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Oltre la Borsa Matematica, scienze, economia, filosofia, metafisica, congetture ed altro. La raccolta di: Erika Tassi Francesco Caranti Ralph Sassun Vittorio Malvezzi Ario Benedetti Un viaggio tra la regressioni, le serie storiche e i sistemi di analisi numerica. In questa Rubrica si parlerà sempre di numeri ma la vera novità è che questi saranno presentati in una dimensione diversa e accattivante, forse non a tutti ben nota. Protagonista sarà il ‘numero primo’ da cui tutto deriva. Andremo indietro nel tempo raccontando storie insolite, teoremi, congetture, paradossi… una materia che ruota intorno alla genia del numero, quella che ha contributo a farlo diventare l’elemento base delle congetture, delle ipotesi e delle teorie contemporanee. Ci muoveremo tra i confini della matematica, cioè dentro agli schemi che comprendono il numero e che nel numero sono compresi. Per potersi districare dentro la Finanza Derivata è importante riuscire a comprendere i concetti di rischiosità e di probabilità. E questo è ciò che faremo, raccontando una storia che avrà il sapore del passato ma che ci proietterà verso la realtà dei movimenti di Mercato passando attraverso i giochi matematici. Tutti elementi che ci permetteranno di entrare con semplicità nei problemi delle strategie complesse di Portafoglio. Perché riteniamo che la conoscenza, la consapevolezza e l’applicazione costante delle regole siano i tre presupposti fondamentali e indispensabili per affrontare e battere i Mercati. Per informazioni, commenti o curiosità scrivete a [email protected]

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Oltre la Borsa

Matematica, scienze, economia, filosofia, metafisica, congetture ed altro.

La raccolta di:

Erika Tassi Francesco Caranti Ralph Sassun Vittorio Malvezzi Ario Benedetti Un viaggio tra la regressioni, le serie storiche e i sistemi di analisi numerica. In questa Rubrica si parlerà sempre di numeri ma la vera novità è che questi saranno presentati in una dimensione diversa e accattivante, forse non a tutti ben nota. Protagonista sarà il ‘numero primo’ da cui tutto deriva. Andremo indietro nel tempo raccontando storie insolite, teoremi, congetture, paradossi… una materia che ruota intorno alla genia del numero, quella che ha contributo a farlo diventare l’elemento base delle congetture, delle ipotesi e delle teorie contemporanee. Ci muoveremo tra i confini della matematica, cioè dentro agli schemi che comprendono il numero e che nel numero sono compresi. Per potersi districare dentro la Finanza Derivata è importante riuscire a comprendere i concetti di rischiosità e di probabilità. E questo è ciò che faremo, raccontando una storia che avrà il sapore del passato ma che ci proietterà verso la realtà dei movimenti di Mercato passando attraverso i giochi matematici. Tutti elementi che ci permetteranno di entrare con semplicità nei problemi delle strategie complesse di Portafoglio. Perché riteniamo che la conoscenza, la consapevolezza e l’applicazione costante delle regole siano i tre presupposti fondamentali e indispensabili per affrontare e battere i Mercati. Per informazioni, commenti o curiosità scrivete a [email protected]

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Indice

Il Nastro di Moebius e l’Universo Simmetrico Caranti pag. 3 Moebius, incipit perfetto Malvezzi pag. 7 I Problemi del Millennio Caranti pag. 9 Fantasiose fantasie di un commesso viaggiatore Tassi pag. 14 Il Paradosso di Schrödinger Caranti pag. 16 La Musica e il Teorema di Gödel Caranti pag. 21 Relazioni matematiche in natura Sassun pag. 25 Il Codice della Torah e il Teorema del Delirio Caranti pag. 27 Re: Il Codice della Torah Malvezzi pag. 31 I Numeri magici dell’isola di Gavrinis Malvezzi pag. 32 Il Déjà vu: un viaggio nella dimensione Spazio-Tempo Caranti pag. 35 Madre Natura alza il sipario: matematica e fantasia Tassi pag. 39 L’Empireo e le Ipersfere Caranti pag. 41 Il NIM e il teorema di Sprague-Grundy Caranti pag. 45 Il Teorema dei Quattro Colori Caranti pag. 49 Who has the fish? Caranti pag. 52 Incroci matematici per vedere il mondo a regola d’arte Tassi pag. 56 Gli Aforismi di Ippocrate Caranti pag. 59 L’elisir di lunga vita dentro un algoritmo Tassi pag. 63 Le Leggi di Murphy, Parkinson e Peter Caranti pag. 65 Doctor Peter? Ma che simpatia! Tassi pag. 67 Il numero aureo anche nella mia testa Tassi pag. 69 La formula segreta della ricchezza Tassi pag. 71 L’Elisir di lunga Vita nel genoma Malvezzi pag. 73 Ricchi e felici con la luna nuova Tassi pag. 74 Ricchi e felici con il SuperEnalotto Caranti pag. 76 E’ Natale e puoi Tassi pag. 79 L’anagramma Fondamentale del Calcolo Caranti pag. 84 La ricerca dicotomica Caranti pag. 86 Dijkstra e il problema dei Filosofi a Cena Caranti pag. 89 Numeri, violini e sinfonie celesti Benedetti pag. 92 Capitalism: a love story Caranti pag. 94 Il segreto è … la psicologia? Tassi pag. 96 Al Grand Hotel con Lem e Hilbert Caranti pag. 99 Platone, Eulero e la magia del numero 2 Caranti pag.102 La Topologia di Eulero Caranti pag.106

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Il Nastro di Moebius e l’Universo Simmetrico … le superfici di Moebius hanno spinto la fantasia a soluzioni limite come quella di un treno impazzito che scompare girando all'infinito e senza ritorno… Mentre è ormai pronto il nuovo Sito rivolto al tema dell’Ingegneria Finanziaria, un treno impazzito percorre incontrollato i sotterranei di Buenos Aires. La novità è però che il metrò non viaggia su binari reali ma lungo un Nastro di Moebius cioè lungo quel percorso atipico che la Geometria definisce come “topologico”. Tutto ha inizio negli anni ‘50 quando l’astronomo americano A.J. Deutsch imposta nel libro “A subway called Moebius” una personale rielaborazione delle teorie del matematico tedesco August Ferdinand Moebius (1790-1860) che per primo considerò le proprietà delle superfici geometriche definite “non orientabili”. Tanto per sapere di cosa stiamo parlando, va detto che in Geometria si definisce “orientabile” tutto ciò che possiede una faccia interna e una faccia esterna in modo che per passare da una all’altra si debba "attraversare e forare" la superficie stessa. Per fare un esempio, sono orientabili tutte le superfici chiuse e senza bordi: la sfera (che ci permette di gonfiare un pallone) e il toro (che altro non è che una semplice ciambella o una normale camera d'aria di bicicletta). Al contrario, per definire le superfici “non orientabili” dobbiamo riferirci a un esempio un po’ particolare, cioè quello di una cintura. E vediamo come: prima di allacciarla facciamo fare ad una sua estremità un mezzo giro. Se mettiamo un dito all’esterno nella parte liscia vicino alla fibbia e lo facciamo strisciare lungo la cintura, ecco che quando torneremo alla fibbia, il dito si ritroverà nella parte opposta, ossia in quella grezza anziché in quella liscia. Siamo così tornati nello stesso punto di partenza ma esattamente dalla parte opposta, cioè quella contraria e come tale "invisibile" al resto del mondo. Questo movimento si alterna a ogni giro in modo che la volta successiva ci si ritroverà sulla

parte liscia cioè su quella “visibile”. La considerazione più importante da fare è quella che in una “cintura normalmente chiusa” per passare da una parte all’altra è indispensabile attraversare il “bordo” mentre in una “cintura di Moebius” è possibile farlo “una volta sì e una volta no” senza spostare il dito. In un certo senso il nastro di Moebius ha una faccia sola, mentre una cintura normalmente chiusa ne ha due. Da questa considerazione lo spunto matematico è evidente: poiché quando si percorre un giro su un nastro di Moebius ci si ritrova dalla parte opposta, è lecito pensare che in questa condizione si possa scomparire alla vista del mondo. Non solo: il nastro di Moebius è ricco di altre stupefacenti proprietà: se una trottola gira destrorsa lungo tutta la striscia, al suo ritorno nel punto di partenza avrà cambiato il senso di rotazione diventando improvvisamente sinistrorsa. Questo è il motivo per cui le superfici “non orientabili” di

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Moebius hanno spinto in più occasioni la fantasia degli artisti a soluzioni di fanta-matematica come quella appunto di un treno che scompare girando all'infinito senza tornare mai più nel punto di partenza. Nel 1996 il regista argentino Gustavo Mosquera traspone in pellicola il racconto di Deutsch nel film “Moebius”. Il racconto viene adattato per il cinema da vari autori, fra cui il regista stesso, ed ambientato a Buenos Aires dove il protagonista viene incaricato di ritrovare un Professore scomparso dopo essere salito su un treno metropolitano partito alla volta di un percorso senza ritorno. Certo l’ipotesi di Mosquera è frutto di pura fantasia artistica poiché, per quanto si possano scavare infinite gallerie all’interno della terra, non si potrà mai ricadere in proprietà tanto fantasiose. Ciononostante tutti i matematici hanno dimostrato grande indulgenza di fronte alle divagazioni sul mistero di Moebius e ogni volta hanno tollerato l’estro e la fantasia più invasiva degli artisti che hanno voluto esprimersi in tal senso. L'incisore olandese Maurits Cornelis Escher, nel 1961, usa il nastro di Moebius per un lavoro ligneo: “La Striscia di Moebius I” e, due anni più tardi, la “Striscia di Moebius II”.

La scenicità di questa litografia si appoggia sulla proprietà della superficie di Moebius di presentare una sola faccia e un solo bordo e di questa proprietà si avvantaggia una formica che, su questa superficie, può raggiungere il cibo in qualunque punto esso si trovi. E su questa proprietà di Moebius, il film di Mosquera, attraverso congetture forzate delle

proprietà delle arcotangenti paraboliche, riesce a far sparire un treno carico di passeggeri nel tunnel di Buenos Aires sfruttando la scelta migliore dei parametri di questo teorema. I varchi aperti sulle diverse dimensioni spazio-temporali possono così esporsi verso la suggestione e va da sé che un bel giorno potrebbe capitare a noi stessi di finire sul treno sbagliato e nel momento sbagliato, rimanendo intrappolati per sempre. Anche Carole Berger in “Una coppia chiamata Moebius”, affascinato dalla trasposizione matematica, si lascia andare alla fantasia in versi stupendi: "Quando un uomo e una donna si uniscono nell'amore, esiste una potenzialità infinita di rapporti, che come la striscia di Moebius, non hanno fine e non hanno principio". Volendo divagare un po’, va detto che la Geometria ha svolto i propri compiti nel tempo adeguandosi man mano agli studi successivi attraverso l’ampliamento del concetto della “Trasformazione” delle Figure. Già in Grecia, Euclide assegnava alla “trasformazione” i concetti esclusivi collegati alla: • Traslazione (spostamento di una figura nello spazio) • Rotazione (modifica angolare) • Riflessione (speculare) • Dilatazione (zoom). Il passo successivo si deve al matematico russo Nikolaj Ivanovi Lobatcevskij che nel 1829 estende le ipotesi primitive di Euclide assegnate al punto, alla retta e al piano e dall’Università del Kazan fonda la nuova Geometria Iperbolica. Lobatcevskij riconsiderare come fondamentale il contatto tra i corpi e le deformazioni senza lacerazione (una sfera che muta in un ovale, un ovale in un cubo, un cubo in una piramide) attraverso passaggi successivi senza rottura della struttura, in pratica l’inizio della moderna Topologia. Un po’ più tardi, su un altro fronte scientifico, il pedagogo svizzero Jean Piaget (Neuchâtel 1896 – Ginevra 1980) segue il ragionamento del matematico russo affermando che i primi concetti della geometria della vita infantile non hanno caratteristiche metriche ma solo topologiche. I suoi studi affermano cioè che i neonati presentano un approccio naturale e spontaneo più per la topologia che non per la geometria nel senso che sono in grado di

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distinguere subito e per istinto la “forma” degli oggetti e non tanto il dettaglio specifico (come per esempio la differenza tra un pentagono e un esagono), elementi aggiuntivi che si specializzeranno solo più avanti nel tempo. Ecco come, scorrendo un Nastro di Moebius con un dito, ci si possa muovere pur rimanendo invisibili al resto del mondo, così come un treno che corre nella metropolitana di Buenos Aires e allora, che “qualcosa” possa rimanere “nascosto tra le simmetrie” può anche risultare un ragionamento niente affatto forzato, un nuovo passo verso la Teoria dell’Universo Simmetrico (TUS). Spetta alla TUS descrivere in modo nuovo ma verosimile l’Universo, i suoi confini e il dilemma della vita e della morte. Secondo questa teoria, l’Universo è un sistema isolato per il quale, secondo le leggi della Fisica, vale indistintamente il cosiddetto Principio di Conservazione. Ma poiché il Principio di Conservazione viaggia di pari passo con la Simmetria, anche l’Universo si deve evolvere in forma Simmetrica. E quindi, anche se in maniera grossolana, si potrebbe dire che nel momento del Big Bang doveva esistere "qualcosa" di perfettamente omogeneo, indistinto ed uniforme che, espandendosi nello spazio e nel tempo, deve aver generato tutto ciò che è osservabile in natura. Se ciò è accaduto davvero da una parte del "centro" dell’esplosione, identicamente deve essere successo nella parte “opposta”. Ecco perché, a fronte del Sistema Solare nel quale esistiamo, agli antipodi dell’universo deve necessariamente esistere un secondo Sistema Solare simmetrico e identico al nostro in cui i mutamenti avvengono in modo contemporaneo. Dunque tutto ciò che esiste deve avere un “gemello perfetto” in modo che, nello stesso momento, ciascuno di noi “non è più solo" dato che un nostro perfetto clone agli antipodi del cosmo sta facendo e pensando le nostre stesse e identiche cose. Se un esploratore partisse dalla terra per scoprire i confini dell’universo, nello stesso momento il suo “gemello” si imbarcherebbe nella stessa impresa: senza saperlo, i due si troveranno a seguire lo stesso Nastro di Moebius, sperando di incontrarsi ai confini del cosmo. Nel percorso del Nastro, la simmetria si sarà però trasformata da sferica a speculare ed ognuno dei due esploratori avrà però la sensazione di trovarsi davanti ad un enorme specchio per cui ogni tentativo di comunicare risulta impossibile poiché in condizioni di simmetria speculare, la materia e l’antimateria avranno unicamente la prerogativa di contrastarsi continuamente. Da queste considerazioni, l’Universo appare come "chiuso" in una ipersfera di cristallo da cui non è dato uscire: l’interno dell’Universo dell’uno risulterà l’esterno dell’altro e viceversa. A confortare la teoria pare che nemmeno le immagini delle galassie osservate dal telescopio Hubble, ai limiti del cosmo, sarebbero state considerate solo come effetti ottici dovuti alla deflessioni di raggi luminosi da parte di masse invisibili di materia. Nota: Il telescopio spaziale Hubble (HST = Hubble Space Telescope) è posto negli strati esterni dell'atmosfera terrestre, a circa 600 chilometri di altezza, in orbita attorno alla Terra ogni 92

minuti. È stato lanciato il 24 aprile 1990 con lo Space Shuttle Discovery come progetto comune della NASA e dell'Agenzia Spaziale Europea. Al di là dei personali modi di intendere il senso dell’esistenza, della vita e della Fede, il modello dell’ Universo Simmetrico potrebbe essere sintetizzato in questo modo: 1. Il Big Bang è solo un punto di riferimento di infiniti cicli continui ed immutabili perché non può esistere nulla al di fuori del Sistema che possa mutare le cose, cioè, per definizione, l’Universo stesso. 2. Tutto ciò che si osserva in natura scaturisce dal nulla, come mutamento di un qualcosa inizialmente indistinguibile che man mano ha

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assunto le infinite forme conosciute nel rispetto delle leggi di causa ed effetto in un contesto di perfetta simmetria. 3. L’espansione dell’universo, attraverso un percorso simile al nastro di Moebius, fa incontrare ogni corpo con il suo "anti-corpo" ai "confini" del cosmo in simmetria speculare dove, attraverso un urto elastico, dà inizio alla fase di contrazione (Big Reflection). 4. Ogni energia ritorna ad incontrarsi, in simmetria sferica, con la sua anti-energia, nel punto dove era "iniziato" il tutto (Big Crunch) e lì "scompare" annullandosi per "riemergere" nuovamente in un nuovo Big Bang. 5. Tutto si riforma identicamente al ciclo precedente come sempre è stato e sempre sarà: come in un film, in cui la fine della pellicola viene ricongiunta al suo inizio. 6. Ogni essere vivente vivrà la stessa vita e compirà le stesse azioni imprigionato in una ipersfera, subendo, inesorabilmente, la legge di causa-effetto. 7. Ogni essere umano vivrà in eterno pur conoscendo la propria ed altrui morte senza però averne coscienza. Dopo la morte il tempo non si fermerà ma ripartirà veloce, così che ci si risveglierà bambini senza alcun ricordo precedente. La scoperta delle proprietà che portano il nome di August Ferdinand Moebius, ci hanno avvicinati alla filosofia orientale del “doppio”, alla geometria post-euclidea e al Principio di Conservazione della Fisica. Voli di fantasia, sinergia delle scienze, spigolature … un modo come un altro di passare dalla vita ordinaria al controllo dettagliato della nostra esistenza, un po’ come avrebbe voluto Bacone, l’esatto contrario delle teorie del ‘doppio’ - il ‘Ka’ dell’antico Egitto – e dei fenomeni della bilocazione di San Giuseppe da Copertino. Non lo sappiamo né forse lo sapremo mai. Ma l’indagine e la domanda restano ogni giorno più lecite in un mondo che si muove alla velocità della luce. Francesco Caranti

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Moebius, Incipit perfetto! … i numeri oggi possono diventare codici e vettori di comunicazioni… Il nostro Guru ha iniziato parlando di numeri e di quanti piacevoli misteri possano nascondere (Il Nastro di Moebius e l’Universo Simmetrico). I numeri oggi possono diventare codici e anche forti vettori di comunicazioni. A volte con risultati impensabili. Seguitemi con pazienza. Moebius … modestia a parte mi ritengo uno particolarmente portato a fare rebelotto (scusate: sono milanese e da queste parti ‘rebelotto’ è sinonimo di ‘confusione’) una roba che mi viene spontanea ma che ho migliorato con anni di esercizio. Devo però tributare a Moebius l’onore che si deve ai maestri. Che confusionario di classe! Riesce a farlo perfino in universi paralleli tanto che uno si domanda che strategie sarebbe capace di metter su se gli affidassimo in mano una strategia di Borsa! Ma quanto a realtà romanzesca, nessuna meraviglia se il Guru Caranti la prende alla larga. Nella vita - anche senza disturbare le menate filosofiche shakespeariane su quante cose ci siano sotto le stelle - ci sono a volte coincidenze tra estremi che fanno pensare. Quindi seguiamo attentamente la cosa come ce la presenta Caranti senza alzare troppo le sopracciglia e storcere la bocca. Tra gli esempi che mi intrigano parecchio c’è un ingarbugliato accoppiamento tra etichette RFID e Bibbia, addirittura il libro dell’Apocalisse. Le etichette in parola sono un nuovo strumento di identificazione a mezzo radio frequenza che stentano un po’ a partire in quanto costano molto piu’ dei bar-codes, ma possono e potranno gestire un’enormità di informazioni. Vedrai dunque che tecnica moderna e trascendentale si sposano e trovano conferma l’uno nell’altro in un modo inquietante. Seguimi su Internet dove un giorno mi sono imbattuto in un sito che a prima vista mi ha fatto sorridere: una presentazione con tanto di musichetta ossessiva e incalzante. Poi l’ho guardata un’altra volta e ho incominciato a verificare alcuni riscontri e ne sono rimasto turbato. Certo ai numeri e ai fatti puoi far dire tutto quello che vuoi, ma a farla breve ti darò gli elementi perché tu possa giudicare da te. Se ti colleghi al sito di Tommy, http://www.tommyswindow.com/archived_downloads_01.htm , in mezzo a tanti altri file che testimoniano il suo rapporto impegnato e tormentato con il trascendentale, trovi questo divertissement <An ATM card under your skin> un chip sotto la pelle. Clicki e incomincia a raccontarti che le etichette a radio frequenza non servono più solo nei supermarkets, ti parla di una ditta USA, la ADS di Palm Springs in Florida, che spera di convincere gli Americani a farsi impiantare sotto la pelle del braccio, un microchip praticamente come facciamo coi cani. Nel mio caso mia moglie si è subito dichiarata contraria non per principi etici, ma perché teme aumentino le probabilità che mi riportino a casa, se per un caso che riterrebbe fortunato, io mi perdessi. Così in occasione di una delle recenti fiere di settore, il direttore commerciale della società della Florida che si è dichiarato <chipped> cioè impiantato, ha parlato degli enormi - a suo dire - vantaggi del sistema VeryPay. Con una semplice operazione in anestesia locale si inserisce un microchip di pochi millimetri. Comunque troppi per me che comincio a sudare quando solo devo vaccinarmi. Mi chiedo perché non andare avanti con le vecchie carte di credito. Ennò, ci dice il nostro uomo bionico, così non c’è

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il rischio di perderla su un taxi in qualche città in capo al mondo, o che te la freghino quando meno te l’aspetti. Anche il Vice Presidente di MasterCard parla dei test in corso con le tradizionali cards, ma si aspetta quanto prima la soluzione finale, sotto la pelle tutto. L’ADS spinge offrendo ai primi 100.000 coraggiosi ampi sconti e facilitazioni di pagamento, lo scopo è quello intrigante di eliminare la necessità di ogni altro documento di identità, dati sanitari e fiscali inclusi. Ricordiamoci che il Grande Fratello è l’invenzione di un noto scrittore americano, prima di essere un programma TV di discutibile successo. Nel frattempo MasterCard sta spingendo la moneta in plastica sui consumatori più giovani. Con la scusa di insegnare loro a gestire la spesa, limitando il rischio e quindi creando consumatori responsabili, sta offrendo una serie di prepagate dirette ai più giovani con una campagna pubblicitaria ad hoc. Loro fra l’altro potrebbero essere i piu’ ricettivi all’idea di un piercing un po’ particolare quale una RFID. Si sta costruendo la <cashless society>, la finanza senza contante che indubbiamente può avere i suoi vantaggi, ma con qualche costo extra, e i più pesanti sono quelli relativi alla perdita della nostra privacy. Dovremmo rinunciare ad una parte della nostra libertà nel nome della sicurezza e di garanzie di affidabilità. Personalmente in caso di emergenza civile potrei anche essere d’accordo, ma impostare un’economia sul totale controllo di tutti, che ne dici? L’altra faccia della medaglia è ancora peggio. Senza sta benedetta RFID sono un paria, non posso fare transazioni, muoio di fame davanti ai supermarkets e se mi salvo muoio perché nessuno mi può curare. Torno coi piedi per terra e mi ricordo che si tratta solo di un file trovato in Internet, però come ti avevo anticipato ci sono dei riscontri oggettivi inquietanti. Dulcis in fundo il nostro Tommy ci cita la Bibbia, una profezia che sembra adattarsi molto bene agli scenari esposti. Apocalisse (evviva!) 13,16 puoi andartela a controllare, ma per semplicità ti riporto i passi che ho tratto dalla versione CEI: “16 Faceva sì che tutti, piccoli e grandi, ricchi e poveri, liberi e schiavi, ricevessero un marchio sulla mano destra e sulla fronte; 17 e che nessuno potesse comprare o vendere senza avere tale marchio, cioè il nome della bestia o il numero del suo nome. 18 Qui sta la sapienza. Chi ha intelligenza calcoli il numero della bestia: essa rappresenta un nome d'uomo. E tal cifra è seicentosessantasei.” Che diamine c’entra con la Finanza Derivata di Caranti? Già: andiamoci piano prima di dire che cose apparentemente lontane non abbiano punti in comune. Come tutto cio’ si possa sposare con i derivati e le opzioni, prodotti governati da rapporti matematici e precisi algoritmi inquadrati in un universo pericolosamente reale concreto e attuale , questa è la vera sfida. Il prof. Caranti ce lo spiegherà e la curiosità nel frattempo aumenta. Io, almeno, non perderò le prossime puntate. Vittorio Malvezzi

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I Problemi del Millennio ... se potessimo concentrare la nostra attenzione sui cicli di calcolo del computer, allora ci potremmo domandare quale realmente siano i limiti di fattibilità, cioè se possano essere stabilite a priori le regole generali... Mi è capitato di andare indietro con la memoria e di fare un salto tra i ricordi del passato, alla fine degli anni cinquanta, dentro all’aula tetra e fredda della mia scuola elementare. Grembiuli neri, colletti bianchi ben stirati e il simbolo IV ricamato sul petto, rigorosamente a destra, per indicare coi numeri romani che anch’io facevo parte della quarta: facile, perché l’anno dopo sarebbe bastato scucire la barra alla sinistra della V per passare in quinta, l’ultimo anno della scuola dell’obbligo, o forse no, perché l’obbligo era già stato esteso alle tre medie. I maschi scrupolosamente divisi dalle femmine al punto che l’edificio stesso era stato costruito in blocchi separati, guai mai che il diavolo si fosse potuto infiltrare tra gli allievi di sesso diverso per poi distrarli da quella rigida e severa istruzione che là in quelle aule lo Stato dispensava gratuitamente! Non sempre però l’attenzione di noi alunni era al massimo livello e ogni tanto si calava un po’ di tono tanto che il silenzio diventava brusio per poi dirompere in uno schiamazzo insopportabile, mal tollerato da un maestro inflessibile e tormentato dall’ansia che il suo rigido programma formativo non venisse rispettato. E quando scattava la punizione, non si conoscevano mezze misure: si ricorreva a una terapia d’urto molto efficace, ciò che in quegli anni si chiamava impropriamente ‘numerazione’. Fare una numerazione significava, per esempio, calcolare il risultato della somma dei primi 300 numeri naturali, un compito assolutamente inutile e snervante. Pare che anche a Gauss, in ben altri tempi, fosse stata inflitta una punizione simile e si dice che anch’egli avesse inizialmente provato la stanchezza e la noia di questo stupido esercizio ripetitivo. Ma Gauss era Gauss e poiché i numeri li conosceva molto bene, risolse la somma 1 + 2 + 3 + ... + 300 = 45.150 solo in qualche secondo dando prova di inusuale destrezza e costringendo il dannato maestro a ricorrere ad altro genere di punizione. Lo scolaro prodigio aveva scoperto lipperlì la formula della progressione per cui, semplificando la questione ai soli primi quattro numeri: 1 + 2 + 3 + 4 = 10, possiamo notare che il risultato 10 si può ottenere facilmente moltiplicando l’ultimo (il 4) per il successivo (5) e dividendo tutto per 2. Ecco come: 1 + 2 + 3 + 4 = 4 x 5 : 2 = 10. Nel caso specifico del problema di Gauss, la somma dei primi 300 numeri naturali diventa questa: 300 x 301 : 2 = 45.150. Messa da parte la straordinarie capacità del bambino prodigio, l’esempio di questa regola di calcolo “furba e veloce” apre una serie di considerazioni interessanti in merito al calcolo complesso, specialmente quando questo viene utilizzato all’interno del gradino superiore del software del computer, cioè il firmware. Ma il problema si allarga al punto tale che ancora oggi non si è arrivati a una conclusione definitiva e soddisfacente.

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Ancor prima di entrare nei dettagli, va detto che la formula “furba” di Gauss - in quanto “scorciatoia” per abbreviare i tempi di esecuzione - fa parte di una delle 3 classi fondamentali del calcolo numerico, più precisamente di quella logaritmica. Giusto per semplificare: i calcoli di classe logaritmica, sono quelli per cui i tempi di elaborazione si accorciano in virtù di trucchi - algoritmi – che per così dire abbassano il livello di difficoltà e, specialmente, ne riducono i tempi. E così anche noi, tutte le volte che riusciremo a trovare delle regole in grado di semplificare un calcolo, potremo vantarci di aver costruito un algoritmo di classe logaritmica (questi due termini bisticciano un po’ tra loro, quindi è bene fare attenzione a non confonderli). Fin qui niente di strano, ma non sempre si riesce a trovare qualche scorciatoia per ridurre il calcolo e allora bisogna accontentarsi di eseguire tutte le operazioni “a tappeto”, una dopo l’altra, in perfetta sequenza, ciò che in gergo si chiama “operazione di forza bruta”. Come esempio di questa seconda classe di problemi, si deve pensare a ciò che succede tutte le volte che ci viene proposto, per esempio, di riordinare un semplice mazzo di carte da gioco. In realtà, in modo praticamente automatico, la nostra mente esegue un ciclo logico elementare che inizia con il confronto tra le prime due carte che ci capitano tra le mani lasciandole così come sono se la prima vale meno della seconda oppure scambiandole in caso contrario. Questo ciclo logico elementare procede fino alla fine secondo un criterio di sequenzialità. Questo sistema di Forza Bruta viene ripetuto fino a quando non sarà più necessario alcun cambio su tutta la fila delle carte ma ciò che si deve notare è che il tempo necessario per riordinare il mazzo dipende dal numero delle carte stesse: più sono le carte e più tempo occorre proporzionalmente per riordinarle. Molto dipende poi dalle condizioni di disordine iniziale (e casuale) del mazzo, cioè dagli scambi (permutazioni) che ci troveremo a fare o non fare. Questa seconda classe di calcolo è detta polinomiale. Riassumendo fin qui: 1) Le classi di calcolo “con scorciatoia” si chiamano logaritmiche 2) Le classi di calcolo in cui il tempo di processo è proporzionale al numero degli elementi si chiamano polinomiali. Ma la storia non finisce certo qui perché esiste anche una terza classe di calcolo per la quale vale, come esempio, un problema niente affatto banale, conosciuto come il Problema del commesso viaggiatore. Vediamo esattamente di che cosa si tratta. Supponiamo che un Commesso Viaggiatore debba visitare un certo numero di città e che abbia a disposizione la carta stradale di tutte le possibili connessioni tra una città e l’altra e un certo tempo a disposizione. Dato per scontato che, per esempio, il tempo a disposizione sia di 8 ore, ci si chiede se esista un percorso che tocchi ogni città una volta soltanto in modo da visitarle tutte entro il tempo stabilito. Bene: ecco il terzo tipo di problema di calcolo: dopo la classe logaritmica e quella polinomiale entra in scena la classe di routing che si identifica attraverso la sigla TSP, dall’inglese Travelling Salesman Problem. Per la soluzione del TSP occorre costruire un grafo fatto da tanti nodi in cui ciascun nodo rappresenta i clienti da visitare e la casa del commesso, e da tanti archi quanti sono i percorsi fra i nodi. Il risultato finale sarà quel ciclo ottimale che tocca tutti i nodi e che avrà la durata complessiva minore. Questo problema è molto semplice da descrivere ma non altrettanto facile da risolvere perché il numero delle soluzioni cresce molto rapidamente all’aumentare del numero dei nodi ma è anche un problema di importanza pratica fondamentale se si pensa alle applicazioni nelle aziende di distribuzione e, in generale, ai trasporti.

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Il TSP è anche un problema di classe decisionale poiché alla domanda se il viaggiatore sia in grado o no di rispettare i tempi prestabiliti, le uniche due risposte possibili sono Vero oppure Falso, cioè Sì oppure No, ovvero 1 oppure 0. Ma torniamo al nostro viaggiatore facendo subito un esempio. Il grafo che vedete rappresenta la zona assegnata.

Il viaggiatore deve visitare quattro clienti, rappresentati dai nodi 2, 3, 4 e 5 partendo dalla propria abitazione, che corrisponde al nodo 1, per poi tornarsene a casa. I numeri sugli archi rappresentano i tempi necessari a percorrerli. Ecco le domande: • In quanti modi diversi può il commesso visitare i suoi clienti? • Qual è il percorso migliore? Con un po’ di pazienza possiamo esaminare tutte le possibilità. Le soluzioni possibili sono date dalla moltiplicazione:

• del numero dei nodi meno quello della città di partenza • per tutti i numeri inferiori fino a 1 (il cosiddetto fattoriale). Così: 4 x 3 x 2 x 1 = 24. Vediamo i singoli casi: 1-2-3-4-5-1 (di durata 36) 1-2-3-5-4-1 (di durata 38) 1-2-4-3-5-1 (di durata 42) 1-2-4-5-3-1 (di durata 40) 1-2-5-3-4-1 (di durata 40) 1-2-5-4-3-1 (di durata 44) 1-3-2-4-5-1 (di durata 48) 1-3-2-5-4-1 (di durata 46) 1-3-4-2-5-1 (di durata 48) 1-3-4-5-2-1 (di durata 44) 1-3-5-2-4-1 (di durata 44) 1-3-5-4-2-1 (di durata 40) 1-4-3-2-5-1 (di durata 38) 1-4-3-5-2-1 (di durata 40) 1-4-2-3-5-1 (di durata 44) 1-4-2-5-3-1 (di durata 44) 1-4-5-3-2-1 (di durata 38) 1-4-5-2-3-1 (di durata 46) 1-5-3-4-2-1 (di durata 42) 1-5-3-2-4-1 (di durata 44) 1-5-4-3-2-1 (di durata 36) 1-5-4-2-3-1 (di durata 48) 1-5-2-3-4-1 (di durata 38) 1-5-2-4-3-1 (di durata 48). Le soluzioni migliori quindi sono due: 1-2-3-4-5-1 e 1-5-4-3-2-1, entrambe di durata 36. Come possiamo vedere, il numero delle soluzioni cresce molto più rapidamente rispetto al numero dei nodi. E ancora una volta chiediamo aiuto ad Excel per capire come funziona la faccenda aumentando considerevolmente il numero delle città. E’ veramente il caos: guardate un po’ cosa succede con 14 città!

