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FULVIO GROSSO Il CAMMINO di SANTIAGO PICCOLA-GUIDA-RAGIONATA al Cammino Francese ValDan

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FULVIO GROSSO

Il CAMMINO

di

SANTIAGO

PICCOLA-GUIDA-RAGIONATA al Cammino Francese

ValDan

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Copyright

Titolo del libro: Il Cammino di Santiago. Piccola Guida Ragionata

Autore: Fulvio Grosso

© 2011, Fulvio Grosso

www.fulgro.altervista.org

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Cinque anatre andavano a sud,

forse una soltanto vedremo arrivare,

ma quel suo volo certo vuole dire

che bisognava volare,

che bisognava volare.

(F. Guccini)

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Prefazione

Perché una nuova guida? Ce ne sono già tante

in giro, cosa può aggiungere questa alle

precedenti? Forse nulla, ma mi sono accorto

che quando ho intrapreso l’avventura del

Cammino ho dovuto documentarmi leggendo

guide, articoli e siti internet. Alla fine sono

partito con una serie di fogli che ho tratto da

diverse fonti e che mi sono serviti per

destreggiarmi tra problemi pratici, indicazioni

varie e geografiche. Per cui ho pensato ad una

piccola guida che potesse mettere in

condizione, chiunque volesse, di trovare tutte le

indicazioni che possono servire per partire con

cognizione di causa. Non troverete foto (le

potrete vedere sul mio sito internet

www.fulgro.altervista.org, se lo desiderate), né

cartine (vi consiglio una carta preparata dalla

Michelin, denominata proprio “il Cammino di

Santiago”, veramente ben fatta, formato

“libretto”; con informazioni essenziali: rifugi,

hotel, ristoranti, farmacie e fontane. Con

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indicazione dei chilometri percorsi e quelli da

percorre e, molto importante, l’altimetria).

A chi è indirizzata questa guida? A tutti coloro

che vogliono saperne qualcosa di più sul

Cammino di Santiago e a quelle persone che

intendono provarci. E’ indirizzata poi a quelle

persone che fanno una vita normale di lavoro o

di studio, che conducono una vita non proprio

sedentaria, ma non certo sportiva (io ho fatto

un lavoro impiegatizio tutta la vita) e non

sanno se questa avventura sia alla loro portata o

meno.

Qui troverete informazioni su ciò che vi aspetta

sul Cammino e i link e i siti internet per

approfondire ciò che più vi interessa o è utile.

Ovviamente non si può prescindere dal

conoscere gli aspetti più caratteristici che

contraddistinguono il Cammino di Santiago.

Questa guida è divisa in tre parti: una prima

parte generica, dove si tratta della storia, della

preparazione e di alcuni consigli pratici.

La seconda è un diario che ho redatto durante il

mio Cammino personale; con questo si può

avere un’idea della vita e degli incontri che si

fanno durante questa esperienza.

La terza è una proposta per affrontare il

Cammino in 30 tappe.

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Il Cammino di Santiago

piccola guida ragionata

STORIA / LEGGENDA

San Giacomo (Sant Jago in spagnolo) era uno

dei dodici apostoli, figlio di Zebedeo e Salomè,

nato a Betsaida, fratello di Giovanni

l’evangelista. Secondo i vangeli i due fratelli

erano a pescare sul lago Tiberiade quando

Gesù li chiamò con se. Giacomo rimase con

Gesù durante tutta la sua predicazione e alcuni

episodi dimostrano come fosse uno degli

apostoli più vicini a Gesù. Con Pietro fu

testimone della trasfigurazione di Gesù. Ed era

ancora con lui nell’orto del Getsemani. Subì il

martirio a Gerusalemme dove fu decapitato per

ordine del re Erode Agrippa. Dopo la

decapitazione i suoi discepoli, secondo la

Legenda Aurea, si impadronirono del corpo e

lo traslarono fino nella regione spagnola della

Galizia dove, pare, il santo si fosse recato per

predicare il Vangelo. Qui seppellirono

l’apostolo in un luogo nascosto. Secondo la

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tradizione, un anacoreta di nome Pelayo,

nell’814, in un campo vicino alla città di Iria

Flavia (ora Padron), vide, una notte, delle stelle

cadenti che illuminavano un punto preciso (da

qui il nome di Compostella – Campus-stellae).

Il vescovo Teodomiro si recò sul luogo, dove si

trovavano i resti di una necropoli di epoca

romana, e in una piccola costruzione, secondo

quanto viene tramandato, rinvenne la tomba

dell’Apostolo Giacomo. Da quel momento la

tomba dell’Apostolo Giacomo fu meta di un

pellegrinaggio continuo che ebbe un enorme

sviluppo nel medioevo ma che si è tramandato

sino ai giorni nostri.

Nel luogo del ritrovamento del corpo

dell’Apostolo, Alfonso II fece costruire una

prima chiesa che però risultò subito troppo

piccola e nell’872 Alfonso III fece erigere una

basilica. Dopo la distruzione di Santiago nel

997, ad opera del comandante musulmano

Almanzor (che però risparmiò i resti del santo),

nel 1075 si cominciò a costruire una nuova

basilica. Al maestro Mateo, autore del Portico

della Gloria, nel 1168 fu affidato l’incarico di

concludere i lavori e la cattedrale fu consacrata

nel 1211.

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Purtroppo vi sono altre leggende legate al

nome di Santiago: una leggenda, cara agli

spagnoli, narra che nell’anno 840, dopo che la

Spagna era stata conquistata dai mussulmani.

Gli spagnoli iniziarono la “reconquista” e

durante la battaglia di Clavjio alla testa delle

truppe degli spagnoli apparve un cavaliere, che

tutti riconobbero come l’Apostolo Giacomo.

San Giacomo, su un cavallo bianco lanciò la

carica contro i nemici uccidendoli in grande

quantità. E fu ancora vista questa figura

durante la riconquista di Coimbra nel 1064; da

qui l’appellativo di “matamoros.

Ho scritto prima “purtroppo” perché non credo

che a nessun santo, e tantomeno ad un

apostolo, possa far piacere di essere ricordato

come uccisore di qualcuno, (anche se parliamo

di una persona che, al momento dei fatti, era

morta da più di ottocento anni!), ma questa è la

leggenda.

IL CAMMINO DI SANTIAGO

Come si è detto dal momento del ritrovamento

del corpo di San Giacomo, Santiago divenne

una delle tre mete di pellegrinaggio per i

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cristiani, essendo la seconda città ad avere le

spoglie mortali di un apostolo. Roma con la via

Francigena e Gerusalemme, raggiungibile da

Brindisi via mare, erano le atre due. I pellegrini

nei primi tempi seguivano le strade consolari

romane. Il continuo passaggio di persone

provenienti da varie parti d’Europa e da

tradizioni profondamente diverse ha permesso

alle diverse culture europee di venire in

contatto influenzansi vicendevolmente.

Secondo Goethe “la coscienza d’Europa è nata

sulle vie del pellegrinaggio”.

A seconda della provenienza, le vie verso

Santiago hanno preso diverse denominazioni:

- La via Tolosana, per chi proveniva dal

centro/sud Italia attraverso Arles e Tolosa

attraversando i Pirenei al passo di Somport.

- La via Podense, da Lione e Le Puy-en-Velay

che passava i Pirenei a Roncisvalle

- La via Lemovicense, da Vezelay per

Roncisvalle

- La via Turonense, da Tours per Roncisvalle,

su cui confluivano i pellegrini provenienti dalla

Germania, dai Paesi Bassi e dall’Inghilterra.

Il cammino che passa da Roncisvalle è

chiamato Camino Frances, mentre quello

proveniente da Somport Camino Aragones.

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Vi sono poi le strade che portano dal sud della

Spagna e dal Portogallo.

Quasi tutte le strade si ricongiungono a Puente

la Reina.

In questa guida ci soffermiamo sul Cammino

Francese perché è il più frequentato ed è

certamente quello che mi sento di consigliare.

Sono stati scritti numerosi libri, trattati e guide

sul Cammino, ma il primo trattato, e il più

illustre, è il Liber Sancti Jacobi, scritto intorno

al 1260. Si tratta di un insieme di testi in gloria

di San Giacomo, attribuito dalla tradizione a

Papa Callisto II ed è più conosciuto con il

nome di Codex Calixtinus.

Il Codex è diviso in cinque parti:

1. Anthologia liturgica (himni et homiliae): il

primo volume del Liber è dedicato alla

liturgia del culto.

2. De miraculis Sancti Iacobi: finalizzato alla

devozione del santo, che è stata per secoli

la molla principale al pellegrinaggio.

3. Liber de translatione: in cui si spiega come

il corpo sia arrivato in Galizia.

4. Historia Karoli Magni et Rotholandi: noto

con il titolo di Historia Turpini in quanto

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attribuito a Turpino arcivescovo di Reims.

E’ il libro più conosciuto in quanto in

Europa fu molto di moda il “ciclo

carolingio”, e narra delle gesta di Carlo

Magno.

5. Iter pro peregrinis ad Compostellam: scritto

da un frate di nome Aimery Picaud. Si

tratta della prima vera guida al Cammino di

Santiago, con le indicazioni di tappe, rifugi,

ospedali e stazioni per il cambio dei cavalli.

Sono indicati i luoghi da attraversare ed in

alcuni casi i pericoli che si possono

incontrare.

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Notizie utili e non

PERCHE’ FARE IL CAMMINO?

Questa domanda ve la sentirete porre

innumerevoli volte dal momento in cui

deciderete di intraprendere questo percorso.

Nel medioevo si partiva con uno spirito

religioso che doveva essere veramente radicato,

se si pensa ai pericoli che si potevano correre;

al tempo che si impiegava, perché queste

persone partivano da casa propria a piedi per

arrivare dopo mesi a Santiago e impiegavano

altrettanti mesi per tornare a casa. A noi le cose

sono alquanto facilitate, quasi nessuno parte da

casa propria, ma inizia il Cammino chi a 800

chi a 500 chi a 100 chilometri dalla meta e

torna a casa col treno o con l’aereo. Ho

incontrato persone che erano partite da casa, un

olandese per esempio e uno svizzero, più

numerosi quelli partiti dal centro della Francia

(Puy en Velay), rari quelli che fanno anche il

ritorno, ma ci sono.

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Il problema è che non c’è una risposta unica

alla domanda iniziale. Alcuni fanno il

Cammino per motivi religiosi. Ognuno ha una

sua motivazione personale; molto spesso,

parlando durante il Cammino di questo

argomento con altri pellegrini, non c’è neppure

una risposta. Tutte le persone con cui ho

parlato, da qualsiasi nazione provenissero, non

avevano una motivazione chiara, ma avevano

la certezza che era ciò che desideravano fare.

Per quanto mi riguarda posso dire che prima di

partire avevo la certezza che dovevo fare

questa esperienza e una volta terminato il

Cammino ho avuto la conferma che bisognava

farlo.

DA DOVE SI PARTE - IL VIAGGIO

Il Cammino non è una gara, nessuno

controllerà il tuo percorso né il tempo che hai

impiegato. Nessuno sindacherà sulla tua

decisione di partire da un punto piuttosto che

da un altro. Tutto dipende da te, dalla tua

voglia e dal tempo che puoi dedicare a questa

tua decisione.

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Il Cammino che prendiamo in considerazione

in questa guida è quello detto “Francese”, è il

Cammino che storicamente veniva percorso

dalle genti di tutta Europa ad esclusione di

quasi tutti gli spagnoli e i portoghesi per ovvi

motivi geografici.

Il Cammino francese è il più frequentato ed è

anche quello con le maggiori strutture dedicate

ai pellegrini che lo percorrono.

L’inizio di questo cammino è a Saint Jean Pied

de Port, un piccolo paese della regione Basca

francese. Molti preferiscono partire da

Roncesvalles (Roncisvalle), perché temono la

prima tappa in quanto è veramente una delle

più dure (anche se, come si vedrà in questa

guida, è possibile, se lo si desidera, affrontarla

senza troppi problemi). Partendo dalla Francia

il Cammino è lungo circa 800 Km. Ho scritto

“circa” perché lungo il cammino vi sono

diverse varianti che possono allungare più o

meno le distanze.

Come detto più sopra, ovviamente si può

partire da dove si vuole; c’è chi parte da

Burgos, chi da Leon. La maggior parte di

coloro che lo percorrono, parte da Sarria che è

a circa 120 km da Santiago; questo per poter

ricevere, all’arrivo, la Compostella.

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Per arrivare a Saint Jean Pied de Port quasi

tutti preferiscono prendere il treno che passa da

Ventimiglia fino a Nizza e di qui un treno che

porta a Bajonne ed infine un altro, per l’ultimo

tratto, fino a Saint Jean. In inverno però non vi

sono gli stessi collegamenti, per cui bisognerà

fare un tragitto con vari treni. Oppure prendere

un aereo per Pau e di lì il treno. O ancora un

aereo per Saragozza e di lì, con vari pullman, si

può arrivare a Roncisvalle e da qui, in taxi fino

a Saint Jean Pied de Port.

Per quanto riguarda le linee ferroviarie e gli

orari, interessante è il sito

www.trenoproblem.it in cui trovate tutte le

indicazioni sui treni in Europa, linee e orari.

Purtroppo nessun sito vi saprà dare il prezzo

della tratta che desiderate percorrere.

Sappiate che il treno è il mezzo più caro sia per

arrivare in Spagna che per muoversi

all’interno. Se cercate bene potrete trovare un

passaggio aereo a basso costo.

Il modo meno caro per viaggiare in Spagna è

l’autobus, vi è una rete di linee che vi portano

ovunque. Se dovete raggiungere una località

intermedia del Cammino vi sarà indispensabile

usarne uno. Per questo è utile consultare i

seguenti siti: www.alsa.es –

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www.autobusesjimenez.com -

www.movelia.es –– www.turgalicia.es -

www.vibasa.es.

Se pensate di partire da un punto intermedio

del Cammino è consigliabile, per coloro che

vivono nel nord Italia, il nuovo collegamento

Ryanair tra Bergamo e Santiago, per poi

tornare indietro con un pullman fino al punto in

cui si è deciso di iniziare il cammino.

Le stesse considerazioni si devono fare per il

ritorno. Se si è scelta la Ryanair per il ritorno si

dovrà fare il check-in online (per evitare di

pagare 40 € di supplemento) non prima di

quindici giorni prima del volo, per cui non lo

potete fare a casa, potrete invece farlo negli

albergue in cui spesso vi è internet, a volte

libero, a volte a pagamento.

Tenete presente che a Bergamo Don Lucio

Donghi, che dirige la Casa del Giovane, mette

a disposizione uno spazio di accoglienza,

riposo e ristoro per i pellegrini che devono

partire o che atterrano in quell’aeroporto (il

volo da Santiago arriva alle ore 23) in attesa

della coincidenza per il giorno successivo.

Nello spirito del Cammino un’offerta e una

preghiera saranno sufficienti. Per contattare il

gentile sacerdote [email protected] .

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QUANDO FARE IL CAMMINO

Il Cammino si può fare in qualsiasi momento

dell’anno. Ovviamente la data della partenza

dipende solo da chi parte, dalla disponibilità di

scelta della data e dal tempo che ha a

disposizione.

E’ ovvio che nei mesi di giugno, luglio, agosto

e settembre troverà molta gente (tenete conto

che in certi anni vi sono più di 250.000 persone

che arrivano a Santiago dopo aver effettuato il

pellegrinaggio). Si aggiunga che, com’è ovvio,

d’estate fa molto caldo, anche se per quasi tre

quarti del tragitto il caldo è solitamente secco,

mentre l’ultima parte del Cammino, quella più

vicina all’Atlantico, è più umida. Si dovrà

perciò partire molto presto al mattino per poter

arrivare a fine tappa il più presto possibile,

onde evitare di viaggiare nelle ore più calde. E’

altresì ovvio che si ha meno probabilità di

prendere pioggia.

