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Stori a della Chies a Lezione II

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Page 1: Storia della Chiesa Lezione II. 270 S. Antonio Abate si ritira nel deserto cercando una vita di maggiore orazione e penitenza (eremita)

Storia

della Chies

aLezione

II

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270 S. Antonio Abate si ritira nel deserto cercando una vita di maggiore orazione e penitenza (eremita).

313 Con l'Editto di Milano Costantino proclama il cristianesimo religio licita.

316 In Africa inizia lo scisma di Donato sulla questione dei lapsi.

320 S. Pacomio scrive la regola per il primo cenobio.

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270 S. Antonio Abate si ritira nel deserto cercando una vita di maggiore orazione e penitenza (eremita).

313 Con l'Editto di Milano Costantino proclama il cristianesimo religio licita.

316 In Africa inizia lo scisma di Donato sulla questione dei lapsi.

320 S. Pacomio scrive la regola per il primo cenobio.

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Dall'inizio del secolo IV avviene che:

• l'ideale di santità legata al martirio è meno presente nella maggior parte dei cristiani.

• d’altra parte, la maggiore facilità e l'aumento delle conversioni portarono con se:

• un'inarrestabile cristianizzazione della società • ma comportarono pure una certa rilassatezza nello stile di vita e un deperimento dello stesso ideale e ricerca della santità…

Cfr. Javier Sesé “Historia de la espiritualidad“, (Editorial EUNSA, Pamplona 2005)

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Gli occhi di tutti si girarono verso i primi monaci, appena apparsi, che mantenevano un alto livello morale ed spirituale.

In questo modo la santità monastica sostituì quella “martiriale” come modello di vita cristiana, sia a livello pratico che a livello teorico.

Ma, se prima qualsiasi cristiano poteva tendere alla santità, dal momento che a tutti era aperta la possibilità del martirio; dopo no, perché non tutti i cristiani potevano essere monaci.

Cfr. Javier Sesé “Historia de la espiritualidad“, (Editorial EUNSA, Pamplona 2005)

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Diede inizio così una tendenza, minoritaria all'inizio, ma che si accentuò col passare del tempo, di distinguere tra "salvezza" e "santità", cioè a creare due livelli di vita cristiana.

Di fatto, nella dottrina di alcuni autori dell'epoca, i cristiani possono vivere la santità soltanto nella misura in cui siano capaci d'imitare la forma di vita degli eremiti o dei cenobiti; cosa praticamente impossibile per la stragrande parte delle persone a motivo delle loro circostanze personali e sociali.

Cfr. Javier Sesé “Historia de la espiritualidad“, (Editorial EUNSA, Pamplona 2005)

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Se al fatto che appena si davano casi di santità martiriale

si aggiunge che erano pochi i casi in cui la vita di alcuni cristiani non monaci veniva presentata come modello di santità (sebbene ci fossero, per es. Santa Monica),

e che furono scomparendo le persone che vivevano come asceti o vergini al margine della vita monastica,

… si capisce meglio che, sebbene non ci fosse un'intenzione esplicita,

avvenne un progressivo spegnimento del valore

santificatore della vita ordinaria, così caratteristico dei primi cristiani.

Cfr. Javier Sesé “Historia de la espiritualidad“, (Editorial EUNSA, Pamplona 2005)

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Ci furono sforzi per evitare questo errore, soprattutto all'inizio.

Ma pian piano che aumentava il numero e l'influsso dei monaci ed scendeva l'esigenza di santità degli altri cristiani, queste affermazioni teoriche non trovarono sufficienti esempi pratici e si andarono perdendo anche nella teoria.

Nemmeno bisogna dimenticare la decadenza generalizzata dell'impero romano in quest'epoca malgrado il positivo influsso morale del cristianesimo.

Cfr. Javier Sesé “Historia de la espiritualidad“, (Editorial EUNSA, Pamplona 2005)

catania

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Questo farà sentire il suo peso lungo quali tutta la spiritualità medievale e non sarà definitivamente superato se non ai giorni nostri, malgrado la chiarezza di vedute di tante persone sante e gli evidenti progressi spirituali avvenuti in 16 secoli (dal IV al XX secolo).

Cfr. Javier Sesé “Historia de la espiritualidad“, (Editorial EUNSA, Pamplona 2005)

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270 S. Antonio Abate si ritira nel deserto cercando una vita di maggiore orazione e penitenza (eremita).

