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Dr. Giorgio Valla Matelica, 20 Aprile 2007 1 LE VACCINAZIONI CONTRO LE PRINCIPALI MALATTIE RESPIRATORIE E RIPRODUTTIVE DEL BOVINO Dr. Giorgio Valla – Medico Veterinario

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Dr. Giorgio Valla Matelica, 20 Aprile 2007

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LE VACCINAZIONI CONTRO LE PRINCIPALI MALATTIE

RESPIRATORIE E RIPRODUTTIVE DEL BOVINO

Dr. Giorgio Valla – Medico Veterinario

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1. INTRODUZIONE L’allevamento intensivo del bovino da latte e da carne, ha, come obiettivo primario, l’ottenimento di elevate produzioni di latte nelle lattifere, e di ottimali incrementi ponderali nel bovino da carne. Numerosi sono i fattori che influenzano negativamente sia l’attività produttiva che riproduttiva del bovino; tra questi, le cause infettive, ed in particolare modo le infezioni virali e batteriche, giocano un ruolo di fondamentale importanza. E' ben noto il ruolo svolto dai virus della Rinotracheite Infettiva del bovino (IBRV o BHV-1) e dal virus della Diarrea virale del bovino / Malattia delle mucose (BVDV), nel determinare patologie a carico dell’apparato riproduttore (aborti ed infertilità), e nell’insorgenza di sindromi respiratorie, in particolare nei giovani animali. A questo riguardo, non va trascurata l’importanza di virus patogeni respiratori, quali il virus Parainfluenza tipo 3 (PI3) ed il virus Respiratorio Sinciziale del bovino (VRSB). Tra le forme batteriche nell’eziopatogenesi del complesso respiratorio del bovino gioca un ruolo molto importante la Mannheimia (Pasteurella) haemolytica. La prevenzione di queste infezioni, associata ad un miglioramento del management aziendale, ed all’ottimizzazione dei regimi alimentari, è uno dei fattori decisivi da tenere in considerazione, al fine dell’ottenimento d’elevate performances produttive e riproduttive. Nelle note seguenti, sono considerate le principali problematiche relative alle infezioni virali respiratorie e riproduttive del bovino, con particolare riferimento alla profilassi vaccinale. 2. VACCINO Per vaccino si intende una “preparazione antigenica, costituita o dal microrganismo (virus, batteri o protozoi) o da frazioni glicoproteiche del microrganismo stesso o da sue tossine, che, somministrata all’ospite, induce una reazione immunitaria specifica, di tipo mucosale, umorale o cellulo-mediata (in relazione alle caratteristiche del vaccino ed alla via di somministrazione), che lo proteggerà, in futuro, dall’aggressione del patogeno verso cui è stato vaccinato” (G. Poli – Microbiologia ed Immunologia Veterinaria – UTET). 3. PRINCIPALI PATOLOGIE NEI CONFRONTI DELLE QUALI SONO PRATICATE

VACCINAZIONI NEL BOVINO • FORME RESPIRATORIE E/O RIPRODUTTIVE DA CAUSE VIRALI 1. Rinotracheite Infettiva del bovino (IBR) sostenuta da BoHV-1. 2. Infezione da virus della Diarrea Virale del bovino / Malattia delle mucose (BVD-MD). 3. Infezione da Parainfluenza 3 del bovino (PI3). 4. Infezione da Virus Respiratorio Sinciziale del bovino (VRSB). • FORME RESPIRATORIE DA CAUSE BATTERICHE 1. Mannheimia (Pasteurella) haemolytica. • FORME GASTROENTERICHE NEONATALI 1. Rotavirus 2. Coronavirus 3. Escherichia coli • CLOSTRIDIOSI • CLAMIDIOSI

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4. SCELTA DELLA TIPOLOGIA DI VACCINO Nella scelta del tipo di vaccino da utilizzare, vanno tenuti in considerazione i seguenti punti: a) le caratteristiche del vaccino. • Le metodiche utilizzate, al fine di ridurre od eliminare completamente il rischio vaccinale,

pur preservandone l’efficacia immunizzante (ad esempio attenuazione, per i vaccini vivi, utilizzo di ceppi vaccinali vivi eterologhi o omologhi non patogeni, o inattivazione per i vaccini spenti).

• La via di somministrazione (locale o parenterale), per i vaccini vivi. • La composizione del vaccino (vaccini monovalenti o polivalenti). b) gli animali ai quali è destinato il vaccino. • L' età degli animali da sottoporre a vaccinazione. In particolare, va considerata la presenza

degli anticorpi colostrali che può interferire con la risposta vaccinale e la completa maturazione della competenza immunitaria..

• Lo stato immunitario dei soggetti, che può essere condizionato da pregresse vaccinazioni o da un precedente contatto con i patogeni; in entrambi i casi la vaccinazione induce un consistente booster.

• L’ eventuale stato di gravidanza degli animali da sottoporre a vaccinazione. 5. LA RISPOSTA IMMUNITARIA ALLA VACCINAZIONE Al fine di inquadrare il ruolo della profilassi vaccinale, nei confronti delle infezioni virali, ritengo opportuno richiamare alcuni concetti di base sulla risposta immunitaria. Nel bovino, una prima barriera protettiva, nei confronti delle infezioni microbiche e virali, è costituita dalle difese innate aspecifiche:

• le caratteristiche fisico-chimiche dei tessuti (in particolare, per le infezioni delle vie respiratorie, è importante l'attività dell’apparato muco-ciliare dell’albero respiratorio);

• le cellule ad azione fagocitaria presenti sulle mucose stesse. Nel caso in cui il patogeno aggressore, a motivo di un’elevata carica infettante, o per una riduzione dell’efficacia delle prime difese, riesca a superare questa prima barriera, interviene il sistema immunitario in senso stretto. Per quanto attiene, in particolare, le infezioni virali, si possono identificare due diverse situazioni: • infezione primaria o vaccinazione con vaccino vivo (in assenza di anticorpi specifici o di

cellule della memoria), • infezione secondaria o riattivazione dell’infezione virale, tipica dell’infezione da virus

erpetico, (in presenza di anticorpi specifici o di cellule della memoria), o vaccinazione di richiamo.

Nel primo caso, sono prodotte rapidamente le cosiddette citochine precoci (interferone alpha e beta, IL-1 e IL-6), che svolgono il ruolo fondamentale di attivazione dei leucociti e di richiamo dei macrofagi, delle cellule natural killer, e dei granulociti polimorfonucleati, che hanno il compito di aggredire e distruggere il patogeno. Cellula cardine del sistema immunitario è il macrofago. I macrofagi, a differenza dei granulociti neutrofili (cellule di primo intervento), quando fagocitano l’aggressore, non lo distruggono completamente, ma lo processano, presentando i peptidi degradati dei patogeni sulla loro superficie. La presentazione di parte dell’antigene innesca la reattività sia dei linfociti B (deputati alla risposta immunitaria di tipo umorale), che dei linfociti T (responsabili dell’immunità cosiddetta cellulo-mediata). Occorre dire che questo meccanismo, intervento dei macrofagi, processazione ed esposizione dell’antigene, avviene sia nel caso in cui l'antigene sia

