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IL PERIODICO INTERCULTURALE DEI RICHIEDENTI ASILO Ma cosa vogliono questi immigrati? di MARIO MOLINARI Eccoci. Quando ci è venuto repenti- namente in mente un periodico scrit- to dai richiedenti asilo, a tutti è parsa un’ottima idea. Poi, discutendone, la “creatura” prendeva sempre più cor- po e spunti sino a divenir progetto e poi oggetto fisico: questo. Un altro giornale, sì, ma scritto e di- stribuito dai migranti beneficiari dei progetti SPRAR (Sistema di Protezio- ne per Richiedenti Asilo e Rifugiati) di Albisola Superiore ed i CAS (Centri di Accoglienza Straordinaria). Un punto di vista unico - e, volendo, una riflessione - sulla nostra comu- nità tutta se ci pensate. Un giornale nient’affatto buonista, che si sviluppe- rà presto - ci auguriamo con il vostro appoggio di Lettori - in una pagina Facebook e magari in futuro anche in una pubblicazione online. Ma per ora ci piace il vecchio e collaudato carta- ceo, da leggere nei circoli, nei bar e nei luoghi di aggregazione. L’italiano sarà volutamente imperfet- to, ma aderente a quello parlato. Un foglio A3 stampato nell’econo- mia del bianco e nero, ma denso di contenuti “non di tutti i giorni” e che cercheremo e sceglieremo tra i più in- teressanti. Coloro che pensano che i rifugiati sia- no un peso, avranno magari l’occasio- ne di cambiare idea, anche grazie a questo piccolo ma potente strumento d’integrazione sociale, che è poi forse tra i suoi fini ultimi. L’idea è quella di un quindicinale, ma all’inizio la cadenza potrebbe ovvia- mente variare. Potete scriverci. Segnalazioni, commenti, critiche e re- pliche: basta mandare una mail a [email protected]. Il resto della storia la scriveremo insieme. Senegal: un paradiso a metà di LANDING MANGA La Casamance è una parte del Sud del Senegal. É in questa località che c’è la guerra per ragioni d’indipendenza. Allora, gli altri Paesi pensano che il Sene- gal è il paradiso in confronto agli al- tri Paesi africani, ma questo non è vero. Perché nel Sud del Senegal c’è la guerra che dura da più di trent’anni. Non c’è tranquillità, non c’è pace. L’MFDC (Mouvement des forces dé- mocratiques de Casamance) circola dappertutto nei villaggi e fa attacchi e aggressioni sulle strade. Quindi la popolazione casacien è molto stanca di questo problema persistente. Anche se hanno posato le armi per sedersi al tavolo della negoziazione i terreni sono ancora oggi minati. Tan- te famiglie sono vittime delle mine, dei villaggi abbandonati. Molti dirigenti casacien assassinati segretamente dal Governo, come il caso di Emille Badiane, Omar Lami- ne Badji... pensando che fosse una soluzione per frenare i reclami di in- dipendenza. In realtà la Casamance non è una parte del Senegal perché guardan- do la carta del Senegal c’è una sepa- razione creata dalla Gambia. Ai tempi della colonizzazione la Ca- samance è stata per la prima volta colonizzata dai portoghesi che ave- vano colonizzato la Guinea Bissau, e alla fine venduta ai francesi che ave- vano colonizzato il Senegal. Per non tirarla per le lunghe io mi fermo qui, per più informazioni cer- cate in