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> Gruppo AcegasAps <

iQuaderni

LA GESTIONE DEI RIFIUTI

Area di Trieste

iServizi Supplemento

NUOVAEDIZIONE2013

Iniziativeper lo SviluppoSostenibile

Ogni italiano produce 540 chili di rifiuti l'anno

Smaltimento dei rifiuti un problema fin dall'antichità

Meno rifiuti per ridurre l'effetto serra

Differenziamo e ricicliamo bene i rifiuti

La gestione sostenibile dei rifiuti comincia nelle nostre case

Le buone abitudini

Come funziona un termovalorizzatore

Ogni giorno 450 tonnellate di rifiuti diventano energia

Servizi ambientali certificati

Nelle pagine centrali l'illustrazione "Termovalorizzatore Errera"

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CONTENUTI

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OGNI ITALIANO PRODUCE540 CHILI DI RIFIUTI L'ANNO

Il “modello umano”, al contrario, presuppone che qualsiasi prodot-to sia destinato, prima o poi, a di-ventare rifiuto. Nella società contemporanea l’evoluzione degli stili di vita e dei modelli di consumo, dominati dal-la filosofia dell’ “usa e getta”, hanno portato a produrre una quantità di rifiuti enorme. Si pensi che in Italia la stima com-plessiva della produzione di rifiuti urbani è superiore a 32 milioni di tonnellate l’anno. Nel 2011 soltan-to nell’area triestina AcegasAps ha raccolto circa 105 mila tonnellate di rifiuti. Ogni italiano produce mediamen-te circa 540 chili di rifiuti urbani l’anno.Una delle conseguenze più preoc-cupanti è il consumo crescente di materie prime, presenti in natura in quantità limitate, necessarie per produrre qualsiasi oggetto. Sono impiegate direttamente nei pro-cessi produttivi e, indirettamente per generare l’energia necessaria

“Rifiuto”: con questo termine si identifica qualsiasi sostanza, pro-dotto od oggetto giunto al ter-mine del suo uso, del quale, chi lo possiede, abbia deciso o abbia l’obbligo di disfarsene. In base alla loro origine, i rifiuti sono classificati come rifiuti urba-ni o rifiuti speciali. Secondo il loro grado di pericolosità per l’uomo e l’ambiente naturale, i rifiuti sono a loro volta suddivisi in due catego-rie: pericolosi e non pericolosi.Il termine “rifiuto” è esclusivo dei processi produttivi realizzati dagli uomini.La natura smaltisce da sola i rifiuti organici prodotti da piante e ani-mali, recuperandoli. Ciò che è scartato da alcuni orga-nismi, rappresenta una risorsa per altri (i batteri decompositori) che trasformano gli scarti in humus, materia prima che serve da nutri-mento a molti organismi viventi. Grazie a questo ciclo naturale del recupero l’ecosistema mantiene il proprio equilibrio.

al processo di produzione.Lo sfruttamento di queste risorse ha consentito all’umanità di rag-giungere uno sviluppo straordi-nario. Negli ultimi decenni, però, è maturata la consapevolezza che questo modello non è sosteni-bile. Oggi è chiaro che questo comportamento è pericoloso per la sopravvivenza della Terra e dei suoi abitanti.Se un tempo si pensava che lo svi-luppo dipendesse solo dalla cre-scita economica (in pratica dalla ricchezza che si era in grado di produrre), dagli anni ‘80 l’attenzio-ne è stata rivolta anche all’aspetto della sostenibilità sia dal punto di vista ambientale, sia da quello sociale. Oggi siamo sempre più consa-pevoli della necessità di attuare una forma di sviluppo sostenibile, ovvero “uno sviluppo che rispon-da ai bisogni del presente senza compromettere la capacità delle generazioni future di soddisfare i propri”.

