Ma la torsione populistica non deve indurre a liquidare le

    legittime istanze che emergono dalle passioni collettive e daimovimenti che ne sono lespressione; perch il pericolo, in

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    Si delineano cos ledue fondamentalipatologie della

    societ globale: daun lato, un radicaleindividualismo che sitraducenellindifferenza, neldeficit di impegno enella diserzionedella sfera pubblica;dallaltro uncomunitarismoentropico cheripropone forme dicondivisionedistruttive,generando nuove

    forme di violenza.

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    questo caso, di consegnarle alla destra e alle suestrumentalizzazioni senza scrupoli (credo ancora nelladistinzione tra destra e sinistra!).

    Mi chiedo perch la sinistra non abbia mai fatto seriamente i

    conti con una teoria delle passionichiudendosi spesso in unoscettico snobismo, mi chiedo perch non sembri prendere sulserio il fatto che ogni mobilitazione poggia sempre e comunquesu componenti emotive; le quali quindi hanno bisogno diessere comprese e differenziate, incoraggiate laddove necessario, frenate laddove assumono torsioni negative.

    Per fare solo un esempio: come rapportarsi di fronte alfenomeno dilagante dellindignazione? Come far s che essapossa essere compresa e rispettata come lhumusnecessarioda cui nasce una protesta legittima, e allo stesso tempoevitare che degeneri in sterile risentimento? Penso che abbiaragione il filosofo Sloterdjk quando sostiene che si persa

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    oggi la capacit di raccogliere le energie emotive chescaturiscono dallira e dallindignazione in banche diracapaci di dar vita a movimenti emancipativi. Non dovrebbeessere uno dei compiti della sinistra quello di favorire il

    coagulo delle passioni di lotta veicolandole verso rispostedemocratiche?Ma non solo. indubbio infatti che dalla societ civile non emergono

    solopassioni di lotta, tese alla legittima rivendicazione di diritti ealla lotta contro lingiustizia. Disponiamo anche di un tessutodi mobilitazione animato da quelle che vorrei definirepassioni

    pubbliche e solidali: dai Social forum mondiali ai referendumlocali sull'acqua, dall'arcipelago del volontariato alla difesadell'ambiente, dalle associazioni civili che si organizzanocontro il degrado di un quartiere all'impegno dei docenti dellascuola verso l'educazione alla legalit e al rispetto del diverso;per non parlare, last but not least, dellimpegno delle donnecontro la mercificazione del corpo e le seduzioni avvelenatedella societ dello spettacolo. Insomma, esistono areemolteplici nelle quali l'obiettivo dell'impegno civile va oltre lastessa lotta per i diritti e la giustizia, nelle quali emerge unprepotente bisogno di condivisione solidale attorno alla parolad'ordine di un futuro migliore.

    Lo slogan, argutamente ironico, "il futuro non pi quellodi una volta", usato qualche tempo fa nell'ambito delle lottedegli studenti in Italia, esprime qualcosa di pi della pursacrosanta lotta per il diritto al lavoro, in quanto contiene,appunto, la nostalgia per l'idea stessa di futuro. Neldenunciare la perdita di futuro, che paradossalmentesmentisce e rovescia le promesse stesse della modernit con isuoi miti del progresso e del benessere, i giovani sembrano

    volersi riappropriare non solo dei loro diritti, ma anche diuna diversa immagine del mondo. E pensare una diversaimmagine del mondo, significa, qui ed ora,prendere in curailmondo, farsi carico responsabilmente del suo futuro.

    Paradossalmente, come ho premesso sopra, l'et globale,portatrice di rischi e sfide inediti, sembra allo stesso tempofornire le condizioni oggettive per la condivisione e l'agirecomune. Per la prima volta infatti, nel corso della storia,siamo tutti legati e interdipendenti; per la prima volta unevento locale pu avere conseguenze planetarie (bastipensare all'11 settembre o alla crisi finanziaria), e viceversa

    un evento globale pu coinvolgere le zone pi remote dellaterra (come il riscaldamento del pianeta). Ma questo vuol

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    Nel denunciare laperdita di futuro, cheparadossalmente

    smentisce e rovesciale promesse stessedella modernit coni suoi miti delprogresso e delbenessere, i giovanisembrano volersiriappropriare nonsolo dei loro diritti,ma anche di unadiversa immagine delmondo. E pensareuna diversaimmagine delmondo, significa, qui

    ed ora, prendere incura il mondo, farsicaricoresponsabilmente delsuo futuro.

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    dire anche che, senza ovviamente trascurare le disuguaglianzee senza negare le differenze, siamo tutti membri di un'unicaumanit potenzialmente esposti agli stessi rischi e allo stessodestino, e vincolati gli uni agli altri nella possibilit di un

    progetto comune.Insomma l'interdipendenza pu diventare una chance,purch diventi oggetto di una consapevolezza soggettiva epreluda alla mobilitazione di passioni pubbliche e solidali. Inquesto, la politica pu avere una funzione feconda einsostituibile: nel promuovere questa consapevolezza etrasformare l'interdipendenza in un valore, nel dare visibilitad eventi che a dispetto della loro importanza non hannol'appeal massmediale sufficiente ad ottenere lattenzione chemeritano, nel raccogliere e valorizzare esperienze che per ilmomento restano frammentarie e prive di coordinazione.

    Si parla spesso di ricostruire la societ civile, di ricucire lostrappo tra individui e politica. Valorizzare e stimolare lepassioni pubbliche mi pare un primo passo in questadirezione: per lo sviluppo di un associazionismo civile checolmi lo spazio vuoto tra gli individui e le istituzioni ericostruisca una rete di solidariet e di attiva partecipazione.Ma perch questo avvenga, necessario che la politicadiventi quell'agire di concerto nel quale Hannah Arendt

    riconosceva la precondizione per un nuovo inizio.

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    ffronto due temi, dedicando al secondomaggiore spazio: il ruolo dell'economia e lamutazione della democrazia.

    Quando si parla di egemoniadell'economia occorre secondo me fare una

    precisazione: l'economia della quale lamentiamod'egemonia non l'economia politica quale la intendiamonoi umanisti ma neppure la scienza del benessereeconomico che si studia e si insegna nei dipartimentieconomici. I protagonisti della crisi economica scoppiatanel 2007, con l'avvisaglia venuta dall'Islanda e dall'Irlanda,

    vengono dalla Business School prima che dai Dipartimenti

    di Economia. Gli obiettivi dei tecnici del profittofinanziario sono assolutamente semplici e settoriali,oggetto di algoritmi e grafici. dunque una disciplina chenon si occupa pi del benessere della societ, dellaproduzione e della ricchezza nel senso classico. La celeritdegli scambi sui mercati azionari e l'andamento verso ilbasso o verso l'altro sono il motore che muove calcoli eprevisioni a breve.