rete. Non per maleducazione o fretta ma perchè il web offre veramente molti spunti di riflessione sui conflitti di- menticati, basta digitare le parole chiave giuste su Google. L’altra faccia di un lungo viaggio di MOHAMED DIALLO Prima ero in Senegal e lavoravo come elettricista. Poi ho lasciato il Senegal e sono andato in Mali e poi in Niger e dopo in Libia. Ho preso l’autobus dal Senegal al Mali e dal Mali al Niger. Dal Niger ho preso un pick up con for- se cinquanta o cinquantacinque perso- ne, un po’ nella cabina e un po’ dietro nel bagagliaio. Ci abbiamo messo sei o sette giorni per arrivare in Libia perché abbiamo avuto tanti problemi nella strada... sia- mo arrivati in un villaggio e l’autista ci ha lasciato in questo villaggio, e nessu- no lo sa dove è andato. Prima di anda- re via lui aveva parlato con alcune per- sone di noi e aveva detto che andava via forse per due giorni, ma nessuno sapeva dove era andato. In questo po- sto abbiamo avuto tanti problemi, non avevamo né da bere né da mangiare e siamo rimasti in quel villaggio. Il terzo giorno l’autista è tornato verso la not- te e abbiamo continuato il viaggio. Da questo villaggio alla Libia la macchina ha avuto tanti problemi, si sono bucate le gomme, è mancata la benzina e an- cora siamo rimasti per giorni nel deser- to. In quel momento nel deserto face- va tanto freddo, non avevamo niente per proteggerci dal freddo e nel deser- to di notte abbiamo scavato la sabbia per metterci dentro al buco, coprirci di sabbia proteggerci dal freddo. Un giorno altri autisti sono venuti e ci hanno aiutati. Le gomme, la benzina e abbiamo ripreso il viaggio e siamo en- trati in Libia. Siamo entrati in Libia, ma in Libia sono stati molto cattivi con noi. In Libia ci sono persone molto perico- lose, prendono le persone e le manda- no in prigione dopo gli chiedono soldi per uscire. Quando non hai pagato questi soldi non puoi uscire e muori in prigione. Sono rimasto in Libia due mesi e i narè (come noi chiamiamo le persone del- la Libia) ci hanno detto che dovevamo prendere per forza la nave per venire in Italia. Abbiamo fatto due giorni in mare dopo che le persone che aiutano le persone in mare sono venuti ad aiu- tarci. E siamo entrati in Italia. Da quando sono entrato in Italia ades- so mi va meglio, adesso mi va meglio e basta. Un’iniziativa editoriale Arci media In collaborazione con Savona. E-mail: [email protected] Dicembre 2015 Numero 1. Direzione: Mario Molinari, Raffaele Di Noia Venerdì 11 dicembre, ore 20.00 Associazione Alpini c.so Mazzini 42 “Vieni a cena da me? Equosolidalmente… oltreconfine” Per info: Ufficio Turismo di Albisola Sup. 019 482295 o Coop sociale Bottega della Solidarietà - tel. 019 802178. La cena sarà occasione di integrazione fra la comunità albisolese e gli ospiti SPRAR. Mercoledì 16, Teatro Don Natale Leone ad Albisola Sup. si esibisce il gruppo “Dienkady Ensemble”, artisti provenienti dal West Africa. Domenica 20, alle 14.30, passeggiata panoramica con partenza dalla stazione di Albisola, curata dall’ASD Atletica Alba Docilia, aperta a tutta la cittadinanza, in collaborazione con Fondazione Telethon.

