la crisi di impresa nel nuovo codice degli appalti … · [articoli] il caso.it 23 gennaio 2017...

32
[Articoli] IL CASO.it 23 gennaio 2017 Riproduzione riservata 1 LA CRISI DI IMPRESA NEL NUOVO CODICE DEGLI APPALTI PUBBLICI di LUCIANO IMPARATO Sommario: 1. Premessa; 2. L’art. 110 del Dlgs. 50/2016. Esigenza di individuazione delle procedure di insolvenza; 3. Compatibilità della disciplina contenuta nell’art. 110 con la legge fallimentare; 3.1. L’esercizio provvisorio e la necessità di inserimento nella norma dell’affitto dell’azienda fallita; 4. Il concordato in continuità azien- dale; 5. Problemi di operatività dell’art. 110 con le norme del codice dettate in ordine ai motivi di esclusione e mancato raccordo con i principi informatori le procedure di insolvenza. 1. Lo scritto si propone l’obiettivo di delineare le novità intro- dotte con il Dlgs. 50/2016 di “Attuazione delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE sull’aggiudicazione dei contratti di concessione, sugli appalti pubblici e sulle procedure dappalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dellenergia, dei trasporti e dei servizi postali, nonché per il riordino della di- sciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture” - in seguito Codice dei contratti pubblici - limitatamente alle disposizioni dirette a disciplinare i rapporti tra le procedure ad evidenza pubblica e le procedure di insolvenza. La rinnovata disciplina recata dal nuovo codice degli appalti segue al richiamo contenuto nella direttiva comunitaria 2014/23/UE teso a consentire agli Stati membri, compatibil- mente con le rispettive regolamentazioni nazionali, di sostenere la partecipazione alle gare di appalto anche delle imprese insol- venti e di evitare che la dichiarazione di insolvenza dell’appal- tatore, si configuri quale causa automatica dello scioglimento dei contratti pubblici, con l’obiettivo evidente di assicurare una maggiore tutela della impresa in crisi e dunque di garantire il mantenimento dei livelli occupazionali. L’obiettivo sostenuto dalla direttiva comunitaria coincide con l’esigenza di estendere il principio di massima partecipazione

Upload: vuongminh

Post on 22-Nov-2018

214 views

Category:

Documents


0 download

TRANSCRIPT

[Articoli] IL CASO.it 23 gennaio 2017

Riproduzione riservata 1

LA CRISI DI IMPRESA NEL NUOVO CODICE

DEGLI APPALTI PUBBLICI

di LUCIANO IMPARATO

Sommario: 1. Premessa; 2. L’art. 110 del Dlgs. 50/2016. Esigenza di

individuazione delle procedure di insolvenza; 3. Compatibilità della

disciplina contenuta nell’art. 110 con la legge fallimentare; 3.1.

L’esercizio provvisorio e la necessità di inserimento nella norma

dell’affitto dell’azienda fallita; 4. Il concordato in continuità azien-

dale; 5. Problemi di operatività dell’art. 110 con le norme del codice

dettate in ordine ai motivi di esclusione e mancato raccordo con i

principi informatori le procedure di insolvenza.

1. Lo scritto si propone l’obiettivo di delineare le novità intro-

dotte con il Dlgs. 50/2016 di “Attuazione delle direttive

2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE sull’aggiudicazione dei

contratti di concessione, sugli appalti pubblici e sulle procedure

d’appalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia,

dei trasporti e dei servizi postali, nonché per il riordino della di-

sciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori,

servizi e forniture” - in seguito Codice dei contratti pubblici -

limitatamente alle disposizioni dirette a disciplinare i rapporti tra

le procedure ad evidenza pubblica e le procedure di insolvenza.

La rinnovata disciplina recata dal nuovo codice degli appalti

segue al richiamo contenuto nella direttiva comunitaria

2014/23/UE teso a consentire agli Stati membri, compatibil-

mente con le rispettive regolamentazioni nazionali, di sostenere

la partecipazione alle gare di appalto anche delle imprese insol-

venti e di evitare che la dichiarazione di insolvenza dell’appal-

tatore, si configuri quale causa automatica dello scioglimento

dei contratti pubblici, con l’obiettivo evidente di assicurare una

maggiore tutela della impresa in crisi e dunque di garantire il

mantenimento dei livelli occupazionali.

L’obiettivo sostenuto dalla direttiva comunitaria coincide con

l’esigenza di estendere il principio di massima partecipazione

[Articoli] IL CASO.it 23 gennaio 2017

Riproduzione riservata 2

alle procedure di evidenza pubblica, anche alle imprese che,

benché caratterizzate da una situazione di crisi, sia essa reversi-

bile o meno, utilizzino gli strumenti previsti dagli ordinamenti

nazionali, diretti alla conservazione in tutto o in parte dell’atti-

vità aziendali.

Tale analisi sarà dunque indirizzata a disaminare gli effetti

delle nuove disposizioni ed in particolare del novellato art. 110

recante la completa riscrittura degli effetti derivanti dalla dichia-

razione d’insolvenza dell’impresa esecutrice, al fine di eviden-

ziare alcune incongruenze della nuova formulazione, la cui ap-

plicazione potrebbe rivelarsi foriera di significative problemati-

che operative.

Si tenterà, altresì, di evidenziare la perdurante difficoltà da

parte del legislatore nazionale di individuare una piattaforma

normativa idonea ad armonizzare le conseguenze derivanti

dall’applicazione degli istituti propri dell’ordinamento fallimen-

tare, miranti in prevalenza a salvaguardare la tutela dei creditori

assicurata dall’attività sinergica svolta da parte degli organi fal-

limentari, e dalla necessità di garantire l’ineludibile esigenza

della corretta esecuzione del contratto pubblico.

2. Il novellato articolo 110 del codice rubricato “Procedure di

affidamento in caso di fallimento dell'esecutore o di risoluzione

del contratto e misure straordinarie di gestione” introduce un

temperamento alla regola generale del codice previgente se-

condo il quale la dichiarazione di insolvenza o la pendenza della

relativa procedura integrava un evento determinante la perdita di

un requisito di ordine generale, attraverso la previsione secondo

la quale anche l’impresa insolvente, ricorrendone determinati

presupposti, può partecipare alle gare d’appalto o continuare ad

eseguire un contratto già stipulato.

Questa la formulazione dell’art. 110: “Le stazioni appaltanti,

in caso di fallimento, di liquidazione coatta e concordato pre-

ventivo, ovvero procedura di insolvenza concorsuale o di liqui-

dazione dell'appaltatore, o di risoluzione del contratto ai sensi

dell'articolo 108 ovvero di recesso dal contratto ai sensi dell'ar-

ticolo 88, comma 4-ter, del decreto legislativo 6 settembre 2011,

n. 159, ovvero in caso di dichiarazione giudiziale di inefficacia

del contratto, interpellano progressivamente i soggetti che

hanno partecipato all'originaria procedura di gara, risultanti

[Articoli] IL CASO.it 23 gennaio 2017

Riproduzione riservata 3

dalla relativa graduatoria, al fine di stipulare un nuovo con-

tratto per l'affidamento del completamento dei lavori.

2. L'affidamento avviene alle medesime condizioni gia' pro-

poste dall'originario aggiudicatario in sede in offerta.

3. Il curatore del fallimento, autorizzato all'esercizio provvi-

sorio, ovvero l'impresa ammessa al concordato con continuità

aziendale, su autorizzazione del giudice delegato, sentita l'A-

NAC, possono:

a) partecipare a procedure di affidamento di concessioni e

appalti di lavori, forniture e servizi ovvero essere affidatario di

subappalto;

b) eseguire i contratti gia' stipulati dall'impresa fallita o am-

messa al concordato con continuità aziendale.

4. L'impresa ammessa al concordato con continuità aziendale

non necessita di avvalimento di requisiti di altro soggetto. L'im-

presa ammessa al concordato con cessione di beni o che ha pre-

sentato domanda di concordato a norma dell'articolo 161, sesto

comma, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, puo' eseguire

i contratti gia' stipulati, su autorizzazione del giudice delegato,

sentita l'ANAC.

5. L'ANAC, sentito il giudice delegato, puo' subordinare la

partecipazione, l'affidamento di subappalti e la stipulazione dei

relativi contratti alla necessita' che il curatore o l'impresa in

concordato si avvalgano di un altro operatore in possesso dei

requisiti di carattere generale, di capacita' finanziaria, tecnica,

economica, nonche' di certificazione, richiesti per l'affidamento

dell'appalto, che si impegni nei confronti dell'impresa concor-

rente e della stazione appaltante a mettere a disposizione, per la

durata del contratto, le risorse necessarie all'esecuzione dell'ap-

palto e a subentrare all'impresa ausiliata nel caso in cui questa

nel corso della gara, ovvero dopo la stipulazione del contratto,

non sia per qualsiasi ragione piu' in grado di dare regolare ese-

cuzione all'appalto o alla concessione, nei seguenti casi:

a) se l'impresa non e' in regola con i pagamenti delle retri-

buzioni dei dipendenti e dei versamenti dei contributi previden-

ziali e assistenziali;

b) se l'impresa non e' in possesso dei requisiti aggiuntivi che

l'ANAC individua con apposite linee guida.

6. Restano ferme le disposizioni previste dall'articolo 32 del

decreto legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modifica-

zioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114, in materia di misure

[Articoli] IL CASO.it 23 gennaio 2017

Riproduzione riservata 4

straordinarie di gestione di imprese nell'ambito della preven-

zione della corruzione”.

Come anticipato la disposizione ai commi 1 e 2 appare ripro-

durre il principio di affidamento già previsto dall’art. 140 d.lgs.

n. 163/20061, mentre i commi successivi danno attuazione ai

principi della legge delega 28 gennaio n. 11/2012 di cui alla lett.

vv) numeri da 2 a 5, che recano: “la disciplina del procedimento

per la decadenza e la sospensione delle attestazioni secondo i

seguenti principi e criteri direttivi: 1) attribuzione della relativa

competenza all'ANAC; 2) previsione che il curatore del falli-

mento possa partecipare alle procedure di affidamento delle

concessioni e degli appalti di lavori, forniture e servizi, che

possa essere affidatario di subappalti e che possa stipulare i re-

lativi contratti quando l'impresa fallita è in possesso delle ne-

cessarie attestazioni ed e' stato autorizzato l'esercizio provviso-

rio; 3) previsione che il curatore del fallimento, quando e' stato

autorizzato l'esercizio provvisorio, possa eseguire i contratti già

stipulati dall'impresa fallita; 4) previsione che l'impresa am-

messa al concordato con continuità aziendale possa partecipare

alle procedure di affidamento delle concessioni e degli appalti

di lavori, forniture e servizi, o essere affidataria di subappalti e

stipulare i relativi contratti, senza necessita' di avvalersi dei re-

quisiti di altro soggetto o dell'attestazione SOA di altro sog-

getto; 5) previsione che l'impresa ammessa al concordato con

1 L’art. 140 rubricato “Procedure di affidamento in caso di fallimento dell'esecu-

tore o risoluzione del contratto” prescrive ai commi 1 e 2 che: “1. Le stazioni

appaltanti, in caso di fallimento dell'appaltatore o di liquidazione coatta e con-

cordato preventivo dello stesso o di risoluzione del contratto ai sensi degli articoli

135 e 136 o di recesso dal contratto ai sensi dell'articolo 11, comma 3 del d.P.R.