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attivamente replicante (virus patogeno o vaccino vivo), che quando l'antigene è introdotto nell’organismo in forma inerte (vaccino inattivato). Nel caso di un’infezione virale, il virus penetra nella cellula, e porta alla formazione di peptidi virali, i quali sono esposti sulla superficie della cellula infetta, associati a molecole di istocompatibilità di classe I (MHC Classe I). Queste molecole associate ai peptidi virali, diventano un bersaglio visibile da parte dei linfociti T citotossici, i quali, riconosciuta la cellula infetta da virus, procedono alla loro distruzione per mezzo di sostanze citotossiche (immunita’ cellulo-mediata, sostenuta da linfociti citotossici). Dato che questo meccanismo si sviluppa, unicamente, nel caso di infezione della cellula, si avrà la stimolazione dell’immunità cellulo-mediata da linfociti citotossici, solo in seguito ad infezione virale o a somministrazione di un vaccino vivo, attivamente replicante e in grado di infettare le cellule. Quanto un antigene vaccinale vivo è somministrato per via locale (orale o intranasale), è in grado di indurre anche una risposta anticorpale locale (IgAs). Nel frattempo la fase viremica dell’infezione o la vaccinazione (sia con vaccini vivi, che con vaccini inattivati), porterà ad un contatto dell’antigene con i linfociti B, responsabili della produzione di anticorpi umorali. Nel caso di un'infezione secondaria, di riattivazione dell’infezione (come può accadere per i virus erpetici), o nel caso di una vaccinazione successiva all’infezione primaria o di una rivaccinazione (vaccinazione di richiamo), un ruolo molto importante è svolto dalla presenza di anticorpi e dalle cosiddette cellule della memoria. I linfociti T ed i linfociti B, sono capaci di conservare una memoria immunologica di lunga durata; dopo la proliferazione clonale conseguente alla stimolazione antigenica, i linfociti tornano allo stato quiesciente, salvo poi procedere ad una rapida moltiplicazione in seguito ad una reinfezione o ad una seconda esposizione all’antigene (vaccinazione primaria, in presenza di anticorpi, o vaccinazione di richiamo). Altrettanto importante, al fine della protezione in caso di reinfezione o riattivazione dell’infezione, è il ruolo svolto dalla immunità cellulo mediata anticorpo dipendente (ADCC), che è legata, come abbiamo visto all’azione di processazione dell’antigene svolta dai macrofagi che migrano nel sito di infezione. I macrofagi (attraverso la formazione di complessi peptidi-molecole di istocompatibilità di classe II) presentano l’antigene ai cosiddetti linfociti helper. I linfociti helper, una volta legatisi ai macrofagi, producono specifiche citochine che, da una parte danno il consenso ai linfociti B alla produzione di grandi quantità di anticorpi (immunità umorale), dall’altra attivano l’azione delle cellule killer (linfociti K). Le cellule killer, che presentano recettori specifici di membrana per la porzione Fc degli anticorpi, distruggono le cellule bersaglio che hanno reagito con gli anticorpi stessi (citotossicità anticorpo dipendente). La stimolazione delle cellule della memoria, e la stimolazione della immunità cellulo-mediata anticorpo dipendente, è ottenibile quindi sia mediante l’utilizzo di vaccini vivi, che vaccini inattivati. Anche i vaccini inattivati, infatti, richiamando nel sito di inoculo una grande quantità di macrofagi, sono in grado di innescare i meccanismi di protezione sopra riportati. Le caratteristiche della risposta immunitaria all’infezione, vanno tenute, quindi, in considerazione nella scelta del tipo di vaccino (vivo o spento) e della scelta della via di somministrazione del vaccino stesso. 6. TIPOLOGIE DI VACCINI Schematizzando possiamo suddividere i vaccini attivi nei confronti delle patologie respiratorie e/o riproduttive dei bovini, con particolare riferimento alla prevenzione dell’IBR (BoHV-1), nelle seguenti categorie: Vaccini virali • Vaccini vivi attenuati, convenzionali a virus intero. • Vaccini vivi, a virus omologhi apatogeni. • Vaccini vivi, modificati geneticamente (marker di termosensibilità). • Vaccini vivi attenuati, deleti (marker gE-). • Vaccini inattivati, convenzionali, a virus intero, o contenenti glicoproteine. • Vaccini inattivati, deleti (marker gE-).

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Vaccini batterici • Vaccini inattivati, contenenti corpi batterici (E. coli - clostridi) • Vaccini inattivati, contenenti anatossine (Clostridi) • Vaccini inattivati, contenenti leucotossine (M. haemolytica) • Vaccini inattivati, contenenti antigeni capsulari (E. coli- M. haemolytica) Di seguito sono analizzate, in modo maggiormente approfondito, le caratteristiche delle tipologie di vaccino sopra elencate. Vaccini vivi attenuati Vaccini vivi attenuati tradizionali Questa categoria di vaccini è allestita con stipiti vaccinali che sono attenuati, normalmente, attraverso passaggi seriali su colture cellulari; in tal modo i virus perdono gran parte del loro potere patogeno, pur conservando un grado di replicazione tale da indurre una risposta protettiva negli animali vaccinati. Vaccini vivi apatogeni In alcuni casi sono utilizzati ceppi vaccinali naturalmente apatogeni, i quali sono stati isolati da animali infetti, che non presentavano segni clinici di malattia. Questi ceppi, una volta coltivati su tessuto colture, sono sottoposti successivamente ad un processo di clonazione. Essi conservano tutte le potenzialità replicative ed immunogene tipiche dei virus vivi, con un profilo assoluto di inncocuità. Dopo somministrazione per via intranasale, inducono una consistente risposta immunitaria locale (IgA), ed un’elevata quantità di interferone, sia a livello delle prime vie respiratorie, che a livello delle vie respiratorie profonde; inoltre, grazie all’attiva replicazione nel torrente circolatorio, sono in grado di indurre elevati livelli di immunità umorale ed una consistente immunità cellulo - mediata, sia da CTL che ADCC. Vaccini vivi attenuati modificati geneticamente (termospecifici) Fanno eccezione, per quanto attiene il tipo di attenuazione, i vaccini allestiti con ceppi trattati con particolari accorgimenti, ad esempio con acido nitroso, al fine di indurre una caratteristica di marker di termospecificità, caratteristica che ne condiziona la replicazione a temperature inferiori ai 37° C. Questi vaccini, somministrati per via endonasale, sono in grado di moltiplicarsi a livello della mucosa nasale; una volta superata la barriera dei turbinati, la replicazione è drasticamente ridotta a causa della caratteristica di termospecificità (replicazione abortiva). In tal modo i virus vaccinali, non sono in grado di raggiungere in elevate quantità le vie respiratorie profonde e gli organi interni e sono quindi innocui per il prodotto del concepimento e per l’apparato riproduttore. Quando questi ceppi sono somministrati per via intramuscolare, la termospecificità riduce, in modo consistente, anche la replicazione intracellulare e la stimolazione dell’immunità cellulo-mediata da CTL, vantaggio principale dei vaccini a virus vivi. Vaccini attenuati deleti IBR (Marker gE -) I vaccini IBR deleti sono caratterizzati da una completa delezione del gene che codifca per la produzione della glicoproteina E (gE-). La delezione, evidenziata, in mutanti di ceppi virali, dopo un certo numero di passaggi su colture cellulari, e non dopo manipolazione genetica (non OGM), consente di differenziare, su base sierologica, gli animali vaccinati da quelli che sono stati infettati dal virus di campo. Gli animali vaccinati non potranno sviluppare una specifica risposta anticorpale nei confronti della glicoproteina E, risposta che invece compare negli animali infettati o vaccinati con vaccini tradizionali non deleti. La delezione dei geni codificanti per gE non é del tutto priva di conseguenze sul comportamento biologico del virus. Se é vero che non viene alterata l’attività replicativa, é altrettanto vero che la delezione del gene che codifica per gE influenza l’interazione virus-ospite e la virulenza del ceppo, attenuandone la patogenicità. Un vaccino deleto gE- sarà di per sé attenuato, pur conservando intatta la sua attitudine replicativa.