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Page 1: l’altra faccia di un lungo viaggio - Ninin.liguria.it · dipendenza. In realtà la ... Associazione Alpini c.so Mazzini 42 ... piata la guerra civile e sono dovuto scappare. Il

i l p e r i o d i c o i N T e r c U l T U r A l e d e i r i c h i e d e N T i A s i l o

Ma cosa vogliono questi immigrati?

di Mario Molinari

Eccoci. Quando ci è venuto repenti-namente in mente un periodico scrit-to dai richiedenti asilo, a tutti è parsa un’ottima idea. Poi, discutendone, la “creatura” prendeva sempre più cor-po e spunti sino a divenir progetto e poi oggetto fisico: questo.Un altro giornale, sì, ma scritto e di-stribuito dai migranti beneficiari dei progetti SPRAR (Sistema di Protezio-ne per Richiedenti Asilo e Rifugiati) di Albisola Superiore ed i CAS (Centri di Accoglienza Straordinaria).Un punto di vista unico - e, volendo, una riflessione - sulla nostra comu-nità tutta se ci pensate. Un giornale nient’affatto buonista, che si sviluppe-rà presto - ci auguriamo con il vostro appoggio di Lettori - in una pagina Facebook e magari in futuro anche in una pubblicazione online. Ma per ora ci piace il vecchio e collaudato carta-ceo, da leggere nei circoli, nei bar e nei luoghi di aggregazione.L’italiano sarà volutamente imperfet-to, ma aderente a quello parlato.Un foglio A3 stampato nell’econo-mia del bianco e nero, ma denso di contenuti “non di tutti i giorni” e che cercheremo e sceglieremo tra i più in-teressanti.Coloro che pensano che i rifugiati sia-no un peso, avranno magari l’occasio-ne di cambiare idea, anche grazie a questo piccolo ma potente strumento d’integrazione sociale, che è poi forse tra i suoi fini ultimi.L’idea è quella di un quindicinale, ma all’inizio la cadenza potrebbe ovvia-mente variare. Potete scriverci.Segnalazioni, commenti, critiche e re-pliche: basta mandare una mail [email protected] resto della storia la scriveremo insieme.

Senegal:un paradiso a metà

di landing Manga

La Casamance è una parte del Sud del Senegal.É in questa località che c’è la guerra per ragioni d’indipendenza. Allora, gli altri Paesi pensano che il Sene-gal è il paradiso in confronto agli al-tri Paesi africani, ma questo non è vero.Perché nel Sud del Senegal c’è la guerra che dura da più di trent’anni. Non c’è tranquillità, non c’è pace. L’MFDC (Mouvement des forces dé-mocratiques de Casamance) circola dappertutto nei villaggi e fa attacchi e aggressioni sulle strade. Quindi la popolazione casacien è molto stanca di questo problema persistente. Anche se hanno posato le armi per sedersi al tavolo della negoziazione i terreni sono ancora oggi minati. Tan-te famiglie sono vittime delle mine, dei villaggi abbandonati. Molti dirigenti casacien assassinati segretamente dal Governo, come il caso di Emille Badiane, Omar Lami-ne Badji... pensando che fosse una soluzione per frenare i reclami di in-dipendenza. In realtà la Casamance non è una parte del Senegal perché guardan-do la carta del Senegal c’è una sepa-razione creata dalla Gambia. Ai tempi della colonizzazione la Ca-samance è stata per la prima volta colonizzata dai portoghesi che ave-vano colonizzato la Guinea Bissau, e alla fine venduta ai francesi che ave-vano colonizzato il Senegal. Per non tirarla per le lunghe io mi fermo qui, per più informazioni cer-cate in rete.Non per maleducazione o fretta ma perchè il web offre veramente molti spunti di riflessione sui conflitti di-menticati, basta digitare le parole chiave giuste su Google.

l’altra faccia di un lungo viaggiodi MohaMed diallo

Prima ero in Senegal e lavoravo come elettricista. Poi ho lasciato il Senegal e sono andato in Mali e poi in Niger e dopo in Libia. Ho preso l’autobus dal Senegal al Mali e dal Mali al Niger.Dal Niger ho preso un pick up con for-se cinquanta o cinquantacinque perso-ne, un po’ nella cabina e un po’ dietro nel bagagliaio. Ci abbiamo messo sei o sette giorni per arrivare in Libia perché abbiamo avuto tanti problemi nella strada... sia-mo arrivati in un villaggio e l’autista ci ha lasciato in questo villaggio, e nessu-no lo sa dove è andato. Prima di anda-re via lui aveva parlato con alcune per-sone di noi e aveva detto che andava via forse per due giorni, ma nessuno sapeva dove era andato. In questo po-sto abbiamo avuto tanti problemi, non avevamo né da bere né da mangiare e siamo rimasti in quel villaggio. Il terzo giorno l’autista è tornato verso la not-te e abbiamo continuato il viaggio. Da questo villaggio alla Libia la macchina ha avuto tanti problemi, si sono bucate le gomme, è mancata la benzina e an-cora siamo rimasti per giorni nel deser-

