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DIPARTIMENTO DI MATEMATICA FEDERAZIONE PROVINCIALEUNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TRENTO SCUOLE MATERNE
LABORATORIO LRM3D2 TRENTO
Fascicolo 6
Giochi, disegni efilastroccheLa matematica nascosta
nella scuola dell’infanzia
I – Quadro generale e riferimenti metodologici
di
Giorgio BolondiDipartimento di Matematica
Politecnico di Milano
Tiziana CeolFederazione ProvincialeScuole Materne di Trento
Luisa FontanariFederazione ProvincialeScuole Materne di Trento
Mimmo IannelliDipartimento di Matematica
Università di Trento
novembre 1998
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Giochi, Disegni eFilastrocche
la matematica nascosta nella scuola dell’infanzia
I – Quadro generale e riferimenti metodologici
di
G. Bolondi T. Ceol L. Fontanari M. Iannelli
Oggi primo giorno di scuola. ...
... Al pian terreno, dove s’eran già fatte le ripartizioni,c’erano dei bambini delle prime inferiori che non volevano entrare nellaclasse e s’impuntavano come somarelli; bisognava che li tirassero dentro aforza; e alcuni scappavano dai banchi; altri, al veder andar via i parenti, simettevano a piangere, e questi dovevan tornare indietro a consolarli o aripigliarseli, e le maestre si disperavano. ...
(“Cuore”, E. De Amicis 1886)
1- Cento anni dopo. 2- Uno sguardo al passato. 3- Gli orientamenti provinciali del1995 . 4- La situazione attuale. 5- I termini di una proposta. 6- I l modello dibambino. 7- La matematica nascosta. 8- Nella vita della scuola. 9- La continuità conla scuola elementare. 10- Un programma per il futuro.
1. Cento anni dopo
Quando cento anni fa De Amicis scriveva “Cuore” aveva presente (e aveva in
mente) un modello di scuola diversa da quella attuale; e sicuramente molto diversa per ciò
che riguarda l’insegnamento della matematica se, prendendo l’espressione in prestito da
Pinocchio (un contemporaneo di quei bambini che scappavano dai banchi), il primo
giorno di scuola si imparava a leggere, il secondo a scrivere e il terzo a “fare i numeri”.
Cento anni dopo il primo giorno di scuola di Enrico (e del suo antagonista
Pinocchio) abbiamo alle spalle vicende storiche e trasformazioni sociali che hanno mutato
notevolmente la struttura della scuola italiana e l’incontro dei bambini con l’istituzione non
avviene più nei termini descritti da De Amicis. Il ruolo assunto dalla scuola dell’infanzia
3
ha in particolare permesso la socializzazione prescolare e la possibilità di fornire al
bambino un bagaglio di esperienze selezionate su cui fondare l’insegnamento successivo,
tanto che il recente progetto ministeriale sul riordino dei cicli scolastici ipotizza
l’estensione dell’obbligo all’ultimo anno di scuola dell’infanzia.
Al di là del possibile esito di questa ipotesi, e tenuto conto del fatto che comunque
nel Trentino la frequenza della scuola dell’infanzia riguarda una forte percentuale della
popolazione, ci sembra necessario riflettere su quale esperienza matematica si debba
offrire ai bambini prima che accedano alla scuola elementare. La questione che poniamo
non ha una risposta semplice e univoca; e soprattutto non può basarsi su un’esperienza
consolidata, visto che solo con gli Orientamenti del 1991 (vedi [5]) l'area logico-
matematica è stata introdotta esplicitamente nell'insegnamento delle scuole dell'infanzia, a
livello nazionale. D'altra parte, anche se ora la situazione è cambiata, il passato ha ancora
effetti sul presente perché, in generale, manca una tradizione formativa specifica degli
insegnanti della scuola dell'infanzia, mentre il problema coinvolge sia l’impostazione
metodologica che i contenuti disciplinari.
Il fascicolo che presentiamo vuole aprire il discorso su cosa significhi incontrare la
matematica nella scuola dell’infanzia e su quali siano gli strumenti e i metodi opportuni
per realizzare l’incontro. Ci sembra necessario partire (paragrafi 2 e 3) da un'analisi
puntuale dei documenti programmatici per comprendere come, nel corso degli anni, si sia
evoluto l'atteggiamento delle diverse impostazioni pedagogiche nei confronti della
matematica. La proposta che poi sviluppiamo nei paragrafi successivi vuole essere un
primo contributo all'esigenza diffusa di formazione degli insegnanti; esigenza che troverà
una risposta istituzionale nell'attivazione dei corsi di laurea in Scienza della Formazione
Primaria.
2. Uno sguardo al passato
Gli anni che precedono l'emanazione degli Orientamenti nazionali del 1969 ([6])
sono costellati da Orientamenti e Programmi didattici (i primi risalgono al 1914) che
hanno avuto ben poca incidenza nella realtà delle scuole materne dell'epoca, a causa della
varietà nella gestione delle scuole stesse, a cura di enti morali, religiosi e privati che si
attestavano su impianti ideologici e metodologici differenti. In questo panorama variegato
gli Orientamenti rimangono in balia dell'arbitrio delle singole gestioni private, che fanno
riferimento in alcuni casi alla pedagogia aportiano-agazziana, in altri a quella
montessoriana, in altri ancora a versioni miste di tipo frobeliano-agazziano.
4
Se da un lato questi Orientamenti (del 1914-1923-1939-1945-1958) si limitavano
a fornire indicazioni generali, prive di qualsiasi contenuto specifico, la stessa posizione
pedagogica rinvenibile nelle concezioni delle sorelle Agazzi per un verso e della
Montessori per un altro, fa riferimento o alla valorizzazione della fantasia, della libertà del
bambino e dell'affettività, o alla netta preminenza del fare, della spinta all'osservazione e
alla esplorazione dove i materiali strutturati e l'ambiente stesso assumono un ruolo
centrale.
Non è quindi ancora riscontrabile un preciso riferimento al contenuto dei diversi
saperi, compresi quelli di tipo logico e matematico. Anche se la Montessori considera
dominante la direzione intellettuale, questa viene sviluppata prevalentemente attraverso il
fare individuale del bambino, con l'ausilio di materiali e strumenti predisposti ad hoc.
Bisogna dunque attendere gli Orientamenti nazionali del 1969 per riscontrare
un'impostazione organica che, unita ad un assetto istituzionale più definito e omogeneo,
riesce ad influenzare a vasto raggio la prassi didattica delle scuole dell'infanzia.
L'impostazione del 1969 ruota intorno a un concetto di educazione intellettuale
definito nei termini seguenti:
“I progressi che, dai tre ai sei anni, si verificano sul piano dello sviluppo percettivo e
conoscitivo, pongono alla educatrice il compito di utilizzare le varie esperienze ed attività
che il bambino viene compiendo per una educazione intellettuale graduale, e non
incautamente anticipatrice.
