giurdignano nel cuore - marzo 2011

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Il Giornalino del Blog di "Giurdignano nel Cuore"

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Il blog di “Giurdignano nel Cuore” si rinnova.

Rinnovarsi, adeguandosi alle esigenze di cambiamento continuo di una comunità, di un gruppo politico, dei cittadini attenti, è indispensabile. Ascoltare le esigenze ed i bisogni e farsi portavoce di questi implica una crescita continua. Ed è per tale ragione che il gruppo “Giurdignano nel Cuore”, più forte e più compatto che mai e, comunque, sempre in continuo sviluppo, ha deciso di portare una ventata di freschezza e di colore al proprio BLOG. Abbiamo deciso, tutti insieme, perché quando si è un gruppo questa è una prerogativa da cui non si può e non si deve mai prescindere, di inaugurare questa novità nell’occasione della festività di San Giuseppe, commemorazione molto sentita nel nostro paese e, per tale motivo, i primi post, tratti da un libro bellissimo di Don Tonino Bello, li abbiamo dedicati al Santo. Questo blog non vuole e non deve divenire lo strumento adoperato per dare voce a pettegolezzi, cattiverie, offese e frustrazioni personali, è, invece, quella piazza virtuale a cui accedere in qualsiasi momento ed in cui sentirsi sempre accolti, in cui sedersi comodamente a prendere il caffè e leggere il giornale con le ultime novità e curiosità del proprio territorio, …..seduti e sorseggiando si chiacchiera amichevolmente, paesanamente, nel rispetto di punti di vista differenti, di altre voci, la voce di ognuno e di tutti, indistintamente di tutti, senza discriminazione di valenza alcuna. Non bisogna dimenticare che “Giurdignano nel Cuore” è un gruppo politico e, come tale, può ricorrere a quella satira che, però, altro non è che uno “sghignazzo” come lo definisce il maestro di satira Dario Fo; la satira si distingue dalla critica perché la satira deride, sbeffeggia collocando un personaggio pubblico in una dimensione grottesca o, come dice Fo, “mettendo in mutande il re”, la critica, invece, è una valutazione negativa ma lucida che analizza un fatto o un comportamento e che non giustifica l’uso di un linguaggio “poco elegante”. Il ” satirico” è un artigiano che scopre “il frammento” del personaggio pubblico (le fattezze fisiche, un tic, una gaffe, un pettegolezzo) e lo lavora con cura per poi riproporlo al pubblico, sempre nel rispetto della legge (art. 33 della Costituzione “l’arte e la scienza sono libere”). Il blog rinnovato di “Giurdignano nel Cuore” conserverà le cose più belle, emozionanti e divertenti del blog che ci è stato vicino in questi tre anni, ma indosserà l’abito nuovo offrendo ai suoi utenti ulteriori funzionalità, come la possibilità di scaricare un giornalino cartaceo con pagine di informazione e commenti e testimonianze; la possibilità di porre domande e di ottenere risposte, sempre! Il blog rinnovato avrà uno stile grafico più attuale e più fresco, sempre di facile e chiaro utilizzo. E, comunque, il momento in cui si decide di entrare nel nostro blog, deve essere “quel” momento in cui ci si rilassa, “quel momento” in cui ci si autorizza a vivere un attimo di piacere senza trascendere, senza dar sfogo a nervosismi accumulati, senza esagerati travolgimenti.

Incattivirsi, arrabbiarsi, fa male alla nostra salute e ci imbruttisce visibilmente fuori come dentro, invece………., come dice il grandissimo Roberto Benigni,…”bisogna essere felici e se la felicità sembra scordarsi di noi, noi non ci dobbiamo dimenticare della felicità, quella semplice e vera, non quella che costa molto !”

Grazie. Monica Gravante

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Le Tavole di San Giuseppe Lettera a Giuseppe

Don Tonino Bello, La carezza di Dio.

“Caro S. Giuseppe, scusami se approfitto della tua ospitalità e, con audacia al limite della discrezione, mi fermo per una mezzoretta nella tua bottega di falegname per scambiare quattro chiacchiere con te.

Vedi, un tempo anche da noi le botteghe degli artigiani erano il ritrovo feriale degli umili. Vi si parlava di tutto: di affari, di donne, di amori, delle stagioni, della vita, della morte. Le cronache di paese trovavano lì la loro versione ufficiale, e i redattori dell’innocuo pettegolezzo quotidiano affidavano alle rapidissime rotative degli avventori la diffusione delle ultime notizie.