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Fin dai tempi più antichi gli abi-tanti delle città devono affrontare il problema dello smaltimento dei rifiuti. Gli antichi Romani sono i primi a cercare una soluzione a tale questione, costruendo nei grandi centri abitati le cloache, fognature formate da canali sotterranei dove confluiscono i liquami provenienti dalle case. Inoltre, già nel 47 a.C., Giulio Cesare emana una legge che proibisce di gettare i rifiuti nel-le strade, un’usanza molto diffusa all’epoca. Gli antenati dei moderni operatori ecologici sgomberano le vie dall’immondizia e dalla sporci-zia lasciata dal transito dei caval-li, mentre alla periferia delle città si costruiscono grandi discariche pubbliche, nelle quali si ammassa-no rifiuti di ogni genere. In alcuni casi, l’accumulo dei cocci di anfora genera vere e proprie colline artifi-ciali tuttora visibili.Il Monte Testaccio, a Roma, ad esempio, si chiama così perchè è il risultato dell'accumularsi di circa 35 metri di testae (in latino, cocci) e detriti vari, residui dei traffici fluviali di merci provenienti dal porto di Ostia dirette alla capitale. Molte delle informazioni che posse-diamo sullo stile di vita dei Romani

SmALTImENTO DEI RIFIUTIun problema fin dall’antichitàGli antenati dei moderni operatori ecologici sgomberavano le vie dall’immondizia e dalla sporcizia lasciata dal transito dei cavalli

provengono proprio da studi com-piuti all’interno di queste antiche discariche, dove si trovano molti oggetti d’uso comune.Solo verso la fine del Medioevo si comincia a pensare alla relazione tra igiene ed epidemie e inizia a farsi strada l’idea di provvedere alla pulizia urbana.Fino alla seconda metà del ‘700, il volume dei rifiuti non desta ec-cessiva preoccupazione. Dalle popolazioni primitive all’epoca preindustriale, infatti, i rifiuti erano rappresentati principalmente da materiali biodegradabili: rifiuti or-ganici di facile smaltimento. Per molti secoli, inoltre, l’umanità ha intrapreso il proprio sviluppo, basandosi sulla percezione della scarsità, della limitazione delle ri-sorse rispetto alle proprie necessità. I limiti delle tecnologie disponibili rendevano difficoltosi i prelievi in natura delle materie prime e il siste-ma produttivo era basato sul lavoro manuale, perciò si produceva un numero limitato di beni. Il riutilizzo e il riciclaggio di ogni tipo di materiale erano una pratica necessaria.Soltanto con la rivoluzione indu-striale, gli oggetti diventano più

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economici: la qualità della vita mi-gliora, ma iniziano a crescere gli scarti. Nei primi decenni del XX se-colo, il rifiuto più diffuso è ancora la cenere, anche se vetro e metalli oc-cupano una percentuale crescente. Dopo la Seconda guerra mondiale nasce la cosiddetta “civiltà dei con-sumi di massa”. Da questo momento la quantità di rifiuti aumenta vertiginosamente, in particolare i materiali organici come il vetro e la carta, ai quali si aggiungono una serie di prodotti nuovi (soprattutto plastiche e scarti provenienti da industrie chimiche e siderurgiche). Per far fronte al loro smaltimento sono scavate nuove discariche, alle quali si iniziano ad affiancare alcuni impianti che bruciano i rifiuti. Il pri-mo inceneritore si chiama “destruc-tor” ed è realizzato attorno al 1800 a Manchester, in Inghilterra. Nel 1893, una struttura analoga, caratterizza-ta dal recupero di energia sotto for-ma di vapore, prototipo dei termo-valorizzatori, entra in funzione nella città tedesca di Amburgo. Nel 1905, negli Stati Uniti, funzionano due inceneritori che, oltre a effettuare il recupero energetico dai rifiuti, pro-ducono calore.

L’opera municipale inau-gurata domenica in via dell’Istria e che certamente è una delle più belle degli ultimi tempi, ha la sua par-te più interessante nell’edi-ficio principale: il forno d’incenerimento per le im-mondizie. Il carico quotidiano d’im-mondizie che si raccolgono dalla città è oggi di circa 80 tonnellate; e, quando ces-sata la guerra, si restauri l’attività normale delle in-dustrie e dei traffici, indub-biamente 100 tonnellate saranno raggiunte.Il forno d’incenerimento è per se stesso un opificio in-dustriale, dove il capitale dell’impianto non è perdu-to, ma viene messo a rendi-ta. I suoi prodotti sono tre: le scorie, la cenere e l’ener-gia elettrica.Secondo le osservazioni

fatte, dalle immondizie si ricava in media il 41% di scorie, e queste si possono ripartire in quattro gruppi: sabbia, ghiaietta, ghiaia e rifiuti non triturati.La cenere può servire come concime per piantagioni da orto o da giardini o come sabbia per le intonacature in malta. Si ricava in cenere qualche cosa di più dell’8% delle immondizie bruciate.Oggi il vapore sviluppato dai forni supera i 94.000 chilogrammi giornalieri, che si trasformano in 7.200 kWh di energia elettrica.L’enorme calorico svilup-pato da così poderoso si-stema di fornaci serve non soltanto alla produzione di energia elettrica necessa-ria all’impianto, ma ne for-nisce anche alla città una riserva abbondante oltre ogni aspettativa.