3 giugno 1998, n. 252, potranno interpellare progressivamente i soggetti che

hanno partecipato all'originaria procedura di gara, risultanti dalla relativa gra-

duatoria, al fine di stipulare un nuovo contratto per l'affidamento del completa-

mento dei lavori. Si procede all'interpello a partire dal soggetto che ha formulato

la prima migliore offerta, fino al quinto migliore offerente, escluso l'originario

aggiudicatario.

2. L'affidamento avviene alle medesime condizioni già proposte dall'originario

aggiudicatario in sede in offerta”. 2 La legge 28 gennaio n. 11/2016 avente ad oggetto “Deleghe al Governo per l'at-

tuazione delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE del Parlamento

europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sull'aggiudicazione dei contratti di

concessione, sugli appalti pubblici e sulle procedure d'appalto degli enti erogatori

nei settori dell'acqua, dell'energia, dei trasporti e dei servizi postali, nonche' per il

riordino della disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori,

servizi e forniture.

[Articoli] IL CASO.it 23 gennaio 2017

Riproduzione riservata 5

continuita' aziendale o con cessione di beni o che ha presentato

domanda di concordato a norma dell'articolo 161, sesto comma,

del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, possa eseguire i con-

tratti gia' stipulati dall'impresa stessa; 6) disciplina dei casi in

cui l'ANAC puo', nelle fattispecie di cui ai numeri 2), 3), 4) e 5),

sentito il giudice delegato alla procedura di fallimento o con-

cordato preventivo e acquisito il parere del curatore o del com-

missario giudiziale, subordinare la partecipazione, l'affida-

mento di subappalti e la stipulazione dei relativi contratti alla

necessita' che il curatore o l'impresa in concordato si avvalgano

di un altro operatore in possesso dei requisiti di carattere gene-

rale, di capacita' finanziaria, tecnica, economica, nonche' di

certificazione, richiesti per l'affidamento dell'appalto, che si im-

pegni nei confronti dell'impresa concorrente e della stazione ap-

paltante a mettere a disposizione, per la durata del contratto, le

risorse necessarie all'esecuzione dell'appalto e a subentrare

all'impresa ausiliata nel caso in cui questa nel corso della gara,

ovvero dopo la stipulazione del contratto, non sia per qualsiasi

ragione piu' in grado di dare regolare esecuzione all'appalto o

alla concessione”.

A ben vedere la formulazione dei primi due commi dell’art.

110 pone un primo problema definitorio ed in particolare di in-

dividuazione di quelle procedure concorsuali, la cui ricorrenza

legittima la stazione appaltante alla risoluzione del contratto, po-

sto che la formulazione utilizzata nel primo comma risulta più

ampia di quella prevista dal codice previgente; difatti l’art. 110

fa riferimento al “fallimento, alla liquidazione coatta, al con-

cordato preventivo, ovvero procedura di insolvenza concorsuale

o di liquidazione dell'appaltatore”, mentre l’art. 140 del Dlgs.

163/06 limita tale opzione al fallimento, alla liquidazione coatta

amministrativa e al concordato preventivo.

Quindi, la nuova disposizione introduce rispetto alla pre-

gressa disciplina le diciture “procedura di insolvenza concor-

suale” e “la liquidazione dell’appaltatore”, che sono entrambi

istituti estranei al campo di applicazione della legge fallimen-

tare, nel senso che l’ordinamento nazionale dettato in materia di

procedure concorsuali non consente di ricondurre questi “due

istituti” come riconducibili ad un tipo specifico di procedura di

insolvenza.

Ciò in quanto la dicitura “procedura di insolvenza concor-

suale” appare più una formula atecnica volta a ricomprendere

[Articoli] IL CASO.it 23 gennaio 2017

Riproduzione riservata 6

qualsivoglia procedura concorsuale e dunque anche quelle già

indicate dalla norma, ovvero fallimento, concordato preventivo

e liquidazione coatta amministrativa, ma se così fosse potrebbe

prestarsi anche a ricomprendere la procedura di insolvenza delle

grandi imprese in crisi, ovvero l’amministrazione straordinaria

prevista dal Dlgs. 270/99.

Pervero tale interpretazione sembrerebbe smentita dalla rela-

zione illustrativa, che nell’esplicazione dell’art. 110 fa riferi-

mento esclusivamente al fallimento, alla liquidazione coatta e al

concordato preventivo, escludendo dunque l’amministrazione

straordinaria.

Diversamente il richiamo contenuto alla “liquidazione

dell’appaltatore”, potrebbe facilmente ingenerare il dubbio per

gli operatori che esso si riferisca al diverso istituto della liquida-

zione prevista dall’art. 2484 del codice civile, quale conse-

guenza del verificarsi di una causa di scioglimento della società.

Quindi a ben vedere la liquidazione sia essa volontaria o giu-

diziale, a differenza della liquidazione coatta prevista dalla legge

fallimentare e dettagliata da apposite leggi speciali, non implica

l’accertamento della situazione di insolvenza da parte dell’auto-

rità giudiziaria, così come non priva l’imprenditore del potere di

disporre dell’azienda3, ma presuppone una mera deliberazione

da parte dell’assemblea dei soci di accertamento di una causa di

scioglimento della società, attribuendo al liquidatore, che può

appartenere anche alla compagine sociale, il compito di liqui-

dare le attività della società.

Si rivela altresì utile precisare che l’art 2487, comma 1, lettera

c) c.c attribuisce all’assemblea dei soci il compito di deliberare,

tra l’altro, in ordine al compimento degli “atti necessari per la

conservazione del valore dell’impresa, ivi compreso il suo eser-

cizio provvisorio, anche di singoli rami, in funzione del migliore

realizzo”, con la conseguenza che tale istituto non determina una

necessaria interruzione delle attività di impresa, ben potendo i

soci nella delibera di nomina del liquidatore, conferire a

quest’ultimo il compito di procedere alla prosecuzione di deter-

minati contratti, proprio al fine di ottimizzare la procedura di li-

quidazione delle attività.

3 Mentre ai sensi dell’art. 42 della legge fallimentare, la dichiarazione di falli-

mento determina lo spossessamento dei beni aziendali da parte dell’imprenditore,

che vengono affidati al curatore.

[Articoli] IL CASO.it 23 gennaio 2017

Riproduzione riservata 7

Ne consegue che la liquidazione disciplinata dall’art. 2484 e

ss. del codice civile non preclude né la partecipazione alle gare

d’appalto, né il suo verificarsi determina la perdita di un requi-

sito generale tale da legittimare la stazione appaltante allo scio-

glimento del contratto in corso di esecuzione.4

La spiegazione dell’inserimento della formula “liquidazione

dell’appaltatore” tra le procedure concorsuali indicate dall’art.

110, è certamente da ricondursi al fatto per il quale sul piano

terminologico detta norma richiama, in parte, le procedure con-

corsuali individuate dall’art. 38 comma 7 lett. b della Direttiva

23/2014, secondo il quale: “Le amministrazioni aggiudicatrici o

gli enti aggiudicatori possono escludere o possono essere obbli-

gati dagli Stati membri a escludere dalla partecipazione all’ag-

giudicazione di concessioni un operatore economico, se si veri-

fica una delle condizioni seguenti:

lett. b) se l’operatore economico è in stato di fallimento o è

oggetto di una procedura di insolvenza o di liquidazione, se è in

stato di amministrazione controllata, se ha stipulato un concor-

dato preventivo con i creditori, se ha cessato le sue attività o si

trova in qualsiasi altra situazione analoga derivante da una pro-

cedura simile ai sensi di leggi e regolamenti nazionali; tuttavia

l’amministrazione aggiudicatrice o l’ente aggiudicatore pos-

sono decidere di non escludere oppure gli Stati membri possono

esigere che l’amministrazione aggiudicatrice o l’ente aggiudi-

catore non escludano un operatore economico che si trovi in una

delle situazioni di cui sopra, qualora abbiano stabilito che

l’operatore economico in questione sarà in grado di eseguire la

concessione, tenendo conto delle norme e misure nazionali ap-

plicabili in relazione alla prosecuzione delle attività in tali si-

tuazioni”. 4 Peraltro sul punto risulta ormai consolidato l’indirizzo giurisprudenziale matu-

rato dalla giurisprudenza amministrativa secondo cui la liquidazione volontaria

non comportando una situazione di insolvenza non prelude la partecipazione agli

appalti pubblici (v. Consiglio di Stato, sez. VI, 6 aprile 2006, n. 1873). Alle me-

desime coordinate interpretative perviene anche l’Autorità dei Lavori Pubblici con

Determinazione n. 1 del 12 gennaio 2010 “Requisiti di ordine generale per l'affi-

damento di contratti pubblici di lavori, servizi e forniture ai sensi dell'articolo 38

del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 nonché per gli affidamenti di subap-

palti. Profili interpretativi ed applicativi”, con la quale si affermava che la liqui-

dazione volontaria non è certamente idonea ad attestare uno stato di insolvenza

tale da integrare una causa di esclusione, tenuto conto del fatto che con la liquida-

zione volontaria è ammessa la continuazione, anche parziale, dell'attività di im-

presa ai sensi dell'articolo 2487 c.c.

[Articoli] IL CASO.it 23 gennaio 2017

Riproduzione riservata 8

Quindi, il campo di applicazione di detta disposizione comu-

nitaria è delimitato al fallimento, all’impresa oggetto di una pro-

cedura di insolvenza o di liquidazione, all’amministrazione con-

trollata, al concordato preventivo con i creditori, al fatto di aver

cessato le sue attività o di trovarsi in qualsiasi altra situazione

analoga derivante da una procedura simile ai sensi di leggi e re-

golamenti nazionali.

Nel recepire tale disposizione il nostro legislatore ha dunque

menzionato la procedura di insolvenza introducendo l’ulteriore

dicitura “concorsuale” e ha altresì inserito “la liquidazione” ag-

giungendo la formula “dell’appaltatore”, mentre non ha inserito

“l’amministrazione controllata”, che nel nostro ordinamento è

stata abrogata e sostituita dall’amministrazione straordinaria.