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La colonna in rosso mostra il numero dei percorsi calcolato con la formula del fattoriale dei nodi, mentre la colonna in verde è il risultato del numero delle città elevato alla potenza. Dunque è come un po’ ci aspettavamo: le soluzioni possibili crescono molto più della potenza dei dati di partenza. Il problema in questione è di tipo esponenziale. In modo analogo, possiamo spostare l’attenzione all’interno del cicli di calcolo di un Computer per capire facilmente che mentre le classi di calcolo logaritmico (1) e polinomiale (2) non destano problemi particolari, per la classe

di tipo esponenziale (3) ci si domanda quali realmente siano i limiti di fattibilità delle memorie e se comunque esista o meno una regola, un tetto, un limite di contenimento più o meno raggiungibile. Ormai l’abbiamo capito bene: quando i problemi aumentano di difficoltà, diventa impossibile risolverli in un tempo ragionevole e così ci troviamo di fronte a una nuova classificazione: • Problemi decisionali di classe P (polinomiali) • Problemi decisionali di classe NP (non polinomiali) In definitiva, mentre i problemi P sono considerati accessibili alle risorse di calcolo, quelli NP risultano inaccessibili. Stiamo parlando della cosiddetta Congettura P = NP che rappresenta uno dei problemi matematici ancora non risolti: chi troverà la soluzione si potrà aggiudicare un premio di un milione di dollari. Lo offre il CMI (Clay Mathematics Institute) del Massachusetts la cui missione è quella di incrementare e popolarizzare le conoscenze matematiche. L’Istituto è dedicato ai fondatori Landon e Lavinia Clay, prominenti personalità d’affari di Boston, che hanno deciso di valorizzare e incrementare la ricerca matematica del Terzo Millennio. In pratica, chiunque di noi riuscirà a trovare un algoritmo che risolva “in fretta" - cioè sulla base di tempi polinomiali – tutte le domande di un problema NP potrà aggiudicarsi l’ambito premio e finire come un nababbo la propria esistenza.

Coraggio, forza, rimbocchiamoci le maniche … ma facciamo alla svelta perché uno dei 7 problemi del Millennio - la congettura di Poincaré - è stato risolto recentemente dal russo Grigori Perelman http://it.wikipedia.org/wiki/Grigorij_Jakovlevi%C4%8D_Perel'man che, tra l’altro, ha rinunciato al ritiro del premio milionario.

Ecco cosa racconta Wikipedia in proposito: “… Tagliando la testa al toro, il 22 agosto 2006 Grigorij Perel'man ha annunciato di rifiutare la medaglia Fields. Nello stesso anno si è anche dimesso dal suo posto a San Pietroburgo, e vive quindi con la madre in una casa popolare, lontano da università e interviste, e con la sua pensione come unica fonte di sostentamento. In

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una intervista precedente, ha spiegato la sua scelta così: "Non voglio essere uno scienziato da vetrina e troppi soldi in Russia generano solo violenza". Nel giugno del 2007 sembra sia stato visto nella metropolitana della città da un blogger russo, apparendo negli scatti con i capelli arruffati, la barba incolta e vecchie scarpe. L'Istituto Clay ha annunciato che Perel'man ha vinto il premio relativo alla congettura di Poincaré. Perel'man però non si è presentato a ritirare il premio a Parigi, dove l'Istituto Clay ha tenuto la premiazione, ed ha successivamente annunciato di averlo rifiutato …”. Francesco Caranti

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Fantasiose fantasie di un commesso viaggiatore ... sono riuscita a vedere il millenario problema del Commesso Viaggiatore da una prospettiva un po’ diversa ... Quando ho letto per la prima volta ‘I problemi del Millennio’ sinceramente un po’ mi sono smarrita. Ho faticato a seguire il ragionamento, la logica sottostante. E mi sono messa nei panni di quel povero commesso viaggiatore domandandomi se tutto questo studio probabilistico avrebbe davvero potuto aiutarmi ad individuare il percorso migliore per lui senza però che mi venisse l’emicrania. Poi ho sorriso ricordando un bambino di quattro anni che mi ero trovata a consolare per la scomparsa dell’adorato nonno … ‘sai, vero, che il nonno ora è felice in Paradiso?’. La risposta è stata: ‘sicuro, sicurissimo che è andato in Paradiso … aveva i piedi pulitissimi!’. La logica dei bambini è disarmante: il Paradiso è un luogo meraviglioso, pulito, silenzioso e ordinato quindi, per ottenere il pass, è sufficiente avere i piedi puliti. Risoluzione di problemi con algoritmi di classe logaritmica o, forse, solo semplici ragionamenti deduttivi, quelli dei bambini. Ragionamenti di fronte ai quali Aristotele stesso, con i suoi sofisticati sillogismi, sarebbe rimasto spiazzato. Ma, rileggendo per la seconda volta il contributo di Caranti, sono riuscita a vedere il millenario problema del Commesso Viaggiatore da una prospettiva diversa; non mi riferisco a tutti quei problemi decisionali di classe NP ai quali non si è ancora data risposta certa, quanto piuttosto al fatto che sia stato scelto proprio un viaggiatore per cercare di risolverli. Secondo questa prospettiva, la logica del pensiero adulto ha una chance in più. Molto più complesso e intuitivo di quello del bambino, ma anche più fantasioso; potrà sembrare strano, ma alla base delle più grande intuizioni del secolo vi è la fantasia. Quella fantasia che da semplice diviene sempre più complessa e sconfina nella metafisica: basta ritornare con il pensiero alla lettura de ‘Il Nastro di Moebius’. E quanta fantasia è stata liberata intorno al tema del Viaggiatore! Franz Kafka ne ‘Le Metamorfosi’ è riuscito a trasformare un commesso viaggiatore in un mostro a sei zampe senza più sogni né speranze, Arthur Miller in ‘Morte di un commesso viaggiatore’ ha mostrato a quali tristi conseguenze possa portare l’esasperazione di un sogno, Italo Calvino ne ‘Se una notte d’inverno un viaggiatore’ ha fatto cominciare al protagonista del primo capitolo un viaggio mai finito e, ai suoi lettori, ha fatto cominciare a leggere dieci libri mai finiti dentro un libro mai finito composto da capitoli i cui titoli letti in successione formano il titolo di un nuovo libro … che comincerà ma, come gli altri, non troverà mai una fine. Folli vaneggiamenti quelli di Miller, Kafka e Calvino che, oltre a rendere celebri gli autori stessi, hanno dato un significato profondo alla fantasia dell’uomo. Il vano inseguimento del Sogno Americano da parte del commesso viaggiatore scaturito dalla penna di Miller insegna quali brutti scherzi possa giocare la fantasia se non la si mantiene legata saldamente alla realtà; la metamorfosi tanto fantasiosa quanto imbarazzante del commesso viaggiatore di Kafka nel mostro a sei zampe ha, in realtà, riportato un nuovo ordine in una famiglia in cui regnava il caos; il viaggio mai completato dei protagonisti dell’opera di Calvino, così come quello dei suoi lettori, ha fatto sì che questi ultimi si incontrassero in questa spasmodica ricerca di una fine, si conoscessero e si amassero. Dando luogo all’inizio di una nuova storia che, chissà, forse è ancora in corso di svolgimento e mai finirà.

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E che dire del nostro Commesso Viaggiatore che ancora si sta arrovellando nella ricerca del percorso migliore tentandone la soluzione con una ‘congettura P = NP’ ? Io lascio che su questo problema millenario si cimentino i matematici, i fisici e gli scienziati … e lascio a loro il lauto premio tanto sudato e meritato. Mi permetto però di avvicinare con discrezione il Signor Commesso Viaggiatore e di suggerirgli la risposta che gli darebbe un bambino: ‘Signor Commesso Viaggiatore, se si mette ai piedi un paio di scarpe da ginnastica con le ali, può raggiungere velocemente tutte le città, sbrigare la sue faccende e trovare anche il tempo di giocare un po’ con me. E quando sarà tornato a casa, si tolga le scarpe e si lavi bene i piedi: così riuscirà ad andare anche in Paradiso!’. Erika Tassi

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Il Paradosso di Schrödinger ... la Realtà si realizza oltre l'Indeterminazione solo quando qualcuno la osserva... Forse oggi vi stupirà sapere che se proverete a cospargere di burro la schiena del vostro gatto per poi gettarlo dalla finestra, inconsapevolmente avrete realizzato un perfetto esperimento scientifico di Moto Perpetuo. Ma poiché gli esperimenti alle volte possono anche fallire, il consiglio resta quello di non provarci, anche perché la morte del felino potrebbe rimanervi a lungo sulla coscienza. Basta solo fermarsi al ragionamento: una serie di strabilianti congetture sulle Leggi della Fisica Quantistica. Ma andiamo per ordine partendo da due principi fondamentali: Il gatto cade sempre sulle zampe (e mai di schiena) Una fetta di pane imburrato cade sempre dalla parte del burro (derivazione della legga degli eventi sfortunati, cioè della Legge di Murphy). Ecco come, volendo riunire le due leggi, si può ottenere il risultato coincidente che tanto il gatto, quanto la sua stessa schiena imburrata, dovranno cadere dalla stessa parte ma ciò è assurdo poiché tanto il quadrupede quanto il burro appartengono sempre allo stesso corpo che cade. Nell’indecisione – anzi, nella contraddizione delle Leggi - il gatto continuerà a girare all'infinito rimanendo a mezz'aria esattamente come un dispositivo antigravitazionale. Ovviamente abbiamo scherzato, dato che il Paradosso del Gatto Imburrato, per quanto famoso, è falso poiché si basa per la metà sulla legge di Murphy che di per sé non possiede alcun requisito scientifico (Arthur Bloch – umorista e scrittore statunitense – autore della Legge di Murphy – 1988). Molto più serio - sempre in ambito felino - è invece l’altro Paradosso del Gatto: quello proposto nel 1935 dal Fisico austriaco Erwin Schrödinger,un esperimento creato per dimostrare le limitazioni della Fisica Quantistica. Come vedremo negli appunti di oggi, l’esperimento di Schrödinger darà risposta all’evoluzione del cosiddetto Determinismo. Per quanto rigorosa, la dimostrazione che fa capo al Paradosso è singolare al punto che lo stesso Schrodinger ebbe a dire, nel seguito, che avrebbe preferito non aver mai incontrato quel gatto... e presto capiremo il perchè. Per introdurre questo curiosissimo argomento, occorre partire dalle leggi della Fisica Classica – deterministiche - per poi arrivare a quelle della Fisica Moderna, cioè quelle Quantistiche. Chi di voi ha partecipato a una battuta di caccia avrà certamente assistito alla scena di un amico che manca il bersaglio. In questi casi, come si può immaginare, la lepre avrà fatto salti di gioia prima di darsela a gambe sana e salva e di certo non si sarà domandata il perché dell’errore che le ha risparmiato la vita. Noi sappiamo perfettamente che questo errore dipende da un fucile puntato male, non certo da un proiettile impazzito che - di sua iniziativa - una volta uscito dalla canna, si è inventato una traiettoria anomala e diversa dal solito. Tutto ciò per dire che sulle principali leggi della fisica classica – come quella della conservazione della traiettoria – ognuno di noi nutre fiducia cieca al punto di non metterle neanche in discussione. E la stessa certezza doveva essere anche dei primitivi: se così non

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fosse stato, nessuno di loro si sarebbe mai potuto sfamare con la caccia agli animali della foresta. Sicuramente anche i nostri antenati, per quanto inconsapevoli, debbono aver riposto la nostra stessa fiducia nei principi fondamentali del Moto, dato che una freccia scoccata da un arco ripeteva ogni volta lo stesso percorso rettilineo e regolare, sempre uguale e puntuale. Anche le gare con le balestre e le pistole si appoggiano sullo stesso principio generale della conservazione della traiettoria e dunque sulla specializzazione della “mira”, che altro non è se non la ripetizione della legge di Newton. Secondo questa teoria il movimento di un corpo nello spazio è “determinato” dalle forze che agiscono su di lui, una volta fissata la posizione e la velocità. Facendo un passo avanti, questa legge si può estrapolare in modo tale da calcolare a priori la traiettoria di un corpo in movimento senza essere costretti a seguirne visivamente lo spostamento ma molto più semplicemente, risolvendola a tavolino attraverso una equazione.

Estendendo il concetto all’astronomia, Newton (Isaac Newton 1642 – 1727: filosofo, matematico, fisico e alchimista) ebbe a dimostrare che anche i corpi celesti ubbidiscono alle stesse leggi che regolano il moto dei corpi terrestri e per suo merito si rese possibile prevedere con buona approssimazione la posizione degli astri, dei pianeti e delle stelle. Ma verso la prima metà dell’800, la Fisica Deterministica cominciò a mostrare alcune difficoltà. Le perplessità giungevano dal fatto che osservando il moto dei pianeti più lontani, la legge di Newton non riusciva più a spiegare l’irregolarità di alcune traiettorie. Nello specifico, il problema si poneva per Urano, l'ultimo pianeta del sistema solare conosciuto a quel tempo. Applicando alla traiettoria di Urano i calcoli noti, la sua posizione

reale tendeva a discostarsi parecchio da quella teorica. Si cominciò a pensare che l’anomalia di Urano potesse dipendere dalla presenza di un corpo sconosciuto che, in un qualche modo, tendeva ad influenzarne la gravità. Prendendo in considerazione questo fattore di disturbo, nel 1845 l'astronomo Le Verrier (Urbain-Jean-Joseph 1811 – matematico e astronomo francese) ne ipotizzò la presenza e calcolò la posizione esatta di quel corpo celeste nuovo e sconosciuto che si era dimostrato responsabile della irregolarità di Urano. E’ singolare come la stessa intuizione di “presenza di un qualcosa di sconosciuto (Frame)” avesse portato ad analoghe scoperte in tutt’altro ambiente scientifico. Oltre alla impostazione della Tabella degli Elementi, si deve al chimico russo Dmitrij Ivanovič Mendeleev l’intuizione che ‘determinate posizioni della sua Tavola’ dovessero essere occupate da atomi di cui ancora non si conoscevano le caratteristiche ma la cui presenza in quella determinata posizione era ritenuta certa e indiscutibile e che solo il tempo e lo studio sistematico avrebbero aiutato a scoprire e codificare. La conferma all’intuizione di Le Verrier venne nel 1846 quando il fisico tedesco Johann Gottfried Galle (1812 – 1910) dall’Osservatorio astronomico di Berlino scoprì l’esistenza di un nuovo pianeta a una distanza di un solo grado dalla posizione prevista da Le Verrier. A quel nuovo pianeta fu posto il nome di Nettuno. Facile pensare che le leggi di Newton potessero essere applicate anche al microcosmo, tanto da arrivare alla massima espressione del Determinismo classico che Pierre-Simon de Laplace (1749-1827) sintetizzò in questa celebre espressione: "Se la posizione e la quantità di moto di una particella fossero noti con precisione in un certo istante, allora, conoscendo tutte le forze agenti sulla particella stessa, il suo moto sarebbe determinato, in modo univoco, in tutti gli istanti successivi attraverso le equazioni della meccanica". Laplace era dunque sicuro che spostando il punto di osservazione dal macrocosmo al microcosmo – cioè alle molecole e agli atomi – le regole non sarebbero cambiate. Non solo: egli sosteneva che tutto ciò che era accaduto nel passato e tutto ciò che sarebbe successo in

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futuro era stato già predeterminato dall’inizio: nell'Universo nulla era stato lasciato al caso e lo stesso Cosmo doveva funzionare come un perfetto e gigantesco Sistema di Orologeria in cui ciascun elemento doveva eseguire con precisione matematica le istruzioni programmate da sempre e ogni volta con le stesse logiche precise. Ma all'inizio del Novecento, in occasione di alcune scoperte di fenomeni che non potevano essere spiegati con le teorie fisiche allora conosciute, la visione deterministica del Cosmo cominciò a vacillare. Einstein pose in evidenza che le leggi di Newton perdevano di validità alle grandi velocità ma oltre a ciò molte questioni riguardanti la natura della radiazione fecero dubitare sulla bontà delle teorie correnti. Il vero colpo di grazia venne da un evento inatteso conseguente agli studi del moto incontrollato delle particelle: ci si stava rendendo conto che non sarebbe mai stato possibile misurare con la precisione desiderata le grandezze fisiche dei micro-elementi e che il calcolo delle traiettorie dei corpi di grandi dimensioni avrebbe fallito nelle misurazioni inferiori. Come primo espediente di emergenza, la Fisica fu costretta a ricorrere a qualcosa di meno rigido e inflessibile delle leggi di Newton. Stava nascendo la Meccanica Quantistica, quella teoria che descrive il moto degli oggetti molto piccoli solo ed esclusivamente in termini di probabilità. Per capire la nascita della Meccanica Quantistica occorre partire da una osservazione molto semplice: "Per conoscere il valore di una grandezza fisica bisogna misurarla". Ma il problema è che per misurare una grandezza fisica (come per esempio la temperatura del nostro corpo e quindi la febbre) occorre avvicinare il termometro al nostro corpo in modo da interferire direttamente con l’oggetto in esame: in pratica occorre toccare materialmente quell'oggetto. Ecco il limite: il solo fatto di ‘toccare’ l’oggetto per fare la misurazione può influenzarne lo stato. Mentre la fisica classica ammetteva - a priori - che si poteva sempre effettuare qualsiasi misura sugli oggetti senza turbarne lo stato, la stessa teoria crollava negli esperimenti svolti su oggetti di dimensioni inferiori di tipo atomico e subatomico. Detto in parole povere: mentre il contatto fisico del termometro sulla nostra pelle non cambia la nostra temperatura, ben diversa è la reazione termica di una micro-particella quando questa viene investita da un agente misuratore. Basta pensare che la semplice illuminazione dell’oggetto necessaria per visualizzare l’esperimento può alterare i risultati. Per esempio, se volessimo determinare la posizione e la velocità di un elettrone per poterlo descrivere in base alle leggi di Newton, dovremmo prima di tutto vederlo e per far questo dovremmo illuminarlo. Date le esigue dimensioni dell’oggetto, forse basterebbe un singolo fotone, ma già questo sarebbe troppo perché quel "quantum" di energia necessario a vederlo, nel momento in cui colpisce l’elettrone, lo avrebbe già spostato dalla sua posizione originale un po’ come quando nel biliardo una biglia ne colpisce un’altra e la mette in buca. Ne consegue che il movimento dell’elettrone che è stato spostato dal raggio che lo ha illuminato, non potrà mai più seguire la sua traiettoria originale e nell’esperimento successivo non sarà più nella sua posizione di partenza. Nel microcosmo basta perciò molto poco per falsare le misure e ciò significa dover rinunciare alla possibilità di determinare con precisione assoluta la struttura della materia.

Questa “impossibilità” prende il nome di «principio di indeterminazione». Il principio di indeterminazione di Heisemberg (Werner Karl Heisenberg 1901 – 1976 Nobel per la Fisica nel 1932) prevede che l'unica possibilità di descrivere il moto delle particelle di piccole dimensioni sia quella di ricorrere al metodo statistico. E’ un modo di indagare la struttura della materia che se da un lato presenta il vantaggio di rendere superflua la conoscenza esatta della posizione iniziale di ogni particella, dall'altro non è nemmeno più in grado di precisarne la posizione futura. All’inizio di questo racconto eravamo partiti da un Paradosso tanto

divertente quanto assurdo: quello del Gatto Imburrato.

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In realtà, Schrödinger, propose un esperimento molto più serio e inquietante con conseguenze concettuali degne di un Paradosso Vero. Ma vediamo la descrizione esatta del suo lavoro:

• Un gatto viene rinchiuso in una scatola opaca assieme a una fiala di cianuro • La scatola contiene sostanza radioattiva che nel momento della disintegrazione metterà

in movimento un martello in grado di rompere una fiala di veleno che ucciderà il gatto E come nella nostra vita nessuno sa il giorno in cui dovrà morire - ma solo la probabilità che quell’evento sia possibile a una certa fascia di età - così anche nella Fisica capita che le sostanze radioattive si trasformino in sostanze non radioattive (cioè decadano), secondo la stessa legge di probabilità, cioè quella che ci consente di prevedere la vita media dell’atomo, non certo la durata del singolo atomo. Di un singolo atomo radioattivo non potremo mai conoscere il destino, ma solo la probabilità che, in un determinato momento, si trasformi in un atomo non radioattivo. La probabilità di un evento come questo è né più né meno un’equazione che prende il nome di ‘funzione d'onda”. Supponiamo così che la funzione d’onda dell’atomo radioattivo dell’esperimento ci indichi che dopo un tempo “T” esista la Probabilità “P” che quell'atomo radioattivo sia decaduto e che – viceversa – la probabilità che non sia decaduto sia “Q”. Cosa sarà successo al Gatto di Schrödinger dopo un’ora esatta? Sarà morto o sarà ancora vivo? Se la probabilità “P” è maggiore di “Q” si può pensare che il Gatto sia più vivo che morto ma la certezza reale dell'uno o dell'altro evento non esiste. L'unico modo per sapere con certezza come stanno le cose è quello di aprire la scatola e guardare!

Sembra veramente che il destino del gatto, chiuso nella sua scatola, dipenda esclusivamente dal nostro comportamento. Se all'apertura della scatola il Gatto risulta ancora in vita dobbiamo concludere che l'atomo radioattivo non si è ancora trasformato, per quanto la probabilità inversa “Q” dimostri l’esatto contrario. Questo fatto è molto importante poiché nega l’insieme delle teorie Deterministiche di Newton e di Laplace: il fatto di vedere il Gatto di Schrödinger vivo oppure morto ci porta a concludere che le cose in questo mondo esistono solo nel momento in cui le analizziamo di persona, non per come in assoluto avremmo voluto sintetizzarle secondo una legge fissa e immutabile, così come voleva Laplace.

La vera stranezza dell’esperimento di Schrödinger sta nel fatto di aver collegato un fenomeno di natura quantistica (il decadimento dell'atomo radioattivo) con un fenomeno classico (un gatto che resta in vita o che muore). E la differenza tra l’Atomo e il Gatto è fondamentale poiché:

• Un atomo integro e un atomo decaduto rappresentano due STATI DIVERSI DELLA MATERIA (Mondo Quantistico)

• Un gatto vivo o un gatto morto rappresentano UNO SOLO DEI DUE STATI POSSIBILI (Mondo Classico)

Dunque il nostro caro micio rinchiuso nella sua scatola ha un destino collegato a un fenomeno quantistico, e in questo senso diventa anch'esso un sistema quantistico del quale possiamo conoscere solo la probabilità del suo destino, non la certezza. Quindi il poveretto si troverà, per tutto il tempo in cui rimarrà chiuso nella scatola, in una situazione inverosimile di vita e/o di morte. L’unico modo per sapere se il gatto di Schrödinger è vivo o morto è quello di aprire la scatola e per assurdo sembra quasi che siamo noi Osservatori a decidere il destino del Gatto, piuttosto che non le leggi della Fisica.

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Ecco spiegato il Paradosso: se vedremo il Gatto vivo potremo stabilire che l’atomo radioattivo si è trasformato, diversamente il Gatto morto ci farà pensare che l’atomo è rimasto immutato. E’ chiaro il fatto che la teoria di Schrödinger dimostra l’intervento umano dell’osservazione: “il mondo cambia per come lo osserviamo e lo trattiamo, non per come si presenta realmente”, in altre parole: “se non esistesse l'Uomo non esisterebbe nemmeno l'Universo coi suoi fenomeni”. … E’ vero: all’inizio abbiamo scherzato col Gatto Imburrato tramite la congiunzione di una Legge vera (Statica del Gatto) con una Legge fantasiosa (Murphy aleatoria degli eventi) ma, fuori dalla burla, ancora un Gatto (quello di Schrödinger) ha spostato la nostra attenzione verso un argomento ben più serio. Vorrei ora ricomporre e richiudere le osservazioni di oggi ancora su un Terzo Gatto ... una osservazione molto più frivola delle altre. Già!… il Gatto è un animale molto furbo e nessuno di noi ha pensato che, durante l’esperimento, avrebbe anche potuto trovare il modo di scappare! In questo caso lo Sperimentatore (cioè noi) avrebbe potuto soccombere per via del buco lasciato dal gatto. La relazione si sposta dunque sul Risultato: Intelligenza del gatto + Stupidità dello sperimentatore. Mi pare proprio che questa variante scherzosa sia ottima per pensare che poi... alla fine... esiste sempre un ‘modo per cavarsela’. ... e se la Fisica Quantistica oggi ci ha messi in guardia sulle facili sperimentazioni, io penso che tante altre soluzioni molto meno impegnative sotto il profilo scientifico, siano altrettanto adatte a “guardare un po’ di più il mondo in prospettiva”. Se Heisemberg ci ha insegnato che nel fare gli esperimenti si può essere un po’ più flessibili, anche Schrödinger è arrivato alla stessa conclusione. Tra un Gatto Imburrato scagliato da una finestra, un Gatto a ridosso di una fiala al cianuro e un Gatto Furbo che elude l’esperimento, sinceramente non saprei chi scegliere! Personalmente cerco di vedere il Mondo nella prospettiva che più mi è congeniale, forse quella che il tempo mi ha insegnato... ma sono pronto a cambiare ogni volta che si renderà necessario. A presto, per altre incredibili stranezze. Francesco Caranti

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La Musica e il Teorema di Gödel. ... le Teorie Ricorsive di Gödel ammettono l’esistenza di Strutture secondo le quali l’inizio può corrispondere alla fine ... Da sempre il tema dell’armonia, della continuità e della perfezione ha sollecitato la ricerca e l’approfondimento nel campo artistico e in quello scientifico. Per questo non c’è da stupirsi dell’esistenza di un lungo e sottile filo conduttore che nei secoli ha fatto da ponte tra i matematici e i musicisti. Oggi vedremo una relazione, un nesso, tra celebrità apparentemente prive di collegamento logico come Pitagora, Debussy, Gödel e - strano a dirsi – anche i Genesis e i Deep Purple. Vediamo come … Il primo rapporto tra la musica e la matematica si instaura nell’antichità, quando cioè alla Scuola Pitagorica viene individuata una relazione precisa tra i toni della scala musicale e i quozienti dei numeri interi.

Semplice: se prendiamo una corda che produce un determinato suono e desideriamo ottenere il suono dell’ottava superiore, è sufficiente interrompere la corda nell’esatto punto di mezzo. In altre parole, indicando con A la lunghezza della corda che produce il primo suono e con B quella del secondo, il rapporto tra le due è esattamente A: B = 2 :1.

Volendo salire di una quinta, basterà interrompere la corda a due terzi. Con un esempio: se C è la lunghezza della sezione che produce questo nuovo suono, abbiamo A:C = 3:2. Non solo … i suoni prodotti dalle corde C e B formano un intervallo di quarta nel rapporto C:B = 4:3. In definitiva, le tre consonanze principali (ottava, quinta e quarta) corrispondono perfettamente ai rapporti 2:1 3:2 e 4:3 e possono così essere rappresentate impiegando i primi numeri naturali: 1, 2, 3, 4. Il Sistema Musicale codificato in Grecia 500 anni prima di Cristo è chiamato Temperamento Pitagorico ma pur rappresentando una grandissima innovazione, nel tempo cominciò a mostrare alcuni difetti applicativi.

1Ottava

2Quinta

3Quarta

4

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Infatti, poiché l’orecchio umano non percepisce i suoni in modo meccanico (oggi diremmo: digitale) ma solo attraverso le armoniche naturali, ai livelli della frequenza più bassa la divisione dell’Ottava in parti proporzionali non risulta una soluzione soddisfacente. Il problema da risolvere divenne dunque quello dei Rapporti tra le note. Ci vollero parecchi secoli per arrivare a una revisione sostanziale all’approccio pitagorico e fu solo la genialità di Johann Sebastian Bach (1685 - 1750) a dare una svolta definitiva alla concezione iniziale tramite una modifica matematica del primo Sistema Temperato verso un nuovo Sistema Temperato Equabile, una variante in grado di stabilire rapporti di frequenza più esatti. Con l’introduzione del Sistema Temperato Equabile, Bach diede risposta al problema dell’accordo di un qualsiasi Strumento a corda – come il pianoforte o il clavicembalo – per tutte le possibili tonalità. In realtà l’innovazione di Bach fu quella di aver calcolato l’esatto rapporto di divisione dell’Ottava. Egli aveva intuito l’equazione fondamentale del Suono: se dividiamo una Ottava in Dodici Semitoni, allora ciascuno di essi si rapporta al precedente e al successivo in ragione della radice dodicesima del numero 2. Per risolvere la difficoltà di calcolo della Radice Complessa, già nel ‘500, Vincenzo Galilei (padre di Galileo) aveva fatto ricorso alla cosiddetta Regola del Diciotto. Senza scomodare il calcolo infinitesimale (oggi diremmo: le Macro di Excel) si può facilmente verificare che il rapporto tra i numeri 17 e 18 (0,94444...) porta con buona approssimazione alla soluzione della radice dodicesima di Bach. Anche a distanza di centinai di anni, la regola di Galilei si presta bene per ricavare la posizione dei tasti di un qualsiasi strumento musicale. In questo modo – per esempio - la frequenza di ogni nota corrispondente al tasto di un pianoforte è uguale alla frequenza della nota del precedente moltiplicata per 0,94444 (cioè per la radice dodicesima di due). La variante del sistema Equabile di Bach ha permesso di passare da una tonalità a un’altra senza modificare l’accordatura: in pratica Bach aveva intuito e razionalizzato per la prima volta la logica della modulazione musicale. Le innovazione proposte da Bach incuriosirono artisti e matematici che si trovarono quasi costretti a verificare le ipotesi provenienti da queste intuizioni parallele. Sul fronte artistico, sarà l’olandese Maurits Cornelis Escher (1898 - 1972) a rappresentare strane e complesse ‘costruzioni logico-matematiche’ tramite incisioni lignee, litografie e mezzetinte. Il lavoro di Escher si riferisce alle cosiddette ‘costruzioni impossibili’ di particolari esplorazioni dell'infinito e di geometrie interconnesse che pian piano si convertono in forme simmetriche. Sul fronte scientifico – invece - si deve al matematico cecoslovacco Kurt Gödel (1906 - 1978) l’approfondimento delle Teorie Ricorsive circa l’esistenza di particolari Strutture Logiche per cui “l’inizio corrisponde alla fine”. Il teorema di Gödel riprende così le ipotesi di August Ferdinand Möbius (1790 – 1868) sulle geometrie percorribili all’infinito di cui abbiamo già discusso su questo Portale. Gödel, assieme ad Aristotele e Frege - Friedrich Ludwig Frege (1848 – 1925) matematico e filosofo tedesco, padre della matematica moderna, della filosofia analitica e del pensiero formale del Novecento - è considerato uno dei più grandi Logici della Storia in considerazione dei suoi altissimi studi sulla Incompletezza delle teorie matematiche. Ma vediamo realmente di cosa parla il suo teorema. Partiamo da una definizione un po’ semplificata, ma sostanzialmente corretta: "Per ogni Sistema di regole matematiche, è possibile trovare alcune Proposizioni incerte (cosiddette: indecidibili) tramite l’utilizzo delle regole del Sistema stesso".

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E già questa appare una pessima conclusione ... un risultato scientifico molto negativo sulle regole della matematica che, come tutti pensiamo di credere, dovrebbe rappresentare perfettamente una scienza esatta (o comunque NON essere un’opinione). Già ... purtroppo ciò significa che le nostre pretese di razionalizzare la conoscenza attraverso regole perfette, certe e sicure, possono anche vacillare e crollare per sempre. Anche Heisenberg - Werner Karl Heisenberg (1901 – 1976) fisico tedesco e Premio Nobel nel 1932, fondatore della meccanica quantistica - aveva concluso i propri studi con questa proposizione: "Non possiamo mai conoscere contemporaneamente e con precisione la posizione e la quantità di moto di una particella subatomica" E Gödel, più o meno, aveva affermato che: "Per ogni Sistema formale di regole è possibile arrivare a proposizioni indecidibili, usando gli assiomi dello stesso sistema formale" Quindi, tutte le volte che, per indicare una certezza, utilizziamo frasi del tipo: “... è vero come 2 + 2 fa 4 ...” in realtà stiamo commettendo un errore. La matematica (contrariamente a quanto normalmente si può pensare) è ‘un’opinione’ anzi, forse è la più grande delle opinioni ... è solo un Sistema ingegnoso in cui ciascuna opinione sorregge tutte le altre. Tanto per divertirci un po’, sulla stessa onda, possiamo anche far crollare d’incanto un’altra costruzione umana fondamentale, per esempio quella del Linguaggio. E possiamo fare una prova partendo da un semplice enunciato elementare. Se diciamo, per esempio che: “Questa frase è falsa”, allora avremo subito due possibili soluzioni in antitesi:

a) Se tutta la frase è vera, allora è vero che la frase sia falsa, e quindi non può essere vera

b) Se tutta la frase è falsa, allora è falso che la frase sia falsa, quindi deve essere vera. Come vedete, lavorando un po’ sui termini dell’espressione, siamo arrivati a una contraddizione totale, dato che i verbi ‘non può’ (del caso a) e ‘deve’ (del caso b) sono in netta contraddizione. La frase di questo esempio in realtà rappresenta la negazione di se stessa e, come tale, diventa indecidibile. Ma si può facilmente concludere che le soluzioni di questo problema linguistico da 2 salgono addirittura a 4. Queste:

• falsa • vera • non falsa • non vera

Siamo entrati in un bel pasticcio! Pare che anche il nostro linguaggio sia imperfetto e che non abbia la capacità sufficiente di descrivere situazioni tutto sommato abbastanza semplici. E allora ci chiediamo cosa mai potrà succedere, per esempio, nello Spazio. Esistono situazioni simili in cui, come nell’esempio di questa strana frase, le cose possano essere contemporaneamente vere e non vere? E se davvero esistessero, in che misura noi saremmo realmente in grado di descriverle? Le dimostrazioni di Gödel hanno affermato che nonostante i nostri sforzi, qualsiasi Sistema potrebbe portare a Teoremi Indecidibili e proprio per questo l’umanità dovrà necessariamente rinunciare all’utilizzo di modelli matematici anche se ritenuti teoricamente perfetti. Per quanto i lavori di Gödel abbiano disilluso parecchie aspettative, tutto ciò è servito a frenare e a limitare facili entusiasmi. Le scoperte di Gödel hanno infatti arginato e calmierato un mondo scientifico in crescente ebollizione e da allora ogni Ricercatore si muove con estrema attenzione e circospezione in merito agli studi sugli sulla Realtà, in quanto la Realtà stessa potrebbe essere un semplice Modello di rappresentazione relativa piuttosto che non una Realtà completa e definitiva. Tutti le analisi dei modelli si sono così trasformate da ‘assolute’ a ‘localizzate’ in modo da limitare qualsiasi errore di interpretazione.

