introduzione all’economia della...

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Introduzione all’Economia della Regolamentazione Giuseppe De Feo e Alfredo Del Monte Maggio 2014 Versione preliminare non citare senza il permesso degli autori Contents 1 Introduzione 3 2 Ruolo del governo nell’economia 3 3 Strumenti e Istituzioni 8 3.1 Le istituzioni della regolamentazione ........................ 8 3.1.1 Amministrazione del governo centrale ................... 8 3.1.2 Le autorit` a indipendenti ........................... 9 3.1.3 L’autoregolamentazione ........................... 10 4 Le autorit` a di regolamentazione in Italia 11 5 Analisi costi-benefici della regolamentazione 11 5.1 Considerazioni Intertemporali ............................ 12 6 Teorie della regolamentazione 16 6.1 La teoria dell’interesse pubblico ........................... 17 6.2 Economia politica della regolamentazione ..................... 20 6.3 L’economia istituzionale della regolamentazione .................. 25 6.4 La nuova economia pubblica ............................. 28 6.4.1 l’asimmetria informativa tra regolatore e impresa regolata ........ 29 1

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Introduzione all’Economia della Regolamentazione

Giuseppe De Feo e Alfredo Del Monte

Maggio 2014

Versione preliminare

non citare senza il permesso degli autori

Contents

1 Introduzione 3

2 Ruolo del governo nell’economia 3

3 Strumenti e Istituzioni 8

3.1 Le istituzioni della regolamentazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8

3.1.1 Amministrazione del governo centrale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8

3.1.2 Le autorita indipendenti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9

3.1.3 L’autoregolamentazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10

4 Le autorita di regolamentazione in Italia 11

5 Analisi costi-benefici della regolamentazione 11

5.1 Considerazioni Intertemporali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12

6 Teorie della regolamentazione 16

6.1 La teoria dell’interesse pubblico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17

6.2 Economia politica della regolamentazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20

6.3 L’economia istituzionale della regolamentazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25

6.4 La nuova economia pubblica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 28

6.4.1 l’asimmetria informativa tra regolatore e impresa regolata . . . . . . . . 29

1

6.4.2 L’interesse personale del regolatore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 30

6.4.3 Il problema della coerenza intertemporale della regolamentazione . . . . 30

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1 Introduzione

In questo corso di Economia Pubblica ci interessiamo all’intervento dello stato nell’economia.

Governo e istituzioni pubbliche intervengono nei processi economici generalmente attraverso

molteplici canali. I corsi di Finanza Pubblica, ad esempio, analizzano il modo in cui i governi

raccolgono fondi attraverso la tassazione e articolano la spesa pubblica nei suoi molteplici

canali.

L’oggetto di questo corso e invece l’analisi dell’intervento diretto o indiretto dello stato

nella produzione e nel consumo di particolari beni e servizi e quindi l’ottica principale sara

quella dell’Economia della Regolamentazione.

Analizzeremo i motivi e gli obiettivi di questo intervento cosı come sono stati individuati

e descritti da differenti teorie economiche che hanno discusso l’interventi da diversi, e a volte

opposti, punti di vista.

Guarderemo agli strumenti utilizzati, dall’intervento diretto attraverso aziende pubbliche

nella produzione di beni e servizi, alla regolamentazione dei comportamenti delle aziende

private, fino anche alla regolamentazione del comportamento dei consumatori.

Analizzeremo l’intervento pubblico (cosı come il mancato intervento pubblico) in termini

di efficienza ma anche di equita. O meglio, analizzeremo gli effetti redistributivi dell’intervento

pubblico o di cambiamenti delle politiche pubbliche.

2 Ruolo del governo nell’economia

La regolamentazione dell’attivita economica definisce i limiti all’azione di imprese ed individui

nel contesto economico, ma non solo. Puo essere definita come l’imposizione di limiti alla

discrezionalita delle scelte di individui ed organizzazioni che e sostenuta dalla minaccia di

sanzioni.

Selznick (1985) definisce la regolamentazione come un controllo continuo e concentrato

esercitato da un’autorita pubblica su attivita che hanno un valoro per la collettivita.1

La regolamentazione indica anche un insieme specifico di regole, in quanto regolamentare

implica la definizione di un insieme di regole vincolanti che devono essere applicate da un’organismo

1P. Selznick, Focusing Organisational Research on Regulation, in R. Noll (ed.), Regulatory Policy and the

Social Sciences, Berkeley, CA, 1985), pag. 363.

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designato. Ma la regolamentazione indica anche, in senso piu generale, ogni deliberata in-

fluenza dello stato sul comportamento delle imprese e degli individui nella societa, attraverso

non solo regole e norme rigide, ma anche attraverso la definizione di incentivi economici, asseg-

nazione di diritti o risorse, la disponibilita di informazioni, o altre tecniche. In senso ancor piu

generale si puo indicare come regolamentazione ogni possibile forma di influenza economica

e sociale che non deriva necessariamente dallo stato, ma anche da altre fonti, come i mer-

cati, le imprese stesse su base volontaria (autoregolamentazione), associazioni di categoria e

professionali, e altre organizzazioni volontarie.

Un esempio di regolamentazione del comportamento delle imprese e la fissazione del tetto di

incremento dei prezzi delle autostrade italiane che e determinato attraverso delibere del CIPE

che definiscono il quadro generale recepito poi dalle convenzioni tra ANAS e le societa di

gestione delle autostrade approvati poi dai Ministeri dei Trasporti e dell’Economia. Un’ altro

esempio e la regolamentazione dell’accesso alla rete telefonica locate posseduta da Telecom

Italia che deve permettere l’utilizzo di parte di essa ai concorrenti. Esempi di modi diversi di

regolamentare sono la fissazione dei prezzi dei servizi di pubblica utilita, la regolamentazione

della produzione di sostanza inquinanti, la definizione di regole per l’allocazione di una risorsa

scarsa come le frequenze radio.

Un esempio di regolamentazione del comportamento degli individui e ad esempio l’assicurazione

obbligatoria per la responsabilita civile automobilistica o la pianificazione urbanistica ed am-

biantale che limita e regolamenta l’utilizzo del territorio, del paesaggio e delle risorse naturali.

Ma anche l’obbligo delle cinture di sicurezza, il controllo della qualita e del prezzo di beni

destinati ai consumatori, la determinazione di standard di sicurezza e la regolamentazione

della sicurezza sui luoghi di lavoro.

Questo corso si occupera di alcuni aspetti di questa attivita regolatoria, a partire dai

settori che tradizionalmente sono stati considerati oggetto di analisi dall’Economia della Re-

golamentazione, come i servizi di pubblica utilita. La regolamentazione di questi settori e

generalmente motivata dalla presenza di un monopolio nella fornitura dei beni e dei servizi

al consumatore. La Regolamentazione Economica ha quindi l’obiettivo di imporre dei

limiti l comportamento del monopolista al fine di limitarne il potere di mercato e di assicurare

soprattutto per quanto riguarda la fissazione dei prezzi, la disponibilita dei servizi e la qualita

degli stessi.

4

In generale, i mercati caratterizzati da concorrenza imperfetta sono generalmente sotto-

posti a due tipi di controllo da parte delle autorita pubbliche. Da un lato l’analisi antitrust

si occupa della tutela della concorrenza e di limitare gli effetti negativi del potere di mercato

delle grandi imprese. Tuttavia vi sono mercati in cui la concorrenza e limitata dalle carat-

teristiche strutturali dei processi produttivi che determina la presenza attiva sul mercato di

pochissime imprese, se non di una sola impresa. Queste imprese sono generalmente sottoposte

ad una regolamentazione delle attivita molto rilevante, a partire dalla determinazione dei

prezzi da parte di specifiche istituzioni pubbliche. Altre volte l’intervento e diretto attraverso

aziende controllate dal governo o dipartimenti del governo. E qui interessante menzionare

una chiara differenza tra i due tipi di controllo: la regolamentazione economica e l’attivita

antitrust. Mentre l’attivita antitrust mira a prevenire la concentrazione per garantire la con-

correnza, l’economia della regolamentazione considera come inevitabile la concentrazione (che

puo essere addirittura desiderabile) e quindi necessaria una limitazione dei comportamenti

delle imprese al fine di ridurre inefficienze e distorsioni create dal potere di mercato di questa

imprese.