Il tempo passava così lento, che gli intervalli scanditi ogni quarto d’ora dalla torre campanaria sembravano un’eternità ma, forse, era proprio questa lusinga d’eternità a rendere preziosa un’opera di artigianato. E a darle vita, era proprio quella angosciante porzione di tempo che vi veniva racchiusa. Sembrava che la materia prima di una seggiola o di un vomere non fosse tanto il legno o il ferro, ma il tempo. E che la fatica del fabbro o del carpentiere, del sarto o del calzolaio, fosse quella di addomesticare le ore e i giorni comprimendoli nel mistero dell’effimero, e creandosi così, per istinto di conservazione, riserve di tempo negli otri delle cose prodotte dalle sue mani. Il tempo allora, imprigionato nella materia come l’anima nel corpo, ruggiva dentro un oggetto e gli dava movenza di vita, se non proprio l’accento della parola. Le cose nascevano, perciò, lentamente e con tratti di una fisionomia irripetibile. Come un figlio. Prima, un atto d’amore, dolcissimo e soave. Poi nove mesi.

Non si genera più

Oggi, purtroppo, qui da noi, di botteghe ne sono rimaste veramente poche……… Si, Giuseppe, è proprio questa anemia di tempo che rende gelide le nostre opere…………Non si ripara più

Ma se oggi, qui da noi, di botteghe artigiane è rimasto solo qualche nostalgico scampolo, non è tanto perché non si genera più quanto perché ormai non si ripara più nulla.……………Quando un oggetto si è anche leggermente incrinato nella sua funzionalità, lo si mette da parte senza appello. Del resto, se nelle sue viscere non racchiude un’anima d’amore, per quale scopo accanirsi nel ridare la vita ad un corpo già nato cadavere? La nostra la chiamano, perciò, civiltà dell’usa e getta. Al televisore che sta in cucina si è fulminata una valvola? Niente paura: viene messo da parte e sostituito con un altro che ha il videoregistratore incorporato.

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Alla giacca di fustagno è caduto un bottone? Al soprabito di velluto si è scucita la fodera? Al reggiseno di pizzo si è allentato l’elastico? A un paio di sandali si è staccata la fibbia? Non vale la spesa ripararli. Porta via al macero, senza scrupoli. Anzi, no: un momento! Tra giorni passeranno quelli della Caritas parrocchiale. Che fortuna: con una fava prendiamo due piccioni. Intanto, senza spendere una lira, ci liberiamo il guardaroba da ingombri fastidiosi. E poi, diamine! aiutiamo la gente, facendo contento il Signore, il quale ha detto che i poveri li avremo sempre con noi. Un angolo di Paradiso, un giorno, non ce lo negherà certamente, visto che ce lo stiamo accaparrando sia pure con i riciclaggi delle nostre cose superflue.… Siamo proprio giunti a tale grado di perfidia, che pretendiamo di elevare a livelli di purezza i liquami delle nostre cupidigie, traffichiamo perfino le scorie del nostro egoismo, verniciamo di solidarietà gli scarti del nostro tornaconto, e con una oscena mascherata di gratuità ci illudiamo di riscattarci dal nostro interminabile inverno dell’amore.…. Questi, si, sono i misteri buffi che dovrebbero scatenare la nostra indignazione, e nel cui oceano stiamo tutti facendo naufragio.

Non si carezza più

Ma se oggi, qui da noi, in questo crepuscolo tormentato dal secolo ventesimo, le botteghe artigiane sono pressoché sparite, non è solo perché non si genera più, e neppure perché non si ripara più nulla. E’ perché non c’è più tempo per la carezza. Quante carezze: con le palme delle mani, con i pennelli, con le spatole, con gli occhi. Si, anche con gli occhi, perché, ora che hai finito una culla, sei tu che non ti stanchi di cullarla con lo sguardo. Oggi, purtroppo, da noi non si carezza più………I poveri vengono blanditi finché servono come gradini per le scalate di potere: dopo, allorché non sono più funzionali ai miraggi rampanti della carriera,

non li si guarda nemmeno in faccia. Il corpo, poi degradato a merce di scambio, è diventato spazio pubblicitario e manichino per prodotti di consumo…………….Sicché in un mondo regolato dai petrodollari, angosciato dai crolli di Wall Street, retto dalle bilance dei pagamenti, che filtra con la speculazione, che si infischia dei debiti dei popoli in via di “sottosviluppo”………… come può esplodere la gioia? Ci si lascia vivere. Si amoreggia col fatalismo. Ci si appiattisce in una esistenza che scorre, senza più stupore, senza più spessore come le immagini sul video. E noi compiamo le nostre scelte come se spingessimo i tasti di un telecomando: crediamo di scegliere invece siamo scelti. Si muore per anemia cronica di gioia. Si moltiplicano le feste, ma manca la festa. E le letizie diventano sbornie; gli incontri, frastuoni; e i rapporti umani orge da lupanari……………….”

