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71 L’ECONOMIA raccontata ai bambini 3 Gellindo Ghiandedoro e un inverno senza fine

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L’economia raccontata ai bambini 3

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L’ECONOMIA raccontata ai bambini 3

Gellindo Ghiandedoroe un inverno senza fine

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InvernoAvvenne in modo così impercettibile, che nessuno veramente se ne ac-corse prima: fu una cosa talmente lenta da sembrare ferma, e invece quel freddo polare aggredì il Bosco delle Venti Querce e il vicino Villaggio degli Spaventapasseri, imprigionando nel ghiaccio gli alberi, i prati e le case della Valle di Risparmiolandia.

Non vennero risparmiati gli spaventapasseri e, uno dopo l’altro, Tisana la Dolce e Bellondina, Mangiatorte e Paciocco, Chiomadoro e Quanto-basta vennero trasformati in tante buffe statue gelate, ferme immobili nel freddo di quel gennaio terribile. Non fu risparmiato nemmeno Gellindo Ghiandedoro: era in letargo ormai da due mesi, il nostro scoiattolo, ac-coccolato fra le coperte della sua tana, quando il freddo s’insinuò con le sue dita lunghe e sottili nelle fessure del tronco, avvolse quel batuffolo di pelo rossiccio e di lana soffice e…

– Brrr, che freddo – sussurrò Gellindo sbuffando nuvolette di vapore e gettando un occhio al di sopra delle coperte. – Forse ho dimenticato la porta aperta… Adesso vado a chiuderla e poi torno a dorm…! – e il poveretto si riaddormentò di colpo, vinto dalla stanchezza di quell’in-verno rigido.

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Per fortuna quando il gelo divenne insopportabile sul serio, Gellindo si risvegliò, s’alzò in piedi tirandosi dietro tutto il fagotto delle coperte e…

– Ma guarda tu che strano – borbottò grattandosi la coda arruffata, – la porta è ben chiusa, le finestre sono tappate… e questo freddo da dove viene, allora?

– Gellindoooo! – urlò forte qualcuno da fuori. Era la voce di Brigida, la civetta del Bosco delle Venti Querce. – Gellindo, sei sveglio?

– Ciao, Brrrrigida!… – rabbrividì lo scoiattolo aprendo la fi ne strella che dava sul prato. – Ma come mai c’è tutto questo freddo?

– Non dirmelo! Sono due giorni e due notti che sto svolaz-zando di qui e di là, cercando qualcuno di sveglio: sono tutti ghiacciati, Gellindo, prigionieri di questo gelo improvviso!

– E la talpa Melesenda?– Sparita sotto terra! Deve aver scavato una galleria pro-

fonda fino a raggiungere qualche caverna tiepida… – E l’aquila Cassandra?– È volata via lontano, lei: forse è emigrata in qualche Paese

caldo del Sud, chi lo sa…Gellindo si tirò la coperta sulla punta del naso, già insensibile per

quel gelo che addormentava ogni cosa. Ed era un guaio, chiudere gli occhi e lasciarsi andare al freddo: glielo aveva raccomandato fin da piccolo, la sua mamma. “Non addormentarti mai, quando c’è grande freddo: il gelo ti trasformerebbe in una statua e…”.

– Hai provato a vedere giù, al Villaggio degli Spaventapasseri, come stanno i nostri amici piantati negli orti? – chiese Gellindo riscuotendosi dal torpore nel quale era caduto.

– Sono tutti all’aperto, immobili come tante statuine vestite in modo strano… Dormono tutti, bianchi di neve e di ghiaccio!

Nell’udire la fine che stavano rischiando di fare i suoi amici, Gellindo si riscosse, chiuse la finestra di casa e strinse attorno a sé tutte le coperte che aveva a portata di zampa. Poi aprì la porta di casa e affrontò il gelo col cuore in gola: doveva correre subito ad aiutare gli spaventapasseri, ma poteva contare solo sull’aiuto di una vecchia civetta infreddolita!

– Brigida, vola in alto e seguimi: andiamo a salvare i nostri amici!

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SoloAnche se lungo poche centinaia di metri, il tragitto dal Bosco delle Venti Querce al Villaggio degli Spaventapasseri fu interminabile e faticoso. Il freddo s’impadronì subito del corpicino della civetta e, dopo solo tre colpi d’ala, centinaia e centinaia di piccoli pinnacoli ghiacciati appesan-tirono le ali e la coda.

– Gellindoooo – urlò allora Brigida con tutto il fiato gelato che aveva in corpo, – non ce la faccio più a volare… Guarda, sono troppo pesante: non riesco a sollevarmi nemmeno mezzo metro da terra!