Il caso tipico in cui si necessita di regolamentazione e quello del monopolio naturale. In

prima approssimazione un’industria e considerata un monopolio naturale se la produzione di

un particolare bene o servizio da parte di un’unica impresa minimizza i costi di produzione.

Qusto vuol dire che e inefficiente e/o insostenibile la concorrenza tra due o piu imprese. Il

caso piu semplice di monopolio naturale e quello in cui esistono economie di scala che non si

esauriscono ai livelli di domanda del mercato. Di conseguenza il monopolista che serve l’intero

mercato ha costi medi inferiori a quelli che avrebbero due o piu imprese che si dividessero il

mercato. L’intervento pubblico di regolamentazione si giustifica con l’impossibilita di concil-

iare l’efficienza economica (che imporrebbe in questi mercati la presenza di un’unica impresa)

con l’efficienza allocativa. Quest’ultima infatti e massima quando il prezzo di mercato e pari al

costo marginale delle imprese, un risultato ottenibile sul libero mercato solo in presenza di una

forte concorrenza tra le imprese. Ma se vi sono piu imprese non vi e piu efficienza produttiva.

La regolamentazione e di conseguenza una risposta a questo problema in quanto cerca di coni-

ugare la presenza di un monopolio economicamente efficiente con un controllo del prezzo che

aumenti l’efficienza allocativa legandolo ai costi di produzione. Tuttavia anche questa politica

di regolamentazione ha i suoi effetti negativi in quanto riduce qualsiasi incentivo all’efficienza

5

per il monopolista. Infatti, se i prezzi sono legati ai costi di produzione, qualsiasi guadagno

di efficienza viene dal regolatore automaticamente trasformato in riduzione dei prezzi per i

consumatori al fine di mantenere un’elevata efficienza allocativa. Ma questo fa mancare qual-

siasi incentivo economico per il monopolista regolamentato che non ricavera alcun profitto

dagli sforzi per ottenere guadagni di efficienza. Al contrario, potrebbe generarsi un incentivo

all’inefficienza visto che il regolatore stabilira comunque i prezzi in modo da coprire i costi

di produzione. Una regolamentazione tutta tesa a legare il prezzo ai costi di produzione puo

avere effetti negativi nel lungo periodo; e per questo motivo che le forme piu evolute di regola-

mentazione tendono a contemperare l’esigenza di efficienza allocativa con quella di efficienza

dinamica costruendo dei meccanismi incentivanti che permettono alle imprese di incamerare,

almeno in parte, i profitti derivanti da guadagni di efficienza.

Gli ultimi decenni hanno visto anche la regolamentazione particolarmente impegnata a

circoscrivere i mercati regolamentati e ad aprire alla concorrenza settori prima caratterizzati

dalla presenza di un monopolista verticalmente integrato. Il caso delle telecomunicazioni e

particolarmente interessante da questo punto di vista. Il settore e stato a lungo caratterizzato

dalla presenza di un monopolista verticalmente integrato. Tuttavia l’evoluzione tecnologica

e l’ampliarsi della domanda ha portato alla riduzione elle attivita caratterizzate da economie

di scala e costi irrecuperabili. E stato quindi possibile aprire alla concorrenza i segmenti

come le chiamate interurbane, i servizi informativi, ed l’accesso ad internet. Lo scopo della

regolamentazione si e man mano trasformato: non piu focalizzato sulla regolamentazione del

prezzo finale per i consumatori, ma sempre piu interessato a definire le condizioni per favorire

e tutelare la concorrenza. In settori come quelli telefonici e, piu in generale, dei servizi a

rete, favorire la concorrenza significa essenzialmente garantire l’accesso a tutti i concorrenti

l’accesso alle infrastrutture di rete essenziali, come la rete telefonica locale che ancora

conservano le caratteristiche di monopolio naturale.

l’analisi economica riveste un ruolo particolarmente rilevante nella regolamentazione eco-

nomica. La fissazione dei prezzi regolamentati e di non facile soluzione soprattutto quando

i costi fissi dei segmenti non concorrenziali devono essere coperti con i ricavi devianti dalla

fruizione dei diversi beni e servizi. La determinazione dei prezzi regolamentati e inoltre ril-

evante anche per l’effetto sugli incentivi all’efficienza e all’innovazione. La determinazione

di questi obiettivi, la costruzione di meccanismi dei incentivo appropriati e la definizione

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dell’organizzazione istituzionale appropriata costituiscono un’ambito di applicazione molto

rilevante per l’analisi economica.

La Regolamentazione finanziaria si occupa invece della regolamentazione dei mercati e

dei servizi finanziari (banche, assicurazioni, fondi pensione, e mercati finanziari) con l’obiettivo

di prevenire e correggere i problemi informativi che caratterizzano questi mercati e di sostenere

la stabilita del sistema finanziario per le rilevanti esternalita che si generano sul resto dei settori

produttivi. Un esempio e dato dalla definizione di requisiti di patrimoniali minimi e di limiti

al leverage (moltiplicatore del credito).

• problemi di asimmetrie informative con i conseguenti

– aumenti del costo e problemi di razionamento del credito

– difficolta di analisi del rischio di prodotti finanziari complessi

• problemi di esternalita (rischio sistemico) legati a:

– globalizzazione dei mercati finanziari

– interconnessione delle maggiori istituzioni finanziarie

– innovazioni finanziarie (derivati) che permettono di immettere sui mercati finanziari

internazionali attivita rishiose prima non commerciabili (mutui, prestiti al consumo,

etc.)

Regolamentazione sociale e ambientale

• Questa e generalmente riferita alla regolamentazione di imprese la cui attivita economica

– genera esternalita (ad es. inquinamento)

– e caratterizzata da problemi informativi (relativi alla sicurezza, alla salute, alla

tutela dell’ambiente)

• Generalmente attuata attraverso strumenti di regolazione diretta invece che con incentivi

economici.

• i principali ambiti di applicazione sono

– l’ambiente

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– il cibo che mangiamo

– il lavoro che facciamo

– i beni di consumo che compriamo

• uno dei problemi principali e la definizione dei benefici e dei costi di questa attivita come

as esempio la valutazione del rischio di morte

3 Strumenti e Istituzioni

Gli strumenti della regolamentazione

• incentivi economici: e.g., meccanismi di prezzo per i servizi di pubblica utilita, tasse o

sussidi per aumentare o diminuire la profittabilita o l’utilita derivante da alcune attivita;

• Regolamentazione diretta: definizione di requisiti, obblighi, divieti, procedure, e dei rel-

ativi controlli.

3.1 Le istituzioni della regolamentazione

L’attivita di regolamentazione e generalmente affidata al governo stesso, nelle sue varie artico-

lazioni, ad autorita indipendenti o a istituzioni di autogoverno dei soggetti regolamentati. Ad

esempio l’attivita di regolamentazione per le normative di sicurezza sul lavoro e svolta diretta-

mente dal governo, mentre la regolamentazione dei settori energetici e affidata ad un’autorita

indipendente: l’Autorita per l’Energia Elettrica e il Gas. Gli ordini professionali, infine, rap-

presentano gli organi di autoregolamentazione delle categorie interessate.

3.1.1 Amministrazione del governo centrale

La delega dell’attivita regolatoria a dipartimenti dell’amministrazione centrale dello stato (ad

esempio dipartimenti ministeriali) si caratterizza per il forte controllo che il Parlamento puo

esercitare sull’attivita di regolamentazione. Queste amministrazioni centrali sono infatti re-

sponsabili (direttamente o indirettamente attraverso il governo) dinanzi al parlamento per la

propria attivita. Se questo da un lato puo rappresentare un punto di forza in quanto rende

piu facile da parte dei rappresentati eletti del popolo la supervisione dell’attivita di regola-

mentazione, dall’altro evidenzia una serie di limiti che hanno favorito lo sviluppo di autorita

8

indipendenti che nell’ultimo quarto di secolo hanno man mano sostituito le amministrazioni

centrali dello stato nel ruolo di regolatori. Questi limiti sono stati individuati nella difficolta di

definire piani e progetti di lungo periodo, nella possibile politicizzazione di scelte che dovreb-

bero invece essere basate solo su ragioni di efficienza (come nella scelta tra le diverse richieste

nell’assegnazione di qualche licenza), nella difficolta di sviluppare esperienza e specializzazione

relative al particolare settore regolamentato, e nel definire una struttura disegnata sulle esi-

genze specifiche della regolamentazione di quel particolare settore.