to. In quel momento nel deserto face-va tanto freddo, non avevamo niente per proteggerci dal freddo e nel deser-to di notte abbiamo scavato la sabbia per metterci dentro al buco, coprirci di sabbia proteggerci dal freddo.Un giorno altri autisti sono venuti e ci hanno aiutati. Le gomme, la benzina e abbiamo ripreso il viaggio e siamo en-trati in Libia. Siamo entrati in Libia, ma in Libia sono stati molto cattivi con noi. In Libia ci sono persone molto perico-lose, prendono le persone e le manda-no in prigione dopo gli chiedono soldi per uscire.Quando non hai pagato questi soldi non puoi uscire e muori in prigione. Sono rimasto in Libia due mesi e i narè (come noi chiamiamo le persone del-la Libia) ci hanno detto che dovevamo prendere per forza la nave per venire in Italia. Abbiamo fatto due giorni in mare dopo che le persone che aiutano le persone in mare sono venuti ad aiu-tarci. E siamo entrati in Italia.Da quando sono entrato in Italia ades-so mi va meglio, adesso mi va meglio e basta.

Un’iniziativa editoriale Arcimedia In collaborazione con Savona. E-mail: [email protected] Dicembre 2015 Numero 1. Direzione: Mario Molinari, Raffaele Di Noia

Venerdì 11 dicembre, ore 20.00Associazione Alpini c.so Mazzini 42“Vieni a cena da me? Equosolidalmente…oltreconfine” Per info: Ufficio Turismo di Albisola Sup. 019 482295 o Coop sociale Bottega della Solidarietà - tel. 019 802178. La cena sarà occasione di integrazione fra la comunità albisolese e gli ospiti SPRAR.

Mercoledì 16, Teatro Don Natale Leone ad Albisola Sup. si esibisce il gruppo “Dienkady Ensemble”, artisti provenienti dal West Africa.

Domenica 20, alle 14.30, passeggiata panoramica con partenza dalla stazione di Albisola, curata dall’ASD Atletica Alba Docilia, aperta a tutta la cittadinanza, in collaborazione con Fondazione Telethon.

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riprendere gli studi in italiadi Sufian MuhaMMed

Da quando sono arrivato in Italia, or-mai un anno fa, ho sempre avuto l’idea di continuare a studiare e prendere un diploma. Il fatto di riuscirci in Italia rap-presenta per me qualcosa di ancora più importante.Ho deciso di andare a scuola in Italia perché non sono riuscito a completare gli studi nel mio paese, in Etiopia.Lì ho studiato per nove anni arrivando a frequentare una scuola umanistica che assomiglia al liceo classico italiano.Non ho finito il decimo perché è scop-piata la guerra civile e sono dovuto scappare.Il fatto di aver dovuto interrompere gli studi e cambiare vita è quello che mi ha spinto a cercare di riprendere la mia strada.Anche riprendere a studiare qui è stata un’avventura. Quando mi sono iscritto a scuola è stato un giorno importante anche se c’era la possibilità di non tro-vare posto. Poi sono stato chiamato per il test di ingresso.Un pomeriggio la segreteria della scuo-la mi ha detto di andare a sostenere il

test. Ero emozionato ma è andata molto bene e mi sono ritrovato in classe. Il mio primo giorno di scuola in Italia, è stata un’esperienza nuova e molto bel-la. Mi sono trovato bene, eravamo tante persone.Ho 23 anni e nella mia classe la maggior parte più grandi di me e qualcuna più giovane. I miei insegnanti sono molto bravi.Abbiamo quattro professori, tre uomini e una donna. Con loro mi sono trovato bene da subito. Sono tutti abbastanza giovani, intorno alla quarantina d’anni e questo aiuta parecchio perché ci sentia-mo più capiti.Nella mia classe a Savona ho incontrato altri ragazzi di nazionalità diverse.I miei compagni di classe (in tutto siamo diciassette ma ci sono altre due classi di venti persone) sono albanesi, senegalesi e nigeriani.Mi sono trovato bene e mi sto trovando bene nonostante le tante differenze che ci sono tra noi.Spero di prendere il diploma qui in Ita-lia. Per me vale molto.