313 Con l'Editto di Milano Costantino proclama il cristianesimo religio licita.

316 In Africa inizia lo scisma di Donato sulla questione dei lapsi.

320 S. Pacomio scrive la regola per il primo cenobio.

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Nel corso di una dozzina d’anni lo statuto del cristianesimo passò, dall’equiparazione dei diritti di libero esercizio, alla condizione di religione privilegiata, ma allo stesso tempo sorse un problema assente nella società pagana, quello dei rapporti tra Stato e Chiesa.

Prima di addentrarci nelle diverse epoche della storia, sembra importante una riflessione riguardante un aspetto oggi particolarmente attuale.

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I problemi storicamente legati alle differenze religiose e morali, insieme a fattori di tipo ideologico, hanno originato una mentalità, in alcuni ambienti molto diffusa:

Per loro (1), l’esistenza di persone che vivono con la convinzione che esiste una verità sul bene della persona e delle comunità umane, può

causare relazioni ingiuste di dominio o di violenza tra gli uomini.

(1) Cfr. www.forma-mentis.net, “Gianni VATTIMO e il pensiero debole”

Da qui nasce il cosiddetto “pensiero debole”: per loro occorre

adeguarsi alla verità che esistono diverse verità

per cui non esiste verità assoluta, ma solo una pluralità di verità relative

Allora, anche per loro esiste UNA verità:

che esistono diverse verità !!!

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Secondo Nietzsche, ogni morale, ogni forma ideologica, politica, etica e religiosa che si voglia fondare su principi unici che intendono richiamarsi a una verità assoluta, è una forma di rimedio che gli uomini pongono in essere per paura dell'ignoto e del caos.

Il “pensiero debole” sostiene che questa tendenza a fondare morali e ideologie forti è una forma di violenza (…) e di dominio sugli uomini, in virtù di una gerarchizzazione degli aspetti della realtà, per cui alcuni sono migliori di altri e questo dominio è una forma di violenza prevaricante e arbitraria.

Cfr. www.forma-mentis.net, “Gianni VATTIMO e il pensiero debole”

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Da questa idea, che ora non ci soffermiamo ad analizzare, possono derivare atteggiamenti diversi.

Alcuni considerano che è un bene, o almeno il male minore necessario per la convivenza democratica, una certa dose di agnosticismo o di relativismo.

Per cui pensano che in ambito pubblico è meglio non parlare delle verità ultime, spingendosi ad esigere, come condizione per qualsiasi forma di dialogo, la disponibilità dell’interlocutore a rinunciare o, almeno, a mettere in sordina le convinzioni esistenziali costitutive della propria identità;

chi non è disposto a farlo, viene accusato di essere un cattivo cittadino, un nemico della convivenza.

Angel Rodríguez Luño, La formazione della coscienza in materia sociale e politica secondo gli insegnamenti del Beato Josemaría Escrivá (1997) in http://www.eticaepolitica.net

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Davanti a questa prospettiva…

alcuni si chiudono al dialogo,

perché non vogliono o non sanno dare certe spiegazioni,

per timore

o perché si sentono sottoposti a un ricatto morale;

Angel Rodríguez Luño, La formazione della coscienza in materia sociale e politica secondo gli insegnamenti del Beato Josemaría Escrivá (1997) in http://www.eticaepolitica.net

altri pensano che il dialogo è un bene per cui vale la pena cedere, cioè, rinunciare, almeno all’esterno e per tattica, alla propria identità… anche se è un atteggiamento che comporta una certa doppiezza, poco leale sia verso le proprie convinzioni che verso gli stessi interlocutori.

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Verso questo problema il Fondatore dell’Opus Dei dimostrò, fin dagli inizi della sua attività, una grande sensibilità.

Alla base delle sue riflessioni stanno due insegnamenti ricavati dal Nuovo Testamento:

a) quello del Signore che avverte che non esiste un vero dilemma tra ciò che si deve a Dio e ciò che si deve a Cesare [Cfr. Mt 22, 15-22. ], e

b) l’insegnamento di san Paolo che la verità deve essere esposta con carità, senza ferire [Cfr. Ef 4, 15; Cfr. Forgia, n. 559].

Angel Rodríguez Luño, La formazione della coscienza in materia sociale e politica secondo gli insegnamenti del Beato Josemaría Escrivá (1997) in http://www.eticaepolitica.net

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Per questa convinzione non aveva difficoltà ad armonizzare

• il diritto a mantenere la propria identità intellettuale e spirituale e

• il dovere di parlare con semplicità o di collaborare con chi ha idee diverse.