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I bambini e le “Tavole di San Giuseppe”

I bambini giurdignanesi di oggi vivono la tradizione della Festa e delle Tavole di San Giuseppe con partecipazione, attesa ed entusiasmo proprio come i bambini di ieri. I bambini di Giurdignano fanno parte della tradizione del loro paese, della loro terra; appartengono alla storia della loro comunità, sono protagonisti consapevoli del proprio presente e custodi attenti del loro patrimonio culturale. I bambini giurdignanesi vengono abituati fin da piccini a conoscere e ad amare e rispettare San Giuseppe, il padre di Gesù; i bambini rivolgono le proprie preghiere al Santo, preghiere di pace e di salute, come quelle degli adulti. A Giurdignano è ormai tradizione consolidata l’allestimento

delle “Tavole in onore di San Giuseppe” e tradizione è divenuta pure la preparazione della “ Grande Tavola di San Giuseppe” all’interno dell’istituto scolastico di via Piave. Tanti cibi poveri ed antichi vengono preparati dai genitori degli alunni, sempre disponibili, sempre devotamente pronti a collaborare: pasta con il miele e mollica di pane, pesce fritto e arrosto, porciddhruzzi, cipollacci col ciuffo (pampasciuni), piccoli pani votivi (pucce),vermicelli con ceci, stoccafisso in umido, rape bollite, cavolfiori fritti.

Tradizione, negli ultimi anni, è divenuta anche vedere, la mattina del 19 marzo, numerose scolaresche di altri paesi che vengono portate in visita dalle nostre “Baby guide turistiche”, piccoli bimbi di Giurdignano, ai “banchetti della Carità”, le Tavole di San Giuseppe allestite in varie abitazioni, per tutte le viuzze pittoresche e profumate di pane del paese.

I gruppi scolastici ospitati visitano poi anche la Grande Tavola della Scuola e ricevono in dono dagli “ormai amici giurdignanesi” una “puccia”, dinanzi a tale dono gli viene insegnato di ringraziare con la tipica frase: “San Giuseppe te l’aggia ‘nsettu” ( che vuol dire “San Giuseppe te ne renda grazie”). Le radici e le tradizioni sono cultura che arricchisce tutti, fin dalla tenera età….. e questo Giurdignano lo sa! Si rinnoverà, anche quest’anno, lo spettacolo tenero ed emozionante dei bambini e delle loro Tavole di San Giuseppe.

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150 Anni dell’Unità d’Italia Orgogliosi di essere italiani.

Il nostro territorio come un libro aperto

Con il 2011 stiamo celebrando i 150 anni dell’Unità d’Italia. Anche se un po’ malconcia, l’Italia è ancor oggi in piedi. Del resto è ancora una ragazzina, compie appena il suo centocinquantesimo compleanno! “È ancora minorenne”, come l’ha definita il nostro italiano che il mondo ci invidia, Roberto Benigni : “In Italia” dice Benigni “ è nata prima la cultura, poi la nazione. I nostri eroi del Risorgimento, erano giovani, 20, 25 anni, sono morti per la nostra Italia. Amavano la Patria. Che bello il patriottismo!.

Non il nazionalismo, il patriottismo, la cosa più sana che c’è al mondo. L’amore per il proprio territorio”.”Mameli aveva solo 20 anni. Dopo aver scritto l’Inno, è morto per difendere la

Repubblica”. “L’unita’ e’ talmente bella che consente che qualcuno dica di non festeggiarla”