Per cui sotto quest’ultimo profilo, si pone anche un problema

interpretativo di annoverare tra le procedure ricomprese dalla

norma anche l’amministrazione straordinaria delle grandi im-

prese in crisi disciplinata come già detto dal Dlgs. 270/99. Ri-

tornando al termine atecnico “liquidazione” utilizzato dal legi-

slatore comunitario esso appare certamente riconducibile ad una

procedura di insolvenza diretta alla mera liquidazione delle atti-

vità aziendali, ovvero accompagnata dallo spossamento dell’im-

presa, con la conseguenza che tale riferimento non potrà essere

assimilato all’istituto della liquidazione previsto dal codice ci-

vile, da cui si diversifica sia perché esso non implica l’accerta-

mento dell’insolvenza, sia perché esso potrebbe preludere, come

già visto, anche l’espressa volontà dei soci di continuare l’atti-

vità.

A tali conclusioni si perviene avendo riguardo alle disposi-

zioni contenute nel Regolamento (CE) n. 1346/2000 del Consi-

glio, del 29 maggio 2000, relativo alle procedure di insol-

venza, che rappresenta la fonte normativa di rango sovranazio-

nale enucleata nel settore della cooperazione giudiziaria in ma-

teria civile ai sensi dell’articolo 65 del trattato, al fine di conse-

guire il buon funzionamento del mercato interno attraverso l’ar-

monizzazione dei provvedimenti da prendere in merito al patri-

monio del debitore insolvente ed in relazione alle implicazioni

derivanti dalle procedure di insolvenza transfrontaliera.

Il regolamento ci consente di pervenire al corretto inquadra-

mento sul piano definitorio delle specifiche tipologie di proce-

dure di insolvenza considerate a livello comunitario, la cui esatta

[Articoli] IL CASO.it 23 gennaio 2017

Riproduzione riservata 9

delimitazione ci permette di inquadrare anche l’ambito di appli-

cazione della norma del codice in commento.

A tale scopo appare utile richiamare l’art. 1 comma 1 che re-

lativamente al campo di applicazione del regolamento, prescrive

che esso si applica alle procedure concorsuali fondate sull’insol-

venza del debitore che comportano lo spossessamento parziale o

totale del debitore stesso e la designazione di un curatore. Già

questa specificazione consente di escludere dal campo di appli-

cazione della norma la liquidazione che non risulta né fondata

sull’insolvenza né risulta caratterizzata dallo spossamento

dell’azienda con consequenziale affidamento della stessa ad un

soggetto terzo qual è il curatore fallimentare o il commissario.5

Il successivo articolo 2 riconduce la tipologia delle procedure

concorsuali di cui al citato articolo 1, contrassegnate con la de-

finizione “Procedura di insolvenza”, a quelle inserite nell’alle-

gato A del regolamento, che reca l’elencazione delle procedure

previste dalle singole legislazioni europee, ove per l’Italia sono

contemplate le seguenti: Fallimento, Concordato preventivo, Li-

quidazione coatta amministrativa, Amministrazione straordina-

ria e Amministrazione controllata.

Si rivela altresì utile, al fine di fugare ogni ragionevole dubbio

in merito alla corretta individuazione delle procedure concor-

suali, riportare anche la tipologia di procedura che viene con-

trassegnata dal regolamento alla lett. c) come “Procedura di li-

quidazione”, quest’ultima qualificata come una procedura d’in-

solvenza ai sensi della lettera a), ovvero implicante la liquida-

zione dei beni del debitore, anche se la procedura è chiusa in

seguito ad un concordato o ad altra misura che ponga fine all’in-

solvenza o è chiusa a causa di insufficienza dell’attivo. L’elenco

di tali procedure figura nell’allegato B, ove per l’Italia sono con-

template il Fallimento e la Liquidazione coatta amministrativa.

Sulla base di tale ulteriore approccio ermeneutico è possibile

concludere nel senso che le procedure di insolvenza riconosciute

dal regolamento comunitario come vigenti nel nostro ordina-

mento siano esclusivamente le seguenti: Fallimento, liquida-

5 La lett. b) dell’art. 1 "Curatore", qualsiasi persona o organo la cui funzione è di

amministrare o liquidare i beni dei quali il debitore è spossessato o di sorvegliare

la gestione dei suoi affari. L'elenco di tali persone e organi figura nell'allegato C

ed essa ricompre il Curatore - Commissario

[Articoli] IL CASO.it 23 gennaio 2017

Riproduzione riservata 10

zione coatta amministrativa, concordato preventivo, ammini-

strazione controllata (abrogata) ed amministrazione straordina-

ria.

Con la conseguenza pertanto che “la procedura di insolvenza

concorsuale” e “la liquidazione dell’appaltatore” cui fa riferi-

mento l’art. 110, debbono riferirsi esclusivamente alle procedure

contemplate dall’ordinamento fallimentare.

Analoghe problematiche interpretative pone anche l’art. 48

del nuovo codice, che con riferimento alle vicende soggettive

che caratterizzano i raggruppamenti temporanei di impresa ed i

consorzi, vengono riproposte ai commi 17 e 18 in maniera atec-

nica le formule sopra stigmatizzate di procedura di insolvenza

concorsuale e di liquidazione che possono contrassegnare il

mandatario o il mandante, secondo la seguente formulazione:

“17. Salvo quanto previsto dall'articolo 110, comma 5, in caso

di fallimento, liquidazione coatta amministrativa, amministra-

zione controllata, amministrazione straordinaria, concordato

preventivo ovvero procedura di insolvenza concorsuale o di li-

quidazione del mandatario ovvero, qualora si tratti di impren-

ditore individuale, in caso di morte, interdizione, inabilitazione

o fallimento del medesimo ovvero nei casi previsti dalla norma-

tiva antimafia, la stazione appaltante puo' proseguire il rap-

porto di appalto con altro operatore economico che sia costi-

tuito mandatario nei modi previsti dal presente codice purche'

abbia i requisiti di qualificazione adeguati ai lavori o servizi o

forniture ancora da eseguire; non sussistendo tali condizioni la

stazione appaltante puo' recedere dal contratto.

18. Salvo quanto previsto dall'articolo 110, comma 5, in caso

di fallimento, liquidazione coatta amministrativa, amministra-

zione controllata, amministrazione straordinaria, concordato

preventivo ovvero procedura di insolvenza concorsuale o di li-

quidazione di uno dei mandanti ovvero, qualora si tratti di im-

prenditore individuale, in caso di morte, interdizione, inabilita-

zione o fallimento del medesimo ovvero nei casi previsti dalla

normativa antimafia, il mandatario, ove non indichi altro ope-

ratore economico subentrante che sia in possesso dei prescritti

requisiti di idoneita', e' tenuto alla esecuzione, direttamente o a

mezzo degli altri mandanti, purche' questi abbiano i requisiti di

qualificazione adeguati ai lavori o servizi o forniture ancora da

eseguire”.

[Articoli] IL CASO.it 23 gennaio 2017

Riproduzione riservata 11

A differenza però dell’art. 110, l’art. 48 commi 17 e 18 anno-

vera correttamente tra le procedure di insolvenza anche l’ammi-

nistrazione straordinaria, mentre contiene un refuso indicando

anche l’abrogata amministrazione controllata.

Tali problematiche terminologiche non sembra riguardino il

novellato art. 80 che con riferimento ai “Motivi di esclusione”

prevede al comma 5 lett. b che “Le stazioni appaltanti escludono

dalla partecipazione alla procedura d’appalto un operatore

economico in una delle seguenti situazioni, anche riferita a un

suo subappaltatore nei casi di cui all'articolo 105, comma 6,

qualora: …. b) l'operatore economico si trovi in stato di falli-

mento, di liquidazione coatta, di concordato preventivo, salvo il

caso di concordato con continuità aziendale, o nei cui riguardi

sia in corso un procedimento per la dichiarazione di una di tali

situazioni, fermo restando quanto previsto dall'articolo 110;”.

L’art. 80 individua correttamente le procedure concorsuali

che legittimano l’amministrazione ad escludere dalla partecipa-

zione alla gara d’appalto gli operatori che si trovino stato di fal-

limento, di liquidazione coatta, di concordato preventivo, fatti

salvi gli effetti di cui all’art. 110, la cui formulazione potrebbe

però prestarsi alle incertezze interpretative riferite.

Per cui sarebbe auspicabile che nel decreto correttivo l’art.

110 e l’art. 48 commi 17 e 18 vengano emendati nel senso di

eliminare per il primo le diciture “procedura di insolvenza con-

corsuale e procedura di liquidazione dell’appaltatore” e di in-

serire quale procedura concorsuale non indicata l’amministra-

zione straordinaria; mentre per l’art. 48 comma 17 di eliminare

la dicitura “procedura di insolvenza concorsuale o di liquida-

zione del mandatario” così come il riferimento all’amministra-

zione controllata, e per il comma 18 di eliminare la dicitura “pro-

cedura di insolvenza concorsuale o di liquidazione del man-

dante” e il riferimento all’amministrazione controllata.

3. L’art. 110 del nuovo codice sembrerebbe introdurre un vero

e proprio obbligo delle stazioni appaltanti di procedere ad inter-

pellare le imprese in graduatoria alla ricorrenza della dichiara-

zione delle menzionate procedure concorsuali, stante l’utilizzo

della formulazione: “interpellano progressivamente i soggetti

che hanno partecipato all'originaria procedura di gara”.

[Articoli] IL CASO.it 23 gennaio 2017

Riproduzione riservata 12

Anche sotto questo profilo la norma pone un problema opera-

tivo di non poco rilievo posto che la sua formulazione pare au-

torizzare una lettura particolarmente restrittiva da parte delle sta-

zioni appaltanti, che mal si concilia con lo spirito della direttiva

e della legge delega, non apparendo coordinata con il favor par-

tecipationis alle procedure ad evidenza pubblica scandito dai

commi seguenti, ed al mantenimento dei contratti in corso.

In tale angolazione appare più corretta la formula utilizzata in

termini di facoltà dall’art. 140 del Dlgs. 163/06, secondo cui le

stazioni appaltanti “potranno interpellare progressivamente i

soggetti che hanno partecipato all'originaria procedura di

gara...”, che appare calibrata anche in ordine alla necessità di

contemplare le altre fattispecie previste dal codice, nelle quali la

declaratoria di insolvenza potrebbe risultare non ostativa, a de-

terminate condizioni, alla prosecuzione del rapporto già stipu-

lato con l’amministrazione. Ci si riferisce all’art. 37 commi 18 e

19 del Dlgs. 163/06, secondo cui il rapporto contrattuale con la

stazione appaltante può proseguire anche nel caso di fallimento

del mandatario, a condizione che altro operatore economico si

sia costituito come mandatario e sia in possesso dei relativi re-

quisiti adeguati; analogamente il fallimento di una delle imprese

mandanti, non vale ad integrare una causa di scioglimento del

rapporto contrattuale, avendo il mandatario la possibilità di in-

dicare altra mandante in possesso dei requisiti oppure di eseguire

direttamente o a mezzo di altri mandanti dotati dei requisiti.