«Ho sempre insistito, affinché questa idea vi rimanga ben chiara, sul fatto che la dottrina della Chiesa non è compatibile con gli errori che si oppongono alla fede. Ma forse non possiamo essere leali amici di coloro che praticano tali errori? Se siamo ben saldi nella condotta e nella dottrina, non possiamo forse collaborare con loro, in tanti campi?» [S. Josemaría Escrivá, Lettera 16-VII-1933, n. 14].

Cfr. Angel Rodríguez Luño, La formazione della coscienza in materia sociale e politica secondo gli insegnamenti del Beato Josemaría Escrivá (1997) in http://www.eticaepolitica.net

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Senza dubbio pensava che la collaborazione con persone di credenze diverse in molte occasioni poteva offrire

l’opportunità di diffondere la verità

e di dissipare pregiudizi e malintesi.

Angel Rodríguez Luño, La formazione della coscienza in materia sociale e politica secondo gli insegnamenti del Beato Josemaría Escrivá (1997) in http://www.eticaepolitica.net

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Distinse con chiarezza estrema

• la relazione intima della coscienza personale con la verità,

• dalla relazione tra persone.

La relazione intima della coscienza personale con la verità è presieduta dal potere normativo della verità, perché non è mai onesto non essere coerente con quel che in coscienza si giudica vero;

La relazione tra persone è presieduta dalla giustizia e dalle inalienabili esigenze della dignità della persona.

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Per questo parlava, riferendosi alla relazione intima della coscienza personale con la verità, di santa intransigenza, termine con cui indicava la coerenza, la sincerità, a cui si oppone la codardia, cioè, l’atteggiamento di chi essendo convinto che due più due fa quattro, per debolezza o comodità dice che fa tre e mezzo.

Aggiungeva sempre, però, che l’intransigenza riferita a una affermazione dottrinale non è santa se non è unita alla transigenza amabile verso la persona che sostiene una posizione diversa dalla nostra, che consideriamo erronea:

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Il suo atteggiamento a questo riguardo era fermo e chiaro e non ammetteva eccezioni.

Considerava l’intolleranza un’ingiustizia di fronte alla quale si doveva reagire.

«Per questo, quando qualcuno cercasse di strapazzare quelli che sono nell’errore, siate sicuri che sentirei l’intimo impulso di stare vicino a loro, e seguirne per amor di Dio la sorte» [S. Josemaría Escrivá, Lettera 31-V-1954, n. 19 ].

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L’origine delle relazioni ingiuste di dominio o di violenza tra gli uomini di cui abbiamo parlato all’inizio non hanno origine nell’affermare l’esistenza e la ricerca della verità; hanno origine proprio quando questa viene negata.

“Nell’ambito culturale occidentale, a motivo della separazione completa tra sapere e credere, potrebbe venire in un futuro non troppo lontano il momento in cui le parabole e le immagini della religione qual è stata finora non possiederanno più alcuna forza di persuasione neppure per la gente semplice; allora temo, anche l’etica finora vigente in breve tempo crollerà e accadranno cose di un atrocità che non ci possiamo neppure immaginare” (1).

Il cardinale Ratzinger, commenta così queste parole: “Gli interlocutori del dialogo, all’epoca, nel 1927, non potevano sapere che di lì a poco sarebbero iniziati quei nefasti dodici anni, nei quali effettivamente avvennero cose “di un attrocità” che prima doveva sembrare impossibile”

(1) parole di Wolfgang Pauli nelle sue conversazioni intorno alla fisica atomica con Werner Heisenberg e Paul Dirac, in “Fede, Verità, Tolleranza” Joseph Ratzinger. Ed. Cantagalli, 2003. pag.146-147.

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L’invito è a portare avanti lo studio domandandoci:

Il dominio o la violenza tra gli uomini è sorto quanto si è cercato di arrivare alle verità fondamentali su cui costruire

l’ordinamento sociale ?

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Ma torniamo ai fatti della storia…

Sebbene non viene citato, il riferimento delle successive diapositive è al libro di Alberto Torresani, Storia della Chiesa, Edizione Ares (2006).

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270 S. Antonio Abate si ritira nel deserto cercando una vita di maggiore orazione e penitenza (eremita).

313 Con l'Editto di Milano Costantino proclama il cristianesimo religio licita.

316 In Africa inizia lo scisma di Donato sulla questione dei lapsi.

320 S. Pacomio scrive la regola per il primo cenobio.

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All’inizio del IV secolo la Chiesa appariva organizzata in alcuni grandi patriarcati, tra cui primeggiavano quelli di Alessandria e di Antiochia dove operavano due grandi scuole esegetiche, poi venivano i patriarcati di Gerusalemme e di Roma cui si aggiunse il patriarcato di Costantinopoli, dopo l’inaugurazione della città come nuova capitale dell’impero.