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Alla luce dei limiti dimostrati da Gödel, recentemente è stato introdotta una specie di regola che permette di valutare l’attendibilità delle ricerche. In pratica, per verificare l’esatta corrispondenza tra un Modello di laboratorio e la Realtà assoluta, è necessario passare attraverso un Test Probante. Volendo fare un esempio molto semplice, supponiamo di aver costruito un computer in grado di lavorare a temperature estreme, per esempio da -50 a + 50 gradi. Ora ci chiediamo se il nostro computer è in grado di superare il concetto di ‘Realtà assoluta’. Nel costruire il nostro computer abbiamo creato un modello di cui stiamo cercando le caratteristiche assolute in termini di adattabilità al mondo Reale. Ciò che stiamo realmente cercando è l’ISOMORFO del Computer, cioè la regola di stabilità della nostra invenzione di laboratorio nei confronti del mondo Assoluto. Le proprietà dell’Isomorfismo (dal greco: isos = uguale e morphé = forma) risalgono a un’idea precedente agli studi Gödel, quella di Eilhard Mitscherlich (1814-1863) che per primo pensò alle applicazione di oggetti matematici dotati di strutture simili. Unendo i concetti di Gödel e di Mitscherlich, si arriva alla ricerca di un Trigger (cioè di un livello di confine) di Isomorfismi tra il modello prodotto (il Computer del nostro esempio) e la realtà globale di riferimento (cioè l’applicazione del nostro Computer di laboratorio in qualsiasi Spazio assoluto). In definitiva, la teoria dell’isomorfismo, riesce a dare una spiegazione ai fenomeni reali, al di là di qualsiasi percezione soggettiva. E così, ogni volta che guarderemo il mare, non avremo l’esperienza esatta del mare vero e proprio, ma saremo comunque nelle condizioni di analizzare i dati precisi della percezione di quel ‘tipo’ di mare, dati codificati nel Dna della nostra mente, in armonia con una serie di regole generali ma anche particolari, in quanto soggettive da persona a persona. Il lavoro fondamentale di Gödel fu proprio quello di esprimere i limiti dei Modelli nei confronti della Realtà e per quanto il suo lavoro resterà nella storia per sempre, il suo destino gli fu avverso: Gödel morirà di fame a Princeton nel 1978 per una crisi di tossifobia, poiché alcuni disordini mentali gli avevano impedito di nutrirsi data la sua paura di rimanere avvelenato … Niente viene perso però dell’estro dei grandi pensatori e gli eredi non mancano mai all’appello anche in altre branche artistiche fondamentali. Anche la musica dei Genesis (rock progressivo della fine degli anni ’60) si è sviluppata attorno al concetto della ricorsività e l’architettura matematica dei loro brani è una prova lampante in Firth of Fifth, una sequenza di note improntate interamente sulla logica dei Numeri Aurei. E anche i Deep Purple hanno elogiato il ritmo matematico nel loro brano Child in Time, ma forse solo per imitare l’energia di Debussy che aveva voluto esprimere la sua numericità nella raccolta di Estampes e più avanti nella composizione di La Mer e Cathédrale Engloutie. ... matematica, musica e limitazioni della matematica isomorfa ... I temi di Gödel e di Heisemberg continuano a stupirci, quasi come un denominatore comune continui a legarli infinitamente oltre ogni dimensione conosciuta. Il nostro viaggio continuerà oltre i confini reali, pur tenendo presenti le logiche primitive dei Sistemi Semplici della nostra comune osservazione. Vi aspetto su questo Portale per altri viaggi in altre dimensioni. Francesco Caranti

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Relazioni matematiche in natura. … due coincidenze fanno un caso, più coincidenze fanno un fatto … Alle volte leggendo le coincidenze numeriche e le relazioni matematiche in natura resto talmente stupito dai paradossi che si vengono a creare che sembra quasi sia tutto finto, come se fosse tutto parte di un qualcosa di superiore che ci sfugge. Un po’ come se poi non fosse del tutto così casuale. Mentre mi divertivo con Gödel e le ottave musicali ho ripensato a quello che diceva Fibonacci con le sue serie numeriche e come, per lui, la natura parlasse già da tempo al mondo in matematica. La successione di Fibonacci è molto semplicemente un insieme di numeri dove ognuno è la somma dei due precedenti: 0, 1, 1 (0+1), 2 (1+1), 3 (1+2), 5(2+3), 8 (3+5), 13 (5+8), 21 (8+13) … Mi sono chiesto che cosa avesse di tanto speciale questa successione da essere così chiacchierata. Dopo un po’ di ricerca ho trovato molte coincidenze: • Ogni numero diviso per il precedente dà come risultato 1,61803399 (più si va avanti più la divisione è vicina al numero) • 1,61803399 è il numero aureo di cui si parlava nel contributo di Caranti • I numeri di Fibonacci si ritrovano in natura (nei rami degli alberi, l’ananas, i fiori dei carciofi, le placche delle pigne, le foglie di felce, le spirali dei girasoli. Si trovano addirittura nelle progressioni: il proliferarsi dei conigli, la spirale nelle conchiglie e le curve delle onde … • I numeri di Fibonacci sono anche nel corpo umano: tanto per dirne una (ma ce ne sono altre) la prima falange di ogni dito è rapportata 1,61803399 a quella successiva (per esempio l’indice ha, considerando anche il metacarpo, 4 falangi lunghe 2, 3, 5 e 8 cm). Ho dovuto provare con un righello per convincermi … E così via, una breve ricerca su internet ne darà molte altre. “Due coincidenze fanno un caso, più coincidenze fanno un fatto” si dice. C’è un punto però che collega tutto questo con quanto detto negli appunti di Francesco: queste coincidenze esistono davvero o siamo noi a volerle far esistere? In fondo la matematica è davvero niente di più che una convenzione accettata da tutti, non una verità. Si tratta di essersi seduti intorno a un tavolo ed aver deciso insieme che il 5 aveva una forma simile ad una S, che i numeri sono decimali e non per esempio sessagesimali come i minuti in un’ora ... Perché per esempio i minuti ed i secondi vanno fino a 60 e le monete vanno a 100? E perché le ore fino a 24? Non potevano fare tutto uguale fino a 100? Si, certo che potevano. Per come la vedo io si tratta solo del fatto che le persone intorno al tavolo delle monete non erano le stesse di quelle intorno al tavolo dell’orologio … Tutto questo per dire che anche se Fibonacci con le sue coincidenze fa molto pensare, bisogna tenere in mente come andarono realmente le cose quando attorno a quel tavolo furono prese quelle decisioni … ma ormai gli accordi erano stati presi e non si potevano più modificare.

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Vi lascio però con un aneddoto che ricalca il controsenso sul linguaggio: <<Un archeologo durante i suoi scavi viene catturato da una tribù di locali. Il capo tribù, fermamente deciso a sacrificarlo, decide di offrire al prigioniero la possibilità di scegliere come. “Se mi dirai una cosa che ritengo vera, ti immolerò sull’altare, se mi dirai una bugia ti darò ai coccodrilli”. L’archeologo si avvicina al capo tribù e, dopo avergli sussurrato una cosa all’orecchio, viene liberato senza che nessuno tenti di fermarlo.>> La risposta dell’archeologo era stata “Tu mi darai ai coccodrilli”. Ralph Sassun

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Il Codice della Torah e il Teorema del Delirio

... può il “Codice Genesi” essere stato volutamente integrato nella Bibbia? ... Durante il ritorno alle terre di Babilonia, il compito affidato ai tre profeti Ageo, Zaccaria e Malachia fu quello di conservare la trasmissione della tradizione ebraica. Più tardi, anche i farisei e le loro scuole di Yeshivoth, si diedero da fare per assicurare nel tempo la Torah, una serie di codici e di regole normalmente trasmesse per successione orale. Torah (ebraico: ּתֹוָרה) significa insegnamento o anche legge e sta ad indicare i primi cinque libri della Bibbia, gli stessi del Pentateuco nella tradizione greca. Essa fa dunque riferimento ai cinque rotoli originali in pergamena: Genesi (il principio), Esodo (i nomi), Levitico (egli chiamò), Numeri (nel deserto) e Deuteronomio (discorsi). Ma nel tempo ci si rese conto che la semplice trasmissione orale degli insegnamenti non garantiva la stabilità e la coerenza necessaria a salvaguardare la fonte originale, per via di alcune divergenze di vedute da parte di nuove Scuole religiose. Per ovviare a questi limiti, si rese necessario ricavare una serie precisa di conclusioni scritte: per questo i Rabbini e i membri del Sinedrio si incaricarono di raccogliere e classificare gli appunti della Torah trasformandoli in una più coerente tradizione scritta. Anche altri fatti nuovi - come le persecuzioni, la distruzione del Tempio e la Diaspora - indussero poi i Capi Spirituali a riordinare le regole: prima in Trattati e poi in Ordini, in modo da costituire una Mishnah, cioè una sequenza di Insegnamenti da ripetere a memoria, ciò che rimane la vera essenza della Torah. Nella preghiera ebraica, il nome di Dio è Adhonai (Signore) ma questo in realtà è solo un appellativo dato che il nome del Creatore non poteva essere pronunciato. Il nome di Dio (YHWH) è in effetti impronunciabile per il semplice fatto che manca di vocali, un ottimo stratagemma per renderlo innominabile.

YHWH è un tetragramma, una particolare costruzione fonetica, che solo durante la lettura della preghiera veniva agganciato alle vocali pur rimanendo in parte inespresso, da cui il ricorso all’alternativa Adhonai, una soluzione adottata per evitare di nominare il nome di Dio, se non tramite un escamotage. La catena della tradizione ebraica prosegue poi coi traduttori Masoreti (ebr: mesorah = conservatori della tradizione) nei cui manoscritti del Mar Morto provvidero ad applicare l’aggiunta delle vocali -

tramite mutazione -della parola Adhonai al termine YHWH ottenendo l’ibrido Yehowah da cui anche l’appellativo “Geova” tuttoggi utilizzato dagli omonimi Testimoni.

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... ma una grande curiosità si cela nella struttura della Torah, così come in quella di altri libri della Bibbia, in modo particolare nella Genesi. Il “Codice Genesi” è un codice che pare essere stato volutamente integrato nella Bibbia. Vediamo di cosa si tratta: se per esempio partiamo da una lettera qualsiasi del Sacro Testo e pensiamo a un numero a caso n, allora è possibile creare una successione di tipo n-esima (sempre distanziata di n). Fin qui niente di strano. Se ora però ora proviamo a cambiare la lettera di partenza e/o l’ampiezza del passo (da ‘n’ a ‘m’) e rifacciamo la prova, il più delle volte, rileggendo i risultati ottenuti, avremo tanto orizzontalmente che verticalmente altre nuove combinazioni di parole di senso compiuto. Per poter identificare una singola sequenza occorre conoscere la lettera del brano di testo da cui partire e le lettere che occorre "saltare" per giungere all’altra lettera che forma la catena. Se per esempio volessimo cercare una sequenza con estensione 2-8, dovremmo partire dalla seconda lettera del brano saltando le lettere successive fino a raggiungere quella che occupa l’ottavo posto, oppure un suo multiplo (16, 24, 32 ...). Così facendo si possono trovare frasi di senso compiuto che trasmettono informazioni di carattere storico oppure particolari date di calendario corrispondenti a fatti passati o futuri. La presenza di sequenze di lettere equidistanti in testi scritti è dimostrata scientificamente per alcuni di essi nei quali l’autore ha volutamente inserito le sequenze, mentre la questione è molto più delicata per la Bibbia, per via delle implicazioni culturali che ne derivano. E’ davvero possibile che gli Autori delle Scritture abbiano potuto codificare nella Torah i nomi di chi sarebbe vissuto in epoche successive? Avrebbero davvero potuto fare un salto nel futuro creando una specie di correlazione tra il piano divino e il piano umano, ben oltre la dimensione del tempo? Su come ciò sia possibile, la comunità scientifica si è divisa poiché ogni studioso fornisce una propria e personale chiave di lettura del codice sequenziale biblico. Tecnicamente ciò è possibile con le 22 lettere che formano l’alfabeto ebraico, dato che la lingua ebraica si compone di vocaboli formati da sole consonanti; le parole che fanno parte di brani biblici possono così essere scomposte e ricomposte grazie all’applicazione della tecnica di codificazione che richiede però l’individuazione della chiave di lettura della singola sequenza di lettere, un po’ come nei giochi di enigmistica. L’informatica come al solito è corsa in aiuto degli studiosi tramite software specifici di analisi statistica. I risultati ottenuti sono stati soddisfacenti: con sole poche ore di calcolo elettronico è stato possibile scandagliare i 304.805 caratteri del Pentateuco in tutte le possibili sequenze (ELS = Equidistant Letter Sequences) presenti nel testo sulla base delle chiavi di lettura adottate.

Tra l’altro, spiccano nuovi studi (culminati col libro di Michael Drosnin: The Bible Code 1997) che hanno permesso di individuare alcune ELS relative all’assassinio di Rabin e a quello di Kennedy oltre all’incidente che costò la vita a Lady Diana. Ma di che si tratta realmente? Una pura combinazione casuale o piuttosto una vera e propria rivelazione divina? I lavori di un gruppo di matematici israeliani (Witztum, Rips e Rosenberg) si sono conclusi con la pubblicazione ufficiale sulla rivista Statistical Science (1994) intitolata: “Equidistant Letter Sequences in the Book of Genesis”. Questo il commento del Direttore Editoriale di Statistical Science: “... quando gli autori hanno fatto ricorso ad un test di randomizzazione (n.d.r. : tutte le possibili disposizioni del calcolo combinatorio) per verificare quanto raramente le disposizioni trovate

potessero prodursi per pura casualità, hanno ottenuto un risultato di probabilità pari a p = 16 / 1.000.000. I nostri revisori ne sono rimasti stupefatti: le loro posizioni iniziali erano che il Libro della Genesi non potesse contenere riferimenti a personalità attuali, ma quando gli autori hanno compiuto ulteriori analisi e controlli, l’effetto ha semplicemente mantenuto la sua validità ...” Mentre dunque il calcolo delle probabilità afferma che nella Genesi la possibilità di trovare sequenze di lettere con significati corrispondenti è di sedici su un milione, nella pratica ciò capita ben più frequentemente: i casi di corrispondenza scendono a 2 / 100.000 ... un salto veramente straordinario.

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Ad ulteriore dimostrazione della attendibilità statistica dei loro risultati, gli isrealiani hanno analizzato anche la versione ebraica del Libro di Isaia e i primi 78.064 caratteri di una traduzione ebrea di Guerra e Pace di Tolstoy. Anche in questo caso hanno trovato diversi nomi in stretta associazione a date di nascita o di morte, anche se questi risultati non sono statisticamente schiaccianti perché il campione analizzato non è quantitativamente significativo (la versione della Genesi impiegata nel loro studio si riferisce al campionamento di 78.064 caratteri, troppo pochi per renderlo attendibile). Ma ben di diverso avviso è la conclusione del professor Piergiorgio Odifreddi (Cattedra di Logica Matematica all'Università di Torino). Egli afferma che la tradizione di leggere nella Bibbia quello che non c’è è vecchia quanto la Bibbia stessa. “ ... tutto è nato perché sia i greci che gli ebrei non avevano simboli per i numeri. Avevano solo le lettere dell’alfabeto. E così entrambi portarono il proprio alfabeto a 27 lettere. In tal modo le prime nove potevano rappresentare i numeri da 1 a 9. Le seconde nove, le decine e le terze, le centinaia. La Bibbia è allora scritta con parole che sono numeri, anche se tutte le parole sono numeri ma non è vero il contrario. Tutto questo andirivieni fra lettere e numeri è quello che oggi si chiama la Ghematria e ha una tradizione secolare. Nel Codice Genesi non si fa altro che riportare al giorno d’oggi una tradizione antichissima. In più, si usa uno strumento moderno: la crittografia. Si può scrivere un messaggio cifrato scegliendo come significative lettere a intervalli regolari: ogni 2, per esempio. Ci sono infinite possibilità di questo metodo ...”. ... la Torah ... Già, davvero un vero e grande mistero della matematica!

E sulla grande tensione emotiva della crittografia biblica, esce nel 1998 il capolavoro di Darren Aronofsky (Brooklyn 1969 - live) nel film “Pi greco: Il teorema del delirio”. In un clima di claustrofobia e di ossessioni, Max Cohen (l’attore Sean Gullette) si dibatte sulle quattro leggi principali della matematica: 1) La matematica è il linguaggio della natura. 2) Tutto ciò che ci circonda può essere rappresentato e compreso attraverso i numeri. 3) Se si traccia il diagramma numerico di qualsiasi sistema, se ne ottiene il modello. 4) In natura ci sono modelli ovunque. Il film si ambienta sullo sfondo di una Manhattan buia, sporca e alienante dove Max vive solo con il suo computer

Euclide ed il vecchio maestro di matematica alla ricerca di continue connessioni numeriche nella vita di tutti i giorni. Uno strano incidente di percorso lo porta però a scoprire una formula

che sembra predire l'andamento della borsa di Wall Street, ma che al suo interno nasconde qualcosa di ancora più grande. Il film, girato in un freddo e sgranato bianco e nero vince il primo premio al Sundance Film Festival: un lavoro ingegnoso e paranoico che porta ai confini della metafisica. E’ un film difficile, tenebroso ed angosciante ma occorre vederlo per lasciarsi trasportare. Gli schemi ricorrenti della matematica di Max passano prima attraverso la serie dei numeri di Fibonacci, poi lungo la scoperta dei 216 numeri

del nome di Dio degli Ebrei Cabalisti, fino all’autodistruzione del computer dopo la grande e definitiva rivelazione dei numeri della Torah.

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Di fronte alla scoperta sconvolgente, il destino di Max è segnato poichè la voglia di schematizzare il mondo attraverso i numeri diventa secondaria rispetto alla scoperta di poter parlare con un Dio ‘crittografato’. Max concluderà però la sua storia schizofrenica con la trapanazione della propria scatola cranica, quasi che la lobotomia possa scontare realmente il messaggio del Teorema del Delirio. Francesco Caranti

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Re: Il Codice della Torah … il sistema funziona con la ricerca di stringhe di lettere in ogni direzione … Ho letto il libro ed e' intrigante di brutto. Quello che mi piace in tutto questo tourbillon di articoli su numeri e codici sono soprattutto due aspetti. Il primo porta con se’ anche un briciolino di suspence: alla fine si vedrà se le ipotesi che ognuno di noi sta facendo sugli agganci con il mondo dei derivati troveranno riscontro o meno. Il secondo aspetto e’ cio’ che chiamerei un vantaggio collaterale. Parlando di testi e di autori nasce la voglia di andarli a leggere o magari di riprenderli in mano. Nel caso del Codice Genesis la caratteristica fondamentale è che fino a quando non sai che cosa cercare come fatto o personaggio, il futuro non viene svelato. Il sistema funziona con la ricerca di stringhe di lettere consecutive cercate nelle sacre scritture ebraiche, in ogni direzione. Cioè su, giu’, destra, sinistra e gradienti intermedi. Difficile ipotizzare un marchingegno che prescinda dall'uso di un computer per la creazione di un sistema tanto sofisticato, salvo pensare ad un intervento sovrumano. Siamo in molti ad accettare questa spiegazione. Se pensiamo che sono stati ritrovati fatti legati alla vita quotidiana e grossi eventi sociopolitici, del tipo attentati o uccisione di uomini politici, vengono i brividi. Va ricordato che al contrario dei Vangeli, cioe' il Nuovo Testamento, che sono stati scritti e riscritti e di cui oggi esistono diverse versioni, secondo i diversi Credo cristiani, la Torah e' sempre stata rispettata nelle riscritture e ristampe senza variare nulla. Alla lettera. Quindi il messaggio iniziale si e’ conservato integro. L'ho sempre visto come un ossimoro, o se preferisci un esempio pratico di come si possano conciliare la onniscienza e il libero arbitrio. Quando cio’ che doveva avvenire si verifica, puoi riscontrarne la prevista eventualità, ma fino ad allora tutto è in fieri, nascosto in mezzo ai milioni di altre combinazioni nel rispetto della libertà di azione per ognuno di noi. E così dai derivati siamo arrivati a parlare di libero arbitrio. Mica robetta. Vittorio Malvezzi

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I Numeri magici dell’isola di Gavrinis. … golfo di Morbihan, una zona tanto ricca di menhir da far andar giu’ di testa anche Obelix … I numeri hanno una loro magia: non occorre essere Pitagora o avere una dannata laurea in Matematica per rendersene conto. Il fascino emerge da una comunicazione spesso immediata anche per chi come me e’ meno portato alla matematica. Un esempio? se ti dico 99/60/90 sono solo tre numeri ma creo già un’atmosfera! Approfittando di una breve vacanza ho ripreso in mano una serie di scritti di un ricercatore straniero, un paleo-archeologo dotato della capacità di intrigare e affascinare il lettore. Qualche lustro fa quando uscirono i primi libri di Däniken fecero molto scalpore (Erich von Däniken – Zofingen 1935 - è uno scrittore svizzero). Forse te ne ricorderai: era quello che, prove alla mano, documentò come nell’antichità, gli extraterrestri abbiano visitato il nostro pianeta. A partire dalla Bibbia, in tutti i testi sacri di tutte le principali religioni, si tramandano avventure di carri di fuoco e supereroi: a suo tempo aveva fatto scandalo, anche se francamente il mio rapporto con il Sommo Architetto caso mai ne e’ uscito con qualche stella in piu’. Come tra un giocatore di rubamazzo e uno di bridge converrai sia richiesta intelligenza e skill maggiore per il secondo gioco, così mi sembra più completo chi nel creare ti mette su un giochino come la doppia elica del DNA di Chi prenda della malta, schiocchi le dita (si fa per dire, naturalmente) e … tacchete … ti crea l’uomo. Quanto ad alcuni cosiddetti angeli che potrebbero invece rivelarsi extraterrestri, beh si tratta solo di fare un altro giro di giostra. Arrivati in cima, qualche Creatore avrà ben dovuto far partire il Big Bang. Ma ovviamente si tratta di divagazioni personali e prima che tu mi accusi di dare i numeri un’altra volta, ti arrivo subito a parlare dell’isola di Gavrinis.

Visto il mio entusiasmo per l’autore, te ne cito pari pari qualche passo, tratto dal libro “Cronache da un Altro Passato”. Sottotitolo: Misteriosi Monumenti della Preistoria parlano di mondi lontani. Siamo in Bretagna, golfo di Morbihan una zona tanto ricca di menhir da far andar giu’ di testa anche Obelix. Due isolette circondate da correnti impetuose: Er Lannic e Gavrinis. Qui, in cima ad una collinetta, la madre di tutti i monumenti neolitici, scoperta solo nel 1832 e studiata seriamente tra il 1979 e il 1984. <Gavrinis e’ un enigma mozzafiato, e’ come un

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fantasma che esce dal mondo onirico, è oscuro, misterioso a prima vista caotico, ciononostante contiene la risposta piu’ logica a tutte le domande: quella matematica.> <Gavrinis è stata costruita prima che l’acqua la separasse dalla terraferma, trasformandola in un’isoletta in balia delle correnti. La galleria fiancheggiata e ricoperta da monoliti misura 13,10 metri. Il santuario - detto anche camera sepolcrale - e’ lungo 2,60 metri largo 2,50 e alto 1,80. Questa camera è stata costruita utilizzando 52 monoliti, la metà dei quali, 26, sono ricoperti da incisioni particolari: spirali e cerchi, che si fondono gli uni negli altri; ci sono poi solchi simili a grosse impronte digitali, linee sinuose che sovente proseguono il loro cammino da un monolito all’altro. E in tutto questo guazzabuglio di linee, spicca una pietra, sulla quale sono presenti raffigurazioni che ricordano asce di pietra a punta aguzza. … questi disegni contengono un messaggio matematico eterno e valido per tutti coloro che sanno contare. La chiave per comprendere le incisioni e’ stata scoperta da Gwenc’hlan Le Scouëzec

(Grande Druido di Bretagna in Francia) un genio matematico molto schivo, il quale sostiene che questo messaggio millenario è alla portata di tutti … contando dall’ingresso salta subito all’occhio il monolito numero 6, di dimensioni minori rispetto agli altri: leggermente rialzato e sulla sua superficie è incisa una sola “impronta digitale”. E’ l’unica pietra con un solo simbolo … Anche la pietra 21 della galleria è molto particolare: presenta nella parte inferiore un’impronta digitale e poi seguono in totale 18 incisioni simili ad asce, disposte verticalmente in tre serie dall’alto in basso. In totale i segni quindi danno il numero 18 o 3 x 6. Il numero 18 si può anche scomporre in 3+4+5+6 e la moltiplicazione di questi numeri in successione, dà come risultato 360 o 60 x 6. Il numero 18, il numero delle asce, equivale alla ventesima parte di 360 che

corrisponde ad un angolo giro, cioè a un cerchio chiuso. Nel sistema decimale i numeri 3, 4, 5, 6, scritti affiancati danno 3456, E questa cifra codificata, è presente anche sul monolito 21. 3456 diviso 21 dà 164,57.E questo numero è il perimetro di un cerchio con il diametro di 52,38 metri. A Gavrinis l’azimut meridionale del solstizio d’estate si trova esattamente a 52^ 38’. Non ho ancora detto, ma mi sembra quasi scontato, che il “sepolcro a corridoio” è orientato proprio verso il punto del sorgere eliaco del solstizio d’estate. Non è tutto abbiamo già diviso il numero 3456 per 21, perché questo numero si trova sul monolito 21…. E cosa succede se dividiamo le due cifre 164,57 : 52,38 ? = 3,14… il pigreco, che mostra il rapporto del perimetro del cerchio al suo diametro. <Pura coincidenza> dirà lo scettico ( Ma qui mi permetto di intervenire io, se qualcuno pensa veramente che si possa trattare di coincidenze, proviamo a fare un po’ di moltiplicazioni per vedere le probabilità che tutto quanto esposto si possa verificare in modo casuale. Siamo alla stregua della scimmia che batte sui tasti e in un tempo infinito scrive tutti i libri pubblicati) Certo – prosegue Erich – se si trattasse solo degli esempi citati, potrebbe anche essere. Ma come si può tacere quando vengono ignorati messaggi antichi di migliaia di anni, solo perché non si confanno al modello di pensiero del terzo millennio? Gavrinis è piena zeppa di esempi matematici. Ecco altre prove. Il numero dei megaliti e la loro posizione devono essere stati intenzionali perché nel sistema matematico sono integrati tre gruppi ben evidenti: A) la fila destra del corridoio con 12 pietre B) la camera sepolcrale con 6 pietre C) la fila sinistra del corridoio con 11 pietre. I primi due numeri, cioè 12 e 6 si inseriscono nello schema matematico e la loro somma dà come risultato 18 e ricordiamo che 18 asce sono raffigurate sul monolito 21. Però il numero 11 non si inserisce nello schema dei multipli di 6. Allora qual è il suo significato ? Non si dimentichi che il numero ricorrente era 3,456. Dividete questa cifra per 11 e otterrete 314,18. Ecco che ritroviamo ancora il pigreco. Se si separa 3456 con una virgola e se si divide 34,56 per 11, il risultato è ancora 3,14. Gavrinis è una miniera matematica nella quale sono integrati 3 sistemi numerici indipendenti eppure combinabili fra di loro: un sistema di calcolo a base 6 con i suoi multipli, un sistema decimale e un sistema a base 52 con i suoi sottomultipli 26 e 13. Proprio su quest’ultimo sistema si fondano il calendario e la matematica Maya e questa osservazione ci consente di trarre deduzioni sulle origini appunto delle origini di quell’antica civiltà mesoamericana. Gli autori del messaggio matematico di Gavrinis avevano pensato

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proprio a tutto. Qualsiasi sistema di conto avessero usato le future generazioni, di certo menti intelligenti, sarebbero state in grado di decifrarlo. Nei dati di Gavrinis non è stato integrato solo pigreco, ma anche con assoluta precisione il numero sinodale dell’orbita lunare, il teorema di Pitagora (NdR- ti ricordi il pettegolezzo relativo ai triangoli rettangoli ? si mormora che la somma dei quadrati dei cateti sia pari al quadrato dell’ipotenusa. Morbosità a parte, se prendi la serie 3:4:5 guarda caso 3 x 3 + 4 x 4 = 5 x 5), la forma sferica della Terra e il numero dei giorni di un anno terrestre e cioè 365,25 giorni … Il complesso del tumulo a corridoio di Gavrinis è composto da 52 elementi, sulla 21esima pietra sono incise 18 asce. Sommando 21 + 18 = 73 … 3456 : 73 = 47,34. 47^ 34’ corrisponde all’esatta longitudine di Gavrinis > Proseguendo nelle pagine seguenti di un libro che ti consiglio di sfogliare per intiero, Erich si lascia sfuggire molti sospiri all’indirizzo della scienza cosiddetta ufficiale che si ostina a non vedere i numeri. Addirittura viene messo all’indice dal marxismo ortodosso di quei tempi. Un po’ quello che ancora oggi avviene nella libera America dove si corre il rischio di finire in tribunale se contesti la teoria dell’evoluzione darwiniana. Io che scienziato non sono, ma ho seguito la ristrutturazione di alcune case, mi ricordo la difficoltà e l’attenzione che dovevo riservare agli operai solo perché mi orientassero correttamente la pendenza delle sogliette delle finestre per evitare che alla prima pioggia l’acqua mi entrasse in casa invece di esser portata via. Nonostante il mio impegno e un’ingegneria molto sofisticata che, negli ultimi millenni, sembrerebbe aver dovuto sviluppare tecniche di costruzione migliori, ancora qualche finestra ai temporali estivi mi fa guardare con estremo rispetto a ciò che già allora si erano così abilmente inventati. Vittorio Malvezzi

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Il Déjà vu: un viaggio nella dimensione Spazio-Tempo … se l’Universo fosse come la buccia di una mela, un Bruco potrebbe perforarla per poi scendere veloce nella parte opposta … Forse non ci siamo mai resi conto che ogni volta che ci troviamo davanti a uno specchio distante da noi un paio di metri, non stiamo realmente vedendo la nostra immagine reale bensì quella di un’altra dimensione parallela invecchiata e traslata di sedici nanosecondi. E’ vero, stiamo parlando di ben poca cosa poichè il nanosecondo è una misura temporale impercettibile: quei pochi miliardesimi che ci separano da ciò che vediamo è un tempo talmente trascurabile da non modificare per nulla la sostanza della visione reale. L’importanza della questione non è tanto di carattere “quantitativo” quanto piuttosto “qualitativo” e ciò dimostra, almeno in teoria, l’esistenza di una eterna macchina del tempo sempre presente in tutti gli istanti del nostro quotidiano e sempre a nostra disposizione. Ecco come il tempo infinitesimo necessario alla luce per rifletterci sullo specchio e riportare l’immagine alla nostra esperienza sensoriale, può diventare un curioso spunto di riflessione per considerazioni ben più complesse. Il problema è noto alla Fisica col termine di finestra temporale e si aggancia al concetto della teoria delle stringhe: una serie di studi che immaginano la materia, l’energia, lo spazio e il tempo come manifestazioni di elementi sottostanti chiamati stringhe (inglese: brane, cioè oggetti spaziali estesi). Il passo da fare è enorme poiché l’abitudine di visualizzare gli oggetti come insiemi di elementi geometrici puntiformi (i punti del piano e dello spazio) viene stravolta radicalmente nel passaggio alle stringhe con tutto ciò che comporta nel riadattamento delle regole di composizione della materia. In questa nuova ingegneria della struttura, in pratica si sale di un livello: dalla dimensione ‘zero’ (il punto) si salta alla dimensione ‘uno’ (la stringa) ... un balzo avveniristico e fondamentale per l’indagine scientifica. E’ proprio l’introduzione di una nuova struttura delle forme a liberare la fantasia nell’ambito delle dimensioni spazio-tempo e dentro alle teorie dell’interpretazione del destino dell’umanità. Ecco come una semplice modifica a un avvenimento chiave del passato potrebbe cambiare sostanzialmente tutti quelli successivi se solo si potesse intervenire con una macchina del tempo, ovviamente molto più evoluta di quella che abbiamo usato nel banale esperimento dello specchio. Su come e perché una qualsiasi deviazione di un avvenimento del passato possa interferire su ciò che sarà in futuro, il dibattito resta ancora aperto. Se infatti un’azione qualsiasi può cambiare soltanto perché l’abbiamo osservata in modo ‘ritardato nel tempo’, allora ci si può anche domandare come si possano spiegare tutti i cambiamenti delle situazioni che verranno.

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I quesiti si susseguono incalzanti … Quale responsabilità oggettiva potrà avere ciascuno di noi rispetto al naturale svolgersi dell’esistenza? Quali elementi risultano realmente codificati a priori e quali invece sono quelli modificabili? E’ possibile incontrare se stessi in un passato già noto? Può una macchina essere in grado di modificare il libero arbitrio? Quali sono i confini reali tra gli studi della fisica e la volontà e la capacità di ognuno di noi? … tutte questioni infinite e irrisolvibili! Ma per entrare più da vicino e in modo spettacolare nei Mondi Paralleli della Fisica delle Stringhe, nel 2006 è uscito un bel film all’incrocio tra la scienza e la finzione. Stiamo parlando del capolavoro di Bruckheimer e Scott, una formidabile accoppiata di Produzione e di Regia.

Bruckheimer (Stai Uniti 1945 – live) e Scott (Inghilterra 1937 – live) hanno impiegato oltre 150 milioni di dollari per realizzare Déjà vu, un lungometraggio girato nella New Orleans del dopo-uragano Katrina del 2005. Un film dagli effetti speciali e pieno di ritmi frenetici che riporta sullo schermo il Déjà vu (già visto) cioè tutto ciò che rappresenta uno dei più oscuri ricordi della psiche: la sensazione di avere da sempre conosciuto ciò che appare al momento. Parliamo della paramnesia, cioè della sensazione di avere già vissuto precedentemente quell’avvenimento e quell’esatta situazione che si sta verificando: il ricordo di un fatto, di una persona o di una sensazione

emotiva. Il termine è stato creato dal francese Emile Boirac ai primi del novecento nel libro: “Il futuro delle scienze psichiche”. Boirac volle pensare a un termine che consentisse di esprimere quella strana esperienza accompagnata da un forte senso di familiarità, soprannaturalità, stranezza e mistero tipica del “rivissuto”. Per quanto le esperienze precedenti siano perlopiù tipiche del mondo dei sogni, si ha la

sensazione comune che esista l’idea che quei fatti siano realmente accaduti in passato. Il déjà vu è abbastanza comune a tutti noi e non si tratta di un fenomeno nuovo, il problema semmai sta nel fatto che nell’analisi psicologica di laboratorio non si riesce ad esprimerlo come veramente si vorrebbe per via della mancanza di dati scientifici precisi: per tutto ciò il Déjà vu resta ancora un mistero. Un mistero ben interpretato da Denzel Washington e da Paula Patton in un genere poliziesco di fantascienza in cui via via si fa strada l'ipotesi che il

viaggio all’indietro nel tempo possa realmente fermare un crimine. E così è nel film poichè un tragico attentato terroristico al traghetto di New Orleans si trasformerà in un normale incidente di conseguenze molto meno violente. Si entra nel gioco della teoria degli universi paralleli, argomento sul quale la regia si è avvalsa della consulenza di Brian Greene, uno dei massimi esperti mondiali della teoria delle stringhe.