“Il forno d’incenerimento per le immondizie” pubblicato da Il Piccolo il 23 febbraio 1915

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Il clima sta cambiando e non è una buona notizia. Per circa duecento anni abbiamo bruciato ingenti quantità di com-bustibili fossili causando l’aumento incontrollato dell’ef-fetto serra e il surriscaldamento del pianeta.A dire questo sono, con frequenza ormai quotidiana, i più autorevoli studiosi e i centri di ricerca governativi e indi-pendenti. I dati scientifici dimostrano anche che le con-seguenze sul clima del nostro modello di sviluppo sono e saranno sempre più disastrose.I paesi ricchi e industrializzati rappresentano meno del 20% della popolazione mondiale e consumano oltre il 60% dell’energia prodotta; le ricadute ambientali più cata-strofiche di questo squilibrio si fanno sentire nei paesi più poveri del Sud del mondo. Infatti, è il consumo di energia derivante dai combustibili fossili (petrolio, carbone, gas) a emettere quei gas, come la CO2, che provocano l’effetto serra e i mutamenti climatici.Non produrre o riciclare rifiuti significa risparmiare moltis-sima energia e materie prime e di conseguenza diminuire l’emissione dei gas.

DisimballiamociPer una spesa leggera e sostenibile riduciamo gli imbal-laggi inutili. Gli imballaggi, che paghiamo con la nostra spesa, costituiscono il 60% del volume e il 40% del peso dei rifiuti urbani. Il modello produttivo e lo stile di vita adottati nei paesi industrializzati generano montagne di rifiuti per le quali è sempre più complicato trovare una sistemazione. La riduzione della produzione dei rifiuti a monte resta la prima e fondamentale questione da affron-tare. Tutti noi possiamo concorrere a invertire la tendenza. Basta una riflessione: quando portiamo a casa la spesa quanti sono le cose che dalla busta del supermercato van-no direttamente nella pattumiera?

Dal 2011 sacchetti di plastica addioLa legge Finanziaria 2007 ha stabilito il divieto di commercia-lizzazione dei vecchi sacchetti in plastica (polietilene) a partire da gennaio 2011. Prima dell’entra-ta in vigore delle nuove norme l’Italia copriva il 25% dei consu-mi di tutti i 27 Paesi dell’area UE. Le alternative ecosostenibili:Borsa riutilizzabileLa migliore alternativa è usare la “vecchia” borsa per la spesa (in cotone, juta, carta di riso, poli-propilene, plastica riciclata, ecc.) riutilizzabile centinaia di volte. Shopper compostabiliSono fatti di biopolimeri (pro-dotti da base vegetale), amido di mais o patate. Sono com-pletamente biodegradabili ma soprattutto compostabili, cioè utilizzabili anche per la raccolta dell’umido organico, perché non inquinano il terriccio del com-post. Sacchetti di cartaCostano di più, ma sono sia bio-degradabili, sia riciclabili.Shopper biodegradabiliFatti di polietilene più additivi: sono biodegradabili (ma con tempi lunghi, sui 10 anni, e con frammenti residui pericolosi per animali e ambiente) ma non compostabili.

mENO RIFIUTI PER RIDURRE L’EFFETTO SERRA

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L’Italia è uno dei maggiori consumatori di acqua in bottiglia nel mondo, con 202 litri pro capite l’anno.L’impatto ambientale derivante dalla filiera delle acque minerali è eviden-te. Basti considerare l’uso di bottiglie di plastica monouso e il consumo di petrolio per fabbricarle, i camion per trasportarle e le relative emissioni atmosferiche, gli imballaggi plastici destinati alle discariche, quando non raccolti in maniera differenziata. Alcuni esempi:

• la fase del trasporto dell’acqua minerale influisce negativamente sulla qualità dell’aria, visto che le bottiglie percorrono molti chilometri su strada prima di arrivare sulle nostre tavole, viaggiando solo per il 18% del totale su ferrovia;

• solo un terzo circa delle bottiglie di plastica utilizzate sono raccolte in maniera differenziata e destinate al riciclaggio;

• per produrre le bottiglie di plastica necessarie a imbottigliare i circa 12 miliardi di litri d’acque minerali che si consumano nel nostro Paese, si utilizzano 350 mila tonnellate di plastica (PET), con un consumo di 665 mila tonnellate di petrolio e un’emissione di gas serra pari a circa 910mila tonnellate di anidride carbonica.