    Mentre giusto criticare l'egemonia dell'economiaoccorre nel contempo evitare demonizzazionidell'economia; si tratterebbe semmai di riportarla alla sua

    vocazione classica e nobile, quella che la qualificava comeuna componente essenziale della politica. Economia comescienza dei mezzi per il benessere della societ e non cometecnica di accumulo del denaro. Come scienza sociale noncome branca della matematica.

    Un effetto collaterale di questa trasformazionescientistico-razionalistica dell'economia (unatrasformazione che iniziata alla fine del diciannovesimo

    secolo) di aver impresso una radicale trasformazionedelle discipline sociali e politiche, anch'esse dominate dalla

    Oltre l'egemonia dell'economia

    e la democrazia plebiscitariaNadia Urbinatiinsegna scienze politiche alla Columbia University di New York

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    riduzione metodologica che ha cambiato l'economiapolitica: metodo del rational choice (teoria della sceltarazionale) e lettura dei comportamenti politici comereazioni di individui che hanno obiettivi razionali e fanno

    calcoli di costi e benefici per riuscire ad attuarli. Il ruolodelle emozioni e delle passioni, e quindi dell'ideologia,perdono di senso oppure figurano come strategieintenzionali messe in atto da un attore (un'elite) peracquisire e preservare il potere con il consenso manipolatodei cittadini. Questa trasformazione strumentalista erazionalistica della disciplina della scienza politica internaalla trasformazione dell'economia.

    Certo, la lettura strumentalista dei processi decisionalinon inutile; anzi, la scienza politica ha beneficiato di essa,in quanto i comportamenti collettivi quando sonoorganizzati secondo norme e procedure (istituzioni)possono essere previsti e i loro effetti controllati o diretti.

    Tuttavia l'azione politica non si compone soltanto dicomportamenti istituzionali o istituzionalizzabili. Nellesociet democratiche c' una parte importante dell'agirepolitico che fuori delle istituzioni, anche se in dialogocon esse, e che organizzato secondo un metodo che lecarte costituzionali garantiscono e proteggono: quello della

    libert, che significa costruzione e trasformazionedell'opinione politica e pubblica, elaborazione di progetti eprogrammi su come meglio governare i processi sociali,costruzione di movimenti politici per la conquista dimaggioranza o l'abbattimento di maggioranze esistenti.

    La politica nelle societ democratiche una diarchia:volont sovrana che normata o istituzionalizzata egiudizio politico che costruito con azioni ideative ecollettive di cittadini associati in partiti politici emovimenti. Dimensione istituzionale e dimensione deliberativacorrispondono alle due forme della disciplina che studia lapolitica, composta di un settore sottoposto a analisirazional-scientifica, e un settore sottoposto all'arte dellapolitica come azione organizzati di cittadini liberi cheusano il discorso per modellare e creare consenso, epromuove dissenso. Due dimensioni che con l'egemoniamatematica della disciplina economica rischiamo diannullarsi in una: la produzione di decisioni, come rispostenecessarie a fatti oggettivi determinati e controllati

    dall'andamento dei mercati finanziari. Il decisionismo incui l'arte della politica si via via trasformata figlio della

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    Nelle societdemocratiche c' una

    parte importante

    dell'agire politico che fuori delle istituzioni,

    anche se in dialogocon esse, e che

    organizzato secondoun metodo che le carte

    costituzionaligarantiscono e

    proteggono: quellodella libert, che

    significa costruzione etrasformazione

    dell'opinione politica epubblica,

    elaborazione di

    progetti e programmisu come meglio

    governare i processisociali, costruzione dimovimenti politici per

    la conquista dimaggioranza o

    l'abbattimento dimaggioranze esistenti

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    semplificazione dell'economica politica in tecnicafinanziaria.

    Recuperare la diarchia della politica istituzioni (edecisioni) e sfere pubblica del discorso (costruzione del

    giudizio pubblico) un obiettivo centrale della politicademocratica.Passo cos alla seconda parte sulla mutazione della

    democrazia. Dietro un'espressione imprecisa e piena diambiguit come antipolitica si fa strada l'idea che noi citroviamo a fare le esequie ai partiti sostituendo allademocrazia dei partiti la democrazia del pubblico.Propongo di evitare questa semplificazione. L'idea chepropongo che nella democrazia contemporanea (quellaitaliana in modo molto visibile) i partiti politici, essenzialiattori del sistema rappresentativo fin dalla sua apparizionenellInghilterra dei commonwealthmen, hanno mutato la lorofunzione ma non sono decaduti o finiticome spesso si sentesostenere; a questa loro mutazione corrisposta unatrasformazione della democrazia da rappresentativa aplebiscitaria, con la precisazione che il plebiscitarismocontemporaneo non fatto di masse mobilitate da leadercarismatici auspicato Max Weber e teorizzato Carl Schmittcome forma pi completa di democrazia. Il nuovo

    plebiscitarismo quello dellaudience, lagglomerato indistinto diindividui che compongono il pubblico, un attore noncollettivo che vive nel privato della domesticit e quando agente sondato di opinione opera come recettore ospettatore di uno spettacolo messo in scena da tecnicidella comunicazione mediatica e recitato da personaggipolitici. La personalizzazione del potere e della politica un sintomo e un segno tanto della trasformazione deipartiti che della formazione della democraziadellaudience. Circa la trasformazione dei partiti, essariguarda il loro dimagrimento democratico al qualecorrisponde unobesit di potere materiale effettivo nelleistituzioni dello stato e, soprattutto, la catena di funzioniche si dipana dallesecutivo, il potere dello stato che questatrasformazione ha esaltato oltre e sopra quello delparlamento. Non per questo convincente presentare lademocrazia dei partiti come una fase, ormai tramontata,della storia del governo rappresentativo (questa la tesisostenuta da Bernard Manin). Vero che essa diventata a

    tutti gli effetti una democrazia dei partiti, cio esercitatada loro senza pi cercare (prima ancora che avere) un

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    rapporto con i cittadini che non sia di strategia orientataalla conquista dei voti: democrazia dei invece che permezzo dei partiti.