L’ipotesi si basa sulla possibilità che il Cosmo sia formato da un numero infinito di Universi paralleli e che a noi – nella dimensione attuale – sia capitato per puro caso di viverne uno soltanto, ignorando l’esistenza di tutti gli altri. Da una primigenia fantascienza, la teoria degli universi paralleli oggi è chiamata in causa in modo più serio poichè si pensa che l'universo sia formato da membrane in continua vibrazione all’interno di ben undici dimensioni diverse. In questa ipotesi di un Cosmo a ‘n’ dimensioni, tutti gli altri universi paralleli potrebbero essere separati dal nostro da una distanza minima, misurabile nell’ordine di poche frazioni di millimetro. L’esempio migliore da fare è quello di una ‘forma di pane a cassetta’:

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il nostro universo potrebbe essere simile a una singola e sottile fetta d quel Pane nei confronti di un Pane di ben più ampie dimensioni (world-sheet, cioè: un mondo fatto di fogli). Per quanto la teoria lasci irrisolti molti problemi, è lecito pensare che essa apra nuove prospettive sulla possibilità di viaggiare nel tempo e anche di poter manipolare il passato e ciò che sarà il futuro. Di fronte alla vastità dell’infinito ci si potrebbe anche fermare a queste prime dichiarazioni: "Nell'universo c'è molto di più di quanto noi possiamo renderci conto. E ciò deve convincerci ad apprezzare maggiormente il nostro posto nel cosmo". Il postulato non è limitativo e semplicistico in se stesso: ci aiuta semplicemente a riflettere più positivamente sul senso dell’esistenza e serve a tracciare un limite preciso tra l’indagine e l’introspezione.

Volendo invece proseguire nel ragionamento, altre ipotesi si spingono a collegare la Teoria delle Stringhe con ciò che può essere avvenuto al momento del Big Bang, cioè durante l’esplosione del Buco Nero dal quale si pensa abbia avuto

origine il nostro Universo. La più importante di queste teorie è conosciuta come l’Ipotesi di Palombo, la quale cerca di spiegare la somiglianza tra la forma d’onda di scoppio del Big Bang con le vibrazioni delle onde elettromagnetiche che già conosciamo. Questa corrispondenza si rifà a una seconda teoria fondamentale, l’Azione di Polyakov, secondo la quale, all’interno di più Stringhe, ciascuna di esse può vibrare in maniera diversa in modo che ad ogni vibrazione possa corrispondere un tipo diverso di particella. Un pò come nella musica, l’azione di Polyakov afferma che ogni particella dipende dal modo in cui essa tende a vibrare, cioè dalla “nota” che la stringa stessa produce nel momento in cui inizia a vibrare. Sensazionale davvero: “La materia esiste in quanto vibrazione di essa stessa”. Tutte le volte che la materia cambia la propria vibrazione, secondo Polyakov, essa cambierà di stringa e quindi muterà anche il proprio stato fisico: una grande prova di interrelazione tra energia e materia. Ritornando al nostro film, la regia ha fatto un ottimo lavoro giocando sulla possibilità di intervenire a ritroso nel tempo. Per far ciò ha utilizzato lo stratagemma secondo cui Presente e Passato si muovono all’interno di un intervello temporale costante, un po’ come se vedessimo noi stessi dentro una moviola in ritardo di un numero di giorni costante, quasi come avviene nelle registrazioni televisive. Il film ha così ‘scomodato’ un’altra teoria fondamentale di queste problematiche, molto

pittoresca nel suo nome: Il Buco di Tarlo. Il Buco di Tarlo (wormhole) è un’altra caratteristica della dimensione spazio-tempo, una specie di "scorciatoia" in grado di avvicinare due punti qualsiasi dell’universo ... se così fosse si potrebbe viaggiare più velocemente di quanto impiega la luce a percorrere le distanze dello Spazio. Il termine wormhole deriva dall’analogia utilizzata per spiegare questo processo. Se immaginiamo l'universo come la buccia di una mela e che un verme viaggi sulla sua

superficie, allora la distanza tra due punti opposti della mela è pari a metà della circonferenza. Ciò è vero se il verme resta sulla superficie della mela. Se però il verme si mettesse a scavare un foro diretto e profondo

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attraverso la mela, allora la distanza percorsa sarebbe nettamente inferiore. La Fisica ancora non sa se il wormhole possa realmente esistere.

Per esempio, la congettura di Stephen Hawking (Oxford 1942 – live) afferma che parecchi problemi derivanti dal viaggio lungo il tempo del Wormhole comprometterebbero molte delle ipotesi su cui si regge tutta la Fisica stessa. E mentre la fisica di Einstein ammette la possibilità teorica di un viaggio nel futuro poiché ancora non sono stati trovati paradossi in grado di negarli, ben diversa è la situazione per quanto riguarda i viaggi nel passato (e qui ci dispiace per il nostro film Déjà vu). La congettura di Hawking nasce appunto per risolvere il

cosiddetto Paradosso del nonno che rende non-plausibile la possibilità di un viaggio nel passato. Il primo a descriverlo fu René Barjavel (Nyons 1911 – Parigi 1985), uno scrittore di fantascienza, nel suo libro ‘Il viaggiatore imprudente’. Il paradosso suppone che un nipote torni indietro nel tempo e uccida suo nonno prima che incontri sua nonna, dunque prima che potessero sposarsi ed avere discendenza. Se ciò fosse possibile, il nipote non sarebbe mai potuto nascere, dunque non avrebbe mai potuto tornare a ritroso nel tempo per uccidere il nonno. Ecco il dilemma: “Il nipote ha viaggiato indietro nel tempo oppure no?”. L’unica modo per continuare a vivere, sarebbe quello di ingravidare la nonna in modo tale da diventare nonno di se stesso. Già! Nonostante la logicità della spiegazione di Hawking, seguendo la nuova interpretazione dei mondi paralleli della Fisica, l’esempio dell’uccisione del nonno non costituirebbe un Paradosso poiché ogni evento realmente accaduto verrebbe per così dire registrato su un nuovo Universo Parallelo in cui la Storia si evolve in modo indipendente da quello originario. Ok! Va bene così. … alziamo le mani in segno di resa! Le variabili del problema cominciano a diventare infinite e si spostano dal mondo delle esperienze percettibili a quello della Fisica della immaginazione: rischiamo veramente di perderci tra la conoscenza reale e la fantascienza pura. L’unica soluzione, per ora, è quella di gustarci il film in compagnia di un amico appassionato di queste follie. E forse come è capitato a me, anche a voi questa pellicola potrà scatenare l’immaginazione e la fantasia: poco ci importa se le leggi della Fisica ci negano un meraviglioso viaggio nella fantascienza! Francesco Caranti

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Madre Natura alza il sipario: matematica e fantasia danno spettacolo. … che sia frutto della fervida immaginazione di qualche burlone o opera di un popolo alieno, il risultato è davvero stupefacente … Castello di Barbury, a sud ovest della Gran Bretagna, località: Wroughton. In una tiepida mattina di giugno, una curiosa signora inglese sorvola le verdi campagne inglesi alla ricerca di nuovi crop circles da inserire nel suo bellissimo ed altrettanto famoso sito www.lucypringle.co.uk … Per chi non sapesse di cosa stiamo parlando, per conoscere più da vicino i crop circle (cerchi sul raccolto) delle campagne del Regno Unito, potrà entrare nel Sito dedicato e rimanere sbalordito di fronte a ciò che può produrre l’umana fantasia quando viene usata con saggezza. Ad attirare l’attenzione della signora Pringles e di vari quotidiani, non è stata una delle tante forme circolari che nei mesi di giugno e luglio spuntano come ‘funghi nella notte’ nei campi di orzo e grano della regione dello Wiltshire quanto, piuttosto, una figura sempre circolare ma con un elemento in più che ha permesso di creare collegamenti con altre figure simili comparse nei campi inglesi fin dal 1991. Proprio in questo anno risale infatti la scoperta di una figura circolare che riproduceva il Frattale di Mandelbrot seguita, cinque anni dopo, dal Julia Set e, nell’anno successivo, dai Cerchi di Koch. Nel 2001, poi, compare nella zona di Milk Hill la meraviglia delle meraviglie: un crop circle a spirale con una estensione di novantamila metri quadrati, costituito da quattrocento cerchi di dimensioni diverse. E’ stato proprio a partire da quell’anno che i crop circles hanno cominciato a solleticare la curiosità non solo della signora Lucy, ma anche quella di matematici ed astrofisici. E’ proprio all’attenzione curiosa di un astrofisico in pensione, Mike Reed, che si deve l’interpretazione della nuova figura individuata quest’anno dal cielo sopra Barbury Castle. Mike Reed, analizzando la nuova formazione a spirale larga oltre quarantacinque metri ed interrotta da casuali scanalature convergenti verso il centro della spirale stessa, ha individuato un messaggio in codice. Dopo aver riprodotto la figura, l’ha suddivisa in dieci sezioni uguali tracciando ipotetici raggi in corrispondenza delle scanalature ottenendo una sorta di torta tagliata a fette. Reed ha compreso poi che le fettine di torta di grano acerbo potevano essere numerate in senso orario a partire dal centro ed ogni linea interna della spirale colorata con diversi colori: proprio le linee interne, lette in successione dall’inizio alla fine di ogni scanalatura, mostrano che la magnifica spirale nel campo altro non è che la rappresentazione di Pi-Greco.

L’interpretazione può essere meglio chiarita dalla figura che mostra lo studio fatto dal dott. Reed. Come si può notare, la sezione più interna di colore rosso può essere numerata da 1 a 3: l’ultimo numero di tutta la successione numerica è quello rappresentativo del ‘pi greco’. La stessa procedura deve esser fatta per tutte le altre sezioni. La piccola sezione in colore verde che segue a quella rossa posta vicino al centro della spirale, è stata denominata

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dall’astrofisico ‘decimal point’ e rappresenta la virgola. Da qui in poi, ogni sezione rappresenta un numero della serie che compone il pi greco: 3,141592654 … solo la cifra finale resta ancora un mistero … Già perché la reale serie del ‘pi greco’ termina con il numero 3. E che dire dei tre puntini di dimensione decrescente che chiudono all’esterno la spirale e la stessa serie numerica? Pare non abbiano alcun significato ed è ciò che, da sempre, fa supporre che i crop circle che appaiono sui campi delle campagne inglesi nei mesi in cui matura il grano, siano opera di fantasiosi burloni. E forse sempre di burla si può parlare relativamente alla conclusione della serie numerica con il 4 piuttosto che con il 3. Ma il ‘pi greco’? E il ‘frattale di Mandelbrot’? E i ‘cerchi di Koch’? Disegni tanto sofisticati che più che il prodotto di una burla notturna sembrano essere una sfida lanciata da qualche popolo alieno più intelligente del nostro … un popolo talmente ‘avanti’ che si prende gioco di noi rappresentando complicate formule matematiche e fisiche in un campo di grano, nel breve spazio temporale di una notte. Peraltro l’ipotesi che fa attribuire questi sofisticati disegni a forze sconosciute e misteriose sta acquisendo sempre più valore dopo alcune considerazioni fatte proprio nella zona in cui è comparso il ‘pi greco’: i cereali sono piegati piuttosto che tagliati, quasi fossero stati schiacciati da un potente vortice d’aria; non si sono rilevate orme umane nei dintorni, bensì microsfere di ferro; l’aria su questo campo, come su quelli in cui sono comparse le altre figure sofisticate, è ionizzata. E, ultima ma non meno importante, la considerazione che questi disegni bizzarri siano comparsi nei luoghi considerati da sempre i più misteriosi d’Inghilterra, i luoghi delle civiltà preistoriche come Stonehenge, Silbury Hill e Avebury … Lo stesso ‘pi greco’ è la rappresentazione di un numero da sempre considerato complesso. Irrazionale perché non può essere espresso come quoziente di due interi, estraneo all’algebra che non lo può esprimere come un numero finito di interi. Già Archimede si era cimentato sullo studio del ‘pi greco’ riuscendo a calcolarne solo le prime due cifre; dopo di lui altri studiosi, avvalendosi di più recenti e avanzati sistemi di calcolo, sono riusciti ad individuare le cifre successive della serie … ma pare che questo complesso calcolo non sia ancora giunto alla fine e, forse, il bello dovrà ancora venire. Una sola cosa è certa … che sia frutto della fervida immaginazione di burloni o opera di un popolo alieno, il risultato è davvero stupefacente e, forse, dovremmo solo accontentarci di rimanere estasiati ad ammirare e contemplare quanto la Natura ci può ancora regalare se ‘maneggiata con cura’ da mani tanto fantasiose quanto sapienti. Erika Tassi

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L’Empireo e le Ipersfere. ... un punto vidi che raggiava lume acuto sì, che 'l viso ch'elli affoca chiuder conviensi per lo forte acume ... Nel canto ventotto del Paradiso, Dante descrive l'Empireo e per la prima volta è al cospetto del Lume Acuto, tanto che il bagliore della luce divina lo costringe a richiudere gli occhi. I nove ordini angelici si presentano a Dante sotto forma di cerchi di fuoco concentrici che ruotano a velocità distinta a seconda della maggiore o minore intensità d'amore verso Dio. Ma anche la diversa luminosità attorno al Punto più Luminoso è un altro gradiente d’amore. ... dedicare le riflessione di oggi alla visione dantesca della luce Angelica e alle Ipersfere della geometria non è compito facile, perciò, a evitare passi azzardati, proviamo a limitare le nostre osservazioni ai Rapporti tra le Dimensioni dei Mondi. Iniziamo dal Cielo IX° del Paradiso in cui Dante contraddistingue nel Primo Mobile (Cielo Cristallino) l’Intelligenza motrice dei Serafini anche se, alla luce degli studi più recenti, Dante non avrebbe mai immaginato che nella sua descrizione dei rapporti del Cosmo, in realtà stava utilizzando una Matematica Inconscia, perfettamente dosata e integrata all’interno di un ritmo sconcertante. Al suo tempo (1300), la visione del Mondo era ancora tolemaica (Claudio Tolomeo – astronomo Alessandro d’Egitto: 100 – 175) cioè una struttura ‘globo-centrica’ per cui tutto il resto dell’Universo girava e dipendeva dalla nostra Terra. Come conseguenza, l‘intera struttura geometrica dell’Universo era intesa ruotare attorno a noi, attorno cioè a un globo stazionario. Secondo quelle idee, altre nove Sfere Concentriche crescenti, ruotavano intorno a noi: erano i cieli della Luna, Mercurio, Venere, Sole, Marte, Giove, Saturno e quelli dello Zodiaco (le Stelle Fisse) e del Primo Mobile. Secondo Dante, quest’ultimo godeva della proprietà secondo cui: «egli non ha altro dove che la mente divina» (XXVII, 109-110) e quindi, come tale, pur racchiudendo in sé tutto l’universo sensibile, se ne stava distaccatamente al di fuori. E così la corrispondenza tra le Sfere e i Cori angelici era una semplice conseguenza diretta. Attorno alla Terra erano in perenne contemplazione altrettante Nove Schiere di luce crescente: Angeli, Arcangeli, Principati, Potestà, Virtù, Dominazioni, Troni, Cherubini e Serafini, culminanti al centro della luce abbagliante del Creatore (XXVIII, 16-18). La rappresentazione di quel tipo di Universo era dunque bipolare con due Centri contrapposti:

• da una parte la Terra con le sue Sfere di natura Sensibile • dall’altra Dio, contornato da Sfere di natura Celeste.

Curioso anche sapere il ruolo di perfezione che l’ingegneria di Dante ha riservato ai due gruppi di Sfere:

• alle prime spetta la proprietà di essere tanto più perfette quanto più lontane dalla Terra

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• le seconde godono di proprietà inversa: più sono vicine a Dio e più sono perfette. Già qui però ci rendiamo conto che qualcosa non funziona in questa seppur geniale rappresentazione ed è lo stesso Dante a non nasconderlo, anzi, a farne motivo di fastidio e di sospetto: ... E io a lei: «Se 'l mondo fosse posto con l'ordine ch'io veggio in quelle rote, sazio m'avrebbe ciò che m'è proposto; … ma nel mondo sensibile si puote veder le volte tanto più divine, quant' elle son dal centro più remote. ... La struttura in effetti non può reggere a causa di un difetto di Simmetria, o meglio, la possiede, ma secondo un ordine rovesciato. Per dare giustificazione al dubbio di Dante in merito a questa asimmetria tra le Sfere, Beatrice ricorre a una spiegazione che poggia sull’apparenza relativa delle capacità cognitive. “E’ la nostra apparenza” – dice Beatrice – “a far sembrare inverso l’ordine delle Sfere, perché in realtà il Centro Divino è la Sfera Maggiore”. XXVIII (61 – 78) ... Dunque Costui che tutto quanto rape l'altro universo seco, corrisponde al cerchio che più ama e che più sape: … per che, se tu a la virtù circonde la tua misura, non a la parvenza de le sustanze che t'appaion tonde, … tu vederai mirabil consequenza di maggio a più e di minore a meno, in ciascun cielo, a süa intelligenza». ... Risolto parzialmente il dubbio dell’asimmetria, un altro sospetto riguarda un secondo problema di discontinuità. Come dicevamo, l’Universo di Dante è bipolare in quanto formato da una Sfera Sensibile e da una Sfera Celeste. Entrambe appaiono distinte, separate e non comunicanti. Ma quando descriviamo lo Spazio, noi in realtà intendiamo e vogliamo descrivere il Tutto, la Completezza, l’Intero, non una singola parte. Ecco la domanda: Che ne è allora dello spazio tra Sfera e Sfera? E’ forse uno spazio vuoto? Ma poiché il Vuoto Assoluto non può esistere, allora dovrà esistere un quid – uno spazio di connessione - che unisce e che collega le due Sfere. L’assenza del quid che unisce le Sfere è la vera spina nel fianco del Sistema Dantesco: le due Sfere appaiono troppo isolate e il Sistema è difettoso poiché manca di continuità dato che nei fenomeni in natura non possono esistere stati ‘assoluti’ dato che l’Energia fluisce solo attraverso passaggi progressivi. Solo nell’Analisi Matematica e nell’Elettronica esistono funzioni cosiddette discontinue che eludono i processi naturali ... ma molto probabilmente si tratta di funzioni necessarie al pensiero logico complessivo. Un esempio di discontinuità matematica è quello di Johann Dirichlet (Germania, 1805 – 1859). La Funzione di Dirichlet (comunemente detta Funzione a Scaletta) definisce il valore 1 sui numeri razionali e 0 su quelli irrazionali. Se potessimo disegnarla apparirebbe come l’insieme di due

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segmenti orizzontali (per y=1 e y=0) "sbiaditi" in quanto formati da punti infinitamente vicini e improvvisi "buchi". In Elettronica invece, la discontinuità è rappresentata dalle Tensioni ai capi dei circuiti digitali in cui non sono ammessi valori intermedi se non quelli definiti a progetto. Per esempio, l’alimentazione di certi Integrati, potrà essere solamente di + 5,1 volt o di – 5,1 volt senza stati intermedi. Per quanto un po’ difettoso nel suo impianto, il sistema dantesco offre però ottime possibilità di riflessione anche ai giorni nostri. E vediamo perché ... Pensiamo a un viaggio al Polo Sud e Immaginiamo ora di guardare la terra tramite un occhio immenso fino a distinguere tutto l’emisfero meridionale. Che cosa vedremmo veramente? Ci apparirebbero infiniti anelli progressivamente sempre più grandi, vedremmo cioè i Paralleli … tanti cerchi in successione fino al più grande in assoluto, quello dell’Equatore. Ora pensiamo al processo inverso.

Pensiamo di trasferirci all’Equatore e - con lo stesso grande occhio - proviamo a guardare a Nord verso il Polo. Anche in questo caso vedremmo ancora degli anelli, dei cerchi, con la sola differenza che il processo avverrà all’inverso, cioè dal Cerchio più grande (quello dell’Equatore sul quale ci troviamo) in direzione di anelli sempre più piccoli, fino ad arrivare a un Punto, quello corrispondente al Polo. Se così fosse, allora è anche vero che la Terra si può rappresentare con due

serie di Cerchi (gli Emisferi) con il Cerchio dell’Equatore in comune (una specie di arancia tagliata a metà). Ecco come:

Forse Dante non si era accorto che nel suo pensiero era insito il concetto chiave del salto delle dimensioni. A ben riflettere, in tutte le operazioni della matematica esistono i cosiddetti del “grado” ed è cosa comune la proprietà di “salire” (o scendere) di un grado. Per esempio:

• dalla somma si sale alla moltiplicazione • dalla moltiplicazione alla potenza • dalla derivata prima si passa alla derivata

seconda • dalla equazione di primo grado si arriva a

quella di secondo. E questo potrebbe essere un tipo di rappresentazione grafica di un “Salto di grado”:

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E anche Dante ‘salta di un grado’. Più o meno così:

• I cerchi concentrici diventano Sfere concentriche • Le circonferenze coincidenti ai cerchi massimi diventano le superfici delle Sfere • La sfera che rappresenta la Terra diventa l’Ipersfera che descrive tutto l’Universo.

L’ipersfera è una figura geometrica teorica: esiste in termini matematici ma non è percepibile dai nostri sensi. E qui c’è davvero da riflettere proprio perché le leggi della geometria sono fantastiche ... In natura esistono oggetti non rappresentabili (nel senso che non sono percettibili dai nostri sensi), ciononostante di queste figure si conosce perfettamente la formula matematica che le rappresenta. Se per esempio volessimo calcolare il Volume di una Ipersfera a 6 dimensioni, basterebbe applicare questa formula:

Ipersfera di raggio ‘r’, dimensione ‘n=6’, funzione ‘gamma’

Sensazionale davvero! Per moltissimi fenomeni scientifici siamo in grado di ottenere i risultati prima ancora di conoscerne la forma e la sostanza! Quindi in questa nostra discussione traspare che:

• la Geometria precede l’Esistenza e la Descrizione di forme e oggetti momentaneamente solo teorici

• La Matematica risolve i problemi della discontinuità come quello di Dirichlet applicato all’elettronica digitale

• Dante – nella descrizione dell’Empireo – ha ipotizzato (con un anticipo di 700 anni) le teorie del Salto di Dimensione, così come in Analisi Matematica sono possibili quelli delle Funzioni.

Ciò che impressiona è la ciclicità e la circolarità di materie scientifiche apparentemente separate. Per poter immaginare l’ipersfera descritta da Dante sarebbe sufficiente una dimensione in più. E così, come per poter vedere il globo terrestre senza limitarsi alle due serie di cerchi si deve usare uno spazio a tre dimensioni, per poter vedere l’Ipersfera dovremmo usare uno spazio a quattro dimensioni, che magari esiste davvero, ma che per ora è ancora al di fuori della nostra comune percezione. Ci lasciamo tra le fantasie Dantesche dell’ingegneria Cosmica, le discontinuità della Matematica e le Leggi dell’elettronica. La ricerca dell’Uomo, pur attraverso sentieri separati, porta spesso alla coincidenza di un unico elemento di raccordo e il tempo che passa aiuta ad avvicinarsi alla conoscenza del Fuoco Definitivo. Francesco Caranti

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Il NIM e il teorema di Sprague-Grundy ... un Gioco Matematico in cui si può trovare la regola vincente ... Il Leone d’Oro della Mostra del Cinema di Venezia del 1961 andò a un film apparentemente incomprensibile a quell’epoca: L’anno scorso a Marienbad. Alain Resnais aveva conquistato la giuria con una pellicola a metà strada tra la realtà, il sogno e l’immaginazione, sull'onda della Nouvelle Vague di cui era stato ispiratore teorico. Quel premio fece scalpore perché non si era veramente capito che cosa avesse realmente spinto la giuria a conferire quel riconoscimento: solo più tardi ci si rese conto che il regista aveva realizzato la metafora della società e della noia, quella che trasforma gli individui in spettrali automi in bianco e nero, tutti uguali e indistinguibili. Alain Resnais (Vannes 1922 - live) era uscito solo due anni prima da un grande successo con Hiroshima mon amour (1959) e il pubblico aveva imparato ad apprezzare quel linguaggio nuovo e misterioso che il regista riusciva a trasmettere. L'anno scorso a Marienbad (L'année dernière à Marienbad) è tratto da un'opera di Alain Robbe-Grillet (Brest 1922 - live) uno scrittore che prima di approdare al cinema era stato professore di matematica, da cui tutta la struttura del racconto cinematografico che appoggia su intricate forme di simmetrie e labirinti molto simili alle fantasie di Escher di cui abbiamo già parlato a proposito del Nastro di Moebius. La storia è ambientata in un lussuoso albergo dentro a una reggia barocca contornata da giardini stupefacenti: le porte delle camere sono identiche, i camerieri sostano immobili come statue e i clienti alto-borghesi appaiono silenziosi, gelidi e spettrali. Anche le conversazioni procedono a rilento, quasi come se le frasi non dovessero significare niente. In questa atmosfera surreale si muove un uomo simile a un’ombra (il

Signor X – Giorgio Albertazzi) che si avvicina a una donna (la Signora A - Delphine Seyrig) sostenendo di averla già conosciuta in passato. In uno strano universo in cui i dialoghi cadono nel vuoto, soltanto A e X sembrano capirsi e si interrogano sul significato della realtà davanti a un terzo personaggio (il Signor M – Sacha Pitoef) il vero ‘Guardiano del mondo’, un mondo fatto di un Gioco Matematico in cui si può anche perdere ma dove, volendo, si può trovare la regola per essere sempre vincitori.

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Per il gioco in questione, al quale il Signor M risulta praticamente invincibile, servono solo alcuni gettoni (come nel film) oppure dei semplici fiammiferi che vengono disposti su più file. Due giocatori, a turno, possono prelevare una parte o tutti i fiammiferi di una fila, e soltanto di una fila. Perde il giocatore al quale rimane l'ultimo fiammifero. Pitoef continua a sfidare Albertazzi al gioco e questo diventa il vero motivo ossessionante del film. Gli avventori discutono le conclusioni matematiche più disparate ... "chi fa la prima mossa vince sempre - Si deve prendere sempre un numero pari di fiammiferi - Il più piccolo numero intero dispari - E' una serie logaritmica - Si sceglie ogni volta una riga diversa, si divide per tre ... sette per sette quarantanove" ... ma questi sono solo frammenti di un discorso volutamente oscuro e che non ci aiuta certo a capire il vero meccanismo del gioco. In realtà stiamo parlando del NIM, un gioco originario dell'antica Cina che comparve per la prima volta in Europa nel Cinquecento. Probabile che il nome derivi dal tedesco Nimm (prendere) ma è anche conosciuto come Tactix o anche Fan-tan. La particolarità del NIM è quella di essere il capostipite dei cosiddetti Giochi Combinatori Imparziali attentamente studiati già all’inizio del 900 da Charles Leonard Bouton, docente di analisi matematica all’Università di Harvard. Le proprietà dei Giochi Combinatori Imparziali debbono soddisfare a queste 6 regole precise: 1) Il gioco si svolge a 2 persone. 2) Le posizioni possibili sono in numero finito. 3) E' definito un insieme di regole - uguali per i 2 giocatori - che, data una configurazione, stabiliscono le configurazioni cui è lecito passare. 4) I due giocatori alternano le mosse. 5) Esistono configurazioni, dette terminali, dalle quali non è più possibile effettuare alcuna mossa, cioè non è lecito passare a nessun’altra configurazione. 6) Si arriva sempre ad una configurazione terminale in un numero finito di passi. Perde chi al momento di giocare si trova in una situazione terminale, cioè non può fare alcuna mossa. Viceversa, vince chi arriva per primo in una posizione terminale. Ma vediamo nella pratica di cosa realmente si tratta: Regola. Due giocatori, a turno, tolgono da una fila (il numero delle file ed il loro contenuto viene concordato all'inizio del gioco), un numero d'elementi a piacere. Vince chi toglie l'ultimo elemento presente sul campo di gara. Non è possibile passare (saltare la mossa). Nella versione Marienbad del gioco (cioè quella del film) si applica questo schema:

• Numero delle File 4 • Contenuti rispettivamente: 1, 3, 5, 7.

Facciamo subito un esempio pensando a 4 mucchietti di fiammiferi: Abbiamo 4 file rispettivamente di 1, 3, 5, 7 fiammiferi (partendo dall’alto).

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Ora i giocatori cominciano ad alternarsi (senza mai passare) togliendo sempre dalla stessa fila un numero di fiammiferi a piacere (da uno a tutti). Vince chi per ultimo riesce a sgomberare il campo. La strategia per vincere al gioco, valida anche nel caso di un numero diverso di righe e di fiammiferi, si fonda sul sistema binario, il sistema di numerazione usato dai computer. La soluzione del gioco sta nel far cadere ogni volta l’avversario in una posizione Perdente, assicurandone a se stesso una Vincente. Ma prima di procedere, vediamo di ripassare brevemente i Sistemi di numerazione. Oltre al Sistema Decimale (conosciuto fin dalla nostra infanzia, probabilmente perché proprio dieci sono le dita delle mani e dei piedi), esistono altri Sistemi per rappresentare i numeri. Se per esempio cambiamo la Base di numerazione da 10 (decimale) a 2 otteniamo il Sistema Binario. La tabella che segue riporta la conversione da un Sistema all’altro dei primi 7 numeri naturali. Nel Sistema binario si utilizzano delle celle (digit, da cui la locuzione oggi usata: digitale) che vanno lette da destra verso sinistra (secondo il verso della freccia gialla) tramite questa regola:

• Il primo digit (verde) rappresenta 2 elevato alla potenza 0 • Il secondo digit (rosso) rappresenta 2 elevato alla potenza 1 • Il terzo digit (blu) rappresenta 2 elevato alla potenza 2.

Ricordando che 2 elevato alla potenza 0 dà come risultato il numero 1, si capisce che: Il decimale 1 è uguale a: Digit verde in stato 1 + digit rosso in stato 0 + digit blu in stato 0 Il decimale 2 è uguale a: Digit verde in stato 0 + digit rosso in stato 1 + digit blu in stato 0 Il decimale 3 è uguale a: Digit verde in stato 1 + digit rosso in stato 1 + digit blu in stato 0 ... Il decimale 6 è uguale a: Digit verde in stato 0 + digit rosso in stato 1 + digit blu in stato 1 Il decimale 7 è uguale a: Digit verde in stato 1 + digit rosso in stato 1 + digit blu in stato 1 La numerazione binaria è fondamentale nel linguaggio del computer per il semplice fatto che in elettronica gli stati di un circuito sono sempre e solo 2, cioè: 1 oppure 0 (o anche: Sì/No oppure: Vero /Falso). I computer dunque ragionano in logica binaria. Il vero limite di tutta la faccenda è che per rappresentare i numeri in binario servono molti più digit che non in decimale, tanto che con 3 digit si riesce ad arrivare solamente al numero 7 ... ma questo è un falso problema poiché oggi con l’elettronica integrata si possono concentrare anche diversi miliardi di digit in uno stesso chip. Ma torniamo al NIM: Nel NIM le posizioni Perdenti e/o Vincenti sono, per così dire, predeterminate, proprio per il fatto che questo è un Gioco Combinatore Imparziale.

Decimale

2 2 + 2 1 + 2 0

1 = 0 0 1

2 = 0 1 0

3 = 0 1 1

4 = 1 0 0

5 = 1 0 1

6 = 1 1 0

7 = 1 1 1

Sistema BinarioSistema

3° d

igit

2° d

igit

1° d

igit

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In pratica, guardando attentamente la combinazione di fiammiferi che abbiamo in mano in un certo momento, possiamo sapere con certezza se è Perdente o Vincente: nel primo caso la trasformeremo in Vincente, nel secondo la lasceremo come sta. Ma qual è realmente questa regola? Rientra forse tra qualcuna delle disparate conclusioni degli avventori dell’albergo di Marienbad? La soluzione che definisce se una qualsiasi delle combinazioni del Nim è di tipo P (perdente) oppure di tipo V (vincente) esce dal teorema di Sprague-Grundy, due matematici che per vie diverse arrivarono insieme allo stesso risultato (Roland Sprague nel 1935 e P. Grundy nel 1939). Il gioco del Nim è così utilizzato come illustrazione semplice del teorema di Sprague-Grundy. Teorema: Nel NIM sono Vincenti le posizioni in cui (scritti i numeri dei fiammiferi in notazione binaria) in ogni colonna della tabella binaria c’è un numero pari di 1. Sono Perdenti tutte le altre. Per prima cosa, si devono contare i fiammiferi di ogni fila e si trasformano in notazione binaria. Poi si sommano i numeri binari così trovati. Se le cifre della somma sono tutte uguali a zero oppure pari, la configurazione è vincente altrimenti, se c’è anche una sola cifra dispari, è perdente. In quest’ultimo caso, si procederà con una sottrazione di fiammiferi, in modo da trasformare la configurazione in vincente. Vediamo un esempio: La somma dei fiammiferi sulle tre file è 132. La cifra dispari 3 ci segnala che la configurazione di sinistra è perdente e possiamo trasformarla in vincente sottraendo sei fiammiferi dalla terza fila. In questo modo infatti la somma diventa 22, con le cifre tutte pari. In chiusura del gioco, per vincere, sarà sufficiente lasciare un numero dispari di file con un solo fiammifero.

Esempio di una mossa per passare da una configurazione perdente a quella vincente

Questa strategia è valida anche nel caso in cui il gioco preveda che il vincitore sia il giocatore che prende l'ultimo fiammifero. Cambia soltanto il finale: si procede in modo da avere due file con lo stesso numero di fiammiferi, cercando poi di mantenerle sempre con un numero uguale di fiammiferi.

... e così il Signor M dell’albergo di Marienbad aveva sempre la meglio sul più sprovveduto Signor X e tutte le sue mosse risultavano sempre vincenti. Resnais era stato ben indottrinato da Grillet che in fatto di numeri e di teoremi sapeva certamente il fatto suo. ... una pellicola un po’ datata ma che da qualche parte ancora si può trovare in qualche cineteca e che può valer la pena di essere vista. Francesco Caranti

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Il Teorema dei Quattro Colori ... il problema dei Pennarelli necessari a colorare superfici adiacenti è conosciuto come il “Teorema dei 4 colori” ... Come certo ricorderete, recentemente abbiamo fissato la nostra attenzione sui concetti Geometrici delle superfici di Moebius: una semplice cintura di pelle maldestramente arrotolata ai pantaloni ci aveva offerto lo spunto per definire e discutere nuove geometrie che avevamo classificato come non orientabili. Ciò significa che oltre alla Geometria tradizionale comunemente accettata, ne esistono altre meno intuitive ma caratterizzate da proprietà sconvolgenti. Abbiamo scoperto che la regola che definisce ‘se una figura è o non è orientabile’ è semplicemente quella di immaginare di forarla e trapassarla con un punteruolo. Se con questa operazione si riesce ad arrivare definitivamente dalla parte opposta, allora ci troviamo in un contesto di classe orientabile. Ecco come la Geometria - e in generale tutte le scienze esatte - si muovono all’interno di precise regole di comportamento per cercare di soddisfare la ripetizione dell’evento stesso. Le dimostrazioni matematiche non sempre però risultano rapide e a portata di mano, tanto che

per alcune la complessità è stata tale da mettere a dura prova le menti più creative e i computer più sofisticati. Infatti, gli appunti di oggi riguardano un problema apparentemente semplice ma di particolare rilevanza nell’ambito delle soluzioni di mappatura dei navigatori satellitari, un vero rompicapo che ha afflitto gli studiosi per più di cento anni. Ci riferiamo al Teorema dei quattro colori necessario a risolvere la colorazione di una cartina geografica. Ecco il problema: se prendiamo una qualsiasi Carta Geografica Politica e qualche pennarello colorato, allora ci possiamo

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chiedere: quanti Pennarelli dovremo usare per poter colorare tutti gli Stati ‘adiacenti’ in modo che ciascuno sia distinto dall’altro. La risposta è: sono sufficienti 4 colori. L’esempio della cartina dell’Europa politica che vedete chiarisce i termini del problema: bastano il verde, il giallo, il blu e il rosa per distinguere i singoli Stati. La storia di questa congettura venne presentata per la prima volta a metà dell’ottocento, quando uno studente del grande matematico De Morgan, si accorse che per colorare una mappa delle contee britanniche erano sufficienti quattro colori.