– Aspetta che ti aiuto – strillò lo scoiattolo, saltellando più in alto che poteva e staccando furioso con le zampe quella selva di minuscoli ghiaccioli. Quando Brigida fu di nuovo libera…

– Ecco, adesso posso finalmente alzarmi in volo, così…Nulla da fare, cari miei: quel gelo era così forte e insinuante,

che penetrò sotto le piume, accarezzò il corpicino leggero dell’uccello e…

– Gellindoooo, aiutoooo… Stompfff!…Brigida cadde a terra e vi rimase immobile.In quell’inverno insolitamente freddo, con un mare bianco

di neve e ghiaccio che copriva ogni cosa e ogni essere vivente, Gellindo Ghiandedoro, intabarrato fin sopra le orecchie nelle coperte di casa, rimase Solo!

Solo ad affrontare quel gelo.

Solo a cercar di aiutare gli amici.Solo a combattere contro quel mostro di inverno.Solo a consolarsi e a piangere lacrime ghiacciate.

Solo a trovare una soluzione a quel grosso guaio…Solo e… baSta!

Senza mai fermarsi un secondo per paura di finire ghiacciato come tutti gli altri, Gellindo corse al Villaggio degli Spaventapasseri per rendersi conto di persona di come stessero le cose. Semmai ne avesse visitato uno

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prima di allora, gli sarebbe parso di entrare in un Museo delle Cere: i suoi amici Pagliafresca e Palostorto, Empedocle e Lin gualunga, Candeloro e Passion di Fiaba, tutti gli Spaventapasseri insomma erano immobili e senza vita, incappucciati di neve gelida…

– Bellondina, rispondimi, ti prego! – supplicò Gellindo ai piedi della sua spaventapasseri preferita. – E anche tu, Pa ciocco, svegliati, ché an-diamo a far colazione alla latteria di Casoletta!

Rosso-Giallo-Verde, il vigile urbano del Villaggio con tanto di berretto a visiera in testa e fischietto al collo, era piantato al centro dell’incrocio

principale con le braccia stecchite verso l’alto, come se fino all’ulti-mo istante avesse provato a dirigere il traffico dei passerotti più

coraggiosi che stavano volando via.Dormivano tutti un sonno innaturale, il sonno del freddo,

il sonno che non fa bene, il sonno che non fa riposare!“E adesso cosa faccio? – si disse il nostro amico, tro-

vando rifugio nella chiesetta di Din Dòndolo, lo spaven-tapasseri sacrestano. – Da solo e intirizzito dal freddo, non riuscirò mai a risvegliare i miei amici e a riportarli

in vita. Devo trovare qualcuno che mi aiuti… la talpa meleSenda! È l’unica che può darmi una mano ed è proprio

quel che farò: andrò a cercarla, dovessi scendere fino al centro della Terra!”.

Gellindo diede un’ultima occhiata al Villaggio dei suoi amici, si allungò ad accarezzare i capelli neri a boccoli di Bellondina e scappò via per non scoppiare a piangere.

La talpa MelesendaÈ proprio buio, sapete?, il regno delle talpe: buio sopra e buio sotto,

buio davanti e buio dietro, se non fosse per i camini che dall’alto lascia-no penetrare qui e là coni di luce abbagliante e, in quell’inverno strano, anche aria fredda, gelata!

Ma non è il buio e nemmeno il freddo il pericolo più grosso: il fatto è che là sotto non ci sono solo le talpe, a scavare lunghi cunicoli. Trovia-mo anche topi di montagna e marmotte, vecchie volpi sempre affamate

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ed ermellini dal manto prezioso e bello, che creano un intrico di buchi e gallerie, passaggi sotterranei e improvvise enormi caverne in cui è facile perdersi. E se uno non trova più la strada del ritorno, là sotto, è veramente finita. Per sempre!

Gellindo Ghiandedoro, però, è uno scoiattolo furbacchione, ormai l’abbiamo capito tutti: prima di affrontare quell’avventura sotterranea alla ricerca della talpa Melesenda, passò dalla sua tana, recuperò tutti i gomitoli di filo che aveva in casa e li legò uno all’altro fino a ricavarne una palla sola e bella grossa. Un capo, poi, lo legò a un chiodo piantato davanti all’ingresso principale della tana di Melesenda e srotolò tut-to il resto via via che scendeva sempre più nelle viscere di quel labirinto enorme!

Camminò per ore e ore, Gellindo, sempre più stanco, sem-pre più triste, sempre più agitato in quella confusione di passaggi sotterranei, ma anche sempre meno raffreddato a mano a mano che scendeva verso il basso. Anzi, a un certo punto si tolse una coperta, poco dopo anche la seconda e infine rimase solo con una sciarpa di lana gialla attorno al collo. Quella se la tenne stretta perché, se fosse finito il gomitolo, avrebbe usato il filo di lana della sciarpa, per con-tinuare la ricerca! Ma non ce ne fu bisogno, perché dopo un po’ gli parve di sentire il flebile rumore di qualcuno che russava sottovoce…

Rooonnnn… bzzzz… Rooonnnn… bzzzz…Gellindo riacquistò fiducia e andò in direzione di quel rumore lontano:

continuando a camminare, il sibilo divenne più forte…Rooonnnn… bzzzz… Rooonnnn… bzzzz……e infine assordante come una sega elettrica al lavoro nel bosco!Rooonnnn… bzzzz… Rooonnnn… bzzzz…Aveva trovato la talpa Melesenda!Se ne stava rannicchiata nell’incavo di un cunicolo, la poverina, con

le zampette sugli occhi e una copertina sdrucita addosso, per non spor-carsi di terra.