D’estate sono aperte tutte le strutture ricettive

dedicate ai pellegrini, per cui c’è molta

disponibilità di posti ma anche molto

affollamento e a volte si è costretti a girare per

trovare un posto in cui dormire, oppure è

necessario dormire in qualche luogo di fortuna.

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Negli altri mesi dell’anno vi sono meno

pellegrini sul Cammino, si può camminare per

giornate intere senza vedere nessuno e anche

trovarsi soli negli albergue. Bisogna tenere

conto che molte strutture sono chiuse e che non

sempre si sceglie dove dormire o dove

mangiare, ma semplicemente si va nell’unico

posto aperto. Il tempo è quello che è, si può

trovare molta pioggia e, in qualche caso, anche

neve, ma anche belle giornate di sole. A

differenza che in estate, al mattino non è

necessario partire troppo presto perché si può

tranquillamente camminare per tutto il giorno e

non c’è pericolo di non trovare un posto per

dormire (sempre che vi siate accertati

preventivamente che nel luogo dove intendete

fermarvi vi sia un alloggio).

COME PREPARARSI AL CAMMINO

Abbiamo detto che tutti possono affrontare

questa avventura, che è un pellegrinaggio, ma

essendo una lunga camminata di vari giorni è

necessario prepararsi adeguatamente in modo

da poter partire con una certa tranquillità. Se

non si è degli atleti, è necessario fare un

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minimo di allenamento iniziando

gradatamente, possibilmente almeno due mesi

prima, ma se possibile anche prima. Trovate un

tracciato vicino a casa vostra che vi permetta di

camminare su sterrato, se c’è anche della salita

è meglio. Iniziate camminando un’ora al

giorno, per poi passare a due, fino ad arrivare a

fare quattro ore senza sforzo. Mantenete

nell’ultimo mese un costante allenamento di

almeno tre ore giornaliere. Se potete fate

qualche gita lunga, ma non sforzatevi a fare ciò

che farete nei giorni del Cammino; a mio

parere non è utile stancarsi troppo, si avrà tutto

il tempo per soffrire e non è il caso di

anticiparne l’occasione. Bisogna comunque

sapere che l’allenamento non è paragonabile

allo sforzo che si fa durante i giorni del

pellegrinaggio. Infatti non è usuale fare dai 20

ai 30 chilometri al giorno, per molti giorni

consecutivi, e solo la volontà di andare avanti

permette di proseguire. Se qualcuno fosse

obbligato, certamente troverebbe il modo di

mollare. Il semplice fatto che il Cammino

dipende dalla nostra volontà fa sì che sia

possibile e alla fine fattibile.

Trovate il vostro passo che vi deve portare, in

linea di massima, a fare 4 km all’ora; questo è

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un passo congruo per poter fare tutto il tragitto

in un tempo accettabile. Cercate di avere

un’andatura costante senza accelerazioni.

Questo deve valere per l’allenamento, ma

soprattutto durante il Cammino. Se si cammina

con qualcuno sarà quello che va più veloce che

si adegua al passo di chi va più piano, non

viceversa. Cercare di tenere il passo di chi va

più forte può precludere la vostra possibilità di

arrivare fino in fondo.

Va da sé che l’allenamento deve essere fatto

con l’attrezzatura che si userà in seguito, per

prima cosa le scarpe e le calze, poi gli

indumenti ed infine provate anche lo zaino

carico.

La preparazione deve essere fisica, ma è bene

oltre all’allenamento avere una conoscenza,

almeno parziale, di ciò che vi aspetta. Ho

conosciuto persone sul cammino che

dichiaravano di essere partite da casa senza

sapere cosa li aspettava, non avevano idea di

quale fosse il tragitto che avrebbero percorso,

non conoscevano i luoghi che avrebbero

attraversato, non sapevano quale fosse la meta

della tappa successiva. Questo può andare bene

per chi non ha limiti di tempo e quindi può

decidere di fare tappe di chilometraggi vari,

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senza una chiara idea di quando arriverà a

Santiago.

Se, invece, si ha un tempo non illimitato,

bisogna programmare il viaggio e prevedere

tappe fattibili da chi ha deciso di partire. E’

necessario valutare che vi sono tratti in cui per

15/18 Km non vi sono paesi né luoghi in cui

fermarsi, per cui bisogna preparare il proprio

Cammino in modo da poter arrivare a Santiago

nel tempo che ci si è prefissati.

Sarà utile leggere resoconti di chi ha già fatto il

Cammino, specialmente quelli fatti nel periodo

in cui si presume di partire: in questi racconti si

può capire quali difficoltà, dovute al tempo o

all’afflusso di pellegrini, si incontreranno.

Potete trovare vari diari su questo argomento

nel sito www.pellegrinando.it nella pagina

“contributi dei pellegrini”.

Per chi avesse problemi di schiena che

sconsigliassero il peso dello zaino per lunghi

tragitti, si sappia che è possibile usufruire di un

servizio di trasporto zaini tra una località e

l’altra, permettendo quindi l’opportunità di

affrontare il Cammino senza pesi sulle spalle.

Va da sé che questa opportunità va considerata

solo per coloro che hanno problemi; quando si

cammina verso Santiago, è motivo d’orgoglio

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lo zaino sulle spalle con legata la conchiglia

che vi contraddistingue quale pellegrino. E

utile anche sapere che in qualsiasi località, per

ogni evenienza, è possibile chiamare un taxi e

farsi portare al luogo che si desidera

raggiungere. Questi sono servizi che sono nati

proprio per aiutare i pellegrini in difficoltà

CON CHI FARE IL CAMMINO

Molte persone credono che sia assolutamente

indispensabile andare verso Santiago in

compagnia di qualcuno, amico, conoscente o

anche semplicemente con un interlocutore

trovato su internet. Molte donne, ma anche

molti uomini, temono di affrontare da sole

questa esperienza.

Per prima cosa si deve chiarire che di pericoli

lungo il Cammino non ce ne sono, se non si

pensa al pericolo di attraversare una strada o di

inciampare in uno scalino, cosa che può

capitare sotto casa. Si tenga conto che, come

dice una canzone di Jovanotti “Io lo so che non

sono solo anche quando sono solo”, lungo il

cammino non si è mai soli, anche se spesso si

ha questa sensazione. Anche quando

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all’orizzonte o dietro di te non c’è nessuno, se

ti fermi, prima o poi arriverà certamente un

pellegrino che ti sorriderà.

Io ho fatto il Cammino quasi tutto da solo. Ho

visto molte persone, sia donne che uomini, che

camminavano in solitaria. Ho incontrato anche

gruppi di due persone, donne, uomini o misti.

Ho visto molti aggregarsi durante il viaggio in

tre o quattro e proseguire insieme. A volte si

cammina a gruppi chiacchierando e a volte si

incontrano gruppi di giovani che rallegrano il

tragitto.

Ho incontrato, conosciuto e fatto amicizia con

persone provenienti da ogni parte del mondo e,

quando dico ciò, non sto amplificando i miei

ricordi! Vi basti sapere che ho avuto contatti

con pellegrini provenienti da Francia,

Germania, Olanda, Belgio, Finlandia, Svezia,

Repubblica Ceca, Danimarca, Norvegia,

Austria, Svizzera, Grecia, Portogallo, Canada,

Stati Uniti (Alaska, California), Corea.

Naturalmente ho incontrato anche italiani,

molti spagnoli e altri ancora.

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COME SI VIVE SUL CAMMINO

La mattina vi è fin, dalle prime ore del giorno,

un certo movimento nel rifugio in cui si dorme.

Chi parte molto presto è pregato di cercare di

fare il minor rumore possibile; è già possibile

che qualche “roncador” (russatore) abbia

disturbato il sonno di tutti durante la notte,

quindi abbiate riguardo verso coloro che

intendono partire un po’ più tardi. Si fa

colazione (se l’albergue la offre o se ci si è

premuniti per prepararsela), poi in strada, per

iniziare una giornata di cammino! In estate si

cammina fino alla meta prefissata cercando di

raggiungerla prima che faccia troppo caldo,

mangiando magari un panino che ci si è

preparati o acquistandolo in uno dei numerosi

bar che sono lì ad allettarvi. Nelle altre stagioni

in cui si può viaggiare tutto il giorno si parte

con più calma e ci si ferma per uno spuntino a

metà giornata, per poi proseguire sino alla meta

del giorno. Se si ha l’esigenza di nutrirsi ad ore

stabilite è bene acquistare preventivamente il

cibo, magari la sera prima: è possibile che

molti esercizi siano chiusi in bassa stagione,

specialmente la domenica.

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Arrivati all’albergue, ci si registra facendosi

mettere il sello (timbro) sulla credencial, si

paga il dovuto e si prende possesso del

giaciglio assegnato. Poi non può mancare una

doccia e appena dopo si passa al lavaggio degli

indumenti che necessitano di una ripulita.

Dopo aver steso (o fatto asciugare la roba

nell’asciugatora), finalmente si ha un po’ di

tempo per sè. Se si è in un luogo interessante

da visitare non si può perdere l’occasione per

un giro nel centro storico, una visita alla

cattedrale o ai maggiori monumenti.

Ovviamente compatibilmente con la stanchezza

accumulata e con l’andatura tipica dei

pellegrini a zonzo, che è quella di persone che

sembrano camminare sulle uova….

Quasi tutti partono da casa con un quaderno su

cui segnare le impressioni di viaggio ed è nei

momenti trascorsi nei rifugi che si ha il tempo

di scrivere.

A sera si può cenare usufruendo della cucina

dell’albergue (dove c’è e dove vi sono le

attrezzature), oppure si può andare nei locali

quasi sempre vicini dove vi sarà proposto il

“menù del dia” o “del peregrino”, in genere un

pasto abbondante per ripristinare le energie

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perdute ad un prezzo che è quasi ovunque lo

stesso (10 € - dati 2011).

Ritornati dalla cena, la maggior parte dei

pellegrini si butta su un letto e si addormenta di

botto in attesa di una nuova giornata.

DOVE DORMIRE

Per i pellegrini vi sono una serie di possibilità:

la prima è quella degli “ALBERGUE”, di

strutture ad uso esclusivo dei pellegrini con

Credential, poi vi sono gli hostal e ovviamente

gli hotel e gli alberghi veri e propri.

Gli Albergue possono essere pubblici o privati.

Questi rifugi offrono spesso la possibilità di

lavare la propria biancheria in lavatrice ed

asciugarla con un’asciugatrice; in alternativa è

possibile lavarsi gli indumenti e stenderli al

sole (in estate) o metterli ad asciugare sui

termosifoni (in inverno). In molti vi è la

possibilità di avere un accesso in internet, a

volte gratuitamente, altre a pagamento.

Albergue pubblici: possono essere gestiti dal

comune, dalla regione, come in Galizia, o da

qualche ente religioso.

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I primi vengono tenuti da addetti, gli altri

generalmente da volontari, gli “ospitaleri”, che

prestano il loro tempo, in modo assolutamente

gratuito, per qualche settimana o mese. Vi sono

poi quelli annessi a conventi o monasteri che

sono gestiti ovviamente da suore o monaci.

In genere sono alloggiamenti come si possono

trovare nei nostri rifugi alpini. Camere più o

meno grandi con, di norma, letti a castello.

Per dare un’idea, potete trovare, come a

Roncisvalle, una grande camerata ricavata da

una costruzione medioevale delle dimensioni di

una navata di una chiesa, in pietra, con la volta

molto alta. I letti sono a castello, appaiati, su

tre file, una contro una parete l’altra contro

l’altra e la terza nel mezzo. In questa struttura

ci stanno circa 120 persone.

Altri albergue, magari ubicati in piccoli

comuni, possono essere ricavati in una vecchia

casa o in una scuola dismessa ed hanno

ovviamente camere più piccole di quella

descritta prima, con 4, 6, 12, 20 o 30 letti a

seconda delle dimensioni.

In questi rifugi (perché è di questo che si tratta)

vi è spesso la cucina che si può utilizzare, ma

non sempre ci sono pentole o stoviglie. I

servizi sono a volte divisi tra maschi e femmine

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e a volte no; per quanto riguarda le docce, vi

sono docce chiuse e docce aperte, non c’è una

regola. In Galizia la giunta regionale ha aperto

una serie di albergue che sono pressoché tutti

uguali, un po’ impersonali, ma funzionali: in

essi viene fornita una federa e un

coprimaterasso in carta, però, pur essendoci la

cucina, non vi sono né stoviglie, né piatti, né

pentole. Negli albergue annessi ai conventi e

monasteri spesso si mangia anche, ma non è

una regola. In tutti vi sono, “alla bisogna”,

coperte per la notte.

La regola che li accomuna è che si aprono nel

pomeriggio tra le 12 e le 16, chiudono alle

22/22,30 e tassativamente si deve essere fuori

alle 8 della mattina seguente. Non è possibile

pernottare più di una notte (a meno di malattia

o malanno che impedisca il Cammino) Diverso

per gli albergue di Santiago che permettono di

soggiornare per più notti. In generale il costo

del pernottamento è di 5 € (2011).

Albergue privati: il crescente interesse per il

Cammino ha permesso il proliferarsi di un gran

numero di albergue privati. Spesso queste

strutture sono annesse ad un ristorante che vi

fornirà anche il pasto serale, e si può avere la

colazione. Di solito, insieme a caffè, latte o the,

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vi verrà servito del pane tostato con burro e

marmellata. In genere queste strutture sono

fornite di camere più piccole, dai 4 ai 12 posti

letto, anche se alcuni hanno anch’essi camere

molto più grandi. Anche in questi rifugi è

necessaria la credencial del pellegrino essendo

strutture pensate proprio per questo tipo di

persone. In questi rifugi si paga dai 7 ai 12 €.

Nei mesi invernali spesso non è possibile

scegliere l’albergue in cui rifugiarsi la sera, in

quanto, specie nei piccoli paesi, un solo

albergue è aperto e questo può essere

indifferentemente pubblico o privato.

Hostal: si tratta in realtà di piccoli alberghetti

di campagna, tipo pensioni che sono stati aperti

lungo il Cammino; in questi non è necessaria la

credencial, essendo vere e proprie strutture

alberghiere. Dispongono, spesso a prezzi

modesti (dai 20 € a persona in su), di camere a

due, tre o quattro letti con bagno e quasi

sempre hanno annesso un ristorante. Il

pellegrino generalmente non si ferma in queste

strutture, se non per staccare un giorno o

perché non ha trovato altra sistemazione, ma va

pur detto che vi sono persone che fanno tutto il

tragitto del Cammino appoggiandosi a queste

strutture.

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A Santiago ci sono alcuni albergue che però

sono un po’ fuori dal centro, sono grandi e

vanno molto bene per i gruppi. Vi è comunque

una grandissima offerta di pensioni, camere e

alloggi: se avete l’accortezza di prenotare

(tramite internet), potrete trovare una

sistemazione a prezzi modici. Se ci arrivate

fuori stagione, sarà sufficiente arrivare sulla

piazza davanti alla cattedrale dove troverete

senz’altro qualcuno che vi offrirà una camera

in zona a buon prezzo.

Dopo aver stabilito a grandi linee le tappe che

intendete fare, potrete trovare l’indicazione dei

principali albergue del Cammino sul sito

www.mundicamino.es. Si tratta di un sito

spagnolo in cui vi sono tutte le notizie sul

Cammino, molto utile per la preparazione delle

tappe. Non troverete invece commenti sulla

loro bellezza o funzionalità, o sulla simpatia

degli ospitaleri. Infatti questi giudizi sono

spesso soggettivi e variano a seconda delle

circostanze o dell’umore di chi li esprime. Ho

potuto leggere, in altre guide, di rifugi

considerati confusionari, che a mio avviso

erano invece particolarmente simpatici; in un

altro resoconto si dichiarava che un tal

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albergue era il migliore del Cammino, mentre il

mio giudizio era che non fosse diverso da molti

altri e che per me altri albergue fossero stati

migliori.