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Quando Costantino decise di eleggere come capitale dell’impero Costantinopoli (Bisanzio), operò una scelta di enorme importanza.

Nel corso dei concili di Costantinopoli e di Calcedonia venne decretato che il vescovo di Costantinopoli sarebbe venuto subito dopo il vescovo di Roma per dignità, ma è chiaro che tale vescovo rimaneva, per così dire, schiacciato dal confronto con l’imperatore perché essendo dotato di un’autorità interna allo Stato, era a esso subordinato.

A Roma invece, si fece strada l’idea che il potere papale avesse un àmbito sovranazionale, in forza del primato di quella sede su tutte le altre.

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Costantino sapeva che, dopo le guerre civili del III secolo che avevano fiaccato non poco l’impero, e la guerra contro i nemici esterni dell’impero, i Persiani, la concordia era possibile se esisteva un solo imperatore che, a sua volta avrebbe desiderato un solo vescovo supremo per tutti i cristiani.

Ma chi doveva essere questo unico vescovo supremo: quello di Roma o quello della novella capitale dell’impero, Costantinopoli ?

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Il sistema ecclesiastico non si era ancora del tutto configurato quando scoppiò la prima grave crisi della Chiesa, quella rappresentata dall’eresia ariana (studiata in Cristologia).

Ario, formatosi alla scuola di Antiochia, presentò nella predicazione una concezione del Logos e dei suoi rapporti con Dio Padre inusitata: il figlio di Dio è stato creato; ci fu un tempo in cui non era; è una creatura: è soltanto uomo, non è Dio.

Il vescovo di Alessandria, luogo dove Ario esercitava il suo ministero presbiterale, lo espulse dalla Chiesa d’Alessandria.

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Giunti a questo punto, anche l’imperatore Costantino comprese la gravità del conflitto che rischiava di dividere l’episcopato delle due provincie più importanti del suo impero, la Siria e l’Egitto, radunò tutti i vescovi in una conferenza generale.

Sorse così il progetto del primo concilio ecumenico della Chiesa, il concilio di Nicea (maggio 325).

A Nicea venne approvata la professione di fede riguardante il Figlio di Dio: “generato dal Padre, ossia della stessa sostanza del Padre, Dio da Dio, luce da luce, Dio vero da Dio vero, generato non creato” con cui si toglieva ogni dubbio sulla natura divina.

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Purtroppo, e per la durata di mezzo secolo, la vicenda dell’arianesimo avvelenò l’impero.

Sebbene al momento della votazione solo 2 vescovi su 300 si dichiararono contrari; due tra questi 298, Eusebio di Nicomedia (molto abile sul piano politico e ben accetto in corte tanto che divenne consigliere dell’imperatore per le questioni religiose) ed Eusebio di Cesarea (desideroso di emergere come mediatore e più avanti scelto come biografo di Costantino ed storico ufficiale della Chiesa) ritirarono la loro firma d’assenso ai canoni di Nicea.

Forse nemmeno l’imperatore accettò la formula della maggioranza perché fin dal 328 si notò in Costantino un mutamento preoccupante.

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Il partito filoariano seminò calunnie davanti all’imperatore nei confronti di Atanasio (vescovo di Alessandria), deciso difensore della fede nella divinità di Gesù Cristo.

Costantino convocò a Tiro nel 335 un sinodo di vescovi col compito di giudicare l’operato di Atanasio.

I vescovi furono scelti accuratamente tra coloro che erano ostili ad Atanasio.

Atanasio si allontanò da Tiro e si recò a Costantinopoli per giustificarsi davanti all’imperatore, ma non venne ricevuto.

Il sinodo di Tiro sancì la deposizione di Atanasio che fu esiliato a Treviri nella Gallia.

Ma in quell’anno morì Ario e un anno dopo morì anche Costantino.

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Vescovi come Eusebio di Cesarea elaborarono una teologia volta a giustificare la particolare posizione dell’imperatore nella Chiesa:

l’impero terreno era l’immagine dell’impero celeste, che ha un unico Signore, così come unico dev’essere

l’imperatore che lo rappresenta in terra.

l’imperatore è “uguale agli apostoli”, addirittura superiore ai vescovi.