Nota: Augustus De Morgan (India 1806 – Inghilterra 1871) è stato un matematico e logico inglese. Si devono a lui i teoremi di De Morgan che sono alla base di molti sistemi elettronici. In suo onore è stato denominato un gruppo di crateri lunari: i crateri di De Morgan. Per meglio chiarire l’enunciato del problema dei 4 colori, occorre prestare attenzione al concetto di “adiacenza”: due Stati sono adiacenti tutte le volte che la delimitazione dei loro confini ha in comune almeno un segmento piuttosto che non singoli punti isolati. Se così non fosse, una semplice Torta a Fette sarebbe un contro-esempio schiacciante.

Ciascuna regione deve inoltre occupare un territorio connesso, cioè non deve essere formata da due o più parti sconnesse. Come possiamo vedere dall’immagine, il territorio C (dello stesso colore di B) giace all’interno dello Stato A anche se in realtà appartiene allo Stato Sovrano B. In questo caso diciamo che C è sconnesso (ecco l’eccezione del teorema!). Un esempio nostrano di ‘sconnessione’ è il territorio di Campione d'Italia interamente circondato dalla Svizzera, oppure l’Alaska che appartiene agli Stati Uniti ma è separata dal Canada o anche Kaliningrad, separata dalla Russia dalle Repubbliche baltiche. Nota: In geografia politica le regioni ‘sconnesse’ si definiscono ‘enclave’ (o, al contrario, exclave). Nel nostro esempio, C è enclave di A (al contrario, C è exclave di B). Per quanto riguarda l’esempio di Campione d’Italia: è enclave per la Svizzera, è exclave per l’Italia. Tornando al nostro problema, se vorrete divertirvi a controllare i confini di tutte le mappe del mondo, vi renderete conto che esistono situazioni semplici in cui bastano 3 soli colori per identificarle ma molto più difficile resta il caso di certi Confini Complessi in cui – nel passato – si pensava che il numero dei Colori necessari dovesse salire a 5. Il Teorema dei 5 Colori ha richiesto dimostrazioni non particolarmente difficili: molto peggio è andata per la discesa al livello inferiore, quello cioè per cui ne bastavano 4 soltanto. Come dicevamo, la prima congettura riguardante la questione risale alla metà dell’800, quando Francis Guthrie si accorse per la prima volta che per colorare qualsiasi Contea Britannica erano sufficienti 4 colori. La dimostrazione però tardò molto ad arrivare dopo una serie di insuccessi da parte di Kempe e Petersen, al punto da ritenerla matematicamente impossibile. La soluzione si ebbe definitivamente nel 1977: singolare non tanto dal punto di vista della difficoltà ma piuttosto per quello della soluzione adottata. Per la prima volta in assoluto, l’algoritmo risolutore dipendeva da un calcolo informatico piuttosto che non dalle congetture della matematica classica.

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La dimostrazione definitiva è stata fornita dall’Università dell’Illinois grazie a un calcolo che si basa sulla riduzione del numero di tutte le possibili e infinite Mappe cartografiche a un numero finito di 1476 configurazioni precise. Per la prima volta la validità del teorema è stata verificata passo-passo dal computer ma poiché le dimostrazioni matematiche classiche ammettono soltanto soluzioni logiche (e non sperimentali) la soluzione dell’Università dell’Illinois scatenò una certa polemica in termini di procedura e di affidabilità. Fu così subito contestata la capacità dell’algoritmo utilizzato poiché ancora non esiste un criterio valido in assoluto per dimostrarne la correttezza totale. La soluzione – per quanto valida - è rimasta per la prima volta affidata alle potenzialità del ‘calcolo di forza bruta’ e tutto ciò, a distanza di anni, porta ancora a riflettere. Gli appunti di oggi in merito al problema della mappatura cartografica, evidenziano l’importanza degli Strumenti di Calcolo nei processi di Analisi. La dimostrazione del Teorema dei 4 Colori tramite il computer è il primo esempio delle nuove strade che molto presto ci troveremo a percorrere. Una volta superati i limiti imposti dal Pensiero Matematico Classico, negli anni che verranno l’alleanza tra la Matematica e l’Informatica si troverà necessariamente a convergere in un punto di svolta cruciale. Vi lascio con un pennarello colorato tra le mani per disegnare i confini della vostra immaginazione e dalla vostra fantasia! Francesco Caranti

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Who has the fish? … un famoso problema di Einstein: di chi è il pesce? …

Qualche giorno fa abbiamo parlato del Problema dei Quattro Colori, che come forse ricorderete è stato risolto al computer, non secondo il ragionamento della logica classica. Quello che vediamo oggi invece è un gioco di logica pura, senza trucchi e senza trabocchetti e si racconta che l’abbia inventato il grande Einstein all'inizio del ventesimo secolo, dicendo, tra l’altro, che il 98% della popolazione non sarebbe riuscito a risolverlo. Ecco il problema:

• In una strada ci sono 5 case di 5 colori diversi. • In ogni casa vive una persona di una diversa nazionalità. • I 5 proprietari bevono bevande differenti, fumano una diversa marca di sigarette

e possiedono ognuno un animale diverso. La domanda è: “di chi è il pesce?” Cominciamo dalle case: verde, bianca, rossa, blu e gialla.

Indizi: 1. L'inglese vive in una casa rossa 2. Lo svedese possiede un cane 3. Il danese beve tea 4. La casa verde è a sinistra di quella bianca 5. Il proprietario della casa verde beve caffè 6. La persona che fuma Pall Mall possiede un canarino 7. Il proprietario della casa gialla fuma Dunhill 8. L'uomo che vive nella casa in centro beve latte 9. Il norvegese vive nella prima casa 10. L'uomo che fuma Blends vive vicino a quello che ha un gatto 11. L'uomo che possiede un cavallo vive vicino a quello che fuma Dunhill 12. L'uomo che fuma Blu Master beve birra 13. Il tedesco fuma Prince 14. Il norvegese vive vicino a una casa blu 15. L'uomo che fuma Blends ha un vicino che beve acqua

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Ecco gli animali: cane, gatto, cavallo, canarino e pesce

… le bevande: latte, birra, acqua, caffè, tea

… le nazioni: Danimarca, Norvegia, Inghilterra, Germania e Svezia

… le sigarette: Dunhill, Blends, Pall Mall, Prince, Blu Master

Prima di arrivare alla soluzione, ho chiesto al mio amico che pubblica il Sito di lasciare una pagina in bianco … giusto per tenere alta la suspence ☺☺☺☺!

Dunhill Blends Pall Mall Prince Blu Master

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Cominciamo creando una tabella delle possibilità: … e cerchiamo i primi indizi utili: Primo passo Gli indizi da considerare sono: 8. L'uomo che vive nella casa al centro beve latte 9. Il norvegese vive nella prima casa 14. Il norvegese vive vicino a una casa blu Secondo passo Indizi chiave: 1. L'inglese vive in una casa rossa 4. La casa verde è a sinistra di quella bianca 5. Il proprietario della casa verde beve caffè 7. Il proprietario della casa gialla fuma Dunhill 11. L'uomo che possiede un cavallo vive vicino a quello che fuma Dunhill Il soggetto del ragionamento è la casa verde: Poiché la casa verde è a sinistra di quella bianca non può essere all'ultimo posto. Non può essere al 3° posto perché nella 3^ casa si beve latte. Non può essere al 2° posto perché è già occupato dal blu e neanche al primo perché sarebbe a sinistra di una casa blu. La casa verde è così al 4° posto. Terzo passo 3. Il danese beve tea 12. L'uomo che fuma Blu Master beve birra 15. L'uomo che fuma Blends ha un vicino che beve acqua Il norvegese beve acqua perché solo il danese beve tea e solo chi fuma Blu Master beve birra

1^ casa 2^ casa 3^ casa 4^ casa 5^ casa

Colore

Nazione

Bevanda

SigaretteAnimale

1° passo 1^ casa 2^ casa 3^ casa 4^ casa 5^ casa

Colore blu

Nazione norvegese

Bevanda latte

SigaretteAnimale

2° passo 1^ casa 2^ casa 3^ casa 4^ casa 5^ casa

Colore gialla blu rossa verde bianca

Nazione norvegese inglese

Bevanda latte caffè

Sigarette dunhilAnimale cavallo

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Quarto passo 2. Lo svedese possiede un cane 6. La persona che fuma Pall Mall possiede un canarino 10. L'uomo che fuma Blends vive vicino a quello che ha un gatto 13. Il tedesco fuma Prince E finalmente ... scopriamo di chi è il pesce!

nella casa verde

vive un tedesco

che beve caffè

fuma Prince … … e ha un pesce ! Certo Einstein doveva avere una gran testa ma sicuramente era anche un gran mattacchione! Davvero, ho letto che era veramente un uomo simpaticissimo. … Appuntamento a molto presto. Francesco Caranti

3° passo 1^ casa 2^ casa 3^ casa 4^ casa 5^ casa

Colore gialla blu rossa verde bianca

Nazione norvegese danese inglese

Bevanda acqua tea latte caffè birra

Sigarette dunhil blends blu masterAnimale cavallo

3° passo 1^ casa 2^ casa 3^ casa 4^ casa 5^ casa

Colore gialla blu rossa verde bianca

Nazione norvegese danese inglese tedesco svedese

Bevanda acqua tea latte caffè birra

Sigarette dunhil blends pall mall prince blu masterAnimale gatto cavallo canarino cane

• •

Prince

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Incroci matematici per vedere il mondo ‘a regola d’arte’

… Il più grande ostacolo alla comprensione di un’opera d’arte è quello di voler capire … Così scriveva Bruno Munari, grande artista e designer milanese (1907 - 1998). Ma di fronte a certi capolovori del genio umano, non riusciamo ad arrenderci: capita quasi sempre quando si è in contemplazione di fronte alla ‘Venere’ del Botticelli, alla ‘Pietà’ di Michelangelo, così come alle Piramidi della piana di Giza, alla Grande Muraglia cinese o al Taj Mahal che si erge imponente ad Agra, a pochi chilometri da Nuova Delhi, in India. Quasi sempre la domanda che ci si pone inevitabilmente è ‘Come avranno fatto?’ La risposta è in taluni casi l’amore, come quello di un Re che ha fatto costruire per la sua amata compagna di vita la Tomba più bella del mondo … il Taj Mahal; in altri è il desiderio di passare da un capo all’altro del mondo camminando semplicemente sui gradini di una scala lunghissima … La Grande Muraglia Cinese. Ma tra le varie risposte che si possono dare a tanta bravura vi sono anche il genio creativo, il ‘dono’ dell’arte, la buona conoscenza di una tecnica e la personalizzazione che se ne riesce a fare. Questa risposta vale per le grandi opere pittoriche e scultoree del Rinascimento italiano ma anche per opere contemporanee che non è necessario andare ad ammirare in un museo con tanto di visita guidata. Ci sono opere che si possono guardare ed apprezzare anche soltanto appoggiandosi ad un muro mentre si aspetta l’autobus … i Murales … o camminando su un marciapiedi facendo particolare attenzione a non calpestare il capolavoro … è questo il caso delle creazioni artistiche dei famosi ‘Madonnari’. Tra questi vi è un artista in particolare che ha riscosso tanto successo da diventare famoso in tutto il mondo: Julian Beever, il ‘folle’ inglese i cui disegni artistici sui marciapiedi lasciano sempre inevitabilmente a bocca aperta.

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Chi non ha mai potuto apprezzare la genialità di qualcuna delle sue creazioni artistiche da vicino, può visionare l’intera galleria sul sito http://users.skynet.be/J.Beever ... lo stupore non verrà a mancare.

Che ne dite? Qui si va oltre la tradizionale tecnica dei Madonnari cui si è abituati. Beever utilizza, come questi ultimi, gessetti colorati, capacità e fantasia, ma si avvale anche della tecnica dell’anamorfismo, della quale ha un’indiscutibile padronanza. Questa tecnica, che sfrutta l’effetto dell’illusione ottica, permette di proiettare o, come in questo caso di disegnare, un immagine su un piano in maniera distorta: ciò fa sì che l’immagine stessa si possa osservare e apprezzare solo posizionandosi in un punto preciso. Ma di fronte ad opere di questo tipo … in quale dimensione ci troviamo realmente? Siamo in un mondo reale o virtuale? Fisico o metafisico? E … Max Cohen, il protagonista del film ‘Pi greco: il teorema del delirio’, di fronte a spettacoli di questo tipo si interrogherebbe ugualmente sulle leggi della Matematica? Già! Perché se è vero che, come indica una delle quattro leggi principali, ‘Tutto ciò che ci circonda può essere rappresentato e compreso attraverso i numeri’, allora è possibile che anche sotto un’immagine creata con la tecnica dell’anamorfismo si celi qualche particolare incrocio matematico. Ecco allora che una attenta analisi del fenomeno dell’illusione ottica ci conduce a forme denominate impossibili per l’impossibilità dimostrata di riprodurle in uno spazio tridimensionale; tra queste troviamo un cubo impossibile e un triangolo impossibile che ha attirato la curiosità del grande artista olandese M.C. Escher (1898 – 1972), la cui attrazione per gli oggetti impossibili da rappresentare ha caratterizzato tutta la sua carriera. Ma questo triangolo ha attirato la curiosità anche di Roger Penrose (1931 – Live) di professione … indovinate un po’ … Matematico! Penrose ha prestato tanta attenzione alle forme impossibili in generale e a questo triangolo in particolare, che quest’ultimo è ormai notoriamente conosciuto come il Triangolo di Penrose. Esso rappresenta una forma impossibile in quanto può essere riprodotto solo in modo bidimensionale: sarebbe impossibile ricostrurlo in modo tridimensionale in quanto in esso si cela una sovrapposizione impossibile di linee parallele, ognuna con una diversa costruzione prospettica.

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Penrose è diventato famoso anche per l’invenzione della teoria dei Reticoli di Spin (1971), teoria che è confluita poi nelle sue successive geometrie dello spazio-tempo utili per la gravità quantistica e, appena tre anni dopo, ha fatto nuovamente parlare di sé con l’invenzione della Tassellatura di Penrose, uno schema di figure geometriche nel quale ogni tassello può ricoprire un piano solo in modo aperiodico. Sua pure una bellissima sintesi della fisica teorica moderna nel libro titolato ‘La strada che porta alla realtà’ in cui si legge … “La realtà è una cospirazione creata dall’illusione dei sensi” … E se il genere umano un giorno cominciasse a guardare il mondo solo con l’illusione dei sensi? Forse in quel momento comprenderebbe il reale significato delle parole di Bruno Munari … “Il più grande ostacolo alla comprensione di un’opera d’arte è quello di voler capire” … Erika Tassi

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Gli Aforismi di Ippocrate. ... ave o Roma o madre gagliarda di latine virtù che tanto luminoso splendore prodiga spargesti con la tua saggezza ... E’ curioso sapere che al fondatore ufficiale della Medicina si deve la prima raccolta degli aforismi, espressioni brevi e sintetiche da lui stilate per la diagnosi dei suoi pazienti. In realtà fu proprio Ippocrate di Kos – medico patologo Greco – a realizzare il primo esempio rudimentale di Cartella Clinica quasi 500 anni prima di Cristo. Il pregio della sua invenzione fu quello di sintetizzare e sistematizzare il decorso della malattia tramite l’uso di espressioni brevi e definizioni standard (dal greco: aphorízein, cioè, determinare, definire, abbreviare). Per estensione oggi l’aforisma rappresenta una frase, un concetto, una riflessione o, più in generale una norma di vita. Ma l’aforisma può anche servire a ricordare una sequenza qualsiasi, un’espressione matematica, una data.

Come certamente saprete, con il termine Pi Greco si intende il rapporto tra una Circonferenza e il suo Diametro. Pi Greco è un numero irrazionale, nel senso cioè che non può essere rappresentato come divisione di due numeri interi e la dimostrazione in proposito venne nel 1761 per merito di Lambert (Johann Heinrich Lambert - Francia 1728 Germania 1777 - è stato un matematico, fisico, astronomo e filosofo contemporaneo di Eulero, pioniere della geometria non euclidea). Oltre a ciò, Pi Greco è un numero trascendente (cioè non algebrico) tanto chè nel 1882, Lindemann (Ferdinand von Lindemann – Hannover 1852 Gottinga 1939) dimostrò l’impossibilità di

esprimere Pi Greco attraverso un numero finito di numeri interi o di loro frazioni. E questi risultati stabiliscono la cosiddetta impossibilità di “Quadrare il cerchio” – espressione diventata comune anche in senso lato – ma che nello specifico sta a significare che pur

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avendo a disposizione una riga e un compasso, è veramente impossibile costruire un quadrato che abbia la stessa identica area di un cerchio. E poiché Pi Greco è – come dicevamo – irrazionale e trascendente, è lecito chiedersi quante cifre decimali si sia attualmente in grado di conoscere. Questa è la sequenza dei primi 999 decimali estratti dal computer, oltre diventa un po’ più difficile: 3,141592653589793238462643383279502884197169399375 10582097494459230781640628620899862803482534211706 79821480865132823066470938446095505822317253594081 28481117450284102701938521105559644622948954930381 96442881097566593344612847564823378678316527120190 91456485669234603486104543266482133936072602491412 73724587006606315588174881520920962829254091715364 36789259036001133053054882046652138414695194151160 94330572703657595919530921861173819326117931051185 48074462379962749567351885752724891227938183011949 12983367336244065664308602139494639522473719070217 98609437027705392171762931767523846748184676694051 32000568127145263560827785771342757789609173637178 72146844090122495343014654958537105079227968925892 35420199561121290219608640344181598136297747713099 60518707211349999998372978049951059731732816096318 59502445945534690830264252230825334468503526193118 81710100031378387528865875332083814206171776691473 03598253490428755468731159562863882353787593751957 78185778053217122680661300192787661119590921642019... Come fare per tenere a mente tanti numeri? Ma certo! Basterà ricorrere a un aforisma specifico ... come quello dell’abstract degli appunti di oggi: Ave o Roma o Madre gagliarda di latine virtù che tanto luminoso splendore prodiga spargesti con la tua saggezza. Ciò che pare una filastrocca di chiara propaganda littoria, in realtà è un espediente per memorizzare la sequenza iniziale del Pi Greco. Vediamo: Ave: lunghezza 3 O: lunghezza 1 Roma:lunghezza 4 O: lunghezza 1 Madre:lunghezza 5 ... ... ... ... Abbiamo capito: la singola lunghezza delle parole rappresenta le cifre del numero: 3,1415 ... E anche questo aforisma funziona molto bene: Che n'ebbe d'utile Archimede da ustori vetri sua somma scoperta? Ma c’è chi si è divertito in Francese: Que j'aime a faire apprendre Un nombre utile aux sages! Glorieux Archimede, artiste ingenieux, Toi, de qui Syracuse loue encore le merite! ... e in Inglese:

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How I want a drink, alcoholic of course, after the heavy chapters involving quantum mechanics. One is, yes, adequate even enough to induce some fun and pleasure for an instant, miserably brief. Oppure: But a time I spent wandering in bloomy night; Yon tower, tinkling chimewise, loftily opportune. Out, up, and together came sudden to Sunday rite, The one solemnly off to correct plenilune. Altri ‘trucchi’ un pò più matematici sono questi:

• La formula di Wallis • La formula di Leibnitz

Nel primo caso Pi Greco è = a 2*( 2/1 * 2/3 * 4/3 * 4/5 * 6/5 * 6/7 * 8/7 * 8/9 ...) (dove i numeratori sono le cifre pari in successione e i denominatori sono quelle dispari alternate e sfalsate). Nel secondo caso Pi Greco è = a 4*(1/1 - 1/3 + 1/5 - 1/7 + 1/9 -1/11 ...) E così, proseguendo, mi sono venuti in mente altri aforismi classici. Questi:

• Ma con gran pena le reca giù (è il gruppo montuoso delle Alpi dalla Liguria al Friuli: Marittime, Cozie, Graie, Pennine, Lepontine, Retiche, Carniche, Giulie)

• Marmaluot (sono i mesi in cui cadevano le Idi romane: sempre il 13 tranne il 15 in : marzo, maggio, luglio, ottobre). Pare che le Idi del calendario romano corrispondessero a giorni particolarmente favorevoli ... ma dubito che Giulio Cesare sarebbe stato dello stesso parere visto che lo assassinarono proprio nel giorno delle Idi di Marzo.

• Tragrelesci Melipoma (è l’ordine dei Venti: Tramontana, Greco, Levante, Scirocco, Mezzogiorno, Libeccio, Ponente, Maestrale)

• Fatti vedere sabato alle due (rappresenta la formula F + V = S + 2 del teorema di Eulero sui poliedri denominati “completi”: il numero delle facce più il numero dei vertici è uguale al numero degli spigoli più due)

• Lo zampone è modenese, il gianduia è torinese, li tortelli

sono tutti bolognesi (filastrocca centrata ad arte proprio per me che sono bolognese doc!) Rappresenta la sequenza del numero E di Nepero assunto come base dei logaritmi naturali: 2,718281828459.

• CEDI (nelle disequazioni di secondo grado, Delta è Concorde per valori Esterni all’intervallo delle radici ed è Discorde per valori Interni).

• Artogeca levebisco sacca d'acqua con i pesci (serve a ricordare i segni zodiacali ... si fa sempre bella figura con

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gli amici! Ariete, Toro, Gemelli, Cancro, Leone, Vergine, Bilancia, Scorpione, Sagittario, Capricorno, Acquario, Pesci)

• Povera Vacca Incinta (in elettrotecnica rappresenta la formula: P = V * I cioè: Potenza = Tensione

moltiplicato Corrente per cui: 1 Watt è uguale a 1 Volt per 1 Ampere).

• Viva la Repubblica Italiana (Rappresenta la legge di Ohm sulle resistenze elettriche: V = R * I, cioè 1 Volt è uguale a 1 Ohm per 1 Ampere).

• Gelindo (sono i libri del pentateuco: Genesi, Esodo, Levitico, Numeri,

Deuteronomio).

• Sabato pane domenica focaccia (Sono i tipi di orbitale atomico: SPDF, rispettivamente: Simmetria sferica, Piano nodale, Doppio piano nodale, Funzioni di terzo grado o superiori).

Bene, cari amici: trucchi, astuzie e fantasie linguistiche servono sempre a tenere in esercizio il contenuto della nostra scatola cranica … male non fa! Vi aspetto, come sempre, su questo Portale: per adesso abbiamo un po’ giocato coi numeri ma è in arrivo il vero e proprio studio della Teoria dei Giochi, propedeutico a quello dei Mercati che più ci interessa da vicino. Non mancate agli appuntamenti. Francesco Caranti

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L’elisir di lunga vita dentro un algoritmo.

… non sempre le favole sono solo favole … Non vi siete lasciati incantare almeno una volta dal pensiero di entrare in possesso della Pietra Filosofale? O di immergervi dieci minuti soltanto in qualche Fonte dell’Eterna Giovinezza? Letteratura e cinematografia sono da sempre testimoni di questo umano desiderio. Basta pensare alla saga di Harry Potter, il cui primo libro narra appunto le vicissitudini del mago-bambino impegnato a combattere i maligni che cercano di impadronirsi della magica Pietra

Filosofale capace di donare immortalità, omniscenza e di trasformare in oro – nobile metallo – tutti gli altri metalli; o anche al libro ‘Il Romanzo di Alessandro’ redatto da autori diversi in più versioni, ma la cui versione più antica pare risalga al greco Callistene che, in qualità di storico e segretario del grande re macedone, ne descrisse le memorabili imprese tra le quali quella che diede vita ad un luogo leggendario, la ‘Fonte della Giovinezza’, per raggiungere il quale Alessandro Magno pare si sia avventurato in compagnia di un solo soldato attraverso una misteriosa ‘Terra dell’Oscurità’. Passando dalla carta stampata al grande schermo, come si può non ricordare il film Cocoon, l’Energia dell’Universo in cui un simpatico gruppo di anziani scopre nell’acqua della piscina della Casa di Riposo che lo ospita, il segreto dell’eterna giovinezza ... Va detto però che nonostante si tratti di favole romanzate, miti o leggende … qualcosa di vero c’è. Non sempre le favole sono solo favole. Esistono infatti in Natura alcuni elementi che, combinati ad altri in maniera casuale o causale, producono effetti per così dire ‘miracolosi’. Senza menzionare il caso disperato di una nonna che, nelle prime fasi di approccio con la lavatrice, ha deciso di produrre un ‘detersivo economico’ in casa facendo esplodere la lavatrice, posso condurvi a una vasta raccolta di ricerche scientifiche che dimostrano come pietre terrestri e lunari possano produrre effetti ‘miracolosi’ sulla qualità della vita sulla Terra. Ma è sufficiente riflettere su come quella meravigliosa palla argentata che compare nei nostri cieli ogni notte possa far sognare gli innamorati e al tempo stesso governare le maree ed il ciclo femminile.

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La recente ricerca scientifica sta rivolgendo sempre maggior attenzione alle fortunate e taumaturgiche combinazioni di elementi naturali, tanto fisici quanto metafisici, che possono farci guadagnare una marcia in più nel nostro percorso terrestre. E … anche in questo caso ‘i numeri’ hanno un ruolo protagonista. Ci addentriamo nello specifico nel campo della ricerca medica, settore verso il quale noi tutti guardiamo con grandi speranze. La novità sapete qual è? Con l’aiuto della matematica oggi si possono risolvere le patologie cardiache. Già! Il cuore, quella scatolina un po’ informe che inizia a battere a ritmo sempre più regolare dal primo all’ultimo giorno della nostra vita,

può essere aiutato a cadenzare il proprio ritmo con regolarità nei momenti in cui questo tende a fare un po’ i capricci … e può essere aiutato dai numeri. E’ il risultato degli studi effettuati dal Dipartimento di medicina degli ospedali universitari di Cleveland (Stati Uniti) e resi pubblici, dopo attente sperimentazioni della durata di due anni e mezzo, all’ultimo Congresso di Cardiostimolazione ed Elettrofisiologia NASPE (North American Society of Pacing and Electrophysiology). Scopo della ricerca è stato quello di valutare l’efficacia di una formula matematica: l’algoritmo DAO (Dynamic Atrial Overdrive – stimolazione elettrica dinamica atriale al di sopra della frequenza spontanea -). La funzione di questo algoritmo matematico sarà quella di regolare il funzionamento dei pacemaker installati negli individui che soffrono di fibrillazione atriale, per i quali è indispensabile riuscire a controllare il funzionamento dell’atrio cardiaco al fine di impedire l’insorgere della fibrillazione.

L’algoritmo Dao, al momento applicato ai pacemaker Integrity Afx prodotti dalla St.Jude Medical, multizionale statunitense specializzata nella produzione di dispositivi medicali per la cura delle malattie cardiovascolari, si è dimostrato capace di stimolare l’atrio del cuore ad una frequenza di poco superiore a quella del soggetto affetto da fibrillazione atriale … Quel poco che basta per impedirne le continue oscillazioni. Ad un’attenta analisi sembra quasi

impossibile che si riesca a giungere a certe conclusioni solo dopo lunghi e quanto mai complessi studi. Pensateci bene … PUM PUM PUM PUM PUM PUM … ovvero … UNO DUE UNO DUE UNO DUE … forse è sempre stato un problema che poteva essere risolto con un algoritmo di classe logaritmica. Ma la vita è fatta a scale … ringraziamo la ricerca medica per averci consentito di salire un altro gradino. Erika Tassi

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Le Leggi di Murphy, Parkinson e Peter

… la strana danza delle vacche grasse … A circa un mese dalla nascita di questo Sito, in un clima caldo e vacanziero, oggi lasciamo un attimo da parte gli argomenti seri per raccontare qualche storiella amena da guardare al mare con qualche amico sotto l’ombrellone … argomenti che tanto scientifici non sono ma che di sicuro ci serviranno a riflettere un pò. Attenzione però, perché lunedì 14 si riparte veloci lungo un itinerario che ci porterà alla Borsa passando attraverso la Storia e i Giochi Matematici. Vedremo insieme ciò che di interessante è stato detto in passato per raccontare (un po’ come farebbe un cantastorie) l’evoluzione del Rischio in termini numerici e finanziari. Numeri, psicologia, rischio finanziario … i tre cardini fondamentali da conoscere alla perfezione prima di avventurarsi nel ginepraio dei Mercati. Solo qualche chiacchiera leggera perché gli argomenti più strettamente tecnici torneranno molto presto. E così oggi ci dedichiamo a Murphy, Parkinson e Peter: tre grandi autori dell’ultimo cinquantennio uniti da stupefacenti doti di intuizione nel vagliare, pronosticare e codificare i moderni comportamenti sociali. Nei lori enunciati spicca l’ironia intelligente, la concretezza e, in modo speciale, la variante umoristica. Il motivo conduttore di questi ‘legislatori’ non è l’enunciato scientifico in sé ma la praticità che li accomuna. … Cominciamo con Murphy. Come forse già sapete, la sua Legge spiega un fatto pratico, cioè che “se qualcosa può andare storto lo farà, purtroppo, nel momento peggiore possibile” ... e in un’epoca di gestioni frettolose e di tecnologie pasticciate, gli effetti sono molto spesso dirompenti. La Legge di Murphy è del ‘49 ma naturalmente era vera (e dimostrata dai fatti) anche molti secoli prima ... poi è stata arricchita da un’infinità di corollari umoristici. La sua utilità pratica sta nel tenerne conto contrattaccando con strategie efficaci. La Legge di Parkinson del ‘58 spiega invece come un’organizzazione cresca indipendentemente dalla quantità di lavoro che deve svolgere. In un’epoca in cui le riduzioni di personale sono un frequente strumento per far crescere i profitti, accade anche il contrario: cioè che le dimensioni delle organizzazioni diminuiscano per motivi non funzionali senza con questo correggere il sovraccarico di funzioni inutili e ingombranti. Questa bizzarra mescolanza di bulimia e anoressia è uno dei malanni più gravi che affliggono oramai molte Società. Il Principio di Peter del ‘69 dice che in un’organizzazione “meritocratica” ognuno viene promosso fino al suo livello di incompetenza. Cioè se una persona sa fare bene una certa cosa la si sposta subito a farne un’altra. Il processo continua fino a quando ognuno arriva al livello di ciò che non sa fare, e purtroppo lì rimane per sempre.

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Se avete tempo, vi consiglio: “La strana danza delle vacche grasse” del 1999 oppure “Il millennio in sordina e la bolla mezza sgonfia” del 2001. Ora vi lascio con quelli che, a mio parere, sono i corollari più divertenti: 1. I fatti sono testardi, ma le statistiche sono piu' flessibili. 2. Un economista e' un esperto che saprà domani perché le cose che aveva predetto ieri non si siano avverate oggi. 3. Un pessimista è un uomo che guarda entrambi i lati della strada prima di attraversarne una a senso unico. 4. La psichiatria ci permette di correggere le nostre colpe confessando quelle dei nostri genitori. 5. Fate contemporaneamente tre supposizioni giuste e vi guadagnerete la fama di esperto. 6. L'avidità fa comprare le cose che il denaro può comprare e fa perdere quelle che il denaro non può comprare. 7. Uguali opportunità vuol dire che ognuno avrà un'uguale opportunità di essere incompetente. 8. La burocrazia difende lo status quo fin tanto che il quo ha perso il suo status. 9. L'originalità è l’arte che consente di ricordare quello che tu senti, ma di dimenticare dove l'hai sentito. 10. Andare in Chiesa non ti rende Cristiano, così come andare in garage non ti rende una macchina. 11. Malgrado il costo della vita, essa è ancora molto popolare. Arrivederci a lunedì. Francesco Caranti

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Doctor Peter? Ma che simpatia!

… la mente umana contribuisce sempre a portare un valore aggiunto all’evolversi causale degli eventi … Veramente un uomo da conoscere questo incredibile dottor Peter! Ancora non sono riuscita a scoprire se un tale genio - esperto di saggezza e di infinito sarcasmo - sia riuscito a far innamorare perdutamente una Compagna, ma so con certezza che è riuscito a trasportare i media nelle applicazioni reali dell’oggettività scientifica all’interno del sistema economico-finanziario. E se ritorniamo fra le righe di un recente contributo di Caranti in cui si legge che il grande matematico Goedel aveva messo in discussione l’assunto che la matematica non sia un’opinione … possiamo rimanere un po’ spiazzati e confusi. In un mondo in cui si è sempre più alla ricerca di certezze, ci si rende conto che certezze non se ne possono ottenere nemmeno dalle Scienze ritenute “esatte” da sempre. Ma il grande merito di Peter è stato quello di aver spostato l’attenzione su altri aspetti della realtà che concorrono tanto a validare quanto ad inficiare i risultati ottenuti dalle Scienze esatte e con ironia, humor e spirito critico, ha indotto gli psicologi cognitivisti a rimuginare proprio su questi fattori. E’ degli anni ’60 infatti la formazione di una corrente psicologica denominata Economia comportamentale. Questo filone della psicologia cognitivista si è impegnato ad integrare i propri risultati di studi con quelli dell’economia neo-classica riuscendo ad arricchire il valore descrittivo dei modelli economici. Perché se è vero che Laplace con il suo Determinismo aveva giustamente intuito che la vita sia un susseguirsi di ‘causa ed effetto’, è anche vero che la mente umana è complessa … e contribuisce sempre a portare un valore aggiunto al causale evolversi degli eventi.