Per cui quando avete stabilito, in linea di

massima, la vostra tabella di marcia e i luoghi

in cui intendete fermarvi, vi consiglio di

visitare il seguente sito:

www.caminodesantiago.consumer.es . Anche

questo è un sito in spagnolo, ma assolutamente

comprensibile; potrete trovare in esso i

commenti dei pellegrini sui vari albergue. Un

consiglio: cercate di capire, da ciò che scrivono

coloro che ci sono stati, quali sono le cose

veramente importanti. Ad esempio non fate

caso se scrivono che l’ospitalero è antipatico,

in quanto potrebbe non essere più lo stesso

quando passerete voi, o potrebbe essere

successo solo un diverbio di cui non

conosciamo l’origine. E’ certamente più

importante sapere se c’è un luogo dove stare

nelle ore pomeridiane; in estate farà

sicuramente piacere distendersi in un prato

all’ombra di un albero, o stare con i piedi

nell’acqua di un ruscello che scorre li a fianco,

o ancora approfittare di una piccola piscina. In

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inverno sarà importante capire non solo se c’è

il riscaldamento e, ma anche se viene acceso.

COME FARE PER NON PERDERSI

Per tutto il percorso del Cammino troverete

indicazioni che vi guideranno e sarà

estremamente difficile perdersi. La conchiglia,

posizionata in ogni luogo, vi indicherà che siete

sulla strada giusta. In alcune città e in molti

paesi le conchiglie sono annegate nei

marciapiede, le trovate su quasi tutte le case e

sui bordi della strada. Ciò che guiderà i vostri

passi saranno le frecce gialle che troverete

ovunque, sui muri delle case, sui muretti a

secco in campagna, sulle pietre nelle

mulattiere, sui pali della luce, sugli alberi ed

ovunque possiate immaginare. Quando vi state

chiedendo se siete sulla strada giusta

guardatevi intorno e troverete certamente la

freccia che vi rassicura. Pietre accumulate da

pellegrini passati prima vi daranno la certezza

del tragitto. In altri casi troverete a terra una

freccia fatta con rami o con pietre. In Galizia

ogni cinquecento metri un cippo in pietra vi

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segnalerà quanti chilometri mancano a

Santiago.

Nelle città e in tutti i luoghi abitati troverete

qualcuno disposto ad indicarvi la direzione

giusta.

E’ molto utile avere una carta del tragitto. In

questa guida non vi sono cartine delle tappe

perché è consigliabile avere le carte della

Michelin del Cammino di Santiago, che sono

fatte professionalmente e vi indicano con

precisione le distanze e l’altimetria; si tratta di

un blocchetto di carte suddiviso per tappe e

costa relativamente poco.

LA FATICA

Durante il Cammino la fatica si farà sentire più

volte; i piedi sono sollecitati in modo non

normale per le nostre abitudini. Camminare per

ore e ore e per diversi giorni di seguito ci

porterà ad agognare la meta. Vale lo stesso per

le spalle che devono sopportare il peso dello

zaino. Con avverse condizioni di tempo si

rischia che oltre alla fatica fisica si aggiunga lo

sconforto; camminare nella pioggia o sotto il

vento sferzante può acuire lo sforzo e

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accentuare la stanchezza. A me è capitato di

camminare durante una copiosa nevicata: per

me è stato magnifico posare i piedi su una

candido manto nevoso e ho goduto del

paesaggio fiabesco. Ma altri, lo stesso giorno,

non hanno retto all’avversità e, giunti in una

località abitata, hanno preferito proseguire in

taxi alla fine della tappa. Camminando si ha la

facoltà e il tempo di sentire il proprio corpo e

ogni suo piccolo problema. E’ possibile che si

avverta l’insorgere di un qualche malanno, un

dolore ad un tendine, ad una caviglia o ad un

ginocchio; a mio avviso è bene in questi

momenti diminuire l’andatura, spesso è solo

un’avvisaglia che si sistema caricando meno,

per un certo periodo, la parte interessata. Se è il

caso, ovviamente, ci si ferma.

In alcuni albergue e in molti centri vi sono

massaggiatori professionisti che possono

alleviare le fatiche della giornata o della

settimana.

CONSIGLI

In realtà vi sarebbe un solo ed unico consiglio

che si potrebbe dare a chi intraprende il

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Cammino: “usare il buon senso”. Tuttavia

proverò a sintetizzare qualche piccolo

consiglio, senza pretendere che sia esaustivo.

1 – Ognuno di noi ha un proprio passo e

forzarlo può essere dannoso. E’ utile che

ognuno sappia qual è l’andatura che può tenere

per arrivare a Santiago. Bisogna tenere conto

che si devono percorrere ottocento chilometri,

cosa che normalmente non facciamo, per cui è

assolutamente sempre necessario sapere che,

oltre ai venti/trenta chilometri che si stanno

percorrendo in quella giornata, ve ne saranno

altrettanti il giorno seguente e così nei giorni

successivi.

Ed è per questo che si deve tenere conto che è

sempre meglio avere un passo non troppo

veloce, ma costante. In linea di massima (per le

persone che svolgono una vita normale, non

atleti) si percorrono in pianura quattro

chilometri all’ora. Ho incontrato diversi

pellegrini che andavano molto più veloci di me,

altri che percorrevano più chilometri al giorno,

ma quasi tutti li ho rivisti prima di Santiago,

avevano dovuto fermarsi uno o due giorni per

vari malanni, in special modo tendiniti o

infiammazioni al ginocchio. Ho saputo di altri

che hanno dovuto abbandonare e tornare a casa

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senza aver raggiunto la meta agognata. Una

tendinite ti obbliga a fermarti e ad aspettare che

l’infiammazione passi. La tendinite solitamente

viene se si son sollecitati troppo gli arti

inferiori, di solito se si è forzata l’andatura

oppure se si è presa una discesa troppo alla

“garibaldina”. A questo proposito mio padre,

che ha fatto per tutta la vita il camionista, mi ha

sempre detto: “Nella discesa usa la stessa

marcia che hai usato in salita”, ed io ho fatto

mio questo consiglio anche per quanto riguarda

l’andare in montagna o, in questo caso, sul

Cammino. La discesa ti mette sotto pressione le

ginocchia e i tendini ed è per questo che

bisogna prenderla con calma. Io uso i

bastoncini e mi sono sempre trovato a mio agio

usandoli anche come freno.

Va da se che quando si programma una tappa

con tratti in montagna bisogna tenere conto che

la media chilometrica non sarà più la stessa, i 4

km all’ora possono diventare 3 o anche 2 a

seconda della pendenza che si dovrà affrontare.

2 - Prestate sempre attenzione alle frecce che

indicano la direzione. Se ad un bivio non

vedete la freccia gialla o una qualunque altra

indicazione, fermatevi, osservate il luogo e se

proprio non trovate nulla e non potete chiedere

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a qualcuno indicazioni, tornate all’ultima

freccia che avete visto. Nel tragitto,

sicuramente, troverete un’indicazione che vi

era sfuggita. A me è capitato di trovarmi, sotto

ad un temporale, in un piccolo borgo con due

frecce che indicavano due direzioni diverse: mi

sono fermato a cercare un’indicazione che

chiarisse, la pioggia non mi permetteva di

vedere molto avanti, ho osservato sui muri

delle case, sui lampioni, prima a terra, poi in

alto, nulla. Infine mi sono girato e, nella casa

alle mie spalle, ho visto ad una finestra una

signora che mi indicava la direzione!

3 - D’estate fate sempre attenzione ad avere

sufficiente acqua con voi. In alcune tappe vi

sono molti chilometri tra un paese e l’altro e

trovarsi sotto il solleone senza niente da bere

non è piacevole, oltre al fatto che si rischia la

disidratazione.

4 - Se avete l’esigenza di mangiare in

determinate ore, vale l’avvertimento di cui

sopra, provvedete in tempo a fare scorta di

cibo. Fate anche attenzione al giorno in cui

state camminando, la domenica i negozi sono

chiusi, proprio come da noi,

5 - Prima di partire fate un programma del

vostro Cammino. Decidete, in linea di

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massima, le tappe e le percorrenze da

effettuare giornalmente, tenendo conto di

alcuni fattori: prima di tutto le vostre esigenze,

il tempo a disposizione, le città che volete

visitare e la possibilità di trovare alloggio.

Studiate il percorso e cercate di prevedere delle

tappe che non vi sfianchino. In questa guida c’è

una proposta di tappe che in alcuni casi

prevede di dividere i passaggi più impegnativi

in due parti. Ad esempio nella tappa di

avvicinamento a O’Cebreiro (considerata da

molti una delle asperità più faticose) io ho

percorso la prima parte della salita la sera, al

termine della tappa, e l’altra parte il mattino

successivo, col fresco, e vi assicuro senza

sforzo eccessivo.

6 – Non caricate in modo eccessivo il vostro

zaino. Lo dovete portare per tanti chilometri e

meno è pesante e più facile sarà procedere.

EQUIPAGGIAMENTO

Due sono gli elementi fondamentali a cui

bisogna fare un’estrema attenzione per

l’equipaggiamento: le scarpe e lo zaino.

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Scarpe: sono l’elemento più importante, che

dovrete scegliere con cura maniacale.

Normalmente non siamo abituati a camminare

per otto/dieci ore al giorno, per molti giorni di

seguito. 25 0 30 chilometri al giorno sono una

distanza che nel nostro quotidiano non

percorriamo mai se non in macchina o con altro

mezzo di locomozione. Ebbene queste ore e

questi chilometri sono tutti, se così si può dire,

sulle spalle dei nostri piedi.

E’ superfluo dire che le scarpe vanno

collaudate, dovete testarle nelle varie

condizioni e su terreni diversi e usarle per

molte ore prima di partire, sia in piano, che in

salita e naturalmente in discesa.

Fondamentale è la suola. Anche se alcuni tratti

del Cammino si potrebbero fare agevolmente

con delle scarpe da ginnastica, vi sono

situazioni in cui una suola spessa e sagomata è

indispensabile.

Il fatto che la scarpa sia alta sopra la caviglia o

appena sopra il malleolo è una scelta personale.

Tenete conto che non si tratta di un percorso di

alta montagna e quindi non necessariamente si

debbono usare scarponi molto pesanti. E’

evidente che, specialmente se pensate di fare il

Cammino non in estate, le scarpe devono

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reggere l’acqua. Non pensiate che esistano

scarpe che possano reggere l’acqua per

un’intera giornata di pioggia! Infatti dopo ore e

ore di pioggia e fango qualsiasi indumento, se

non è pura plastica, si bagnerà e voi con esso:

l’importante è che continui a proteggervi.

Corollario alle scarpe sono le calze; prendete

quelle adatte al trekking, senza cuciture e

provatele mentre provate le scarpe.

Zaino: in esso metterete tutto ciò che vi serve

per il tempo che starete lontano da casa. Lo

zaino deve adattarsi al corpo di chi lo ha in

spalla, deve essere possibile regolare l’altezza

degli spallacci. Fondamentale la cinghia in vita

che deve essere sempre ben stretta in modo da

levare gran parte del peso dalle spalle.

Provatelo fino a quando sentirete lo zaino una

parte di voi stessi, non un intralcio o peggio un

fastidio.

Il peso dello zaino carico non dovrebbe

superare il 10 per cento del peso di chi lo

sostiene. Otto chili sono un peso che non

dovreste mai superare. Come fare? Un metodo

potrebbe essere il seguente: mettete sul letto

tutto quello che pensate sia indispensabile

avere, togliete subito quello che pensate

userete, forse, una volta, poi provate a mettere

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il tutto nello zaino, pesatelo e se la bilancia

segna 12 chilogrammi rivedete le vostre

priorità. Ogni cosa ha un peso, per cui

cominciate con gli involucri: non è necessaria

la borsa porta effetti per l’igiene o quella porta

medicinali, sono sufficienti sacchettini di

plastica. Così come non è necessario il sapone

per le mani, il bagnoschiuma, lo shampo e il

detersivo per la biancheria, per un mese potrete

benissimo usare, per tutto, il sapone di

Marsiglia, forse i vostri capelli ne risentiranno

in lucentezza, ma le vostre spalle e soprattutto i

vostri piedi vi ringrazieranno. Acquistate poi

indumenti leggeri e facilmente lavabili, non

portatevi ricambi come se andaste in ferie:

dovete pensare che quello che sporcate durante

il giorno lo laverete la sera e quindi uno o due

ricambi sono sufficienti.

Alla fine comunque dovrete giungere alla

conclusione che il vostro zaino dovrà pesare

8/9 chili e niente di più. Salvo poi decidere,

durante il Cammino, di spedire parte della roba

che avevamo ritenuto assolutamente

indispensabile. Le poste spagnole, avendo

ormai esperienza di anni, hanno istituito un

servizio che ti permette di spedire a te stesso un

pacco a Santiago che potrai ritirare al tuo

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arrivo. Dividete gli indumenti in sacchetti di

nailon da riporre nello zaino, in modo che

anche in caso di acquazzone improvviso, i

vostri capi rimangano asciutti. Abbiate cura di

utilizzare sacchetti che non facciano rumore!

E’ antipatico, al mattino, svegliarsi o svegliare

gli altri con lo sfregolare dei sacchetti mentre si

rifà lo zaino.

Sacco a pelo: come ogni cosa che si mette

nello zaino, deve pesare poco! In commercio ci

sono sacchi dal peso di meno di 700 grammi,

vanno bene anche perché, se fa freddo, negli

albergue ci sono le coperte.

Bastoncini da trekking: c’è chi cammina

senza niente, chi con il classico “bordone” (un

bastone di legno, spesso con una punta di

ferro). Io ho fatto tutto il Cammino con i

bastoncini, ho trovato che mi aiutassero in tutte

le situazioni: in piano, per dare un senso anche

al movimento delle braccia, in salita, per la

spinta in più data, e soprattutto in discesa, in

quanto mi consentivano di frenare la spinta che

il peso dello zaino imprime a tutto il corpo. Ci

sono poi situazioni in cui è bene avere qualcosa

per bilanciarsi: nel fango, nell’attraversamento

di piccoli corsi d’acqua, e nei tratturi molto

pietrosi. In ultimo, ma non essenziale,

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passando per la campagna, molti cani

razzolano liberi; nessuno è pericoloso, sono

abituati al passaggio dei pellegrini, ma è

meglio essere sicuri con qualcosa in mano.

Vestiario: portate, come detto prima,

l’indispensabile: non avrete certo occasioni di

gala, per cui tenetevi leggeri! Non eccedete con

maglie pesanti, è più utile, e meno pesante,

vestirsi a cipolla, strato su strato, a seconda

della temperatura esterna.

Varie: è usanza portarsi un quaderno per

scrivere un diario, farà piacere rileggerlo. Non

dimenticate la macchina foto, una pila, la

borraccia (o bottigliette varie).

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Le parole del Cammino

CREDENCIAL

E’ il documento che attesta che siete un/una

pellegrino/a. Lo si può avere nel primo luogo

da cui si parte (Saint Jean Pied de Port ad

esempio), oppure lo si può richiedere alla

Confraternitas Sancti Jacobi Compostellae di

Perugia che ve lo invia a casa chiedendo

un’offerta per la partecipazione delle spese

([email protected]).

La Credencial è indispensabile per entrare negli

albergue dei pellegrini, su essa vengono

apposti i timbri (sello in spagnolo) che

certificano il vostro passaggio in quel luogo.

Sulla credencial verrà posto l’ultimo timbro a

Santiago, dove vi verrà consegnata la

Compostella.

Ogni albergue, molte chiese e perfino esercizi

commerciali (ristoranti, bar) hanno un loro

sello; è bello rivederli una volta tornati a casa,

ma sulla Credencial non possono starci tutti,

perciò vi consiglio di farvi apporre i timbri in

sovrappiù sul vostro quaderno.

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COMPOSTELLA

E’ il foglio rilasciato a Santiago che certifica

che avete compiuto e terminato il

pellegrinaggio; viene dato a chi ha percorso a

piedi almeno 100 chilometri (200 in bicicletta).