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Caratteristiche comuni dei vaccini vivi attenuati Attenuazione come metodo di riduzione della patogenicità. Il problema

dell'innocuita’dei vaccini vivi.

Un potenziale problema dei vaccini vivi attenuati, è che, in alcuni casi, dopo ripetuti passaggi su colture cellulari, non si ottiene costantemente una completa scomparsa della potenziale pericolosità del ceppo originario; ciò ne può condizionare l’uso, particolarmente, nelle bovine in gravidanza ed in bovine in attività riproduttiva. Questo problema non si presenta, quando si utilizzano vaccini vivi naturalmente apatogeni, o vaccini termospecifici, che possono quindi essere utilizzati con sicurezza anche negli animali molto giovani, negli animali gravidi ed in quelli in attivita’ riproduttiva. Il problema della disseminazione nell’ambiente dei ceppi vaccinali La somministrazione per via intranasale di ceppi vaccinali vivi attenuati (anche termospecifici, apatogeni e marker), rende possibile la disseminazione del virus nell’ambiente. Questa evenienza è, di norma, priva di conseguenze: in fase di registrazione dei vaccini, deve essere dimostrata l’assenza di reversione della virulenza dei ceppi vaccinali termospecifici o apatogeni, e la stabilità delle caratteristiche di delezione dei vaccini marker, dopo la vaccinazione. La somministrazione di vaccini vivi per via parenterale, è caratterizzata da una disseminazione di virus vaccinale praticamente nulla. Efficacia dei vaccini vivi La somministrazione di un vaccino attenuato per via intranasale, induce una valida e precoce immunità mucosale, la produzione dell’interferone, inducendo una valida protezione anche quando ci si trovi in presenza di anticorpi materni colostrali. La vaccinazione per via intranasale, con vaccini vivi attenuati IBR e PI3, può essere considerata la via ideale, soprattutto nei giovani animali, in particolare per i ceppi naturalmente apatogeni e marker, che essendo in grado di moltiplicarsi in modo consistente anche nelle vie respiratorie profonde e nel torrente circolatorio, inducono oltre all’immunità umorale e locale, una consistente immunita’ umorale e cellulo mediata, sia da CTL che ADCC. Per le valenze per le quali non è possibile praticare una vaccinazione per via locale, per la mancanza di vaccini somministrabili localmente (per via intranasale per BRSV e per “os” per la BVD), o nel caso in cui non sia possibile “maneggiare” con sicurezza gli animali a causa del peso e della pericolosità degli animali, la scelta cadrà sulla somministrazione di vaccini vivi attenuati per via parenterale. Questi vaccini sono in grado di stimolare rapidamente ed in modo completo il sistema immunitario, con l’eccezione dell’induzione di una consistente immunita’ locale di tipo mucosale. Riassumendo, i vaccini vivi attenuati sono dotati di: • Un elevato, completo e rapido potere immunizzante, correlato all’attiva replicazione virale

che “mima” l’azione dei virus patogeni, con stimolazione dell’immunità locale muscosale (via intranasale), dell’immunità cellulo-mediata legata all’azione dei linfociti citotossici (CTL), dell’immunità cellulo-mediata anticorpo dipendente (ADCC) e dell’immunità umorale.

• Una potenziale pericolosità per il prodotto del concepimento. Ciò non vale per i vaccini termospecifici, i vaccini naturalmente apatogeni ed i vaccini marker).

• Possibile escrezione ambientale del ceppo vaccinale, dopo vaccinazione per via edonasale.

• Induzione del fenomeno della latenza ( per i virus erpetici IBR). • Stabilità dell’attenuazione e della delezione anche dopo riattivazione del virus vaccinale in

latenza.

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Vaccini inattivati I vaccini virali inattivati utilizzano antigeni “uccisi” che, dopo in attivazione, perdono totalmente la loro possibilità di replicazione e quindi la loro pericolosità. Oppure, nel caso dei vaccini a sub-unità, si utilizzano vaccini che contengono solo parti antigenicamente attive del virus patogeno. In entrambi i casi i vaccini conservano la loro potenzialità immunogena. Come per i vaccini vivi deleti, i vaccini inattivati deleti marker gE- si distinguono dai vaccini inattivati convenzionali unicamente per la presenza della delezione del gene che codifica per la glicoproteina E; quindi dal punto di vista dell’efficacia e dell’innocuità presentano caratteristiche simili a quelle dei vaccini inattivati tradizionali. I vaccini batterici inattivati possono contenere: • corpi batterici interi (E. coli - clostridi) • anatossine prodotte dai batteri (Clostridi) • leucotossine inattivate (P. haemolytica) • antigeni capsulari (E. coli - P. haemolytica) Caratteristiche comuni dei vaccini inattivati Profilo di innocuità Essendo i virus inattivati incapaci di moltiplicarsi, il profilo di innocuità, per quanto attiene la patogenicità residua, le eventuali influenze sul prodotto del concepimento e quelle sugli organi riproduttivi, è assoluto. L’unica problematica di sicurezza da tenere in considerazione può essere legata alle eventuali reazioni al punto di inoculo causate dagli adiuvanti utilizzati. Profilo di efficacia L’efficacia immunizzante di un vaccino inattivato è correlata alla: • integrità dell’antigene vaccinale (i processi di inattivazione devono essere non distruttivi), • quantità degli antigeni vaccinali (più elevata è la massa antigenica, più elevata è la

risposta anticorpale), • qualità degli adiuvanti utilizzati. In generale possiamo dire che un vaccino inattivato allestito correttamente, e cioè tenendo conto di quanto sopra esposto, induce: • una buona risposta anticorpale umorale, • una buona risposta anticorpale anticorpo-dipendente (ADCC). Nella tabella seguente sono riassunte le principali caratteristiche dei vaccini vivi e inattivati

PERUGIA 23.11.2005

VACCINI e VACCINI e rispostarisposta immunitariaimmunitaria

++++++++++++++ / +++++ / +++ImmunitàImmunità

CelluloCellulo--mediatamediata (ADCC)(ADCC)

--++++++++++++ImmunitàImmunità

CelluloCellulo--mediatamediata (CTL)(CTL)

++++++++++++++ / +++++ / +++ImmunitàImmunità

Umorale (Umorale (IgGIgG))

----++++++ImmunitàImmunità

Locale (Locale (IgAsIgAs))

Vaccini spentiVaccini spentiparenteraliparenterali

VacciniVacciniVivi parenterali Vivi parenterali

Vaccini Vaccini Vivi Vivi endonasaliendonasali

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7. VACCINI (FORME RESPIRATORIE E RIPRODUTTIVE) ATTUALMENTE DISPONIBILI IN ITALIA

Vaccini monovalenti IBR Vaccini inattivati monovalenti IBR • IBEPUR MERIAL • IFFAVAX MERIAL Vaccini inattivati monovalenti IBR deleti marker gE - • RISPOVAL IBR MARKER INACTIVATUM PFIZER • IBRAXION MERIAL Vaccini vivi attenuati monovalenti IBR • BOVILIS IBR INTERVET Vaccini vivi attenuati termospecifici monovalenti IBR • RISPOVAL IBR PFIZER Vaccini vivi attenuati monovalenti IBR deleti marker gE- • RISPOVAL IBR MARKER VIVUM PFIZER • BOVILIS IBR MARKER INTERVET Vaccini monovalenti BVD Vaccini inattivati monovalenti BVD • MUCOBOVIN MERIAL • BOVILIS BVD INTERVET • PREGSURE BVD PFIZER Vaccini vivi attenuati monovalenti BVD • MUCOSIFFA MERIAL Vaccini vivi attenuati termospecifici monovalenti BVD • RISPOVAL D-BVD PFIZER Vaccini monovalenti BRSV Vaccini vivi attenuati monovalenti BRSV • RISPOVAL RS PFIZER • HIPRABOVIS RS GELLINI Vaccini bivalenti IBR + PI3 Vaccini vivi attenuati bivalenti IBR+PI3 o BRSV+PI3 • BOVILIS IBR/PI3 GELLINI • RISPOVAL INTRANASAL PI3/BRSV PFIZER Vaccini bivalenti BVD + BRSV Vaccini vivi attenuati TS BVD + vivi attenuati BRSV • RISPOVAL RS - BVD PFIZER Vaccini trivalenti VRSB+ PI3 + M. Haemolytica • BOVILIS BOVIPAST RSP INTERVET Vaccini trivalenti IBR + PI3 + Pasteurella Multocida • BOVAX 3 V FATRO Vaccini trivalenti IBR + PI3 + BVD Vaccini inattivati IBR + PI3 + BVD • HIPRABOVIS 3 GELLINI