Detta ultima disposizione risulta peraltro riprodotta nel nuovo

codice all’art. 48 commi 17 e 18, con la quale si pone ulteriore

problema di coordinamento dell’art. 110, la cui formulazione, in

parte qua, andrebbe rivista proprio in ragione di darne una let-

tura coordinata con le altre prescrizioni del codice, che risultano

preordinate a salvaguardare, entro il rispetto delle condizioni

previste, il mantenimento dei contratti in corso.

La lettura testuale della norma in commento potrebbe dunque

confermare il principio già affermato in vigore del vecchio co-

dice secondo cui la dichiarazione di fallimento o la pendenza di

tale procedura non consente all’impresa di partecipare alla gara

in quanto priva di un requisito di ordine generale, che, deve es-

sere posseduto in fase di partecipazione e deve perdurare in fase

di esecuzione.

Diversamente l’art. 110 al comma 3 introduce l’innovativo

principio per il quale:

[Articoli] IL CASO.it 23 gennaio 2017

Riproduzione riservata 13

“Il curatore del fallimento, autorizzato all'esercizio provviso-

rio, ovvero l'impresa ammessa al concordato con continuità

aziendale, su autorizzazione del giudice delegato, sentita l'A-

NAC, possono: a) partecipare a procedure di affidamento di

concessioni e appalti di lavori, forniture e servizi ovvero essere

affidatario di subappalto;

b) eseguire i contratti già stipulati dall’impresa fallita o am-

messa al concordato con continuità aziendale”.

Benché la finalità di tale disposizione possa apparire merite-

vole in quanto ispirata dal lodevole intento di favorire percorsi

di risanamento dell’impresa in crisi, o comunque di massimiz-

zare, indirettamente, il migliore realizzo dalla vendita del com-

pendio in esercizio, gli effetti operativi della disposizione ap-

paiono quantomai incerti, posto che la norma non appare né

coordinata con altre disposizioni dello stesso codice, né si armo-

nizza con ulteriori dinamiche proprie delle procedure concor-

suali, che potrebbero apparire tali da rivelarsi ostative alla sua

applicazione.

3.1. La norma consente la partecipazione alle gara di appalto

da parte dell’impresa fallita soltanto nel caso in cui sia stato di-

chiarato l’esercizio provvisorio, che si configura quale istituto

del tutto eccezionale nell’ordinamento fallimentare in quanto

per sua natura appare avulso dalla fisiologia dei compiti attributi

agli organi della procedura fallimentare, atteso che esso risulta

funzionale alla migliore valorizzazione dell’attivo fallimentare

o comunque al contenimento del depauperamento dei valori

aziendali, che può essere autorizzato solo in casi particolari e

comunque entro le limitazioni imposte dall’art. 104 l.f. 6

L’esercizio provvisorio può essere ordinato dal Tribunale fal-

limentare con la sentenza dichiarativa dello stato di insolvenza e

dunque nell’ambito di una verifica della ricorrenza dei requisiti

svolta in sede di istruttoria prefallimentare, oppure può essere

6 cfr. Fimmanò che in ordine alle finalità e allo scopo dell’esercizio provvisorio

osserva che: “Questa dovrebbe essere la nuova frontiera del diritto fallimentare,

anche in chiave di analisi economica, come procedura potenzialmente in grado

di salvaguardare l’interesse oggettivo dell’impresa in cui convive l’interesse dei

creditori, dei lavoratori, degli stakeholders e più in generale dell’economia, ri-

ducendo altresì i costi sociali del dissesto” ( v. Esercizio provvisorio dell’impresa

e riallocazione dell’azienda nella riforma della legge fallimentare su il caso.it).

[Articoli] IL CASO.it 23 gennaio 2017

Riproduzione riservata 14

disposto successivamente da parte del giudice delegato su pro-

posta del curatore e previo parere favorevole del comitato dei

creditori.7

L’esercizio provvisorio non dovrà necessariamente riguardare

la continuazione di tutte le attività dell’azienda ma potrebbe es-

sere limitato anche alla necessità di proseguire lo svolgimento di

attività ricomprese in rami d’azienda.

E’ ben possibile ad esempio che la valutazione di prosecu-

zione delle attività sia collegata alla necessità di evitare che l’in-

terruzione dell’attività imprenditoriale possa arrecare ulteriore

nocumento all’attivo aziendale, cosicché il Tribunale o succes-

sivamente il giudice delegato ne ravvisino l’opportunità della

continuazione al fine di preservarne massimamente il valore di

realizzo nella successiva liquidazione.

L’esercizio provvisorio di un’azienda o di suoi rami appare

plausibile proprio nella misura in cui vi è un trasferimento com-

plessivo di beni e rapporti aziendali organizzati, nel senso che

7Ciò in base al combinato disposto dei commi 1 e 2 dell’art. 104 che di seguito si

riporta: “Con la sentenza dichiarativa del fallimento, il tribunale può disporre

l’esercizio provvisorio dell’impresa, anche limitatamente a specifici rami

dell’azienda, se dalla interruzione può derivare un danno grave, purché non ar-

rechi pregiudizio ai creditori.

Successivamente, su proposta del curatore, il giudice delegato, previo parere fa-

vorevole del comitato dei creditori, autorizza, con decreto motivato, la continua-

zione temporanea dell’esercizio dell’impresa, anche limitatamente a specifici

rami dell’azienda, fissandone la durata.

III. Durante il periodo di esercizio provvisorio, il comitato dei creditori è convo-

cato dal curatore, almeno ogni tre mesi, per essere informato sull’andamento

della gestione e per pronunciarsi sull’opportunità di continuare l’esercizio.

IV. Se il comitato dei creditori non ravvisa l’opportunità di continuare l’esercizio

provvisorio, il giudice delegato ne ordina la cessazione.

V. Ogni semestre, o comunque alla conclusione del periodo di esercizio provviso-

rio, il curatore deve presentare un rendiconto dell’attività mediante deposito in

cancelleria. In ogni caso il curatore informa senza indugio il giudice delegato e

il comitato dei creditori di circostanze sopravvenute che possono influire sulla

prosecuzione dell’esercizio provvisorio.

VI. Il tribunale può ordinare la cessazione dell’esercizio provvisorio in qualsiasi

momento laddove ne ravvisi l’opportunità, con decreto in camera di consiglio non

soggetto a reclamo sentiti il curatore ed il comitato dei creditori.

VII. Durante l’esercizio provvisorio i contratti pendenti proseguono, salvo che il

curatore non intenda sospenderne l’esecuzione o scioglierli.

VIII. I crediti sorti nel corso dell’esercizio provvisorio sono soddisfatti in prede-

duzione ai sensi dell’articolo 111, primo comma, n. 1).

IX. Al momento della cessazione dell’esercizio provvisorio si applicano le dispo-

sizioni di cui alla sezione IV del capo III del titolo II”.

[Articoli] IL CASO.it 23 gennaio 2017

Riproduzione riservata 15

l’esercizio è funzionalmente collegato a favorire la prosecuzione

di particolari contratti.

Per cui di norma la valutazione svolta dagli organi fallimen-

tari in ordine alla necessità di proseguire l’attività di impresa e

di consentire l’esercizio provvisorio presuppone una previa ve-

rifica circa l’opportunità di prosecuzione di determinati rapporti

contrattuali pendenti, secondo quanto previsto dall’art. 72 e ss.

della lf.

In relazione a detto ultimo profilo la prosecuzione di rapporti

negoziali con controparti private non dava adito a problemi in-

terpretativi, a differenza dei rapporti contrattuali pubblici nei

quali la dichiarazione di fallimento rappresentava causa automa-

tica di scioglimento del contratto o comunque integrava la per-

dita di un requisito di ordine generale che deve perdurare sino

alla conclusione del rapporto.

Diversamente il novellato art. 110 al comma 3 lett. a e b pre-

figura un duplice scenario: quello in cui l’impresa ammessa

all’esercizio provvisorio, su autorizzazione del giudice delegato

e sentita l’Anac possa partecipare alle procedure di evidenza

pubblica e quello in cui il curatore del fallimento possa prose-

guire i contratti dell’impresa fallita.

La prima opzione quella della partecipazione alle gare d’ap-

palto, se può apparire percorribile per il concordato in continuità

aziendale, potrebbe risultare meno praticabile per la procedura

fallimentare ancorché in esercizio provvisorio.

Ciò in quanto uno degli elementi caratterizzanti l’esercizio

provvisorio è che la valutazione sulle opportunità di continua-

zione si basa ovviamente su attività già in corso della fallita, per

le quali il Tribunale o il giudice delegato su proposta del curatore

si limitano a verificare gli effetti deleteri che potrebbero derivare

dall’interruzione di un’attività economica in itinere, sul piano di

una perdita di valore delle attività, che andranno comunque li-

quidate.

Difatti, la prospettiva prettamente liquidatoria delle attività

dell’azienda fallita non consente al curatore di effettuare delle

valutazioni che sarebbero proprie dell’imprenditore e dunque as-

sumere nuove obbligazioni nell’interesse della procedura con

correlativa assunzione del rischio di impresa.8

8 In ordine al compito rimesso al curatori di provvedere al mantenimento in vita

delle strutture organizzative economicamente rilevanti al fine di riallocarle nel

mercato attraverso l’eventuale trasferimento ad altri imprenditori è stato osservato

[Articoli] IL CASO.it 23 gennaio 2017

Riproduzione riservata 16

In tal senso la partecipazione ad una procedura evidenza pub-

blica implica necessariamente la prosecuzione dell’attività di

impresa, in quanto essa prelude la predisposizione di un business

plan, l’individuazione dei costi occorrenti per lo svolgimento

della commessa, le responsabilità connesse alla corretta esecu-

zione dell’opera, il rischio di contenzioso e via dicendo.

Inoltre l’esercizio provvisorio potrà essere efficacemente uti-

lizzato solo se il fallimento possiede la necessaria liquidità per

far fronte agli impegni che il curatore assume, evitando che i

creditori pregressi si trovino danneggiati dall’assunzione di ob-

bligazioni che determino l’insorgenza di debiti che saranno sod-

disfatti in prededuzione.9

Ne deriva che stante il carattere essenzialmente conservativo

perseguito dall’istituto dell’esercizio provvisorio l’opzione di

valutare la partecipazione alle gare d’appalto da parte del cura-

tore sembrerebbe difficilmente praticabile, così come improba-

bile il rilascio dell’autorizzazione da parte del giudice delegato.