    Il declino dei partiti quindi declino di una forma

    democratica di essere del partito politico; un declino che simanifesta con il restringimento fino alla scomparsa dellasua struttura organizzativa periferica o territoriale, segnotangibile di una trasformazione di funzione, poichlorganizzazione (partitopesante) si addice a un partito chedeve cercare un rapporto molto stretto e continuativo (nonsolo nel momento delle elezioni) con i cittadini, permuoverli o renderli partecipi (a favore di una parte)attraverso narrative ideologiche che creano identit diappartenenza o di ispirazione ideale e fungono dastrumenti interpretativi e critici (mi riferisco all'importantelavoro di Mauro Calise). Lerosione del partito-organizzazione non ha significato la fine del partito, ma lafine di un partito che aveva bisogno e cercavainnervamento nella societ perch aspirava a costruireconsenso e ottenere unaffermazione che non era solonumerica, ma era anche di progetto. Quel partito pesanteperch basato sullorganizzazione era per met dentro eper met fuori delle istituzioni statali, cerniera tra stato e

    societ, un corpo intermedio della democrazia rappresentativache svolgeva varie funzioni di limitazione del potere:selezione degli eleggibili, controllo degli eletti (che il liberomandato rende legalmente irresponsabili verso i cittadini),stimolo e orientamento dellopinione; infine esso fungevada scuola vera e propria per la formazione del personalepolitico delle istituzioni periferiche e centrali dello stato.Nei primi decenni del secondo dopo guerra, et dellaformazione e del consolidamento della democraziarappresentativa in Europa, la democrazia dei partiti hagestito il reclutamento tra cittadini/e ordinari/e di sindacie dirigenti, di parlamentari e ministri.

    Con i nuovi partiti liquidio leggeri, la funzione dicaptare gli interessi e le opinioni, una funzione che dirappresentativit, svolta non pi dalle idee e dallenarrazioni ideologiche ma dai sondaggi. Se non che isondaggi servono al partito non per rappresentare almeglio o anche indirizzare la politica governativa ma per

    vincere le elezioni e seguire al meglio gli umori sociali. Il

    declino delpartito-organizzazione ha corrisposto alla crescitadi unpartito-spugna, che segue cio i flussi e in qualche

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    modo li irrora o alimenta ad arte per meglio guadagnareconsenso. Infine, il partito leggero di difficile controlloda parte dei cittadini simpatizzanti e iscritti che nondispongono pi di strutture e regole per larticolazione

    interna del dissenso e del controllo, mentre propenso aesaltare la persona del leader e per questo pu farsiistigatore di politiche populistiche, se trova ciconveniente, invece di essere una diga che le argina comeera il partito-organizzazione.

    Questo slittamento da organizzazione a liquidit eprofessionalizzazione sondaggistica, da educatore politicoa seguace e istigatore degli umori popolari fa s che lademocrazia dei partiti sia una democrazia protesa versonuove forme plebiscitarie. questo laspetto che fa daretroterra alla trasformazione della democrazia dademocrazia del partiti a plebiscito dell'audience.

    La democrazia del pubblico, quella che chiamoplebiscitarismo dellaudience. Schmitt interpret lademocrazia plebiscitaria facendo leva sul mutamento disignificato del pubblico da una categoria giuridico-normativo (ci che pertiene allo stato civile) a unacategoria estetica, come di ci che esposto alla vista eesistente in senso teatrale (ci che fatto davanti agli occhi

    del popolo). Questa visione romanadel pubblico con lacentralit del forum ritorna nel plebiscitarismocontemporaneo. La rinascita degli argomenti e delle ideeche pilotarono la crisi del parlamentarismo nei primidecenni del ventesimo secolo quando la concezioneplebiscitaria prese una configurazione alternativa allademocrazia rappresentativa o dei partiti unindicazionepreoccupante del nuovo filone di ricerca teorica eapplicazione pratica interno alla democraziacontemporanea, un filone ancora una volta critico neiconfronti della struttura parlamentare e della funzionemediatrice dei partiti politici. Il declino della democraziadel partito politico e la crescita della democrazia del pubblicosignifica radicale personalizzazione della leadership; lapolitica come luogo nel quale creare la fiducia nel leader.L'accettazione di una crescente richiesta di poterediscrezionale da parte dellesecutivo si incontra con unmutamento nellorganizzazione della democrazia elettoraleche ora gestita non pi da partiti di leader e di militanti,

    ma da partiti di esperti della comunicazione e di candidatialla carriera politica. La democrazia dellaudience

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    Il declino dellademocrazia delpartito politico e la

    crescita dellademocrazia delpubblico significaradicalepersonalizzazionedella leadership; lapolitica come luogonel quale creare lafiducia nel leader.L'accettazione di unacrescente richiesta dipotere discrezionaleda parte dellesecutivosi incontra con unmutamento

    nellorganizzazionedella democraziaelettorale che oragestita non pi dapartiti di leader e dimilitanti, ma dapartiti di esperti della

    comunicazione e dicandidati allacarriera politica.

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    governo degli esperti di media, e quindi la celebrazionedel potere oculare. Mentre nellet della democrazia deipartiti politici le elezioni erano fortemente basate sulladimensione vocale e laspetto volitivo della politica la

    partecipazione alla decisione era espressione della formaclassica della sovranit popolare che i partiti siincaricavano di organizzare lapparire in pubblico o ilsottoporsi al verdetto dellaudience ora ci che definiscelarte della politica.

    La transizione dalla centralit della cittadinanza comeautonomia alla centralit della visione e della trasparenza segno distintivo di questa trasformazione. La voce infattilorgano di unazione politica che vuole essere di propostae di critica, espressione di una idea di partecipazione attivao protesa alla decisione secondo la definizione classicadella sovranit democratica come autonomia oautogoverno, cio il darsi leggi. Daltro canto, la visione lorgano di unazione giudicante non attuativa, valutativa diqualcosa che esiste e altri fanno e che si mostra allocchiodi chi titolato a giudicare piuttosto che agire. Parole,discussione e conflitti tra idee e interessi (o tra programmidi partiti), ovvero deliberazione in senso lato, sono centraliquando la voce il centro della politica; trasparenza o

    candore (nel senso romano classico per cui chi sicandidava metteva una stola candida dando cos il segno divolersi esporre al pubblico) sono centrali nel caso dellademocrazia dellaudience, in cui lorgano del poterepopolare diventa losservazione piuttosto chelautonomia.