L'educazione intellettuale va qui intesa prevalentemente come educazione a considerare
con viva curiosità i diversi aspetti del mondo circostante, a lasciarsi guidare dal bisogno
di esplorazione connaturato a questa età, a non sottrarsi allo stupore che provocano i
grandi fatti della natura, ma anche ad assumere sempre più facilmente, di fronte a cose o
situazioni colte dapprima come totalità relativamente poco differenziata, o considerate
soltanto nei loro aspetti più vistosi, un atteggiamento via via più analitico che porti a
individuare elementi o aspetti della realtà in un primo momento non avvertiti.”
L'attenzione era prevalentemente rivolta a favorire l'osservazione, l’esplorazione,
la curiosità (dando spazio ai "perché" dei bambini) e l'analisi della realtà con riferimento
ad aspetti di tipo emotivo, sociale, espressivo, linguistico e creativo. Pare dunque
un'educazione a vasto raggio dove, per quanto riguarda la matematica, ancora mancano
obiettivi e contenuti specifici e mirati. Aspetto questo rivisto nei documenti successivi,
dove viene assegnata una attenzione particolare ai contenuti di tipo logico e matematico.
5
Nel testo "Proposte e indicazioni programmatiche: documento di lavoro per
l'aggiornamento/formazione degli insegnanti" elaborato dalla Federazione provinciale
Scuole materne di Trento (vedi [3]), il curricolo è costituito da nove aree di cui due, l'area
pratico-costruttiva e l'area cognitiva, fanno esplicito riferimento da un lato alla
organizzazione e trasformazione intenzionale della realtà, dall'altro alla presa di coscienza
e strutturazione della realtà; in particolare l'area cognitiva è articolata in quattro settori:
logico-matematico, causale, spaziale e temporale, "corrispondenti a quattro fondamentali
categorie di organizzazione della conoscenza che il bambino acquisisce sulla realtà". In
quest'ottica l'impegno educativo è volto ad accompagnare, organizzare, promuovere nel
bambino la prima presa di coscienza della realtà. Si tratta già di una iniziale forma di
concettualizzazione, in quanto il bambino comincia ad elaborare immagini mentali di
oggetti e di eventi, anche sganciandosi dai dati percettivi. Viene in tal modo attivata la
funzione simbolica, cioè la competenza a costruire, a partire dall'esperienza pratica,
un'altra realtà corrispondente ad essa ma diversa, in quanto si avvale di indici, segnali,
simboli che permettono al bambino di agire in assenza delle cose. In questa impostazione
possiamo riconoscere un vero e proprio "paradigma" scientifico all'interno del quale la
matematica gioca il ruolo di "linguaggio" che opera una modellizzazione dell'esperienza
reale.
Passando in sede nazionale, gli Orientamenti del 1991 individuano sei campi di
esperienza. Due tra questi, "Lo spazio, l'ordine, la misura” e “Le cose, il tempo, la
natura", riguardano contenuti inerenti da un lato le capacità di raggruppamento,
ordinamento, quantificazione e misurazione di fatti e fenomeni della realtà e le abilità
necessarie per interpretarla e per intervenire consapevolmente su di essa; dall'altro la
scoperta e la prima sistematizzazione delle conoscenze della realtà naturale ed artificiale
attraverso i sistemi simbolici di riferimento della conoscenza scientifica nei quali entrano
in gioco l'intelligenza spaziale, logico-linguistica e i collegamenti con il pensiero
matematico.
Per quanto riguarda le abilità matematiche si fa specifico riferimento alla soluzione
di problemi mediante l'acquisizione di strumenti che possono diventare a loro volta
oggetto di riflessione e di analisi. Inoltre "l'elaborazione e la conquista dei concetti
matematici avviene quindi attraverso esperienze reali, potenziali e fantastiche che si
aprono a percorsi e tracciati occasionali o programmati di razionalizzazione”.
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3. Gli Orientamenti provinciali del 1995
Il curricolo delineato dagli Orientamenti della provincia di Trento ([7]) si articola
su tre ambiti: Comunicazione, Azione e conoscenza, Identità personale e relazionale.
L'ambito dell'azione e della conoscenza, oggetto del nostro interesse, ha come
requisito specifico "capire il mondo, ovvero: spiegare il funzionamento delle cose,
prevederne conseguenze e possibilità, elaborare un sistema coerente di idee. Ciò avviene
all'interno di un circuito a doppio senso che va dall'azione al concetto e dal concetto
all'azione. E' infatti attraverso l'agire diretto sulla realtà che il soggetto arricchisce i suoi
schemi mentali e le sue teorie, che a loro volta saranno messe alla prova attraverso nuove
azioni."
L'ambito si articola in tre piani. Il corpo: movimento e conoscenza; l'intervento
sul reale: manipolare e progettare; il pensiero e la realtà: strutturazione e organizzazione,
all'interno del quale rientrano le competenze di tipo logico e matematico di cui ci
occupiamo in questo fascicolo.
Lo sviluppo cognitivo passa attraverso tre fattori:1’esperienza, la rappresentazione
e la organizzazione. Essi implicano due livelli: la presa di coscienza dal punto di vista
psichico e la strutturazione della realtà dal punto di vista cognitivo. Pertanto, l'azione che
il bambino compie sulla realtà gli consente di ampliare il suo campo di esperienze,
applicare e verificare le sue conoscenze e di prendere consapevolezza della realtà e di
strutturarla in base ai suoi schemi mentali.
L'organizzazione della realtà avviene sulla base di quattro categorie: logico-
matematica, causale, spaziale e temporale. Attraverso di esse il soggetto prende atto dei
fenomeni in termini oggettivi per attivare interventi mirati a produrre cambiamenti.
Le capacità di ordine logico e matematico, individuata dal testo degli Orientamenti,
fanno riferimento ad operazioni volte ad affrontare e risolvere i problemi, controllare il
pensiero, manipolare mentalmente la realtà, rappresentare la realtà mediante sistemi di
simboli.
L'immagine di bambino che sta alla base di una tale impostazione è quella di un
soggetto attivo, che partecipa costruttivamente all'interazione con l'ambiente (fenomenico
e sociale) da cui ricava informazioni e competenze. Alle conoscenze più formalizzate che
la scuola propone il bambino accede con un proprio bagaglio di esperienze, di teorie e di
ipotesi, che dovranno quindi essere poste in relazione con i sistemi simbolico-culturali
della comunità di appartenenza.