STOPALLE BOTTIGLIE

DI PLASTICA

Un’ isola di plasticaInquietante come un mostro marino, non si vede finché non ci si arriva sopra perché sta appena sotto il livello dell’acqua, con uno spessore di circa 10 metri, risulta evanescente perfino agli occhi dei satelliti e nuota lentamente afferrando tutto quello che incontra sul suo cammino come un blob.Questa creatura mostruosa non è dotata di vita propria ma toglie la vita a volatili e pesci, oltre che minacciare la salute del nostro pianeta: si tratta di una gigantesca isola di spazzatura, o come la chiamano i biologi marini, una «zuppa di plastica», che si estende attraverso l’ inte-ro oceano Pacifico settentrionale, da 500 miglia nautiche al largo della California fino alle Hawaii, e da queste fin quasi al Giappone. Scoperta per caso dal navigatore americano Charles Moore, che vi si imbattè involontariamente nel 1997, la Grande Chiazza di Rifiuti del Pacifico (Great Pacific Garbage Patch) è un’ isola di rifiuti di plastica, formatasi per effetto della North Pacific Subtropical Gyre, una lenta corrente oce-anica che si muove in senso orario a spirale, prodotta da un sistema di 4 correnti ad alta pressione. L’area è una specie di deserto oceanico, dove la vita è ridotta solo a pochi grandi mammiferi o pesci. Spinti da queste correnti circolari, circa 4 milioni di tonnellate di rifiuti di plastica difficilmente biodegradabili (una bottiglia di plastica impie-ga quasi 1000 anni per biodegradarsi) si sono accumulati proprio lì.L’isola, la cui dimensione viene stimata da 700.000 a 15.000.000 km2, continua a crescere, ingrandendosi di anno in anno, continuamente alimentata dagli scarti che provengono per il 20% dalle navi e dalle piattaforme petrolifere e per l’80% direttamente dalla terraferma.

mENO RIFIUTI PER RIDURRE L’EFFETTO SERRA

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Recuperare e riciclare il vetro evita il consumo delle materie prime necessarie. Infatti, da 100 Kg di rottame di vetro si ricavano 100 Kg di prodotto nuovo. Mentre occorrono 120 Kg di materie prime vergini per avere 100 Kg di prodotto nuovo.Riciclando il vetro si risparmia il 20% di energia (petrolio) e si riducono anche le emissioni in atmosfera connesse all’attività produttiva.

Vetro

Le tonnellate di carta e cartone che sono state riciclate attraverso la raccolta differenziata negli ultimi otto anni eguagliano le dimensioni di 120 discariche.Per produrre una tonnellata di carta, usando materia prima, occorrono 15 alberi, 440.000 litri d’acqua e 7.600 kW/h di energia elettrica. Usando carta riciclata invece bastano 0 alberi, 1.800 litri d’acqua e 2.700 kW/h di energia elettrica.

DIFFERENZIAmO E RICICLIAmO BENE I RIFIUTI

Quella dei rifiuti è una filiera in cui tutti abbiamo un ruolo attivo.Orientando le nostre abitudini e il nostro stile di vita secondo un ideale di sostenibilità ecologica, possiamo fare molto per garantire la qualità della vita nella nostra città.La strada da percorrere si chiama recupero delle materie prime che possono essere riutilizzate consentendo un importante risparmio energetico e un concreto rispetto dell’ambiente.Imparando a differenziare correttamente i rifiuti prima del loro conferimento, possiamo contribuire al miglioramento qualitativo delle sucessive fasi di raccolta, recupero, riciclaggio e smaltimento.