– Mele! mele! MELEEEE, svégliati, forza! – si mise a sbraitare lo scoiattolo, scuotendo a lungo la povera talpa, che…

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– Mmmm… uaaaauuummmm! Si può sapere chi è venuto a svegliarmi fin qui?

Due occhietti di talpa chiusi a fessura guardavano nel buio, ma fu solo quando Melesenda allungò le zampe per toccare il nuovo venuto, che finalmente indovinarono chi fosse.

– Questa… questa coda vaporosa io la conosco! Non può essere che… la coda di Gellindo! Sei tu, Gellindo?

– Certo, Mele, e meno male che ti sei svegliata!– Già, perché non mi hai lasciato dormire? Sapessi quanto ho impie-

gato, quest’inverno, a prendere sonno…– Il freddo, vero?– Il freddo? Il gelo, vorrai dire! Il gelo che non ti lascia re-

spirare, che ti fa male ai polmoni, che ti rovina gli occhi… e i miei sono già deboli per natura! Il gelo che ti addormenta, che ti porta nel mondo dei sogni bianchi… Insomma: ho dovuto scendere giù giù, ben sotto le cantine della mia tana, per trovare un po’ di tiepido! Ma tu, che ci fai qui?

– Sono in cerca di aiuto: su, di sopra, si è ghiacciata ogni cosa e tutti i nostri amici sono stati trasformati in tante statue di ghiaccio. Io, da solo, non ce la faccio a risvegliarli e tu sei l’unica che può darmi una mano…

Melesenda rimase a lungo in silenzio, valutando attentamente la situazione. Gellindo era un suo caro amico, e così anche gli altri abitanti del Bosco delle Venti Querce e gli spaventapasseri del vicino Villaggio. Ma loro due, da soli e con le loro forze, avrebbero potuto far ben poco per risolvere il problema. Bisognava assolutamente cercare altri aiuti, bisognava essere in tanti e questo significava faticare al di là di ogni previsione.

– Vedi, Gellindo, la mia Nonna Talpa, benedetta lei, me lo diceva sempre: quando ti trovi di fronte a un problema difficile, hai tre strade da scegliere. Uno: puoi fare a finta che il problema non ci sia e andartene da un’altra parte come se nulla fosse successo, ma questa non è la soluzione che fa per noi. Due: puoi piegare la schiena, abbassare la testa, stringere i pugni e andare da solo contro il problema, ma il più delle volte ti fai del male, perché quell’altro può essere più forte di te…

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– E la terza strada? – chiese Gellindo.– La terza soluzione di Nonna Talpa è cercare tutti gli amici che hai,

unire le forze e trovare assieme il rimedio per risolvere quel problema!– Già – obiettò lo scoiattolo, – però i nostri amici sono qui sopra, tante

belle statue ghiacciate ferme, immobili e silenziose!– Vorrà dire che noi, per svegliare gli amici gelati, andremo a cercare

tutti quelli che sono riusciti a farla franca! Che ce l’hanno fatta a sfuggire a questo freddo terribile… Sarà lungo e faticoso, ma alla fine sono certa che ce la faremo!

Non esistevano alternative, Gellindo lo sapeva bene: non gli restava che dar ragione a Melesenda e mettersi subito in caccia. Mille av-

venture e mille pericoli lo attendevano: li avrebbe affrontati tutti a muso aperto, pur di riportare in vita i suoi amici del Bosco e del Villaggio. Perciò, era meglio non perdere altro tempo…

– Mele, io sono pronto. Andiamo!

Il viaggioPer prima cosa si divisero i compiti.

– Visto che io qui sotto ci vedo bene – disse talpa Melesenda, – rimarrò qua e andrò a cercare tutti gli abitanti del sotto-terra.

Tu, invece, prenderai quel cunicolo laggiù a destra e lo percorrerai interamente, fino in fondo. Ci impiegherai più di tre giorni e tre notti,

ma quando riemergerai alla luce del sole, ti ritroverai su un’isola dal cli-ma tiepido, dove passano l’inverno tutti i nostri amici uccelli migratori. Laggiù ci saranno anche l’aquila Cassandra, l’oca Bernardina, l’anatra Sil vana… Convincile a rientrare a casa prima del tempo e se tutto andrà bene ci ritroveremo qui, esattamente fra sei giorni a mezzogiorno in pun-to, ai piedi della tua tana al Bosco delle Venti Querce. E speriamo che la fortuna ci sia amica!