Si può capire perché gli imperatori da Costantino a Costanzo e a Valente promuovessero l’unità della Chiesa in funzione imperiale.

Vescovi come Atanasio compresero la necessità dell’autonomia della Chiesa dallo Stato: allo Stato tocca la diffesa dell’ordine pubblico, della prosperità e della pace; alla Chiesa la guida dei fedeli alla salute eterna.

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325 Costantino presiede il primo concilio ecumenico a Nicea, che condanna l'eresia ariana.

330 È inaugurata la nuova capitale dell'impero, Costantinopoli, edificata sulla più antica Bisanzio.

335 Sinodo a Tiro (deposizione di Atanasio)

336 Muore Arrio

337 Morte di Costantino: l'impero è diviso tra i tre figli Costantino II, Costanzo, Costante.

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337 Morte di Costantino: l'impero è diviso tra i tre figli Costantino II, Costanzo, Costante.

338 Costantino II revoca l’esilio di Atanasio.

Protesta dei filoariani: una deposizione decretata da un sinodo ecclesiastico non può essere annullata da una decisione imperiale. Si rivolgono al papa Giulio I per cercare di ottenere la ratifica delle decisioni del sinodo di Tiro.

Papa Giulio I convoca un sinodo a Roma per giudicare la causa di Atanasio

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Quando il papa Giulio I convocò un sinodo a Roma per giudicare la causa di Atanasio, i vescovi filoariani rifiutarono di parteciparvi asserendo che si trattava di questione interna alla chiesa d’Oriente.

Nel frattempo avevano eletto un nuovo vescovo di Alessandria al posto di Atanasio, insediato con l’aiuto delle truppe imperiali.

Il papa riconfermò Atanasio come unico vescovo di Alessandria e affermò che le questioni relative ai seggi episcopali d’Oriente erano competenza del vescovo di Roma e che le sue decisioni avevano valore universale.

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338 Papa Giulio I convoca un sinodo a Roma per giudicare la causa di Atanasio (appena visto)

340 Viene ucciso Costantino II.

A capo dell’occidente e dei Balcani rimane Costante.

343 Gli imperatori Costante e Costanzo, dietro proposta del papa Giulio I convocano un nuovo sinodo alla presenza di vescovi delle due parti dell’impero a Sardica (Sofia).

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A Sardica i vescovi orientali si opposero alla partecipazione dei vescovi fedeli al concilio di Nicea che erano stati rimossi dalla loro sede.

Inoltre si allontanarono precipitosamente da Sardica affermando di dover tornare nelle loro comunità per festeggiare Costanzo vittorioso in Persia.

Ribadirono per lettera le loro accuse nei confronti dei vescovi deposti, accomunando a costoro il papa Giulio I. Sicuramente queste mosse erano state concordate in precedenza.

I vescovi occidentali proseguirono i lavori del sinodo dimostrando l’innocenza di Atanasio.

A Sardica iniziò l’allontanamento tra le Chiese d’Oriente e d’Occidente.

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343 Sinodo a Sardica (appena visto).

349 Muore il papa Giulio I.

350 Costante viene ucciso.

353 Costanzo rimane l’unico imperatore.

Costanzo convoca ad Arles un sinodo di vescovi delle Gallie che furono obbligati a condannare Atanasio.

355 Il papa Liberio chiede a Costanzo la convocazione di un grande sinodo a Milano.

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Il sinodo di Milano fu pilotato dall’imperatore Costanzo, che esigette unicamente la condanna di Atanasio, mentre i vescovi intendevano solo riaffermare il simbolo di Nicea.

Costanzo arrestò il papa Liberio e lo mise davanti all’opzione tra la condanna di Atanasio (e la propria liberazione), oppure l’esilio.

Il papa Liberio fu esiliato.

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355 Sinodo a Milano. Esilio di papa Liberio (appena visto).

358 Il papa Liberio fa ritorno a Roma.

359 L’imperatore Costanzo convoca un doppio concilio, degli orientali a Seleucia, degli occidentali a Rimini.

I vescovi presenti a Rimini furono obbligati a firmare un documento filoariano.

A Seleucia solo i vescovi dell’Egitto rimasero fedeli al concilio di Nicea.

361 Muore Costanzo.

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La nomina del successore di Costanzo cadde su Giuliano, che sorprese tutti proclamandosi pagano.

Poiché Giuliano era stato battezzato, si trattava di apostasia, una colpa particolarmente grave per i cristiani.