Carta e cartone

I metalli sono facilmente riciclabili. Riciclare l’alluminio (lattine, per esempio) permette di risparmiare il 95% dell’energia necessaria per produrlo dal mine-rale. In Italia il 48% dell’alluminio circolante proviene dal riciclo e permette il risparmio di 2,5 milioni di tonnellate di petrolio all’anno. Inoltre la bauxite, materia prima dalla quale si ricava l'alluminio, non si trova in Italia e deve essere importata dall’estero. Ecco alcuni esempi di recupero: • con 800 lattine si produce il telaio per una bicicletta;• con 70 lattine si produce una padella;• con 37 lattine si produce una caffettiera da tre tazze.

Met

alli

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9

IngombrantiVecchi mobili, elettrodomestici che non funzionano più, sono rifiuti che, per le loro dimensioni, devono essere portati ai centri di raccolta riservati ai cittadini, dove vengono disassemblati per poter recuperare molti materiali, come legno, metalli, plastica, ecc.

Riciclando la plastica si ottiene nuova plastica utile. Nel tessile: con 20 bottiglie di PET (un tipo di plastica) si fa una coperta in pile. Nell’edilizia: il PVC (un altro tipo di plastica) riciclato viene utilizzato per la produzione di tubi, scarichi per l’acqua piovana. Negli imballaggi: dal PET riciclato si ottengono contenitori per detergenti, tappi, film per sacchi della spazzatura, pellicole. Nell’arredo urbano: con 45 vaschette di plastica e qualche metro di pellicola in LDPE si fa una panchina.

I vestiti raccolti possono essere utilizzati per progetti umanitari, oppure possono diventare pannelli di materiale isolante per l’edilizia. Una felpa recuperata, invece di diventare un rifiuto e un costo per il suo smaltimento, raddoppia il suo valore diventando capo di abbigliamento per persone che ne hanno bisogno e risorsa per progetti di solidarietà.

Tessuti e pellami

Plastica

Anche i cosiddetti “rifiuti pericolosi” vanno consegnati ai centri di raccolta, perché, data la pericolosità e tossicità delle sostanze che li costituiscono, devono essere sottoposti a trattamenti particolari in grado di renderli innocui per l’ambiente.

Pericolosi

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La gestione sostenibile dei ri-fiuti comincia nelle nostre case, cioè nel momento in cui i rifiuti diventano tali. Quello dei rifiuti è un problema reale da affron-tare e risolvere. Ogni italiano produce 1 kg e mezzo al giorno di rifiuti urbani. Sono tanti, di-sgustosi, puzzano e deturpano. Ma da qualche parte bisogna metterli, cercando soluzioni che non inquinino, abbiano co-sti contenuti, arrechino il minor disturbo alla collettività.Ora sappiamo che il nostro comportamento di consuma-tori e il nostro stile di vita oltre a determinare quanti e quali ri-fiuti produciamo, condizionano anche ciò che se ne può fare dopo.Abbiamo visto che è fonda-mentale prendere la buona abitudine di separare i rifiuti per poi conferirli correttamen-te nei contenitori dedicati alla raccolta differenziata.Questo perché, affinché le no-stre attività quotidiane non ab-biano un impatto devastante sui delicati equilibri naturali, dobbiamo porci un obiettivo comune: preservare le risorse naturali dagli sprechi.In generale la strategia per af-frontare il problema dei rifiu-ti, prevede le cosiddette 4R: Riduzione - Riutilizzo dei mate-riali - Riciclo - Recupero ener-getico.

LA GESTIONE SOSTENIBILE DEI RIFIUTI COmINCIA NELLE NOSTRE CASE

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Selezione domestica dei rifiuti

materie prime e beni durevoli

energia elettrica

Mentre fino a qualche anno fa tutti i rifiuti urbani finivano in discarica, negli ultimi anni è maturata la consapevolezza che per attuare una gestio-ne sostenibile dei rifiuti è ne-cessario limitare al massimo il ricorso a questa tipologia di impianti.Nonostante le discariche con-trollate oggi siano veri e propri impianti industriali attrezzati per ridurre al minimo l’impat-to ambientale e il disagio per il territorio, restano impianti problematici in funzione del tipo di materiali che vi si con-feriscono.La discarica è il sistema di smaltimento che comporta i