Dal punto di vista del rapporto tra insegnamento e apprendimento in relazione allo
sviluppo delle competenze di ordine logico e matematico i passaggi fondamentali
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riguardano la verifica costante delle capacità di base del bambino, la rilevazione delle
conoscenze spontanee e dei livelli di concettualizzazione già posseduti, l'utilizzo di tali
conoscenze come punto di partenza per l'ampliamento o la modifica delle stesse, lo
sviluppo di capacità metacognitive, di riflessione sulle azioni/operazioni compiute,
affinché il bambino possa acquisire consapevolezza delle strategie messe in atto e delle
azioni compiute, riorganizzando in questo modo il proprio pensiero.
Dal punto di vista metodologico l'attenzione andrà rivolta sia al ruolo della
motivazione e quindi a come suscitare l'interesse e la curiosità dei bambini in modo
stabile, sia all'interazione tra l'insegnante e i bambini, e tra i bambini stessi, attraverso
conversazioni volte a problematizzare l'esperienza, a fare ipotesi, a trovare soluzioni, a
confrontare idee all'interno di un approccio aperto alle soluzioni personali di ciascuno e
alla valorizzazione di tutti.
Il gruppo assume un peso rilevante nel processo di costruzione della conoscenza e
l’insegnante, creando situazioni di" conflitto cognitivo" tra teorie diverse, può favorire lo
sviluppo del pensiero del bambino.
4. La situazione attuale
Al di là delle linee programmatiche degli Orientamenti, nella pratica didattica,
quando si parla di logica o di matematica, l'insegnante della scuola dell'infanzia fa
riferimento in modo naturale alla scuola elementare. Di fatto, nelle sezioni della scuola
dell'infanzia, le esperienze dell'area logico-matematica vengono spesso realizzate in modo
"spontaneo" e, per lo più, per imitazione della scuola elementare. Anche i supporti
didattici (testi, raccolte di attività, materiali...) sono stati in gran parte ricavati "per
diluizione" dal materiale elaborato per le scuole elementari, con il risultato, spesso, di
anticipare contenuti incomprensibili per i bambini e di utilizzare approcci e metodi
inadeguati.
E' invece necessario cercare una via specifica per la matematica nella scuola
dell'infanzia, prima di tutto perché, ovviamente, i bambini di 3-6 anni sono molto diversi
da quelli di 6-10 anni, ed anche perchè tra scuola dell'infanzia e scuola elementare ci
sono profonde differenze, sia di tipo istituzionale che di prassi didattica. Il problema della
continuità tra le due istituzioni si pone in generale (e molte iniziative in anni recenti
hanno cercato di attivare in proposito un canale stabile di comunicazione) ma nel caso
delle attività del settore logico-matematico che, come abbiamo già notato, solo
tardivamente è stato introdotto negli Orientamenti, il discorso è certamente più complesso.
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Se vogliamo dunque inserire in maniera organica, non episodica e senza strappi,
nel tessuto della scuola dell'infanzia, un intervento formativo nell'area logico-matematica,
ci sembra che due siano i punti fondamentali su cui concentrarsi:
- la necessità di consapevolezza disciplinare degli insegnanti;
- l'attenzione alla metodologia (scelta e realizzazione delle attività, atteggiamento
dell'insegnante...).
Di conseguenza appare necessario proporre strumenti per la preparazione degli
insegnanti e attività e metodi di lavoro che siano congruenti con il modo normale di
vivere la vita della scuola dell'infanzia. La proposta che sviluppiamo nelle pagine seguenti
cerca di definire i termini e le forme dell’insegnamento della matematica nella scuola
dell’infanzia e di fornire indicazioni disciplinari per raggiungere gli obiettivi individuati.
5. I termini di una proposta
Il modello di intervento che proponiamo si fonda sulla realizzazione di una
interfaccia che sviluppi il rapporto tra la disciplina e la pratica didattica. Con questo
termine intendiamo uno strumento che permetta all’insegnante di gestire consapevolmente
la relazione tra i contenuti disciplinari e le attività nelle classi, proponendosi come chiave
fondamentale per una didattica che offra una esperienza articolata dei concetti senza
spingersi fino alla loro formalizzazione. L'insegnante della scuola dell'infanzia non
deve, ad esempio, necessariamente insegnare a tutti i bambini a contare e a fare le prime
addizioni (a questo penserà, in seguito, il maestro della scuola elementare); deve invece
mettere in luce ed eventualmente creare situazioni significative in cui i bambini incontrino
il problema del conteggio, si confrontino ed esplorino possibili soluzioni, arrivino dove la
maturazione di ognuno permette di arrivare, siano stimolati e in qualche modo anche
"sfidati" intellettualmente dalle competenze e capacità che compagni "più grandi"
dimostrano di avere. E tutto ciò sarà possibile solo se l'insegnante conoscerà la
sistemazione (matematica) di queste esperienze che, in seguito, verrà effettuata nella
scuola elementare.
D'altra parte, il rapporto tra matematica formale ed esperienza matematizzabile, che
è alla base della disciplina, viene colto sia dai Nuovi Programmi per la scuola elementare,
che parlano esplicitamente di "passaggio dall'esperienza alla rappresentazione e quindi alla
formalizzazione" che "può avvenire muovendo dalle situazioni più varie", sia dagli
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Orientamenti per la scuola dell'infanzia, che pongono l'esigenza di presentare "numerose
e variate situazioni in grado di stimolare lo sviluppo di processi cognitivi di natura
matematica".
Per il carattere stesso della disciplina la realizzazione di attività didattiche che siano
davvero in grado di "sviluppare i processi cognitivi di natura matematica" richiede, da
parte degli insegnanti, una reale conoscenza del rapporto tra queste attività e la
matematica sottesa; solo con questa conoscenza risulta poi possibile, per gli insegnanti
della scuola elementare, realizzare "il passaggio dall'esperienza alla rappresentazione e
quindi alla formalizzazione".
L'insegnante deve dunque possedere la sicurezza necessaria sui contenuti e gli
obiettivi per potersi muovere secondo lo schema indicato in figura, nel quale è illustrato il
rapporto tra i vari elementi dell'intervento didattico.
la matematica sottesa
i punti cruciali
gli strumentile attività
come tirare le fila
La "matematica sottesa" è per noi la matematica coinvolta negli Orientamenti
per la scuola dell'infanzia e nei programmi ministeriali per la scuola elementare, che gli
insegnanti devono conoscere in modo organico, facendo anche riferimento alla
formalizzazione standard dei contenuti nella prassi scientifica attuale (se questo serve a
meglio comprendere i relativi processi mentali e cognitivi) e ai successivi sviluppi
disciplinari, per una continuità a più lunga gittata.