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Vaccini trivalenti IBR + PI3 + BRSV Vaccini vivi attenuati trivalenti termospecifici IBR + PI3 + BRSV attenuato • CATTLE MASTER RIP PFIZER Vaccini trivalenti IBR + PI3 + AD3 Vaccini vivi attenuati trivalenti termospecifici IBR + PI3 + AD3 • IMURESP RAP PFIZER Vaccini quadrivalenti IBR + PI3 + BVD + BRSV Vaccini quadrivalenti (IBR + PI3 + BVD inattivati + vaccino vivo attenuato BRSV) • HIPRABOVIS 4 GELLINI Vaccini quadrivalenti (IBR + PI3 + BVD + BRSV inattivati) • TRIANGLE 4 FORT DODGE Vaccini vivi attenuati quadrivalenti termospecifici IBR + PI3 + BRSV attenuato + BVD spento • CATTLE MASTER 4 PFIZER Vaccini monovalenti Mannheimia haemolytica • PRESPONSE FORT DODGE • RISPOVAL PASTEURELLA PFIZER • TECVAX 1/6 GELLINI • PASTOBOV MERIAL 8. SCELTA DEL PIANO VACCINALE NELL’ ALLEVAMENTO DA LATTE Nella definizione di un piano vaccinale per la prevenzione delle patologie respiratorie e riproduttive da cause virali nella bovina da latte, vanno tenuti in considerazione i seguenti aspetti: • Diffusione delle infezioni sul territorio nazionale e locale. • Presenza in allevamento di problemi riproduttivi riconducibili a cause virali. • Presenza in allevamento di problemi respiratori riconducibili a cause virali. • Presenza contemporanea, in allevamento, di giovani vitelli e di bovine gravide. Obiettivo della vaccinazione è di: • Proteggere gli animali dall’infezione se questa non è presente in allevamento. • Controllare l’infezione, se presente, riducendone i danni correlati. • Limitare la circolazione dei patogeni, riducendo la prevalenza dell’infezione. • Procedere al controllo ed all’eradicazione della malattia (attraverso l’utilizzo di strumenti

specifici, come i vaccini marker). Nella pratica degli allevamenti intensivi italiani, difficilmente sono predisposti piani vaccinali, nei confronti delle infezioni virali, in assenza di infezione. Di norma si tende ad intervenire o quando si rileva la presenza dell'infezione dal punto di vista sierologico, oppure quando si rilevano problemi riconducibili alle infezioni stesse. L'obiettivo minimo da raggiungere con la vaccinazione, è quello di controllare i danni correlati alla presenza dell'infezione in allevamento. La limitazione della circolazione dei patogeni e la conseguente riduzione della prevalenza dell'infezione è raggiungibile solo attraverso la predisposizione di piani vaccinali che tengano conto della patogenesi dell’infezione. Per IBR è importante considerare la limitazione dell'insorgenza della latenza virale, soprattutto negli animali destinati alla rimonta, e per BVD la limitazione della nascita di nuovi soggetti immunotolleranti.

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Fondamentale, in ogni caso, è l’applicazione di misure sanitarie di profilassi diretta. Al fine di raggiungere gli obiettivi sopra esposti, il piano vaccinale suggerito terrà quindi conto: • delle conoscenze relative alla patogenesi delle infezioni, • del tipo di animali da vaccinare LA DIFFUSIONE DELLE INFEZIONI IN ITALIA I dati, relativi all’infezione da BoHV-1 in Italia negli allevamenti di bovine da latte, che sono riportati di seguito, sono stati raccolti nel corso dell’attività diagnostica, eseguita nel periodo compreso tra il 2000 ed il 2004, presso il laboratorio di sierologia della sezione di Malattie Infettive degli Animali, Dipartimento di Salute Animale, Università di Parma. I dati si riferiscono ad allevamenti nei quali non si adotta alcun intervento vaccinale nei confronti dell’infezione da BoHV-1 (IBR).

Sieropositività verso BoHV-1 in allevamenti bovini da latte italiani non vaccinati rilevata nel periodo 2000 – 2004

ALLEVAMENTI ANIMALI

ESAMINATI POSITIVI Categoria ESAMINATI POSITIVI

Vacche 7.172 2.952

(41 %)

Manze 1.983 693

(35 %)

Vitelli 943 495

(53 %)

1.226

772

(63 %)

Totale 10.098 4.140

(41 %)

Prof. Sandro Cavirani

Di seguito sono riportati i dati relativi alla siero-prevalenza dell’infezione nell’allevamento da carne di razza Piemontese (linea vacca – vitello).

Sieropositività verso BoHV-1 in allevamenti bovini da carne di Razza Piemontese non vaccinati rilevata nel periodo 2003 – 2004

ALLEVAMENTI ANIMALI

ESAMINATI POSITIVI Categoria ESAMINATI POSITIVI

32 20 (62,5%) Totale 308 138 (45 %)

Chialva M., Valla G, Mattalia L, Taddei S., Piancastelli C. e Cavirani S.. (1985) Per BVD i dati indicano un percentuale del 90% di stalle positive, con una percentuale di capi positivi che va dal 60 all’ 80 % (Cavirani et al, 1992 – Dati personali) Molto diffusa, nell’allevamento della bovina da latte, e’ anche l’infezione da Virus Sinciziale Respiratorio (VRSB) (Cavirani S., 1996), anche se non sempre alla presenza di infezione si associa la presenza di gravi problematiche di tipo respiratorio, almeno negli animali adulti.