Benigni, come al solito, ha profondamente ragione: erano veramente grandi i nostri eroi del Risorgimento tanto che, leggendoli e continuando a scoprirli, non si può che essere orgogliosi di appartenere a questa Nazione. Mi piace ricordare un’opera forse poco conosciuta che ho avuto il piacere di leggere, scritta da Giuseppe Mazzini nel 1860; è un libricino dal titolo “ I doveri dell’uomo” apprezzata dai più grandi statisti del mondo, come W. T. Wilson ( 28º presidente

degli Stati Uniti in carica dal 1913 al 1921) e George Lloyd George ( uno dei più celebri radicali del XX secolo che è stato il primo ed unico gallese a divenire primo ministro del governo britannico), Gandhi (fondatore della nonviolenza e il padre dell’indipendenza indiana), Golda Meir (politica israeliana, quarto premier d’Israele (1969) e prima donna a guidare il governo del suo Paese, quarta a ricoprire tale posizione a livello internazionale); tutti questi grandi uomini, e tanti altri ancora, hanno considerato Giuseppe Mazzini il proprio Maestro e “I DOVERI DELL’UOMO” la propria Bibbia morale, etica e politica.

Mazzini, spirito democratico e riformista, immaginando una sorta di integrazione fra le nazioni europee giunge, con quasi un secolo d’anticipo, a conclusioni a cui giunsero grandi europeisti, quali Ugo La Malfa , Umberto Terracini e Giorgio Amendola, ma solo alla fine del II conflitto mondiale. Per Giuseppe Mazzini il concetto di Patria veniva dopo il concetto più ampio di Umanità e, quindi, per eliminare le tensioni internazionali, per sanare le ferite nazionaliste e per poter consentire lo sviluppo anche dei popoli più poveri, sognava e voleva che la “NAZIONE” lasciasse il posto ad una “FEDERAZIONE” fra i popoli europei. La “LEGGE MORALE”, e quella sola, avrebbe dovuto trovare comprensione ed adeguamento da parte di tutte le nazioni.

Dice Giuseppe Mazzini: “L’avvenire, della Patria è vostro, voi non lo fonderete se non liberandovi da due piaghe che oggi purtroppo, spero per breve tempo, contaminano le classi più agiate e minacciano di sviare

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il progresso Italiano: il Macchiavellismo e il Materialismo. Il primo, travestimento meschino della scienza d’un Grande infelice, v’allontana dall’amore e dall’adorazione schietta e lealmente audace della Verità, il secondo vi trascina inevitabilmente, con il culto degli interessi, all’egoismo ed all’anarchia. Voi dovete sottrarvi all’arbitrio e alla prepotenza degli uomini. E nella guerra che si combatte nel mondo tra il Bene e il Male, dovete dare il vostro nome alla Bandiera del Bene e avversare, senza tregua, il Male, respingendo ogni dubbia insegna, ogni transazione codarda, ogni ipocrisia di capi che cercano maneggiarsi fra i due; sulla via del primo, voi m’avrete, finchè io vivo. E perché quelle due Menzogne vi sono spesso affacciate con apparenze seduttrici e con un fascino di speranze che solo il culto di Dio e della Verità può tradurre in fatti per voi, ho creduto debito di scrivere, a premunirvi, questo libretto. Io v’amo troppo per adulare alle vostre passioni o accarezzare i sogni dorati coi quali altri tentano ottenere favore da voi. Io voglio parlarvi dei vostri doveri. Voglio parlarvi, come il core mi detta, delle cose più sante che noi conosciamo, di Dio, dell’Umanità, della Patria, della Famiglia. Ascoltatemi con amore com’ io vi parlerò con amore. La mia parola è parola di convinzione maturata da lunghi anni di dolori e d’osservazioni e di studi. I doveri ch’io vi indicherò io cerco e cercherò, finché io viva, adempirli, quanto le mie forze concedono. Posso errare, ma non di core. Posso ingannarmi, non ingannarvi. Uditemi dunque fraternamente: giudicate liberamente tra voi medesimi, se vi pare ch’io vi dica la verità, abbandonatemi se vi pare ch’io predichi errore; ma seguitemi, e operate a seconda dei miei insegnamenti, se mi trovate apostolo della verità. L’errore è sventura da compiangersi ma conoscere la verità e non uniformarvi le azioni, è delitto che cielo e terra condannano……

Non è semplicemente, fantasticamente attuale e coinvolgente ed emozionante quanto affermato da Giuseppe Mazzini? Non ci sembra questo nostro “Grande” del Risorgimento “più vicino a noi quanto più e meglio lo conosciamo?”

