gellindo ghiandedoro e gli orchetti furiosi - 6

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www.risparmiolandia.it Gellindo Ghiandedoro e gli orchetti furiosi - 6 FIABAROMANZO DELL’ESTATE - FIABA DI MAURO NERI - ILLUSTRAZIONI DI FULBER

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FIABAROMANZO DELL'ESTATE

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Gellindo Ghiandedoroe gli orchetti

furiosi - 6FIABAROMANZO DELL’ESTATE - FIABA DI MAURO NERI - ILLUSTRAZIONI DI FULBER

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Gellindo Ghiandedoro e gli orchetti furiosi - 6

(Riassunto delle puntate pRecedenti)Per sapere come comportarsi con i tre terribili orchetti Anastasio, Timoteo ed Ermelinda, Gellindo Ghiandedoro, Bellondina e maestro Abbecedario decidono di andare a chiedere consiglio e aiuto all’orco Persovinto, che dei tre mostriciattoli è zio ed è stato “maestro” di magie. Ma anche Persovinto è alle prese con un piccolo mistero: qualcuno, di notte, viene di nascosto e distrugge parte della torre-castello in cui l’orco abita. “Così sono costretto a stare sveglio di notte per sorprendere quel malfattore, che però fino ad ora l’ha sempre fatta franca, e a star sveglio anche di giorno per rimettere la mia casa in ordine!”. Interviene allora Gellindo, che spalma la torre di abbondante colla collosa incollante e attende sereno che scenda la notte. È in questo modo che i nostri amici catturano il malandrino distruttore di castelli… e sapete chi è? Vedo che ve lo ricordate: la causa di tutto è l’orchetto Anastasio, che viene legato come un salame e riportato subito al Bosco delle Venti Querce…

giocavano allegri con alcuni fiorelli-ni…

– Siamo buoni… siamo cattivi… siamo buoni… siamo cattivi – recitava Ermelinda contando i petali di una margherita, – …siamo buoni… siamo cattivi… siamo buoniii!! Visto che lo dice anche il fiore? Siamo tornati ad essere due orchetti buoni buoni…

Dopo aver raccontato agli amici quel che era successo a casa di Per-sovinto, Gellindo chiese silenzio e…

– Adesso state tutti attenti – disse lo scoiattolino avvicinandosi ad Ana-stasio. – Dei tre orchetti che ci tem-pestavano di dispetti, due sono inno-cui e lo saranno ancora per sette anni, sette mesi, sette settimane eccetera eccetera, mentre il terzo, questa pic-cola peste legata a salame, è ancora pericolosa. E allora, caro Abbeceda-rio, ti chiedo di slegare Anastasio e di lasciarlo libero…

– Ma come! Ne sei sicuro? – do-mandò il maestro.

Nello spiazzo al centro del Bosco delle Venti Querce s’erano dati tutti appuntamento per accogliere degna-mente Gellindo Ghiandedoro, la bella Bellondina e maestro Abbecedario, che teneva al guinzaglio l’orchetto Anastasio legato come un salame con doppia corda.

La civetta Brigida, Pagliafresca, Casoletta e tutti gli altri vollero sape-re com’era andata con Persovinto…

– Un orco gentile, non c’è che dire – rispose Gellindo, – un orco, poveretto, che ha dovuto sopportare anche lui la cattiveria di suo nipote, di questo Anastasio qui, che una ne fa e altre cento ne pensa!

– Lasciatemi andare! – urlava intanto l’orchetto dimenandosi come un ossesso. – Slegatemi subito, altri-menti… altrimenti vi faccio vedere io!

In un angolo dello spiazzo, seduti su un tronco steso a terra, gli altri due orchetti Timoteo ed Ermelinda

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– Ho detto di slegarlo…– È ancora un pericolo, però: l’hai

detto anche tu – intervenne Bellon-dina.

– Ve lo ripeto: lasciatelo libero, ci penso io, a lui!