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LA PRESENZA IN ALLEVAMENTO DI PROBLEMI RIPRODUTTIVI E RESPIRATORI RICONDUCIBILI A CAUSE DI TIPO VIRALE Negli ultimi 30 anni, un gran numero di differenti virus e batteri e’ stato reisolato dal tratto respiratorio e gastroenterico di vitelli o bovini adulti colpiti da forme respiratorie, gastroenteriche e riproduttive. Tra questi, alcuni virus (IBR e BVD) hanno un chiaro ruolo nell’ipofertilita’ bovina, mentre gli stessi IBR e BVD, associati a PI3 e VRSB, sono i principali patogeni virali per l'apparato respiratorio. Di seguito sono presi in considerazione gli aspetti eziopatogenetici e clinici delle infezioni da IBR, BVD e BRSV. IBR/IPV (BHV1) - Virus della Rinotracheite Infettiva del bovino E' un virus a DNA provvisto di "envelope" appartenente alla famiglia Herpesviridae, classificato come Bovine Herpesvirus tipo 1 (BoHV-1). Descritta negli USA nei primi anni 50, l'infezione da IBR si è rapidamente diffusa in Europa ed in Italia in particolare, dalla metà degli anni 70, in concomitanza con lo sviluppo dell'allevamento intensivo sia da carne che da latte. Il virus BoHV-1 si trasmette prevalentemente mediante contatti diretti tra gli animali infetti; le principali fonti di contagio sono rappresentate dalle secrezioni nasali, con eliminazione del virus nelle prime fasi d’infezione. Il virus può essere inoltre trasmesso per via aerogena a brevi distanze. Un'altra fonte di contagio può venire dalle placente infette dei feti abortiti. E' stata dimostrata la trasmissione venerea da tori infetti, anche se sembra che l'infezione per via vaginale o uterina non dia luogo a generalizzazione. L'infezione avviene quindi prevalentemente per via respiratoria; dopo l'intensa replicazione a livello mucosale, segue una viremia transitoria con localizzazione dell'infezione nelle ovaie, utero, mammella, placenta e feto. Come accade per gli altri virus erpetici, il BoHV-1 da luogo al fenomeno della latenza (Kahrs R.F, 1977). Dopo la replicazione primaria, il virus diffonde allo stato latente, soprattutto a livello dei monociti e dei gangli nervosi integrando il proprio genoma in quello della cellula infetta. Il virus può rimanere allo stato latente per periodi di tempo molto lunghi, anche per anni, senza che l'animale portatore mostri alcun sintomo. E' possibile ritrovare animali con infezione latente privi di anticorpi neutralizzanti. L'infezione può essere riattivata in seguito a stress di vario tipo (alimentari, ambientali, infezioni intercorrenti accompagnate da immunosoppressione, parto, picco di lattazione, etc.). In seguito alla riattivazione e soprattutto in assenza di un'adeguata immunità specifica, può seguire la ri-escrezione del virus, che è eliminato per via respiratoria, oculare, ed attraverso le secrezioni genitali incluso il seme. Questo fatto va tenuto in attenta considerazione soprattutto negli allevamenti di bovine da latte che, oltre a vivere in comunità ristrette per periodi molto lunghi, sono sottoposte a stress intensi. Schematicamente possiamo distinguere due forme cliniche principali: Forma respiratoria • Il virus ha un'elevata affinità per le mucose respiratorie. A livello delle prime vie determina

un notevole danno a carico delle cellule ciliate, favorendo in tale modo l'azione patogena di altri virus e batteri.

• I sintomi sono caratterizzati da un intenso scolo nasale mucopurulento, cavità nasali e musello congesti, lacrimazione, febbre elevata, tosse secca facilmente provocabile (il virus induce un'intensa tracheite). In seguito la tosse può diventare più "grassa" in relazione all'azione di agenti batterici di irruzione secondaria, e la dispnea può essere intensa. Si possono rilevare casi di diarrea più o meno profusa.

• La morbilità è elevata (fino al 100%), mentre il tasso di mortalità è in relazione alla rapidità con cui si interviene con una terapia antibiotica mirata nei confronti dei germi di irruzione.

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Forma genitale/riproduttiva Il virus IBR può colpire anche l'apparato riproduttore, con aborti (prevalentemente dal 3° al 6° mese di gestazione), vulvovaginiti ed infertilità (Miller J.M, 1991). Allo scopo di facilitare il riconoscimento clinico dell'infezione da IBR, per quanto attiene l’apparato riproduttivo, può essere utili approfondire quelli che sono gli effetti sui vari organi e quali possono essere le conseguenze dell’infezione stessa sull’attitudine riproduttiva Effetti sui genitali esterni Prove d’infezione sperimentale hanno dimostrato che le prime lesioni che compaiono dopo l’infezione a livello genitale, è una “necrosi focale” della mucosa, che si accompagna ad un intenso processo infiammatorio linfoproliferativo. Le lesioni che sono visibili consistono in piccoli noduli e vescicole, che possono ulcerarsi, a livello del vestibolo vulvare nella femmina e a livello del prepuzio e del glande nel toro (Miller J.M, 1991). La guarigione delle lesioni avviene in 1-2 settimane. E’ interessante ricordare che l’infezione per via genitale non generalizza, e cioè rimane localizzata a livello della mucosa genitale. E’ ovvio che l’annusamento reciproco delle bovine, porta alla diffusione tra via genitale e via respiratoria, e viceversa. Effetto sulla mucosa uterina Sono state condotte prove sperimentali, allo scopo di valutare le conseguenze dell’infezione da BoHV1sulla mucosa uterina, simulando l’uso di seme infetto (Miller J.M et al, 1984); in queste prove il virus è stato introdotto direttamente in utero, un giorno dopo la monta naturale con un toro non infetto. Le lesioni osservate erano caratterizzate da endomertrite necrotizzante; le lesioni, tuttavia, rimangono localizzate nel punto di infezione, senza generalizzazione, se si eccettua la comparsa di ooforite necrotizzante in alcune delle bovine infettate. Inoltre in prove successive, volte a verificare la possibilità di riattivazione dell’infezione in seguito a trattamento delle bovine infettate con desametazone, è stato dimostrata l’assenza di riattivazione (Miller J.M. et al, 1987). L’infezione uterina per via diretta (seme infetto) si risolve quindi in un’infertilità temporanea, della durata di circa una/due settimane, senza generalizzazione dell’infezione stessa. Effetti sull’ovaio Lo studio degli effetti dell’infezione da BHV1 sull’ovaio, è fondamentale per valutare le conseguenze sulla fertilità delle bovine. L’infezione sperimentale, condotta in tempi diversi, al momento del calore ed a 7, 14, 21 e 28 giorni dalla fecondazione, su bovine che sono poi state sacrificate 15 giorni dopo l’infezione (Miller J.M. et al., 1985, Miller J.M. et al. 1986, Miller J.M., 1989), ha dimostrato che: • L’infezione al momento del calore determina un’alterazione della formazione del corpo

luteo, ed esita in un’alterazione del ciclo (Smith P.C., et al, 1990). • Le bovine infettate a 7 e a 14 giorni dalla fecondazione hanno mostrato lesioni necrotiche,

e la gravidanza è stata impedita ed i cicli sono risultati alterati. • L’ovaio è maggiormente sensibile all’infezione nei 5 giorni successivi alla fecondazione. • Dopo l’infezione, l’ovaio acquisisce una guarigione organica e funzionale, senza

conseguenze stabili sull’attività riproduttiva (infertilità temporanea). • Studi destinati alla valutazione delle conseguenze successive a riattivazione

dell’infezione, hanno dimostrato che è possibile reisolare il virus dall’ovaio, ma non si evidenziano lesioni a carico dell’ovaio stesso in seguito a riattivazione dell’infezione.

Effetti sul prodotto del concepimento L’attitudine abortigena del virus IBR è ben conosciuta; prove sperimentali hanno dimostrato che dopo infezione, il virus passa la barriera placentare, infetta il feto e la placenta (Owen et alii, 1968), ed interrompe la gravidanza. L’aborto può avvenire durante tutta la gravidanza. Nel