Fece togliere i segni cristiani; coniare nuove monete coi simboli pagani; ordinò la riapertura dei templi e sacrifici agli dèi, permise attacchi contro i cristiani, riassunse il titolo di pontifex maximus e riformò il sacerdozio pagano imponendogli compiti liturgici e assistenziali; espulse dai posti di insegnamento i cristiani affermando che, non credendo negli dèi, non potevano insegnare convenientemente la letteratura pagana.

Forse solo dopo la morte di Giuliano il paganesimo tramontò definitivamente.

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361 Morte di Costanzo; Giuliano è proclamato augusto; tentativo di restaurazione del paganesimo (appena visto).

363 Morte di Giuliano in Mesopotamia nel corso della guerra contro i persiani.

370 L’imperatore Valente inizia una dura persecuzione dei vescovi che difendono la natura divina dello Spirito Santo

373 Muore Atanasio

374 Ambrogio è nominato vescovo di Milano.

378 Valente è rovinosamente sconfitto ad Adrianopoli dai Goti. Teodosio il Grande è nominato augusto e ristabilisce la situazione.

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Valente fu rovinosamente sconfitto dai Goti nel 378.

L’impero si riprese a fatica, guidato da Graziano in Occidente e da Teodosio il Grande in Oriente.

Entrambi gli imperatori credettero nella divinità di Gesù Cristo e specialmente Teodosio I si propose la definitiva chiusura dello scisma ariano.

Nel 380 l’imperatore Teodosio promulgò il famoso editto che manifestava a tutti i popoli dell’impero il suo desiderio che venisse professsata la religione trasmessa dall’apostolo Pietro e professata dal papa Damaso.

Soltanto chi accettasse quella professione avrebbe potuto fregiarsi del nome di cristiano.

Gli altri erano eretici e le loro chiese venivano definite conventicole, degne della punizione divina e della riprovazione imperiale.

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Dal 370 era vescovo di Cesarea di Cappadocia (Turchia), Basilio (S. Basilio Magno o il Grande): apparteneva a una famiglia di santi; possedeva una perfetta educazione classica conseguita ad Atene e a Costantinopoli, ed aveva un fascino che conquistava chiunque l’avvicinasse.

Basilio con il fratello Gregorio (di Nissa) e Gregorio di Nazianzo ebbero il merito, tra gli altri, di stabilire un linguaggio teologico rigoroso per intendere la differenza tra sostanza e persona; e il modo di differenziare le Persone divine all’interno dell’unica Sostanza (Essere ingenerato; processione; missione).

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Teodosio I, dopo avere insediato sulla cattedra di Costantinopoli Gregorio di Nazianzo, decise la convocazione di un concilio a Costantinopoli (per il maggio 381).

In questo concilio:

a) venne aggiunta al credo di Nicea, che diceva semplicemente:

“Noi crediamo nello Spirito Santo”

la precisazione importante:

“che è Signore e dà la vita, procede dal Padre, che col Padre e col Figlio è adorato e glorificato e ha parlato per mezzo dei profeti”

b) Consacrò Costantinopoli come sede metropolita, superiore di Alessandria, Antiochia e Gerusalemme, sedi che vantavano il privilegio di avere fondazione apostolica.

Questo patriarcato orientale divenne sempre più potente a mano a mano che Roma decadeva alla condizione di piccolo borgo dal VI secolo in poi.

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Dopo i tempi di Costanzo e Valente, il conflitto tra Stato e Chiesa ebbe un altro clamoroso sviluppo al tempo di Ambrogio di Milano e di Teodosio I (il Grande).

Ambrogio fu nominato vescovo di Milano nel 374, alla morte del vescovo ariano, quando era ancora catecumeno e occupava una carica altissima.

Ambrogio dette prova di saper valutare correttamente i compiti dello Stato e della Chiesa, distinti ma non contrapposti.

Un fatto può aiutare a capire: Nel 389 Teodosio compì la sua visita a Roma dove fece abbattere i simboli del paganesimo e poi tornò a Milano.

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A  Tessalonica erano state acquartierate nelle case di molti abitanti truppe gotiche comandate da Boterico.

La popolazione mal tollerava il fatto.

Un giorno Boterico fece imprigionare un  auriga: la folla insorse chiedendo la scarcerazione del suo idolo.

Al rifiuto di Boterico, la folla rispose assassinandolo.

Quando conobbe l'accaduto, la collera di Teodosio non ebbe limiti, temendo che venissero compromessi i rapporti coi Goti; nonostante gli appelli alla clemenza lanciati da Ambrogio, ordinò di ammassare nello stadio di Tessalonica numerosi  cittadini, ordinandone la strage.