maggiori problemi ambientali, in primo luogo l’inquinamento di una risorsa non rinnovabile, il suolo, (e il rischio che questo contamini la falda idrica sot-terranea) e el emissioni di gas generati dalla decomposizione di materiali organici.La gran parte dei rifiuti solidi urbani sono di origine orga-nica (circa il 35%) e in un am-biente particolare come la di-scarica - in assenza di ossigeno - si trasformano sotto l’azione dei batteri anaerobi, producen-do metano, un gas serra più pericoloso della stessa CO2. Per ogni kg di rifiuto viene emessa in atmosfera una quan-tità pari a 0,031 kg di metano,

che equivale a 0,65 kg di CO2 .La normativa italiana (d.lgs 22/97) ha stabilito che in disca-rica si possano conferire solo i rifiuti “ultimi”, ossia i rifiuti che non è possibile sottoporre ad altre forme di valorizzazione, e in ogni caso materiali stabiliz-zati e inerti. In pratica i rifiuti possono es-sere conferiti in discarica solo se i materiali di cui sono com-posti non si prestano né a es-sere sottoposti a operazioni di riciclo, che consentano il recupero delle materie prime da reintrodurre nel ciclo pro-duttivo, né a essere bruciati nel termovalorizzatore per produr-re energia termica ed elettrica.

Rifiuti/anno Europa (UE a 27 Stati membri)

Italia AcegasAps(dati 2011)

prodotti 252,5 milioni di tonnellate 32,5 milioni di tonnellate 104.992 tonnellate

prodotti a persona 503 Kg/abitante 536 Kg/abitante 483 Kg/abitante

smaltiti nelle discariche 96 milioni di tonnellate 14,95 milioni di tonnellate 0 tonnellate

recupero energetico (termovalorizzazione) 55,5 milioni di tonnellate 5,2 milioni di

tonnellate79.165 tonnellate102,7 GWh energia prodotta

recupero di materiali(riciclaggio) 101 milioni di tonnellate 10,4 milioni di

tonnellate 25.826 tonnellate

LE BUONE ABITUDINI PER PRODURRE MENO RIFIUTI...

Riusare è meglio che riciclare: i prodotti che acquistiamo è meglio riutilizzarli più volte anche per usi diversi dall’originale.

Quando vai al supermercato porta sempre da casa una borsa capiente e resistente da riutilizzare a ogni spesa. Evita di acquistare shopper di plastica.

Preferire i prodotti con imballaggi poco voluminosi.

Bevi acqua del rubinetto.

Acquista cibi sfusi e freschi anziché confezionati (es. verdure,carne, legumi).

Imballaggi, buste, cassette e cartoni per altri utilizzi, con un po’ di fantasia, ad esempio, si possono trasformare in contenitori per raccogliere giocattoli o altri oggetti personali.

Tra gli imballaggi riciclabili scegli quelli realizzati con un unico materiale. Se acquisti prodotti con imballaggi realizzati con più materiali, separa quanto più possibile le varie componenti prima di gettarle nei contenitori della differenziata.

Usa quando è possibile le pile ricaricabili.

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La pulizia delle nostre città dipende in grande misura da noi: non gettare i rifiuti a terra!

Non abbandonare mai sacchetti, imballaggi o rifiuti ingombranti e non lasciarli accanto ai cassonetti e ai contenitori stradali.

Prima di gettarli nel contenitore dedicato alla carta, separare giornali e riviste dai loro involucri di cellophane e togliere la “finestra” di plastica dalle buste da lettera.

Non introdurre nella campana del vetro ceramica o terracotta, specchi e lampadine.

Nel dubbio è meglio gettare i materiali nel secco non differenziato, per non rovinare la qualità della raccolta differenziata e non vanificare l’impegno quotidiano di chi separa correttamente le diverse tipologie di rifiuti.

Portare i rifiuti ingombranti, pericolosi (ad es. batterie auto, vernici, oli usati) e tutti quelli previsti al centro di raccolta più vicino a casa o chiamare il numero telefonico preposto al ritiro gratuito di questi.

E FARE BENE LA RACCOLTA DIFFERENZIATA

Schiaccia o riduci il volume degli imballaggi per evitare che occupino troppo spazio negli appositi contenitori.

Il vetro è un materiale pregiato, affinchè possa essere riciclato deve essere integro.