Ulteriore profilo che rende incerta l’opzione della partecipa-

zione alla procedura di gara da parte del curatore fallimentare è

correlato al carattere necessariamente temporaneo che connota

l’esercizio appunto definito “provvisorio”, considerata anche la

possibilità da parte del Tribunale di disporne l’interruzione in

qualsiasi momento.

che “Il limite del possibile è dato dall’esistenza stessa della struttura organizza-

tiva al momento della dichiarazione di fallimento, poichè, considerata la funzione

conservativa della procedura, il curatore non potrebbe ricostruire ciò che è stato

distrutto, avventurandosi in operazioni di riconversione o ristrutturazione azien-

dale, ma può recuperare l’economicità di ciò che esiste. Per questa stessa ragione

è inammissibile, anche a seguito della novella che l’esercizio provvisorio possa

avere funzioni di risanamento. Il limite dell’economico consiste invece nel divieto

di deeconomicizzare la produzione cercando di mantenere in vita una struttura

che abbia perso ogni capacità di economica produzione”. cf. Fimmanò cit. 9 I crediti prededucibili sono quei crediti che sorgono in occasione o in funzione

della procedura fallimentare (vengono anche detti “crediti della massa” e sorgono

in seguito agli atti compiuti dal curatore dopo la dichiarazione di fallimento) e

dunque vanno distinti dai crediti sorti in seguito all’attività dell’imprenditore

prima che questi venga dichiarato fallito. In virtù della loro natura questi crediti

vengono liquidati anteriormente rispetto ai crediti per cui si procede, in deroga al

principio della par condicio creditorum, infatti prima di arrivare a qualsiasi ripar-

tizione fra i creditori concorrenti (privilegiati o chirografi) si deve provvedere al

pagamento dei crediti prededucibili (articolo 111, primo comma numero uno della

legge fallimentare). Le somme necessarie per soddisfarli vengono prelevate dalle

disponibilità liquide, con esclusione di quanto ricavato dalla liquidazione dei beni

oggetto di pegno ed ipoteca per la parte destinata ai creditori garantiti.

[Articoli] IL CASO.it 23 gennaio 2017

Riproduzione riservata 17

Analogamente la norma non appare coordinata con le altre di-

sposizioni cardine del sistema, posto il fallimento dell’impresa

non potrà che spiegare effetti anche sul mantenimento di requi-

siti soggettivi, quali la perdita della certificazione di qualità e

soprattutto non è dato comprendere l’impatto di tale disposi-

zione che ovviamene incide sul novellato sistema di rating di cui

all’art. 83 comma 10 e dunque come esso condizioni la valuta-

zione della stazione appaltante e della stessa Anac in ordine al

giudizio sull’affidabilità dell’impresa.

Quanto alla lett. b) del comma 3 dell’art. 110 ovvero alla pos-

sibilità del curatore fallimentare ammesso all’esercizio provvi-

sorio di “eseguire i contratti già stipulati dall'impresa fallita”,

tale addenda appare oggi meglio coordinata con l’art. 104

comma 7 legge fallimentare secondo cui: “Durante l’esercizio

provvisorio i contratti pendenti proseguono, salvo che il cura-

tore non intenda sospenderne l’esecuzione o scioglierli”.

La possibilità da parte del curatore di eseguire i contratti in

corso appare certamente opzione più percorribile, in quanto con-

sente agli organi fallimentare una valutazione sull’opportunità o

meno di proseguire nella continuazione di un contratto pubblico,

la cui interruzione potrebbe determinare un danno all’impresa

fallita.10

L’attivazione di tale opzione sembrerebbe più compatibile

con le caratteristiche dell’istituto dell’esercizio provvisorio, in

quanto essa prelude ad una mera valutazione sulla convenienza

economica di mantenere un contratto, che sarà esclusivamente

incentrata sull’attività in corso svolta dall’imprenditore insol-

vente.

Tuttavia, anche la scelta di tale opzione potrebbe apparire fo-

riera di rischi per il curatore fallimentare, tant’è che nella pratica

viene più proficuamente utilizzato lo strumento dell’affitto

d’azienda di cui all’art. 104 bis l.f.

10 Basti pensare al caso della concessione di realizzazione e gestione di infrastrut-

tura pubblica, ove il concessionario perviene a remunerare i costi di realizzazione

dell’opera incamerando direttamente dall’utenza la tariffa applicata all’utilizzo

della infrastruttura, con la conseguenza per la quale l’interruzione dovuta alla de-

claratoria di insolvenza potrebbe sortire l’effetto di determinare ulteriore danno

all’attività da liquidare.

[Articoli] IL CASO.it 23 gennaio 2017

Riproduzione riservata 18

Il ricorso a tale istituto non risulta invece in alcun modo con-

templato dal novellato art. 110, che come visto si incentra esclu-

sivamente sulla possibilità della curatela fallimentare di eserci-

tare il diritto alla partecipazione alla procedura ad evidenza pub-

blica o alla prosecuzione dei contratti pubblici sull’imprescindi-

bile presupposto dell’ammissione dell’impresa fallita all’eserci-

zio provvisorio.

Pervero lo strumento dell’affitto dell’azienda potrebbe rive-

larsi più proficuo per la curatela fallimentare, soprattutto per

l’ipotesi di esercizio della facoltà di subentro nel contratto pub-

blico anche considerando che la finalità di cui all’art 104 bis l.f.

è proprio

quella di assicurare in maniera più adeguata da un lato la ge-

stione conservativa del compendio aziendale in funzione della

vendita, e dall’altro di salvaguardare i livelli occupazionali per

il tramite di un piano di prosecuzione delle attività imprendito-

riali presentato dall’affittuario ( si veda in particolare quanto

previsto dall’ art. art. 104 bis comma 1 e 2 secondo periodo che:

“Anche prima della presentazione del programma di liquida-

zione di cui all’articolo 104-ter su proposta del curatore, il giu-

dice delegato, previo parere favorevole del comitato dei credi-

tori, autorizza l’affitto dell’azienda del fallito a terzi anche limi-

tatamente a specifici rami quando appaia utile al fine della più

proficua vendita dell’azienda o di parti della stessa…..

“La scelta dell’affittuario deve tenere conto, oltre che

dell’ammontare del canone offerto, delle garanzie prestate e

della attendibilità del piano di prosecuzione delle attività im-

prenditoriali, avuto riguardo alla conservazione dei livelli oc-

cupazionali”.

Nel sistema fallimentare l’istituto dell’esercizio provvisorio e

dell’affitto non coesistono necessariamente, nel senso che può

verificarsi che un ramo del complesso aziendale venga affittato

e con la parte residuale la curatela continui una gestione provvi-

soria, oppure che il Tribunale non disponga l’esercizio provvi-

sorio ma autorizzi il curatore a utilizzare lo strumento dell’affitto

di ramo d’azienda.

I due istituti pur essendo sostanzialmente diversi, la più rile-

vante diversità è che l’esercizio provvisorio è svolto dal curatore

mentre con l’affitto si rimette ad un terzo la gestione

dell’azienda fallita, presentano comunque finalità analoghe po-

[Articoli] IL CASO.it 23 gennaio 2017

Riproduzione riservata 19

sto che entrambi risultano diretti alla conservazione della fun-

zionalità dell’azienda all’esercizio dell’impresa e la tutela

dell’avviamento in funzione della più proficua liquidazione.

Soltanto che nell’affitto è l’affittuario-imprenditore ad assu-

mersi i rischi ed obblighi derivanti dalla gestione dell’azienda

mentre la procedura fallimentare rimane sostanzialmente im-

mune da qualsivoglia responsabilità.

Per cui sembrerebbe che lo strumento dell’affitto di ramo

d’azienda in quanto diretto a perseguire le medesime finalità

dell’esercizio provvisorio, ossia quello di proseguire proficua-

mente lo svolgimento delle attività della impresa fallita, esone-

rando però il curatore dell’onere della gestione diretta, potrebbe

rappresentare strumento parimenti idoneo ad assicurare la pro-

secuzione dei contratti pubblici.

In definitiva sarebbe auspicabile che nel decreto correttivo la

norma in commento possa essere emendata nel senso di preve-

dere quale opzione plausibile per consentire la prosecuzione dei

contratti pubblici anche l’affitto d’azienda, quale istituto mirante

espressamente alla tutela del valore dell’azienda e al manteni-

mento dei livelli occupazionali.

4. L’art. 110 del nuovo codice estende, come visto, al concor-

dato in continuità le stesse opzioni viste per il fallimento in eser-

cizio provvisorio, e sotto questo profilo non appare recare signi-

ficative novità, nel senso che anche nel sistema previgente, dopo

alcune resistenze iniziali, è stata ritenuta pacifica la possibilità

che l’impresa ammessa al concordato in continuità aziendale po-

tesse sia partecipare alle gare di appalto sia continuare la prose-

cuzione dei contratti pubblici in corso11

A fondamento di tale tesi, ammessa per prima dalla giurispru-

denza, era il convincimento in base al quale tale procedura, in

quanto attestante una crisi reversibile dell’azienda, fosse ontolo-

gicamente deputata al risanamento delle attività aziendali attra-

verso un piano di ristrutturazione dei debiti, funzionale dunque

all’obiettivo di consentire la sopravvivenza dell’impresa nel

mercato.

11 Sulla disciplina dei contratti pubblici in corso di esecuzione e sulla partecipa-

zione alle gare d’appalto delle imprese in crisi si veda la trattazione esaustiva

svolta da FIMMANÒ in I contratti in corso di esecuzione nel concordato preventivo,

Quaderni della Gazzetta Forense n. 3, ed. Giapeto 2016.

[Articoli] IL CASO.it 23 gennaio 2017

Riproduzione riservata 20

Peraltro, tale argomento si fondava sul fatto che a differenza

del fallimento, il concordato non attua lo spossamento dell’im-

presa, la cui gestione permane in capo all’imprenditore che però

agisce nell’ambito degli obiettivi posti nel programma concor-

datario approvato dal Tribunale, la verifica dei quali è rimessa al

commissario giudiziale, che per conto degli organi della proce-

dura esercita un generale potere di vigilanza sull’attività impren-

ditoriale.

Ad ogni modo la giurisprudenza amministrativa in ordine alla

possibilità di partecipare alle gare di appalto limitava questa op-

zione esclusivamente alle imprese che avevano già ottenuto il

decreto di ammissione12 e a quelle che avevano presentato do-

manda di ammissione al concordato preventivo previa autoriz-

zazione del Tribunale, ma soltanto con riferimento all’ipotesi di

"concordato in continuità aziendale”.

Diversamente per quanto riguarda il c.d. concordato in bianco

previsto dall’articolo 161 sesto comma l.f.13 il Consiglio di Stato

ha richiesto alla Corte di Giustizia Europea se sia compatibile

con l’art. 45, comma 2, lett. a) e b) della Direttiva 2004/18/CE

del 31 marzo 2004, considerare la confessione del debitore di

trovarsi in stato di insolvenza e di volere presentare istanza di

concordato preventivo “in bianco” quale causa di esclusione

dalla procedura d’appalto pubblico, interpretando così estensi-

vamente il concetto di “procedimento in corso” sancito dalla

normativa comunitaria (art. 45 Direttiva) e nazionale (art. 38

d.lgs. n. 163-2006); inoltre quanto alla pendenza della procedura

è stata rimessa alla Corte di Giustizia se risulti compitabile con

la predetta normativa considerare “procedimento in corso” la

mera istanza, presentata all’organo giudiziario competente, di

concordato preventivo da parte del debitore.