    La democrazia dell'audience plebiscitario risulta in undivorzio interno alla sovranit popolare tra il popolo comecittadini partecipanti (con ideologie, interessi e lintenzione

    di competere per ottenere la maggioranza) e il popolocome ununit impersonale e completamente libera dainteressi che ispeziona e giudica il gioco politico giocato daalcuni e gestito da partiti elettoralistici. La partigianerianon espulsa dal dominio della decisione; espulsa dalforum, nel quale il popolo sta o opera come pubblico ouna massa indistinta e anonima di osservatori che comesupremo spettatore guarda soltanto e giudica ma non

    vuole vincere nulla.Il prezzo per diventare un leader in questa democrazia

    plebiscitaria deve essere reso alto e costoso: questa lunica arma di controllo che laudience ha dalla sua. Il

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    Il prezzo perdiventare un leader

    in questa democrazia

    plebiscitaria deveessere reso alto

    e costoso: questa lunica arma

    di controlloche laudienceha dalla sua.

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    costo che il leader deve pagare in cambio del potere chegode la rinuncia di molta parte della sua libertindividuale. Il leader si mette completamente nella manidel popolo-audience perch permanentemente sotto i

    suoi occhi. Ma dalla considerazione convincente sulpeso della pubblicit che il politico eletto sopporta edeve mettere in conto non discende lassicurazione cheportare il leader sul palco del teatro pubblico comportereo ipso rendere il suo potere limitato e controllato. Ladecostituzionalizzazione delle democrazie plebiscitarieriposa sull'assunto che il vero controllo democratico sialocchio popolare controllo superiore a quello dellenorme costituzionali. Ma come ha dimostrato l'Italianell'era Berlusconi, essere permanentemente sotto locchiodei media che si intrufolavano nella sua vita non era perrivelare i potenziali illeciti del Premier ma per soddisfare lasete di scandali da mettere in pubblico. Creare il mercatodegli scandali e dare allopinione pubblica la forma ditabloid non servito a controllare o limitare il potere diBerlusconi. Il paradosso di insistere sul fattore esteticodellopinione pubblica a spese di quello cognitivo e diquello politico-partecipativo che non tiene conto delfatto che le immagini sono la sorgente di un tipo di

    giudizio che valuta gusti pi che fatti politici, ed quindiirrimediabilmente soggettivo.Per comprendere il modello di democrazia plebiscitaria

    dellaudience lo si deve mettere a confronto con gli altridue modelli che si sono consolidati negli anni dellademocrazia per mezzo dei partiti, quello deliberativo(razionalistico e normativo) e quello proceduralistico(realistico e strumentale), il primo associato al nome di

    Jrgen Habermas e il secolo al nome di Joseph A.Schumpeter. Gli argomenti che i deliberativisti e iproceduralisti hanno avanzato sono essenzialmente etici emorali, fatti o nel nome del principio di universabilit degliargomenti razionali come principio legittimante o nelnome dei principi di aggregazione delle preferenze ericambio periodico degli eletti come le sole viepragmatiche per risolvere la carenza di razionalitcontenuta nelle opinioni politiche senza rinunciare allalibert ovvero al consenso elettorale. I teoricihabermasiani e quelli schumpeteriani concepiscono la

    democrazia come un ordine politico che basatosullautonomia e il voto, una visione dellattivit politica

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    che centrata sulla decisione e la voce. Essi trattanolopinione dellindividuo privato come una realt che nondovrebbe entrare nel dominio politico senza subiretrasformazioni. Gli habermasiani propongo di ottenere ci

    filtrando le opinioni private attraverso la deliberazionerazionale e pubblica (usando la grammatica dei diritti edella legge, non quella delle credenze o delle convenienzepersonali), gli schumpeteriani estraendo dalle opinioniprivate lunit numerica di calcolo, il fatto misurabile del

    voto (un dato che il conteggio rende insindacabile e metteal riparo dalle interpretazioni personali). Queste duestrategie sono ci che la democrazia plebiscitariadellaudience contesta e confuta quando oppone allaintermediazione del giudizio riflessivo (per mezzo delleragioni pubbliche o dei partiti) quello reattivo ed emotivoalle immagini.

    Quando i cittadini votavano per partiti con piattaformee programmi esercitavano il loro giudizio sulla politicafutura, il loro voto non esprimeva semplicemente la fiducianella persona del notabile anche perch limmagine delcandidato non si sostituiva alle aspettative future deglielettori come succede nella democrazia plebiscitaria, dovele elezioni sono incentrate sullimmagine del candidato e il

    riferimento ai programmi e alle piattaforme politiche pressoch irrilevante. La conseguenza che anchelaccountabiliy(la rispondenza degli eletti agli elettori) vienea perdere rilevanza poich gli elettori non hanno pi alcuncontrollo, seppure indiretto, sulle questioni pubbliche e lepolitiche, nemmeno durante la campagne elettorali.Dunque, la trasformazione dal discutere e dibattere (e

    votare sui programmi) al guardare e giudicare stando inuna posizione spettatoriale un segno di malessere non un

    miglioramento democratico.Per ritornare alla considerazione fatta nella prima parte:la politica democratica dovrebbe essere guidatadall'obiettivo di preservare la diarchia di potere che lacaratterizza: potere istituzionalizzato e potere giudicate odell'opinione.

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    Carta dintenti

    Leggi il testo completo della Carta d'Intenti sul sito del Partito Democratico

    www.partitodemocratico.it/cartadintenti

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    el 1901 Bolton King, primo biografo diGiuseppe Mazzini, cos descriveva lItalia e ladecadenza dei partiti che caratterizzava quelperiodo storico: Lazione [dei partiti] sembrapoco meno di uninteressata lotta per

    raggiungere cariche pubbliche e di una cieca resistenza aforze che non sanno comprendere e assimilare e pertantotemono. La politica italiana si annebbiata: niente lo mostrain modo pi penoso della differenza che corre fra la Destra e

    la Sinistra di oggi, rispetto agli uomini che governaronolItalia nuova nei suoi primi tempi.Nellagosto 1945 Alcide De Gasperi tenne un discorso al

    Consiglio Nazionale della Dc in cui ricord che, a soliquattro mesi dalla fine della guerra di Liberazione, gli italianisi mostravano stanchi dei partiti, in preda a una atarassiadilagante. Negli stessi mesi un protagonista della lottapartigiana come Emilio Lussu notava amareggiato che ilpartito del malcontento in Italia era sempre esistito sin daitempi di Pasquino e Marforio e si sarebbe potutochiamare movimento o partito piove, governo ladro!.