Non si fa il Cammino per la Compostella, ma

certamente fa piacere ritirarla al momento della

fine del pellegrinaggio e poterla rivedere, una

volta a casa, inquadrata.

PELLEGRINO

Un pomeriggio attraversando un paesino, ho

incrociato una signora col suo bambino di circa

cinque anni per mano. Com’è d’uso ho

salutato, ricambiato, ma il bambino, rivoltosi

alla madre, ha chiesto: “Chi è mamma?” “Un

pellegrino” ha risposto la signora.

Perché, dal momento in cui legate la conchiglia

allo zaino che vi issate, con sforzo, sulle spalle

e fate il primo passo verso Santiago, voi siete

un pellegrino. Lo dichiara la credencial che

portate con voi, ve lo ricorda ogni giorno la

gente che incontrate che vi augurerà “buen

camino!” A volte lo dichiarerete per entrare in

un museo o in una cattedrale. Insomma dal

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momento in cui iniziate il Cammino, il vostro

status sarà quello di pellegrino e non un altro. E

alla fine la Compostella lo certificherà con un

bel papiro in latino in cui campeggia il vostro

nome.

CONCHIGLIA

E’ il simbolo del Cammino, chi parte per

questo pellegrinaggio ne lega una allo zaino e

sarà, per tutti i chilometri percorsi, ciò che lo

identificherà agli occhi degli altri come

pellegrino. Conchiglie si trovano ovunque:

sulle case, nei marciapiedi, nelle chiese, sui

municipi.

Si tratta quasi sempre di capesante che

provengono dall’oceano, luogo in cui termina

idealmente il Cammino. Si possono acquistare

in qualunque luogo lungo il Cammino; a Saint

Jean Pied de Port potete prenderle nell’ufficio

dell’accoglienza con una piccola offerta.

BUEN CAMINO

Questo è il saluto e l’augurio che vi sentirete

fare per tutto il tragitto, un augurio che

scambierete con gli altri pellegrini, sempre

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ricambiato. Vi capiterà di trovarvi fermi per

una sosta e un pellegrino vi passerà di fronte e,

con un largo sorriso e un cenno della mano, vi

apostroferà con un “Olà ! Buen Camino”! Non

potrete fare a meno di sorridere e rispondere

con un altro sonoro “Buen Camino”. Uscendo

da un negozio in cui avrete acquistato qualcosa

da mangiare, fosse anche un supermercato,

questo augurio vi sarà di conforto.

Attraversando una città o un piccolo villaggio,

molti vi augureranno un Buen Camino e, vi

assicuro, questo augurio vi ripagherà della

momentanea stanchezza e vi strapperà un

sorriso.

RITI E USANZE LUNGO IL CAMMINO

Al mio arrivo a Santiago una pellegrina

coreana, con cui avevo condiviso alcune tappe

e diverse cene, mi ha detto che sapeva che

avrebbe dovuto fare qualcosa, una volta

arrivata alla cattedrale, ma non sapeva cosa.

Così l’ho accompagnata in chiesa e le ho

spiegato cosa fare.

Nel compiere il pellegrinaggio vi sono alcuni

riti, o per meglio dire usanze, che i pellegrini

sono soliti fare, lungo il Cammino, una volta

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arrivati a Santiago e anche una volta giunti di

fronte all’oceano a Finisterra.

In alcuni luoghi è d’uso posizionare una croce

(fatta con piccoli pezzi di legno): le croci fatte

dai pellegrini sono una costante su tutto il

tracciato.

Nella chiesa di Santo Domingo de la Calzada

andate a vedere il gallo e la gallina, vivi, posti

sopra un altare laterale; sono lì a ricordo di un

miracolo che in quel luogo si è compiuto.

Prima di entrare in Logrono, per molti anni una

signora (Felicia) ha dissetato i pellegrini,

ancora oggi la figlia vive sul Cammino ed è

buona norma passare, salutare e farsi apporre il

“sello”.

A Hiroche c’è la “fonte del vino”. Si tratta di

una trovata pubblicitaria di un produttore di

vino che, a fianco di una fonte d’acqua, ha

canalizzato una fontanella che vi permette di

approfittare di un bicchiere di buon vino

prodotto nella Roja.

Ogni pellegrino porta con sè una pietra che ha

raccolto nei pressi della sua casa e che lascerà

ai piedi della Cruz de Hierro (Croce di Ferro)

che si trova nel punto più alto del Cammino,

punto in cui io ho trovato molta neve. Nei

secoli, il cumulo di sassi depositati dai passanti

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ha raggiunto un’altezza di oltre cinque metri

per una circonferenza che supera i dieci!

Dopo Ligonde in una delle ultime tappe, il

Cruceiro de Lameiros è una croce in pietra

elevata sopra un antico basamento celtico: è

usanza fare tre giri in senso antiorario. Questa

si dice sia un’antica usanza precristiana.

Una volta giunti a Santiago, nella Cattedrale, la

colonna centrale del Portico della Gloria ha

incisa la forma delle migliaia di mani che li si

sono appoggiate. Proprio sotto di essa, la testa

di Mateo, il costruttore del portico, su cui vi

appoggia la fronte il pellegrino.

Poi il rito più importante, l’abbraccio al Santo.

Salendo dietro l’altare si arriva alle spalle della

statua di San Giacomo, che ogni pellegrino

abbraccia secondo le proprie intenzioni, e

questo simbolico abbraccio segna la fine del

Cammino.

Vi è poi ancora un’usanza, arrivati a Finisterre

si usa bruciare qualcosa che si è indossato

lungo il Cammino; si vedono molte braci di

calzini lungo il litorale! Arrivati sino qui non

perdete l’occasione di mettere i piedi

nell’oceano.

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Diario I Parte

Il Cammino di Santiago di Fulvio

Quello che segue è il diario che ho tenuto

durante il Cammino. E’ diviso in due parti: la

prima si riferisce al primo tratto che ho

percorso, dal 23 ottobre al 2 novembre 2008,

da Sait Jean Pied de Port a Belorado; la

seconda, dal 16 marzo al 4 aprile 2011,

riguarda il secondo tratto da Belorado a

Santiago.

Erano alcuni anni che pensavo al Cammino, e

mi lambiccavo per trovare il tempo per iniziare

questa avventura. L’azienda presso cui

lavoravo aveva deciso che era necessario

sfoltire il personale, per cui si era deciso per un

esodo pilotato ed io rientravo nella categoria

degli esodabili. Dunque si profilava la

possibilità di mettere in cantiere il progetto

“Cammino” per la fine del 2009. A settembre

di quest’anno arriva un’e. mail in cui mi fanno

presente che ho ancora troppe ferie da smaltire

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e che è necessario che entro il 15 di dicembre

mi liberi di un po’ di giornate.

Il pensiero corre immediatamente a Santiago e

mi decido per una parte del Cammino,

ripromettendomi di concluderlo una volta

esodato.

Butto li l’annuncio una sera a cena con amici e,

subito, Paola si dice desiderosa di

accompagnarmi, almeno per una parte.

E’ deciso: io farò dieci tappe, fino a Belorado e

Paola sei fino a Los Arcos.

Allenamenti per un mese e più; dieci chilometri

circa ogni giorno. Non tutti i giorni però!

Ed arriva così il fatidico giorno in cui abbiamo

deciso di partire, 22 ottobre 2008.

(dal diario di Fulvio)

Viaggio di andata - 22 ottobre 2008 – Torino

partenza

Alla fine siamo partiti. Questa mattina ero

veramente disperato, avevo male alla pancia,

così come nei giorni precedenti. Sono

settimane che non mi sento bene, ho sempre la

sensazione che il mio corpo stia passando un

brutto momento. Se fossi stato da solo avrei

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rimandato la partenza, ma tutto era ormai

programmato e quindi…..

Sono nella cuccetta del treno che ci porta a

Perpignan, sto abbastanza bene, anche se sento

un peso sullo sterno. Incrociamo le dita! Divido

lo scompartimento con uno che non spegne la

luce e mi pare pure inizi a russare. Anche qui

speriamo bene. Abbiamo dovuto fare un giro

lungo per andare a Saint Jean perché in inverno

non ci sono treni più comodi.

Viaggio di andata - 23 ottobre - Perpignan –

Narbonne – Bordeaux – Bayonne – Saint

Jean Pied de Port – Valcarlos (Luzaide)

Il treno da Torino è arrivato a Perpignan con

un’ora e mezza di ritardo, appena in tempo per

prendere quello per Narbonne (pioviggina), poi

il TGV per Bordeaux che arriva puntuale e ci

permette di salire su quello per Byonne. Alla

stazione vediamo altri con lo zaino,

chiaramente pellegrini: due ragazze insieme ed

un’altra da sola sono sicuramente straniere per

noi. In realtà le conosceremo più tardi, le due

sono tedesche e quella da sola è Giulia

(italiana); prendono il nostro treno e poi quello

successivo. Passiamo nei pressi della “duna del

Pilat”, ma non riusciamo a scorgerla.

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Finalmente l’ultimo treno, il quinto della

giornata; quasi per incanto siamo riusciti a

prendere tutte le coincidenze! Il tempo è

stupendo, non c’è una nuvola, sembra di

viaggiare su un treno nelle Ande, i Pirenei sono

qui alla nostra destra, tutto è verde e bellissimo.

Sain Jean Pied de Port, ci arriviamo alle 16 e

20, andiamo verso l’accoglienza seguendo una

decina di zainati; lì ci mettono il primo sello

sulla credencial e ci danno la conchiglia che

sarà il nostro segno distintivo per i giorni

seguenti.

1) – 23 ottobre giovedì

Saint Jean Pied de Port – Valcarlos – Km.

10

Tutti gli altri si fanno accompagnare

all’albergue, noi avevamo preventivato di

spezzare la prima tappa in due (dato che

sappiano si tratti della più dura) così, dopo aver

tergiversato forse un po’ troppo, tra foto e

video, partiamo che è relativamente tardi, sono

le cinque passate.

Abbiamo deciso di passare per la via più bassa

e meno faticosa dell’altra che si inerpica subito

dopo la partenza. Iniziamo la marcia sulla

statale che è anche abbastanza trafficata nella

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parte francese, ma una volta in Spagna, il

traffico diminuisce fino ad essere assente. Il

buio incombe e siamo costretti ad estrarre una

pila per farci vedere dai pochi automobilisti.

C’è da dire che quasi tutti, quando ci scorgono,

mettono la freccia per segnalare che ci hanno

visto e per evidenziare la nostra presenza a

quelli dietro. Una ragazza, incrociandoci, si

sbraccia a salutarci; è il primo dei saluti che

riceveremo lungo il Cammino!

Arriviamo a Valcarlos (Luzaide) alle ore 20.

Qui i nomi sono sempre doppi, uno in lingua

spagnola o francese, a seconda del versante,

l’altro in basco e sono spesso completamente

diversi.

In Valcarlos, alla ricerca dell’albergue,

incontriamo due signori anziani e chiediamo

loro dove si trovi il rifugio, ovviamente ci

parlano in spagnolo: - Andate al bar e cercate

una “chica ruja”.- “Chica?”, “ruja?”, cosa vorrà

dire? Nel bar dietro al bancone, una ragazza dai

capelli rossi: ecco cosa voleva dire. La ragazza

ci indica dove andare: così facciamo e

accediamo al nuovo albergue. Siamo soli e,

dopo una rinfrescata, ci dirigiamo al ristorante

che ci propina il primo menù del pellegrino.

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1bis) - 24 ottobre venerdì

Valcarlos (Luzaide) - Roncesvalles

(Orreaga) – Km. 18

Partiamo con comodo, all’alba delle 10,

dopo aver acquistato viveri per il pranzo e fatto

colazione nel bar della “chica”. Facciamo i

primi chilometri sul ciglio della strada, poi, al

2° cippo che indica il Cammino, prendiamo per

lo sterrato che ci porterà fino al passo.

Avevamo trovato in precedenza un’indicazione

che ci portava verso l’interno, ma un abitante

del luogo ci aveva consigliato di prendere il

tratturo alla seconda indicazione. Il sentiero, a

tratti è quasi invisibile, tanto da farci pensare di

aver sbagliato strada, poi una provvidenziale

conchiglia, la prima di un’infinita serie, ci

indica la via. Pecore, falchi e tanti colpi di

fucile. Cacciatori? O invece eliminazione dei

pellegrini che hanno osato sfidare la via alta?

Senza grande fatica arriviamo al passo e poi,

dopo una veloce discesa, arriviamo verso le 16

a Roncisvalle dove troviamo il primo rifugio

pieno di pellegrini. L’albergue, ricavato in un

vecchio convento, è un grande locale stile

navata di una chiesa gotica, con un gran

numero di letti a castello. Ceniamo a “Casa

Marcelito” insieme a Josè, uno spagnolo

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taciturno, e a Jan, un olandese un po’ pazzo che

è partito tre mesi fa dall’Olanda (ha preso un

anno sabbatico) e ci racconta della grande

fatica dell’ultima tappa. In effetti, tutti quelli

che abbiamo poi incontrato, ci diranno della

fatica di questa prima tappa; due orientali, che

conosceremo più tardi, coreane, sono

letteralmente distrutte. Noi, avendo scelto la

via più semplice e avendo spezzato la tappa in

due, siamo relativamente freschi.

2) - 25 ottobre sabato

Roncesvalles – Zubiri – Km. 21,5

Usciamo che è ancora buio, sono le otto, mi

fermo ad osservare un falco insieme ad un

inglese ed ai suoi due figli. Entriamo nel

paesino poco sotto la Collegiata, vediamo altri

davanti a noi, li seguiamo, tutti entrano in un

negozio di commestibili; noi siamo gli unici

che invece proseguono senza fermarsi. Poco

dopo si apre una finestra sul lato opposto della

strada, e un uomo ci informa che stiamo

sbagliando strada, dobbiamo tornare indietro e

svoltare a sinistra. E’ il primo errore che

facciamo. Paola si cambia le scarpe (lo farà

diverse volte nei giorni a venire), si fermano

anche le coreane per fare la stessa cosa. Il

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tragitto è fatto di tanti sali e scendi. Sono

peggio le discese, ma i piedi vanno bene.

Arriviamo a Zubiri alle 16 e 30, ci fermiamo ad

un albergue privato; c’è un bambino che ci

informa sulla dotazione (docce, bagni, internet)

e sul prezzo 10€. Più tardi passerà il padre e

poi la madre a salutarci e a darci la

combinazione dell’apertura elettrica della

porta. Andiamo a cena in un ristorante

abbastanza distante, ma mangiamo

sufficientemente bene. L’unica pecca è che in

Spagna si può ancora fumare nei locali pubblici

e spesso osserviamo bar e ristoranti avvolti da

una nebbia di fumo. Sulle porte dei locali c’è

spesso la scritta “se puede fumar”, ma

osservando l’interno si ha il dubbio che la

dicitura significhi “si deve fumare”, tanto che,

quasi sempre, si è serviti da un/una barista con

la cicca in bocca.

Nell’albergue siamo da soli, molti hanno

proseguito per il paese successivo Larrasoana e

alcuni hanno preferito l’albergue municipal,

certamente ad un prezzo più basso. Abbiamo

incontrato in un bar Jan l’olandese che ci dice

di aver preso una stanza in una pensione perché

voleva dormire, negli albergue sei invitato a

lasciare il posto per le otto!

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3) - 26 ottobre domenica

Zubiri – Pamplona (Iruna) – Km. 21,5

Siamo in strada alle 9 e 10 (in realtà sono le

8,10 è stata ripristinata l’ora solare nella notte),

ma impieghiamo due ore ad arrivare a

Larrasoana a soli cinque chilometri dalla

partenza, dico a Paola che dobbiamo accelerare

un po’ il passo. Il cammino ancora una volta ci

porta su e giù per le colline, ci fermiamo in

un’area da pick-nick, ci sono anche le coreane,

sorridono. Ripartiamo e indico a Paola, sulla

collina opposta un sentiero che si inerpica

parecchio. Le dico che saremmo passati di li,

voglio prenderla in giro, ridiamo per la

stupidità della cosa, ma poco dopo ci

accorgiamo che proprio quello dobbiamo

affrontare! E’ duro e fa caldo, il tempo finora è

stato magnifico, fin troppo caldo.