Gellindo procedette per ore e ore col cuore in gola e cento pensieri che si azzuffavano in testa: il buio del cunicolo, l’odore umido della terra scavata, i rumori misteriosi che lo inseguivano alle spalle… Fin che ne ebbe le forze, corse come uno scoiattolo terrorizzato; quando le energie lo abbandonarono, si sedette in uno slargo della galleria per

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tirare il fiato… – Ciao, scoiattolo – sussurrò una voce misteriosa alla sua destra. Gel-

lindo si girò e vide una grossa marmotta addormentata. – Ciao… ehm!… marmotta – balbettò Gellindo, che solo allora sentì

nell’aria una puzza leggera che non era odore di terra. – Ti ho forse svegliata?

– Nooo, fa niente – rispose con un sorriso quell’altra, – anche perché il tuo arrivo mi era stato preannunciato, sai?

– E si può sapere come fai a essere così ben informata? – Oh, quaggiù si sa tutto di tutti, caro mio! Nel buio le notizie

corrono veloci… Comunque, se vuoi arrivare alla fine della galleria, avrai bisogno di queste... – concluse la grossa mar-

motta, passandogli un mazzo di radici. – Sono radici dolci ed energetiche: danno forza e ti aiuteranno a vedere nel buio… Sono le radici della quercia nella quale abiti, caro Gellindo: radici di casa, insomma, e perciò magiche e ancora più nutrienti…

– Ti ringrazio, ma… tu come ti chiami?– Mi chiamano tutti Marmotta e tu sei il primo che mi

chiede il nome. Perciò sei il primo a sapere che mi chiamo Puzzetta, Marmotta Puz zetta… e che non ti venga in mente di

chiedermi da dove viene questo nome, va bene? Sarà comunque un nome che ti porterà fortuna… Buon viaggio e buonanotte! – Mar-

motta Puzzetta fece una pernacchietta, chiuse gli occhi, si riaddormentò di colpo e riprese subito a russare felice!

Il viaggio fu ancora lungo, ma grazie alle radici della sua quercia, adesso Gellindo si sentiva più forte e sicuro di prima. Almeno fino a quando non si trovò davanti a un bivio. Anzi, a un “trivio”! All’im-provviso il cunicolo si divideva in tre gallerie più piccole, una girava leggermente a sinistra, l’altra appena a destra, mentre la terza proseguiva diritta dinnanzi a lui.

– E adesso quale strada scelgo? – mormorò Gellindo con un groppo in gola, esplorando con gli occhi la penombra dei tre cunicoli.

Fu il suo naso, quella volta, a venirgli in aiuto: “Puzzetta sarà un nome che ti porterà fortuna” gli aveva detto qualche ora prima la marmotta, e

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infatti Gellindo spinse la punta del naso ben dentro all’imbocco di sinistra e annusò: niente, da lì non veniva nessun odore. Poi provò in quello al centro: anche lì l’aria era senza odori particolari, aria tiepida, aria pulita, ma anche aria senza uscita! Quando, invece, si spinse nell’imbocco di destra, venne investito da una puzza di mare, di salsedine, di piante e di legno marcio…

– Ecco quale strada devo scegliere! Qui a destra arriverò senz’altro sull’isola calda del Sud!

Camminò e corse per altri due giorni e due notti, riposando solo quando non ce la faceva più a continuare. Non incontrò anima viva, anzi: sem-brava che quella parte di cunicolo fosse deserta da chissà quante generazioni di talpe! La sua coda s’impigliava sempre più spesso nei fasci di radici che piovevano dal soffitto, mentre a terra pezzi di legno, sassi e buche rallentavano la corsa.

Ma alla fine, passate tre giornate intere in viaggio, sbucò su una bella spiaggia!

L’altra parte del mondoVi lascio immaginare la gioia con cui Gellindo rivide il

sole, la luce del giorno, i colori del mare, della sabbia, degli alberi lungo la riva, i gabbiani che volavano in cielo... E faceva caldo, per giunta! Un caldo torrido che però gli fece bene: gli asciugò il pelo della coda e del ciuffo, gli ammorbidì i muscoli e guarì all’istante le ossa malate.

– Ah, questa sì che è vita! – sospirò lo scoiattolo, addentando affamato la noce di cocco che era caduta da una palma spaccandosi ai suoi piedi. – Mmmm, che delizia… Ancora, ancora... ne voglio ancora!

– Toh, guarda chi si vede! – esclamò Cassandra, l’aquila reale, atter-rando sulla spiaggia proprio accanto a Gellindo. – Che ci fai, da queste parti? Mai conosciuto, in vita mia, uno scoiattolo “migratore”…

– Ciao, Cassandra – rispose Gellindo, che con un tuffo al cuore si ricordò il motivo per cui era giunto fin lì. E che non era senz’altro quello di abbuffarsi di noce di cocco! – Ciao, sono arrivato fino alla tua isola per chiedere a te e a tutti gli altri un grande aiuto!

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– Di solito quando tu mi chiedi aiuto, è perché all’orizzonte c’è sempre qualche guaio, vero?