L’economista comportamentale Richard Thaler (1945 - live ) ha concentrato la sua attenzione proprio sull’irrazionalità della mente umana e, riflettendo sulle considerazioni fatte da Peter relativamente ai Mercati, ha posto particolare attenzione a quelle variabili estrinseche che concorrono alla formazione di determinati comportamenti giungendo a delineare la Teoria del Mental Accounting secondo la quale gli agenti economici mancano di razionalità. Va detto che esistono ‘pillole psicologiche’ che insegnano quello che deve essere il buon comportamento dell’agente economico … ma finora non sono ancora riuscite a produrre gli effetti desiderati; il valore che si attribuisce ai proprio beni, materiali e non, provoca un’inevitabile distorsione della realtà da parte di ogni essere umano e, soprattutto quando ci si cala nelle vesti di ‘agenti economico-finanziari’, diventa difficile riuscire a tenere un atteggiamento razionale e serafico.

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Lo stesso dottor Thaler ha fatto entrare nei manuali della psicologia contemporanea le considerazioni del dottor Peter trovando una motivazione ai comportamenti anomali frequentemente riscontrati dalla teoria economica … ma neppure lui è riuscito a trovare la ricetta per il comportamento razionale. Secondo la sua teoria, il fattore psicologico del ‘loss avversion’ (avversione alla perdita) genera un sistema di contabilità mentale non neutrale che produce due effetti non coerenti con quelli di perfetta razionalità suggeriti dalle teorie economiche neo-classiche.

Il primo è l’effetto dotazione, secondo il quale gli individui tendono ad attribuire maggior valore ai beni posseduti rispetto a quelli che ancora non possiedono; in tal modo il bene ‘in dotazione’ ha un valore maggiore del vantaggio che si potrebbe ottenere vendendolo ed investendo il risultato della vendita in un bene di altro tipo. Il secondo è l’effetto costi sommersi: quando gli individui si accingono a fare un investimento, prestano

molta attenzione alle risorse utilizzate negli investimenti precedenti a discapito degli investimenti successivi; il pensiero è sempre rivolto ai costi ‘sommersi’ o ‘affondati’, e al fatto che quanto si è già speso in precedenza non sia più recuperabile né tantomeno disponibile per investimenti migliori. L’avversione alla perdita è dunque ciò che frena l’essere umano, è quella vocina che sentiamo dentro quando in primo piano ci sono i nostri beni materiali e non solo, i nostri sentimenti … quella vocina che, quando si arriva ad uno ‘stop loss’, comincia a strillare sempre più forte, ci chiude la mente, ci benda gli occhi e ci impedisce di ragionare con oggettiva consapevolezza … quella vocina che, nel contesto dei mercati finanziari, ascolta altre vocine e in un lamento corale fa esplodere il ‘Panic Selling’. Purtroppo questa vocina interiore esiste da sempre nell’essere umano e sempre esisterà. Madre Natura l’ha donata a noi e a tutti gli altri esseri viventi. E’ un meccanismo di difesa che

fa capo ai cinque sensi ma, soprattutto, al sesto, il senso primario, il più istintivo, relegato all’ultimo posto dalle società contemporanee proprio per la consapevolezza della sua istintiva pericolosità. E così, come può accadere che un’ape alla ricerca di nutrimento, si lasci attirare da un fiore carnivoro, o una lepre in cerca di rifugio da un temporale finisca nella trappola di un cacciatore, il nostro sesto senso alimenterà sempre quella vocina interiore. Nel bene e nel male. E per causa sua, forse, gli economisti saranno sempre - come ha fatto ironicamente notare il simpatico Peter - ‘esperti che sapranno domani perché le cose che avevano predetto ieri non si siano avverate’.

Erika Tassi

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Il numero aureo anche nella mia testa

… Septem vetulae vatum Romam; quarum quaelibet, habet burdones 7; et in quolibet burdone sunt sacculi 7; et in quolibet sacculo panes 7; et quilibet panis habet cultellos 7; et quilibet cultellus habet vaginas 7. Quaeritur somma omnium praedictorum ...

Quando frequentavo la scuola media inferiore detestavo la matematica. Avevo un’insegnante per nulla collaborante che mi tormentava di continuo, mi chiamava alla lavagna, mi faceva scrivere equazioni e mi rimandava a posto con la solita frase perentoria ‘Sono buona e non ti metto voto … ma come debbo fare a infilarti i numeri nella testa?’ Ora ho quarant’anni e ho una grande passione: l’Ingegneria Finanziaria. E mi è capitato di ritornare con il pensiero alla mia insegnante di Scuola Media Inferiore già ai tempi dell’Università quando, tra le righe delle opere di Jean Jacques Rousseau (1712-1778) ho scoperto non essere ‘la Regina degli Ottusi nelle Scienze matematiche’, quanto piuttosto una delle tante vittime di un sistema di insegnamento poco incline a considerare che ogni individuo è diverso dall’altro; e questa differenza non dev’essere considerata una discriminante, bensì un arricchimento della società stessa. Rousseau è stato un grande filosofo e musicista e con le sue idee ‘rivoluzionarie’ pare abbia dato vita a quelle teorie socialiste che influenzarono la Rivoluzione Francese. Ma non solo. Ha ispirato parecchi modelli della Pedagogia contemporanea: sue le parole ‘ Tutto è buono quando esce dalle mani del Creatore, ma tutto si degenera nella mani dell’uomo’ che stanno ad indicare come ogni Creatura nasca pura e spetti alla mano umana plasmarla e modellarla a dovere. L’insegnamento primario è importante. Viene impartito dalla famiglia e dalla scuola e se l’una o l’altra non sono capaci di individuare il modo più idoneo, questi errori di metodo si ripercuotono su tutta la vita futura di un individuo. Un’antica filastrocca egiziana ritrovata sul papiro di Rhind (1650 a.C.) inventata per insegnare ai bambini le potenze di un numero recitava così ‘Septem vetulae vatum Romam; quarum quaelibet, habet burdones 7; et in quolibet burdone sunt sacculi 7; et in quolibet sacculo panes 7; et quilibet panis habet cultellos 7; et quilibet cultellus habet vaginas 7. Quaeritur somma omnium praedictorum’. In realtà quella che ho riportato non è la versione originale, bensì la versione della stessa proposta dal figlio di Bonaccio da Pisa, noto alla storia come Leonardo Fibonacci, nel suo

Liber Abaci (1202), per mezzo del quale introdusse in Occidente le cifre arabe. Mi sono così domandata come mai gli antichi Egizi avevano capito che per fare comprendere concetti difficili ai bambini era sufficiente inventare filastrocche o associare ad essi disegni divertenti. E come si sia potuta verificare una tale regressione in campo didattico con il passare del tempo … Io ormai ricordo le mie scaramucce con la matematica con un sorriso, ma sarei lieta se oggi la Scuola si

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impegnasse ad utilizzare più fantasia per non commettere gli stessi errori. Ogni anno, nel mese di Dicembre, alzo la testa e guardo sempre con ammirazione la ‘mia’

Mole Antonelliana nella veste natalizia che l’artista Mario Mertz (1925 – 2003) ha fatto apposta per lei … l’ha impreziosita e illuminata con la sequenza numerica di Fibonacci … E così mi ritrovo a pensare che ci sono state ‘grandi menti’ nei tempi antichi, ma anche nel passato a noi più prossimo, che con pochi strumenti ma tanta determinazione e genio creativo, sono riuscite a creare opere artistiche meravigliose o a trovare soluzioni a problemi apparentemente banali e a teorizzarle. Basta pensare al ‘problema dei coniglietti’: chi avrebbe mai pensato che dalla sua soluzione avrebbe avuto vita, oltre ad un esercito di conigli, anche l’illustrissima sequenza numerica di Fibonacci? E che il fatto che ogni numero sia la somma esatta dei due numeri che lo precedono trovi corrispondenza nella composizione delle foglie sulle piante e nel numero dei petali dei

diversi tipi di fiori? E che più alti sono i numeri di Fibonacci e più ci si avvicina al numero aureo? Già! Proprio quello descritto da Frà Pacioli nel ‘De Divina Proportione’ e si nasconde nelle forme a spirale delle conchiglie, negli ammassi apparentemente caotici delle galassie, in opere pittoriche come il ‘Sacramento dell’Ultima Cena’ di Salvador Dalì, nel ‘Partenone’ di Atene e nelle ‘Piramidi’ della Piana di Giza … quel numero ‘misterioso’ … la proporzione geometrica definita da Euclide e battezzata da Frà Pacioli, nel ‘500, ‘Divina proporzione’. 1,6180339887 … numero irrazionale derivato dalla geometria euclidea con infinite cifre decimali prive di sequenze ripetitive.

Ed ecco che ogni argomento

matematico si collega ad un altro in una costruzione armoniosa, mistica, il cui Creatore sembra essere Uno soltanto. Cara Professoressa della mia Scuola Media Inferiore, ho letto che Einstein ai tempi della scuola faticasse un pochino a comprendere i numeri. Un giorno ha scritto: ‘Quella del mistero è la più straordinaria esperienza che ci sia dato di vivere. E’ l’emozione fondamentale situata al centro della vera arte e della vera scienza’; il numero è alla base di questo mistero … ed io, anche se non riceverò mai un premio Nobel come il grande Einstein, sono lieta di essere riuscita a prenderne parte. Erika Tassi

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La formula segreta della ricchezza … qualunque sia questo Mondo, quando sarà il momento, spero di poter incontrare il dott. Everett … La trovo, la applico, mi arricchisco e prenoto un biglietto one way per le Maldive … Chi di noi non l’ha pensato o, meglio, sognato, almeno una volta? Ma c’è chi, pare, sia andato ben oltre in questo sogno dal comune denominatore. Il protagonista della storia che sto per raccontarvi è il fisico americano Hugh Everett (1930 – 1982) il quale non potrà mai dare fondatezza a ciò che si racconta su di lui in quanto sembra stia vagando ricchissimo e felicissimo insieme alla figlia in un Universo Parallelo. Everett è stato un fisico eclettico e geniale che ha diviso la sua attività di studio tra la fisica del Molti Mondi, le armi nucleari e le previsioni di Borsa. Il primo settore di interesse lo vide insegnare all’Università di Princeton e sviluppare la teoria degli Universi Paralleli secondo la quale espresse come verosimile la possibilità di creare a livello sperimentale le condizioni in cui, attraverso due fessure su uno schermo, un fotone sia libero di scegliere tra due traiettorie alternative senza che sia possibile stabilire a priori quale sarà la traiettoria scelta: si possono solo calcolare delle probabilità. Una teoria del genere fece molto discutere il mondo della Fisica. Lo stesso Albert Einstein gli contestò il fatto che l’Universo non può essere governato dal caso … Ma se, come intuì Everett, una particella elementare di luce può effettivamente ‘scegliere’ quale traiettoria effettuare, questa scelta deve essere governata da qualche legge fisica ‘oscura’ … Tra le varie ipotesi avanzate, ha preso forma quella che il

fotone non scelga proprio un bel niente perché di fatto percorre entrambe le traiettorie, ovvero attraversa una fessura in questo universo e l’altra in un universo parallelo. E se ciò fosse possibile sarebbe altrettanto verosimile che esistessero più universi, duplicazioni di quello che tutti conosciamo … duplicazioni che si creerebbero in occasione di ogni scelta binaria … i Molti Mondi ipotizzati da Everett … in cui esisterebbero molte copie di ognuno di noi.

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L’ipotesi scientifica di Everett risale al 1957. Ma nel 1941 Jorge Luis Borges nell’opera ‘Il giardino dei pensieri che si biforcano’ concepì la stessa ipotesi sul piano letterario. Realtà o fantasia? Il sogno di viaggiare in un mondo parallelo è parte della psiche umana: durante il sonno il subconscio prende il sopravvento sul conscio ed in questa fase ogni essere vivente si fa due passi in un mondo parallelo … Everett invece fu deriso dal mondo della Fisica a lui contemporanea tanto che decise di lasciare la ricerca scientifica e l’insegnamento universitario per dedicarsi agli altri due settori in cui fece molto parlare di sé: le armi nucleari e le previsioni di Borsa. Relativamente al settore militare mise il suo ingegno al servizio del Pentagono per ipotizzare su basi scientifiche vari scenari di guerre nucleari contro l’Urss; relativamente al secondo fu arruolato dalla Banca d’Affari J.P. Morgan che si rivolse al suo talento matematico per predire l’andamento dei Mercati Azionari. Come pensate finisca questa storia? Ecco qualche indizio prima di svelarvi la fine:

• Everett allargò le sue attività di consulenza come matematico applicato all’economia anche al settore privato

• Lasciò la J.P. Morgan perché non rivelò mai gli algoritmi matematici utili a prevedere l’andamento dei Mercati azionari (per questo scopo era stato precettato), bensì pretese di essere pagato solo per le previsioni elaborate sulla base di quegli algoritmi … con grande disappunto della nota Banca d’Affari

• Contemporaneamente il mondo della Fisica cominciava a rivalutare e a considerare attendibili le sue ipotesi sui Molti Mondi e la sua presenza fu nuovamente reclamata nell’ambiente universitario

Hugh Everett voltò la schiena a tutti quanti … e pare abbia continuato ad accumulare ricchezza per ‘voce sola’. Morì nel 1982 a soli 51 anni … quando il suo cuore decise di voltare la schiena a lui stesso. Ma dove sarà ora l’eclettico e genialoide dottor Everett? E, soprattutto … è possibile che sia riuscito davvero a trovare l’algoritmo per la ricchezza? Può essere inverosimile che un talento come lui non sia riuscito ad ottenere risultati soddisfacenti in campo economico?

Si racconta che la figlia si sia suicidata lasciando scritto che andava a raggiungere il padre in un Altro Mondo … Io, come voi, non so dove si svolgerà la vita dopo la morte. Non so quale tipo di Mondo finito o infinito ci attenderà … Ma qualunque sia questo Mondo, quando sarà il momento, spero di poter incontrare il dott. Everett. Solo allora potrò raccontarvi la reale fine di questa storia. “ Raccontami una storia, Pew. - Che storia, piccola? - Una a lieto fine. - Non ne troverai una in tutto il mondo. - Nessun lieto fine, dunque? - Nessuna fine “ (tratto da ‘Il custode del faro’ di Jannette Winterson)

Erika Tassi

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L’Elisir di lunga Vita nel genoma Cara Erika, a proposito del tuo “Elisir di lunga vita dentro un algoritmo” dell’8 luglio, se vuoi provocare, ebbene: che provocazione sia! Ma si può andare oltre, di un bel pezzetto … roba da far invidia al prof. Asimov, e mantenendo come lui fa sempre un solido e costante contatto con la realtà e le cognizioni scientifiche. Prendiamo solo due punti e già mi sembrano sufficienti: l’eterna giovinezza, tanto per evitare l’errore compiuto da una dea greca – Ebe - che si trovò cosi sposata per l’eternità con un ex-mortale per cui aveva chiesto la vita eterna, ma non l’eterna giovinezza. E tutte le mattine si trovava un vecchione sempre più conciato accanto nel letto. Per me doveva essere un cicinin inquieta, francamente io penso anche peggio. Punto due: l’alchimia per trasformare la materia.

Sempre per coerenza (!) inizierò dal punto 2. Non parliamone come di un’ipotesi, si tratta di una realtà tecnicamente realizzabile e realizzata. Ho alcuni amici nel campo delle pietre preziose, che mi raccontano che cosa non combinino con pressione, bombardamenti atomici ed altre facezie. Trasformano il carbonio in diamanti, colorano le pietre smorte elevandone il valore a potenza ed altri giochetti che fanno regolarmente impazzire i periti e i buyers. Altrettanto si potrebbe fare con l’oro, ma probabilmente per il momento l’operazione non è ancora economica. Così per una mia particolare interpretazione della proprietà transitiva, se

funziona l’ipotesi 2, deve funzionare anche l’ipotesi 1. Anzi se vogliamo dovrebbe essere ancora più facile, grazie alla matematica (il cuore del nostro Guru sta sobbalzando) e una chiara sequenza di codici. Si, si parlo proprio del genoma umano. Hanno già identificato alcune sequenze responsabili dell’invecchiamento, aggiungi che la bioingegneria sembra non avere limiti e se il problema non è già stato risolto, poco ci manca. Presta particolare attenzione al mio se, non è stato messo tanto per dire. Visti gli enormi problemi socio economici che comporterebbe una applicazione su larga scala di questa tecnica, chi potrebbe decidere di applicarla? E se si dovesse effettuare una scelta, sai che genere di problemini salterebbero fuori! … altro che Genova e il G8. Basterebbe solo che trapelasse la notizia di una possibilità teorica di questo tipo di trattamento e scoppierebbero disordini planetari. Ragione per la quale, andiamo avanti a dire che si tratta di due sogni, belli e impossibili. Come la canzone, ma le canzoni spesso non la contano sù giusta (sorry: questo è milanes puro!). Ciao! Vittorio Malvezzi

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Ricchi e felici con la luna nuova … sarebbe forse meglio non farsi condizionare e andare avanti con consapevolezza, prudenza e strumenti giusti … Non è il sogno di una notte di mezza estate, quanto piuttosto il risultato di una ricerca effettuata dall’Università del Michigan che ci viene raccontata da un noto quotidiano italiano. La ricerca, condotta in 48 paesi distribuiti tra Stati Uniti ed Europa, ha in effetti dimostrato che esistono correlazioni tra performance positive in Borsa nelle fasi di Luna Nuova e negative in quelle di Luna Piena. Che la Luna influenzasse in modo significativo molti settori della vita umana è conoscenza ancestrale: dalle maree al ciclo femminile, dalle potature delle piante al lavoro nei campi … e persino l’umore. Già! Pare che il nostro umore diventi pessimo nei 15 giorni che precedono la Luna Piena e migliori notevolmente nel periodo di Luna Nuova e che la forma smagliante duri ancora per tutta la settimana successiva alla Luna Nuova. Forse l’infantile e istintiva paura del buio ed il ruolo della luce nello sviluppo delle endorfine? Mah! Va detto comunque che i risultati emersi sono stati validati scientificamente perché le analisi sono state basate su un periodo temporale pari a 80 anni per quanto riguarda l’indice a stelle e strisce S&P 500 e pari a 20 per il Nasdaq; per i paesi non facenti parte del Nuovo Continente l’arco temporale della ricerca è partito dalla nascita del mercato borsistico arrivando ai primi anni del nuovo millennio. La ricerca americana, tuttavia, non si è fermata alla meravigliosa ‘palla d’argento’ che accompagna i nostri sonni. Che dire infatti a proposito dell’umore tristanzuolo che accompagna le giornate uggiose e, al

contrario, il sorriso che ci compare sulle labbra fin dal mattino nelle giornate in cui il sole splende in un magnifico cielo azzurro senza nuvole? Udite, udite! Uno studio cominciato nel 1993 ha potuto dimostrare che a Wall Street gli indici si muovono al ribasso nelle giornate grigie e al rialzo in quelle di cielo sereno. Ma non è ancora finita. Chi non avesse mai preso troppo in considerazione il famoso detto ‘Sell in May and go away’ (trad. ‘Vendi in Maggio ed esci dal Mercato’) potrà verificarne ora la validità scientifica grazie a ricerche che hanno dimostrato che in Inghilterra, fin dal lontano 1700, i maggiori ribassi borsistici si sono avuti in estate; lo stesso vale per l’indice americano Dow Jones che, dal 1997 al 2007, ha registrato le performance peggiori nei mesi Luglio, Agosto e Settembre.

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A tutti questi dati bisogna aggiungere però la ‘psicologia dell’investitore’ che può in taluni casi acuire e in altri vanificare determinate situazioni. A riprova di ciò, lo studioso americano Robert Prechter, esperto sulla teoria delle Onde di Elliot, ipotizza che l’attuale atmosfera negativa che domina i Mercati internazionali potrebbe protrarsi ben oltre il trimestre estivo e la causa andrebbe ricercata proprio nell’umore pessimo degli investitori e dal relativo condizionamento psicologico. Sarebbe forse meglio non farsi condizionare e andare avanti con consapevolezza, prudenza e strumenti giusti. Magari però riflettendo un pochino sul fatto che, come sostengono i ricercatori americani, per ottenere profitti non dovremmo più limitarci solo all’analisi tecnica, all’attenzione verso i dati macro-economici e alle notizie mondiali, ai bilanci, alla variazione dei tassi, alle valute e a quant’altro … ma dovremmo anche alzare gli occhi al cielo prima di andare a nanna e leggere con attenzione barometro, termometro e calendario. Va da sé che … ‘Cuor contento il Ciel l’aiuta’ … Erika Tassi

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Ricchi e felici con il SuperEnalotto … 100.000.000 Euro, la 1ª posizione nella classifica dei record … Il 31 ottobre 1998 il SuperEnalotto ha portato a Peschici - sul Gargano - la prima vincita importante nella storia dei Giochi Collettivi: 63 miliardi 329 milioni 539 mila lire, cioè oltre 32 milioni di euro. Il record successivo è stato a Milano il 4 maggio 2005 con 71 milioni e 767 mila euro. Ma la SISAL questa volta vuol fare sul serio perché il Jackpot (montepremi) stimato per l’estrazione di oggi, GIOVEDI’ 23 OTTOBRE è a dir è dir poco incredibile: cento milioni di euro. A Bologna Centro, in via Indipendenza, con questa cifra si possono comprare circa 285 appartamenti ristrutturati da 80 metri quadrati che, messi a reddito, possono fruttare circa 229mila euro al mese al lordo delle tasse … cioè più o meno 7.700 euro al giorno, in pratica 317 euro di rendita all’ora, ivi comprese le ore in cui dormiamo … senza considerare la rivalutazione dell’immobile stesso. Stiamo parlando di Grandi Numeri, tanto grandi quanto quelli del Calcolo della Probabilità. In un precedente intervento “RF16 - Disporre, permutare e combinare. Il Lotto e il SuperEnalotto” del 21 agosto 2008 avevamo discusso sulla probabilità di questo Gioco osservando che l’esito positivo è equivalente alla probabilità che una meteorite impazzita possa colpire in testa proprio noi italiani, ma in un paese popolato da 622 milioni, cioè 10,92 volte più grande della nostra penisola. Ciò la dice lunga sul fatto che la nota Dea Bendata possa essere tanto benevola nei nostri confronti nel caso volesse favorirci nell’estrazione di oggi. Bè … non so voi … ma io un biglietto da 2 euro (2 combinazioni) me lo sono comprato all’uscita dal lavoro, dalla mia amica Barbara alla “Fonte dell’Oro” (il nome è tutto un programma) in via Fossalta, di fronte a Palazzo Re Enzo, un Re che se la vide brutta in una dura battaglia tra Guelfi bolognesi e Ghibellini modenesi. In quell’occasione abbiamo vinto noi bolognesi, portando prigioniero il Re di Svevia nel Palazzo che ha preso il suo nome. Tornando al SuperEnalotto, come dicevamo in quel contributo specifico, la probabilità di vincere è 1 / 622.614.630 … potete riguardare l’articolo per ripassare un po’ il calcolo. Sulla scia dell’aspettativa di questa grande Lotteria, oggi mi ha scritto il lettore Davide proponendomi un quesito. Vediamo la sua mail: “… Salve, volevo mostrarle questo piccolo ragionamento a proposito del SuperEnalotto. La combinazione del SuperEnalotto è composta da 7 numeri, i sei numeri corrispondenti alle sei ruote principali ed il settimo della ruota di Venezia. Il jackpot massimo ("Sei") si vince con una combinazione giocata che presenti almeno i 6 numeri corrispondenti alle sei ruote principali. Il secondo jackpot ("Cinque + uno") per importanza è quello che si vince con una combinazione giocata che presenti almeno 5 numeri su 6 delle ruote principali ed in più il

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numero corrispondente alla ruota di Venezia (il +1), ma chiaramente non il numero della sesta ruota principale. Ora io non ho studiato queste cose, ma credo che la probabilità matematica di ottenere un "Sei" sia esattamente la stessa del "Cinque + uno", perché alla fine si tratta di indovinare sei numeri su sette estratti, non conta che tipo di numeri si estraggono per quanto riguarda la probabilità. E allora perché su ogni schedina che vince il "Sei" ce ne sono almeno due che vincono il "Cinque + uno" (nel senso che il "Sei" lo vincono una volta ogni "x" tempo mentre il "Cinque + uno" ogni "x/2" tempo, quindi più spesso). Di per se questa situazione non vuol dire niente, ma evidenzia una situazione alquanto paradossale ...”. Ringrazio molto Davide per lo spunto che mi ha voluto offrire per aprire la discussione sul “5+1” una combinazione di gioco un po’ diversa da quella classica del “6 secco”. E questa è stata la mia risposta: “… Davide buongiorno. Prima di cominciare, riguardiamo le regole ufficiali: 1 - Il SuperEnalotto è basato sulle estrazioni del Lotto e consiste nel pronosticare una combinazione di 6 numeri che si ottiene con i primi estratti sulle ruote di Bari, Firenze, Milano, Napoli, Palermo e Roma. Vengono premiati i vincitori con 6,5,4 e 3 punti . 2 - Si vince anche realizzando il cosiddetto "5+1", cioè nel caso in cui si indovinino 5 numeri delle 6 ruote già dette oltre il primo estratto sulla ruota di Venezia, denominato numero Jolly. Il numero Jolly è valido soltanto in questo caso e non concorre alle vincite inferiori (se, ad esempio, si indovinano 4 numeri della combinazione vincente più il numero jolly non si vince il 5, ma sempre il 4). Purtroppo la regola 1 è in contrasto col suo enunciato visto che lei parla di 7 numeri, mentre il pronostico del “SuperEnalotto secco” riguarda 6 numeri. Ciò detto, per il “6 secco” , l’esito è 1 soltanto, quello cioè corrispondente al primo estratto su Bari, Firenze, Milano, Napoli, Palermo e Roma. La probabilità è 1 su 622.614.630 come già avevamo scritto. Per quanto riguarda il 5+1: la regola dice che si debbono indovinare 5 DEI 6 NUMERI di BA FI MI NA PA RO oltre il 1° di Venezia. Ora mettiamo da parte Venezia e vediamo la probabilità della prima parte della regola. Sarà d’accordo con me che INDOVINARE 5 NUMERI SU 6 (caso del 5+1) E’ PIU’ FACILE che indovinarne 6 su 6 (cioè: 6 secco). Infatti con 6 numeri (BA FI MI NA PA RO) si possono creare 6 gruppi distinti di 5 numeri ciascuno. Esempio: dati i numeri 1 2 3 4 5 6 i gruppi che si possono formare sono: 12345 12346 12356 12456 13456 23456 I gruppi sono dunque sei come risulta dalla formula: Combinazioni = Disposizioni : Permutazioni cioè 6x5x4x3x2 : 5x4x3x2 = 6 Morale: fare 5+1 al SuperEnalotto è 6 volte più facile che fare “6 secco”. La probabilità è 1 / 103.769.105 anziché 1 / 622.614.630. Molti saluti. Francesco Caranti …” E’ vero, forse avete ragione voi: i numeri e i calcoli sui Grandi Numeri ci imbrogliano un bel pò e fare questi calcoli magari non serve a un bel niente perché tanto è solo questione di Fortuna.

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Giocare 2000 schedine sarebbe sbagliato perché 2000 probabilità su oltre 600 milioni è come una goccia d’acqua nel mare … ma giocarne una o due soltanto, con 2 soli euro, è un’impresa di saggezza … non fosse altro per il gusto del brivido che verrà stasera verso le 20 e 30 quando la Sisal si collegherà a Rai1 per stilare il verdetto del nuovo, straricco, super-stra-baciato dalla Dea! Buona Fortuna a tutti voi con il Jackpot vincente del SuperEnalotto! Francesco Caranti

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E’ Natale e puoi

… fare quello che non hai fatto mai. E’ Natale, è Natale e si può dare di più …

Già! Proprio le parole di quella dolcissima canzoncina cantata dai bambini di un noto spot televisivo che, in questo periodo, passa spesso sugli schermi delle nostre tv. Lasciamo pure da parte le riflessioni di ordine teologico e non solo che dovrebbero motivare a un comportamento retto, onesto e consapevole in ogni giorno dell’anno e non solo a Natale perché questo è un Sito di Finanza Derivata e noi non siamo, né vogliamo essere educatori morali e così è solo di finanza che vogliamo parlare. In questo contesto e con tali premesse, cari amici, abbiamo deciso che non vi daremo di più ma vi daremo solo ciò che ci siamo prefissati di darvi sin dal principio, che vi stiamo dando da quando il nostro Sito ha cominciato a muovere i primi passi e lo faremo con sempre maggior consapevolezza. Che ne dite dell’immagine in testa a questo contributo? Tristanzuolo, vero, un Albero di Natale in bianco e nero? Un pochetto sì se paragonato ai colori e alle luci sfavillanti delle strade, delle vetrine e della stessa Rete. Ma va detto che, insieme a questo semplicissimo Albero, noi vi augureremo Buon Natale e Felice Anno Nuovo presentandovi il nuovo banner che vedete ruotare nell’header del Sito quando vi soffermate tra le righe dei nostri contributi: quello che, con gli algidi colori invernali, vi accompagnerà, tra una lettura e l’altra, sino all’equinozio di primavera, altra data in cui il banner cambierà coi colori della Primavera. E arriviamo all’obiettivo del nostro Sito: la trasmissione della consapevolezza finanziaria. Sempre, comunque, nella buona e cattiva sorte e, lo speriamo, bene. Con onestà e coerenza. Anche se nel periodo delle festività natalizie la nostra ‘macchina’ rallenterà un po’, questo proposito non verrà a mancare; la ‘macchina’ del nostro Sito proseguirà il suo cammino solo più lentamente, giusto il tempo necessario per riflettere su quanto abbiamo fatto e su quello che faremo. Volontà da parte nostra ce n’è molta e la vostra presenza costante, partecipata e numerosa è un incentivo a dare sempre di più. Dal 23 Dicembre all’8 Gennaio vi saranno riproposti i contributi che hanno dato l’avvio al Sito … misteriosi, interessanti … quel mix tra fisica, matematica, metafisica e filosofia che abbiamo scoperto essere il modo migliore per stimolare la curiosità in un settore che, troppo spesso, è dipinto con freddezza e artificio. Prima di porgervi i nostri auguri io vorrei, però, fare insieme a voi una piccola riflessione su quanto è accaduto all’interno del nostro sistema finanziario in questi ultimi mesi. E lo vorrei fare raccontandovi la storia di un certo signor Ponzi. Poi Caranti dirà la sua, in proposito, estendendo un po’ il concetto a ciò che di strano e pesante è successo di recente.

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Ma ecco mister Ponzi, che in realtà non veniva dall’America ma l’ “era un rumagnol ad Lugo”. Parecchi anni fa un immigrato italiano in Usa di nome Charles Ponzi (Lugo di Romagna 1882 – Rio de Janeiro 1949) divenne famoso non tanto per aver inventato un nuovo tipo di truffa, quanto piuttosto per averla sviluppata in modo esponenziale, al punto tale che questo ‘imbroglio finanziario’ da allora viene denominato Schema Ponzi proprio per gli onori che lo stesso signor Ponzi riuscì a rendergli: agli inizi del ‘900 riuscì a far cadere nella tela dell’inganno 40.000 babbei raccogliendo fraudolentemente una somma pari a 15 milioni di dollari. La sua fortuna la fece con l’arbitraggio sui francobolli. Dovete sapere che a quei tempi era buona norma, quando si spediva una lettera in uno Stato diverso dal proprio con richiesta di risposta da parte del destinatario, inserire all’interno della busta un Buono di Risposta Internazionale (IRC). In questo modo si rimborsavano al destinatario le spese relative all’affrancatura che venivano coperte interamente scambiando il Buono con l’affrancatura valida nel proprio paese. Il nostro signor Charles si rese conto che poteva sfruttare la grande inflazione che in Italia, nel corso del Primo Dopoguerra, aveva contribuito a diminuire il costo dei francobolli in dollari statunitensi e … il gioco era fatto! Dopo avergli inviato denaro, faceva acquistare i Buoni ad un mandatario in Italia e se li faceva spedire negli Stati Uniti; qui scambiava gli stessi in francobolli dopodiché … rivendeva questi francobolli negli Stati Uniti al

valore di mercato del dollaro statunitense. Va detto che in quel periodo tale forma di arbitraggio non era illegale quindi Ponzi, tenendo in debito conto il costo delle transazioni e dei tassi di cambio, ipotizzò un profitto teorico del 400%. Pazzesco! Coinvolse pertanto amici e parenti a credere nell’efficacia di questo sistema e a scommettere su di esso garantendo loro un rendimento

sugli investimenti del 50% in soli 90 giorni. Costituì una società, assunse agenti per raccogliere fondi e li compensava con profumate provvigioni … Nel Maggio 1920 Ponzi aveva già raccolto 420.000 dollari e questa cifra stimolò molte persone ad investire nella sua compagnia. Tutti i nuovi investitori venivano remunerati con i fondi versati dagli altri. Gli ottimi tassi d’interesse lo consentivano. Divenne ricco, anzi, ricchissimo. Il sogno era diventato realtà. Per esigenze di spazio non vi ho fatto alcuna premessa su quella che era la sua vita da ragazzo, ma la potete leggere ovunque: era un immigrato italiano povero in canna, ma con un grande senso della truffa che gli aveva causato parecchi IN e OUT dalla galera. Ma i sogni sono spesso rapidi come comete: fino a che fosse riuscito ad incassare fondi da parte degli investitori a tassi altissimi, il signor Charles non avrebbe potuto temere alcun tracollo e poteva permettersi di remunerare i suoi investitori ai tassi stabiliti. Ma la vita cambia repentinamente e con essa i tassi d’interesse (lo sappiamo bene!) … e, soprattutto e per sua sfortuna, quelli di conversione postale. Va da sé poi che, di là dall’iniziale euforia, la gente cominciò a domandarsi come avesse potuto Ponzi fare una fortuna in così poco tempo e, soprattutto, in un periodo difficile come il Primo Dopoguerra. Alcuni sospettosi ritirarono i propri fondi dalla società ma Ponzi fece fare loro marcia indietro compensandoli lautamente. Oramai però la curiosità e il sospetto si erano insinuati in maniera profonda nelle pieghe della sua società … pieghe che, in breve, si trasformarono in vere e proprie ‘piaghe’. Il celebre quotidiano Post cominciò a pubblicare articoli su Ponzi e sui dubbi che si accavallavano intorno alla sua società ‘dorata’ … ed arrivò persino ad ingaggiare uno dei più noti analisti finanziari dell’epoca – Clarence Barron – che, dopo un’attenta analisi dei movimenti, portò alla luce lo schema che guidava la ‘macchina fabbicasoldi’ di Mister Charles: lo schema di Ponzi. La storia che vi ho appena raccontato non finisce bene, ma nemmeno rapidamente. Ponzi riuscì, infatti, a tenere duro perché, nonostante la società continuasse col tempo ad accumulare passività e le indagini intorno ad essa si fossero intensificate, egli riuscì comunque a racimolare denaro (se pur sempre per mezzo della truffa) per remunerare gli investitori sempre più sospettosi e diffidenti: questi ultimi, dal canto loro, erano riluttanti ad

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abbandonarlo perché, pur di non consapevolizzare il fatto di essere stati subdolamente truffati, preferivano continuare ad illudersi che Ponzi fosse un genio. Charles Ponzi morì nel ‘49 in un ricovero per poveri di Rio de Janeiro. Lasciò un manoscritto tuttora incompiuto dal titolo ‘The fall of Mister Ponzi’ . Un giornalista americano si recò presso quel ricovero pochi giorni prima della sua morte e gli fece un’intervista. Ecco cosa disse: “ … ho dato agli abitanti di Boston il miglior spettacolo che sia mai stato visto sul territorio dai tempi dello sbarco dei Padri pellegrini! Valeva ben quindici milioni di verdoni il vedermi mettere su tutta la baracca! …” Forse per Natale vi sareste aspettati una favola magica a lieto fine, vero? Già … è Natale e il Natale è Magia. Ma la vita è sempre la stessa. Con o senza il Natale. E di ciò purtroppo ne abbiamo tutti grande certezza. Ha un po’ rattristato anche me leggere la storia del signor Ponzi. Per l’ennesima volta, come accadeva quando ero bambina, ho fatto il tifo per il ‘ladro’ piuttosto che per il ‘poliziotto’, per l’’indiano’ piuttosto che per il ‘cowboy’ e per il ‘Diabolik’ della situazione. Intanto, come mi dicevo da bambina, ciò che conta è che non muoia nessuno.