L'insegnante deve sapere che anche "dietro" alle attività più semplici si nasconde
la matematica "vera" e che all'interno di questa matematica è possibile individuare alcuni
punti cruciali, che possono essere tali o per motivi intrinseci, interni alla disciplina, o
perché particolarmente significativi dal punto di vista dello sviluppo del bambino di 3-6
anni e dei suoi processi cognitivi.
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Nella pratica didattica si sono affermati alcuni strumenti, soprattutto nella scuola
elementare ma anche, per osmosi, nella scuola dell'infanzia; si tratta di materiali
strutturati, come i numeri in colore o i blocchi logici, oppure forme di presentazione di
alcuni concetti, come lo scatolone dei numeri. E' importante che l'insegnante abbia
sempre consapevolezza di come questi strumenti si collegano alla matematica sottesa ed
ai suoi punti cruciali. Lo stesso discorso vale per le attività che, pur se non strettamente
finalizzate, hanno comunque una ricaduta sull'esperienza matematica; è bene che
l'insegnante sappia sempre "dove punta" una certa attività o un determinato gioco, anche
per poter valutare, in base alla risposta dei bambini, a quali altre attività dedicare spazio,
oppure quali spunti trarre per sviluppare altre esperienze. Nella scuola dell'infanzia lo
sforzo dell'insegnante deve essere soprattutto quello di riuscire a matematizzare le
situazioni ordinarie, per far trarre "spunti di matematica" ai bambini e, per non cadere in
uno dei due frequenti eccessi possibili e opposti (osservazioni banali o richieste
inaccessibili), è necessaria una consapevolezza molto nitida della direzione da percorrere
ed una conoscenza accurata degli obiettivi da raggiungere.
Infine, affinché le attività svolte abbiano una effettiva utilità anche di ampio respiro
(e particolarmente in una ottica di continuità) è necessario che l'insegnante sappia valutare
le reazioni dei bambini, collegarle e confrontarle tra di loro (anche per stimolare la
consapevolezza dei bambini stessi), proporre slanci in avanti (che magari resteranno senza
risposta per un po') e ritorni all'indietro (su attività ed esperienze precedenti); è necessario
cioè che l'insegnante sappia tirare le fila di ciò che ha fatto, perché l'esperienza del
bambino sia pilotata verso il prendere coscienza della matematica sottesa alle attività
svolte. Non bisogna pensare che le schede o i cartelloni lavorino da soli.
6. Il modello di bambino
Nell'esemplificare le attività e nell'esaminarne la relazione con gli aspetti
disciplinari, lavoreremo su un'interazione tra bambino, ambiente e insegnante in cui
è l'ambiente ordinario a fornire le situazioni, evitando di costruire esperienze artificiose.
In accordo con gli Orientamenti del '95, che abbiamo discusso nel paragrafo 3, abbiamo
in mente un modello di bambino che ha una esperienza articolata ma reale e che al
momento del passaggio alla scuola elementare possiede un ampio bagaglio su cui
impiantare la formalizzazione matematica. Questa esperienza viene aiutata, stimolata ed
arricchita dall'insegnante, grazie alla sua consapevolezza teorica. La ricchezza e vastità
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della ricaduta di questa esperienza è frutto principalmente di un lavoro concreto e
puntuale.
Il modello di intervento che riteniamo valido prevede l'azione dell'insegnante sulla
relazione tra il bambino e il suo ambiente, così come descritto nello schema seguente:
bambino
insegnante
ambiente
L'insegnante interviene su come il bambino agisce nelle situazioni che l'ambiente gli
presenta, sia preparando le condizioni dell'ambiente, sia stimolando e guidando
l'osservazione e l'azione del bambino. Dalle risposte del bambino l'insegnante trae poi
indicazioni per un arricchimento dell'ambiente stesso, in modo da sviluppare questa
dinamica verso nuove situazioni, nuove abilità e maggiori consapevolezze. L'insegnante
aiuta quindi il bambino a "matematizzare", cioè a passare da una rappresentazione
elementare della realtà ad una sempre più strutturata, in cui entrano come elementi
fondamentali e irrinunciabili caratteristiche come la numerosità, la forma, l'estensione, la
quantità....
Questo non avviene da sé: è necessaria la guida dell'insegnante, che agisce nella
quotidianità. Potremmo dire che la matematica è un fatto culturale, come il linguaggio; e
come non si impara a parlare in un laboratorio di fonetica, ma stando con adulti e coetanei
che parlano mentre vivono con noi, e ci insegnano a parlare; così non si impara la
matematica davanti al computer, ma stando con adulti e coetanei che fanno matematica
mentre vivono con noi.
Piuttosto che inventare sempre situazioni ad hoc con interventi disciplinari
specifici, ci sembra più utile lavorare sulle attività abituali (filastrocche, giochi, ecc.) e
sulle "attività di sfondo" che fanno parte della prassi corrente. L'esperienza ha dimostrato
che una maggiore consapevolezza teorica degli insegnanti permette di trarre da queste
attività una quantità grandissima di spunti, talvolta anche inattesi, e di sfruttare questi
spunti per stimolare in molte direzioni i bambini, a qualunque livello di maturazione
matematica essi siano. L'uso invece di attività preconfezionate, specialmente quelle con i
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materiali strutturati, hanno un effetto on/off, per cui i bambini si dividono tra quelli che
"riescono completamente" e "quelli che non fanno nulla".
Va notato che in questo modello "articolato e prolungato" di attività, la risposta del
bambino costituisce un elemento significativo di valutazione che non entra nel merito delle
abilità del singolo, ma fornisce indicazioni preziose su come articolare l'esperienza stessa.
Occorre anche tenere presente che spesso proprio nell'area logico-matematica le
aspettative delle famiglie sono particolarmente forti, talvolta assillanti, anche a causa di
una ignoranza di fondo della vera natura delle conoscenze matematiche, spesso ridotte a
abilità o virtuosismi di calcolo. Gli insegnanti devono essere preparati anche a motivare il
lavoro che fanno, anche se esso non sbocca subito in una padronanza di algoritmi e
tecniche, facendo sapere che spesso l'acquisizione di una abilità di calcolo non significa
molto, ed anzi può frenare una costruzione completa e ricca dei concetti. Anche per questo
aspetto è sicuramente utile una maggiore consapevolezza dell'impostazione metodologica,
che è strettamente legata ad una visione più ampia della disciplina. Nella nostra proposta
si mira piuttosto a rimandare alla scuola elementare il momento in cui si "impara a fare" (a
contare, a sommare, a confrontare numeri, …), senza per questo frustrare i bambini che
già possiedono alcune abilità, ed anzi approfittando della varietà dei bambini per porre
problemi che stimolino in avanti tutta la classe.