Arriviamo a Pamplona alle 15 (ora solare)

L’albergue è grande e troviamo per la prima

volta un gruppo di francesi, ragazzi e

accompagnatori (18 in tutto) di una parrocchia

di un paese nei pressi di Bordeaux.

Facciamo un giro per la città, i muscoli gridano

no! no! ma noi imperterriti, siamo decisi a fare

i turisti. Solita cena e a dormire presto. In tutti

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gli albergue la ritirata è alle 22 e l’uscita alle 8

della mattina.

4) - 27 ottobre lunedì

Pamplona – Puente la Reina – Km. 23,5

Dopo una buona colazione, ci avviamo alle 8

e 30. Passiamo davanti all’università (due

giorni dopo l’ETA farà esplodere un auto

proprio qui davanti) ci sono molti studenti che

si avviano, alcuni ci augurano un ”buen

camino” (questo augurio ci verrà rivolto decine

di volte e lo scambieremo a nostra volta con gli

altri pellegrini che incontreremo). Un uomo sui

settant’anni ci affianca e ci dice che va veloce

perché ha un appuntamento per pranzo a

Burgos e alla sera deve essere a Santiago!

Ride, ci saluta e se ne va. Camminiamo nella

campagna soleggiata, in lontananza vediamo le

pale eoliche sull’altura che dovremo superare. I

negozi sono tutti chiusi, così non abbiamo nulla

da mangiare, Paola mi rimprovera di aver

buttato via mezza baguette! Dopo un gran

camminare arriviamo ad una delle mete mitiche

del Cammino: “l’Alto del Perdon”, con il suo

monumento ai pellegrini e le pale che girano

lungo tutto il crinale. Ci sono una gran parte

dei pellegrini che già conosciamo, le due

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tedesche che avevamo visto in stazione, le due

coreane (madre e figlia) che ci salutano felici e

ci scattano una foto con una strana polaroid da

cui esce una piccola istantanea. C’è Josè lo

spagnolo che ci scatta le foto con la nostra

macchina. Non avendo di che sfamarci,

ripartiamo e cominciamo la discesa: una

pietraia orribile che mette a dura prova caviglie

e ginocchia. Andiamo pianissimo, non riesco a

immaginarmi questa discesa con la pioggia.

Arriviamo ad un paese impronunciabile e ci

facciamo un bocadillo (panino). Due chilometri

prima della meta incomincia a piovere, tiriamo

fuori le mantelle. All’albergue ci sono quasi

tutti i nostri compagni di viaggio. Conosciamo

Giulia, che avevamo visto il primo giorno, con

Mirko ed uno spagnolo, Helios, che lavora ad

Ibiza e che parla tutte le lingue conosciute sul

Cammino. Quello della lingua è un capitolo a

parte: negli ostelli si intrecciano conversazioni

che mescolano lo spagnolo al francese,

l’inglese all’italiano ed ognuno si arrangia per

spiegarsi e farsi capire. Insieme ai tre c’è un

altro spagnolo Roc, che ha una voce, proprio

come il suo nome, roca. E’ simpatico e di buon

umore. Ritroviamo Josè, lo spagnolo taciturno,

Jan l’olandese, le due tedesche e ovviamente le

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due coreane a cui se n’è aggiunta un’altra. Ho

chiesto a Ci Hè (che significa saggezza) la

ragazza di 28 anni coreana, cosa ci fanno i

coreani sul “Cammino”: mi ha risposto che è

molto noto in Corea. Il perché mi è poco

chiaro, ma tant’è. Guardando, negli albergue, i

libri in cui i pellegrini scrivono i loro pensieri,

ho osservato scritture in ogni lingua; alcune

erano incomprensibili anche nei segni grafici.

Una, che ricorreva abbastanza spesso, mi dava

l’impressione di una scrittura a caratteri

cuneiformi: la nostra amica coreana mi ha

svelato che si trattava proprio della sua lingua!

5) - 28 ottobre martedì

Puente la Reina – Estella – Km. 22

Alla partenza, alle 9 e 15, piove, ma smette

subito. C’è vento, fa freddo, tanto fango rosso,

ma si viaggia bene. Ci fermiamo a mangiare in

un boschetto vicino al Cammino. Passano vari

pellegrini, ad un tratto sentiamo il canto allegro

e squillante di una signora che incontreremo

più tardi; sono in quattro, tre donne ed un

uomo, spagnoli della Mancha. Li ritroviamo

nei pressi di una cascina, il percorso è bloccato

da un enorme toro che mostra le sue intenzioni

nei confronti di una mucca che non sembra ben

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disposta. Lo spagnolo si avvia con un bastone,

nel tentativo di allontanare gli animali dal

sentiero; lo fermo e gli ricordo che ha

dimenticato “la muleta” (spiritoso!).

Incontreremo gli spagnoli altre volte, viaggiano

leggeri, senza “muchilla” (zaino) e non

vengono negli albergue. Alcuni fanno il

Cammino con servizio zaini da hotel ad hotel.

Un pomeriggio di grande pioggia li troviamo in

un piccolo bar, prendono quattro “bocadillos”

(panini) enormi e se ne vanno; un ospitalero

che era nel bar dice: “Questi non sono veri

pellegrini, non è così che si fa il Cammino”.

Poi aggiunge che qualche settimana prima era

passata una ragazza elegantissima, vestita

all’ultima moda con uno zainetto griffato con

poco o niente dentro! Mi guardo, il fango mi

arriva alle ginocchia, la mantella ha terminato

da un po’ di trattenere l’acqua e sono fradicio,

lo zaino è stracolmo, mi rivolgo all’ospitalero e

gli chiedo: “E io non sono elegante?”. “Tu vai

bene così, tu sei un vero pellegrino!”. Prima di

un paese incrociamo un uomo, sta sbucciandosi

una mela con un coltello a serramanico e ce ne

offre un quarto a testa. Il Cammino è anche

questo uno sconosciuto che ti dà una parte di

ciò che ha. Arriviamo alle 17 ad Estella una

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cittadina magnifica, con una cattedrale superba

ed un chiostro graziosissimo. Strade pedonali

curiose con molti negozi, ma sopratutto con

una dimensione umana.

L’albergue è bello, con colazione compresa.

C’è, tra gli altri, un austriaco che viaggia da

due mesi e percorre 50 chilometri al giorno

insieme ad un ragazzo che fa il vigile del fuoco

alle Canarie; l’austriaco è sbruffone ed

antipatico a tutti, fortunatamente non lo

rivedremo. Cena in un ristorantino vicino.

6) - 29 ottobre mercoledì

Estella – Los Arcos – Km. 21,8

I due corridori (austriaco e spagnolo delle

Canarie) sono partiti alle 6 e 30, noi partiamo

con comodo alle 9, dopo colazione. Prima

tappa alla “Fonte del vino” dove si può

assaggiare il vino da una fontana pubblica a

fianco del grande monastero di Irache. Si tratta

di una trovata pubblicitaria di una cantina sul

tracciato. Comincia la pioggia. Pioggia che

bagna, poi sole e vento che asciuga, poi di

nuovo pioggia, ancora sole e vento, così per

quattro volte nella giornata. Le nuvole corrono

veloci, ci passano sopra e scaricano la pioggia

che hanno in corpo. Paesaggi stupendi esaltati

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dall’atmosfera da tempesta, gran finale per

Paola alla sua ultima tappa. Ci fermiamo in un

bar nel punto più alto di quella giornata, ci

annunciano che nei prossimi giorni ci sarà

ancora pioggia e che per quel pomeriggio si

prevede neve in quel luogo. Nel telegiornale

della sera vedremo che più avanti sta

nevicando e mostrano i pellegrini che

proseguono nella neve; non sembrano affatto

abbattuti, anzi. Arriviamo all’albergue e fuori

incontriamo Damien, il più piccolo del gruppo

di ragazzi francesi; lo saluto e lui, con sguardo

interrogativo, mi chiede: “Mi conosci?”. “Sono

quello che ti ha dato il biscotto questa mattina”

gli dico, e lui si illumina e mi riconosce. Al

mattino, mentre facevamo colazione, avevamo

detto a Damien di prendere qualche biscotto

che avevamo sul tavolo, ma lui aveva risposto

che non poteva perché non avevano pagato per

la colazione, e noi abbiamo insistito finché,

guardando che nessuno lo scorgesse, aveva

accettato. A Los Arcos l’albergue è colmo, gli

ospitaleri ci danno una camera per noi due, ci

credono marito e moglie, dormiremo tranquilli.

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7) - 30 ottobre giovedì

Los Arcos – Logrono – Km. 28

Paola parte alle 8 e 30 col bus alla volta di

Logrono e poi con un altro che la porterà a

Saragozza.

“Io lo so che non sono solo anche quando sono

solo, io lo so che non sono solo, e rido e piango

e mi fondo con il cielo e con il fango”, canto e

mi avvio verso la meta di oggi, e di fango ne

vedrò tanto.

Faccio la prima parte della tappa con i francesi,

fortuna che ho le mie racchette, loro arrancano

nel fango rosso, specialmente in salita. Ho

rivisto i 4 spagnoli, ci siamo fermati insieme in

un bar a prendere un caffè. Piove e piove, tutto

il giorno, ma senza grande fastidio. Mi sono

fermato in un albergue per poter magiare

all’asciutto, l’ospitalera mi chiede di togliere

gli scarponi infangati, lo faccio e lei arriva con

due ciabatte. Per pranzo avevo acquistato un

bocadillo” credendo fosse alla frittata: era

pesce, ma era buono lo stesso, o forse, dopo

cinque ore di marcia e acqua, qualunque cosa

sarebbe stata ottima. Nella cucina c’è una

donna francese, si sta preparando il pranzo;

chiacchieriamo e lei ci accomuna, loro con

Sarkozy e noi con Berlusconi e ci facciamo

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coraggio. Le dico che io continuo, lei mi fa

notare che piove troppo, io le rispondo che non

è così, fuori c’è un sole magnifico, lei alza le

spalle e mi dice “noi il sole ce lo portiamo

dentro”. Poi mi offre un caffè solubile, bevo, la

saluto e la lascio.

Prima di Logrono ho visto la mitica figlia della

mitica signora Felicia; ho suonato al

campanello della casa che sta proprio sul

cammino, è uscita, mi ha fatto entrare nel

ripostiglio a fianco della casa, pieno di ogni

cosa, e mi ha apposto il “sello”. L’ho salutata

con calore e le ho scattato una fotografia.

Arrivo alle 17 a Logrono, nell’albergue, ci

sono tutti: gli italiani (Giulia e Mirko), lo

spagnolo taciturno (Josè), lo spagnolo pazzo

(Roc), lo spagnolo mezzo svizzero (Helios), le

coreane (Ci Hè e sua madre), le due tedesche,

insomma la carovana viaggia di pari passo,

almeno fino a qui. Ceniamo insieme

nell’albergue: io, Giulia, Mirko, Helios e Roc,

ridiamo e beviamo dell’ottimo vino acquistato

da Roc. C’è una, qui in cucina, che dopo aver

tagliato una cipolla sta tritando dell’aglio

(orrore), speriamo che lei e lui non siano nella

mia camera. Ah! Ecco, non potevano mancare i

cavolini!

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Dormo nella mansarda, vicino ad un’ungherese

di nome Melinda, ha male ad un piede, è

caduta nel pomeriggio, le do il “no dol” che mi

ha lasciato Paola.

8) - 31 ottobre venerdì

Logrono – Najera – Km. 29

Parto alle 8, dagli albergue ti buttano fuori a

quell’ora. E’ gioco forza incamminarsi,

attraverso la città e, quasi alla fine, trovo un bar

decente per fare colazione. Piove e pioverà

tutto il giorno. Incrocio Roc che torna indietro,

dice che deve tornare a casa, ci salutiamo e

abbracciamo cordialmente come fossimo amici

da sempre. Mi spiace, era un compagno di

viaggio piacevole, con la sua voce roca, ma

sempre allegra; lui era la terza volta che faceva

il cammino, va a sapere le ragioni. Dopo 13

chilometri di pioggia incessante, a Navarrete

entro in un bar, mi sono promesso un caffè.

Trovo all’interno Giulia ed Helios con una

delle tedesche - si sono separate, non avevano

gli stessi ritmi!?-. L’alemanna parte quasi

subito. Ci incamminiamo in tre nel fango, ma a

Ventosa ci separiamo, loro vanno più veloci.

All’entrata di Najera, 12 chilometri dopo la

nostra separazione, li ritrovo seduti su una

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panchina, sotto la pioggia; Helios dice di essere

distrutto e di volersi fermare un giorno, Giulia

dice che è d’accordo, mi propongono di

dividere una camera in un Hostal, costa il

doppio, ma per una notte può andare, si può

dormire tranquilli e fare una doccia in un vero

bagno. Intanto Mirko non si è mosso, non ce la

fa, ha un ginocchio gonfio, forse li raggiungerà

con il bus il giorno successivo.

9) - 1 novembre sabato

Najera – Santo Domingo de la Calzada –

Km. 21

Dopo tre giorni di pioggia continua,

finalmente una bella giornata. Sole e grandi

nuvoloni, a sottolineare il paesaggio, ma

neanche una goccia.

Ho lasciato Giulia ed Helios all’Hostal e sono

partito solo; ho viaggiato tutto il giorno sempre

da solo, sono giusto stato superato da quattro

spagnoli in gita. A pranzo, si fa per dire pranzo

(un panino con tonno e pomodoro!), mi sono

fermato in un luogo piacevole. Dopo una salita

abbastanza faticosa, un piccolo luogo attrezzato

in mezzo alla campagna. Una fontanella per

l’acqua, due panche e tre buffe sedie in pietra

somiglianti più a triclini, con lo schienale

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arrotondato ed un quadrato delimitato da legno

con all’interno piccoli sassi rotondi dove

appoggiare i piedi. Mi mangio soddisfatto il

panino, sdraiato su una sedia, mentre passa un

austriaco che fa un cenno e va via. Arriva

anche Rosemary, un’australiana partita il 22

settembre da Puy (me lo dirà dopo

nell’albergue), si toglie lo zaino, si posiziona

su una panca pochi metri davanti a me e si

mette a fare ginnastica, poi si sdraia; la vedo,

lei sulla panca, lo zaino al suo fianco, le

montagne sullo sfondo, le faccio una foto (le

ho promesso che gliela manderò al mio

ritorno).

All’albergue, in cui arrivo alle 16, ci sono le 3

coreane, la tedesca, lo spagnolo taciturno e i

due francesi che all’inizio avevamo scambiato

per preti o frati, ma non era vero; la casa è

vecchia, ma molto accogliente, si dorme nella

mansarda, non ci sono ovviamente i soliti letti

a castello. Faccio il consueto giro della città,

visito la cattedrale dove, per tradizione, vivono,

sistemati sopra ad un altare, un gallo e una

gallina. Le tradizioni del Cammino sono

semplici, ma anche suggestive.

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10) - 2 novembre domenica

Santo Domingo de la Calzada – Belorado –

Km. 23

Piove, piove, piove. Faccio colazione in una

bellissima pasticceria e parto poco prima delle

9.