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COmE FUNZIONA UN TERmOvALORIZZATORE

Elemento qualificante di un impianto di termo-valorizzazione è la minimizzazione degli impatti sull’ambiente che esso genera: le più recenti tec-nologie hanno reso le emissioni compatibili con aree a elevata densità di popolazione (si pensi all’impianto di Vienna, che si trova in città). Tutto il rifiuto che non può essere recuperato sotto forma di materia è però ancora caratterizzato da una caratteristica fisica fondamentale: la capacità di bruciare, generando quindi energia sotto forma di calore.I termovalorizzatori sono dunque impianti che nascono con l’obiettivo di recuperare l’energia resi-dua presente nei rifiuti.

La combustione dei rifiuti porta alla produzione di una quantità ragguardevole di energia

rifiuti

forno

calore

caldaia

vapore

turbina

generatore

energia elettrica

ACQUA

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OGNI GIORNO 450 TONNELLATE DI RIFIUTI DIvENTANO ENERGIA

Trieste ha un’esperienza consolidata nel campo dello smaltimento dei rifiuti. Storicamente la città si è distinta nel panorama na-zionale come realtà all’avanguardia nella gestione sostenibile dei rifiuti.Datava 23 febbraio 1915 il resoconto pubblicato dal quotidiano “Il Piccolo” sull’inaugurazione di un “forno di incenerimento per le immondizie” già allora strut-turato per il recupero energetico.Dopo una lunga parentesi, nel 1972 fu inaugurato il nuovo inceneritore di Giarizzole, in funzione fino al 31 dicembre 1999. Il rispetto delle modifiche legislative, che si sono succedute nel tempo, spinsero il Comune di Trieste ad accelerare la realizzazione di un nuovo impianto capace di recuperare energia dai rifiuti, sfruttando le migliori tecnologie disponibili per far fronte alle necessità di un territorio caratterizzato da elevata densità abitativa, e suolo carsico inadatto a ospitare discariche.Negli ultimi mesi del secolo scorso entrò in funzione il termovalorizzatore Errera2: l’impianto si avvaleva di due linee di incenerimento e in grado di produrre energia elettrica.

Oggi, Errera3, con la terza linea, rappresenta l’evolu-zione dell’impianto originario. Il termovalorizzatore, in un anno, produce circa 90 GWh di energia elettrica utilizzando quale combusti-bile circa 150 mila tonnellate di rifiuti.

Proprio grazie all’integrazione fra il recupero di mate-riali da raccolta differenziata e il recupero di energia da termovalorizzazione, Trieste, con l’entrata in servi-zio della terza linea di Errera, è stata la prima città in Italia a non portare più rifiuti in discarica.

Da una tonnellata di rifiuti si ricavano ben 584 kWh, una quantità di energia che è in grado di far funzionare un

televisore per circa 150 giorni

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SERvIZI AmBIENTALICERTIFICATI

Dagli scarti possono nascere nuove opportunità per attuare lo sviluppo sostenibile.L’impegno di AcegasAps è quello di gestire in modo attento e responsabile le proprie attività, al fine di ridurre al minimo l’impatto ambientale.Un obiettivo realizzabile grazie all’impiego delle più moderne tecnologie e al costante monitoraggio attraverso un efficiente laboratorio ambientale. Nel corso degli anni, AcegasAps ha maturato un proprio sistema di gestione ambientale che consente:

• il rispetto delle norme ambientali in vigore;

• il controllo e la riduzione del carico inquinante delle emissioni in atmosfera, degli scarichi idrici e dei rifiuti prodotti;

• la protezione del suolo e sottosuolo;

• la riduzione e il consumo di energia a parità di servizio erogato;

• l’attività di recupero energetico, il riutilizzo e il riciclaggio dei rifiuti;

• la destinazione in discarica dei rifiuti non recuperabili, rendendo innocuo ogni componente pericoloso.

A testimonianza dell’ottimo lavoro svolto, AcegasAps

ha ottenuto le certificazioni di qualità Iso 9001 e

ambientale Iso 14001

SERvIZI AmBIENTALICERTIFICATI

iQuaderniSpeciale de iServiziTesti di Marco Gerometta e Chiara CrestaniFotografie e grafica di Damiano RotondiVignette di Marco FrisonIllustrazione delle pagine centrali di Lucio Delconte

Registrazione al Tribunale di Padova n. 1738 del 18.4.2001Direttore responsabile Maurizio StefaniEditore AcegasAps SpA Trieste Ristampa dicembre 2012Stampa Grafiche Gemma - Camposampiero PD

iServizi

AcegasAps

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