7. La matematica nascosta
Abbiamo già chiarito che l'obiettivo di fondo, che allo stesso tempo definisce il
metodo di lavoro, è quello di fornire ai bambini un'esperienza "matematizzabile" ricca e
variata e abbiamo visto che ciò è possibile quando l'insegnante è in grado di collegare le
attività che propone ai bambini con i concetti matematici sottesi.
In generale occorre fare attenzione a non porsi obiettivi troppo generici, che
rischiano di diventare fumosi, ma è meglio proporsi ambiti e programmi concreti. Da
questo punto di vista il riferimento alla prassi della scuola elementare può aiutare a
definire gli obiettivi. Individuare alcune competenze da raggiungere, magari molto
delimitate, può essere utile a scandire il cammino.
Intorno a quali tematiche cognitive si dovrà acquisire questa esperienza? E'
anzitutto fondamentale curare l'organizzazione della percezione dello spazio, e dei
rapporti temporali e causali, quindi la capacità di operare con le quantità (anche
continue) e la capacità di classificare e ordinare. Queste tematiche sono strettamente
legate alla organizzazione logica del pensiero e al concetto di numero. L'esperienza
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maturata a seguito delle esigenze generali dello sviluppo cognitivo nei settori indicati
fornisce la base per la formalizzazione propria della matematica nei settori della logica e
dell'aritmetica.
Va detto che le parole chiave insiemi, logica, numero, che corrispondono ad
altrettanti argomenti, oggetto dei programmi di insegnamento nella scuola elementare, si
riferiscono, nell'edificio della matematica, a teorie che si sostengono l'una con l'altra e
sono in un certo senso "fondanti" dell'edificio stesso. Anche l'evoluzione storica vede
queste teorie strettamente interconnesse, e tutto concorre a testimoniare la valenza
formativa di questi concetti, in quanto basi del pensiero matematico.
Per i nostri scopi, la conoscenza delle teorie e del loro evolversi storico permette di
individuare gli aspetti portanti dei concetti e fornisce la chiave per la progettazione o la
lettura analitica delle attività con cui costruire l'offerta di esperienza nei confronti del
bambino.
Il nucleo teorico dei concetti che ci interessano deve costituire l'ossatura delle
conoscenze degli insegnanti e il quadro di riferimento delle attività da sviluppare. Giochi
disegni e filastrocche costituiscono gli strumenti attraverso cui si realizzerà
l'esperienza dei concetti. Si tratta di selezionare e mettere a punto attività che fanno parte
della vita della scuola dell'infanzia e della tradizione didattica, dentro le quali si
nascondono i concetti fondanti di cui abbiamo parlato.
Notiamo che le attività in questione si possono differenziare in funzione del
"grado di astrazione" che coinvolgono e lo stesso concetto matematico può apparire in
forma più o meno "concreta". Un bambino può incontrare i numeri giocando con il gioco
della settimana/campana (1), oppure giocando al negozio comprando degli oggetti (2),
oppure disegnando una storia che gli è stata raccontata e in cui sono coinvolte delle
quantità (3), oppure descrivendo una delle attività precedenti (4). In altre parole, si sta
muovendo ad un livello di astrazione che richiede:
1. Coinvolgimento corporeo
2. Manipolazione di oggetti
3. Rappresentazione grafica
4. Espressione verbale o "sonora".
Questi diversi modi di "frequentare" un concetto non sono strettamente riferibili a diverse
età, ma corrispondono comunque a quattro livelli di difficoltà e a quattro tappe che è
opportuno sviluppare ampiamente e senza discontinuità.
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In secondo luogo osserviamo che, mentre alcuni giochi si limitano a stimolare
l'esercizio di alcune abilità specifiche (come riconoscere un colore, un attributo
etc...), altri forniscono l'esperienza di una struttura, utilizzando tali abilità per eseguire
raggruppamenti, classificazioni etc... . Alcuni giochi sono quindi in qualche modo
preliminari, altri tendono a fornire l'esperienza dei concetti.
Giochi, disegni e filastrocche non comportano l'impiego della simbologia
matematica, ma è necessario che l'insegnante tenga presente i punti cruciali che li rendono
validi per la costruzione dell'esperienza. Giochi di classificazione, disegni che
veicolano la descrizione simbolica dell'esperienza, filastrocche e canzoncine
costituiscono attività che i bambini amano moltissimo e chiedono continuamente.
In particolare le filastrocche sono forse l'attività più specifica della scuola
dell'infanzia e lo strumento di iniziazione alle attività di gruppo. Per ciò che riguarda i
nostri scopi le filastrocche costituiscono uno strumento importante per l'accostamento al
concetto di numero e più in generale per l'acquisizione di abilità particolari. A parte il
semplice esercizio della memoria e lo stimolo alla visualizzazione e alla associazione, la
filastrocca induce l'esperienza della struttura sequenziale propria del sistema dei numeri
naturali e quindi del loro carattere ordinale, ottenuto per passi successivi; presenta questi
aspetti ordinali e cardinali associati ad attività corporee; familiarizza il bambino con la
terminologia e "insegna a contare". Osserviamo che la semplice memorizzazione del testo
si colloca ad un livello "alto" di astrazione e che rimarrebbe sterile se non accompagnata
dalla rappresentazione grafica o dalla drammatizzazione del contenuto.
8. Nella vita della scuola
Il bambino delle nostre scuole dell'infanzia è abituato a fare e imparare stando
assieme agli altri. Può anche darsi che possa acquisire più rapidamente certe abilità stando
da solo davanti ad un computer; è fuori di dubbio però che non è questo il"clima" generale
che si vuole creare nelle nostre scuole. Si cercherà allora di realizzare sempre attività che
coivolgano gruppi di bambini, non necessariamente della stessa età. Il tradizionale lavoro
"per schede", in cui viene posto un obiettivo uguale per tutti, risulta il più delle volte
inadeguato. I bambini devono ricevere stimoli (e consegne) che li portino ad operare
ciascuno al livello più adatto; bisogna offrire a ciascun bambino l'opportunità di sfruttare
al meglio il proprio livello di maturazione. D'altra parte, questo avviene meglio se la
situazione fa scattare tutte le componenti tipiche dell'agire del bambino, come la curiosità,
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l'osservazione, l'emulazione, l'imitazione, la collaborazione, il domandare al compagno,
il confrontare....
La vita del bambino nella scuola dell'infanzia è scandita da momenti di gruppo
(omogeneo per età) e momenti di sezione, inseriti in un contesto in cui molta rilevanza
hanno anche "situazioni di routine" (lavarsi le mani, segnare le presenze, andare a pranzo,
distribuire il fluoro, la merenda....). E' in queste situazioni che occorre lavorare per
fornire l'esperienza attraverso la quale si formano le conoscenze e competenze
logico-matematiche, che verranno adeguatamente esplicitate e formalizzate nella scuola
elementare.