Faccio quasi tutto il tragitto da solo, unico

riferimento le frecce gialle che ti guidano verso

la meta, In un piccolo villaggio sul muro di una

casa ci sono due frecce, una indica una

direzione, l’altra un’altra: mi fermo. Ormai ho

imparato a mie spese che quando si ha un

dubbio bisogna fermarsi e cercare una

conferma. Di solito si vede un cippo qualche

metro più avanti, o un cumulo di pietre, o

ancora un’altra freccia disegnata sull’asfalto o

su una pietra o su un lampione. Guardo in tutte

le direzioni, niente! Mi giro alla ricerca di un

indizio, in mezzo alla pioggia vedo un uomo ad

una finestra al primo piano di una casa, mi

guarda e mi indica la direzione, nello stesso

tempo al piano di sotto una ragazza che sta

lavorando al computer si sbraccia ad indicarmi

la stessa direzione, sorrido e saluto

ringraziando. Poco prima di mezzogiorno mi

fermo in un bar a prendere un caffè e una pasta,

non riuscirò più a trovare un luogo dove

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fermarmi, piove e non ci sono ripari, sono

costretto a camminare fino alla meta che

raggiungerò molto presto, alle 15 e 15. Nel

primo pomeriggio, in mezzo alla campagna, mi

viene incontro una figura nella pioggia, un

cappellaccio sopra a una mantella che traina un

curioso carretto al posto dello zaino; ci

parliamo in inglese prima di capire che siamo

entrambe italiani! Luca sta tornando da

Santiago, ma quella non era la sua meta; partito

da Sondrio con l’intenzione di andare in

Irlanda a piedi voleva vedere Andora, che lo ha

deluso, poi ha pensato di passare da Madrid,

poi da Porto e, ancora da Santiago. Ora, poco

fuori Redecillia del Camino, sotto la pioggia

battente, mi racconta che è intenzionato a

proseguire per l’Irlanda, ovviamente sempre a

piedi. Lo saluto augurandogli buona fortuna,

pensando a quanti incontri strani si fanno su

questa antica via.

A cinque chilometri da Belorado raggiungo

Josè, lo spagnolo taciturno, e facciamo insieme

gli ultimi chilometri fino all’albergue, dove

troviamo le due coreane. Faccio la doccia e,

dopo circa un’ora e mezza vedo entrare una

figura chiusa nella mantella, fradicia e

distrutta: è Giulia, si è fatta 44 chilometri oggi,

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da sola, ha lasciato gli altri perché andavano

troppo piano. Abbiamo tutti trascorso una

giornata faticosa e fradicia. Nonostante

l’attrezzatura tecnica, nulla riesce a fermare

l’acqua oltre un certo tempo. Preparo per tutti

un the e ci dividiamo una girella e una mela

che avevo acquistato questa mattina; le coreane

mettono in tavola frutta secca e uvetta, non è

un gran ché, ma la stufa e il the caldo ci

rincuorano. Io sono arrivato alla mia ultima

tappa, per quest’anno, e mi dispiace.

Viaggio di ritorno - 3 novembre

Belorado – Saragozza – Orio al Serio –

Collegno

In poco più di un’ora di bus ho percorso il

tragitto fatto in quattro giorni; questo dà il

senso del Cammino, vivere in una dimensione

spazio/temporale tutta sua. Il tempo si dilata e

si misura in mattino, pomeriggio, sera e notte.

Lo spazio è ciò che comprende il tuo sguardo,

“fino là” e non oltre. I pensieri vagano nella tua

mente senza fretta non c’è nulla oltre il

camminare e l’orizzonte, che ci sia il sole, la

pioggia o il vento. Non so se sia corretto, ma

questa mi sembra “pace”. Ripenso al giorno

della partenza, a come mi sentivo male; durante

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il Cammino non ho avuto un solo giorno di

malessere, mal di testa o un qualunque

malanno, credo sia un vero toccasana.

Il bus viaggia nella campagna spagnola

costellata di pale eoliche (a centinaia) e di

piccole centrali solari; mi viene il magone a

pensare all’insensibilità del nostro paese!

Giunge puntuale a Saragozza da dove prendo

un volo, un po’ ballerino verso l’arrivo, ma

anch’esso puntuale. All’aeroporto trovo subito

il bus per la stazione di Milano e arrivo in

tempo per prendere il treno che mi ero

prefissato, con poche speranze a dire il vero,

ma tutti gli orari si erano compenetrati in modo

perfetto, da quando al mattino alle 9 e 15 avevo

preso il primo bus, fino al treno delle 20 e 10.

Vorrei terminare qui perché dire che quel treno,

che doveva impiegare un’ora e cinquanta, ha

avuto più di due ore di ritardo proprio non me

la sento, per cui non ne parlo.

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Diario II Parte

14 marzo 2011

Sono trascorsi due anni e tre mesi e finalmente

ecco che arriva il giorno della partenza, verso

Santiago.

C’è voluto tutto questo tempo per trovare il

momento per partire, ma ciò che ha dato il

definitivo via alla decisione è stata la

scomparsa prematura di Renato il nostro amico

di Villafranca il 2 gennaio.

Il 10 gennaio una piccola operazione di ernia,

per altro prevista, mi aveva fatto ritardare

l’inizio della preparazione, ma venti giorni

dopo, l’allenamento era già iniziato. Prima con

brevi giri di un’ora, poi pian piano con

camminate più lunghe. Sapevo che nulla era

simile alle tappe del Cammino per cui decisi

che l’importante era abituarsi gradatamente a

camminare per più ore, tutti i giorni. Così ho

fatto, approfittando del fatto che nel frattempo

la mia azienda mi aveva messo in “esodo”. Mai

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parola mi trovava più in sintonia; l’esodo sa di

biblico, di un cammino verso una terra

promessa, di un nuovo inizio.

Così la sera del 14 marzo prendo un treno che

da Torino mi porta a Barcellona. Mi sento in

colpa, ieri notte Mariella è stata male, le ho

persino chiesto se voleva che la portassi al

pronto soccorso. Al mattino ha detto che stava

meglio e che non dovevo assolutamente

pensare a rinunciare al viaggio.

Al mattino arrivo a Barcellona, piove in

maniera esagerata, riesco a bagnarmi tutto solo

scendendo dal treno. Con un treno che fa da

metrò tra una stazione e l’altra mi trasferisco

alla stazione Saints dove prendo un treno

veloce per Saragozza. Sul treno si può ascoltare

la radio, così prendo confidenza con lo

spagnolo. Da qualche parte c’è un’importante

fiera della “truffa”, pare che anche in Italia ve

ne sia, così dicono alla radio. Cosa sarà mai?

Vengo a sapere poi che stanno parlando di

tartufi, chissà perché avevo pensato ad altro?

Da Saragozza prendo un autobus che mi porta

fino a Belorado il luogo in cui il mio cammino

si era fermato nel novembre del 2008.

Trovo l’Albergue (diverso da quello della

scorsa volta) grazie a Kate, una ragazza

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svizzera che mi fa strada, e così comincio ad

entrare nell’atmosfera. Per la prima volta

consegno la mia “credencial” al gestore, il

primo “sello” si aggiunge agli altri e faccio la

conoscenza dei pellegrini che sono giunti nel

pomeriggio. La prima cena con Dani, un

giovane spagnolo di Palencia che vive a

Madrid, Ester e Pilar due ragazze di Pamplona,

Nadine una ragazza tedesca e Kate la svizzera.

Ci sono altre tre persone che però non

mangiano con noi, due uomini e una ragazza

coreana, che conoscerò in seguito. La notte

trascorre serena, non vedo l’ora di iniziare.

11) /1 - 16 marzo 2011 mercoledì

Belorado – Ages Km. 27,5

Sveglia prima delle 7, come d’uso, fuori

piove, d’altra parte quando ero arrivato la volta

scorsa pioveva e non potevo aspettarmi

qualcosa di diverso. Esco alle 8 coperto dalla

mantellina, faccio dieci metri e sono costretto a

tornare indietro, mi ero dimenticato di

mettermi le ghette e i pantavento. Falsa

partenza. Piove e c’è molto fango, non importa,

l’euforia del primo giorno mi spinge avanti.

Salgo verso il colle dell’Oca, c’è un tavolo con

panca riparato da un bel tetto, fatto apposta per

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i pellegrini; sono solo le undici, non posso

ancora fermarmi per un boccone, penso: ne

troverò un altro più avanti. Per chilometri non

c’è più un riparo o un posto dove riposare un

attimo e mangiarsi un panino; ad un tratto

arriva da dietro uno “Holà, Buen Camino” e se

ne va veloce. Alle due e mezza, in un momento

di relativa calma della pioggia, mi decido ad

entrare nel bosco e a sedermi sull’erba fradicia

per dare un po’ di riposo ai miei piedi e per

mangiare. Riprendo, mi supera il tipo di prima,

chissà dove l’ho superato? E’ un italiano,

Giuseppe di Verona, è partito a piedi da Pau,

perché l’aereo lo aveva portato li, Dice di

essersi perso a Roncisvalle nonostante avesse il

GPS! Parliamo per qualche minuto, ma lui va

molto più veloce di me e ci salutiamo.

Sicuramente non lo rivedrò più, il suo ritmo è

di gran lunga superiore al mio.

A San Juan mi fermo mezz’ora dentro la

chiesa, che fortunatamente è aperta. Arrivo a

Ages alle 15,30, trovo un Albergue privato, il

S. Rafael. Entro, sono il primo, strano, chissà

dove sono tutti gli altri? So che alcuni si

fermavano a S. Juan, ma qualcuno dovrebbe

comunque arrivare. Invece no sono solo in una

stanza con sei letti. Prima di andare a dormire il

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gestore mi lascia le chiavi, mi fa vedere dov’è

il telefono e mi indica un numero “in caso di

necessità”, poi se ne va.

12) /2 - 17 marzo giovedì

Ages – Burgos Km. 24

Anche oggi piove, parto alle 8 e mezza, un

cartello mi ricorda che mancano 517 chilometri

a Santiago. Nella mattinata smette di piovere.

Dopo Atapuerca, famosa per i suoi

ritrovamenti preistorici, c’è una salita

abbastanza faticosa; mi viene da ringraziare il

fatto di avere scarponi con una suola resistente,

il tratturo è disseminato di roccia e pietre

taglienti. Dall’alto si vede Burgos, ma

guardando la città e osservando il tragitto che

le frecce ti indicano, si ha la sensazione che ti

facciano fare un giro inutile. Quando si arriva a

Villafria questa sensazione è una certezza: dal

basso si vede l’altura da cui si è scesi ed è

evidente che ti hanno costretto ad un lungo giro

con il solo scopo, almeno credo, di farti

attraversare due piccoli borghi. Sapendo che

l’ingresso in Burgos è una strada molto

trafficata e che ti fa camminare per lungo

tempo a fianco di fabbriche e concessionarie di

auto, decido di prendere l’autobus n.8 che mi

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porta nei pressi del centro, posso così osservare

la grande fabbrica di pneumatici che occupa un

lunghissimo tratto di strada. L’albergue è

proprio dietro la cattedrale, il tempo

risparmiato mi permette di visitare la grande

costruzione, a pagamento con sconto per i

pellegrini, e il centro città. La cattedrale è

sicuramente da vedere, una delle più belle

chiese che si possono ammirare in questo

Cammino. La sera, su indicazione di una delle

ospitalere, vado a cenare in un bel locale della

città, frequentato prevalentemente da spagnoli,

insieme alla svizzera Kate, ad una signora

francese, Terese e ad Andreas, un canadese che

dice che di mestiere cammina, chissa cosa

intende dire.

13) /3 - 18 marzo venerdì

Burgos – Hontanas Km. 31

Partenza alle 7,30; per fortuna prendo un

caffè alla macchinetta dell’albergue e una

brioche confezionata, perché fuori è ancora

tutto chiuso e dopo Burgos si trovano solo

piccoli paesi. Faccio i primi 10 km con

Giuseppe, quello di Verona, che mi racconta di

una sua amica che non mangia per scelta

ascetica, secondo una non meglio definita

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filosofia indiana; lui è alla ricerca della sua

strada. Poi riprende, perché, come avevo visto

due giorni prima, lui va molto veloce, ma,

nonostante ciò, lo ritroverò ancora. Passano i

paesini, ma non c’è neppure un negozio; io, per

scelta, non mi porto mai niente da mangiare,

conto di trovarne cammin facendo. Un colpo di

fortuna: all’ultimo paese, prima di salire sulle

mesetas, arriva un camioncino strombazzando

e si ferma sulla strada in mezzo al paese: le

signore escono di casa e si apprestano verso

questo furgone che vende pesce fresco e frutta.

Acquisto un’arancia, una mela e una banana

che saranno il mio pasto per quel giorno.

Arrivo ad Hontanas alle 16,45. Nell’albergue,

una vecchia casa ristrutturata, ritrovo Dani e le

due ragazze di Pamplona; alla sera arriva un

amico di Dani da Madrid che, siccome lavora,

farà due giorni con loro. In mio onore decidono

che devono preparare una pasta alla bolognese,

tirano fuori due pacchi di “tajarin” (è proprio

scritto così sulla confezione!), e, con carne,

sugo e un uso spropositato di cipolla, preparano

questo piatto. Mi intrometto solo per

scongiurare che la pasta si trasformi in colla,

ma alla fine ceniamo chiacchierando

allegramente, bevendo abbondante vino dato

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che in cucina non è stato acceso il

riscaldamento.

14) /4 - 19 marzo sabato

Hontanas – Boadilla del Camino Km. 28

Oggi è una bella giornata, si cammina bene,

il tragitto passa in parte sulla strada

provinciale, non c’è traffico ed ho un colpo di

fortuna. La strada passa tra le rovine del

convento di San Anton del sec. XIV, la

struttura si vede in parte, perché l’interno è

parte di una tenuta privata. In estate c’è anche

un albergue, che in questa stagione è chiuso,

ma quando arrivo, un’auto si avvicina alla

cancellata e, dopo aver chiesto il permesso, mi

lasciano entrare e fotografare l’interno della

chiesa a cielo aperto. Dopo Castrojeriz si risale

verso la meseta; la salita è dura, ma si vede

dove finisce e quindi si ha il senso della

distanza. Arrivati in cima, un bel colpo

d’occhio ti fa vedere la strada già percorsa e ti

dà il senso dell’infinito della strada ancora da

percorrere. Purtroppo qualche amministratore,

che sicuramente non ha mai fatto il Cammino,

ha pensato che la discesa, molto ripida, subito

dopo il passo, dovesse essere cementata.

Sembra quasi che gli amministratori locali,

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lungo tutto il tragitto, si divertano a sistemare

le strade secondo un loro criterio che è l’esatto

contrario di ciò che vorrebbero i pellegrini.

Lastricano ingressi nei paesi, cementano salite

o discese, con il risultato che ai bordi di questi

manufatti, certamente costosi, c’è sempre una

scia sulla terra battuta dove passano i pellegrini

che preferiscono la terra o l’erba all’asfalto o al

cemento.

Il panorama è superbo e ti riempie di

emozione, una grande emozione (e dire che su

una guida avevo letto che si trattava di una

tappa noiosa). La giornata è stata un gran

prologo per una serata davvero speciale. Arrivo

a Boadilla, l’albergue che doveva essere aperto

è chiuso, invece è aperto l’albergue Putzu. Mi

riceve Serafin, ragazzo Basco che ha deciso di

aprire un albergue; ha appena finito di interrare

una piccola piscina nel giardino (sarà un gran

privilegio per questa estate). Mi invita a casa

sua e mi specifica subito che per questa

giornata sarà anche casa mia. Nell’albergue c’è

già Jago un giovane medico di Bilbao e Sam

Min, anche lei medico di Seul (Corea del Sud).

La ragazza mi dice che il suo nome significa

“pietra preziosa per tutte le genti”, (che

poesia). Arrivano anche i quattro spagnoli, con

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me la sera precedente, e Pablo, un portoghese

che vive in Francia. Le regole della casa sono

che qualcuno prepara la cena e gli altri fanno le

pulizie. A me, in quanto italiano, l’incarico di

allestire una cena. Serata davvero speciale,

usciamo tutti sul prato ad osservare la luna

piena. Posso anche suonare la chitarra che è li

nel soggiorno a disposizione, per la prima volta

si va a dormire tardi, dopo un paio di bottiglie

bevute tra amici.