3.1.2 Le autorita indipendenti

Questa forma di regolamentazione ha origine negli Stati Uniti dove si sono sviluppate a partire

dal 1887 con la creazione della Inter-state Commerce Commission per limitare il potere di

mercato delle compagnie ferroviarie.

In Europa, questa modalita di regolamentazione fu introdotta a partire dagli anni ’50 del

XX secolo quando fu istituita la Idependent Television Authority che era caratterizzata da un

certo grado di indipendenza dal governo e dallo svolgimento di compiti non solo regolatori ma

anche giudiziari. A partire dall’esperienza dell’ITA, una serie di autorita di regolamentazione

furono create negli anni ’60 e ’70 al fine di regolamentare i settori monopolistici, l’aviazione

civile, le relazioni industriali, i giochi d’azzardo e la sicurezza sul lavoro. A partire dagli anni

’80, per effetto della ventata liberista che investı il Regno Unito, la privatizzazione di diverse

public utilities che precedentemente erano monopoli pubblici produsse una nuova ondata di

regolamentazioni e una serie di nuove autorita indipendenti quali: OFTEL, istituita nel 1984

per la regolamentazione del settore delle telecomunicazioni; OFGAS, istituita nel 1986 per la

regolamentazione del mercato del gas; OFFER, istituita nel 1989 per la regolamentazione del

settore elettrico; OFWAT istituita nel 1990 per la regolamentazione dei servizi idrici; ORR,

istituito nel 1993 per la regolamentazione del settore ferroviario.

Ma cosa vuol dire autorita indipendenti? Con questo termine si vuole sottolineare che

queste agenzie di regolamentazione non sono sottoposte al governo ma, nel caso italiano,

rispondono del proprio operato solo “al Parlamento che ha stabilito i poteri, definito lo statuto

ed eletto i componenti”(Agcom.it). L’indipendenza e generalmente ricercata da un lato at-

traverso l’autonomia organizzativa, finanziaria e contabile di queste istituzioni e dall’altro

mettendola “al riparo, nell’esercizio delle sue funzioni, da qualsiasi intervento esterno o pres-

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sione politica che potrebbe compromettere la sua imparzialita di giudizio nelle questioni che

e chiamata a dirimere”.(Commissione europea, Direttiva 2009/140/CE).

Perche autorita indipendenti? Per garantire imparzialita di giudizio ed “un’applicazione

piu efficace del quadro normativo, rafforzare la loro autorita e assicurare una maggiore preved-

ibilita delle loro decisioni”(Commissione europea, Direttiva 2009/140/CE). L’idea e che la

politica abbia la possibilita di definire priorita e direttrici d’intervento con le leggi la cui ap-

plicazione deve pero avvenire attraverso autorita indipendenti con un principio che ricorda la

separazione dei poteri tra Parlamento e Magistratura.

3.1.3 L’autoregolamentazione

L’autoregolamentazione e generalmente caratterizzata dalla definizione di standard, di proce-

dure, di regole di accesso, ma a volte anche di politiche di prezzo, da parte di un’organizzazione

che regolamenta in tal modo il comportamento dei suoi membri. A volte questo tipo di regola-

mentazione e totalmente volontaria come nel caso della definizione di codici di autoregolamen-

tazione da parte di associazioni di categoria (vedi il caso del settore pubblicitario). In altri casi

invece non e possibile esercitare la propria attivita se non si e membri dell’organizzazione che

in questo caso, sotto la vigilanza del governo e del Parlamento, esercita funzioni pubbliche.

Questo e il caso degli ordini professionali in Italia che gestiscono l’accesso alle professioni,

cosı come stabilito dalle leggi istitutive e regolamentano il comportamento dei propri mem-

bri. Queste istituzioni hanno origine almeno medievali quando le corporazioni e le gilde erano

lo strumento di autogoverno delle arti e dei mestieri ed regolavano le condizioni di lavoro, i

salari, i livelli di produzione e gli standard qualitativi delle produzioni. Il problema principale

posto da questo tipo di regolamentazione e legato alla natura pubblica delle attivita svolte

da questi organismi privati, di categoria. Mentre la funzione pubblica risiede essenzialmente

nell’assicurare gli standard qualitativi dei servizi erogati dai membri degli ordini profession-

ali, la loro natura di organismo di autogoverno della professione puo rendere problematica la

considerazione di interessi diversi da quelli dei propri membri, rendere difficile la gestione dei

procedimenti contro i membri stessi, favorirne la trasformazione gruppo di pressione in favore

dei propri membri.

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4 Le autorita di regolamentazione in Italia

• l’Autorita garante della concorrenza e del mercato (AGCM) a cui e demandata l’applicazione

della normativa antitrust;

• l’Autorita per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom) che ha, tra i vari compiti, quello di

regolamentare i settori delle comunicazioni. Questa attivita include la regolamentazione

dei servizi e delle infrastrutture per la telefonia fissa e mobile, per accesso ad Internet,

il settore postale, i servizi radiotelevisivi e l’editoria.

• Autorit di regolazione dei trasporti (istituita nel 2011) e competente nel settore dei

trasporti e dellaccesso alle relative infrastrutture ferroviarie, portuali, aeroportuali e alle

reti autostradali,

• La Commissione nazionale per le societa e la Borsa (CONSOB) costituita nel 1974

• L’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private e di Interesse Collettivo (ISVAP) e

stato istituito nel 1982. Esercita funzioni di vigilanza nei confronti delle imprese di assi-

curazione e riassicurazione nonche di tutti gli altri soggetti sottoposti alla disciplina sulle

assicurazioni private, compresi gli agenti e i mediatori di assicurazione. L’ISVAP svolge

le sue funzioni sulla base delle linee di politica assicurativa determinate dal Governo.

• Autorita per l’Energia Elettrica e il Gas costituita nel 1995 con funzioni di regolazione

e di controllo dei settori dell’energia elettrica e del gas.

• Commissione di Vigilanza sui Fondi Pensione (COVIP) istituita nel 1993 ed operativa

del 1996. E’ un’autorit‘a amministrativa che ha il compito di vigilare sul funzionamento

dei fondi pensione complementari

5 Analisi costi-benefici della regolamentazione

L’obiettivo della regolamentazione: aumentare il surplus sociale

• Dal punto di vista dell’efficienza economica l’obiettivo della regolamentazione e quello

di massimizzare il beneficio netto (Benefici - costi) della regolamentazione

• Se i costi sono maggiori dei benefici, la regolamentazione non si deve implentare

11

• L’obiettivo e l’efficienza allocativa

• il principio su cui si basa l’efficienza allocativa e quello di compensazione potenziale

proposto da Hicks e Kaldor: i beneficiari di una politica devono poter “potenzialmente”

compensare i perdenti

• Questo concetto si utilizza in sostituzione del’efficienza Paretiana in quanto e molto

difficile individuare miglioramenti in senso Paretiano

Figure 1: Un esempio: la scelta della politica ambientale ottima. Da Viscusi et al. (2004).

5.1 Considerazioni Intertemporali

Come fare se i costi e i benefici della regolamentazione sono distribuiti nel tempo?

Scontare il futuro? non cosı ovvio

• argomenti a favore dello sconto

• argomenti contrari: le future generazioni

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• A volte si sostiene che non si dovrebbe scontare il futuro per l’analisi di politiche con

effetti di lungo periodo (politiche ambientali e per la salute)

• esempio: benefici dello stoccaggio di scorie nucleari

Quale tasso di sconto impiegare?

• il costo opportunita del capitale cosı come misurato dal rendimento dei Buoni del Tesoro.

• questa e anche una misura delle preferenze intertemporali

• tuttavia questa e una misura del tasso di rendimento privato

• il tasso di rendimento sociale, che misura le preferenze intertemporali della societa

potrebbe essere diverso, ma anche difficile da misurare

• per l’Office of Management and Budget (OMB) in USA utilizzato per giudicare le pro-

poste di regolamentazione e (era?) il 7%

• la scelta del tasso di sconto puo influenzare profondamente il giudizio sulla regolamen-

tazione in oggetto

• quanto vale domani un’euro risparmiato oggi?

1 + r

• qual e il valore presente di 1 euro che otterro l’anno prossimo?