– È vero, guai grossi, questa volta, ma non per colpa mia! Guai ter-ribili mi hanno spinto fin quaggiù: ho camminato tre giorni e tre notti sotto terra per venire a chiederti di tornare subito a casa… E lo chiedo a te, Cassandra, ma anche all’oca Bernardina, all’anatra Silvana e a tutti quelli che vorranno venire con me…

– A fare cosa? Non è ancora il momento di tornare verso Nord!– A salvare i nostri amici animali del Bosco delle Venti Querce e gli

spaventapasseri del Villaggio!– Perché? Cos’è successo? – domandò Bernardina, un’oca

elegante e ben pasciuta che stava ascoltando poco lontano.– È successo che voi uccelli migratori ve ne siete andati

come sempre per passare l’inverno qui al caldo; anche tu, Cassandra, quest’anno hai preferito fare un lungo viaggio per sopravvivere al freddo intenso scoppiato al Nord. Gli altri no: non hanno potuto andarsene e sono rimasti vittime di un gelo terribile, spaventoso!

– E noi che possiamo fare? – domandò l’anatra Silvana, sguazzando in una pozza d’acqua che si era aperta sulla spiaggia.

– Potete tornare con me, anzi: dovete tornare con me su, alla Valle di Risparmiolandia, perché solo se saremo in molti riusciremo a far tornare in vita gli animali e gli spaventapasseri nostri amici. Ma dovremo essere moltissimi!

Cassandra guardò Gellindo, poi l’oca Bernardina, l’anatra Silvana e poi sé stessa.

– Se non sbaglio, noi siamo in quattro. Come possiamo fare, in quattro, a sconfiggere il freddo di quest’inverno?

– Voi senz’altro conoscerete tanti altri uccelli migratori che svernano qui! – alzò la voce Gellindo per essere più convincente. – Ci sono cor-morani e garzette, aironi e rondini, cigni, germani e gru… Forza: andate a chiamarli e speriamo che vengano con noi!

Non ci fu un solo uccello che esitò, che ci pensò sopra o che chiese tempo per decidere: tutti, ma proprio tutti risposero gracchiando, pigo-

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lando e zufolando all’invito di Cassandra, di Bernardina e di Silvana. Gellindo allora s’aggrappò alla schiena dell’aquila reale e un enorme stormo multicolore s’alzò in volo, dirigendosi deciso e sicuro verso Nord. In direzione del freddo polare!

Amici tutti assiemeA mezzodì del sesto giorno, il bianco gelido del cielo sopra la Valle di Risparmiolandia venne percorso da un gigantesco stormo proveniente

da Sud, che sorvolò il Villaggio degli Spaventapasseri cristallizzato nel ghiaccio e atterrò al centro dell’immenso prato che si apriva

nel cuore del Bosco delle Venti Querce, proprio davanti alla vecchia quercia dello scoiattolo Gellindo Ghiandedoro.

Lì, ad attendere i nuovi venuti, c’era la talpa Melesen-da, a sua volta accompagnata da tutti, ma proprio tutti gli abitanti del sottosuolo: c’erano infatti le marmotte con Puzzetta in testa e i grossi topi di campagna; c’erano volpi ed ermellini, castori, lepri e conigli selvatici, ma anche

insetti e bisce innocue, lombrichi e grosse formiche…– Adesso che ci siamo ritrovati – disse Gellindo, – avremo

la forza di sconfiggere questo gelo e così potremo riportare in vita tutti i nostri amici…

– Però essere in tanti è troppo poco – obiettò la talpa Melesenda. – D’accordo, il numero è importante, ma ora dobbiamo trovare il modo per aiutarli!

– È vero, ma la fantasia non ci manca, vero amici? – esclamò l’aquila Cassandra sbattendo le lunghe ali…

Fu così che gli ermellini e i castori, le volpi e i conigli selvatici corsero al Villaggio degli Spaventapasseri e saltarono letteralmente addosso agli spaventapasseri ghiacciati, che se ne stavano fermi immobili ciascuno al suo posto.

Bellondina si risvegliò di lì a un paio d’ore, quasi soffocata da una folta pelliccia di volpi. Naturalmente vive!

Casoletta, quando riaprì gli occhi e s’accorse del vestito che indossava, si pavoneggiò a lungo in una stupenda pelliccia di ermellini morbidi e

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caldi, ma soprattutto vivi!I conigli selvatici, a coppie, pensarono alle mani intirizzite di Passion

di Fiaba, di Guardostorto e di tutti gli altri spaventapasseri. I topi di campagna unirono le loro forze e scaldarono Candeloro e

Chiomadoro facendoli tornare in vita…Se fino a un paio d’ore prima il Villaggio dormiva un sonno silenzioso

avvolto nel gelo profondo, adesso la vita brulicava in ogni angolo e in ogni orto.

La latteria venne riaperta e Casoletta, aiutata da Marmotta Puzzetta, si diede da fare a preparare tazze latte caldo e di thè bollente per tutti.

Din Dondolo corse a suonare le campane per invitare tutti a far festa.

Candeloro, circondato da mille e mille topolini, invitò Chiomadoro a ballare al suono della chitarra dello spaven-tapasseri Si Bemolle, sconfiggendo in modo definitivo gli effetti del grande gelo!