12 Con riferimento all’individuazione del momento in cui possa qualificarsi pen-

dente una procedura concorsuale, si è ritenuto che non sia sufficiente una mera

istanza creditoria (la quale potrebbe essere proposta strumentalmente o comunque

infondatamente), occorrendo quanto meno un pronunciamento istruttorio del giu-

dice che accerti oggettivamente lo stato di insolvenza dell’impresa ( cfr. Cons.

Stato, sez. IV, 8 giugno 1999, n. 516) 13 Vale va dire di un concordato preventivo con riserva dell’apertura di tale pro-

cedura concorsuale, tale consentire all’imprenditore in stato di dissesto "di conge-

lare" temporaneamente (da 30 a 120 giorni) le istanze fallimentari avanzate dai

creditori e al fine di rinviare all’esito di una rinegoziazione con la massa dei cre-

ditori, la scelta tra la presentazione di un piano di concordato ex articolo 161 L.F.

ovvero di un accordo di ristrutturazione aziendale ex articolo 182-bis L.F..

[Articoli] IL CASO.it 23 gennaio 2017

Riproduzione riservata 21

Sull’argomento il nuovo codice pur non contribuendo a scio-

gliere i dubbi interpretativi sollevati dal Consiglio di Stato con

la predetta ordinanza, con riferimento alla delimitazione del con-

cetto di procedura in corso, prevede implicitamente che la do-

manda di concordato in bianco non è sufficiente a consentire

all’imprenditore di partecipare alla gara di appalto.

Difatti, quanto alla pendenza della procedura il novellato art.

80 (Motivi di esclusione) comma 5 lett. b) prevede che “Le sta-

zioni appaltanti escludono dalla partecipazione alla procedura

d'appalto un operatore economico in una delle seguenti situa-

zioni,l'operatore economico si trovi in stato di fallimento, di li-

quidazione coatta, di concordato preventivo, salvo il caso di

concordato con continuità aziendale, o nei cui riguardi sia in

corso un procedimento per la dichiarazione di una di tali situa-

zioni, fermo restando quanto previsto dall'articolo 110”. Quindi

in sostanza viene mantenuta la formula “in corso” di cui all’art.

38 comma 1 lett. a secondo cui: “Sono esclusi dalla partecipa-

zione alle procedure di affidamento delle concessioni e degli ap-

palti di lavori, forniture e servizi, né possono essere affidatari

di subappalti, e non possono stipulare i relativi contratti i sog-

getti: a) che si trovano in stato di fallimento, di liquidazione

coatta, di concordato preventivo, salvo il caso di cui all'articolo

186-bis del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, o nei cui ri-

guardi sia in corso un procedimento per la dichiarazione di una

di tali situazioni”.

Diversamente per quanto concerne il concordato in bianco il

nuovo art. 110 prevede oggi espressamente al comma 4 secondo

periodo che: “L’impresa ammessa al concordato con cessione

di beni o che ha presentato domanda di concordato a norma

dell'articolo 161, sesto comma, del regio decreto 16 marzo

1942, n. 267, può eseguire i contratti già stipulati, su autorizza-

zione del giudice delegato, sentita l'ANAC”.

Quindi viene precisato che il concordato in bianco, così come

il concordato liquidatorio con cessione di beni, si configurino

fattispecie idonee a consentire la sola prosecuzione dei contratti

già stipulati. Ne consegue che il legislatore nazionale ha inteso

dare attuazione alle norme della direttiva comunitaria nel senso

di confermare che nell’ipotesi di concordato in bianco o liquida-

torio all’impresa è preclusa la possibilità di partecipare alle gare

di appalto, potendo le stesse solo esercitare l’opzione di prose-

guimento di un contratto pubblico.

[Articoli] IL CASO.it 23 gennaio 2017

Riproduzione riservata 22

Tale soluzione appare ragionevole anche avendo riguardo al

concetto di “apertura della procedura” così come inteso dal men-

zionato Regolamento comunitario n. 1346/2000 sulle procedure

di insolvenza, il cui art. 2 “Definizioni” alla lettera f) definisce

il “Momento in cui è aperta la procedura di insolvenza”, pre-

scrivendo che esso debba intendersi quale “il momento in cui la

decisione di apertura, sia essa definitiva o meno, comincia a

produrre effetti”. Secondo la norma regolamentare si deve con-

siderare aperta una procedura di insolvenza nel momento in cui

essa produce effetti secondo le rispettive legislazioni nazionali,

prescindendo dalla circostanza che essa risulti definitiva o meno.

Per cui volendo applicare tali direttive ermeneutiche al caso

del concordato, si potrebbe sostenere che per stabilire l’apertura

della procedura sarebbe irrilevante il fatto che la mera presenta-

zione della domanda non determini la definitiva apertura del

concordato coincidente con il decreto di omologa del Tribunale,

quanto sarebbe sufficiente vagliare che la legge fallimentare ri-

connette alla mera presentazione di tale domanda la produzione

dei medesimi effetti analoghi a quelli della proposta di concor-

dato in continuità secondo quanto previsto dall’art. 168 lf.14.

Pervero tale approccio interpretativo non risulta in ogni caso

confacente a superare il rilievo opposto dalla citata ordinanza del

Consiglio di Stato, nel senso che la partecipazione alla gara di

appalto da parte dell’impresa che abbia presentato il concordato

in bianco sembrerebbe preclusa avendo riguardo all’art. 186

commi 5, 6 e 7 della l.f. recante la disciplina del contenuto della

proposta di concordato,

secondo cui: “L'ammissione al concordato preventivo non im-

pedisce la partecipazione a procedure di assegnazione di con-

tratti pubblici, quando l'impresa presenta in gara: 14 Il più rilevante effetto previsto dall’art. 168 l.f. è dato dall’operatività del divieto

da parte dei creditori di iniziare o proseguire procedure esecutive e cautelari a

danno del’impresa proponente secondo la seguente formulazione “Dalla data

della pubblicazione del ricorso nel registro delle imprese (e fino al momento in

cui il decreto di omologazione del concordato preventivo diventa definitivo, i cre-

ditori per titolo o causa anteriore [...] non possono, sotto pena di nullità, iniziare

o proseguire azioni esecutive e cautelari sul patrimonio del debitore.

Le prescrizioni che sarebbero state interrotte dagli atti predetti rimangono so-

spese e le decadenze non si verificano.

I creditori non possono acquistare diritti di prelazione con efficacia rispetto ai

creditori concorrenti, salvo che vi sia autorizzazione del giudice nei casi previsti

dall'articolo precedente. Le ipoteche giudiziali iscritte nei novanta giorni che pre-

cedono la data della pubblicazione del ricorso nel registro delle imprese sono

inefficaci rispetto ai creditori anteriori al concordato”.

[Articoli] IL CASO.it 23 gennaio 2017

Riproduzione riservata 23

a) una relazione di un professionista in possesso dei requisiti

di cui all'articolo 67, terzo comma, lettera d) che attesta la con-

formità al piano e la ragionevole capacità di adempimento del

contratto;

b) la dichiarazione di altro operatore in possesso dei requisiti

di carattere generale, di capacita' finanziaria, tecnica, econo-

mica nonche' di certificazione, richiesti per l'affidamento

dell'appalto, il quale si e' impegnato nei confronti del concor-

rente e della stazione appaltante a mettere a disposizione, per la

durata del contratto, le risorse necessarie all'esecuzione dell'ap-

palto e a subentrare all'impresa ausiliata nel caso in cui questa

fallisca nel corso della gara ovvero dopo la stipulazione del con-

tratto, ovvero non sia per qualsiasi ragione piu' in grado di dare

regolare esecuzione all'appalto. Si applica l'articolo 49 del de-

creto legislativo 12 aprile 2006, n. 163.

VI. Fermo quanto previsto dal comma precedente, l'impresa

in concordato puo' concorrere anche riunita in raggruppamento

temporaneo di imprese, purche' non rivesta la qualita' di man-

dataria e sempre che le altre imprese aderenti al raggruppa-

mento non siano assoggettate ad una procedura concorsuale. In

tal caso la dichiarazione di cui al precedente comma, lettera b),

puo' provenire anche da un operatore facente parte del raggrup-

pamento”.

Quindi è evidente che l’impresa nel caso di concordato in

bianco che si caratterizza per la riserva di presentare il piano

concordatario entro il termine fissato dal Tribunale con la mera

domanda prenotativa, non potrà essere valutata dalla stazione

appaltante, in quanto priva della relazione del professionista che

attesti la conformità al piano e la ragionevole capacità di adem-

pimento del contratto.

5. La concreta operatività dell’art. 110 potrebbe risultare ulte-

riormente indebolita dal mancato raccordo di tale disciplina sia

con le altre disposizioni dettate dal codice in ordine ai motivi di

esclusione, sia per il mancato coordinamento della stessa con al-

cune norme cardine della legge fallimentare.

Pervero tali problematiche operative si ponevano già con le

disposizioni del Dlgs. 163/2006 ed in particolare con quelle di-

rette a garantire la partecipazione alle gare di appalto e al man-

[Articoli] IL CASO.it 23 gennaio 2017

Riproduzione riservata 24

tenimento dei contratti in corso nel caso di concordato in conti-

nuità prevista dall’art. 38, ma il legislatore non ha colto l’occa-

sione per facilitarne l’applicazione attraverso un coordinamento

delle norme di sistema.

In particolare ci si riferisce all’irregolarità contributiva che

implica il mancato rilascio della certificazione Durc favorevole,

così come all’omesso pagamento di imposte superiore all’im-

porto di cui all’articolo 48-bis, commi 1 e 2-bis Dpr n. 602/73,

che si configurano come motivi ostativi alla partecipazione alla

gara di appalto15, oppure come elementi che determino la risolu-

zione del contratto laddove emergano in corso di esecuzione, o

ancora che possano giustificare la sospensione dei pagamenti da

parte della stazione appaltante. A tal fine si rivela utile riportare

l’art. 80 (Motivi di esclusione) al comma 4 secondo cui “Un ope-

ratore economico e' escluso dalla partecipazione a una proce-

dura d'appalto se ha commesso violazioni gravi, definitivamente

accertate, rispetto agli obblighi relativi al pagamento delle im-

poste e tasse o dei contributi previdenziali, secondo la legisla-

zione italiana o quella dello Stato in cui sono stabiliti. Costitui-

scono gravi violazioni quelle che comportano un omesso paga-

mento di imposte e tasse superiore all'importo di cui all'articolo

48-bis, commi 1 e 2-bis del decreto del Presidente della Repub-

blica 29 settembre 1973, n. 602.

Costituiscono gravi violazioni in materia contributiva e pre-

videnziale quelle ostative al rilascio del documento unico di re-

golarita' contributiva (DURC), di cui all'articolo 8 del decreto

15 v. sull’argomento il costante orientamento della giurisprudenza amministrativa

secondo cui: “Nelle gare d'appalto non sono consentite regolarizzazioni postume

della posizione previdenziale, dovendo l'impresa deve essere in regola con l'as-

solvimento degli obblighi previdenziali ed assistenziali fin dalla presentazione

dell'offerta.Nelle gare d'appalto, anche dopo l'entrata in vigore dell'art. 31, c. 8,

d.l. 21 giugno 2013, n. 69, convertito con modificazioni dalla l. 9 agosto 2013 n.