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caso d’infezione precoce, come abbiamo visto in precedenza, si può verificare morte embrionale e ritorno della bovina in calore; questo fatto può essere confuso con un mancato attecchimento dell’embrione. In conclusione il virus BoHV-1: • Quando infetta la vulva e la vagina non induce un’infezione generalizzata, ma può

contribuire al mantenimento dell’infezione in allevamento. • Veicolato dal seme in utero induce un’infertilità transitoria. • Può colpire l’ovaio, alterando la formazione del corpo luteo, modificando il normale

susseguirsi dei cicli sessuali e può impedire la gravidanza. • Può interrompere la gravidanza in qualsiasi stadio, inducendo ritorni in calore, aborti

precoci e/o tardivi. BVD/MD - Virus della malattia delle mucose / diarrea virale, del bovino Il virus della BVD/MD appartiene al genere Pestivirus, famiglia dei Flaviviridae. Fino a circa 15 anni fa si ipotizzava che due virus differenti fossero responsabili delle due forme principali riconducibili all’azione del virus BVD/MD: Malattia delle mucose Caratterizzata da bassa morbilità (2-5%) ed elevata mortalità (fino al 100%), consiste in una sindrome gastroenterica d’estrema gravità, con diarrea profusa incoercibile e tipiche lesioni ulcerative a livello delle mucose gastroenteriche. Diarrea virale Caratterizzata da elevata morbilità e bassa mortalità, consiste in una sindrome gastroeneterica lieve e da episodi respiratori, la cui gravità è correlata all’azione di virus e batteri d’irruzione secondaria, favorita dall’azione immunosoppressiva svolta dal virus. In seguito è stato dimostrato che un solo virus è responsabile delle due forme cliniche, e che il dualismo dell’insorgenza delle forme cliniche è correlato all’esistenza di due distinti biotipi virali, citopatogeno (CP) e non citopatogeno (NCP) (Mc Clurkin A.W., 1985). Di recente, è stata riportata la comparsa di sindromi a carattere emorragico, ad elevata mortalità (Leconte C. et alii, 1998). La patologia è caratterizzata da spiccata trombocitopenia conseguente ad infezione da BVD-NCP con caratteristiche antigeniche e genomiche (BVD tipo 2), distintive dagli stipiti classici (Pellegrin et alii, 1994). La patogenesi dell’infezione da BVD/MD è molto complessa; la complessità è da mettersi in relazione, come accennato sopra, dall’esistenza dei due diversi biotipi. Cercando di semplificare, si può affermare che quando gli stipiti BVD-NCP infettano bovine gravide non immuni, sono in grado di superare la barriera placentare e di infettare il feto (Mc Clurkin A.W., et alii, 1984, , Roeder P.L. et alii, 1984, Bolin S.R., et alii, 1985) , determinando conseguenze diverse, la cui gravità è da mettersi in relazione al periodo di gravidanza in cui avviene l’infezione stessa. La bovina subisce l’infezione entro il 120° giorno di gestazione; in questo caso si potranno avere le seguenti possibilità: • Il virus raggiunge il feto; si potrà avere il riassorbimento embrionale o aborto, che in alcuni

casi è accompagnato da mummificazione fetale. • In alcuni casi il feto infetto non va incontro a riassorbimento o aborto; tuttavia in

considerazione del fatto che l’infezione avviene in un momento nel quale l’embrione non è ancora immunocompetente, il virus non è riconosciuto come estraneo all’organismo (self). Quindi alla nascita avremo dei vitelli, apparentemente sani, ma che risulteranno persistentemente infetti (viremia persistente) da virus BVD, in quanto immunotolleranti nei confronti dell’infezione. Gli animali persistentemente infetti saranno quindi portatori del virus ed eliminatori del virus stesso nell’ambiente. Il vitello, alla nascita od in qualunque momento della sua vita, nel caso in cui si infetta con un virus BVD-NCP, non svilupperà alcun tipo di risposta immunitaria nei confronti del virus che ha indotto la situazione d’immunotolleranza durante la gravidanza. Sarà tuttavia in grado di sviluppare una

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risposta anticorpale, sia pure ridotta, nei confronti di ceppi BVD antigenicamente distanti da quello che ha indotto l’infezione persistente. Dal punto di vista clinico il vitello persistentemente infetto (immunotollerante) appare sano, anche se può presentare una ritardata crescita rispetto ai coetanei.

Dopo il 120° giorno di gestazione circa ed entro il 150° giorno, il virus BVD/MD non determina immunotolleranza; il vitello è diventato immunocompetente, ed è quindi in grado di riconoscere come estraneo (not self) il virus, e di sviluppare quindi una risposta anticorpale specifica, conseguente al riconoscimento dell’antigene. Si protranno avere le seguenti situazioni: • Nascita di vitelli sani sieropositivi al siero precolostrale. • Nascita di vitelli disvitali sieropositivi o di vitelli malformati con lesioni a carico del sistema

nervoso o con lesioni oculari, in quanto l’infezione avviene in un periodo nel quale è in corso la parte finale dell’organogenesi del sistema nervoso stesso.

Oltre il 150° giorno di gestazione, l’infezione con BVD-NCP induce la nascita di vitelli sani sieropositivi. L’evoluzione clinica della malattia, va correlata allo stato dell’animale al momento dell’infezione: Vacche gravide e non • Infezione,di norma asintomatica, con immunoppressione transitoria Vitelli immunocompetenti • Forma clinica lieve o subclinica (anoressia, erosioni delle mucose orali, leucopenia ed

eventuale rialzo termico). L’effetto immunosoppressivo del virus può favorire l’infezione secondaria da virus e/o batteri.

Vitelli immunotolleranti • In caso di superinfezione da ceppo citopatico (BVD-CP) antigenicamente vicino a quello

che ha indotto l’immunotolleranza, il quadro clinico che si osserva è quello della malattia delle mucose classica (Bolin S.R. et alii, 1985), caratterizzata da inappetenza, temperatura elevata, intensa leucopenia, diarrea profusa acquosa con muco, sangue e fibrina. La mortalità è elevata (Brownlie, 1990). In alcuni casi l’evoluzione non è fatale e la patologia tende a cronicizzare; sembra che questa evenienza sia legata a superinfezione con ceppi antigenicamente distanti da quelli che hanno indotto l’immunotolleranza.

• Altri Autori mettono in relazione la gravità della sintomatologia al fatto che sia lo stesso

ceppo NCP, che infetta in modo persistente l’animale, ad acquisire le caratteristiche di citopatogenicità, esplicando un’azione distruttiva che non è fronteggiata dal sistema immunitario.

• Un’altra teoria, basata sull’isolamento di ceppi molto virulenti che si sono dimostrati capaci di indurre una patologia grave anche in vitelli immunocompetenti (Bolin et alii, 1992), mette invece la gravità della sintomatologia, in relazione appunto alla “virulenza” dei ceppi infettanti; più virulento è il ceppo e più grave sarà la sintomatologia osservata.

VRSB - Virus sinciziale respiratorio del bovino Il virus Respiratorio Sinciziale del Bovino (VRSB) è uno dei principali responsabili delle patologie respiratorie da cause virale nel bovino (Van der Poel et al., 1994). E’ un virus con genoma a RNA a singolo filamento, appartenente al genere Pneumovirus, classe dei Paramyxovirus. Dal punto di vista delle caratteristiche antigeniche, attraverso l’utilizzo di anticorpi monoclonali anti-glicoproteina di superficie G, sono stati identificati almeno 2 sottogruppi denominati A e B (Furze et al., 1994). Recentemente sono stati identificati ceppi che sono stati classificati come