Una delle figure eminenti del Risorgimento pugliese che aderì alle associazioni segrete mazziniane e contribuì a fondare l’Italia unita fu un pugliese come noi, un leccese come noi, Sigismondo Castromediano; nato a Cavallino di Lecce il 18 gennaio 1811; era un letterato, storico, archeologo ed, infine, fondatore del Museo provinciale poi a lui intitolato.

Il grande Giuseppe Mazzini, poi, aveva posizioni più aperte e rispettose di alcuni suoi contemporanei anche sull’importanza del ruolo della donna nella società, di quelle figure femminili che contribuivano ad indicare, sostenere e

realizzare il progetto indipendentista e unitario italiano. Alcune donne di quell’epoca sono entrate nei libri di scuola, come Anita Garibaldi, Giulia Beccaria, altre hanno contribuito con i loro sforzi e le loro idee ad un’azione collettiva e diffusa. Se gli uomini del Risorgimento sono stati i protagonisti dell’Unità politica del Paese, le donne, nell’ombra, hanno operato per la creazione dell’unità sociale e culturale della nuova e giovane Italia avviando la prima riflessione sulla condizione femminile, cominciando ad elaborare l’identità della donna dell’Italia unita.

E per Mazzini l’Italia era una “Donna” quando lo stesso scriveva: “……. il mare la ricinge quasi d’abbraccio amoroso ovunque l’Alpi non la ricingono: quel mare che i padri dei padri chiamarono Mare Nostro. E come gemme cadute dal suo diadema stanno disseminate intorno ad essa in quel mare Corsica, Sardegna, Sicilia, ed altre minori isole dove natura di suolo e ossatura di monti e lingua e palpito d’anime parlan d’Italia”.

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I nostri eroi hanno combattuto e sono morti per unirci; il minimo che abbiamo il dovere di fare è, da orgogliosamente italiani ed orgogliosamente meridionali, rimanere uniti e non permettere a nessuno di offendere e denigrare l’Italia e la nostra storia.

Per concludere, si riporta qui di seguito, con commozione, il testo di una bella e significativa canzone dell’ultimo Sanremo :

“Tre Colori” (Francesco Tricarico)

Mezza luna cilentana nebbia padana soldatini non ne abbiamo più tutti pronti sull’attenti partono i fanti colorati con le giacche blu quelli nella nebbia hanno una bandiera verde ricorda che la nostra tre colori ha la battaglia è già iniziata buona giornata cannoncini con le bocche in su partiremo noi da dietro con l’aiuto di San Pietro il destino poi ci guiderà quelli sul confine hanno una bandiera rossa ricorda che la nostra tre colori ha quelli nella nebbia hanno una bandiera verde ricorda che la nostra tre colori ha soldatini di frontiera mille mamme aspettano cercate di non farvi fucilar questa storia è stata scritta e già studiata pensavate di doverla ripassar? quelli in cima al monte hanno una bandiera bianca ricorda che la nostra tre colori ha verde la speranza rosso il sangue di frontiera neve biancaneve i cuori abbraccerà tre colori come i fiori non son per caso ta tata tata tata tata.

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Festa della Donna 2011! Noi donne abbiamo la capacità di rinascere continuamente, forse per la capacità di procreare ed essere artefici di vita? Quante volte ci siamo trovate distrutte, derelitte ma abbiamo trovato la forza di reagire e rinascere?

“ Più dei tramonti, più del volo di un uccello, la cosa meravigliosa in assoluto è una donna in rinascita. Quando si rimette in piedi, dopo la catastrofe, dopo la caduta, che uno dice…è finita. No. Finita mai, per una donna. Una donna si rialza sempre, anche quando non ci crede, anche se non vuole. Non parlo solo

dei dolori immensi, di quelle ferite da mina antiuomo che ti fa la morte o la malattia. Parlo di te, che questo periodo non finisce più, che ti stai giocando l’esistenza in un lavoro difficile, che ogni mattina hai un esame peggio che a scuola….Te, implacabile arbitro di te stessa, che da come il tuo capo ti guarderà, deciderai se sei all’altezza o se ti devi condannare..Così ogni giorno e questo noviziato non finisce mai, e sei tu che lo fai durare. Oppure parlo di te, che hai paura anche solo di dormirci, con un uomo, che sei terrorizzata che una storia ti tolga l’aria, che non flirti con nessuno perché hai il