Gli insegnanti devono cercare di "scoprire la matematica nascosta" in tutti questi
momenti, intervenendo con osservazioni, domande, piccole consegne, giochi, legami con
altre esperienze ed osservazioni.
In questo modo si cerca di trasformare l'esperienza quotidiana del bambino in
esperienza strutturata dal bambino stesso (anche se ovviamente in modo non
conscio); questo è un passaggio obbligato nel processo di trasformazione dei dati
percettivi in modelli mentali; l'obiettivo è quello di rendere l'insieme delle esperienze e
delle attività svolte nella scuola dell'infanzia una entità ricca e articolata.
E' evidente che questo può essere possibile solo attraverso una crescita della
conoscenza della disciplina da parte degli insegnanti, ed uno sforzo per rendere espliciti i
legami tra la matematica - in senso disciplinare- e le situazioni. Questo modo di procedere
è molto più efficace, naturale, ed adatto ai bambini della scuola dell'infanzia rispetto alla
via della scheda precostituita, tradizionalmente seguita nell'insegnamento della
matematica nella scuola elementare.
La gamma di attività può essere molto ampia e costituita da momenti programmati
con attività in comune tra bambini di età diversa, attività specifiche per lo sviluppo di
microcompetenze, attività inserite nel tema generale di fantasia programmato nella scuola,
giochi collegati alle situazioni di routine. Dunque avremo attività singole, attività di
sfondo, attività di routine e attività ponte.
Anzitutto consideriamo le attività singole. Quelle attività cioè che si svolgono,
in un tempo limitato, su un tema o con una consegna specifica. Ne sono un esempio le
filastrocche o i giochi o le classiche situazioni di classificazione o seriazione (ritagliare
sagome di varie dimensioni e disporle in ordine crescente o decrescente, riconoscere
forme etc.).
Alcuni giochi sono specifici, con un obiettivo particolare, e sono più adatti ad un
lavoro per gruppo omogeneo d'età, perché le abilità previe e/o specifiche sono in generale
molto differenti tra un gruppo d'età ed un altro.
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Possono essere anche utilizzati giochi tradizionali (come ad esempio Strega
comanda color... ), una volta che l'insegnante ha consapevolezza della "matematica
nascosta". I bambini amano ripetere questi giochi e l'insegnante può renderli via via più
interessanti e ricchi introducendo varianti che corrispondono o a nuovi contenuti
matematici o ad una maggiore capacità di padroneggiare la situazione dal punto di vista
logico-matematico.
Si è già parlato delle filastrocche, che specialmente per i più piccoli
costituiscono un modo per legare l'attività verbale a quella corporea e alle prime
manipolazioni. Non dimentichiamo che le generazioni precedenti alle nostre hanno
"imparato a contare" per lo più con le filastrocche tradizionali, e molte delle prime
consapevolezze numeriche dei bambini europei di una volta erano legate al gioco della
"campana". Può essere necessario talvolta introdurre delle modifiche per rendere più
adeguato il testo ai contenuti matematici, oppure per arricchire la situazione. Grazie a
quest'uso delle filastrocche si può iniziare in modo naturale il coordinamento tra l'attività
di verbalizzazione della sequenza dei numeri e un insieme di esperienze relative agli aspetti
cardinale ed ordinale del numero naturale.
Accanto alle attività singole appena discusse vanno considerate le attività di
sfondo che si inseriscono, appunto, in uno sfondo scelto per le attività della sezione o
del gruppo lungo tutto l'anno. Questo sfondo è un elemento di continuità trasversale nella
vita del bambino, e dovrebbe collegare tutte le sue esperienze. È importante non
dimenticarlo nella programmazione dell'area logico-matematica, perchè troppo spesso la
matematica viene collocata "da un'altra parte" rispetto a tutto il resto. Come esempi di
possibili "sfondi" possiamo citare il negozio, la fattoria, … .
Altrove descriveremo in dettaglio il possibile uso di alcuni di questi, qui ci
limitiamo ai commenti di tipo metodologico. E' ovvio che uno sfondo come quello del
negozio è particolarmente favorevole ad attività di tipo numerico (classificazione degli
oggetti per prezzo, utilizzo del "listino prezzi", scambi uno ad uno, piccole operazioni);
ma occorre notare che la specificità del contesto, così esplicitamente legato al concetto di
numero, non rende l'attività di per sè più adatta di altre a raggiungere gli obiettivi generali.
Anche altri "sfondi" possono fornire molte situazioni ed occasioni di gioco, ed è sempre
utile "ambientare" le attività singole nello sfondo.
Un vantaggio operativo di queste situazioni globali è quello di offrire ai bambini
molti ruoli, di difficoltà ed impegno differente. Spesso nelle attività singole la consegna
è unica per tutti i bambini; il confronto che essi stessi spontaneamente fanno tra i risultati
che ottengono è utile, ma è sempre difficile "tarare" la difficoltà dell'attività in modo che
risulti accessibile, stimolante e divertente per tutti. Una situazione "di sfondo" offre ruoli
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molto diversi e la possibilità di scegliere obiettivi e consegne variate in rapporto alla
situazione di ciascun bambino. È in queste attività che riesce più facile per gli insegnanti
utilizzare in modo proficuo molti meccanismi naturali del comportamento dei bambini.
Le attività di routine, infine, hanno in tutte le scuole dell'infanzia un loro
spazio pedagogico (apparecchiare la tavola, distribuire il fluoro, segnare le presenze,
registrare i bambini che vanno a riposare, annotare le condizioni meteorologiche, votare
per effettuare una scelta, ecc ...) e alcune di esse si prestano particolarmente al ruolo di
attività ponte con la scuola elementare (dove di fatto proseguono). Oltre che fornire il
materiale per attività legate al concetto di numero, offrono molti spunti per
rappresentazioni grafiche, la cui utilità è di lunga gittata. I bambini si abituano a
correlare rappresentazioni diverse delle quantità, via via più astratte, partendo da dati di
esperienza di cui hanno un controllo effettivo. Può valere la pena che la rappresentazione
di questi dati avvenga in forme diverse, perché il passaggio da una rappresentazione
all'altra aiuta il bambino nel processo di astrazione. D'altra parte, bisogna sempre
ricordare che la capacità di utilizzare i simboli in una rappresentazione, a questa età, è
molto ridotta.
Un altro vantaggio derivante dalla abitudine a "matematizzare" queste attività di
routine, è quello di poter introdurre consegne via via più impegnative e stimolanti, senza
dover ogni volta immettere i bambini in una situazione nuova, con tutti i relativi problemi
di familiarizzazione, di comprensione verbale, ecc.. A questo scopo, gli insegnanti
devono essere in grado di trarre da una stessa situazione tanti spunti e stimoli, in
orizzontale (consegne e osservazioni diverse nello stesso momento) e in verticale
(consegne e osservazioni diverse col variare del tempo).