PV = δ × 1 dove δ =1

1 + r

• si assuma che questo non avvenga con certezza, ma vi sia una probabilita ρ che questo

non si avveri:

PV = δ × 1 dove δ =1− ρ1 + r

• qual e il valore presente di un’euro tra due anni invece che tra un anno?

PV = δ2 × 1 =

(1− ρ1 + r

)2

flussi in(de)finiti di costi e ricavi nel futuro

13

• si assuma che ogni anno questa regolamentazione dia un beneficio pari a 5

PV = 5 + δ5 + δ25 + δ35 + ... =∞∑i=0

δi5

• Si noti che:

δPV = δ5 + δ25 + δ35 + δ45 + ... =∞∑i=1

δi5

• Sottraendo l’una all’altra:

(1− δ)PV =

∞∑i=0

δi −∞∑i=1

δi5

• da cui:

PV =5

1− δ

Applicazione alla regolamentazione

• si assuma un flusso futuro di costi per la regolamentazione Ci ∀i = 1, 2, ...,∞

• il valore presente dei costi e:

PVC

=

∞∑i=0

δiCi

• si assuma un flusso futuro di benefici per la regolamentazione Bi ∀i = 1, 2, ...,∞

PVB

=

∞∑i=0

δiBi

• l’uso del tasso di sconto permette di ottenere un valore sintetico

PVB−C

=

∞∑i=0

δi (Bi − Ci)

Applicabilita dell’Analisi Costi Benefici Non e sempre chiara la rilevanza dell’analisi costi

benefici.

Ad esempio:

• Qual e il costo opportunita di una vita?

L’OMB non approva regolamentazioni con un costo implicito per vita salvata superiore

ai $100 milioni

14

• Ma la legge sulla sicurezza sul lavoro USA recita:“OSHA assures so far as possible every

man and woman in the nation safe and healthful working condition”

• quindi la fattibilita e la regola e non l’efficacia in termini di costi

• l’efficacia in termini di costi permetterebbe comunque di promuovere una regolamen-

tazione finalizzata ai fini, piuttosto che ai mezzi utilizzati. Tuttavia questo non e facile

da implementare

15

6 Teorie della regolamentazione

L’economia della regolamentazione si interessa di diversi aspetti dell’intervento delle istituzioni

pubbliche nel funzionamento dei mercati. La teoria economica puo contribuire alla determi-

nazione degli obiettivi della regolamentazione e alla scelta degli interessi sociali da tutelare

cosı come e fondamentale per la definizione dei casi in cui la regolamentazione ha un effetto

positivo sull’efficienza dei mercati. Anche la scelta di cosa deve essere regolamentato e cosa

non deve essere regolamentato nei settori in cui si decide di intervenire deve rispondere ad

una coerente logica economica. La scelta delle modalita attraverso le quali tale regolamen-

tazione deve essere attuata, la verifica delle alternative disponibili alla regolamentazione e la

congruenza degli strumenti agli obiettivi e oggetto di studio dei diversi contributi all’economia

della regolamentazione.

Waterson (1988) tuttavia identifica due questioni fondamentali circa la regolamentazione:

• La regolamentazione dei mercati supportata da argomentazioni economiche rilevanti?

• La regolamentazione funziona?

Le risposte a queste due domande sono varie ed articolate e possono essere raggruppate in

quattro filoni teorici principali:2

1. La teoria dell’interesse pubblico

2. La teoria Economia della Regolamentazione

3. Economia istituzionale della Regolamentazione

4. Nuova economia pubblica

Le diverse teorie della regolamentazione si distinguano anche per l’approccio diverso, nor-

mativo o positivo, dei diversi contributi all’economia della regolamentazione. L’approccio

normativo promuove l’intervento pubblico perche si assume che le istituzioni pubbliche e il

governo devono promuovere l’efficienza nelle sue diverse accezioni attraverso la regolamen-

tazione. L’approccio positivo non si pone l’obiettivo di definire le politiche che le istituzioni

pubbliche devono perseguire, ma al contrario cerca di spiegare cio che accade nella realta anche

attraverso la formulazione di ipotesi empiricamente verificabili che discendono logicamente da

un insieme di premesse (assunzioni).

2Questa classificazione, cosı come l’analisi delle ultime due sezioni si rifa a Leveque (2004).

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6.1 La teoria dell’interesse pubblico

La teoria dell’interesse pubblico, le cui origini si fanno risalire al lavoro di Pigou sull’economia

del benessere,3 rappresenta l’approccio normativo tradizionale alla regolamentazione dei mer-

cati. Nell’ottica dell’economia del benessere, le cause di fallimento del mercato rappresen-

tano una motivazione fondamentale a sostegno e a giustificazione dell’intervento pubblico

nell’economia.

Se ci trovassimo in un mondo che funzionasse secondo il paradigma della concorrenza

perfetta ci sarebbe una necessita molto limitata di politiche antitrust e di regolamentazione.

Se tutti i mercati fossero caratterizzati dalla presenza di un grande numero di produttori,

se i consumatori cosı come le imprese fossero perfettamente informati sulle conseguenze

dell’acquisto o della vendita di tutti i beni o servizi, se il consumo di tutti i beni e servizi fosse

caratterizzato da escludibilita e rivalita e se non vi fossero esternalita nella produzione e

nel consumo, allora in questo mondo economico idealizzato senza imperfezioni non ci sarebbe

bisogno di un intervento di regolamentazione.

Queste condizioni di fallimento del mercato sono il monopolio naturale; la presenza di ester-

nalita nella produzione o nel consumo; i beni pubblici;4 ed infine, l’informazione asimmetrica

che puo dare luogo a problemi di azzardo morale e di selezione avversa. Essendo impossibile

per il mercato ottenere in tali condizioni un’allocazione efficiente delle risorse, i poteri pub-

blici devono intervenire per imporre regole e restrizioni all’azione soprattutto delle imprese,

ma anche dei consumatori. Quando la mano invisibile evocata da Adam Smith non e in grado

di agire per promuovere l’efficienza, la mano ben piu visibile dello stato deve avere il compito

di indirizzare i comportamenti di imprese e consumatori al perseguimento del bene comune.

Quindi la presenza di imperfezioni nel funzionamento dei mercati fa in modo che la concor-

renza non porti alla massimizzazione del benessere sociale e quindi la regolamentazione puo

rendere possibili miglioramenti potenziali in senso Paretiano, ovvero aumentare l’efficienza al-

locativa del mercato. E cioe possibile che coloro che traggono beneficio dall’introduzione della

3Pigou (1920), The Economics of Welfare.4Il bene pubblico e sia non escludibile che non rivale, mentre il bene privato e sia escludibile che rivale. Se

il bene e escludibile ma non rivale si avra un bene di club, mentre se il bene e rivale ma non escludibile avremo

un bene comune.

17

regolamentazione possono compensare coloro che perdono e mantenere ancora un beneficio

netto.

Nel caso di un monopolio naturale, ad esempio, il mercato viene ad essere caratterizzato

dalla presenza di un’unica impresa monopolista che, se non limitata nella sua liberta di fis-

sare prezzi e la quantita venduta sul mercato, potra sfruttare il proprio potere di mercato

e massimizzare i profitti aumentando i prezzi con un danno all’intera collettivita. I prezzi

risulteranno inefficientemente elevati, la quantita che i consumatori acquisteranno sara ineffi-

cientemente bassa, e il risultato sara una perdita netta di surplus sociale.

La regolamentazione serve anche quando la concorrenza c’e ed e forte. Consideriamo il

caso in cui la produzione di un bene (ad esempio l’energia) generi inquinamento atmosferico.

Questo caso rappresenta un caso di esternalita negative nella produzione ed e quindi un es-

empio di fallimento del mercato. Le forze della domanda e dell’offerta di energia, se lasciate

libere, determinerebbero una produzione eccessiva di elettricita in quanto il costo in termini

di inquinamento atmosferico semplicemente non entra nei costi ne dei consumatori, ne delle

imprese. L’introduzione di imposte sulla produzione di energia o la creazione di un mercato

di permessi per le emissioni inquinanti, crea un costo aggiuntivo per le imprese produttrici

di elettricita (che si riverbera ovviamente sui prezzi per i consumatori). Se ben congegnati,

questi meccanismi regolatori porteranno la produzione di energia e quindi di emissioni nocive

a livelli socialmente ottimali.