Però Savona, in fondo...di laSS dioMande

Amo la Costa d’Avorio, il mio paese.Mi manca tanto. Ci sono tante cose che mi mancano tanto del mio paese. Come gli amici, l’allegria di laggiù così come tutte le persone che conosco. Sono molte le immagini che ho in me di quello che ho lasciato.La mia città, Abidjan, e i suoi colori, il movimento continuo e i tanti amici.In un certo senso siamo stati una fami-glia. E, in un certo senso, mi manca una famiglia.Di quella famiglia mi manca la gioia di ritrovarsi e di avere a che fare gli uni con gli altri, tutti i giorni, in ogni occa-sione. Quelle più felici così come quelle più tristi hanno avuto sempre dei com-pagni intorno. Gli amici ci sono stati sempre nei momenti indimenticabili. Lo stesso vale anche per la mia famiglia con cui riesco a mettermi in contatto appena posso. Per molti il telefono cel-lulare può sembrare un lusso o qualco-sa di superfluo. Per noi è una necessità. Il cellulare e la connessione internet rappresentano l’unico legame che pos-siamo avere con casa nostra. Il fatto che mi mancano tutte queste cose non significa, però, che non sto bene qui. Sono molto felice di essere in Italia.L’Italia non è soltanto il paese di cui

un campo che profuma di vento

di raffaele dl noia

Non era né Wembley di Londra né il Maracanà di Rio De Janeiro ma il risultato sui loro volti è stato lo stes-so. Thankgod Momodou, Adenebe Odion e Abdul Usman, tre ragazzi del progetto Cas, hanno sostenuto un al-lenamento con il Quiliano Calcio.Un’esperienza vissuta con grande en-tusiasmo dagli aspiranti calciatori ma che, al di là del fattore puramente agonistico, ha permesso loro di rias-saporare il profumo e l’atmosfera del calcio in prima persona. Il prato del “Picasso” per una sera è stato solcato dai ragazzi dapprima con timore quasi reverenziale poi con maggiore dime-stichezza e spavalderia. Uno di loro ha anche segnato un goal nel corso della partitella di allenamento a ran-ghi misti voluta dal mister. Un ricordo che difficilmente lo abbandonerà nei prossimi mesi.“Il campo è bellissimo, è uno spetta-colo giocare qui” hanno detto prima di affrontare l‘esperienza sul terreno sintetico agli ordini del tecnico Mario Gerundo e sotto gli occhi del presi-dente del club biancorosso, Riccardo Fabri, fautore dell’incontro tra il soda-lizio che milita nel campionato di Pro-mozione e i tre atleti. La serata è sci-volata via leggera ma intensa favorita pure da un clima meno rigido del soli-to, nonostante i futuri Messi, Cantona e Pogba si siano schierati con un abbi-gliamento molto leggero. Altrettanto leggera è stata la gioia di giocare che il trio ha saputo trasmettere a tutto l’ambiente che li ha accolti da subito con grande umanità e simpatia.“Questi sono i miracoli dello sport - ha detto il numero uno del Quiliano, Ric-cardo Fabri - puoi non parlare la stessa lingua, venire da un mondo molto distante e non avere tradizioni comuni ma, appena si tocca un pal-lone, ogni barriera cade”. La società savonese ha prestato anche parte del materiale tecnico ai ragazzi. Una sorta di promessa non tanto di una carrie-ra futura quanto di trovare una porta sempre aperta per poter vivere il fasci-no che soltanto il football sa trasmet-tere a chi lo vive in prima persona e lo segue quotidianamente. Di certo un risultato è stato raggiunto. La soddi-sfazione di aver riassaporato il terreno di gioco ha toccato vertici molto pros-simi all’esaltazione. Alla fine, la magia di uno sport può cancellare in un atti-mo ricordi terribili e problemi quoti-diani. Anche se si viene da migliaia di chilometri di distanza.