Pagliafresca si riscaldò stringendo tra le mani il fornello della sua pipa finta in vero legno di ciliegio, e il calore lo

sentì per davvero!Lingualunga coccolava sorridendo i venti castori che gli

facevan da pelliccia, divertendosi a dare un nome a ciascuno di loro: “Tu ti chiami Caldonio, tu Carbonetto e tu Brilla fuoco; a te

invece do il nome di Tiepidino, a te di Scaldaletto e tu, castorina, la più piccola di tutte, ti chiamerai Favilla!

E il Bosco delle Venti Querce?Lassù fu più difficile riportare la situazione a una temperatura normale,

ma alla fine gli uccelli migratori riuscirono nell’intento.Gli aironi si dedicarono ai camosci e ai caprioli, realizzando per loro

coperte di piume finissime e calde.Le oche e le anatre fecero una gran palla di penne e di piume acco-

glienti e riportarono in vita la povera civetta Brigida.I cormorani e i cigni, le rondini e i germani regalarono invece a ognuna

delle venti querce una piccola montagna di soffice piumaggio, con cui i passerotti si costruirono tanti bei nidi vaporosi e tiepidi…

Bisce e lombrichi, invece, assieme a cavallette, formiche e grilli, piano

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piano ripulirono il bosco dai rami caduti sotto al peso della neve e del ghiaccio: e anche il loro fu un contributo piccolo, ma importante!

EpilogoQuella sera Gellindo si ritrovò nella sua tana, scavata nel tronco dell’al-bero più vecchio del Bosco delle Venti Querce, sudato di fatica e agitato per l’emozione, a guardar fuori dalla finestra aperta con una gran voglia di raccontare a tutti quella giornata straordinaria.

Un frullo d’ali lo riscosse e lo riportò alla realtà. – Nella confusione di oggi mi sono dimenticata di ringraziarti, Gellindo – esclamò la civetta Brigida, che era ben sveglia e

pronta a ricominciare una lunga notte di lavoro. – Senza di te chissà cosa chissà cosa sarebbe successo, di noi… chissà come sarebbe andata a finire!

plink!– Io ho fatto ben poco, sai? Ho solo corso come un

matto sottoterra, ma sono stati gli altri a fare il più del lavoro.

plink! plink!– Eh no, caro mio! – rispose la civetta. – Mentre tutti se

ne stavano o intrappolati nel ghiaccio o spaparanzati in spiaggia giù, al Sud, tu e Melesenda siete andati in cerca di aiuto. È mica

poco, sai?plink! plink! plink!– Ehi, ma da dove vengono queste gocce d’acqua che mi bagnano le

piume?! – si lamentò Brigida scrollando le ali. – Cosa stavo dicendo? Ah, sì: siete stati bravissimi, tu e quella talpa. Di te lo sapevo già, ma dovrò invece ricredermi su Melesenda: magari ci vede poco e abita sempre al buio sotto terra, ma bisogna dire che ha il cuore grande come quello di una quercia!

plink! plink! plink! plink!– Ehilà, ma qui sta… piovendo! – urlarono in coro Gellindo e Bri-

gida.plink! plink! plink! plink! plink! plink…

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Proprio così, cari miei: sarà stato tutto quel tepore di piume e di pel-licce, oppure il calore di un’amicizia sincera, fatto sta che fin da quella sera il ghiaccio cominciò a sciogliersi e il freddo a diminuire.

Di lì a qualche giorno la Valle di Risparmiolandia tornò a risplendere in tutta la sua bellezza e la vita riprese a scorrere come sempre, nel Vil-laggio degli Spaventapasseri e nel Bosco delle Venti Querce, sotto un sole sorridente e soddisfatto. Perché quando ci si dà tutti una mano per raggiungere lo stesso obiettivo, il risultato non può che essere… tempo bello e soleggiato!

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fine della terza puntata(nella prossima puntata

“Gellindo Ghiandedoro e la quercia generosa”)

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“Chi più spende, meno spende”: nel senso che talvolta un acquisto troppo vantaggioso può dimostrarsi un cattivo affare

Cooperare:stare e fare insieme

Andando indietro nel tempo, alla sto-ria dei nonni dei vostri nonni, verso la metà dell’Ottocento, quando molta parte della popolazione contadina eu-ropea viveva nella miseria a causa del diffondersi della civiltà industriale, in una cittadina dell’Inghilterra, Roch-dale vicino a Man chester, importante centro di produzione del cotone, si diede vita alla prima Cooperativa di consumo, che forniva ai propri soci gli alimenti di prima necessità – come zucchero, farina, olio… – ma a prezzi molto bassi. Se in Italia la prima Cooperativa di consumo viene creata a Torino nel 1854, in Trentino ciò avviene nel 1890. Per aiutare in modo concreto la po-polazione intristita dalla povertà, don

Lorenzo Guetti, sacerdote che viveva nel Lomaso (Valli Giudicarie), fonda a Santa Croce del Bleggio la prima Cooperativa di consumo, che prende il nome di Famiglia Cooperativa. I modelli a cui s’ispirava, validi anche oggi, erano infatti i valori della fami-glia, dello stare insieme per vivere meglio: i prodotti venivano acquistati direttamente rivolgendosi al produt-tore (ad esempio, le patate dal con-tadino) e rivenduti senza speculare, quindi a prezzi più bassi rispetto ad altri negozi.Ben presto, come quando si versa dell’acqua sul tavolo, le Cooperative di consumo, agricole o di credito si diffondono quasi in ogni paese del Trentino; la prima Cooperativa di credito, chiamata Cassa Rurale, viene crea ta nel 1892 a Quadra, paese del Bleggio Inferiore sempre nelle Giu-di carie.