Secondo l’approccio della teoria dell’interesse pubblico il regolatore e solo interessato al

raggiungimento di un’allocazione efficiente delle risorse e alla correzione delle imperfezioni dei

mercati. Si assume che egli sia insensibile alle pressioni di gruppi di interesse, alle gratificazioni

e alla corruzione. Ad esempio i regolatori sono disinteressati e non lavorerebbero mai per le

imprese che hanno regolato in passato.

Inoltre essi sono anche neutrali rispetto alla ripartizione dei benefici delle regolamentazione;

sono interessati solo all’efficienza perche il loro obiettivo e solo quello di accrescere le risorse

disponibili per la collettivita, mentre la redistribuzione e una decisione propria della politica.

L’assunzione implicita e che sia sempre possibile disgiungere il problema dell’efficienza da

quello della redistribuzione, come se la ripartizione del surplus non influenzasse la produzione

del surplus. Questa approccio fornisce anche la base logica e teorica alla separazione tra le

autorita di regolamentazione e le istituzioni di governo, con le prime interessate esclusivamente

18

all’efficienza, e le seconde alla redistribuzione.

La regolamentazione secondo la teoria dell’interesse pubblico e giustificata se passa un test

di fallimento del mercato caratterizzato da tre elementi (Church and Ware, 2000).

1. Determinare l’esistenza e la dimensione dell’inefficienza che si genera in assenza di rego-

lamentazione;

2. Valutare la fattibilita dell’intervento per correggere il fallimento del mercato. In questa

fase necessita si procede all’identificazione delle modalita e dei meccanismi di regola-

mentazione che permettono di aumentare l’efficienza tenendo conto del comportamento

dell’impresa tendente a massimizzare il profitto con le nuove regole introdotte dalla

regolamentazione.

3. Infine e necessario dimostrare che i benefici superano i costi, sia quelli diretti che quelli

indiretti, della regolamentazione. I costi diretti includono le spese per creare e far fun-

zionare l’agenzia di regolamentazione ed i costi per le imprese e gli altri soggetti coinvolti.

I costi indiretti includono tutte le inefficienze che si generano per effetto della regolamen-

tazione. La regolamentazione puo indurre infatti una allocazione inefficiente delle risorse

quando non c’e una completa armonizzazione tra gli obiettivi dell’impresa (profitto) e

della societa nel suo complesso (surplus totale). Come si vedra nell’analisi del monopolio

naturale, il superamento di una tipologia di regolamentazione basata sul recupero dei

costi a vantaggio di varie forme di regolamentazione incentivante e giustificato proprio

dal riconoscimento che la prima determina incentivi perversi che spingono l’impresa a

non minimizzare i costi di produzione.

L’introduzione di un test cosı articolato parte dal riconoscimento che i fallimenti del mer-

cato sono una condizione necessaria ma non sufficiente per giustificare l’introduzione della

regolamentazione. Coase (1960) critico infatti un approccio basato solo sul riconoscimento del

fallimento di mercato, come se l’intervento di regolamentazione fosse senza costo e necessaria-

mente indirizzato alla massimizzazione del benessere sociale. In pratica, tuttavia, l’intervento

pubblico ha i sui costi diretti ed e fonte esso stesso di inefficienze e distorsioni. Di conseguenza

Coase sottolinea come il paragone rilevante non sia tra mercati ideali e regolamentazione ide-

ale, ma tra meccanismi imperfetti, costosi, ma realistici di mercato e di regolamentazione.

Vedremo in seguito come quest’analisi e alla base della definizione dei fallimenti del governo

19

(Wolf, 1988) e dell’approccio comparativo alle istituzioni (Demsetz, 1969).

Inoltre, sia la difficolta di spiegare quale sia il meccanismo di political conomy che permette

l’introduzione della regolamentazione utile ma evita l’introduzione di una regolamentazione

dannosa, sia l’evidenza empirica che mostra come la regolamentazione sia presente anche

in settori per i quali e difficile individuare motivazioni di efficienza e fallimenti del mercato

(autotrasporto, taxi, etc.) indeboliscono il punto di vista della teoria dell’interesse pubblico

ed aprono la stada ad approcci alternativi.

6.2 Economia politica della regolamentazione

Questo approccio positivo alla teoria della regolamentazione introduce un’analisi dell’intervento

pubblico basato sull’assunzione che tutti gli agenti coinvolti nella regolamentazione sono egoisti

e cercano di massimizzare la propria funzione obiettivo.

L’analisi di Stigler contribuisce a cambiare radicalmente l’analisi economica della rego-

lamentazione. Gia in Stigler and Friedland (1966) il contributo della regolamentazione al

benessere sociale era messo in dubbio dall’osservazione che il prezzo dell’elettricita negli stati

USA dove esso era regolato non era significativamente inferiore a quello praticato negli stati

dove non era regolamentato. Si poneva dunque la domanda di comprendere il motivo della re-

golamentazione ed i suoi reali beneficiari. Il contributo piu significativo e senza dubbio Stigler

(1971). In quest’articolo Stigler evidenzia come una teoria economica della regolamentazione

debba individuare: (i) i beneficiari della regolamentazione e coloro che invece sono svantaggiati

dalla regolamentazione; (ii) la forma e la natura dell’intervento regolatorio; (iii) gli effetti della

regolamentazione sull’allocazione delle risorse; (iv) i settori che con piu probabilita vengono

regolamentati.

Egli propone un modello in cui la regolamentazione e un servizio scambiato sul mercato

con un lato della domanda, costituito dai gruppi di pressione, associazioni di categoria e lobby,

ed un lato dell’offerta costituito dal regolatore, sia esso un organismo politico come il Con-

gresso o un’autorita indipendente. La premessa della sua analisi e che il potere principale

dello stato consiste nella coercizione e che qualunque gruppo in grado di influenzare l’uso

della forza ne puo approfittare a proprio vantaggio. Ad esempio, lo stato puo imporre tasse su

alcune categorie ed utilizzarne i proventi per sussidiare la lobby vincente. Inoltre la regolamen-

tazione puo essere utilizzata per limitare l’ingresso con barriere all’entrata, oppure limitare le

20

capacita competitive di produttori di beni sostituti, o anche regolamentare il prezzo riducendo

la concorrenza a vantaggio delle imprese gia presenti sul mercato.

Nell’analisi di Stigler la regolamentazione rappresenta solo uno strumento di redistribuzione

del surplus tra diversi gruppi sociali senza alcun impatto positivo sull’efficienza dei mercati.

Questo rappresenta il punto piu chiaro di contrasto con la Teoria dell’Interesse Pubblico per

cui la regolamentazione non si occupa della redistribuzione ma solo di aumentare l’efficienza

dei mercati.

Smessa la visione del regolatore benevolente, per Stigler tutti perseguono esclusivamente

i propri interessi. I politici, ad esempio, tendono a massimizzare le chance di essere rieletti.

Stigler riprende infatti l’analisi del mercato politico sviluppata da Buchanan e Tollison (1972)

e dagli altri esponenti della teoria economica che analizza le scelte pubbliche secondo cui

l’obiettivo dei partiti politici e quello di massimizzare il numero dei voti al fine di permettere

ai propri dirigenti di massimizzare i vantaggi derivanti dall’esercizio del potere. L’obiettivo dei

funzionari e dei membri delle autorita indipendenti e invece quello di massimizzare i benefici

personali derivanti dalla propria carica, come ad esempio il passaggio all’industria regolamen-

tata una volta smessi i panni del regolatore. Il loro obiettivo puo essere perseguito aumentando

l’artivita di regolamentazione al solo scopo di aumentare l’importanza della propria amminis-

trazione, i mezzi messi a loro disposizione e la propria influenza.5

Il lato della domanda di regolamentazione e invece caratterizzato dalle imprese che vogliono

essere protette dalla concorrenza, in particolare quella proveniente dall’estero. In contropartita

per il vantaggio che ottengono dalla regolamentazione, le imprese sono disposte a finanziare

le campagne elettorali dei politici o ad offrire lavori nell’industria a funzionari e burocrati.