    Da allora trascorso tanto tempo e oggi molti guardano aquel passato ormai lontano con un sentimento di nostalgiatroppo spesso acritico che induce a contrapporremeccanicamente let delloro della partecipazione e dellarappresentanza allet bronzea dei tempi attuali,caratterizzati dalla disaffezione politica e dalla perdita diautorevolezza dei partiti.

    Per sfuggire i rischi insiti in ogni processo di

    idealizzazione, laltra faccia della rimozione, utile essereconsapevoli che lindifferenza o il malanimo degli italiani, e

    Civismo e PDsi diano la mano

    Miguel Gotorinsegna Storia moderna allUniversit di Torino

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    soprattutto di gran parte delle sue classi dirigentieconomiche, industriali, finanziarie, editoriali, verso i partiti ela politica rappresenta un costume antico della storianazionale, alimentato dal carattere ristretto assunto dal

    processo risorgimentale, dal successo del regime fascista cheha costituito una straordinaria miscela di antipolitica e diiperpolitica, e che si incrostato nel corso della crisi deglianni Settanta, allorquando ha iniziato a trasmigrare dalladestra alla sinistra, dopo il fallimento delle speranzerivoluzionarie di una generazione super impegnata sulterreno dellideologia e della militanza.

    Intendiamoci: la cosiddetta antipolitica, un termine chenon mi piace perch nasconde al suo interno tutto e ilcontrario di tutto, in realt anche una richiesta travolgentedi buona politica. Affinch questa domanda trovi unarisposta soddisfacente e non sia sfruttata in sensoconservatore o reazionario anzitutto necessario non fare diogni erba un fascio e quindi esercitare larte critica delladistinzione. obbligatorio farlo in quanto altrimenti si faoggettivamente il gioco dei ladri che guardano conbenevolenza a un discorso che alimenta lidea di una notte incui tutte le vacche sono nere e di quanti puntano al disonoredella politica e alla sua incessante alimentazione mediatica

    per aumentare la propria sfera di influenza in campogiornalistico o imprenditoriale.Per comprendere il problema e spiegarlo non basta

    fornire una risposta semplicistica, che riguarda lelenco degliepisodi di malaffare e degli scandali di questi ultimi mesi eanni. Essi ci sono sempre stati, con forme di corruzione nonmeno gravi di queste. Il dominio pubblico di questo discorso in realt lultima forma assunta dallegemoniaberlusconiana nella sua fase declinante: egli entrato inpolitica svalutandola, presentandosi come limprenditore delfare contro il Palazzo e i suoi corrotti. stata la crisi di quelmondo di potere a provocare unesplosione del fenomeno, inbase allidea di una presunta corresponsabilit di tutti glischieramenti e le forze politiche, in cui, ancora una volta,non si vuole distinguere.

    Sul piano politico, ci sono almeno tre scelte da compiereper reagire allattuale situazione: rispondere alla sacrosantarichiesta di trasparenza, di sobriet e di correttezza concomportamenti e atti conseguenti; provare a colmare la faglia

    che si aperta tra politica e cittadinanza attraverso lapartecipazione civica che consenta di valorizzare e mettere in

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    Sul piano politico, cisono almeno tre scelteda compiere per

    reagire allattualesituazione: risponderealla sacrosantarichiesta ditrasparenza,di sobriete di correttezza concomportamenti e atticonseguenti; provareacolmare la faglia chesi aperta tra politicae cittadinanzaattraverso lapartecipazione civicache consenta di

    valorizzare e metterein opera le tanteenergie inespresse osoffocate che esistononel Paese e, infine,assumere unaconcezione della

    politica come limite,costringendola a fareun passo in dietrorispetto al civismo.

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    opera le tante energie inespresse o soffocate che esistono nelPaese e, infine, assumere una concezione della politica comelimite, costringendola a fare un passo in dietro rispetto alcivismo. Un movimento in cui la politica accetta di farsi

    penetrare e modificare, ma allo stesso tempo, proprio invirt di questazione di apertura, ribadisce la propriadignit e autorevolezza.

    Questi tre atti sono un passaggio ineludibile per realizzarequella ricostruzione civica del Paese in cui il civismo e unpartito rinnovato nelle sue modalit di agire devono darsi lamano e camminare insieme.

    Da questa analisi e dalla consapevolezza dello stato diemergenza raggiunto scaturisce la proposta del segretario delPartito democratico di convocare le primarie di coalizione inderoga allo statuto del partito. Un atto di coraggio duplice,da un lato teso a verificare e reinvestire il proprio consenso equello del Pd e, dallaltro, rivolto verso linterno del partito,per stimolare i suoi gruppi dirigenti centrali e periferici adandare in campo aperto, non rinchiudendosi in un fortino dicertezze e rendite di posizione. Piuttosto bisogna guardare lagente in faccia per costruire la base di quel consenso checonsentir al Partito democratico di porsi, nel momento dellacompetizione elettorale, come forza che ambisce al governo

    ed in grado di raccogliere la sfida riformista che esso

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    comporter. doveroso rischiare per recuperare la qualitdella politica, non basta andare in televisione a dire di volerlofare, bens necessario avviare processi politici effettivi ecomportamenti conseguenti che implichino il senso di una

    scommessa che mette in gioco lessenza stessa e lenergiariformatrice del Pd.La governabilit di questo Paese, infatti, soprattutto in

    tempi difficili come questi potr essere assicurata soltanto sesi stabilir uneffettiva connessione sentimentale traesecutivo e corpo elettorale. Solo cos si potr raggiungere ilduplice obiettivo di valorizzare le esperienze miglioridellattuale governo Monti e di portare allopposizione, per laprima volta negli ultimi ventanni, tutti i populismi esistentisullo scenario politico nazionale.

    Si tratta di una sfida nobile che ha illustri quantopreveggenti progenitori. Beniamino Andreatta in un articolopubblicato nel 1977, intitolato Strutture organizzative per unanuova strategia nella societ italiana, toccava pubblicamente per laprima volta il tema della selezione della classe dirigente dellaDemocrazia cristiana che per rinnovarsi avrebbe dovutoaprirsi alla societ civile attraverso periodici referendum diconsultazione anche dei non iscritti e allargare cos il proprioconsenso. Un passaggio obbligato, che avrebbe dovuto

    comportare un processo di spoliazione del potere e cheavrebbe garantito alla Dc di sopravvivere alla crisi delsistema dei partiti.