15) /5 - 20 marzo domenica

Boadilla del Camino – Corrion de Condes

Km. 25

Ieri pomeriggio c’era un sole magnifico e,

dopo aver fatto il bucato, ho approfittato del

giardino di Serafin per stendere la mia roba;

purtroppo non mi sono ricordato di ritirarla a

sera e questa mattina ho trovato che la mia

biancheria era un pezzo di ghiaccio, poichè la

temperatura era scesa sotto zero durante la

notte.

Parto per ultimo alle 8,30, il primo tratto è

abbastanza bello, si cammina a fianco di un

canale, poi inizia la parte noiosa del Cammino,

si viaggia su uno sterrato a fianco di una strada

che non è affatto trafficata, ma quell’andare

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sempre dritti e senza un rilievo non è troppo

piacevole; fortuna che, ad un certo punto

raggiungo Sam Min e Jago e tra una

chiacchiera e l’altra si arriva abbastanza stanchi

a Corrion de Condes. L’albergue è gestito dalle

suore e non mi piace molto, sarà quello in cui

mi sono trovato meno a mio agio in tutto il

viaggio. Si dorme in una piccola stanza in 12,

con letti a castello troppo vicini l’uno all’altro.

Bocciato! A cena, col menù del dia, insieme ai

miei due compagni di questa tappa, si parla del

Cammino, delle rispettive nazioni, del perché si

è li e così via, ridendo nonostante le differenze

di latitudine e di lingua.

16) /6 - 21 marzo lunedì

Corrion de Condes – Terradillos de los

Templarios Km. 27

I roncadores si sono dati da fare, ma in

qualche modo sono riuscito a dormire! Sveglia

prima delle 7 e partenza, dopo colazione in un

bar dove ritrovo gli spagnoli che avevano

scelto un altro albergue.

La strada anche oggi è tutta dritta, ma il

paesaggio è tipicamente rupestre. A Ledigos ci

sono due frecce leggermente divergenti: prendo

a destra, è a fianco della strada, ma per tutto il

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percorso vi sono alberi sulla sinistra a riparare

dal sole. Oggi non c’è un gran sole, ma credo

che in estate possa essere piacevole approfittare

dell’ombra. Cammino ancora un po’ con la

coreana e lo spagnolo Jago. Poi proseguo con i

tre spagnoli; Dani decide che devo imparare la

sua lingua e si comincia col verbo “ser”, ma

sbaglio sempre la seconda persona plurale, così

mi minaccia col bastone che usa per

camminare. Ridiamo e così la fatica non si fa

troppo sentire.

Sam Min decide di proseguire per Sahagun,

Jago mi abbraccia perché deve tornare a

Bilbao, lui aveva solo pochi giorni da

trascorrere sul Cammino e sono finiti.

Mi fermo a Terradillos con gli spagnoli,

l’albergue è privato ed è anche ristorante così

non si deve andare a cercare altrove, anche

perché non ci sarebbe altro in questi piccoli

paesi che attraversiamo. Il padre di Dani, che

vive a Palencia, viene a trovare suo figlio (Dani

vive a Madrid) che passa nelle vicinanze e

porta dolci che ci mangiamo per cena e saranno

molto utili per il giorno successivo.

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17) /7 – 22 marzo martedì

Terradillos los Templarios – El Burgo

Ranero Km. 31

Riparto alle 8,30, viaggerò tutto il giorno

solo. La tappa ancora una volta mi dice poco,

c’è il sole ma si viaggia sempre a fianco della

strada in linea retta. Si attraversano piccoli

paesini, ma anche Sahagun che è una cittadina

anche carina. Qui prendo una decisione che

rimuginavo da un paio di giorni. Il mio zaino è

decisamente troppo pesante, supera i 10 chili. E

dire che lo sapevo dalla prima volta che

bisognava portare solo l’indispensabile, solo

che avevo ritenuto indispensabili cose che alla

prova dei fatti potevano essere lasciate a casa.

Così vado alla posta e metto, in una scatola

fornitami dall’impiegato, le scarpe che usavo la

sera e un maglione. Peso: 2 chili. Ora lo zaino è

diventato umano, le mie spalle, ma soprattutto i

miei piedi sorridono. Sgravato dell’inutile

fardello, mi compro anche una crema solare

che non mi ero portato e che è diventata utile,

essenzialmente per la parte sinistra della faccia

e per la mano sinistra che si è scottata. Io

cammino sempre con i bastoncini e questo fa sì

che le mie mani siano sempre esposte. E’ vero

che al mattino, essendo la temperatura quasi

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sempre sotto zero, metto i guanti, ma durante la

giornata, se c’è il sole, è un’altra cosa.

All’albergue c’è un francese come ospitalero,

dice di essere pranoterapeuta, racconta di aver

fatto il Cammino percorrendo giornalmente 50

km. Trovo come sempre i 3 spagnoli, ancora la

coreana e Tony, un italiano che vive in

Germania. Ceniamo nel ristorante di fronte e

finiamo col Paciaran, un liquore di quelle terre.

Buono!

18) /8 – 23 marzo mercoledì

El Burgo Ranero – Arcahueja Km. 30

Sono in strada alle 8. I primi tranquilli 13

chilometri in assoluta solitudine. Si viaggia

ancora a fianco di una strada, prima con un

traffico inesistente, poi ci si immette in un’altra

che avvicinandosi a Leon diventa man mano

più trafficata di auto e camion. Non è un bel

camminare. So che si tratta dell’ultimo tratto,

se si può dire: noioso, e mi consolo. La mia

idea di non fermarmi a Leon mi porta alle porte

della città, mentre tutti gli altri si fermano un

po’ prima, in modo da arrivare nella capitale

della regione e fermarsi il giorno successivo. A

me di visitare le città grandi,a parte il centro,

non va molto per cui avevo impostato il mio

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viaggio prevedendo di attraversare la città ma

di dormire oltre.

Così sono solo nell’albergue privato di

Arcahueja.

19) /9 – 24 marzo giovedì

Arcahueja – Villar de Mazarife Km. 29

Da Arcahueja hanno allestito un percorso

alternativo a quello lungo la statale, non è un

gran chè, ma è meglio, per il solo fatto che per

un certo tratto è lontano dal traffico. Entro in

Leon, mi fermo un’ora a visitare il centro: la

casa costruita da Gaudì, la splendida cattedrale

(imperdibile), la chiesa di San Isidoro con il

chiostro e l’annessa cappella dipinta. Poi

riparto verso la periferia e finalmente fuori città

il panorama cambia. Da la Virgen del Camino

vi sono due possibili itinerari, scelgo quello che

si allontana dalla statale e attraversa la

campagna con i suoi piccoli borghi. Sulle guide

è scritto che si tratta di un tragitto più lungo di

5 km., in realtà, confrontando i chilometraggi

ufficiali dati dalla regione Castillia e Leon, il

percorso è quasi uguale, forse poche centinaia

di metri meno in quello che viene indicato più

lungo. Ho constatato, durante il Cammino, che

a volte si fanno giri strani, altre volte vieni

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indotto a passare in luoghi che non sono quelli

originali, solo per farti passare in un punto

preciso o in un paese particolare. Interessi?

Comunque ero stufo di camminare vicino ad

una strada e non ho avuto dubbi. Col senno di

poi ho fatto bene. Mi fermo, come previsto,

all’albergue San Antonio da Padua: sono

ancora da solo in uno stanzone con 40 letti, ma

trascorro una piacevolissima serata davanti al

camino acceso con Pepe, un vecchio medico

che ha allestito l’albergue qualche anno fa e

Nuria, che si occupa della cucina e parla molto

bene l’italiano. Discutiamo sul significato del

Cammino, concordiamo col fatto che prima o

poi tutti durante questo viaggio, anche

interiore, piangono. “Si piange” dice Pepe “per

i dispiaceri passati o per l’impotenza del

presente”. Non so se sia così, ma succede a

tutti.

20) /10 – 25 marzo venerdì

Villar de Mazarife – Astorga Km. 31 Riparto alle 8,30. Piove. Sono, come ogni

volta che piove, vestito come un palombaro. La

mantella, i pantavento, i guanti. Ma dopo

neanche mezz’ora smette, mi tolgo il tutto e

proseguo in mezzo alla campagna; incontro tre

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ragazze tedesche, come sempre ci salutiamo e

auguriamo “Buen Camino”. Più avanti, un altro

pellegrino si sta cambiando la maglia. Mi

avvicino e mi fermo per fare due chiacchiere: è

un finlandese, tira fuori un salamino piccante,

me lo offre e, dopo un mio cortese rifiuto, lo

addenta e se lo mangia in tre bocconi. Troverò

ancora altre volte quest’uomo. I pellegrini che

mi avevano accompagnato nella prima parte

sono indietro ed ora trovo altri compagni di

viaggio. La tappa di oggi è bella anche se ad un

certo punto, dopo essere passato all’interno di

un piccolo borgo, mentre mi trovo su un

tratturo all’interno di un boschetto, arrivo ad un

bivio. Le direzioni possibili sono tre: avanti, a

destra o a sinistra. Cerco la freccia che mi

indichi la strada, mi giro in ogni direzione,

percorro uno spezzone di ogni direzione, ma

della freccia gialla o di una qualunque

indicazione, nulla. Decido di tornare indietro e

con la piantina della tappa in mano passo da

un’altra parte che però so essere nella direzione

giusta. Dopo circa un chilometro, come per

magia, ritrovo le frecce. Avrei dovuto girare a

sinistra. Gli ultimi tre chilometri prima di

Astorga sono brutti, come ogni ingresso in

città. Trovo subito l’albergue, che è il primo sul

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tracciato. Mi accoglie una ragazza ungherese, è

gentilissima. Nella camera vi sono due letti a

castello, su uno vi è già sdraiato il finlandese

conosciuto nel pomeriggio. Dopo una

tonificante doccia vado a vedere la città che è

veramente bella, piccola, ma con un bellissimo

centro in cui spicca la piazza del municipio, il

palazzo vescovile (opera ancora di Gaudì) e la

cattedrale, che non potrò visitare perché chiusa.

La notte i miei piedi mi implorano di fermarmi

almeno un giorno. Mi fanno male le piante dei

piedi, anche se non ho né vesciche né tendiniti.

Fatico a dormire.

21) /11 – 26 marzo sabato

Astorga – Rabanal del Camino Km. 21

Era mia intenzione andare fino a

Foncebadon, ma strada facendo mi sono detto

che i miei piedi non me lo avrebbero

perdonato.

Anche oggi piove, smetterà e riprenderà tutto il

giorno, il percorso è bello, sale gradatamente in

mezzo alla natura. Ad un tratto un quadretto

strampalato: su un filo della luce vicino ad un

traliccio dell’alta tensione, ad una decina di

metri di altezza, due scarponi legati tra loro

penzolano al vento! Non riesco a pensare a chi

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possa essere stato così stolto. L’unica cosa che

mi viene in mente, qualcuno che ha deciso con

quel gesto plateale di dire: “Basta me ne torno

a casa!”. All’albergue di Rabanal c’è un

ragazzo di Bologna, Fabio, che è fermo da due

giorni per una tendinite. C’è anche una ragazza

australiana, Susan, anche lei ospite da due

giorni perché non sta bene: è li, con la testa

appoggiata ad una mano, mentre mangia

schifata un riso in bianco preparatole dalla

ospitalera. Ci informano che alle 18 in chiesa si

potranno ascoltare canti gregoriani. Piove, tira

vento e fa freddo, per uscire mi metto tutto

quello che ho, tre maglie la giacca e la

mantella. Ascoltiamo con piacere i canti dei

monaci; erano anni che non sentivo cantare il

“Magnificat” in latino! Poi tutti a cena

nell’unico ristorante del luogo. Ad un unico

tavolo ci sono io, con l’altro italiano, un danese

e uno svedese della mia età, poi le due ragazze

tedesche che avevo incontrato due giorni

prima, un altro ragazzo tedesco e una ragazza

olandese. Facciamo già un bel miscuglio di

umanità, usando una lingua che assomiglia al

patchwork.

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22) /12 – 27 marzo domenica

Rabanal del Camino – Molinaseca Km. 26

Facciamo colazione tutti insieme, al mio

fianco una signora che non avevo visto la sera

prima. Siamo tutti un po’ su di giri, sappiamo

che questa è una tappa importante del

cammino, per me sarà una delle più belle. Si

passa alla “Croce di Ferro”, tutti tiriamo fuori

la nostra pietra che abbiamo portato da casa,

c’è un attimo di esitazione prima di partire,

piove a dirotto, Fabio dice. “Vedrete che fra

mezz’ora smette” (parole profetiche).

Guardo con curiosità Susan che sta meglio e ha

deciso di partire. A differenza di tutti gli altri

che viaggiano con giacche a vento, lei ha un

cappottino di lana a quadrettini e sorride.

Partiamo, ognuno col proprio passo, davanti a

me, a poche decine di metri, la ragazza

olandese. Dopo circa mezz’ora la vedo

fermarsi, mi aspetta e mi guarda interrogativa.

“Sì è neve” le dico e scoppiamo a ridere. Man

mano che si sale la neve comincia ad

imbiancare gli alberi, la strada e noi. Arrivati a

Foncebadon ci rifugiamo tutti nell’albergue che

ci ospita offrendoci caffè e dolci da gustare

davanti al camino acceso, davanti al quale

sistemiamo le nostre scarpe fradice. Arriva

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anche Fabio e dice solo: “Te l’avevo detto”. Mi

fermo mezz’ora, poi saluto la compagnia che

sembra intenzionata a rimanere ancora per

parecchio tempo e riparto. La neve scende che

è uno splendore, io adoro camminare nella

neve, in più i miei piedi, che nei giorni

precedenti si lamentavano, trovano la soffice

coltre un vero toccasana. Arrivo alla “Croce”

da solo con una commozione indescrivibile.

Lascio la mia pietra, provo a fare qualche foto

perché non voglio proprio scordare questo

momento, poi riprendo, questa volta in discesa.

Raggiungo Manjarin, mi fermo a salutare

Tomas l’ospitalero che vive da solo qui e che

dice di essere l’ultimo templare. Su una

mensola, una candela con sopra scritto “la luz

del Camino”. Chiedo spiegazioni e Tomas mi

dice che ogni sera accende la candela e se

qualcuno si trova nel buio sul Cammino può

ritrovare la strada seguendo quella luce.

Poetico! Man mano che si scende, la neve si

trasforma in pioggia. Arrivo a un paesino più in

basso ed entro nell’unico bar da cui sta uscendo

Toni, l’italo tedesco che dice che insieme ad

altri due ha chiamato un taxi per farsi portare a

Ponferrada, non ce la fanno più: sono fradici e

sopraffatti dalla stanchezza; mi chiede se

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voglio approfittare del passaggio, ma mi

guarda stranito quando gli dico che non sono

mai stato meglio e che ho proprio voglia di

continuare a camminare. Nel bar trovo la

signora che aveva fatto colazione vicino a me,

parliamo un po’ e scopro che viene

dall’Australia: le chiedo se aveva conosciuto

l’altra ragazza che veniva anch’essa dalla sua

terra, ma mi dice che non sapeva ci fosse

un’altra australiana nell’albergue e che non

aveva parlato con nessuno. Usciamo insieme e

lei parte velocissima, non la rivedrò più. Arrivo

a Molinaseca alle 17. A fianco del mio letto c’è

uno con una guida in italiano: chiedo

ovviamente se è italiano, no è austriaco, ma

aveva acquistato quella guida all’aeroporto di

Milano. Dice che fa ogni giorno almeno 40 km,

però quando gli dico che per mangiare bisogna

andare nel centro del paese a circa mezzo

chilometro, mi dice che è troppo stanco e che

salta la cena. Io vado nel ristorante

consigliatomi e trovo due coniugi che avevo

visto uscire in mattinata dall’albergue di

Foncebadon. Vengono dall’Alaska e hanno già

fatto il Cammino una volta oltre alla via

francigena da Cantherbury a Roma. Passiamo

insieme una bella serata. E mi stupisco di come

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le nostre idee siano simili, pur provenendo da

continenti diversi.