Le grandi imprese vinceranno costantemente questa gara. La logica si rifa essenzialmente

al contributo di Olson (1965) sull’azione collettiva che mette in evidenza il vantaggio dei gruppi

piu piccoli su quelli grandi, composti da un numero maggiore di membri. Le grandi imprese,

infatti, possono ottenere grandi benefici dall’azione collettiva. Essendo un piccolo gruppo e

generalmente omogeneo, hanno minori difficolta ad organizzare un’azione collettiva. Le piccole

imprese non riescono ad organizzarsi altrettanto bene poiche i benefici che ciascuna di essa

ottiene sono piccoli. I consumatori hanno difficolta ancora maggiori in quanto i benefici che

ciascuno di essi ottiene dall’azione collettiva sono ancora minori. I problemi di free riding en-

5Si veda a tal proposito anche Tullock (1978).

21

fatizzano ancor di piu la maggiore capacita delle grandi imprese di organizzarsi per influenzare

la regolamentazione. Quando il numero dei membri di una coalizione e ridotto, e piu facile

controllare eventuali defezioni da parte di coloro cercheranno di non pagare i costi e bene-

ficiare gratuitamente dell’azione collettiva per ottenere vantaggi dalla regolamentazione. La

regolamentazione infatti rappresenta generalmente un bene pubblico per i membri del gruppo

e quindi la sua produzione soffre delle inefficienze tipiche di tutti i beni pubblici. Una regola-

mentazione come quella che riduce le importazioni dall’estero dara benefici a tutte le imprese

domestiche attive in quel settore (non rivalitaa) e non sara possibile escludere alcuna impresa,

anche se non ha contribuito ai costi per promuovere la regolamentazione (non escludibilita). Di

conseguenza gruppi di grandi dimensioni si trovano in una posizione di svantaggio sia perche

i benefici derivanti dalla regolamentazione possono non essere molto superiori ai costi, sia

perche e piu difficile controllare il comportamento da free rider dei propri membri.

In generale, l’economia politica della regolamentazione individua quattro fattori che fa-

voriscono la partecipazione individuale ai gruppi di pressione.6 Il primo e la dimensione dei

possibili vantaggi derivanti dall’attivita di lobby : maggiori sono i guadagni, piu attiva sara

la partecipazione ai gruppi di pressione. La seconda e la dimensione del gruppo interessato:

piu piccolo il gruppo, piu facile e il controllo per prevenire il comportamento da free rider. Il

terzo elemento e costituito dal grado di omogeneita degli interessi dei membri della coalizione

d’interessi: piu le mprese sono omogenee, maggiori sono le possibilita che si mettano d’accordo

sul tipo di regolamentazione da richiedere. L’ultimo elemento e relativo al grado di incertezza

circa gli effetti della regolamentazione in termini di benefici per i membri dell’industria. Mag-

giore e il grado di incertezza, minore e l’incentivo a partecipare attivamente alla emphlobby.

Essendo piu facile farsi un’idea dei costi derivanti dall’introduzione di una nuova regolamen-

tazione piuttosto che dei potenziali benefici, Si spiega perche e piu alta la partecipazione

all’attivita di gruppi di pressione che cercano di ridurre i costi di una nuova regolamentazione

(ad esempio ambientale).

L’analisi di Stigler costruisce un primo importante contributo allo sviluppo della teoria

della cattura del regolatore, ovvero dell’idea che i regolatori siano catturati dalle stesse

imprese che dovrebbero controllare. In cambio di voti, risorse finanziarie o della promessa

di futuri incarichi, i regolatori utilizzano il proprio potere al servizio delle imprese e non per

6Si veda Noll e Owen (1983).

22

controllarne i comportamenti.

L’analisi di Stigler e estesa da Posner (1971) ed altri che focalizzano l’analisi piu sul lato

dell’offerta, che aveva ricevuto scarsa attenzione nel lavoro originario di Stigler. Il contributo

di Pelzman (1976) cerca di aggiornare la teoria di Stigler al fine di analizzare in maniera

piu approfondita il lato dell’offerta nel mercato della regolamentazione. In particolare egli

si sofferma sui motivi che possono spingere i regolatori ad intervenire anche a favore dei

consumatori e non solo dei produttori. Pelzman ha essenzialmente in mente un legislatore che

ha come obiettivo la massimizzazione delle probabilita di essere rieletto. Il punto di partenza di

questo contributo e la constatazione empirica che, a differenza di quanto previsto dalla teoria di

Stigler, il Congresso degli Stati Uniti ha approvato regolamentazioni che danneggiano le grandi

imprese. Egli formalizza un modello partendo dalle seguenti ipotesi: (i) la regolamentazione

serve a ridistribuire la ricchezza; (ii) il regolatore desidera di essere rieletto e quindi approva

norme che massimizzano le sue probabilita di essere rieletto; (iii) i gruppi sociali competono

per ottenere una legislazione a loro favorevole offrendo in cambio supporto politico (sia il voto

che le risorse economiche).

Se, Ad esempio, una proposta di regolamentazione dovesse aumentare i prezzi in un’industria,

si avrebbe un duplice effetto sul supporto politico al legislatore. I produttori beneficiari della

regolamentazione aumenterebbero il loro sostegno al legislatore, mentre i consumatori che

devono pagare di piu ridurrebbero il loro sostegno. Di conseguenza il regolatore scegliera in

equilibrio un livello dei prezzi tale da massimizzare il supporto politico.

Questa analisi ci permette anche di comprendere quali industrie sono regolate con mag-

giore probabilita. Si consideri un mercato in cui vi siano due gruppi sociali: i produttori e i

consumatori, con i primi che prendono le proprie decisioni politiche sulla base dei profitti che

ottengono con la regolamentazione, mentre le decisioni dei i secondi si basano sul livello dei

prezzi.

Si consideri la seguente funzione di supporto politico M(P, π) dove P e il prezzo e π sono

i profitti delle imprese. M(P, π) e crescente in π e decrescente in P in quanto all’aumentare

del prezzo i consumatori riducono il supporto politico al legislatore, mentre all’aumentare dei

profitti i produttori aumentano il loro supporto politico.

Inoltre e anche possibile stabilire una relazione tra P e π dove π(P ) indica la funzione di

profitto delle imprese. In particolare π(P ) e crescente in P quando P < Pm, dove Pm e il

23

prezzo di monopolio, ed e decrescente in P per ogni P > Pm.

Avendo stabilito questa relazione tra prezzo e profitto, e chiaro che il regolatore quando

aumenta il prezzo riduce il supporto politico dei consumatori ma, se p < Pm ricevera un

supporto maggiore da parte delle imprese.

E possibile quindi caratterizzare l’equilibrio, la scelta del legislatore che massimizza il suo

supporto politico M(P, π) sotto il vincolo di π = π(P ).

Figure 2: Scelta ottima del prezzo da parte di un legislatore che massimizza il supporto politico

Nella figura 6.2, M1,M2,M3 sono delle curve di indifferenza per il regolatore, ovvero iden-

tificano tutte quelle combinazioni di prezzo e profitti che danno il medesimo livello di supporto

politico al legislatore.

Si consideri un au,ento della protezione fornita ai produttori che genera un incremento

marginale del prezzo. Fino a quando il beneficio marginale per il regolatore di aumentare

la protezione dei produttori e maggiore del suo costo marginale allora al regolamentatore

converra aumentare questa protezione. Definiamo questi costie benefici marginali:

• Benefici marginali: l’incremento della protezione fornita all’industria genera quel tipo di

benefici descritto da Stigler(1971), come ad esempio contributi alle campagne elettorali,

eccetera. Questi benefici possono essere solo eventuali e quindi devono essere pesati per

la probabilita che tale supporto venga effettivamente erogato.

24

• Costi marginali: l’aumento della protezione dei produttori, aumenta il prezzo per i

consumatori e quindi ne riduce il surplus. In effetti si genera una tassa implicita che

dipende dalla dimensione del beneficio per i produttori, il numero dei consumatori, e

l’elasticita della domanda. Esso deve comunque essere pesato per la probabilita che

ciascun consumatore effettivamente cambi la propria decisione di voto per effetto di

questo trasferimento di rendita ai produttori.

L’equilibrio si ottiene quando il costo marginale (atteso) eguaglia il beneficio marginale

(atteso).