Avvenne, allora, che quando Ana-stasio fu liberato dalla doppia corda che lo teneva prigioniero, dapprima si guardò attorno infuriato, con le mani appoggiare ai fianchi e nuvolette di fumo che gli uscivano dalla bocca e dalle orecchie. Poi corse con gli occhi a cercare Gellindo Ghiandedoro e…

– Eccolo lì, quel moscerino. Stai attento a questa magia, scoiattolo dei miei stivali – urlò l’orchetto: – abRa-tim-abRatom-saRcocchia… che Gellin-do si tRasfoRmi in una… Ranocchia!

E… puffff!... in meno di mezzo secondo lo scoiattolino si trasformò in una ranocchia con una gran coda verde e umida di dietro! Ma la “Gel-lindo-rana” non si fece intimorire e con voce gracchiante urlò: – abRatim-abRatom-saRceRtola… che anastasio diventi una piccola… luceRtola!

E… poffff!... Anastasio si trasfor-mò in una minuscola lucertolina, che urlò con tutto il fiato che aveva in corpo: – abRatim-abRatom-saRcano… che questa Ranocchia si tRamuti in un… pellicano!

E… paffff! La piccola rana s’ingi-gantì, mise le zampe, il collo, le piume e soprattutto protese in avanti un becco enorme, con un’altrettanto enorme borsa che penzolava di sotto. Dopo di che la “Gellindo-lucertola”

urlò a sua volta: – abRatim-abRatom-saRcino… che questa luceRtola diventi un pino!

– abRatim-abRatom-saRcoRe… che questo pellicano si tRasfoRmi in un fioRe! – rispose l’“Anastasio-pino”.

– abRatim-abRatom-saRcalla… che questo pino diventi una faRfalla! – urlò il “Gellindo-fiore”.

– …si tRasfoRmi in un peRo!– … diventi un palo della luce!– …un bRuco!– …una toRta!– …una nuvola!– …un’aquila!– … una Ghianda!–… una mucca!– …??La mucca pacioccona piegò il collo,

avvicinò la bocca alla grossa ghianda e con una linguata… Gnammmm!... se lo mangiò in un sol boccone!

A questo punto capirete anche voi in quale pasticcio s’era ficcato Gellin-do. Quella ghianda sparita in fondo al pancione della mucca, era il nostro scoiattolo oppure quel mariuolo di Anastasio?

Gli spaventapasseri del villaggio non sapevano proprio cosa fare: il duello s’era trascinato troppo a lungo e le trasformazioni s’erano sussegui-te a un ritmo troppo veloce, perché qualcuno avesse avuto il tempo di tenere il conto.

– Mu… mucca mia bella – balbettò Bellondina sull’orlo del pianto, – puoi dirmi se tu sei il mio amico Gellindo, oppure quel cattivo di Anastasio?

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Silenzio!– Se non sei capace di parlare, ba-

sta solo che tu faccia di sì con la testa se sei il nostro Gellindo, oppure no se sei Anastasio…

La mucca rimase immobile, con gli occhioni tondi come due bocce dell’albero di Natale.

– E adesso che facciamo? – sin-ghiozzò Casoletta, correndo ad ab-bracciare Bellondina. – Fate in modo che a qualcuno venga una bella idea! Subito!

Abbecedario si grattò la zucca, Pa-gliafresca mordicchiò il cannello della finta pipa di legno vero, Fra’ Vulcano si tolse il berretto e lo stropicciò tra le mani… Solo Quantobasta ebbe un’idea:

– Facciamo così: prendiamo la mucca e piano piano la portiamo da Ratto Robaccio, giù alla discarica del Villaggio. La leghiamo bene a un palo e aspettiamo. Magari questa magia è temporanea, forse tra dodici ore sva-nisce del tutto e allora sapremo se è stato Gellindo a mangiarsi Anastasio, oppure… oppure ahimè viceversa!