terrore che qualcuno si infiltri nella tua vita. Peggio, se ci rimani presa in mezzo tu, poi ci soffri come un cane. Sei stanca. C’è sempre qualcuno con cui ti devi giustificare, che ti vuole cambiare, o che devi cambiare tu per tenertelo stretto, e così stai coltivando la solitudine dentro casa. Eppure te la racconti, te lo dici anche quando parli con le altre…. “io sto bene così, sto bene così, sto meglio così”…e il cielo si abbassa di un altro palmo. Oppure con quel ragazzo ci sei andata a vivere, ci hai abitato Natali e Pasque, in quell’uomo ci hai buttato dentro l’anima, ed è passato tanto tempo e ce ne hai buttata talmente tanta, di anima, che un giorno cominci a cercarti dentro lo specchio, perché non sai più chi sei diventata. Comunque sia andata, ora sei qui. E so che c’è stato un momento che hai guardato giù e avevi i piedi nel cemento. Dovunque fossi, ci stavi stretta. Nella tua storia, nel tuo lavoro, nella tua solitudine, ed è stata crisi. E hai pianto. Dio, quanto piangete. Avete una sorgente d’acqua nello stomaco. Hai pianto mentre camminavi in una strada affollata, alla fermata della metro, sul motorino. Così, improvvisamente. Non potevi trattenerlo. E quella notte che hai preso la macchina e hai guidato per ore, perché l’aria buia ti asciugasse le guance. E poi hai scavato, hai parlato…quanto parlate ragazze. Lacrime e parole. Per capire, per tirare fuori una radice lunga sei metri che dia un senso al tuo dolore….”perché faccio così?”… “com’è che ripeto sempre lo stesso schema?”… “sono forse pazza?”…Se lo sono chiesto tutte. E allora… vai, giù con la ruspa nella tua storia, a due, quattro mani, e saltano fuori migliaia di tasselli, un puzzle inestricabile. Ecco, è qui che inizia tutto. Non lo sapevi? E’ da quel grande fegato che ti ci vuole per guardarti così, scomposta in mille coriandoli, che ricomincerai. Perché una donna ricomincia comunque. Ha dentro un istinto che la trascinerà sempre avanti. Ti servirà una strategia, dovrai inventarti una

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nuova forma per la tua nuova “te”, perché ti è toccato di conoscerti di nuovo, di presentarti a te stessa. Non puoi più essere quella di prima, prima della ruspa… Non ti entusiasma? Ti avvincerà lentamente, innamorarsi di nuovo di sé stessi o farlo per la prima volta è come un diesel, parte piano. Bisogna insistere, ma quando va in corsa… E’ un’avventura ricostruire sé stesse, la più grande. Non importa da dove cominci, se dalla casa, dal colore delle tende, o dal taglio dei capelli…Io ho sempre adorato donne in rinascita, per questo meraviglioso modo di gridare al mondo “sono nuova” con una gonna a fiori o con un fresco ricciolo biondo. Perché tutti devono vedere e capire… “attenti…il cantiere è aperto…stiamo lavorando per voi… ma soprattutto per noi stesse…”. Più delle albe, più del sole, una donna in rinascita è la più grande meraviglia, per chi la incontra e per sé stessa. E’ la primavera a novembre, quando meno te la aspetti….Quante di voi almeno una volta nella vita, si sono sentite così? “Nuove” e rinate con una gonna a fiori o un nuovo taglio di capelli? Forse è bello anche farsi male per poi rinascere? Più forti di prima?”

Jack Folla da “Donne in rinascita”

.......ho scelto questo brano perché lo sento mio e penso che possa essere di tutte noi donne; mi fa piacere condividerlo con voi augurandovi tanta gioia, salute e serenità, perché quello che abbiamo dentro si vede fuori, il nostro coraggio, la fierezza dei nostri sguardi veri, la dolcezza dei nostri gesti………………………

orgogliosamente Donna in Rinascita Monica Gravante

Il Gruppo .........Quando l'acqua picchiando, penetra la terra, questa si gonfia, si alza, si scrolla.

La terra imbevuta d'acqua si scioglie e precipita via: è smottamento, è frana, è voragine.

A meno che la terra non sia ricca di alberi e questi abbiamo radici lunghe, fitte, resistenti.

Allora la terra resta abbracciata a se stessa e l'acqua che scorre è solo nutrimento.

Noi vogliamo essere le radici, che in periodi di esondazioni e nubifragi aiutano la terra a tenere.

Siamo radici di memoria, di valori, di forza e di progetto. Siamo radici perché stiamo dentro e non altrove......