(Soluzione: Famiglia Cooperativa)

Rebus: sono due le parole che formano questa frase illustrata, prova a scoprirle.

3. Cooperazione e società cooperative

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“Chi più spende, meno spende”: nel senso che talvolta un acquisto troppo vantaggioso può dimostrarsi un cattivo affare

Le cooperativecrescono

Per crescere forti e cementare così una vicendevole collaborazione, le singole cooperative si riunirono in organismi superiori, chiamati anche consorzi di secondo grado. Sono molti, oggi, questi raggruppamenti di cooperative. Ad esempio, nel 1895 viene fondata la Federazione dei Consorzi Coope-rativi, oggi col nome di Federazione Trentina della Cooperazione. E con il medesimo obiettivo fu creato nel

1898 il Banco di San Vigilio, che serviva da Cassa Centrale delle Casse Rurali, poi sostituito dalla Banca Cat-tolica Trentina e, nel 1974, dall’attua-le Cassa Centrale delle Casse Rurali Trentine. Continuando, scopriamo così che il SAIT – supermercato che certo avrete già incontrato – venne fonda-to nel 1899 per essere il magazzino centrale, il Consorzio delle Famiglie Cooperative; il nome per esteso è Sin-dacato Agricolo Industriale Trento, e si pubblicizzava con il motto “da consumatori a produttori”.

Collaborazionetra animali

Anche tra gli animali esistono delle specie di cooperative. Prova a pen-sare ad esempio al mondo delle api, una grande cooperativa all’interno della quale esistono le specializ-zazioni (api operaie, rac coglitrici, guardiane…), e a quello delle for-miche: nel formicaio tutte, ognuna col proprio ruolo, collaborano per il bene comune. Una forma di coope-razione è anche quella stabilita dai lupi quando cacciano in branco; dai pesci quando si muovono tutti uniti per sembrare un unico grande pesce e non quindi una piccola preda; da-gli uccelli quando volano in stormo aiutandosi così reciprocamente a non perdere la rotta.Forse non sapete che la mamma

delfino viene assistita da un’altra femmina al momento del parto: è lei a spingere il cucciolo appena nato in superficie per farlo respirare. Pure tra gli elefanti, le femmine riunite in “società matriarcali” si aiutano difendendo ad esempio chi tra loro è ammalato o ferito e non lasciando solo chi ormai, troppo anziano, sta per morire. Anche questi sono modi di collaborare per il bene del gruppo e non per quello personale.

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Valori...non solo in denaro

Come le case, anche la società coo-perativa ha le sue fondamenta: que-ste sono costituite dai principi della solidarietà e dell’insegnamento del Vangelo, per far sì che gli uomini – non importa se ricchi o poveri – col-laborino tra loro, portando aiuto alle categorie di lavoro più bisognose. E sono gli stessi valori che oggi ven-gono rispettati nei vari tipi di coope-rative – quelle impegnate nell’agri-coltura, nell’edilizia, nello sport… – società cioè di persone riunite per soddisfare un bisogno comune e non un guadagno personale, perché co-munque i guadagni vengono destinati allo sviluppo della cooperazione e a

vantaggio di tutti i soci senza torteg-giare nessuno. La Federazione Trentina della Coopera-zione, che ha sede a Trento, raggruppan-do ben 550 cooperative è ad esempio impegnata anche nel far conoscere tra i giovani gli ideali della cooperazione, ma pure a custodire questo importante bagaglio della storia della solidarietà sociale del popolo trentino.

I vocaboli della Cooperazione

Mutualità: aiuto reciproco. Il socio, ad esempio, ha diritto a prestiti in denaro vantaggiosi presso una Cassa Rurale, oppure di fare acquisti presso una Cooperativa di consumo con la garanzia della qualità ma a prezzi inferiori rispetto ad altri negozi.Porta aperta: il socio può entrare e uscire dalla cooperativa purché ne rispetti le regole.Ristorno: alla fine dell’anno i soldi guadagnati dalla cooperativa vengono di-stribuiti tra i soci in base al loro impegno e partecipazione nel far guadagnare la cooperativa stessa.Speculazione: acquisto o vendita di qualcosa in tempi opportuni per trarne vantaggio, ovvero si sfrutta una situazione sfavorevole ad altri per avere un vantaggio proprio, in particolare economico. È un’azione contraria ai principi della cooperazione.Uguaglianza: tutti i soci hanno uguali diritti nella partecipazione alla cooperativa, perché questa si basa sulla democrazia; ad ogni socio corrisponde un voto.Valorizzazione: tutti i soci, anche i portatori di handicap, trovano in una coope-rativa il modo di valorizzare i propri talenti.