Il risultato e che il generale il prezzo di equilibrio non sara ne quello di concorrenza, ne

quello di monopolio. Questa osservazione permette anche di definire un’ipotesi testabile em-

piricamente per cui i mercati dov’e piu probabile che si intervenga con la regolamentazione

sono quelli piu competitivi (con una regolamentazione a favore delle imprese) e quelli monop-

olistici (con una regolamentazione a favore dei consumatori). I mercati dove e meno probabile

l’intervento di regolamentazione sono quelli in cui i profitti ed i prezzi sono intermedi (oligopo-

lio).

Questa analisi di Pelzman introduce rispetto a Stigler una maggiore formalizzazione dell’attivita

del regolatore. Tuttavia questo viene caratterizzato esclusivamente come legislatore politico,

mentre gran parte delle regolamentazioni sono implementate da apparati amministrativi e non

dal parlamento direttamente. Contributi successivi hanno tuttavia enfatizzato l’importanza

dell’interazione tra potere burocratico e legislativo nella produzione delle regolamentazioni.

6.3 L’economia istituzionale della regolamentazione

La caratteristica fondamentale dell’approccio di questa scuola e quello di considerare molte

possibili soluzioni per rimediare ai problemi di esternalita, monopolio naturale, e dei beni

pubblici. Compresa la possibilita di non intervenire quando i rimedi possibili sono piu costosi

per la collettivita del male che si vuole evitare. Questa scuola nasce dal lavoro di Coase (1960)

che ha influito su molti ambiti della teoria economica inclusa la teoria della regolamentazione.

Coase porta avanti una critica radicale dell’analisi delle cause dell’intervento pubblico

sviluppata da Pigou (1932) cosı come delle soluzioni da lui proposte. Prima di esporrequesta

critica conviene richiamare la definizione di costo di transazione, che occupa un posto centrale

nella sua analisi. Questo concetto riflette l’idea che il coordinamento tra gli agenti economici

25

comporta dei costi. L’utilizzo del mercato per coordinare le azioni degli agenti economici

(scambio di beni e servizi, scrittura dei contratti, attivita di ricerca) ha dei costi che non

sono sempre piu bassi di quelli che caratterizzano altre modalita di coordinamento di questi

comportamenti. Le transazioni tra agenti economici si svolgono anche in seno alle imprese

dove si osservano degli scambi di beni e servizi tra divisioni diverse dell’impresa, prestazioni di

lavoro legate alla stipula di contratti di lavoro tra salariati e datori di lavoto, eccetera. Se certi

scambi hanno luogo all’interno dell’impresa e non sul mercato, questo dipende dal fatto che

il loro costo relativo e inferiore e l’impresa ha dunque l’interesse ad organizzare le transazioni

all’interno invece che sul mercato. Le transazioni in generale possono aver luogo anche in

altri contesti oltre all’impresa e al mercato, come ad esempio le associazioni volontarie o le

amministrazioni pubbliche. In generale si puo definire costo di transazione il costo di funzion-

amento di un meccanismo di coordinamento. Piu concretamente i costi di transazione possono

essere assimilati ai costi di redazione e di negoziazione dei contratti in senso ampio, inclusa la

ricerca di informazioni preliminare al contratto ed i mecanismi di sorveglianza degli impegni

presi. Si consideri il caso della regolamentazione del monopolio. Questa regolamentazione

attribuisce l’esclusiva della produzione del particolare bene o servizio ad un’unica impresa che

si impegna a rispettare delle tariffe regolamentate. Questa da luogo a dei costi di transazione

legati all’elaborazione delle leggi e dei decreti che istituiscono il monopolio e descrivono glio

bblighi del produttore. Si generano cosı anche dei costi di transazione legati al funziona-

mento dell’amministrazione incaricata di fissare le tariffe e di controllare la loro applicazione.

L’economia pubblica della regolamentazione non considera l’insieme di questi costi, cosa che e

considerata da Calabrese (1968), Dalhman (1979) e Coase (1988) come un’ipotesi irrealistica

che genera una analisi sbagliata. L’argomentazione e la seguente. Se si adotta l’ipotesi di

costi di transazione nulli, questi si devono applicare alla regolamentazione ma anche ad altre

soluzioni di coordinamento. Di conseguenza, in un mondo immaginario di costi di transizione

nulli, l’intervento pubblico diventa inutile poiche gli agenti stessi possono mettersi d’accordo

per trovare una soluzione ottimale. Infatti, se i loro costi di transazione sono nulli, allora la

negoziazione, la redazione e il rispetto di un contratto non costano nulla alle parti contraenti.

Gli agenti economici si potranno quindi organizzare in una contrattazione senza costi fino al

punto in cui nessuno potra migliorare la propria posizione senza peggiorare quella di qual-

cun altro. Un equilibrio Pareto efficiente sarebbe quindi ottenibile spontaneamente. In altre

26

parole, se i costi di transazione fossero nulli, i fallimenti del mercato non esisterebbero.

Quindi l’analisi dei problemi di fallimento del mercato non ha senso se non con l’ipotesi di

costi di transazione positivi. In tal caso, la necessita dell’intervento pubblico non si impone

se non a due condizioni. E innanzitutto necessario che i costi di transazione siano inferiori

al costo delle soluzioni alternative; vi e infatti un chiaro interesse della collettivita a scegliere

la soluzione meno costosa. Inoltre, i costi devono essere inferiori ai benefici dell’intervento,

altrimenti l’intervento pubblico condurrebbe a una riduzione del benessere sociale. Il lavoro

di Coase evidenzia quindi i limiti dell’analisi di Pigou e ne circoscrive l’ambito in cui essa

puo essere ritenuta valida. In un mondo con costi di transazione positivi le tesi di Pigou

sono quindi valide solo se le due condizioni prima enunciate sono rispettate. Di conseguenza

l’intervento pubblico nel caso di fallimenti di mercato non riveste piu un carattere obbligatorio.

In particolare, niente esclude a priori che i problemi risultanti non possano essere risolti dagli

stessi agenti economici attraverso la negoziazione. Solo un esame caso per caso dei costi e dei

benefici delle diverse soluzioni, incluso il non intervento, puo portare a giustificare l’intervento

pubblico.

Il metodo per la valutazione dell’intervento pubblico proposto da Coase e fondato sull’analisi

comparativa. Ma non si tratta di paragonare una situazione imperfetta con una perfetta come

nell’approccio di Pigou che confronta i casi di fallimento di mercato con il riferimento ideale

dell’ottimo Paretiano. Il metodo proposto dalla scuola istituzionalista e quello di confrontare

tra loro le diverse soluzioni possibili. Come affermato da Demsetz (1969), far riferimento

a un mondo economico perfetto ma irraggiungibile non ha senso. Inoltre, in questa analisi

comparativa, tutti i costi per ciascuna soluzione possibile devono essere considerati. As-

sumere a priori che i costi di transazione dell’intervento pubblico sono trascurabili mentre

quelli dell’iniziativa privata sono elevati determina di fatto la scelta di regolamentare a pre-

scindere dal caso specifico da considerare. L’insistenza sullo studio concreto delle soluzioni e

sul funzionamento delle organizzazioni e un aspetto qualificante dell’approccio della teoria is-

tituzionale della regolamentazione e della critica ad un approccio meno concreto e realistico di

altre teorie economiche. Un esempio emblematico di questa critica e la polemica sorta intorno

al caso concreto dei fari marittimi, citati da Mill (1848) come bene pubblico per eccellenza

per cui solo l’intervento pubblico puo assicurare la costruzione. Tuttavia, fino al contributo di

Coase (1974), nessuna analisi concreta di come i fari fossero stati costruiti e gestiti era stata

27

elaborata. Con riferimento alla Gran Bretagna, egli dimostra come il servizio dei fari sia stato

assicurato dall’iniziativa privata per tutto il XIX secolo.7

Qual e il metodo pratico corrispondente ai principi generali enunciati? In che modo, ad

esempio, il problema dell’esternalita creata dalle api di un apicoltore che impollinano gli alberi

di un agricoltore puo essere affrontato? Qual e il modo migliore per massimizzare il surplus

creato dalle due attivita? Quello per il quale i due imprenditori negoziano un sistema di

compensazione delle esternalita? Oppure quello che comporta l’integrazione delle due attivita?