Conosciuti i fatti, Ambrogio abbandonò Milano, affermando di non poter celebrare l'Eucarestia alla presenza dell'imperatore, al quale scrisse una lettera privata con l'invito a far penitenza.

La lettera trovò un interlocutore degno del grande vescovo: Teodosio accettò la penitenza pubblica inflitta da Ambrogio.

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387 A Milano Agostino riceve il battesimo dalle mani di Ambrogio.

395 Morte di Teodosio. Divisione definitiva dell'impero tra Arcadio in Oriente e Onorio in Occidente.

Alla morte di Teodosio riprendono le invasioni dei barbari.

404 L'Imperatore Bizantino Arcadio depone il Patriarca di Costantinopoli Giovanni Crisostomo

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Nel 404 sorse una nuova controversia, quando l'Imperatore Bizantino Arcadio depose il Patriarca di Costantinopoli Giovanni Crisostomo, che si era procurato l’inimicizia della corte imperiale (a motivo dell’invadente imperatrice Eudossia, e anche per aver cercato di correggere alcuni prelati mondanizzati e dame che, avendo molto tempo libero, lo impiegavano per inventare problemi inesistenti).

Il Papa Innocenzo I ruppe la comunione con i patriarcati orientali, in quanto avevano accettato la deposizione di Crisostomo.

Questa divisione fu risanata solo nel 415, quando i patriarchi orientali riconobbero retroattivamente la legittimità di tale patriarca.

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404 Il papa Innocenzo I rompe la comunione con i patriarchi di oriente (che non hanno difeso Giovanni Crisostomo).

406 Numerose tribù germaniche dilagano in Gallia.

410 I Visigoti di Alarico saccheggiano Roma.

415 E’ risanata la divisione tra Roma e i patriarchi di oriente.

420 Muore San Girolamo (traduzione latina della Bibbia)

428 Nestorio viene nominato vescovo di Costantinopoli.

429 I Vandali si stanziano in Africa.

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I teologi approfondirono l’importanza che ha per la nostra redenzione il fatto che Gesù Cristo, oltre a un corpo umano un anima umana.

Altrimenti i tratti umani di Cristo –tristezza, angoscia, afflizione- si sarebbero dovuti attribuire al Logos che, essendo Dio non può subire mutazioni.

Come si studia in Cristologia, Apollinare di Laodicea, vescovo, non riconobbe un anima razionale in Cristo. Questa dottrina venne condannata da papa Damaso nel 377.

Ma non si arrivò alla crisi fino al 428, dopo la nomina di Nestorio a vescovo di Costantinopoli, quando un po’ avventatamente questi predicò contro il termine theotokos (madre di Dio) attribuito alla Madonna, da sostituire col termine Christotokos (madre di Cristo).

Si trattò di un errore perché il termine theotokos era già in uso da prima del concilio di Nicea e il vescovo Nestorio sembrava infrangere una dottrina fino a quel momento indiscussa.

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Dapprima protestarono contro Nestorio i monaci, poi anche i laici.

L’eco della disputa giunse anche ad Alessandria, dove il vescovo Cirillo si affrettò a difendere la legittimità del termine theotokos.

Sia Cirillo che Nestorio erano di carattere troppo vivace e suscettibile, il che diede a tutta la vicenda dei continui colpi di scena.

L’imperatore Teodosio II decise di convocare per la Pasqua del 431 i vescovi in un sinodo generale da celebrare a Efeso. L’invito fu esteso anche al papa Celestino.

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Lo svolgimento del concilio di Efeso fu piuttosto movimentato ma:

• venne stabilito che il simbolo di Nicea era la regola di fede.

• fu assodata la dottrina della comunicazione degli idiomi

• e la perfetta liceità del termine theotokos.

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431 Teodosio II convoca il concilio di Efeso.

449 Latrocinium di Efeso.

451 Concilio di Calcedonia.

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Un monaco di 70 anni di età di nome Eutiche, senza grande talento teologico, pero esemplare per altri versi, ripeteva in modo ossessivo tanto da rivelare un certo fanatismo: “io professo che in nostro Signore prima dell’incarnazione c’erano due nature, ma dopo l’incarnazione professo una sola natura”.

Nel 443 Flaviano era vescovo a Costantinopoli. Non ritenne opportuno dare risalto alla concezione di Eutiche… 70 anni… a quel tempo…

Un altro vescovo, nel 448, denunciò la tesi di Eutiche che fu condannata nel corso di un sinodo.