98, non sono consentite regolarizzazioni postume della posizione previdenziale,

dovendo l'impresa deve essere in regola con l'assolvimento degli obblighi previ-

denziali ed assistenziali fin dalla presentazione dell'offerta e conservare tale stato

per tutta la durata della procedura di aggiudicazione e del rapporto con la sta-

zione appaltante, con l'irrilevanza di un eventuale adempimento tardivo dell'ob-

bligazione contributiva, tenendo presente che l'istituto dell'invito alla regolariz-

zazione - il c.d. preavviso di documento unico di regolarità contributiva negativo

- già previsto dall'art. 7, c. 3, d.m. 24 ottobre 2007 e ora recepito a livello legi-

slativo dall'art. 31, c. 8, d.l. 21 giugno 2013, n. 69 può operare solo nei rapporti

tra impresa ed Ente previdenziale, ossia con riferimento al d.u.r.c. chiesto dall'im-

presa e non anche al d.u.r.c. richiesto dalla stazione appaltante per la verifica

della veridicità dell'autodichiarazione resa ai sensi dell'art. 38 c. 1 lett. i) ai fini

della partecipazione alla gara d'appalto” ( Cons. Stato n. 2727/2016)

[Articoli] IL CASO.it 23 gennaio 2017

Riproduzione riservata 25

del Ministero del lavoro e delle politiche sociali 30 gennaio

2015, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 125 del 1° giugno

2015.

Il presente comma non si applica quando l'operatore econo-

mico ha ottemperato ai suoi obblighi pagando o impegnandosi

in modo vincolante a pagare le imposte o i contributi previden-

ziali dovuti, compresi eventuali interessi o multe, purche' il pa-

gamento o l’impegno siano stati formalizzati prima della sca-

denza del termine per la presentazione delle domande”.

Il comma 5 prosegue prevedendo che: “Le stazioni appaltanti

escludono dalla partecipazione alla procedura d'appalto un

operatore economico in una delle seguenti situazioni, anche ri-

ferita a un suo subappaltatore nei casi di cui all'articolo 105,

comma 6, qualora: a) la stazione appaltante possa dimostrare

con qualunque mezzo adeguato la presenza di gravi infrazioni

debitamente accertate alle norme in materia di salute e sicu-

rezza sul lavoro nonche' agli obblighi di cui all'articolo 30,

comma 3 del presente codice”.

Sull’argomento si rivela altresì utile l’art. 30 rubricato “Prin-

cipi per l'aggiudicazione e l’esecuzione di appalti e concessioni”

che al comma 3 prescrive: “Nell'esecuzione di appalti pubblici e

di concessioni, gli operatori economici rispettano gli obblighi in

materia ambientale, sociale e del lavoro stabiliti dalla norma-

tiva europea e nazionale, dai contratti collettivi o dalle disposi-

zioni internazionali elencate nell'allegato X.5. In caso di ina-

dempienza contributiva risultante dal documento unico di rego-

larità contributiva relativo a personale dipendente dell'affidata-

rio o del subappaltatore o dei soggetti titolari di subappalti e

cottimi di cui all'articolo 105, impiegato nell'esecuzione del con-

tratto, la stazione appaltante trattiene dal certificato di paga-

mento l'importo corrispondente all'inadempienza per il succes-

sivo versamento diretto agli enti previdenziali e assicurativi,

compresa, nei lavori, la cassa edile. Sull'importo netto progres-

sivo delle prestazioni e' operata una ritenuta dello 0,50 per

cento; le ritenute possono essere svincolate soltanto in sede di

liquidazione finale, dopo l'approvazione da parte della stazione

appaltante del certificato di collaudo o di verifica di conformità,

previo rilascio del documento unico di regolarità contributiva.

In caso di ritardo nel pagamento delle retribuzioni dovute al

personale di cui al comma 5, il responsabile unico del procedi-

mento invita per iscritto il soggetto inadempiente, ed in ogni

[Articoli] IL CASO.it 23 gennaio 2017

Riproduzione riservata 26

caso l'affidatario, a provvedervi entro i successivi quindici

giorni. Ove non sia stata contestata formalmente e motivata-

mente la fondatezza della richiesta entro il termine sopra asse-

gnato, la stazione appaltante paga anche in corso d'opera diret-

tamente ai lavoratori le retribuzioni arretrate, detraendo il re-

lativo importo dalle somme dovute all'affidatario del contratto

ovvero dalle somme dovute al subappaltatore inadempiente nel

caso in cui sia previsto il pagamento diretto ai sensi dell'articolo

105”.

Tali prescrizioni non risultano però armonizzate con l’im-

pianto normativo della legge fallimentare, con la conseguenza

che anche l’esercizio delle opzioni di cui all’art. 110 comma 3

lett. a e b da parte delle imprese insolventi potrebbe rimanere

pregiudicato dalla rigida operatività delle disposizioni suespo-

ste.

Si intende sostenere che se il presupposto comune alle proce-

dure concorsuali è rappresentato da una situazione di insolvenza

dell’imprenditore e dunque da una incapacità a far fronte rego-

larmente alle proprie obbligazioni, è gioco forza ritenere che

l’impresa non sia in regola con i pagamenti dovuti all’erario, con

conseguente impossibilità di poter conseguire un Durc favore-

vole o attestazioni circa la regolarità del pagamento delle impo-

ste. Difatti l’ammissione dell’impresa alla procedura di concor-

dato in continuità, che si fonda su di un piano di ristrutturazione

del debito recante anche l’eventuale falcidia di quello erariale,

non consente all’impresa di svolger pagamenti per debiti ante-

riori all’ammissione della domanda.

A tale riguardo, l’art. 168 legge fallimentare prevede che,

dalla data di pubblicazione della domanda di concordato nel re-

gistro delle imprese, è fatto divieto all’impresa di pagare crediti

anteriori alla domanda, ivi compresi quelli contributivi.

Sull’argomento, si rivela utile richiamare alcuni documenti di

prassi del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali - Dire-

zione generale per l’Attività Ispettiva - che forniscono dei chia-

rimenti in materia di rilascio del D.U.R.C., nel caso in cui la ve-

rifica di regolarità interessi proprio le imprese ammesse alla pro-

cedura di concordato preventivo in continuità. In particolare, con

l’interpello n. 41/2012 del 21 dicembre 2012, il Ministero ha

precisato che il concordato preventivo di cui agli artt. 161 e ss.

l.f. - teso a consentire la salvaguardia delle imprese che versano

in uno stato di crisi non insuperabile - si fonda su un piano con

[Articoli] IL CASO.it 23 gennaio 2017

Riproduzione riservata 27

il quale l’azienda si accorda con i creditori con riguardo a tempi

e modalità di pagamento dei debiti sorti precedentemente alla

presentazione della domanda di concordato.

Ai fini della verifica della regolarità contributiva, il Ministero

ha, quindi, chiarito che la procedura di concordato preventivo in

continuità ex art. 186 bis l.f. rientra nella previsione dell’art. 5,

comma II lett. b), del D.M. del 24 ottobre 2007, che sancisce la

sussistenza della regolarità contributiva in caso di sospensione

dei pagamenti a seguito di disposizioni legislative, e ciò in

quanto un eventuale pagamento da parte della società di tali de-

biti comporterebbe una violazione dell’art. 168 l.f..

Quindi in applicazione di tali coordinate interpretative, alle

imprese ammesse alla procedura di concordato preventivo in

continuità, può essere rilasciata la regolarità contributiva in con-

siderazione della ratio sottesa alla procedura concorsuale in

esame che, essendo diretta al risanamento dell’attività aziendale,

verrebbe ad essere disattesa ove “si riconoscesse una incidenza

negativa alle situazioni debitorie sorte antecedentemente

all’apertura della procedura stessa”.

Tale orientamento è stato di recente confermato anche

dall’INPS con messaggio della Direzione centrale delle entrate

n. 5223 del 6/8/2015 secondo cui: “Pertanto, dopo il decreto di

omologazione, pur in presenza di una parziale soddisfazione dei

crediti previdenziali muniti di privilegio, e fino a quando non sia

adempiuto il concordato, a parere del Ministero si verifica la

situazione prevista dall’art. 3, co. 2, lett. b), del D.M. 30 gennaio

2015, ossia la “sospensione dei pagamenti in forza di disposi-

zioni legislative” già contemplata all’art. 5, co. 2, lett. b), del

D.M. 24 ottobre 2007 con la conseguenza che deve essere di-

chiarata la regolarità contributiva”.16

Tuttavia tale orientamento di prassi sembrerebbe vincolare

l’amministrazione al rilascio di Durc favorevole solo in caso di

16 Depongono nella medesima direzione intepretativa anche ulteriori orientamenti

di prassi, quali una circolare Inail del 2012, recante istruzioni operative per l’at-

tuazione dell’intervento sostituivo, (di cui all’art. 4 comma 2 del D.P.R 207/2010)

secondo cui: “eventuali interventi sostitutivi riguardanti, in ipotesi, codici ditta

per i quali risultino procedure concorsuali (n.d.r concordato preventivo ) o crediti

iscritti a ruolo, esulano dalle modalità di pagamento descritte al paragrafo pre-

cedente e devono essere gestiti alla luce della rispettiva normativa di riferimento

(n.d.r. legge fallimentare) in relazione alla specificità del caso concreto”(Cfr. cir-

colare/nota di istruzioni emanata in data 21 marzo 2012, punto 5).

[Articoli] IL CASO.it 23 gennaio 2017

Riproduzione riservata 28

emissione del decreto di omologa del concordato, con la conse-

guenza che la mera presentazione della domanda non sarebbe

sufficiente ai fini dell’emissione del verificato di regolarità con-

tributiva. Tale impostazione interpretativa varrebbe a maggior

ragione per il concordato “in bianco”, potendo in questo caso i

contenuti della proposta essere esplicitati entro centoventi giorni

successivi alla presentazione della domanda.

A ben vedere anche l’impostazione interpretativa del Mini-

stero del lavoro e dell’Inps non risulta armonizzata con l’art.186

bis comma lett. c della legge fallimentare che consente all’im-

presa di avvalersi nel piano di concordato di “una moratoria fino

a un anno dall’omologazione per il pagamento dei crediti muniti

di privilegio, pegno o ipoteca”, tra cui ovviamente rientrano an-

che i crediti contributivi e assicurativi, con la conseguenza che

l’esercizio di tale opzione potrebbe integrare la fattispecie della

“sospensione dei pagamenti in forza di disposizioni legislative”

già contemplata all’art. 5, co. 2, lett. b), del D.M. 24 ottobre

2007, la cui ricorrenza abilita gli istituti previdenziali al rilascio

del Durc favorevole.