Cedo la parola a Caranti e anche a nome degli altri componenti dello staff di www.francescocaranti.com vi porgo i miei più sinceri auguri di un Natale di pace e di un Anno Nuovo sereno e fuori da tutte le tele di ragno che la vita ci possa mettere di fronte. Erika Tassi

Erika ha descritto molto bene la truffa di Carlo Ponzi, un romagnolo dalle idee chiare oppure, se non altro, un uomo fuori dagli schemi dotato di grande chiarezza finanziaria e di elevata padronanza di arbitraggio. Tanto che forse, oggi, l’avrebbero promosso Agente di Cambio honoris causa. C’è però da dire che l’idea di trarre profitto dalla nicchia speculativa dei francobolli senza andare contro la legge, la dice lunga sull’inefficienza del Cambio del primo novecento: oggi sarebbe praticamente impossibile realizzare quel tipo di impresa. Però è strano che l’ideatore di questa specie di Catena di Sant’Antonio sia passato alla storia. Corsi e ricorsi? E se davvero anche altri meccanismi finanziari funzionassero in modo simile? Lo schema a forma piramidale in cui i primi giocatori sono pagati coi soldi degli ultimi finché nessun investitore è disposto ad essere assorbito alla base è di per sé un po’ inquietante perché alla fine la piramide crolla comunque lasciando stesi a terra gli ultimi investitori. Niente pessimismi per Natale, lo so, non è il caso: ne parliamo tanto per divagare un po’. E’ del 25 novembre scorso la notizia che la Federal Reserve ha annunciato una nuova misura da 600 miliardi di dollari per l'acquisto di titoli "tossici" garantiti da mutui immobiliari emessi dalle tre agenzie governative Fannie Mae, Freddie Mac e Federal Home Loan Bank e un programma di agevolazioni da 200 miliardi di dollari a favore dei prestiti ai consumatori quali quelli per gli studenti, per l'acquisto di auto e per le carte di credito. In pratica stiamo parlando di 800 miliardi di dollari. Va detto che i contribuenti americani pagano in un anno più o meno la stessa cifra. L’America incassa 900 miliardi di dollari all’anno in tasse e colma in un colpo solo un buco finanziario più o meno della stessa portata. Ah, però!

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Ma da dove vengono realmente tutti questi soldi? Ma sì, vengono dalle Banche Centrali che per definizione si chiamano anche “pagatori di ultima istanza” , gli ultimi della Catena. Se esaminiamo il Rapporto Economico della Federal Reserve Bank di Atlanta scopriamo però una specie di magia (… vedi, Erika, che non ti sbagliavi quando parlavi di magie natalizie ! …). "Per funzionare come pagatore di ultima istanza, la banca centrale deve avere l'autorità per creare denaro, cioè fornire liquidità illimitata a richiesta”. Fonte: James Barth "Financial Crises and the Role of the Lender of Last Resort," Rapporto Economico della Federal Reserve di Atlanta (1984) pagine da 58 a 67. Quindi le banche, a loro discrezione, possono creare denaro partendo dal nulla, così, come con la bacchetta magica. Ma come in tutte le cose della vita c’è sempre un dare e un avere e ci sono sempre due piatti della bilancia. Se io creo denaro dal nulla senza dare niente in cambio non faccio altro che spostare indebitamente i due piatti. Mi spiego: posto che l’offerta monetaria è la domanda e la produzione di beni e servizi (piani energetici, nuove autostrade, aeroporti, ferrovie) è l’offerta, nel caso specifico di questa iniezione di liquidità da 800 miliardi di dollari in cambio di un bel niente, i piatti perdono il loro equilibrio e la bilancia comincia a inclinarsi un po’, cosa che, al di fuori della metafora, si traduce nel termine ‘inflazione’. E’ chiaro, vero? E’ come se cominciassi a stampare banconote in cambio di niente. Se la mia torta vale 100 e prima ogni fetta di un decimo di quella torta valeva 10, adesso che ho stampato nuova cartamoneta la mia fetta varrà 9, o forse anche 8. Ecco spiegata l’inflazione. Ma fin qui il nostro amico Carlo Ponzi ancora non c’entra niente, almeno per adesso perché, come vedremo, tutto lo schema economico è in realtà un altro Sistema di Ponzi.

Dobbiamo andare un po’ indietro nella storia: in Inghilterra nel 1642 durante la Rivoluzione quando Oliver Cromwell, finanziato dai cambiavalute, detronizzò Re Carlo, sciolse il Parlamento e mise il sovrano a morte. Con quella mossa si impossessò della facoltà di emettere denaro che prima di allora era solo privilegio del Re (diritto sovrano) per cui chiunque altro si fosse avventurato in quella operazione sarebbe stato colpevole di alto tradimento. Nel 1694, la Banca d'Inghilterra fu concessa in statuto ad un gruppo di cambiavalute privati ottenendo anche il beneficio di poter stampare banconote e di poterle prestare al governo gravate di interessi. Il 1694 fu in parte l’inizio della fine perché quei banchieri privati si misero a stampare senza un preciso controvalore in oro ma solo secondo un modello di “riserva finanziaria” dato che la quantità di oro mantenuta a "riserva" era solo una parte di tutta quell’enorme emissione. Questa pratica era però nata già prima quando gli orafi avevano scoperto che i

clienti che lasciavano il proprio oro in deposito l’avrebbero preteso in restituzione solo una volta su dieci. Ecco dunque l’idea: dieci banconote sostenute da una libbra di prezioso soltanto potevano essere stampante e prestate in tutta tranquillità. A tutti gli effetti però nove banconote su dieci si potevano considerare contraffatte. Eccolo qua il Sistema di Ponzi! Riemerge inesorabilmente anche nella storia. Tutta fila liscio finché i clienti non si insospettiscono e vanno a ritirare il loro oro e il loro argento depositato presso gli orafi. Scoppia il pandemonio, anzi, la cosiddetta bolla. E ritorna ancora l’effetto leva: il Sottostante è l’oro depositato (in quantità 1) mentre la massa monetaria in circolazione è il Derivato (in quantità 10). Tutto funziona finché non si va a ritirare il Sottostante, cioè finché non crolla la piramide di Ponzi. Si duce che dopo la bolla speculativa dei Mutui dovrà scoppiare quella dei Derivati, un’altra scommessa aggiuntiva per cui si può alzare o abbassare il valore del Sottostante.

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Come ormai sapete, la forma più semplice e diabolica è la put, concepita per pagare l'investitore anche quando il suo portafoglio in titoli si deprezza, neutralizzandone così il rischio, che non sarà più un rischio per lui stesso ma lo sarà comunque per la collettività. Ma l’alchimia della put è niente rispetto a quella dei “derivati dei derivati”, cioè delle costruzioni esotiche di cui avevamo già parlato in www.soldionline.it . Riporto l’estratto della lezione del 22 marzo 2006: (1) packages options which are equivalent to a portfolio containing only standard European calls and possibly cash and the underlying asset itself (2) forward-start options options which are paid for in the present but which are only received at a prespecified future date (3) compound options options whose underlying assets are themselves options (4) chooser options options which are paid for in the present but which at some prespecified future date are chosen to be either a put or a call (5) barrier options options whose payoff depends not only on the price at expiration of the underlying asset but also on whether or not the underlying asset has previously reached some other "barrier" price (6) binary options options with binary and discontinuous payoff patterns (7) lookback options options whose payoff depends not only possibly on the price at expiration of the underlying asset but also on the minimum or maximum price experienced by the underlying asset during at least some portion of the life of the option (8) "Asian" options options whose payoff depends not only possibly on the price at expiration of the underlying asset but also on the average price experienced by the underlying asset during at least some portion of the life of the option (9) exchange options options to exchange one asset for another (10) currency-translated options options whose underlying asset or striking price is denominated in a foreign currency at a random or prespecified exchange rate (11) two-color "rainbow" options options on two risky assets which cannot be interpreted as if they were options on a single underlying asset. Già: c'è veramente da perdersi in mezzo a ciò che gli Ingegneri Finanziari si sono sbizzarriti a creare in questi tempi. Alcuni critici affermano che sono di fatto impossibili da capire, perché furono intenzionalmente progettati per sviare gli investitori. Al dicembre 2006, secondo la Bank for International Settlements, il commercio sui derivati era salito a 415 miliardi di miliardi di dollari. A prima vista, questo è uno schema-Ponzi, poiché la somma è quasi nove volte l'intera economia mondiale. Una cosa ha valore solo dal riscontro che ottiene sul mercato, ma non esiste un singolo mercato sul pianeta che si possa permettere di saldare questo tipo di scommessa speculativa. Dai! Ci fermiamo qui perché è Natale e questo non è il tempo per le inquietudini: la baracca pare ancora tenere e finché la barca va lasciamo pure che vada. Qualcuno prima o poi ci penserà. Io resto qui con voi più che volentieri a raccontarvi questi strani marchingegni di finanza per tutto l’anno che verrà: un 2009 che vi auguro all’insegna dell’oculatezza nei vostri investimenti e, secondo la missione del nostro Sito, al miglioramento della vostra consapevolezza in questo delicatissimo settore. Buon Natale e buon 2009 a tutti voi. Francesco Caranti

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L’anagramma Fondamentale del Calcolo

... i tasselli si ricompongono in un moto ordinato di causa-effetto per cui tutto proviene da un evento di partenza e, contemporaneamente, l’evoluzione stessa del fenomeno diventa causa dell’evento successivo ... Newton non avrebbe mai immaginato che la sua epistola a Leibnitz di trecento anni fa avrebbe scosso e rimodernato tutta la scuola di pensiero a venire e avrebbe dato vita a nuove teorie matematiche conosciute oggi come topologiche. Secondo lo stile in uso tra i matematici del 600, i pensieri, le teorie e le invenzioni venivano trasferite ai colleghi della stessa Scuola di Pensiero con attenta circospezione a evitare che tali contributi giungessero ad orecchie indiscrete. La ‘gelosia’ di Newton e Leibnitz era tanto comprensibile quanto bizzarra e si racconta che i loro scambi epistolari avvenissero ricorrendo a intricate regole di crittografia molto simili a quelle usate oggi in informatica per la firma digitale. Ma l’alternativa poteva anche essere il ricorso ai cifrari, agli algoritmi, oppure, nei casi meno complessi, a più semplici anagrammi. Nel 1677, infatti, Newton propone la sua scoperta attraverso una frase indecifrabile che Leibnitz riesce attentamente a tradurre secondo l’occorrenza in questo modo: "Data aequatione quotcunque fluentes quantitae involvente fluxiones invenire et vice versa". Questa frase è conosciuta come l’ “anagramma fondamentale del Calcolo” e più o meno si può tradurre così: "Data un'equazione che contiene un numero qualunque di Fluenti, si dovranno trovare le Flussioni e viceversa". Chiaro ? Niente affatto, finchè non sappiamo che le Fluenti sono le Derivate e che le Flussioni sono le Primitive. Semplificando ancora, ciò che Newton voleva dire a Leibnitz stava nel fatto di aver intuito l’importanza di un nuovo metodo di lavoro per cui molte delle funzioni matematiche di livello superiore avrebbero dovuto essere osservate nella loro complessità e non più singolarmente. E così, quando accendiamo una sigaretta e seguiamo il movimento del fumo ci troviamo ad osservare due tipi di movimento: uno semplice e, improvviso e inaspettato, un secondo movimento complesso e turbolento. La stessa cosa accade al fluire dell’acqua nell’alveo di un fiume: il movimento si alterna da ordinato a disordinato e il moto inizialmente ‘laminare’ diventa agitato e ‘turbolento’. Qualsiasi moto di un corpo si esprime con una equazione: dalla più semplice alla più complessa, dal moto ordinato del pendolo e quello molto più stravagante del fumo. Problemi non facili, questi, al punto che lo stesso Heisenberg, uno dei padri della Fisica quantistica e premio Nobel nel 1932, pochi minuti prima di morire aveva sentenziato così:

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"quando nell'aldilà avrò l'opportunità di interrogare il Creatore, gli voglio chiedere due cose: perché la relatività e perché la turbolenza. Almeno sulla prima spero di ottenere una risposta". Dunque il problema di Newton destava ancora non pochi grattacapi anche trecento anni più tardi se è vero che la Turbolenza era riconosciuta ancora più complessa della Relatività. Il movimento improvviso del fumo, il frastagliarsi delle onde di un fiume e anche lo stato variabile di un ecosistema, introducono il concetto dei cosiddetti Sistemi Dinamici che la Matematica cerca di tradurre in formule attraverso le opportune equazioni differenziali. Dunque: i Sistemi che rispondono a movimenti complessi si definiscono Dinamici e la teoria matematica che li rappresenta cerca di ottenere, in maniera più o meno esplicita, tutte le informazioni possibili sul cosiddetto “operatore di evoluzione temporale F” cioè dal Grafo che rappresenta quel particolare movimento. Il metodo dei Sistemi Dinamici (Sistemi che evolvono nel tempo) prese pian piano il sopravvento, tanto che anche Laplace, cento anni più tardi, ipotizzava l'esistenza di un sistema dinamico in grado di regolare, niente meno che l'intero Universo: "lo stato attuale del sistema della natura consegue evidentemente da quello che era all'istante precedente e se noi immaginassimo un'intelligenza che a un istante dato comprendesse tutte le relazioni fra le entità di questo universo, essa potrebbe conoscere le rispettive posizioni, i moti e le disposizioni generali di tutte quelle entità in qualunque istante del futuro". ... i tasselli si ricompongono in un moto ordinato di causa-effetto per cui tutto proviene da un evento di partenza e, contemporaneamente, l’evoluzione stessa del fenomeno diventa causa dell’evento successivo ... E dello stesso avviso fu anche lo stesso Poincaré (1854-1912), considerato il fondatore della teoria qualitativa (o topologica) dei sistemi dinamici cioè dello studio delle leggi del movimento che rinuncia a qualsiasi pretesa di conoscenza analitica delle soluzioni e si basa esclusivamente su metodi di tipo geometrico-visivo. Partendo da un problema apparentemente semplice, il moto di tre corpi che interagiscono tra loro attraverso la forza di gravità, Poincaré arrivò a descrivere in modo chiaro il fenomeno del caos deterministico, scrivendo nel 1903: "una causa piccolissima che sfugga alla nostra attenzione determina un effetto considerevole che non possiamo mancare di vedere, e allora diciamo che l'effetto è dovuto al caso. Se conoscessimo esattamente le leggi della natura e la situazione dell'universo all'istante iniziale, potremmo prevedere esattamente la situazione dello stesso universo in un istante successivo. Ma se pure accadesse che le leggi naturali non avessero più alcun segreto per noi, anche in tal caso potremmo conoscere la situazione iniziale solo approssimativamente. Se questo ci permettesse di prevedere la situazione successiva con la stessa approssimazione, non ci occorrerebbe di più e dovremmo dire che il fenomeno è stato previsto. Ma non è sempre così; può accadere che piccole differenze nelle condizioni iniziali ne producano di grandissime nei fenomeni finali. Un piccolo errore nelle prime produce un errore enorme nei secondi. La previsione diviene impossibile". E questo ci ricorda, molto da vicino, l’Effetto Flood delle Serie Numeriche dei Dati di Borsa: la pronosticata Valanga si ripercuote a valle, nei risultati, seguendo un errore a cascata simile a quello del Domino. Chissà che anche Newton, Leibnitz e Poincaré non avessero già insiti, nei loro geni, i rocamboleschi e turbolenti movimenti di un futuro S&P/MIB di un lontano XXI° secolo? E chi mai potrà negarlo? A presto. Francesco Caranti

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La ricerca dicotomica L’altra sera mio nipote Giacomo mi ha proposto un giochetto molto divertente prendendo spunto dall’episodio della sua amica Giovanna che, a una pesca di beneficenza della parrocchia, si era trovata a dover ricercare il nominativo vincente dell’estrazione della festa di Santa Croce. Il premio era un motorino – un Malaguti – tanto per fare pubblicità all’amico costruttore di scooter qui vicino a me, a San Lazzaro di Savena. In merito ai motorini, anche l’altro other friend of mine Andrea Mingardi (Bologna 1940) nel ’76 - all’osteria di via Paolo Fabbri (dove ci dilettava anche Guccini) e dove spesso arrivava anche Lucio Dalla - al quartiere della Cirenaica, aveva scritto in proposito una stupenda zirudela nel suo tredicesimo album dal nome: lo Sfighé. Nota: La zirudèla l'è un componimänt scherzåus ch'as cantèva - in uréggin ed sòlit in canpâgna - par i matrimòni o pr î gran magnèr campagnû Traduco: La zirudela è un componimento dal tono scherzoso che si cantava – originariamente in campagna – durante le feste di matrimonio o in occasione delle grandi abbuffate. … Questo il testo di Mingardi: “… alla pesca del rione ierin vanzè vent bigliat par venzer al moturen … al moturen. Mè che san ‘na volpe ahi ho cumprè tot al mazat ad bigliet e a’hai ho vint al moturen …” Traduco: “… alla pesca del rione erano rimasti venti biglietti per vincere un motorino … un motorino … e io che sono una volpe ho comprato tutta la mazzetta di biglietti rimanenti e ho vinto il suddetto motorino …”. Tornando a mio nipote Giacomo, la domanda della sua amica Giovanna era la seguente: dato un elenco di indirizzi, qual è il modo più veloce per rintracciare un nominativo prescelto? Detto in altri termini: dato un nominativo qualsiasi, per esempio, Rossi Mario, quale sarà il percorso più veloce per rintracciarlo in una lista? Il problema si può risolvere attraverso il concetto della dicotomia. Il termine dicotomia deriva dal greco - dichotomía: dich (due) tomo (divido) - ed è usato in matematica, filosofia ed in informatica.

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La dicotomia consiste nella divisione di un corpo in due parti tali da non poter essere entrambe contemporaneamente vere e completamente esaustive l'una rispetto all'altra. In altre parole, la dicotomia non lascia spazio per una terza parte; si può quindi considerare una partizione in due parti precise. Per essere più chiari, alla domanda "questo animale è provvisto di ossa?" la risposta è la divisione delle specie in vertebrati ed in invertebrati, dato che nessun animale può essere vertebrato o invertebrato contemporaneamente, né, tantomeno, può non appartenere a nessuna delle due categorie. Anche in biologia, la dicotomia sta a significare la ripartizione tra una specie e l’altra senza possibilità di situazioni intermedie. Tornando al problema di Giovanna - l’amica di mio nipote Giacomo - la dicotomia si presta a una soluzione di tipo informatico. Giovanna si trova a dover rintracciare un elemento “e” all’interno di una serie sequenziale “S e”. La condizione indispensabile del problema di Giovanna è che la serie numerica di ricerca sia in ordine crescente, cioè sequenziale, un po’ come avviene in un mazzo di carte ordinate. Nel suo esperimento, Giovanna è certa che i partecipanti alla pesca di beneficenza risultano perfettamente ordinati in modo ascendente: dalla A alla Zeta: come esempio, il primo sarà Accorsi e l’ultimo sarà Zinelli. Per risolvere velocemente il problema, basterà caricare i nominativi da ricercare in una schiera (secondo la notazione IBM) oppure su un array (cioè: “tabella” secondo la notazione Iso internazionale). Altra condizione fondamentale sarà quella di caricare i nominativi di ricerca (da Accorsi a Zinelli) in un array potenza di 2. Esempio: se la ricerca da effettuare è su un elenco di circa 200 elementi, creeremo un array potenza di 2 in eccesso, cioè 256 celle che corrispondono a 2 elevato all’ottava. Nel linguaggio di programmazione Cobol (Common Business Oriented Language), la definizione dell’area di memoria su cui si applica la schiera sarà la seguente:

01 SCHIERA. 02 ELEM PIC X(30) OCCURS 256 TIMES.

Stiamo dando istruzione al computer di utilizzare un’area di memoria tabellare di 256 elementi, ciascuno costituto da 30 caratteri alfanumerici, quelli corrispondenti ai nominativi da caricare (da Accorsi a Zinelli). Poiché la schiera è stata creata in sovrabbondanza di elementi (per esempio 200 elementi caricati contro 256 previsti in schiera), le celle di schiera vuota saranno coperti da valori esadecimali più alti possibili (in gergo: HV – cioè High Value – in pratica da una stringa di valori “ZZZZZZ”). Torniamo al processo di ricerca dicotomica per capirlo con più facilità. L’algoritmo cerca un elemento all'interno di un array ordinato effettuando mediamente meno confronti rispetto ad una ricerca sequenziale, e quindi più rapidamente rispetto ad essa. La tecnica è simile al metodo usato per trovare una parola sul dizionario: sapendo che il vocabolario è ordinato alfabeticamente, l'idea è quella di iniziare la ricerca non dal primo elemento, ma da quello centrale, cioè a metà del dizionario. A questo punto il valore cercato viene confrontato con il valore dell'elemento preso in esame:

• se corrisponde la ricerca termina indicando che l'elemento è stato trovato • se è inferiore, la ricerca viene ripetuta sugli elementi precedenti (cioè sulla prima metà

del dizionario), scartando quelli successivi • se è superiore, la ricerca viene ripetuta sugli elementi successivi (cioè sulla seconda

metà del dizionario), scartando quelli precedenti • se tutti gli elementi sono stati scartati, la ricerca termina indicando che il valore non è

stato trovato In sostanza, se l’amica Giovanna cerca il vincente della lotteria “Mazzoni” il computer cerca “Mazzoni” iniziando tramite una “spaccatura” dell’’array in due porzioni di 128 + 128 elementi. Se “Mazzoni” è inferiore alla prima metà, la ricerca procede ridivendo la tranche in 64 + 64 elementi, diversamente la ricerca procede a destra tra i 129° e il 256° elemento.

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La ricerca dicotomica è sempre molto più veloce di quella sequenziale in cui si parte dall’inizio (lettera A) e si procede fino al termine (lettera Z). L’algoritmo dicotomico in linguaggio C potrebbe essere il seguente: /*funzione di ricerca su un array di interi*/ int ricerca_binaria(int array[], int x, int start, int end) /*x è il valore da cercare!*/ { int m; while(end >= start) { m= (start + end)/2; if(x == array[m]) return m; (x < array[m])? end=(m-1) : start= (m+1); ricerca_binaria(array[],x,start,end) } return (-1); } … Va bene, abbiamo capito! Anche in biologia la variabile monocotilene / dicotilene assume un preciso significato di dicotomia, cioè di divisione in parti mutuamente esclusive. Ancora una volta i processi naturali sono assimilabili a quelli della logica pura … oppure, al contrario, la scienza ha ‘copiato’ dalla natura i processi fondamentali dell’esistenza. Appuntamento alla prossima trovata matematica. Francesco Caranti

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Dijkstra e il problema dei Filosofi a Cena … i cinque filosofi siedono davanti a un piatto di spaghetti … Personalmente non mi sono mai trovato a cenare con Socrate, Platone, Parmenide, Empedocle e Anassimene ma se mi dovesse capitare di fare una spaghettata in loro compagnia, potrei anche cavarmela con disinvoltura, argomentando con loro il problema dei Filosofi a Cena. Stiamo parlando di un problema di Informatica <una scienza che ancora doveva venire nella Grecia della scuola di Elea> ma che a quella scuola deve il riferimento. Tempo fa avevamo analizzato il cosiddetto Problema del Commesso Viaggiatore (in gergo: TSP, acronimo di Travelling Salesman Problem) per rinfrescare la memoria sull’applicazione dei Grafi in diverse questioni matematiche. Mentre in quel caso al commesso viaggiatore veniva chiesto di trovare il percorso minimo delle sue trasferte, ai Filosofi a Cena a casa mia, viene proposto un altro quesito importante per l’Informatica noto come il Problema di controllo della concorrenza. Ma dobbiamo andare per ordine: come potete vedere nell’immagine di copertina, i cinque filosofi siedono davanti a un piatto di spaghetti con una sola forchetta a destra e una sola a sinistra. Nel problema si deve immaginare che ciascun filosofo possa mangiare SOLO CON DUE FORCHETTE anziché una soltanto. Cinque sono i filosofi, cinque sono i piatti di spaghetti e cinque sono le forchette. Si deve pensare che:

• la vita di un filosofo consista di periodi alterni di cibo e pensiero • ciascun filosofo abbia bisogno di due forchette per mangiare • che le forchette vengano prese una per volta.

Dopo essere riuscito a prendere due forchette, il filosofo mangia per un po', poi lascia le forchette e ricomincia a pensare. Ecco il problema: trovare una regola che impedisca lo stallo o la morte d'inedia. In inglese i termini rendono ancora meglio: deadlock (lo stallo) e starvation (la morte d'inedia).

Tanto per capirci meglio:

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• il deadlock corrisponde a un filosofo che tiene in mano una forchetta senza mai riuscire a prendere l'altra, cioè: il filosofo F1 aspetta di prendere la forchetta che ha in mano il filosofo F2, che a sua volta aspetta la forchetta che ha in mano il filosofo F3, e così via all’infinito.

• la starvation può verificarsi indipendentemente dal deadlock se uno dei filosofi non riesce mai a prendere tutte e due le forchette.

Finché i cinque filosofi non si metteranno d’accordo sulla sequenza della presa e del rilascio delle forchette, prima o poi il Sistema complessivo entrerà in stallo e si bloccherà inevitabilmente. Spostando il problema in tema di Risorse Informatiche all’interno del nostro comunissimo PC di casa, i cosiddetti ‘blocchi del Sistema’ che ci fanno innervosire e ci costringono a chiudere le sessioni di lavoro con l’odiato comando Ctrl Alt Canc, corrispondono proprio ai cinque filosofi che non sanno più destreggiarsi con lo scambio delle forchette nella cena a casa mia. Già! E’ vero che il PC è sempre più potente ma le sue risorse sono quelle che sono e il Software è sempre più ingombrante, ragion per cui un deadlock o una starvation ci può anche stare! Volendo fare i raggi X al nostro PC, va detto che il blocco di una risorsa è una tecnica comune per garantirne l'accesso da parte di un programma o di una sua partizione ma se quella risorsa è già stata bloccata, il programma aspetta fino a quando verrà sbloccata. Quando però il blocco coinvolge più di una risorsa, è possibile arrivare all’estremo, cioè al deadlock. Per esempio, se due programmi P1 e P2 girano contemporaneamente tenendo bloccato uno stesso file F1, si verificherà certamente che entrambi aspetteranno lo sblocco del file da parte dell’altro programma, ovviamente invano e all’infinito. Abbiamo detto che questo problema si inquadra nell’ambito del controllo della concorrenza ma è anche un problema di sincronizzazione, tipo quello utilizzato nei nodi dei semafori ferroviari. L’esempio di cui stiamo parlando fu descritto nel 1965 dall’informatico olandese Edsger Dijkstra che se ne servì, appunto, per descrivere un problema classico di sincronizzazione. Dijkstra era nato a Rotterdam nel ’30 ed è morto nel 2002 a Nuenen, la città in cui visse Van Gogh alla fine dell’800. E’ rimasto celebre per il suo più importante contributo all'informatica noto come l’algoritmo di Dijkstra nel concetto Semaforico.

Tornando a noi e alla cena coi filosofi: qual è una possibile soluzione semplice alla sincronizzazione? Eccola qua, la vedete nell’immagine:

• Numerare le forchette ed esigere che vengano prese in ordine numerico crescente. In questa soluzione i filosofi sono denominati F1, F2, F3, F4 e F5, mentre le forchette alla loro sinistra sono rispettivamente f1, f2, f3, f4 e f5.

• Il primo filosofo F1 dovrà prendere la prima forchetta f1 prima di poter prendere la seconda forchetta f2. I filosofi F2, F3 e F4 si comporteranno in modo analogo, prendendo sempre la forchetta fi prima della forchetta

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fi+1. Rispettando l'ordine numerico ma invertendo l'ordine delle mani, il filosofo F5 prenderà prima la forchetta f1 e poi la forchetta f5. Si crea così un'asimmetria che serve ad evitare il blocco.

Un’ottima soluzione di un metodo di mutua esclusione. Già … alle volte non si pensa al fatto che i problemi di logica pura che tanto ci creano imbarazzo e ci fanno irritare tutte le volte che ci vengono proposti, in realtà sono la chiave di più di una soluzione di problemi molto più complessi di pubblica utilità. Di come dovessero scambiarsi le forchette Socrate e Platone a casa mia, sarete d’accordo con me che ben poco ci importava, ma che da quello stupido problema si sviluppasse poi il controllo dei processi informatici, la cosa non fa che stupirci sempre più. Appuntamento alle prossime curiosità. Francesco Caranti

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Numeri, violini e sinfonie celesti Il mio amico Ario è dotato della giusta sensibilità per accordare i numeri ai ritmi celesti, le note musicali agli impianti cosmici e l’accordo dei violini alla fantasia creatrice di Bach. Credo che il suo contributo, in una calda serata d’estate, potrà toccare la nostra sensibilità. ... vi lascio in sua compagnia, immersi in un racconto fantastico ... “ ... il tipo che si sedette davanti a me era un po’ esitante: mi guardava di sottecchi, come per capire quanto sincera fosse la mia disponibilità. Mi sarebbe piaciuto che completasse in santa pace quel processo valutativo nei miei confronti per chiedergli poi a quali risultati fosse pervenuto. Sono sempre stato incuriosito dall’impressione che riesco a dare di me agli altri, ma gli unici che sia mai riuscito a far parlare erano tutti miei amici, i quali, per un dovere di affettività, mi hanno sempre, doverosamente assolto. Non mi fu mai possibile conoscere il risultato di quella valutazione estemporanea per un motivo semplice, ma determinante: il valutatore ero io. Dopo i primi convenevoli gli chiesi se avesse qualche interesse alternativo dopo il lavoro ed egli, visibilmente sorpreso da quella domanda per lui inaspettata, mi disse con voce incerta: ‘il liutaio’. A quel punto la sorpresa si trasferì a me e mi sentii dire: “il liutaio ?” Con tutta probabilità, quella che pensavo fosse un‘espressione incuriosita, si tradusse sul mio viso in una smorfia di inebetita ignoranza in quanto il mio interlocutore si premurò di aggiungere, con un’aria un po’ più sicura di prima: ‘si, il liutaio, quello che ripara i violini’. A questo punto i lettori si chiederanno cosa ci fosse di tanto importante in questo fatto, da parlarne in un Sito che parka di Economia. Orbene, se tale dialogo si fosse svolto tra due cultori di musica, non sarebbe stato certo importante, ma la bizzarria dell’evento era che si stava verificando in un asettico ufficio bancario e l’incontro tra me, valutatore, e il tipo incerto, il valutato, era finalizzato al verificare in quest’ultimo le cognizioni bancarie di base per poter poi essere inserito in un programma di formazione più approfondito. Naturalmente, gli stessi lettori di cui sopra avranno intuito che della verifica non se ne fece nulla, ma, in compenso, si parlò di violini. Gli chiesi come facesse a conciliare la nobiltà del violino con l’aridità dei numeri, ma egli mi disse: ‘i numeri non sono affatto aridi’. E mi parlò di come utilizzasse i numeri proprio nella sua attività di liutaio. Non bastava ascoltare il suono secondo il paradigma musicale: l’intensità e la sonorità della nota era così legata alla levità della mano, alla tensione della cordatura e al tipo dei legni utilizzati, che era necessario introdurre l’uso dei numeri per codificare le

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minime differenze sonore. E così, dalla stessa nota, l‘abete rosso ne fa scaturire la corposità e la compostezza, dall’acero marezzato il malinconico senso della fine e ... dal palissandro la gioiosa pulsione dello slancio vitale. E solo numerandole si potevano esprimere queste sfumature. Egli, nell’Agenzia dove lavorava, sentiva i numeri che aleggiavano nell’aria e che erano, al tempo stesso, i simboli della sua attività bancaria e del suo lavoro di liutaio. Mi chiese poi se fossi ancora convinto dell’aridità dei numeri. Io accennai ad un sorriso di forzata compiacenza e liquidai il mio interlocutore. Ma quella sera mi ritrovai a ripensare a quella bizzarra teoria sui numeri e dovetti ammettere che essa aveva esercitato su di me un certo fascino intrigante. In effetti, le note erano state inventate solo nel XVI secolo, i numeri almeno due millenni prima. E poi una partitura musicale non era comunque una sequenza matematica che veniva riprodotta con la simbologia delle note, per semplificare e per rendere eseguibile dall’uomo ciò che un’infinita scelta numerica avrebbe reso impossibile? Ma certo: Bach avrebbe ugualmente parlato, nelle “Passioni”, del doloroso dramma di Gesù durante l’ultima cena con gli apostoli, anche senza note o numeri, ma senza di esse, gli altri, ossia la gente comune, non avrebbe potuto mai ascoltarle e suonarle a sua volta. Già ... i numeri ... e quella loro stretta corresponsione con le note, come se i primi fossero il pensiero degli Dei e le seconde la loro voce! Ero ancora certo dell’aridità dei numeri, mi avrebbe chiesto a quel punto, ancora una volta, il mio amico liutaio ? ... In una piccola isola del Mar dei Caraibi, Puerto Rico, c’è una piccola città, Arecibo, appoggiata ad una piccola montagna che venne chiamata, in un giorno in cui presumibilmente latitava la fertile fantasia caraibica, monte Arecibo. Sulla cima di quella piccola montagna hanno costruito un radiotelescopio, anch’esso chiamato Arecibo, ma non è dato sapere se in onore della cittadina o del suo monte. E’ il più grande del mondo: la sua parabola di 350 metri di diametro, rivolta verso il cielo, ha il compito di captare i suoni che provengono dallo spazio. Tali suoni provengono a noi sotto forma di onde elettromagnetiche, che poi l’uomo codifica in sequenze matematiche, e quindi in numeri , per verificare se qualcuno di questi parametri sia “anomalo”, ossia provenga da una fonte vivente. ... e ancora una volta, i numeri, strettamente connessi ai suoni, sono lì pronti a capire se c’è vita nello spazio! Certo, i suoni che il grande telescopio registra, formano un rumore indistinto, ma forse Bach avrebbe potuto sentire qualche cosa di più in quelle note che provengono da tanto lontano e magari avrebbe ordinato in partitura e dato esecuzione a quella che gli astronomi definiscono “la sinfonia celeste“! Assorto in queste considerazioni, ripensai con affetto al mio esitante amico liutaio che, nel piccolo mondo della sua Agenzia bancaria, ascoltava i suoni dei numeri che aleggiavano nell’aria, così come, in una piccola isola, su un piccolo monte, nelle tiepide notti caribegne, il grande orecchio di Arecibo, attento e paziente, ascoltava la voce delle stelle ... “ Ario Giovanni Benedetti

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Capitalism: a love story … capitalismo e democrazia per Moore non sono sinonimi … Un pachiderma dall’aria simpatica con un ciuffo di capelli che esce da un berretto da apatico contabile del primo novecento, un’espressione persa dietro a due spessi occhiali demodé con addosso una tuta da allenatore di softball: questo è Michael Moore, nato a Flint (Michigan) negli anni ’50, eterno rivale della politica della GM, la General Motors del grande sogno americano. Un sogno sfumato, però, che ha ridotto Flint a una città-cimitero, una debacle totale delle grandi speranze progressiste di Roosevelt. Siamo a circa cento chilometri a nord di Detroit e dall’ex quartier generale del più grande costruttore al mondo di auto, ma adesso Flint ha visto un tale aumento di disoccupazione e di criminalità da essere ricordata dalla rivista Forbes come una delle città meno vivibili degli Stati Uniti. La General Motors inizia le proprie attività nel primo ‘900 riunendo i marchi Buick, Oldsmobile, Cadillac, Elmore e Oakland. Negli anni trenta, GM acquista pure la Electro-Motive Corporation e il suo fornitore di motori, la Winton Engine, costituendo il più grande colosso dell’epoca: General Motors Electro-Motive Division col preciso scopo di monopolizzare tutte le linee di trazione delle ferrovie. L’anno d’oro della GM arriva nel 1955 quando conquista la palma d’oro e diventa la prima azienda americana a superare il miliardo di dollari di fatturato. Il lento declino arriva poi coi primi scioperi e una lenta dismissione a favore di produzioni diversificate e decentrate. Si abbassa il livello di marketing in quanto convinti di poter dormire sugli allori mentre il Sol Levante si fa avanti, negli anni ’70 ’80, per acquisire piccole ma significative fette di mercato. Lo sciopero di Flint a metà del 1998 si diffonde rapidamente ad altri cinque impianti di assemblaggio e viene portato avanti per quasi due mesi: il fatto segna una svolta irrevocabile. Nel maggio 2005, Standard & Poor's abbassa il rating di GM al livello di titolo spazzatura. La General Motors comincia a dismettere alcune divisioni di elite come Subaru, Suzuki e Isuzu, quasi sempre rimpiazzate dal maggior concorrente Toyota, fino all’aprile 2009, quando GM comunica ufficialmente che chiuderà entro il 2010 un altro pilastro dell'automobilismo Statunitense, la Pontiac. La mossa fa parte di uno schema di ristrutturazione dell'azienda per cercare di evitare la bancarotta, concentrando i capitali e le risorse sui 4 marchi principali Chevrolet, Cadillac, Buick e GMC. La GM dichiara bancarotta il 1 giugno 2009 passando sotto l'amministrazione controllata del governo americano. E qui sta il ragionamento portante del lavoro di Michael Moore: accelerare il processo di dismissione GM sotto l’amministrazione Bush prima che si presenti il ‘rampollo di nessuno’, quel Barack Obama, 44° presidente che nessuno mai avrebbe creduto-sperato potesse ottenere il potere negli Stati Uniti. Nessuno mai avrebbe pensato che l’America avrebbe potuto reggersi su un modesto nativo delle Hawaii di Honolulu anziché dal solito barone coinvolto negli affari di Wall Street. Nel mirino del film di Moore c’è tutta la corte dell’amministrazione Bush e gli uomini dell’alta finanza, in modo speciale quell’Henry Paulson cheda vice Presidente della Goldman Sachs passò a Segretario del Tesoro proprio sotto la presidenza Bush. Un sistema marcio e corrotto basato sul prestito sub-prime alimentato dalla politica presidenziale delle grandi banche d’affari è il tema dominante della pellicola che si affanna a mostrare più di un documento sulle cupe congiunzioni governo/borsa/malaffare. Particolarmente toccanti le scene di operai licenziati e abbandonati a se stessi, padri di famiglia ridotti alla fame, vittime di prestiti bancari costruiti ad arte per ricavare uno squallido ricavo.