    Anche Enrico Berlinguer, in un articolo del 1979 sulCompromesso storico e i suoi avversari, denunciava gli affanni dellademocrazia italiana, cogliendo la crisi della forma partito ecollegandoli allemergere di una vera e propria questionemorale. Egli si diceva preoccupato e molto che in unasituazione quale quella attuale prevalgono lottusit delpragmatismo, le miserie del qualunquismo, i calcoli brevidellopportunismo: tutti portatori di acqua al mulino delladisgregazione e dellimbarbarimento del Paese.

    Da questi ammonimenti di Andreatta e di Berlinguer sonotrascorsi tanti anni e il mondo di oggi incommensurabilmente diverso da quello di allora, ma latenacia e la forza dei loro messaggi, che individuano iprincipali avversari di ogni cultura democratica, restanoattuali e devono motivare latto di coraggio che il segretariodel Pd ha richiesto al suo partito, un coraggio di cambiare e

    di governare utile a preparare giorni migliori per lItalia.

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    on bastano le parole, dice la Carta degli intentidel Pd, con una nota sincera, dal sen fuggita,di realismo. No, non bastano per colmare lafaglia, il crepaccio minaccioso che si apertotra la grande maggioranza dei cittadini italiani e

    il ceto politico. Metto tra virgolette questa espressione cheallude alla politica come conquista del seggio, del vitalizio,della prebenda; una politica che appare cos quando unsistema democratico non d pi rendimenti, come nel 92-93.

    Con altrettanto realismo ho detto che il crepaccio taglia fuorila grande maggioranza dei cittadini, non tutti, perch nondobbiamo fingere di non vedere che i beneficiari dellapolitica interpretata dal ceto, che i pi aggressivi voglionocasta, sono un numero ragguardevole. La societ civile,come noto, non composta di soli innocenti e seconsideriamo tutto lindotto del fatturato della politica.Daltra parte sappiamo non da oggi che un certoradicamento del voto ha il segno dello scambio: favoricontro preferenze. Lo spettacolo della Regione Lazio hamostrato dosi estreme di squallore del ceto, nella formache gli ha dato una destra senza classe dirigente, ma non cda farsi troppe illusioni sul centro e sulla sinistra: esitazioni esilenzi delle opposizioni sono indicativi di un certoaccomodamento con il corso delle cose.

    Si capisce che il populismo, nelle sue forme classiche diagitazione antipolitica, trova nel malessere economicosommato allo spettacolo di questo ceto il carburante perfare strada. Messi alla prova i tribuni populisti, a causa della

    loro vaghezza istituzionale e del loro rancore contro lademocrazia, si rivelano sempre pi pericolosi dei loro

    Non bastanole paroleGiancarlo Bosetti direttore dellassociazione Reset - Dialogues on Civilizations

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    avversari. Il programma e il linguaggio di Grillo parlano diun popolo che prende in mano il proprio destino, ma nonsi capisce bene esattamente come, e contengono promesse dibenessere, salute, opere pubbliche, pi treni e pi tutto, che

    non si vede come si potranno mai realizzare. Allainconcludenza segue di solito un ceto peggiore delprecedente. Abbiamo gi misurato il sapore di questo dcalagecon Di Pietro e il suo De Gregorio.

    Non bastano dunque le parole, sicuro, ci voglionocomportamenti, azioni e coerenze. E nel momento in cuisfida il populismo, il Pd sceglie un avversario appropriato,una minaccia reale. Purtroppo la forza delle evidenze e delleazioni che testimoniano una buona conduzione della cosapubblica non cos schiacciante come si vorrebbe. Nellecitt e nei comuni la sinistra conserva ancora un buoncapitale di fiducia, ma non basta. Il ritiro della politica daaree che non le competono una buona intenzione, ma checosa ha impedito o impedisce al Pd di fare i passi che puresarebbero alla sua portata? E che dovrebbero essereannunciati e fatti ora, con una terapia shock. Perch non hadato battaglia contro una gestione della sanit che apparepressoch ovunque inquinata da partiti invasivi e affamati di

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    Nel momento in cuisfida il populismo, ilPd sceglie un

    avversarioappropriato, unaminaccia reale.Purtroppo la forzadelle evidenze e delleazioni chetestimoniano unabuona conduzionedella cosa pubblicanon cosschiacciante come sivorrebbe.

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    denaro, da Milano a Bari? E perch il Pd non ha compiutouna svolta netta nella comunicazione, liberando il campo dalmostruoso ingombro della Rai dei partiti?

    Qui lItalia un soggetto sotto osservazione, eripetutamente ammonito dalla Commissione europea e dalConsiglio europeo. Badate che siamo ancora e sempre unpaese PF (solo parzialmente libero) per Freedom House.Chi risponde che colpa di Berlusconi ha molte ragioni, mafinge di ignorare che nel generarsi della oscena situazioneattuale (il 58 per cento delle risorse pubblicitarie alle tvgeneraliste, un massacro per la stampa, senza eguali nelmondo), la Rai ha avuto una colossale funzione di alibi, dipunto di leva per la creazione speculare di un monopolio

    commerciale privato. Lo statu quo della Rai oggi presidiatoe difeso da Berlusconi come ancora di salvezza per il suopericolante impero economico. E in questo stato di cose ilPd continua imperterrito a coccolare le sue quote dipresenza, il suo canale prediletto, le sue trasmissioncine,senza capacitarsi che questi sono contentini che mantengono

    viva linfezione generale di un sistema malato.Arduo il compito, si capisce. La rottura di abitudini

    diventate strati storici, sedimenti rocciosi, istituzioni, carriere, impresa per animi forti. Ma non stiamo parlando di questo?O si spera di farcela nellalveo di una inerziale, residualetenuta di un vecchio paziente elettorato, da coltivare conBallar e il Tg3? Non sottovalutiamone il peso: nellatempesta potrebbe essere un appiglio per tenersi in piedi. Ma questa la via duscita dalla terribile impasse in cui siamo?