Tale soluzione interpretativa sembrerebbe l’unica valida-

mente percorribile in quanto consentirebbe di assicurare da un

lato l’operatività del principio del favor partecipationis previsto

dal codice degli appalti a sua volta funzionale a garantire tramite

l’accesso alle gare e il mantenimento dei contratti pubblici in

corso il risanamento dell’impresa in crisi e dall’altro di perse-

guire gli interessi dei creditori fallimentari, ivi compresi gli enti

previdenziali secondo le regole dell’ordinamento fallimentare.

Sull’argomento risulta, peraltro, conforme al citato indirizzo

di prassi l’orientamento del giudice civile secondo cui: “Il

DURC (Documento Unico di Regolarità Contributiva) deve es-

sere rilasciato anche in presenza di inadempienze qualora l'im-

prenditore acceda alla procedura di concordato preventivo an-

che ai sensi dell'articolo 161, comma 1, L.F. Il divieto di paga-

mento di debiti pregressi stabilito dagli articoli 51 e 168 L.F.

integra, infatti, la fattispecie di cui alle "disposizioni legislative"

di cui all'articolo 5 del Decreto del Ministero del Lavoro e della

Previdenza sociale 24 ottobre 2007, il quale prevede che "la re-

golarità contributiva sussiste inoltre in caso di: a) richiesta di

rateizzazione per la quale l'Istituto abbia espresso parere favo-

revole; b) sospensione dei pagamenti a seguito di disposizioni

legislative; c) istanza di sospensione compensazione per la

[Articoli] IL CASO.it 23 gennaio 2017

Riproduzione riservata 29

quale sia stato documentato il credito” (cfr. Trib. Roma 5 di-

cembre 2014 - in www.ilcaso.it).

In particolare, il Giudice romano ha precisato che l’art. 5,

comma II lett. b), del D.M. del 24 ottobre 2007 è una disposi-

zione che mira a chiarire quali siano i casi nei quali la regolarità

contributiva può dirsi comunque esistente, aggiungendo che:

“Tale linea interpretativa […] merita di essere condivisa ed

estesa a tutte le tipologie concordatarie (concordato in conti-

nuità, in continuità indiretta, liquidatorio puro) e, a maggior ra-

gione, al concordato prenotativo, poiché se l’impresa - durante

la fase preparatoria del concordato - fosse privata del DURC

avrebbe scarsa possibilità di sopravvivere, di elaborare un

piano e, contemporaneamente, di portarne a termine le previ-

sioni; al contrario, l’unica opportunità per conservare i benefici

conseguenti al DURC rimarrebbe quella di pagare (preventiva-

mente e per intero) gli enti previdenziali con il fine di sanare le

posizioni di irregolarità contributive, creando una sorta di cor-

sia preferenziale automatica per costoro, con una innegabile ed

inammissibile delle regole del concorso rispetto agli altri credi-

tori di pari rango”17.

Anche il Tribunale di Pavia, nel rigettare un’istanza di auto-

rizzazione ex art. 161, comma VII, l.f. depositata da una società

in concordato al fine di pagare i debiti pregressi necessari per il

rilascio del D.U.R.C., ha ritenuto l’imprenditore in concordato

“in regola sotto il profilo degli oneri contributivi in virtù del

disposto dell’art. 5, comma 2 lett. b) del D.M. n. 279/2007, non

potendo effettuare pagamenti di crediti anteriori alla presenta-

zione della domanda di concordato o di quella di cui all’art. 161

co 6 l.f.” (cfr. Trib. Pavia 20 dicembre 2014 - Pres. Pirola - Est.

17 Sull’argomento la Corte di Cassazione ha statuito che: “dopo l'ammissione alla

procedura del concordato preventivo non sono consentiti pagamenti lesivi della

par condicio creditorum, nemmeno se realizzati attraverso compensazione di de-

biti sorti anteriormente con crediti realizzati in pendenza della procedura con-

cordataria (...)” Ad avviso della Suprema Corte, tale impedimento si ricava: -

dall'art. 167 della l. f., il quale, in materia di atti di straordinaria amministrazione

“(...) comporta che il patrimonio dell'imprenditore in pendenza di concordato sia

oggetto di una oculata amministrazione perché destinato a garantire il soddisfa-

cimento di tutti i creditori secondo la par condicio (...)”.- dall'art. 168 della l. f.

che “(...)nel porre il divieto di azioni esecutive da parte dei creditori, comporta

implicitamente il divieto di pagamento di debiti anteriori perché sarebbe incon-

gruo che ciò che il creditore non può ottenere in via di esecuzione forzata, possa

conseguire in virtù di spontaneo adempimento, essendo in entrambi i casi violato

proprio il principio di parità di trattamento dei creditori” ( v. Cass. n. 578/07).

[Articoli] IL CASO.it 23 gennaio 2017

Riproduzione riservata 30

Antonella Caterina Attardo in www.ilcaso.it). Secondo la giuri-

sprudenza, infatti, qualora “si riconoscesse una incidenza nega-

tiva alle situazioni debitorie sorte antecedentemente all’aper-

tura della procedura stessa”, la ratio sottesa alla procedura con-

corsuale, finalizzata a garantire la prosecuzione dell’attività

aziendale e alla salvaguardia dei livelli occupazionali, sarebbe

disattesa: la sospensione dei pagamenti ed il divieto temporaneo

di intraprendere azioni esecutive e cautelari avrebbe una portata

ben ridotta ovvero non varrebbe per la categoria dei creditori

previdenziali, i quali potrebbero comunque ottenere il paga-

mento con modalità non previste dalle norme.

Nel medesimo solco interpretativo il Tribunale di Firenze che

in accoglimento di un richiesta di emissione di Durc favorevole

proposta ex art. 700 c.p.c. ha affermato che “Il divieto di proce-

dere al pagamento di crediti anteriori di cui all'articolo 168

legge fall., applicabile in seguito alla presentazione della do-

manda di concordato preventivo anche con riserva, integra la

fattispecie della "sospensione dei pagamenti in forza di disposi-

zioni legislative" di cui all'articolo 3 del DM 30 gennaio 2015”

Per cui prosegue conclude il tribunale : “Durante il periodo di

concordato con riserva di cui all'articolo 161, comma 6, legge

fall., qualora vi sia la necessità di partecipare, in forza di spe-

cifica autorizzazione del tribunale fallimentare, a gare d'appalto

indispensabili per assicurare la continuità aziendale ed ottenere

i pagamenti degli appalti in corso o conclusi, ed evitare, quindi,

negative ed irreparabili conseguenze sulla fattibilità dell'opera-

zione di risanamento, è possibile ordinare all'Inps, ai sensi

dell'articolo 700 c.p.c., l'immediato rilascio della attestazione di

regolarità contributiva positiva”.18

Quindi, essendo precluso alla società in concordato preven-

tivo il pagamento dei debiti previdenziali pregressi e dovendo i

creditori previdenziali sottostare, nel rispetto della par condicio

creditorum, alle regole dettate dalla normativa fallimentare in

generale e dalla procedura concorsuale in particolare, non è nep-

pure possibile, per la stazione appaltante applicare la previsione

di trattenimento delle somme di quanto spettante ai creditori pre-

videnziali, dal momento che tale pagamento si configurerebbe

18 Trib. Firenze 21712/2015 su www.ilcaso.it.

[Articoli] IL CASO.it 23 gennaio 2017

Riproduzione riservata 31

come un pagamento di debiti maturati in data anteriore alla pre-

sentazione della domanda di concordato con violazione dell’art.

168 l.f. e del principio della par condicio creditorum. 19

Quanto esposto ci consente di aver un quadro generale nor-

mativo, di prassi e giurisprudenziale dal quale è possibile desu-

mere come il mancato coordinamento delle disposizioni del co-

dice degli appalti e della legge fallimentare, genera inevitabil-

mente una serie interferenze che hanno l’effetto di minare alla

base l’operatività della disposizione di favore che peraltro per-

segue il fine di consentire il risanamento della impresa in crisi.

Per cui sarebbe opportuno che il legislatore negli emanandi

decreti correttivi possa chiarire che la presentazione di una do-

manda di concordato in continuità consente all’impresa di poter

conseguire sia il pagamento dei corrispettivi contrattuali matu-

rati anche in presenza di debiti erariali, sia il Durc posto che ai

sensi dell’art. 5 comma 2 lett. b del D.M. n. 279/2007, la rego-

larità contributiva potrebbe sussistere, pur in mancanza dell’at-

testazione rilasciata dagli Istituti previdenziali in caso di sospen-

sione dei pagamenti a seguito di disposizioni legislative, e quindi

anche quando la sospensione derivi dall’applicazione del divieto

di pagamenti lesivi della par condicio creditorum ex art. 168 l.f.

Diversamente opinando, ovvero aderendo alla tesi interpreta-

tiva che subordina, invece, il rilascio del D.U.R.C. all’omologa

del concordato o, addirittura, alla chiusura del piano di risana-

mento, sarebbe frustato il ricorso alla procedura concorsuale

19 Ed ancora è stato affermato che: “La sospensione dei pagamenti derivanti dal

divieto di pagamento dei crediti concorsuali con data anteriore alla presentazione

della domanda di concordato non impedisce il rilascio del documento attestante

la regolarità contributiva (DURC), in quanto il mancato pagamento delle somme

in questione è dovuto ad un divieto normativo” (v. Tribunale Bergamo 23 aprile

2015 sul il www.ilcaso.it). Alle medesime conclusioni perviene anche il Tribunale

di Siracusa, secondo il quale: “La regolarità contributiva ai sensi dell’art. 5,

comma 2, lett. b, D.M. 279/2007, pur in mancanza dell’attestazione rilasciata da

parte degli istituti previdenziali (D.U.R.C.), sussiste anche in caso di sospensione

dei pagamenti a seguito di disposizioni legislative e, quindi, anche nel caso di

sospensione derivante dall’applicazione del divieto di pagamenti lesivi della par

condicio creditorum ai sensi degli articoli 167, 168 e 184 L.F. Ciò consente alla

procedura di incassare i crediti vantati per appalti di opere pubbliche, di forniture

e servizi nonostante il mancato rilascio dello stesso, essendo invero contrario alla

normativa un pagamento diretto dai creditori della procedura agli enti previden-

ziali, in evidente contrasto con le regole del concorso” (cfr. Trib. Siracusa del 3

ottobre 2013 in www.unijuris.it).

[Articoli] IL CASO.it 23 gennaio 2017

Riproduzione riservata 32

stessa, così come osservato dall’orientamento di merito menzio-

nato secondo cui il danno derivante dal mancato incasso dei cre-

diti vantati per l’esecuzione degli appalti incide, con evidenza,

sulla possibilità concreta di attuazione dell’istituto concordata-

rio, così come impedisce la partecipazione alle gare di appalto la

mancanza del Durc.