Trascorsero dodici ore e poi altre dodici senza che nulla accadesse. Ne passarono altre ventiquattro e venti-quattro ancora. Nessuno si accorse, però, che là dove il primo giorno di prigionia la mucca aveva fatto cade-re una grossa cacca, proprio là era attecchita una piccola ghianda, che crebbe in poco tempo fino a diven-tare una sottile quercia con tante

foglioline verdi e tenere. Ed era una quercia che parlava, cari miei! Era una quercia che, la sera, raccoglieva attorno a sé gli spaventapulcini del Villaggio e raccontava loro fiabe bel-lissime, storie avventurose, racconti di viaggi lontani…

Ben presto tutti si convinsero che quella quercia altri non fosse che il loro Gellindo Ghiandedoro.

Bellondina andava a trovarla fin dall’alba e le faceva compagnia fino a dopo il tramonto del sole: la an-naffiava ogni due ore e spostava di continuo i rami delle altre piante che potevano farle ombra.

Gli spauracchi Quantobasta, Ros-soVerdeGiallo e Còntolo si trasferiro-no nella Grande Città in Valle, misero le tende nella biblioteca e si fecero portare tutti i libri che parlavano di magia e di formule magiche, per cer-care quella che potesse fare al caso loro. Lessero decine di grossi libri e impararono a memoria centinaia di sortilegi, ma non ebbero fortuna, si ritrovarono ben presto a mani vuote e rientrarono tristi e scornati al Vil-laggio.

Fu Abbecedario, questa volta, ad avere l’idea giusta.

– Tutto è nato dall’orco Persovin-to – si disse una notte il maestro, alzandosi dal letto e preparandosi a partire per un lungo viaggio. – È stato lui a insegnare a Gellindo il modo per sfidare a duello l’orchetto Anastasio… e quindi soltanto lui sa come far tor-nare in vita il nostro amico!

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Persovinto ascoltò con attenzione il racconto di Abbecedario, scuoten-do il capo e sbuffando ogni qual volta lo spaventapasseri citava il nome dell’orchetto Anastasio. Al termine, l’orco alto e magro, con la faccia triste e il grosso naso a punta entrò in casa e ne uscì poco dopo con una borsa di pelle a tracolla.

– Andiamo! – mormorò allo spa-ventapasseri sbalordito.

– Dove andiamo?– Al Bosco… torniamo al tuo Bosco

delle Venti Querce – rispose Perso-vinto. – Se mio nipote Anastasio ha combinato questo bel guaio, tocca a me porvi rimedio!

Ci volle poco, a dire il vero: qualche parolina misteriosa sussurrata alle foglie della piccola quercia, uno stra-no unguento spalmato sul tronco sot-tile e un tremolio leggero percorse la pianticina. Quel tremore, poi, si fece sempre più forte finché… cRacckkk!... la corteccia del tronco si ruppe, i rami caddero assieme alle foglie e uno scoiattolino con una ghianda in bocca sbucò dal nulla con un salto e con uno strillo di gioia.

– finalmenteeee! – gridò Gellindo, correndo ad abbracciare Bellondina, Casoletta, Abbecedario e tutti gli altri. – Finalmente posso muovermi, posso correre, sgranchirmi, ballare, saltare, pirlare… Grazie, orco Perso-vinto, grazie per tutto quello che hai fatto per noi. Ma… adesso come la mettiamo con la mucca?

Persovinto rimise l’unguento nella

borsa a tracolla, scrollò le spalle e s’avviò verso la discarica del Villaggio. – Con “Anastasio-mucca” me la vedo io. Subito e da solo!

Gellindo guardò perplesso i suoi amici e i suoi amici guardarono per-plessi Gellindo.

– Non sia mai detto che il nostro nuovo amico Persovinto affronti da solo una mucca strana come quella! – disse sottovoce lo scoiattolo. – Per-ciò fate silenzio, mi raccomando, non fate rumore e… venite con me! Lo seguiremo da lontano, ma voglio ve-dere che cosa succederà all’orchetto Anastasio!

Se volete vederlo anche voi, non perdete la prossima puntata!

(6-continua)

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