    Sarebbe il momento di coltivare una profondarigenerazione del progetto che il PD stato, ma i tempipresentano una strettoia ravvicinata. E allora c da augurarsiche una vera battaglia, aperta, a esito non scontato, nelle

    primarie, e poi una campagna elettorale su unagendaeuropea che prosegua e completi il lavoro iniziato con ilgoverno Monti, producano quelle azioni e coerenze, con cuiil Pd possa mostrare di sapere separare la sua storia da quelladi un ceto politico fallimentare e fallito.

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    ono decenni ormai che il tema del rapporto tragenitori e figli, e pi in generale il rapporto tra legenerazioni, alimenta un dibattito che sembranon trovare mai alcuna risposta adeguata.Gramsci era molto attento alle rivolte giovanili e

    giustamente, al di l del merito delle questioni sollevate dallenuove generazioni, affermava che l'insorgenza del conflittometteva in evidenza una inadeguatezza dei rapporti socialiesistenti che certamente non sapevano contenere e

    trasformare il confuso movimento degli studenti. Maproprio a partire da queste considerazioni, che mettono incampo una riflessione sulle dinamiche sociali, il tema dellacapacit dei rapporti sociali esistenti di offrire uno spazio percontenere e trasformare le spinte creative del mondogiovanile non pu essere ridotto alla mediocre vicenda dellacandidatura di Renzi contro tutto il vecchio establishmentdel partito che vorrebbe destinare ad una rapidarottamazione. Un conflitto generazionale senza contenuti diproposta politica in cui soltanto l'et diventa titolo percandidarsi di per s un segno culturalmente reazionario.Certamente una pretesa fondata soltanto sulla propriagiovane et una forma assai immatura e perdente dicontestazione del ruolo dei cosiddetti padri. I padri, infatti,non sono soltanto le figure concrete con cui si fattal'esperienza dell'infanzia e della giovinezza ma sono anche gliesponenti sociali del principio di realt e della rilevanza dellamemoria e della tradizione.

    Come negli anni '70 scriveva Davide Lopez in un piccolo

    libretto pubblicato da Jaca Book, dedicato al tema dellacontestazione giovanile degli anni '70 e intitolato Analisi del carattere

    Il conflitto trale generazioniPietro Barcellona docente emerito di Filosofia del Diritto all'universit di Catania

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    Un conflittogenerazionale senzacontenuti di propostapolitica in cuisoltanto l'et diventatitolo per candidarsi

    di per s un segnoculturalmentereazionario.

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    ed emancipazione: Marx, Freud e Reich, la pretesa di partire dazero e il culto del nuovismo autoreferenziale sempre ilsegno del persistere di una fantasia onnipotente di caratterenarcisistico-infantile. Quando in Europa si cominciato a

    parlare della scomparsa dei padri (penso al bel saggio diMitscherlich, Una societ senza padri), si inizi a manifestarenel contesto delle societ contemporanee la tendenza ad unadissociazione quasi patologica fra le tendenze istituzionali,espresse da tutte le classi dirigenti, e il desiderio primordialedi fare piazza pulita di tutto per realizzare ad ogni costo lapropria autoaffermazione. Molti guai sono legati a questa

    vicenda: il prevalere nella discussione pubblica della finzionesull'analisi della realt; lo sfrenarsi di una forma diindividualismo minimale, orientato unicamente al godimentoimmediato; l'emergere di spinte carismatiche epersonalistiche in netto contrasto con l'istanza dialogico-democratica che si voleva proporre all'intera societ.

    Tutti ricorderanno bene la lotta per la conquista del

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    microfono in un'assemblea caotica senza regole e senzaalcun ordine nei lavori. Da quella stagione cominciato ilterribile vizio di parlare per parlare anche quando non si haniente da dire e il successo personale si risolto in una pura

    affermazione del proprio potere senza alcuna veratrasformazione del tumulto delle passioni che certamenteagitavano il mondo giovanile. Proprio in quell'epoca Sartrescriveva che l'ambizione dell'uomo contemporaneo era quelladi essere figlio di se stesso, ma chi nega la paternit e ladipendenza della nascita da una coppia di altre persone destinato ad quel progressivo delirio megalomane che spinge lasociet verso la frantumazione e la guerra di tutti contro tutti.

    Io sono una persona anziana assolutamente fuori daogni gioco di potere e guardo al fenomeno di Renzi, comea tutti i fenomeni del giovanilismo, senza alcun pregiudizio,ma proprio per questo posso dichiarare senza alcunproblema che non riesco a capire quale sia il senso dellacandidatura di Renzi poich nel suo discorso pubblico nonappare mai alcun criterio di distinzione tra ci che paregiusto fare e ci che pare ingiusto e cio il tema centrale diogni scontro politico: l'idea di una societ pi giustarispetto a quella in cui ci si trova a vivere.

    Gi questa candidatura nasce dal disprezzo e dalla

    violazione delle norme statutarie dell'attuale Pd, il che non un buon segno perch vero che gli statuti dei partiti nonsono testi sacri ma il solo modo serio di cambiarli uncongresso con la presentazione di programmi diversi.Mandare a quel paese le regole dell'organizzazione alla qualesi appartiene solo con la decisione estemporanea diautocandidarsi alle elezioni del Paese, in pratica significarecidere violentemente ogni legame con la tradizione allaquale si appartiene, dimenticando che la tradizione ancheinconsapevolmente un pezzo della propria identit. Tutte leproposte di rivoluzionamento dei rapporti sociali hannosempre assunto una tradizione di pensiero e una storiacomune come premessa fondativa dell'istanza dicambiamento anche radicale. Se alle spalle c' soltanto ilnulla anche il cambiamento sar di fatto un nichilismo vuoto.

    Capisco bene che la situazione nella quale viviamo haprodotto nelle nuove generazioni un disagio senzaprecedenti e che lo sbandamento dei ragazzi e delle ragazzeoggi una priorit della vera rinascita del paese ma, come la

    storia ci insegna, anche lo stesso parricidio mitologico sirisolve mediante un recupero del rapporto con la nostra

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    Tutte le proposte dirivoluzionamentodei rapporti sociali

    hanno sempreassunto unatradizione dipensiero e una storiacomune comepremessa fondativadell'istanza dicambiamento ancheradicale. Se allespalle c' soltanto ilnulla anche ilcambiamento sar difatto un nichilismovuoto.