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Moore è stato molto attento ai particolari e alle ricostruzioni ma in alcune occasioni ha spinto un po’ troppo sull’acceleratore lasciandosi condizionare dal proprio odio-sentimento e forse anche un po’ dal narcisismo di chi può <quale affermato regista> esprimersi liberamente senza incorrere in querele. Per esempio, gioca, Moore, sui “giochi di parole” dei Derivati e degli Swaps proprio quando intervista un ingegnere finanziario che pasticcia volutamente sulla spiegazione: una spiegazione che poteva essere presentata con parole semplici ma che Moore ha volutamente intorbidito per dare risalto al clima di sospetto di tutta la pellicola. Sì: il lavoro di Moore è ben congegnato perché ha lavorato duro sulle fonti, una sintesi di ricerche che deve averlo quanto meno sfibrato. Peccato però che in alcuni particolari si sia senz’altro lasciato prendere la mano pur di avvalorare le sue tesi … solo questo, forse, è l’unico difetto che si può annotare in un film che bisogna assolutamente correre a vedere. Francesco Caranti

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Il segreto è … la psicologia?

… La consapevolezza non è mai una condizione, semmai una conquista da difendere ogni giorno … ‘Vivere di Trading’, la nuova opera di Alexander Elder, sarà disponibile in Italia da Gennaio 2010. Poco prima che venisse fondato www.francescocaranti.com avevo promesso al fondatore del Sito – Francesco Caranti – ed ai miei futuri collaboratori che, indipendentemente dal fatto che fossi psicologa, non avrei MAI parlato di psicologia del trading. Ne parlano in troppi, in maniera ridondante e stereotipata … e non aiuta nessun trader. Il dottor Elder, però, oltre ad essere uno psichiatra che gode di tutta la mia stima, è pure un trader dei Mercati finanziari … e ha appena concluso la sua ultima opera. Non potevo non confrontarmi con lui: oltre che psicologa nutro, come lui, una grande passione per i Mercati Finanziari e per il Trading. Quindi mi sono presentata al cospetto del Gran Giurì del Sito e ho chiesto se potevo commentare quanto scritto da Elder. … ed eccomi qui! Concordo sul fatto che il segreto sia la psicologia. Non concordo, però, su due punti che vorrei sviluppare insieme a voi. Prima di cominciare a disquisire vi riporto un abstract del contenuto del suo libro. “ … Potete fondare i vostri trade sull’analisi fondamentale o su quella tecnica. Potete fare trading considerando aspetti economici e politici , usando le “informazioni interne” o affidandovi alla speranza. Vi ricordate come vi siete sentiti l’ultima volta che avete inserito un ordine? Eravate desiderosi di entrare o timorosi di perdere? Avete tergiversato prima di sollevare il telefono? Quando avete chiuso il trade eravate esaltati o umiliati? Bene, sono proprio i sentimenti di migliaia di trader a comporsi in quelle maree psicologiche che chiamiamo mercati. Scendere dall’ottovolante. La maggior parte dei trader spende la maggior parte del suo tempo ricercando buoni trade. Una volta entrati in posizione perdono il controllo e si contorcono per la paura, oppure sghignazzano per il piacere. È come se fossero su un ottovolante emotivo e perdono quello che è l’elemento chiave della vittoria: la gestione delle emozioni. La loro incapacità di autogestirsi li conduce a un cattivo money management dei loro conti. Se la vostra mente non è in sintonia con i mercati, o se ignorate i cambiamenti nella psicologia delle masse, allora non avete alcuna chance di guadagnare con il trading. Tutti i professionisti che ce l’hanno fatta conoscono la decisiva importanza della psicologia nel trading. Tutti i dilettanti che hanno fallito la disconoscono.

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Gli amici e i clienti che sanno che sono uno psichiatra spesso mi chiedono se questo mi è di aiuto nella mia attività di trader. La buona psichiatria ed il buon trading hanno in comune un importante principio: entrambi si focalizzano sulla realtà, sul vedere il mondo per come è. Per vivere una vita sana bisogna tenere gli occhi ben aperti. E così pure per essere bravi trader occorre tenere gli occhi similmente aperti, riconoscere i veri trend e le vere inversioni, e non sprecare energie nei rimpianti o nelle fantasticherie. Un gioco per uomini? Le registrazioni delle società di intermediazione evidenziano che la maggior parte dei trader sono uomini. I file della mia società di formazione, la Financial Trading Seminars, Inc., confermano che circa il 95 per cento dei trader sono uomini. La percentuale di donne sale tra gli istituzionali: impiegati di banca, di società di trading e così via. Per mia esperienza, tuttavia, le poche donne che si dedicano al trading hanno più successo degli uomini. Per inoltrarsi in questo regno eminentemente maschile una donna deve essere mossa da eccezionali motivazioni. Il trading è simile a certi sport adrenalinici e rischiosi come il paracadutismo sportivo, il rock climbing, lo scuba diving; essi pure attraggono principalmente gli uomini: meno dell’1 per cento dei deltaplanisti sono donne. Nella nostra società sempre più normata, sottoposta a mille regole, gli uomini sono attratti dagli sport rischiosi. Il New York Times una volta citò un’affermazione su questo tema del dott. David Klein, un sociologo dell’Università del Michigan: «Dal momento che il lavoro sta divenendo sempre più routinario […] stiamo sviluppando una tendenza a ricercare una soddisfazione nei momenti ricreativi. Più sicuri e routinari siamo nel lavoro e più andiamo alla ricerca di emozioni forti e avventura nei momenti di svago». Questi sport certo forniscono un intenso piacere, un’intesa soddisfazione, e tuttavia hanno la pecca di costituire spesso un pericolo, perché la maggior parte dei partecipanti ne ignora i rischi e li pratica avventatamente. Il dott. John Tongue, un chirurgo ortopedico dell’Oregon che ha studiato gli incidenti tra i deltaplanisti ha scoperto che le maggiori probabilità di morte le hanno i piloti esperti, perché si assumono rischi maggiori. Un atleta che voglia dedicarsi a sport rischiosi deve seguire alcune elementari norme di sicurezza. Quando si riduce il rischio se ne guadagna un senso di soddisfazione e di controllo. Potete riuscire nel trading solo se lo considerate un’attività eminentemente intellettuale. Il trading emozionale è letale. Per garantirvi il successo attuate un money management conservativo. Un buon trader ha tanta cura verso il proprio capitale quanto un sommozzatore professionista per l’aria delle sue bombole … “ Pronta per commentare. Spero pure voi … Punto Primo: il Trading dovrebbe essere vissuto come un’attività ‘eminentemente intellettuale’. No, caro dottor Elder. A mio giudizio ciò che tu consigli è impossibile da realizzarsi perché ognuno di noi affronta il trading con retaggi culturali, famigliari e aspettative

che non gli permetteranno mai di considerarlo tale. Ma … perdonami … non fai trading pure tu? E allora come puoi pensare che ciò che scrivi possa essere messo in atto da tutti noi? In QUEL MOMENTO l’adrenalina sale alle stelle e, con essa, scorrono veloci davanti ai nostri occhi tutto quanto ti ho detto prima: il nostro passato, il nostro presente, il nostro futuro; le nostre delusioni, le nostre sconfitte, le nostre aspirazioni, i nostri progetti. Dai, dott. Elder! Vuoi dirmi che non capita anche a te?

Punto Secondo: le donne sono una percentuale minore ed hanno più successo.

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Mah! Sai, dottor Elder, chi scrive è una donna psicologa amante dei Mercati Finanziari e del Trading on line … Secondo te ho sempre avuto successo? La donna prova le stesse emozioni dell’uomo. Ciò che la differenzia (se le sono stati trasmessi determinati valori e principi) è che ha imparato ad ‘ottimizzare’ la propria vita. Non conta sull’aiuto dell’uomo non perché non ci creda, ma perché è stata educata ad ‘auto-supportarsi’. La sveglia suona presto la mattina. Bisogna provvedere ai bisogni primari della famiglia, poi c’è il lavoro, poi gli eventuali figli da recuperare a scuola o congedare la Tata di turno, poi la preparazione della cena, la cena e – finalmente – un po’ di spazio e tempo per se stessa. Tu dirai: “Ma non tutte le donne hanno marito e figli”. E io ti rispondo “Hai ragione!” Ma, si da il caso che, quando non si hanno marito e figli, magari si ha un compagno di vita fedele, genitori anziani e bisognosi di cure, fratelli o sorelle che hanno bisogno della tua collaborazione, animali da accudire … e il tempo va OTTIMIZZATO AL MEGLIO. La domanda che ti rivolgo, dunque, è “Perché, secondo te, le donne hanno maggior successo nel trading? … Rispondi tu, con calma. Ma prendi in esame tutto quanto ti ho scritto sopra. Credo, però, che la risposta che ti darai farà riferimento al fatto che le donne della mia generazione sono state educate ad OTTIMIZZARE e a RAZIONALIZZARE e quelle che fanno trading non considerano tale attività come ‘eminente intellettuale’ ma, piuttosto, come una delle tante attività da OTTIMIZZARE e RAZIONALIZZARE nel corso della giornata. Tu scrivi che “ … Per inoltrarsi in questo regno eminentemente maschile una donna deve essere mossa da eccezionali motivazioni. “ E io ti rispondo “ Ma va là!!!”. Non sono e non sarò mai femminista però ti garantisco che alle donne della mia generazione è stato solamente insegnato ad organizzarsi al meglio. Che si tratti di montagne russe, di free climbing o di Mercati finanziari, le donne provano le stesse emozioni degli uomini e sono mosse dalle stesse motivazioni che non debbono essere per forza motivazioni eccezionali. La vita stessa detta le regole, caro dottor Elder! E alle donne del Terzo Millennio detta regole molto più severe. La consapevolezza che si raggiunge non è mai una condizione … semmai una conquista da difendere ogni giorno. … non te n’eri accorto? Erika Tassi

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Al Grand Hotel con Lem e Hilbert … wir müssen wissen, wir werden wissen … “… Proprio quando il robot aveva esaurito la sua intera scorta di storie e aveva cominciato a ripetersi (non c'è niente di peggio di un robot elettronico che ripete una vecchia storia per la decima volta), la meta del mio viaggio apparve in lontananza. Le galassie che coprivano la linea misteriosa erano ora alle mie spalle, e davanti a me stava. . . l'hotel Cosmos. Qualche tempo prima avevo costruito un piccolo pianeta per alcuni esuli interstellari vagabondi, ma quelli lo avevano fatto a pezzi e si erano ritrovati di nuovo senza un rifugio. Allora avevano deciso di smettere di vagare per galassie sconosciute e avevano messo su un edificio grandioso: un hotel per tutti i viaggiatori del cosmo. Questo hotel si estendeva attraverso quasi tutte le galassie. Dico ”quasi tutte" perché gli esuli smantellarono alcune galassie disabitate e rubarono qualche costellazione fuori mano da ognuna delle rimanenti. Comunque, costruendo l'hotel avevano fatto un lavoro meraviglioso. In ogni stanza c'erano rubinetti da cui scorreva plasma caldo o freddo. Se lo desideravi, potevi essere smembrato in atomi per la notte, e la mattina dopo il portiere ti avrebbe rimesso insieme. Cosa più importante, nell'hotel c'era un numero infinito di stanze. Gli esuli speravano che da quel momento in poi nessuno avrebbe più dovuto sentire la famosa frasetta irritante che li aveva afflitti nei loro vagabondaggi: “Non c'è più posto". Nonostante ciò, non ebbi fortuna. La prima cosa che attrasse la mia attenzione entrando nella hall fu un cartello: “I delegati del congresso di zoologia cosmica sono pregati di registrarsi al 127-esimo piano". Siccome gli zoologi cosmici venivano da tutte le galassie, e di galassie ne esiste un numero infinito, saltò fuori che tutte le stanze erano occupate da partecipanti del congresso. Non c'era posto per me. Il concierge tentò, è vero, di convincere qualche delegato a stringersi un po', in modo che potessi dividere la stanza con uno di loro. Ma quando scoprii che uno dei potenziali compagni di stanza respirava fluorina e che un altro considerava normale una temperatura ambientale sugli 860 gradi, rifiutai cortesemente questi “piacevoli" coinquilini. Per fortuna il direttore dell'hotel era stato un esule e ricordava il buon servigio che avevo reso a lui e ai suoi compagni. Avrebbe cercato personalmente una stanza per me. In fondo, passando la notte nello spazio interstellare, uno poteva prendersi una polmonite. Dopo aver meditato un po', il direttore si rivolse al concierge e gli disse: “Mettilo nella stanza 1”. E dove metterò l'ospite della 1? Mettilo nella 2. Sposta l'ospite della 2 nella 3, quello della 3 nella 4 e così via. Fu solo in quel momento che cominciai ad apprezzare le qualità insolite dell'hotel. Se ci fosse stato solo un numero finito di stanze, l'ospite dell'ultima si sarebbe dovuto trasferire nello spazio interstellare. Ma siccome l'hotel aveva un numero infinito di stanze, c'era spazio per tutti, e io potei prendere possesso di una stanza senza privare nessun zoologo cosmico della sua. Il mattino dopo, non fui stupito di scoprire che mi si domandava di spostarmi nella stanza numero 1.000.000. Semplicemente, alcuni zoologi cosmici erano arrivati in ritardo dalla galassia VSK-3472, e si dovette trovare una stanza per altri 999.999 ospiti. Ma il terzo giorno del mio soggiorno nell'hotel, mentre stavo andando dal concierge per pagare la mia stanza,

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vidi con disappunto che dal suo banco si estendeva una fila la cui fine scompariva da qualche parte nei pressi delle Nubi di Magellano. In quell'istante sentii una voce: Scambio due francobolli della nebulosa di Andromeda per uno di Sirio. Chi ha il francobollo erpeano della cinquantasettesima era cosmica? Confuso, mi rivolsi al concierge: Chi sono queste persone? Questo è il congresso interstellare dei filatelici. E ce ne sono molti? Un insieme infinito: un rappresentante per ogni galassia. Ma come farete a trovargli una stanza? Dopotutto, gli zoologi cosmici non se ne vanno fino a domani. Non lo so. Sto giusto andando a parlarne un momento con il direttore. Ad ogni modo, il problema questa volta si rivelò molto più difficile e un momento si trasformò in un'ora. Alla fine il concierge lasciò l'uscio del direttore e cominciò a dare le sue disposizioni. Come è possibile sistemare tutti gli ospiti? …”

Tranquilli! non è farina del mio sacco ma solo uno stralcio de “L'hotel straordinario”, cioè “il milleunesimo viaggio di Ion il Tranquillo” che nel ’68 è uscito dalla penna di Stanislaw Lem (Ucraina 1921 – Polonia 2006) uno dei più divertenti scrittori di fantascienza contemporanei. Nei suoi racconti, Lem attira per l’invenzione e per geniali giochi matematici come il Paradosso di Hilbert creato per mostrare alcune caratteristiche del concetto di infinito e le differenze fra operazioni con insiemi finiti ed infiniti. Ma se Lem è geniale, Hilbert è quanto meno singolare: si racconta persino che durante gli anni venti mentre mangiava al ristorante chiedesse alle signore più eleganti di prestargli il loro boa piumato per ripararsi dagli spifferi. Altre cose si dicono di lui: come quella che avesse uno studente eccezionale che un bel giorno gli fece una dimostrazione dell'ipotesi di Riemann. Hilbert la studiò fino a restarne impressionato. Purtroppo vi trovò un errore che la invalidava e quando lo studente poco dopo ebbe il

destino di morire, Hilbert presenziò al funerale e fu incaricato di redigere il discorso. Iniziò col dire che quella morte era una perdita enorme per la matematica ma che sperava che le linee della sua dimostrazione sarebbero state seguite da altri. "In effetti" iniziò a dire sotto la pioggia, accanto alla tomba "si consideri una funzione di variabile complessa...". David Hilbert (Germania 1862 – 1943) è stato uno dei più influenti matematici a cavallo dei due secoli. Celebri i suoi studi sulle funzioni circolari e l’algebra binaria. A Hilbert si deve la fondazione della scuola matematica formalista. Secondo questo concetto “formale” la matematica è un gioco senza significato in cui si gioca con contrassegni privi di significato ma secondo regole formali concordate in partenza (un po’ come le Opzioni di Borsa, dico io!). In pratica è esclusivamente un'attività autonoma del pensiero. Questo era il motto di Hilbert: “Wir müssen wissen, wir werden wissen” <dobbiamo sapere, sapremo> . Nonostante il grande impegno, i lavori di Hilbert sarebbero stati destinati al fallimento perché poco più tardi Gödel scoprirà che un sistema formale non contraddittorio non può dimostrare la propria completezza dall'interno dei suoi assiomi. Ciononostante non ci sono dimostrazioni sulla completezza della matematica da parte di un differente sistema formale (potete anche rivedere: La Musica e il Teorema di Gödel su questo sito). Il paradosso di Hilbert è anche noto come il Paradosso del Grand Hotel come in effetti Lem riprende nel suo fantasioso libro. Cerchiamo di capire di cosa realmente si tratta:

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Si deve immaginare un hotel con infinite stanze, tutte occupate. L’affermazione del paradosso è che qualsiasi sia il numero di altri ospiti che arriveranno, sarà sempre possibile ospitarli tutti, anche se il numero dei nuovi ospiti fosse infinito. Nel caso più semplice, supponiamo arrivi un singolo e nuovo ospite. Che farà l’albergatore? Ma certo, sposterà tutti i clienti nella camera successiva (l'ospite della 1 alla 2, quello della 2 alla 3, etc.). Così facendo, per quanto l’albergo sia pieno comunque, in quanto infinito per definizione, potrà ugualmente sistemare il nuovo ospite. Un caso meno intuitivo si ha quando arrivano infiniti nuovi ospiti. Sarebbe possibile procedere nel modo visto in precedenza, ma solo scomodando infinite volte gli ospiti. La soluzione è quella di spostare ogni ospite nella stanza con numero doppio rispetto a quello attuale (dalla 1 alla 2, dalla 2 alla 4,etc.), lasciando ai nuovi ospiti tutte le camere con i numeri dispari, anch’essi infiniti. Gli ospiti sono tutti dunque sistemati, benché l'albergo fosse pieno. Procedendo, si suppongono infiniti alberghi con infinite stanze tutti al completo. Tutti gli alberghi chiudono, tranne uno. Tutti gli ospiti vogliono alloggiare nell'unico albergo rimasto aperto. Sarebbe possibile procedere come prima, ma solo scomodando infinite volte gli ospiti. Una soluzione più elegante è quella di assegnare ad ogni persona una coppia di numeri (n,m) in cui “n” indica l'albergo di provenienza, e “m” la relativa stanza. Gli ospiti risultano così etichettati in questo modo: (1,1) (1,2) (1,3) … (1,m) (2,1) (2,2) (2,3) … (2,m) (3,1) (3,2) (3,3) … (3,m) … … … … … … … … … … (n,1) (n,2) (n,3) … (n,m) A questo punto basta assegnare le nuove stanze agli ospiti secondo un criterio ordinato, ad esempio secondo uno schema diagonale: La coppia 1,1 va in 1 La coppia 2,1 va in 2 La coppia 1,2 va in 3 La coppia 3,1 va in 4 … … … … … … … … … … Il Paradosso non è nulla di particolarmente cervellotico, semplicemente serve ad aprire la mente sul concetto (incomprensibile a noi umani) di infinito e infinito matematico.

Bene, cari amici del Sito, per oggi basta così. Fermiamo pure le rotelle dei nostri cervelli per concentrarci solo ed assolutamente sui festeggiamenti dell’anno che viene. Che il 2010 sia per tutti voi un anno FELICISSIMO !!! Infiniti auguri da parte di tutta la redazione. Francesco Caranti

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Platone, Eulero e la magia del numero 2 … il 2 si conferma il numero magico dei Solidi Platonici ... Trecentosessanta anni prima di Cristo, Platone di Atene, allievo di Socrate e maestro di Aristotele poneva le basi del comune pensiero filosofico occidentale. Nel Timeo (scritto nella vecchiaia) c’è il vero dialogo platonico, quello che più ha influito sulla filosofia e sulle scienze posteriori. In esso vengono approfonditi tre problemi principali: quello cosmologico dell'origine dell'universo, quello fisico della struttura della materia e quello della natura umana. Ai tre argomenti corrispondono altrettante parti in cui è possibile suddividere l'opera, alle quali va aggiunto il prologo. Dopo il prologo, Platone considera l’esistenza di un Demiurgo cioè di un "divino artefice", una figura che successivamente è stata paragonata a quella del nostro Dio cristiano. Compito del Demiurgo è quello di mettere ordine alla materia preesistente togliendola dal caos. Per fare questo l'Artefice utilizza il numero, una sorta di mediatore tra la realtà che muta e la realtà eterna: e qui nasce il cosmo, in pratica, la vera Anima del Mondo. Quindi crea il tempo, immagine mobile dell'eternità e gli Astri che altro non sono se non Dèi visibili. A queste divinità Platone attribuisce il compito di forgiare quello che resta del mondo, cioè i corpi delle creature mortali in modo tale che la logica del cosmo abbia un senso compiuto e gradevole, il migliore possibile per un mondo in divenire. Nella seconda sezione del Timeo, Platone si occupa dello studio dei fenomeni fisici: tuttavia, proprio perché si tratta di una realtà soggetta al divenire, le conclusioni a cui si giungerà non saranno certe ma solo probabili. Platone descrive il cosmo come composto di quattro elementi: fuoco, terra, aria e acqua. I quattro elementi non sono tali nel senso originario della parola, ossia non sono il fondamento della realtà materiale, ma sono a loro volta composti di qualcosa di più basilare: i triangoli. Come sempre nel Platone della vecchiaia la matematica assume importanza fondamentale, e i triangoli vanno a costituire dei solidi così piccoli da risultare invisibili, ma che in grandi quantità appaiono come, appunto, i quattro elementi: il fuoco assimilato al tetraedro, la terra corrispondente all’esaedro ( cubo ), l'aria all'ottaedro, l'acqua all'icosaedro. Inoltre viene teorizzato un quinto solido, il dodecaedro, che funge da elemento decorativo del cosmo e la cui funzione non è ben precisata. Solo in epoche successive il discepolo Aristotele lo identificherà con l'etere, detto anche quintessenza. Ecco come, a distanza di 2300 anni, l’intuito di Platone si conferma in tutta la sua validità nei cosiddetti cinque Solidi Platonici :

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• Tetraedro (Fuoco)

• Esaedro (Cubo) - (Terra)

• Ottaedro (Aria)

• Icoesaedro (Acqua)

• Dodecaedro (Quintessenza di Aristotele) Avrete certamente notato che i 5 solidi platonici sono sempre e solo formati dalle stesse figure geometriche ricorrenti:

• Il TETRAEDRO da 4 triangoli • L’ESAEDRO da 6 quadrati • L’OTTAEDRO da 8 triangoli • L’ICOESAEDRO da 20 triangoli

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• Il DODECAEDRO da 12 pentagoni Dunque le uniche figure geometriche elementari che ballano all’interno dei 5 solidi Platonici sono sempre e solo TRIANGOLI, QUADRATI e PENTAGONI. Si deve al matematico illuminista svizzero Leonard Euler (ribattezzato in Italia come Eulero: Svizzera 1707 – Russia 1783) la classificazione dei 5 Solidi Platonici attraverso il teorema conosciuto col nome di caratteristica di Eulero. Eulero si interroga in merito allo studio filosofico di Platone di duemila anni prima:

• In che relazione numerica stanno tra loro i 5 solidi Platonici? • Sono realmente solo 5 o potrebbero essere ancora di più?

Per risolvere il problema, Eulero distingue i tre elementi che caratterizzano i solidi in:

• Vertici • Spigoli • Facce

Tanto per capirci, consideriamo il primo solido elencato, cioè il TETRAEDRO. Eccolo: I Vertici sono i punti in cui le nostre dita saranno ‘pizzicate’ tutte le volte che lo tocchiamo (4 vertici) Gli Spigoli sono i segmenti che possiamo percorrere semplicemente passando un dito (6 spigoli) Le Facce sono le superfici visibili (4 facce). Facendo lo stesso ragionamento per l’Esaedro (il volgare Cubo) otteniamo: Vertici: 8 Spigoli: 12 Facce: 6 Sorgono spontanee le domande:

• in quale relazione si trovano i Solidi Platonici? • che cosa realmente lega tra loro i Vertici, gli Spigoli e le Facce?

Semplice !!! Eulero scopre ciò che Platone non aveva ancora enucleato: Detti:

• V i Vertici • S gli Spigoli • F le Facce

La relazione che li lega è la seguente: V – S + F = 2 Provare per credere: Per il Tetraedro: 4-6+4 = 2 Per l’Esaedro: 8-12+6=2

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Per l’Ottaedro: 6-12+8=2 Per il Dodecaedro: 20-30+12=2 Per l’Icosaedro: 12-30+20=2 Il 2 si conferma il numero magico dei Solidi Platonici. Ma non finisce certo qui perché la prossima volta dimostreremo che i Solidi Platonici sono solo 5 e non più di 5, così come aveva ipotizzato l’ateniese con grande lungimiranza senza ancora aver avuto i mezzi per dimostrarlo. Seguitici sempre in questo Sito: da Eulero passeremo a Poincarè, un altro grande della matematica che attraverso l’omeologia ci porterà verso lo studio degli spazi topologici, cioè al famoso Nastro di Moebius (e anche alla bottiglia di Klein) che, ve l’assicuro, ci faranno veramente aguzzare l’ingegno. A presto, sempre su www.francescocaranti.com Francesco Caranti

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La Topologia di Eulero … può una figura bucata rispondere alla caratteristica di Eulero? … La volta scorsa ci siamo lasciati con la relazione che intercorre tra i cosiddetti Solidi Platonici. Tanto per riprendere il filo del discorso, va detto che sarà il matematico svizzero Eulero a risolvere l’enigma di Platone in merito al rapporto tra i vertici, gli spigoli e le facce di un cubo, o più in generale di un qualsiasi poliedro. Eulero scopre la relazione: V – S + F = 2 cioè che “i Vertici meno gli Spigoli più le Facce totalizzano sempre il numero 2”. A riprova, poiché il cubo ha 8 vertici, 12 spigoli e 6 facce, si ottiene facilmente: 8-12+6= 2. c.v.d. : <come volevasi dimostrare> avrebbe detto il caro professor Viglino nelle aule di matematica Pincherle di UNIBO. Volendo fare un passo avanti, c’è da dire che la “caratteristica” di Eulero si può applicare ed estendere a una branca della matematica un po’ più innovativa, cioè alla matematica “moderna” ma prima di procedere va detto che la “magia del risultato uguale a 2” della formula vale solamente per i poliedri a portata di mano, cioè per tutti i poliedri “senza buchi”. Difficile? Ma no, dai! Vediamo:

• Il cubo non presenta BUCHI • Il tetraedro nemmeno

… ma che dire di questa strana figura? Stiamo guardando un TORO, che altro non è se non una comune ciambella o anche una semplice camera d’aria da bicicletta. Diversamente da un cubo (che è senza buchi) , il toro presenta un buco al centro e pare proprio che, in questo caso, la caratteristica di Eulero possa anche andare a farsi benedire. Un’altra figura geometrica CON BUCHI è l’arcinoto Nastro di Moebius, arcinoto poiché l’ho scelto come logo ufficiale del Sito:

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Analogamente al Toro, anche nel Nastro di Moebius c’è UN buco al centro (notare il numero dei buchi comune alle due figure geometriche: UN Buco e uno soltanto). Volendo procedere, però, esistono altre composizioni con un numero di BUCHI superiore. Che ne dite di questa strana forma? Questa specie di “ 8 ” si definisce “Superficie orientabile di genere 2” … ma volendo procedere c’è anche questa “Superficie orientabile di genere 3” che personalmente mi èvoca una simbologia vagamente lunare. Stiaun Ecco come, oltre alle familiari figure geometriche senza buchi, ne esistono molte altre con:

• 1 buco (Toro e Nastro di Moebius) • 2 buchi (Superficie orientabile di genere 2) • 3 buchi (Superficie orientabile di genere 3)

A questo punto, la domanda che ci poniamo è se la caratteristica di Eulero si può estendere, o no, anche alle figure geometriche CON BUCHI. A ben pensarci, questa domanda è un po’ sibillina poiché mentre i tre parametri della formula di Eulero (Vertici, Spigoli e Facce) sono perfettamente a portata di mano per i Solidi classici, al contrario non lo sono affatto per i Solidi appena menzionati. Tanto per spiegarmi: mentre in un cubo è facile capire cosa sia un Vertice, in un Nastro di Moebius vi sfido a “pizzicarsi un dito nel toccarlo” poiché a quanto sembra, nel Nastro, di Vertici non ne esiste neanche uno. Analogamente, è lecito chiedersi come si possa fare a “passare le dita” su uno Spigolo dello stesso Nastro di Moebius, quando questo è tutto rotondeggiante, nel senso di assolutamente “non spigoloso”. Ecco allora che la chiave del ragionamento sta in un elemento nuovo di cui ancora non abbiamo parlato ma senza il quale tutto l’impianto di Eulero non regge. Secondo questa teoria, le superfici <per quanto “rotondeggianti”> possono sempre essere rappresentate in forma poliedrica. Per estensione, per esempio, un cubo può essere considerato come una rappresentazione poliedriche della sfera. Strano, vero? E non facile, ve lo confermo, ammesso che non si vogliano accettare le regole fondamentali della scienza che studia queste particolarità, ovvero la cosiddetta topologia. Detto in parole povere, il valore aggiunto da Eulero alla geometria sta nel fatto di poter calcolare una superficie qualsiasi tramite una suddivisione in poligoni (cioè come insieme di celle) riconducendo così ancora il discorso a un numero chiuso di vertici, spigoli e facce. Che forza !!! Vi aspetto per la prossima puntata, sempre su questo tema. Francesco Caranti