Oppure e preferibile un intervento amministrativo che fissi il numero di alveari? Oppure,

semplicemente, e preferibile che le due parti si ignorino non considerando l’effetto di un’attivita

sull’altra? L’approccio di Coase impone di caratterizzare tutte le possibili soluzioni, che in

questo caso sono: la negoziazione bilaterale, l’integrazione orizzontale e la regolamentazione

amministrativa. Inoltre bisogna definire i costi dell’applicazione delle diverse soluzioni ed

analizzare come questi variano con la dimensione della transazione. Il lavoro di Cheung (1973)

sull’analisi delle relazioni contrattuali tra agricoltori ed apicoltori nello stato di Washington

rappresenta un’applicazione di questa metodologia proposta dall’economia istituzionale della

regolamentazione.

6.4 La nuova economia pubblica

La nuova economia pubblica, chiamata anche nuova economia della regolamentazione (Laffont

e Tirole, 1993) si pone l’obiettivo di caratterizzare i fallimenti della regolamentazione con

l’obiettivo di correggerli. Quest’analisi si basa sulla teoria dei contratti e degli incentivi che

analizza i comportamenti degli agenti in presenza di asimmetria informativa. I principali

fallimenti della regolamentazione che sono analizzati da quest’approccio sono: l’asimmetria

informativa tra regolatore e impresa regolata; l’interesse personale del regolatore; i problemi

di credibilita del regolatore.

7Si veda tuttavia il lavoro di Bertrand (2006) che evidenzia come l’intervento del potere coercitivo dello

stato sia stato fondamentale per il supporto alla gestione dei fari marittimi, con l’affidamento ai proprietari del

potere di tassare tutte le imbarcazioni che entravano nel porto servito dal faro.

28

6.4.1 l’asimmetria informativa tra regolatore e impresa regolata

L’impresa regolamentata ha generalmente un vantaggio informativo rispetto al regolatore in

quanto detiene delle informazioni che sono necessarie al regolatore, ma che non ha interesse

a comunicare. Ad esempio il regolatore vorrebbe avere informazioni relative ai costi di pro-

duzione del servizio idrico gestito da un monopolista, ma l’impresa non ha alcun interesse

a comunicare i propri costi, soprattutto se sono bassi, in quanto al fine di massimizzare il

proprio profitto ha sempre interesse a mentire e sovrastimare i propri costi di produzione al

fine di ottenere tariffe piu elevate. allo stesso modo il concessionario autostradale ha interesse

a far sapere che egli si impegna al massimo al fine di ridurre i rischi di incidenti o che si

impegna moltissimo a ridurre i rischi di blocco in caso di neve anche se nei fatti egli ha ridotto

il numero di mezzi spargisale e spazzaneve. Per dare i giusti incentivi a rivelare i veri costi

di produzione o a comunicare l’effettivo impegno a ridurre gli incidenti stradali o i blocchi

in caso di neve il regolamentatore deve quindi definire dei meccanismi contrattuali efficaci.

Diversi meccanismi sono stati proposti dalla teoria economica i cui principi di fondo sono i

seguenti.8 Innanzitutto si tratta di evitare che le comunicazioni tra regolatore ed impresa

regolata siano senza conseguenze, il problema e chiamato cheap talk in letteratura. Poiche

l’impresa sa che il regolatore sa che l’impresa mentira se in tal modo puo aumentare i profitti,

allora l’impresa regolata non dara alcuna informazione al regolatore in quanto quest’ultimo

non ne terra conto. Al fine di ottenere delle informazioni, il regolatore puo definire, prima di

instaurare una relazione contrattuale con l’impresa regolata, una serie di opzioni che dipen-

deranno dalle comunicazioni effettuate dal monopolista (ad esempio consentire un prezzo e/o

definire un possibile trasferimento a favore dell’impresa che dipendono dal costo di produzione

comunicato dall’impresa. In tal modo la comunicazione effettuata dall’impresa non e piu senza

conseguenze. In secondo luogo queste opzioni contrattuali devono essere definite in modo tale

che l’impresa ha sempre un incentivo a dire la verita e che, quando dice la verita, ha interesse

a produrre il bene o servizio di cui e unico fornitore. Quando l’impresa accetta di produrre

diremo che il suo vincolo di partecipazione e rispettato, cosı come diremo che quando l’impresa

ha incentivo a dire la verita e il suo vincolo di incentivo che e rispettato.

8Si veda ad esempio il testo di Armstrong, Covan e Vickers (1994).

29

6.4.2 L’interesse personale del regolatore

A differenza dell’impostazione classica di Pigou, la nuova economia pubblica non considera

il regolatore come un essere disincarnato e disinteressato, il cui fine ultimo e l’interesse gen-

erale. Al contrario, il regolatore e considerato come un qualsiasi altro agente economico ce

persegue i propri interessi di potere e di carriera. Ma, al contrario di altre teorie critiche

delle regolamentazione, l’interesse generale come guida dell’azione pubblica non scompare

dall’analisi. Lo Stato non e considerato come un sol blocco, ma come un’organizzazione ger-

archica caratterizzata da relazioni di agenzia in cui il regolatore si trova a un estremo, mentre

all’estremo opposto si trovano i parlamentari e i membri del governo che sono i depositari

ultimi dell’interesse generale. Il regolatore e quindi inquadrato in una relazione simile a quella

che ha lui con l’impresa regolata. Rispetto l’autorita pubblica superiore, il regolatore si trova

in posizione di vantaggio informativo che cerchera di sfruttare a proprio vantaggio, invece di

perseguire gli obiettivi stabiliti dalla legge. L’effetto di ciascuna di queste asimmetrie esistenti

a tutti i livelli della gerarchia istituzionale, ed in particolare tra elettori ed eletti, e tra il

potere legislativo e il potere esecutivo, e quello di allontanare sempre di piu il raggiungimento

di un’allocazione ottimale delle risorse.

La definizione della struttura istituzionale e il mezzo privilegiato per riconciliare l’interesse

del regolatore con quello generale. E infatti proprio nella struttura istituzionale che sono che

sono definite le responsabilita decisionali, il budget di spesa a disposizione, le modalita di

controllo e l’estensione del potere discrezionale dei diversi livelli istituzionali. Questi possono

essere gli strumenti per ridurre il comportamento opportunistico del regolatore e di evitare che

egli sia catturato da gruppi di pressione al fine di perseguire i propri interessi personali. Un

esempio di tale strategia istituzionale e rappresentato dal divieto fatto ai regolatori di passare

all’industria che ha regolamentato una volta finito il mandato di regolatore.

6.4.3 Il problema della coerenza intertemporale della regolamentazione

Se si ammette che il regolatore puo adottare un comportamento opportunistico nei confronti

dell’autorita a cui e sottoposto, egli puo agire allo stesso modo nei confronti delle imprese rego-

lamentate. L’evoluzione delle preferenze dei consumatori, e quindi della domanda, l’andamento

del progresso tecnologico non possono essere previsti con precisione in anticipo. Quindi, il

regolatore, quando prende una decisione, non puo prevedere tutte le eventualita e la rego-

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lamentazione deve necessariamente prevedere delle revisioni e delle rinegoziazioni successive.

Ad esempio, la definizione delle tariffe per l’accesso alle infrastrutture di telecomunicazioni

puo successivamente rivelarsi molto lontana dalla nuova realta produttiva. Il regolamentatore

potrebbe essere quindi tentato di rivedere le sue decisioni ed abbassare le tariffe prima definite.

Tuttavia questa possibilita puo avere l’effetto di ritardare o anche ridurre gli investimenti in-

frastrutturali che sono generalmente costi fissi irrecuperabili. Questi sono per definizione

investimenti che, una volta realizzati, non possono essere rilocalizzati o ridimensionati. Il

regolatore che si impegna a permettere prezzi che permettono di remunerare l’investimenti ir-

recuperabile, puo, una volta che l’investimento e stato effettuato, ridurre tali prezzi, in modo

che essi coprano solo i costi variabili e non l’investimento. L’impresa non sara piu in grado

di recuperare i costi dell’investimento anche se non lascera l’industria, visto che il prezzo

permette comunque di ridurre le perdite. Se il regolatore non vuole o non puo limitare ex

ante la propria capacita di manovra ex post, l’impresa potrebbe decidere di non investire piu.

L’incapacita di prevenire rinegoziazioni nel futuro determinano quindi un livello subottimale

di investimento. Questo caso di fallimento delle regolamentazione e particolarmente difficile

da evitare in quanto hanno a che vedere con la liberta politica di riconsiderare le decisioni

della regolamentazione prese nel passato, possibilmente da altri partiti politici.

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