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3. Cooperazione e società cooperative

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Quanti tipidi cooperative esistono?

È dunque più di un secolo che in Italia, come in Trentino, esistono le cooperative e, nel frattempo, sono diventate davvero tante, coinvol-gendo diversi aspetti della società. Le più diffuse sono le Cooperative di con sumo, distribuite tra Famiglie Cooperative (chiamate così solamen-te in Trentino), SAIT e Superstore, quest’ultimo un “mega” supermercato dove sicuramente anche a te piace fare la spesa. Al secondo posto come distribuzione sul territorio trentino ci sono le Cooperative di credito: sono le banche che vedi con la scritta Cassa Rurale, ma di loro Gellindo ti parlerà

nella prossima storia.“Melinda”, “La Trentina” sono nomi che senz’altro avrai già letto, magari nella pubblicità, riferiti alla mele del Trentino; si tratta di Consorzi che rag-gruppano Cooperative ortofrutticole, così come “Cavit” è un Consorzio vitivinicolo che raggruppa molte Cantine sociali. Quando la mattina fai colazione con la tua bella tazza di latte, pensa che anche questo dolce “oro bianco” è frutto di cooperative: prima di quelle degli Allevatori Provinciali (vacche da latte), poi dei Caseifici Sociali. Anche il formaggio grana tren tino, che ti grattugi sulla pastasciutta, è pro-dotto da un Consorzio che si chiama Concast-Trentingrana.

Si prendono 4 mele ben sode, meglio se Golden delicious; si taglia in oriz-zontale la parte alta e si toglie il torsolo allargando la cavità. Si riempie il buco con un impasto fatto di ricotta fresca, cannella, uva sultanina precedentemente ammorbidita nell’acqua, buccia di arancia grattugiata, qualche candito e zucchero. Si coprono le mele con il loro “coperchietto” e le si pone in una pirofila coprendole di zucchero e qualche fiocchetto di burro. Si cuociono a forno caldo fino a quando diventano dorate, evitando che si rompa la buccia.

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Un dolce...“cooperativo”

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...e altre ancora!

Quando sarai più grande, forse ti interesserà sapere che puoi iscriverti a una cooperativa se vuoi fare la guida turistica, oppure organizzare manifestazioni culturali e concerti musicali o, ancora, catalogare i libri di una biblioteca, recitare in una com-pagnia teatrale. Ma non ci sono solo le Cooperative culturali, turistiche e sportive… Anche le Cooperative sociali possono offrirti altrettanta soddisfazione; in

queste associazioni, infatti, aiuterai i ragazzi disabili a vivere nel modo più “normale” possibile, affinché anche loro possano giocare, studiare, lavora-re, oppure potrai fare compagnia agli anziani perché non si sentano inutili e abbandonati.Il mondo dell’Università ma anche quello che gira attorno alla Comunità Europea – come ad esempio la difesa dell’ambiente – sono i settori dei quali si occupa l’Associazione Giovani Cooperatori Trentini (AGCT) fondata nel 1969.

Usa colori di fantasia e personalizza questi marchi di Consorzi di cooperative

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3. Cooperazione e società cooperative

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Ci uniamo in cooperativascolastica

Potrebbe diventare un’esperienza davvero emozionante quella di creare anche a scuola – tra i tuoi compagni e quelli di altre classi, insieme a inse-gnanti e genitori – una cooperativa. Dal 1995, infatti, in Italia esiste l’As-sociazione Cooperativa Scolastica, dalla sigla ACS, una realtà che in Trentino fa parte della Federazione Trentina della Cooperazione.Potresti così sperimentare i principi della partecipazione democratica, dell’importanza del lavoro di gruppo, della solidarietà e delle reciproche re-sponsabilità, applicati alle varie attività scolastiche e ai progetti che ne possono nascere, come la creazione di un gior-nalino della scuola, di un “mercatino

solidale”, di un’iniziativa ecologica. È bello pensare che i guadagni prodotti potrebbero servire ad acquistare qual-cosa che manca alla tua scuola, oppu-re a dare un contributo al di fuori della scuola, magari a qualche associazione che aiuta chi è più povero.

Le “persone” della cooperativa

Soci: tutti possono diventare soci di una cooperativa, pagando

una quota d’ingresso molto bassa.

Assemblea dei soci: è l’organo più importante; per votazione – “una testa un voto” – decide “il da farsi”, nomina i vari rappresentanti delle cariche e ne stabili-

sce i compensi.

Consiglio di Amministrazione:formato dal presidente e dai consiglieri,

amministra la cooperativa.PReSidenzA

Collegio Probiviri: risolve eventuali litigi all’interno della cooperativa; non è un

organo obbligatorio.

Collegio Sindacale: controlla che l’amministrazione sia corretta;

rimane in carica tre anni.

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