Come già accennato, l'esperienza (anche se ripetuta e variata) di per sé non basta:
può far acquisire abilità e capacità (magari numeriche e di calcolo), ma non concetti
matematici. Bisogna che questa esperienza si strutturi progressivamente in senso logico-
matematico nella mente e nella coscienza del bambino.
Perché questa strutturazione avvenga occorre che il bambino operi su questa
esperienza. Tale operazione sarà via via più articolata, come messo in evidenza parlando
dei livelli di astrazione possibili: potrà essere all'inizio solo corporea, per diventare poi
attività verbale e di rappresentazione; è importante che il bambino arrivi a fare
operazioni mentali sulla propria esperienza e ad essere interessato non tanto agli
oggetti in sé, quanto alle operazioni che può compiere su di essi.
E' compito dell'insegnante aiutare e stimolare questa operatività, con piccole
consegne, domande, confronti, richiami a esperienze precedenti. L'insegnante della
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scuola dell'infanzia conosce a fondo i bambini nella loro totalità, ed è quindi in una
posizione privilegiata per attuare questo tipo di intervento adattandolo ad ogni bambino.
Con il termine "esperienza" non si intende naturalmente solo l'esperienza realizzata
con materiali concreti: si intende tutto ciò che ha a che fare con la realtà del bambino ( e
quindi anche le sue costruzioni di fantasia o i personaggi immaginari del suo mondo).
Dalle risposte dei bambini l'insegnante trae poi lo spunto per modificare "in
cammino" le attività, per arricchire le situazioni e per ruotare i ruoli dei bambini, cosa
altrimenti impossibile nel lavoro standard fatto con schede precostituite.
9. La continuità con la scuola elementare
Le considerazioni svolte nei paragrafi precedenti resterebbero sospese e
incomplete se non ci si occupasse del problema di come l'impostazione che abbiamo dato
alla nostra proposta si raccordi al successivo primo ciclo della scuola elementare. Il
problema della continuità e della definizione dei diversi ruoli della scuola dell'infanzia e
della scuola elementare si pone necessariamente, e in modo particolare per la matematica,
quando si voglia consolidare (o istituzionalizzare) il ruolo che la scuola dell'infanzia
svolge di fatto nella formazione del bambino.
La continuità si pone anzitutto come problema di trasmissione di informazioni
riguardanti la metodologia, i contenuti disciplinari e le attività svolte, oltre che una
valutazione dei risultati raggiunti, sia individualmente che a livello di gruppo.
In tutto ciò che precede abbiamo posto l'accento più sull'azione del bambino
durante la costruzione dei concetti, e dunque sul modo con cui ogni bambino "percorre" i
microcurricoli, piuttosto che sui contenuti dei curricoli stessi. Di conseguenza anche
l'insieme di informazioni che può essere trasmesso alla scuola elementare deve basarsi
più sul modo effettivo in cui i bambini hanno svolto la loro attività, che sul
raggiungimento di obiettivi precostituiti. Ciò non toglie che l'insegnante possa aiutare la
propria osservazione, se necessario, con "test" di valutazione, proponibili anche come
"test di ingresso" nelle scuole elementari. Il punto cruciale resta però il fatto che l'età
intorno ai sei anni è proprio il momento in cui la costruzione del concetto di numero è nel
suo vivo, ed è estremamente fluida la situazione dei modelli relativi nel bambino. Le
indicazioni di una griglia del tipo "sì/no", riferita a conoscenze specifiche, possono
rivelarsi del tutto superate dopo i mesi della pausa estiva.
In questo modo, la valutazione viene ad essere più organicamente inserita in una
descrizione globale del bambino, e quindi ad essere uno strumento di continuità
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globale e non solo disciplinare. D'altra parte l'insegnante deve considerare che i contributi
delle osservazioni fatte durante le attività riconducibili all'area logico-matematica sono
molto interessanti proprio per una descrizione globale del bambino.
Per rendere operativa questa continuità, ci sembra necessaria la definizione di un
protocollo di trasmissione che contempli modi e contenuti del lavoro svolto e sia
quindi articolato intorno ai seguenti punti:
1) I contenuti disciplinari presenti in modo particolare nelle attività (la matematica
sottesa). Qui gioca fondamentalmente la consapevolezza degli insegnanti e la loro capacità
di rendere espliciti i contenuti "nascosti".
2) Le attività svolte. In particolare, le attività ponte che vanno trasmesse proprio
come indicazione di continuità concreta, segnalando quali consegne venissero richieste ai
bambini. L'insegnante delle scuola elementare potrà trarne nuovi spunti, legati ai nuovi
contenuti disciplinari ed adatti alla mutata situazione ed età dei bambini. Possiamo citare
ad esempio la "registrazione delle presenze", la " preparazione dei posti a tavola", la "
registrazione dei giorni di sole e di pioggia" … Non vanno dimenticate anche eventuali
attività svolte in comune con i bambini della scuola elementare, qualora fosse stato
possibile realizzarne.
La descrizione delle attività di sfondo e delle attività singole dovrà comprendere
quelli che a giudizio dell'insegnante sono stati gli spunti ed i momenti più significativi per
la maturazione dei bambini. Ad esempio, si possono indicare quelle situazioni in cui
alcuni (o tutti) i bambini hanno spinto la propria curiosità fino a porre e/o risolvere piccoli
problemi.
3) Le osservazioni di metodo. Alcune attività "vanno da sè", e l'intervento
dell'insegnante è minimo; in altre è cruciale l'interazione tra il bambino e l'insegnante; di
alcune attività serve "mantenere una memoria" nella classe, sulle pareti o in qualche altro
posto. Tutte queste osservazioni sono importanti per l'insegnante della scuola elementare,
per evitare discontinuità di metodo che potrebbero annullare (nel bambino) il lavoro svolto
e le conquiste fatte. Vale la pena ricordare che nella scuola dell'infanzia i bambini si sono
abituati a vedere restare attorno a sè i risultati delle attività, sotto forma di disegni,
costruzioni, tabelloni, materiali usati nelle situazioni didattiche, etc. Se hanno giocato al
negozio, i bambini hanno visto nell'aula il "negozio", con esposto il "tariffario prezzi", i
generi venduti etc. per parecchio tempo; se costruiscono la sagoma di una casa di
cartone, e devono riordinare in ordine crescente le travi, poi vedono quella casa per lungo
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tempo nella propria aula. Questo permette al bambino (eventualmente dietro stimolo
dell'insegnante) di ritornare sull'attività anche a distanza di tempo.