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non A e non B. Non è stato ancora chiarito se questa variabilità può avere rilevanza dal punto di vista epidemiologico. Normalmente si riconosce, per quest’infezione, un carattere di stagionalità (autunno-inverno), anche se la malattia si può osservare durante tutto l’anno. L’infezione avviene per via aerogena ed i bovini con infezione clinica o subclinica rappresentano la principale fonte d’infezione. Non è raro l’isolamento di VRSB da bovini asintomatici o infettati in precedenza; questo fatto indica la possibilità della presenza di stadi d’infezione cronica, correlata a ricorrenti episodi di malattia in allevamenti a ciclo chiuso, come quelli delle bovine da latte (Ames T., 1993). Nell’allevamento del vitello a carne bianca sono state dimostrate sieroconversioni da BRSV, in assenza di gravi sintomi respiratori (Valla et al. 1988) Non sono comunque infrequenti casi di infezioni asintomatiche, dimostrabili solo attraverso sieroconversione. Dal punto di vista clinico, dopo incubazione di 3-5 giorni, compaiono sintomi, che possono interessare in breve l’intero gruppo, caratterizzati da disoressia, abbattimento, febbre elevata, tosse secca ed essudazione siero nasale. Nelle bovine in lattazione si può avere un brusco calo della montata lattea. Questa forma acuta ad esito benigno tende a risolversi nel giro di 8-10 giorni. In alcuni casi si riscontra una forma grave, con dispnea acuta, murmure vescicolare rinforzato, rantoli e crepitii, con possibili enfisemi sottocutanei. A parte i casi, non infrequenti, di morte improvvisa, l’animale viene a morte in pochi giorni. Analogamente a quanto accade per altre patologie virali respiratorie, sono frequenti le complicanze batteriche, come sono altrettanto frequenti i casi d’infezioni virali intercorrenti (IBR e/o BVD). L’aborto è un evento raro, da mettersi in relazione più all’azione pirogena del virus che ad un’azione diretta sul prodotto del concepimento, anche se sono stati riscontrati casi di presenza di elevati livelli anticorpi anti-VRSB nel siero fetale, che attesterebbero il passaggio transplacentare del virus. Riassumendo: Di fronte a forme cliniche manifeste dell’infezione acuta da IBR, da BVD e da BRSV, e’ relativamente facile formulare un sospetto diagnostico: IBR Forma acuta: - forme respiratorie con sintomi tipici nei vitelli (scolo nasale ed oculare, febbre elevata, con

tosse secca facilmente provocabile), - presenza di forme respiratorie nelle manze, - aborti concentrati, in particolare dopo gli episodi respiratori. BVD Forma acuta: - forme respiratorie e gastroenteriche nei giovani vitelli con lesioni erosive tipiche al cavo

orale, - forme diarroiche con elevata mortatlità in vitelli o manze, caratterizzate da tipici sintomi di

malattia delle mucose, - aborti con feti mummificati, - nascita di vitelli disvitali o malformati (in particolare con lesioni al SNC). VRSB Forma acuta: - forme respiratorie acute, accompagnate da segni di enfisemi, ad evoluzione rapida in

vitelli, ma a volte anche in manze e vacche adulte Meno facile è la diagnosi se mancano i sintomi tipici sopra evidenziati. In assenza dei segni tipici dell’infezione da IBR e da BVD, è opportuno quindi fare particolare attenzione a quelli che possiamo definire i sintomi che possono fare sospettare la presenza di una forma silente da IBR e BVD: • un eccessivo numero di aborti sporadici, • un’eccessiva incidenza di ritorni in calore, in particolare “fuori ciclo”,

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• un eccessivo numero di bovine diagnosticate gravide che tornano in calore, • presenza di “passate influenzali”, associate a diarrea, nelle manze e nelle vacche, con

bruschi cali della produzione lattea, • presenza di forme respiratorie e/o gastroenteriche nei giovani Il sospetto diagnostico della presenza di infezione silente da IBR e/o da BVD può essere validamente formulato se si presentano almeno due dei problemi sopraindicati. Occorre verificare, nel caso in cui sia presente un elevato numero di aborti, la presenza eventuale delle infezioni da BHV4, da Neospora caninum e da Chlamydia. 9. DEFINIZIONE DEL PIANO VACCINALE NELL’ALLEVAMENTO DA LATTE Nella definizione di un piano vaccinale e nella scelta dei vaccini da impiegare, e’ opportuno tenere presente che possiamo trovarci di fronte a stalle mai vaccinate in precedenza, o a stalle nelle quali vengono praticate vaccinazioni. Di seguito prenderemo in considerazione il caso di stalle mai vaccinate. Stalle mai vaccinate in precedenza In questa categoria andrebbero inclusi anche quegli allevamenti che sono stati sottoposti ad una vaccinazione in passato, ma nei quali l’ultimo intervento vaccinale è stato effettuato da più di 12 mesi. Il primo passo da effettuare è quello di valutare: • la sieroprevalenza dell’infezione da IBR, BVD e VRSB • la presenza di problemi riconducibili all’infezione da IBR, BVD e VRSB. Nel caso in cui non è possibile, od economicamente sostenibile, sottoporre a test tutti gli animali dell’allevamento, si può procedere ad un campionamento significativo utilizzando le indicazioni suggerite da Pfeiffer, e riportate nella tabella 1: Tabella 1

Ad esempio, in un allevamento con più di 50 – 100 capi è sufficiente sottoporre a test 13 animali per avere la probabilità del 95% di svelare una sieroprevalenza superiore al 20%. L’inclusione nel gruppo test di almeno 3-5 soggetti di età compresa tra gli 8 ed i 12 mesi di età (privi di anticorpi di origine colostrale) consentirà di valutare correttamente la presenza dell’infezione anche nella rimonta. Altrettanto importante e’ la valutazione, attraverso accurate indagini anamnestiche, la presenza di problemi riconducibili all’azione dei virus in allevamento.

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Va rilevata l’incidenza del numero degli aborti, del numero dei ritorni in calore (prevalentemente quelli fuori ciclo), del numero di bovine date gravide che tornano in calore e della presenza e frequenza delle passate influenzali che si verificano in allevamento. Perchè vaccinare e come vaccinare nei confronti di IBR Dall’indagine sierologica, potranno emergere sostanzialmente tre quadri di riferimento, per l’infezione da IBR: • Allevamento totalmente negativo. • Allevamenti con negatività nei giovani animali e positività negli adulti. • Allevamento con positività diffusa in tutte le categorie (vitelli, manze e vacche). Una volta valutata la situazione della prevalenza per IBR, è possibile procedere nel seguente modo, tenendo in considerazione anche le problematiche correlate ad eventuali programmi di controllo e/o eradicazione: • Nelle stalle negative al virus IBR, mai vaccinate o vaccinate in precedenza con il

vaccino marker deleto IBR, si potrebbe non praticare alcun intervento vaccinale. Vanno applicate strette misure di profilassi diretta (nessuna introduzione di animali, limitazione della circolazione degli automezzi, estrema attenzione alla pulizia dell’abbigliamento degli operatori sanitari e/o zootecnici, lotta alla presenza di animali estranei, etc). Va tenuto comunque presente il rischio di introduzione dell’infezione che, in una stalla non vaccinata, può risultare nella positivizzazione della maggior parte dei capi presenti, nella comparsa di sintomatologia grave e nell’istaurarsi di focolai secondari. Questi allevamenti andrebbero vaccinati nei confronti dell’infezione da BVD, se presente in azienda.

• Le stalle che presentano una positività per IBR inferiore al 10-15% potrebbero

procedere all’allontanamento dei capi infetti (gE positivi), oppure alla vaccinazione selettiva dei capi gEpositivi. L’obiettivo della vaccinazione è, in questo caso, non tanto quello di proteggere gli animali vaccinati, ma di limitare il più possibile la riattivazione dell’infezione nei soggetti positivi. La non vaccinazione degli animali sieronegativi (rimonta) espone comunque ai rischi sopra indicati. Vanno, in ogni caso, applicate le stesse strette misure di profilassi diretta previste per le stalle negative (nessuna introduzione di animali, limitazione della circolazione degli automezzi, estrema attenzione alla pulizia dell’abbigliamento degli operatori sanitari e/o zootecnici, lotta alla presenza di animali estranei, etc). Anche questi allevamenti andrebbero comunque protetti, nei confronti dell’infezione da BVD, se presente in azienda.