Eutiche nel difendere la sua visione si rivolse anche all’imperatore Teodosio II che approfittò della circostanza per altri fini.

Per decreto imperiale fissò nel 449 un concilio ad Efeso, che per il modo come si svolse fu definito da papa Leone I come il latrocinium di Efeso (il Brigantaggio di Efeso).

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L’imperatore Teodosio II assegnò la presidenza del “concilio” a Dioscoro di Alessandria che era il patriarca di Alessandria d'Egitto (dal 444 al 451).

Era il successore di Cirillo (in carica dal 412 al 444), che era stato maestro di Eutiche.

La fama di Dioscoro è legata più che altro al latrocinium di Efeso (449), in cui egli riuscì:

• a impedire la lettura della lettera (Epistula ad Flavianum) del papa a Flaviano.

• a far approvare con la forza una professione di fede monofisita, rivelando un malcelato disprezzo per il papa Leone I.

• a ottenere l’esilio di Flaviano (vescovo di Costantinopoli).

• a condannare Teodoreto di Ciro ed altri teologi della scuola antiochena.

Dioscoro fu deposto dal successivo Concilio (Calcedonia).

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Dopo il latrocinium di Efeso (449), il papa Leone I manifestò il proposito di far celebrare un concilio generale in Italia, ma la morte dell’imperatore fermò la questione.

Il nuovo imperatore, Marciano, insistette perché il concilio si celebrasse a Calcedonia e l’ottenne.

Calcedonia

Seguendo i santi Padri, all'unanimità noi insegniamo a confessare un solo e medesimo Figlio, il Signore nostro Gesù Cristo, perfetto nella sua divinità e perfetto nella sua umanità, vero Dio e vero uomo, [composto] di anima razionale e di corpo, consostanziale al Padre per la divinità, e consostanziale a noi per l'umanità, «simile in tutto a noi, fuorché nel peccato» (Eb 4,15), generato dal Padre prima dei secoli secondo la divinità,

e in questi ultimi tempi, per noi e per la nostra salvezza, nato da Maria Vergine e Madre di Dio, secondo l'umanità. Un solo e medesimo Cristo, Signore, Figlio unigenito, che noi dobbiamo riconoscere in due nature, senza confusione, senza mutamento, senza divisione, senza separazione. La differenza delle nature non è affatto negata dalla loro unione, ma piuttosto le proprietà di ciascuna sono salvaguardate e riunite in una sola persona e una sola ipostasi [Concilio di Calcedonia: Denz. -Schönm., 301-302].

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E’ stato affermato con enfasi che a Calcedonia sarebbe avvenuta l’ellenizzazione della Chiesa, facendo prevalere un linguaggio filosofico estraneo alle grandi tradizioni teologiche di Alessandria e di Antiochia che, di fatto, poco dopo si

allontanarono per sempre dall’unità della fede: perciò il giudizio da riservare a Calcedonia dovrebbe essere negativo.

Invece a Calcedonia non avvenne alcuna ellenizzazione e la rilettura del simbolo di fede di Calcedonia lo può confermare.

Il fondamento del simbolo di Calcedonia è la tradizione, la Bibbia, Nicea, Constantinopoli, Efeso (cfr. quanto visto nella prima lezione riguardo alla presunta ellenizzazione della Chiesa).

Calcedonia

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Teodoreto (Antiochia di Siria, 393 circa–457 circa) fu vescovo di Ciro, in Siria, ed ultimo grande teologo cristiano della scuola di Antiochia. Fu anche grande amico di Nestorio e tenace avversario di Cirillo di Alessandria finchè non capì la sostanza del suo insegnamento .

Fu condannato nel latrocinium di Efeso.

Con la condanna del monofisismo tornò alla sua sede.

La sua riabilitazione fu interpretata dall’episcopato siriano come rivincita di Nestorio.

La condanna di Dioscoro di Alessandria fu percepita come un’umiliazione dell’episcopato egiziano.

Come abbiamo visto il risultato fu la perdita delle grandi tradizioni teologiche di Antiochia e di Alessandria che, di fatto, poco dopo si allontanarono per sempre dall’unità della fede

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451 Concilio di Calcedonia.

452 Il papa Leone I (Leone Magno) su invito dell’imperatore Valentiniano III si recò in missione per tentare di placare Attila, in marcia verso Roma; e ci riuscì.

476 Deposizione di Romolo Augustolo, ultimo imperatore.

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