Sembra quindi molto utile, e proponibile come esperienza generalizzabile, che
almeno nei primi tempi (primo quadrimestre della prima elementare) ci sia da parte
dell'insegnante una cura nel mantenere attorno ai bambini i risultati e i materiali delle
attività concrete attraverso le quali sta procedendo verso il concetto di numero, o la
nozione di insieme e le sue implicazioni (striscia dei numeri, scatolone dei numeri,
tabellone dell'insieme universo....); e che per quanto possibile (compatibilmente con le
esigenze didattiche e di ordine) si lasci al bambino la possibilità di ritornarvi anche per
conto proprio, riaffrontando i problemi incontrati e saggiando le soluzioni proposte.
Questo è il modo in cui il bambino è stato abituato a procedere nella scuola dell'infanzia,
ed è importante che nel momento cruciale del passaggio alla formalizzazione tale metodo
non sia abbandonato troppo bruscamente. Non dovrebbe mai essere scoraggiato un
bambino che, preso da un dubbio o da una curiosità "matematica", vada a riprendere la
situazione che glielo ha generato e si fermi a pensarci.
4) Una sintesi di valutazione individuale attraverso uno schema che abbia lo scopo di
aiutare l'insegnante a mettere a fuoco alcuni aspetti, importanti per la continuità, del
comportamento e dell'apprendimento del singolo bambino, e di permetterne la
trasmissione agli insegnanti della scuola elementare. Come tale, è pensato in primo luogo
per i bambini "grandi", ma può sicuramente servire come verifica del cammino percorso
anche lungo gli anni della scuola dell'infanzia. In ogni caso, non va preso come uno
schema rigido, ma come una traccia intorno alla quale raccogliere le idee.
Tutte le informazioni individuali andrebbero raccolte poi in una lettura dei dati, che
metta eventualmente in evidenza se la dinamica della attività di classe ha portato a creare
alcune tipologie più ricorrenti di comportamento e/o di capacità acquisite. In questa lettura
dei dati, può trovare posto un giudizio complessivo sul gruppo
Il problema della valutazione appena discusso è comunque un problema delicato
ed è quindi necessario spendere ancora qualche parola sul significato che tale valutazione
deve assumere.
Infatti, nel momento in cui si trasmettono delle informazioni dalla scuola
dell'infanzia alla scuola elementare il rischio maggiore è quello di dare informazioni sul
singolo bambino che in qualche modo riducono la sua prestazione in termini di "sa fare" o
"non sa fare", imbrigliando così l'apprendimento compiuto dal bambino in griglie non
sempre rispettose del suo reale livello di maturazione e sviluppo. Questo tipo di
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informazioni, oltre ad avere alcune ovvie controindicazioni, è anche sostanzialmente
inutile per il lavoro dell'insegnante della scuola elementare: se si ritiene che queste
indicazioni servano, possono essere ricavate più aggiornate (in tre mesi cambiano tante
cose quando si hanno sei anni!) con adeguate attività che fungano da test di ingresso
all'inizio della prima elementare.
Inoltre, le attività svolte dalle insegnanti nel corso dell'anno vengono proposte a
livelli diversi di esperienza. Non è quindi possibile, rispetto ad un determinato contenuto
affrontato, dire semplicemente se il bambino lo padroneggia oppure no; serve invece una
specifiazione ulteriore, facente appunto riferimento al livello di esperienza privilegiato.
Infine, nel descrivere ciò che ciascuno ha appreso è anche indispensabile, a nostro
avviso, considerare i procedimenti, gli atteggiamenti, le modalità prevalenti che il
bambino utilizza, una serie di indici, quindi, che riescano a dare informazioni sul suo
livello cognitivo e sul modo in cui si è posto nel confronti delle attività, anche
considerando le componenti affettive ed emotive che accompagnano sempre la sua azione.
E' chiaro comunque che parlare di valutazione in ambito scolastico significa
necessariamente tener conto dell'intero processo di insegnamento/apprendimento: la
valutazione dell'apprendimento dei bambini è anche valutazione del lavoro
dell'insegnante, dei contenuti che ha affrontato e del modo in cui li ha proposti ai
bambini, dei materiali di cui si è avvalso: in poche parole della metodologia
dell'insegnamento.
10. Un programma per il futuro
La proposta sviluppata in queste pagine necessita ovviamente di un seguito che
fornisca indicazioni e strumenti di lavoro per raggiungere gli obiettivi delineati.
I due aspetti portanti che abbiamo indicato riguardano le conoscenze degli
insegnanti nel campo della matematica, così come la loro capacità di leggere all'interno
delle attività che si svolgono tradizionalmente nelle sezioni della scuola dell'infanzia.
Dunque la strada lungo cui dare un seguito alle nostre considerazioni è già tracciata e
punta al raggiungimento di tali obiettivi.
La bibliografia relativa all'insegnamento della matematica nella scuola primaria è
senza dubbio molto ampia ed anche per ciò che riguarda la scuola dell'infanzia negli ultimi
anni sono stati pubblicati studi e proposte cui si può fare riferimento. Ci sembra
comunque necessario sviluppare maggiormante un discorso mirato alla scuola
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dell'infanzia che tenga conto sia del bisogno di formazione che della necessità di
raccordare la disciplina con la concretezza quotidiana.
E questo è l'obiettivo che ci proponiamo di raggiungere in un prossimo futuro.
11. Bibliografia
La bibliografia che segue riguarda alcuni riferimenti citati nel testo e qualche
pubblicazione relativa all'impostazione metodologica dell'insegnamento nalla scuoila
dell'infanzia
[1] - AA.VV., "Linee per un’educazione cognitiva nella scuola dell’infanzia", Il
Quadrante Scolastico n°45 giugno 1990, Trento Unoedizioni.
[2] - A.E. Berti, A.S. Bombi, "Lo sviluppo del bambino" , il Mulino, Bologna, 1985
[3] - Federazione provinciale Scuole materne, "Proposte ed indicazioni programmatiche.
Documento di lavoro per l’aggiornamento/formazione degli insegnanti" , Electa
Trento, 1990.
[4] - R. Mastromarino, "L’azione didattica. Qualità ed efficacia nella classe", Armando,
Roma, 1991.
[5] - Nuovi Orientamenti dell'attività educativa nelle scuole materne statali, 1991
[6] - Orientamenti dell'attività educativa nelle scuole materne statali, 1969
[7] - Orientamenti dell'attività educativa della scuola dell'infanzia, Provincia Autonoma
di Trento, 1995
[8] - M. e C. Pontecorvo, "Psicologia dell’educazione. Conoscere a scuola", Il Mulino,
Bologna, 1986.