• Le stalle che presentano una positività per IBR limitata agli animali adulti (manze e

vacche), possono procedere alla vaccinazione dei capi adulti positivi con vaccino IBR tradizionale (per una mera questione economica) o con vaccino marker deleto gE-. I giovani animali sieronegativi per IBR vanno sottoposti a vaccinazione con vaccino deleto. Come accennato in precedenza, l’obiettivo della vaccinazione è quello di limitare il più possibile la riattivazione dell’infezione nei soggetti positivi.

Anche in questo caso, dovrebbero essere applicate strette misure di profilassi diretta (nessuna introduzione di animali, limitazione della circolazione degli automezzi, estrema attenzione alla pulizia dell’abbigliamento degli operatori sanitari e/o zootecnici, lotta alla presenza di animali estranei, etc).

In teoria si potrebbe procedere, come nel caso precedente, alla sola vaccinazione dei capi positivi; occorre tuttavia ricordare che alcuni dei soggetti negativi potrebbero essere dei falsi negativi: animali privi di anticorpi, ma con infezione in latenza. Per questo motivo e per limitare i rischi sopra esposti, potrebbe essere utile procedere comunque alla vaccinazione almeno di tutti i capi adulti.

• Le stalle che presentano una positività per IBR diffusa in tutte le categorie di animali

vanno sottoposte a vaccinazione, con un piano vaccinale che consenta di proteggere gli animali dalle patologie correlate all’infezione e che sia in grado di ridurre la circolazione dei patogeni, riducendone in tal modo la sieroprevalenza..

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E’ opportuno ricordare alcuni punti essenziali: • Il punto cruciale da affrontare, al fine di ridurre la prevalenza dell’infezione da IBR, è

quello di impedire, nel limite del possibile, l’infezione stessa, soprattutto negli animali da rimonta. Affidare la protezione nei confronti dell’infezione da IBR all’immunità passiva di origine colostrale potrebbe essere un errore. Nel corso di prove sperimentali, è dimostrato che gli anticorpi colostrali non sono in grado di prevenire l’infezione e soprattutto non sono in grado di prevenire l’instaurarsi della latenza virale (Lemaire et al., 1995).

• E’ opportuno quindi vaccinare gli animali giovani, per IBR, con vaccini vivi per via intranasale, almeno la prima volta, in modo da sensibilizzare l’animale con un ceppo vaccinale non patogeno e impedire, nel limite del possibile l’infezione e l’instaurarsi della latenza da parte di ceppi patogeni. Gli animali possono essere successivamente vaccinati anche con vaccini vivi o inattivati IBR, sfruttando in tale modo l’effetto booster sia sull’immunità umorale che cellulo-mediata anticorpo dipendente (ADCC).

• Nelle bovine in attività riproduttiva possono essere utilizzati sia vaccini contenenti ceppi

IBR vivi ts, vivi apatogeni o vaccini marker deleti, che offrono un elevato profilo di efficacia ed innocuità, che vaccini inattivati, validi per il loro profilo di innocuità e per il tipo di immunità indotto (umorale e cellulo mediata ADCC), efficace nella prevenzione della riattivazione dell’infezione virale.

• L’utilizzo eventuale dei vaccini deleti, deve essere sempre accompagnato alla ricerca ed

allontanamento dei capi gE positivi; infatti se questo non viene fatto si va ad annullare totalmente il vantaggio fornito dall’utilizzo dei vaccini deleti. Va tenuto in considerazione il fatto che, l’utilizzo di vaccini deleti in soggetti positivi all’infezione da IBR, non determina la negativizzazione dei soggetti, i quali rimangono positivi nei confronti della proteina gE, almeno per un certo periodo di tempo (almeno 36 mesi).

Perchè vaccinare e come vaccinare nei confronti di BVD/MD Dall’indagine sierologica, potranno emergere sostanzialmente tre quadri di riferimento, per l’infezione da BVD: • allevamenti totalmente negativi • allevamenti positivi. • Nelle stalle negative al virus BVD, si potrebbe non praticare alcun intervento vaccinale,

e dovrebbero essere applicate strette misure di profilassi diretta (nessuna introduzione di animali, limitazione della circolazione degli automezzi, estrema attenzione alla pulizia dell’abbigliamento degli operatori sanitari e/o zootecnici, lotta alla presenza di animali estranei, etc).

• Le stalle che presentano una positività per BVD/MD, possono procedere alla

vaccinazione degli animali di età superiore a 8 mesi di età, e comunque prima dell’inizio dell’attività riproduttiva.

Per il controllo della BVD è cruciale la protezione dell'apparato riproduttore (turbe riproduttive), e la protezione nei confronti dell'infezione fetale, al fine di limitare il più possibile la nascita di vitelli persistentemente infetti (immunotolleranti). A questo fine l'utilizzo di vaccini inattivati consente di ottenere elevati livelli di immunità umorale e di immunità cellulo-mediata anticorpo dipendente, con un’ottima protezione nei confronti della fase viremica dell'infezione e, di conseguenza, nei confronti dell’infezione transplacentare che può esitare nella nascita di vitelli immunotolleranti persistentemente infetti (PI). Perchè vaccinare e come vaccinare nei confronti di VRSB

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• Per la valenza BRSV è opportuno immunizzare i giovani animali o gli animali che non sono mai venuti a contatto con il patogeno, sia con vaccini vivi attenuati che inattivati, i quali possono essere utilizzati con sicurezza, se necessario, anche nelle bovine in attività riproduttiva. Dal punto di vista dell'opportunità di sottoporre a vaccinazione le bovine da latte nei confronti del VRSB, occorre fare alcune considerazioni. L'infezione da VRSB è altamente diffusa nell'allevamento della bovina da latte, anche se, in molti casi, la presenza dell'infezione non si accompagna a chiari segni clinici di forme respiratorie riconducibili all'azione di VRSB, sia nei giovani animali che negli animali adulti. Quindi si può ipotizzare la definizione di piani vaccinali che non includono l'utilizzo di vaccini contenenti il virus VRSB, tenendo comunque presente che, in questo caso, gli animali non sarebbero protetti nei confronti dell'infezione. In altri casi (presenza di forme respiratorie da VRSB), la vaccinazione per VRSB può essere limitata ai giovani animali.

10. SCELTA DEL PIANO VACCINALE NELL’ALLEVAMENTO DA CARNE La definizione di un piano vaccinale, nell’allevamento del bovino da carne, è condizionata dalle caratteristiche dell’allevamento intensivo in Italia. Possiamo distinguere tre tipologie principali:

1. Linea vacca – vitello 2. Vitello a carne bianca 3. Vitello a carne “rossa” (vitellone)

Nel primo caso, essendo presenti bovine in attività riproduttiva, le scelte vaccinali da applicare, sono simili a quelle adottate nell’allevamento da latte. L’allevamento a carne bianca prevede la presenza di soggetti molto giovani e che rimangono in allevamento per un periodo limitato (non superiore ai 6 mesi). In questo caso potranno essere adottati i protocolli in uso nella rimonta dell’allevamento da latte. L’allevamento da carne “rossa” prevede, nella maggior parte dei casi, l’introduzione di un elevato numero di soggetti in allevamenti intensivi; soggetti provenienti o da piccoli allevamenti nazionali, o principalmente, dall’estero. Il trasporto ed il conseguente stress, sono il fattore predisponente più importante, nell’insorgere della cosiddetta “shipping fever”; questa sindrome è sostenuta da cause virali (IBR, BVD, PI3 e VRSB) e batteriche (Mannehimia haemolytica, Pasteurella multocida, Haemophilus, Mycoplasma spp.). Bibliografia 1) Ames T. – The epidemiology of BRSV infection. Vet. Med. (1993), 9, 88. 2) Bolin S.R., McClurkin A.W., Cutlip R.C., Coria M.F. - Severe clinic disease induced in

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