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    stessa nascita attraverso quella che Freud chiamava unatrasformazione del padre reale in padre ideale. PerchBerlinguer rimasto nell'animo degli italiani come un grandeuomo che aveva amato oltre la vita il suo partito e il suo

    paese? Perch anche le persone che lo avevano combattutoerano abituate a fare i conti con una personalit rigorosa esemplice che imponeva sempre il confronto sui contenuti. Mi

    viene da dire, forse con una certa superficialit, che i giovaniche cercano spazio e visibilit sono figli della generazione diquanti oggi hanno 40 e 50 anni, che hanno rimossocompletamente il problema della propria storia e dellepropria generazione e hanno trasmesso alle nuovegenerazioni soltanto gli effimeri impulsi all'esibizione e alla

    visibilit televisiva. Per comprendere i giovani di oggibisognerebbe analizzare la societ dei cinquantenni di oggi edel vuoto che hanno creato attorno a s.

    Per tali ragioni quella di Renzi mi appare una candidaturaappesa nel vuoto che pu suscitare labili consensi emotivi mache certamente danneggia il tentativo ancora troppo timidodi Bersani di costruire una forza coesa, capace di porre lebasi di una vera alternativa all'attuale fatalismo della grandemaggioranza degli italiani. Un tempo tra di noi si consideravapi capace di dirigere chi sapeva unificare le parti diverse e

    garantire alle diverse opzioni la possibilit di esprimersi.Bisogna dirlo con franchezza, chi tende a produrrespaccature e conflitti non componibili con una mediazionepi alta, di per s mostra di non essere capace di guidare unagrande forza politica.

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    on vi dubbio che uno degli argomenti caldidellattuale dibattito politico e sociale in Italiasia quello della individuazione degli strumentie delle risorse necessarie per uscire il pirapidamente possibile dalla crisi e per far

    ripartire la crescita del sistema Paese.Loccasione specifica per riflettere ancora una volta su

    questo tema, visto da una persona che si sempre occupatadi ricerca fondamentale in fisica, mi stata fornita dalla

    recente partecipazione ad un congresso internazionaletenutosi a Kyoto in Giappone. I risultati che hanno riscossoil maggiore interesse riguardavano una specifica misura delfenomeno delle oscillazioni di neutrino e sono statipresentati da esperimenti che si trovano in Cina, Corea delSud, Giappone, Stati Uniti e Francia. A differenza degli altri,i fisici cinesi e soprattutto i coreani hanno iniziatorelativamente da poco lattivit sperimentale in questo campoe la rapidit ed efficienza con cui hanno costruito imponentie sofisticati apparati sperimentali e sono stati in grado difornire risultati molto importanti, ha impressionato lacomunit scientifica internazionale. La Francia, che pureaveva iniziato molto prima, in ritardo nel completare unanalogo esperimento e a presentarne i risultati. Cina e Coreasono quindi paesi fortemente emergenti nella ricercascientifica. Questa radicale trasformazione avvenuta negliultimi venti anni e la corsa non sembra essersi arrestata acausa della crisi economica che ha colpito pesantementelEuropa e gli Stati Uniti.

    Ebbene la Cina ha anche un tasso di crescita media annuasuperiore al 6% e la Corea del Sud di poco inferiore a tale

    Ricerca e formazionecome leva dello sviluppo

    Lucia Votano Direttore dei Laboratori Nazionali del Gran Sasso

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    valore, senza contare che il suo reddito annuo pro capite hasuperato quello degli italiani. C un altro dato interessante sucui riflettere, in Corea il 60% dei giovani di et compresa tra i25 e 35 anni ha una laurea e il 21% in ambito scientifico; in

    Italia nella stessa fascia di et solo il 20% ha una laurea e il4% in ambito scientifico, valori pi bassi anche della mediaeuropea. Anche in Cina la percentuale dei giovani laureati stacrescendo sempre di pi. Questi risultati sorprendentiraggiunti in campo scientifico e al contempo nello sviluppoeconomico sono il risultato di sempre crescenti investimentinella istruzione a livello superiore e nella ricerca.

    Al di l di questi particolari esempi, studi ben pi ampi eapprofonditi dimostrano in modo inequivocabile che lacorrelazione tra investimenti in formazione a tutti i livelli,ricerca scientifica, innovazione tecnologica e sviluppoeconomico di un Paese fortissima.

    Appare invece evidente che in Italia abbiamo una granderisorsa, il capitale umano, che continuiamo a sottoutilizzare esu cui invece imperativo investire per non continuare adarretrare sempre di pi nelle classifiche mondiali dellosviluppo culturale, sociale ed economico. Siamo un grandePaese con grandi tradizioni culturali, con eccellenze incampo scientifico, nicchie di imprenditori che ancora

    credono nellinnovazione tecnologica, tuttavia nella scalasociale dei valori listruzione, la cultura, la ricerca hannoperso rispetto e considerazione di pari passo con la costantee notevole decrescita avvenuta negli ultimi 10 anni degliinvestimenti pubblici in istruzione e ricerca. Il mondo stacambiando radicalmente e il cambiamento pi grosso proprio nel livello medio di istruzione della popolazionemondiale, e dei paesi emergenti in particolare, nonch neimassicci investimenti che questi paesi hanno riversato negli

    ultimi venti anni nella ricerca scientifica e tecnologica. OCSEci fornisce il dato che la media mondiale di giovani laureati oggi intorno al 37%, da confrontare con il 13% della finedegli anni 50. Se poi estrapolassimo a qualche decennio inavanti la velocit di crescita di alcuni Paesi emergenti,supponendo che rimanga ai valori attuali, e la mettessimo aconfronto con il nostro immobilismo se non arretramento,potremmo rimanere terrorizzati dalla prospettiva di vederelItalia come il terzo mondo prossimo venturo.

    Questa paura la vivono ogni giorno gli scienziati che

    vedono i propri giovani che appena dopo aver conseguito ildottorato di ricerca o dopo poco anni, devono abbandonare

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    La correlazione trainvestimenti in

    formazione a tutti i

    livelli, ricercascientifica,

    innovazionetecnologica e sviluppo

    economico di unPaese fortissima.

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    le Universit o gli Enti di ricerca per essere accolti congrandi riconoscimenti nelle istituzioni estere. La formazioneuniversitaria a livello scientifico in Italia ancora di altissimolivello e i giovani non incontrano molta difficolt a trovare

    negli Stati Uniti o in Europa delle opportunit di continuarelattivit di ricerca. Portare un giovane al dottorato costa alloStato Italiano circa 500000 Euro, un investimento perso se afronte di un italiano che va allestero per non tornare pi,non pos