Soccorso non pronto, ma quanta umanità

di ahMed YuSuf

Sono stato tre volte all’ospedale per-ché sono malato allo stomaco.La prima volta è stata il 7 di ottobre, la seconda il 9, sempre di ottobre, e l’ultima il 29 novembre.Oltre a stare male, di ogni volta ricor-do le attese di tante ore e il Pronto Soccorso con molte persone.La mia prima esperienza è stata parti-colare. Quando mi sono sentito male e sono stato accompagnato al Pronto Soccorso, l’attesa è stata lunga ma, dopo qualche ora, sono potuto torna-re a casa dai miei amici che mi hanno aspettato preoccupati. Mi sono sen-tito di nuovo bene e il giorno dopo sono potuto andare a prestare servi-zio volontario per il Comune di Vado. Mi sono sentito felice di non perdere la giornata con gli altri miei amici nel curare i giardini pubblici. Purtroppo, dopo nemmeno un altro giorno, mi sono sentito male di nuovo.La mia seconda volta è stata la più lun-ga. Lo stomaco mi ha dato problemi e dolori molto forti a partire dal mattino. Sono arrivato in ospedale con l’ambu-lanza perché mi sono sentito male a casa due giorni dopo il precedente ricovero. Era pomeriggio. Dopo un primo intervento che mi ha fatto stare meglio, sono stato in attesa per tante ore. Subito mi hanno detto che avrei passato la notte lì. Poi, all’una, sono stato rimandato a casa, a Vado, dove vivo con i miei amici.Quello che non mi è piaciuto dell’ospe-dale è che ci sono stato perché sono malato. Per il resto sono rimasto colpi-to dal livello di tecnologia degli ospe-dali italiani. Io sono un farmacista e nel mio paese, la Somalia, sono stato farmacista per tanti anni prima di do-ver scappare via. Tutto quello che è del mondo medico mi affascina.Un’altra cosa che mi è piaciuta sono state le persone dell’ospedale.Mi hanno trattato tutti bene e sono stato seguito con tanta umanità.Sto bene qui. Le persone sono gentili e salutano tutti.

Il periodico interculturale dei richiedenti asilo

Per scriverci:[email protected]: Cesavo via Nizza 10a Savona

Impaginazione: Elisa Morielli [email protected]

Stampato in proprio

avevo sentito parlare e in cui sono ve-nuto ma rappresenta anche per me una scoperta, ogni giorno.Ciò che mi affascina di qui è che, vil-laggio o città, tutto è ben asfaltato, le strade sono pulite e ordinate e la po-polazione è calorosa e accogliente.Anche nei gruppi in cui mi sono trovato a contatto con altri stranieri, gli italiani hanno permesso a tutti di parlare tra loro. Mi è capitato di trovarmi in gruppi di lavoro con alcuni ragazzi albanesi e ormai siamo anche arrivati a scherzare tra noi usando tutti i termini italiani e a riportare i modi di parlare che qui ven-gono usati tutti i giorni. Mi ha colpito inoltre la sicurezza.Ho visto che qui è garantita sia la si-curezza nei confronti della popolazione civile sia quella dei civili rispetto a chi la rappresenta.In Italia tutto è moderno e sviluppato e la scuola è gratuita.Mi piace la vitalità e il modo che han-no gli italiani di accogliere gli stranieri. Più di ogni cosa, mi piacciono tutte le mamme e i papà che portano insieme i loro bambini nei viali.Questo è veramente magnifico.Sono molto felice di trovarmi qui.Grazie a tutti e a tutte.

Via Giacchero 22/2 Savona tel: 019 807494e-mail: [email protected]

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