23) /13 – 28 marzo lunedì

Molinaseca – Villafranca del Bierzo Km. 31

Parto tardi la mattina, alle 8,30. Arrivo a

Ponferrada dopo 2 ore, attraverso la città, passo

a fianco del castello dei templari: sembra quasi

una ricostruzione tanto è perfetto. L’uscita è

brutta e in mezzo al traffico. Oggi sono stanco,

mi fanno male i muscoli, perciò mi fermo

spesso. Si attraversa di nuovo la campagna, si

sale e si scende in continuazione. Ad un certo

punto vedo due ragazze che arrivano da una

strada laterale, mi chiedo chi abbia sbagliato

strada, comunque l’importante è che ora siamo

su quella giusta. Arrivo stremato a Villafranca,

finisco di nuovo solo in un albergue. Dato che

ci sono solo io non si premurano di accendere

il riscaldamento. Per la prima volta rinuncio

alla doccia. Fortuna che nella camera con 6

letti c’è un po’ di caldo e con tre coperte riesco

a dormire decentemente. Mi insulto da solo,

perché non sono andato nell’altro albergue che

per di più era consigliato!

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24) /14 – 29 marzo martedì

Villafranca del Bierzo –La Faba Km. 25

Esco da Villafranca, minaccia pioggia. La

prima parte del tragitto si svolge a fianco della

strada che è sulla destra del sentiero, mentre

sulla sinistra scorre un bel fiume. Sulla strada

non c’è traffico perché poco sopra passa

l’autostrada dove è invece sfrecciano auto e

camion. Si cammina in una bella valle, solo a

tratti deturpata dai viadotti autostradali. Passo

in un paesino che doveva essere un luogo

piacevole qualche tempo fa, ora è sormontato

da un viadotto alto forse più di cento metri che

ne deturpa il panorama. Su una spianata, vicino

al fiume, pascola un cavallino pezzato, poco

distante un telone ripara un gruppo curioso: un

uomo con i capelli rasta in compagnia di sei

cani, non si capisce se è spagnolo, portoghese o

francese, racconta di sè di vivere sul Cammino,

offre un caffè in cambio di spiccioli. Una delle

presenze che si incontrano cammin facendo.

Incontro due giovani donne spagnole che

stanno percorrendo il Cammino insieme.

Camminano fumando e chiacchierando come

per una passeggiata, non hanno gli zaini che si

fanno portare tappa per tappa dal servizio

apposito, mi chiedono di far loro una foto e si

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piazzano davanti ad un pilone dell’autostrada;

consiglio di piazzarsi nella parte opposta dove

il panorama è bucolico, accettano stupite. Inizia

la salita verso il temuto O’Cebreiro, si prende

un sentiero sterrato, una bella mulattiera di

montagna, e si sale per quasi cinque chilometri,

fino ad arrivare a La Fapa dove ho deciso di

fermarmi. L’albergue è accogliente, ci

ritroviamo in un nutrito gruppo: ci sono le due

spagnole, due cugini francesi (maschio e

femmina) che provengono dalla Bretagna,

Gwendal e Gwenaelle, due coniugi francesi del

nord, uno spagnolo di Majorca di 68 anni che

non smette mai di parlare e che cammina con i

due coniugi. Arriva anche il finlandese

incontrato giorni prima e sembra soffrire molto

ai piedi, ed infine Toni l’italo tedesco che va

molto più forte di me ma che a giorni alterni

ritrovo. Nel villaggio non c’è un luogo dove

mangiare, per cui ci si deve arrangiare nel

rifugio. C’è un negozietto che però ha

pochissimo scatolame e per il resto scaffali

vuoti. In qualche modo si mangia, mettendo

insieme quello che si ha tra tutti. Una delle

ospitalere si presta a fare massaggi ai piedi, ne

approfittano le due spagnole e la giovane

francese, mentre io, trovata una chitarra,

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allieto, si fa per dire, gli astanti che mi

gratificano anche con calorosi applausi. Di

notte mi pento di non aver approfittato dei

massaggi ai piedi, ancora una volta mi dolgono

e fatico a dormire.

25) /15 – 30 marzo mercoledì

La Faba – Tricastela Km. 26

Si parte per una delle tappe più dure, almeno

così viene descritta su quasi tutti i testi. Fatta di

mattina, freschi, non è che una normale

mulattiera che gradatamente ti conduce al

passo. Ad un certo punto trovo il cippo che

segnala l’ingresso nell’ultima regione toccata

dal Cammino la Galizia. Da ora in avanti ci

sarà quasi sempre un cippo di pietra ogni

cinquecento metri. La prendo comoda per non

sforzare i piedi e i muscoli, in un’ora e

quaranta percorro i cinque chilometri che da La

Fapa mi separano da O’Cebreiro. Il luogo è

veramente magico, specie se visto nella nebbia

piovigginosa. Entro nel convento dei

francescani dove mi faccio apporre il sello e

scambio due parole con il frate addetto.

Sosta d’obbligo al bar. C’è Toni che mi aveva

superato di slancio sulla salita mezz’ora prima;

mi dice che ha percorso la salita in un’ora, però

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ora è costretto a fermarsi perché tutta la sua

roba è fradicia di sudore e deve aspettare che si

asciughi al calore del camino. Mi prendo la

prima fetta di torta di Santiago che gusto con

piacere. Ora è tutta discesa, la prima parte è

graduale e si viaggia abbastanza bene anche se

piove a tratti. Poi patisco alla grande l’ultimo

tratto prima di Tricastela. La discesa è ripida ed

impegnativa, vado pianissimo, temo per i

tendini e le ginocchia, i bastoncini mi tornano

utili come non mai. Arrivo all’albergue col

finlandese, ci assegnano due letti in una

stanzetta con due letti a castello, ma siamo solo

noi nella stanza. Lui prima di dormire si mette

a parlare nella sua lingua in un registratore e va

avanti dieci minuti. Usa questo mezzo invece

del diario che quasi tutti hanno.

26) /16 – 31 marzo giovedì

Tricastela – Barbadelo Km. 22

Questa notte abbiamo dormito così bene che

ci siamo svegliati alle 8. Faccio con comodo

colazione e chiedo informazioni sul tragitto. Da

Tricastela ci sono due possibilità: quella del

Cammino originale che passa da San Xil e

quella più lunga e più frequentata che passa da

Samos. Prendo la prima che attraversa i monti

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e non è, se pur in piano, sempre a fianco della

strada come l’altra. Il tragitto è bello e vario, si

sale per cinque chilometri e poi tutta discesa

fino a Sarria. Durante la discesa incontro un

portoghese che sta andando con una specie di

carrettino in senso contrario, dice che sta

andando da Santiago a Roma, poi mi vende un

braccialetto fatto da lui. Ritroverò gli stessi

braccialetti ai polsi di vari pellegrini. A Sarria

ritrovo, in un bar, Toni con il danese con cui

avevo cenato a Rabanal. Toni dice che deve

andare molto avanti e riparte come sempre

spedito. Dopo Sarria si sale in mezzo a un

bosco, con ruscelli e bella campagna. Mi

superano lo spagnolo che parla sempre e la

coppia francese che è sempre con lui. Sono

partiti molto prima di me ma al buio non hanno

trovato la strada per Xil e hanno preso l’altra

molto più lunga e che a loro non è piaciuta

affatto. Taccio sulla bellezza della mia tappa

per non amareggiarli troppo. E ancora una

volta mi chiedo il significato di far passare il

cammino in luoghi diversi.

Arrivo all’albergue di Barbadelo, il primo

gestito dalla Xunta de Galizia; ho il tempo di

fare il bucato e stenderlo in un bel prato di

fronte, dove mi stendo a leggere il libro che ho

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con me. Arrivano anche i due cugini francesi e

insieme allo spagnolo e agli altri francesi

ceniamo in un bel locale, prendendo come al

solito il menù del dia.

27) /17 – 1 aprile venerdì

Barbadelo – Hospital de la Cruz – Km. 30

Ci svegliamo tutti presto perché lo spagnolo

e i francesi sono sempre molto mattinieri. Non

c’è modo di fare colazione e parto che è ancora

buio alle 7,30. Dopo qualche chilometro un bar

e ci fermiamo tutti. Saluto i cugini francesi

perché loro pensano di fare una tappa breve in

quanto lui ha una forte tendinite. Ci facciamo

foto reciproche pensando di non rivederci.

Ancora un bel tratto di campagna con bei

saliscendi, anche se alcune discese sono molto

dure per me. In un paesino vengo avvicinato da

tre cuccioli, tre cagnolini simpatici, mi

soffermo un attimo e li fotografo mentre mi

rincorrono. Questo mi fa distrarre giusto

quell’attimo per non farmi vedere una freccia

che indica la direzione. Proseguo dritto e mi

accorgo dopo poco che qualcosa non va. Ad un

bivio non c’è la freccia che dovrebbe indicarmi

la strada; mi fermo, vado un po’ avanti finchè

chiedo in una cascina, mi rimandano indietro

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indicandomi la direzione giusta. Sono un po’

contrariato, so che devo fare una tappa lunga

con molte salite e sbaglio pure strada. Poco

dopo incontro una ragazza, Anna: sembra

giovanissima, scopro poi che ha 33 anni, è di

Praga ed ha una figlia di due anni e mezzo.

Aveva iniziato a Puy, in Francia, sette anni fa,

il Cammino, che aveva poi interrotto. Sapeva

che doveva per forza terminarlo e aveva deciso

di fare gli ultimi 100 km. Così io l’ho

incontrata proprio all’inizio del suo Cammino

di quest’anno. Arriviamo dopo poco al cippo

che segnala i cento chilometri da Santiago, mi

faccio fotografare e la fotografo con la mia

macchina perché lei aveva dimenticato di

portarsene una. Proseguo da solo, a

Portomarin, per la seconda volta nella giornata

mi viene da improperiare. Si giunge al paese

attraversando un lungo ponte su un lago

artificiale, la freccia ti indica una ripida

scalinata, sali, poi la direzione ti porta nel

centro del paese fino alla grande chiesa che

sembra un castello. Da qui si ridiscende per

una strada parallela e opposta a quella

precedente, fino a tornare a 200 metri dal ponte

da cui sei giunto per attraversarne un altro che

ti riimmette sul Cammino. Un chilometro e più

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assolutamente inutili per chi non deve fermarsi

in questo luogo. Accidenti! Nel pomeriggio mi

raggiunge Fabio di Bologna ma si ferma a

Calvor. A Hospital ancora una volta sono solo

all’albergue, una camerata con venti letti a

castello solo per me.

28) /18 – 2 aprile sabato

Hospitale de la Cruz – Melide – Km. 26

Mi avvio alle 8. Il tratto è bellissimo tutto in

mezzo alla campagna che attraversa piccoli

villaggi che paiono rimasti al medioevo. Gli

horreos per il granoturco, le mucche e i cavalli;

i contadini che, nonostante i mezzi moderni

come i trattori e macchinari vari, tagliano

l’erba con la falce. Attraverso Palas del Rei e

proseguo su un bel sentiero che evita

accuratamente la strada principale. Mi sorpassa

ancora una volta Fabio che dice di voler tentare

di arrivare a Santiago in due giorni. Arrivo a

Melide dove l’albergue è pieno; vicino a me

c’è Giuseppe che avevo incontrato il primo

giorno di Cammino, andava molto più veloce

di me ed ora è qui. Dice di essersi dovuto

fermare per due giorni a causa di una tendinite;

500 chilometri dopo siamo insieme. Lancia

un’imprecazione quando vede entrare un tale e

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mi informa che questa notte non dormiremo. Si

tratta di un Californiano, il più gran “roncador”

di tutti i tempi! Nella notte si sentirà imprecare

in tutte le lingue conosciute e uno soltanto avrà

la possibilità di dormire.

A cena nella famosa pulperia di Melide con

Hole il danese, Anna la ceca, Andrea, un

italiano di Vicenza e uno spagnolo: posto

veramente da consigliare.

29) /19 – 3 aprile domenica

Melide – Arca – Km. 33

Prima di partire vedo due che si infilano le

mantelle, chiedo se piove, mi dicono di si.

Accidenti bisogna tirare fuori tutta

l’attrezzatura per la pioggia, speravo proprio di

trovare una bella giornata. Non mi convince,

esco e scopro che non c’è una nuvola. Non ho

parole. Mi mangio una fetta di torta di Santiago

che avevo preso ieri sera, per fortuna, perché

per 12 chilometri non c’è un solo bar aperto, è

domenica. Ancora una tappa bella con molti

sali scendi nei boschi. Ritrovo Anna e insieme

arriviamo a Santa Irene: tutte due avevamo

intenzione di fermarci li, ma scopriamo che

l’unico posto in cui si può mangiare è un

chilometro indietro. Facciamo un po’ i conti e

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decidiamo che è più saggio fare 3 chilometri in

avanti che 2 per rimanere sul posto. Lei parte

un po’ prima di me, io mi fermo un attimo per

riprendermi, speravo di essere a fine giornata e

invece ho ancora un bel tratto da fare. Non so

dove, ma non vedo il cartello che segnala

l’albergue di Arca e proseguo sul cammino

fino a quando, dal bosco, vedo spuntare, in

senso inverso, Andrea che mi dice che abbiamo

sbagliato strada e che dobbiamo tornare

indietro. Così invece di 3 km ne faccio quasi 5,

ma alla fine si arriva all’agognato rifugio.

Nell’errore sono stato fortunato perché ho

trovato quasi subito Andrea che era con

Giacomo, il quale ha preferito fare altri 10 km

piuttosto che tornare indietro di 2. Ceno con

Anna che mi dice di essersi preoccupata

quando non mi ha visto arrivare. Ci scambiamo

le nostre sensazioni e molto presto andiamo a

dormire. Domani è il grande giorno.

30) /20 – 4 aprile lunedì

Arca – Santiago – Km. 20

Notte tranquilla, la stanchezza di ieri mi ha

fatto fare un bel sonno. Tutti abbiamo

apprezzato il fatto che non ci fosse il

Californiano. Faccio colazione con calma, ho

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quasi paura di partire. E’ l’ultimo giorno del

Cammino e voglio proprio gustarmelo. In

realtà appena parto mi rendo conto che sto

facendo una media più rapida del solito. Mi

sento bene e la meta vicina mi sprona. Fino al

Monte Gozo il cammino è vario e ancora bello,

poi si avvicina la città, si passa ai bordi

dell’aeroporto e vicino a strade trafficate, ma

questo ora non importa più. Incontro Anna che

mi offre un pezzo di mela, accetto volentieri

ma proseguo, sento che devo andare avanti. Mi

raggiunge, poco prima del Gozo, Andrea, mi

supera. A 12 km dalla meta terminano,

inspiegabilmente, le pietre miliari che ci

avevano accompagnato per quasi 150 km.

Finalmente si attraversa un ponte e si entra in

Santiago. Cammino con più calma alla volta

della cattedrale, poi alle 13 e 45 entro in

piazza. Cammino fino al centro della piazza,

mi fermo davanti alla chiesa e mi appoggio ai

bastoncini. Ce l’ho fatta! E mi siedo per terra.

Circa mezz’ora dopo arriva Anna, ci

abbracciamo e ci facciamo fotografare da un

inglese di passaggio.

Ho prenotato una stanza in una pensioncina a

poco prezzo nel centro, mi danno un

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appartamento con cucina, salotto camera e

bagno.

Nel pomeriggio vado finalmente in cattedrale.

Purtroppo stanno restaurando il Portico della

Gloria che è tutto coperto da impalcature,

tranne la colonna centrale, quella con la testa di

Matteo e l’impronta delle mani che per secoli si

sono posate su di essa. Anche a questa però

non ci si può avvicinare. Mi accontento di

guardarla e di immaginare di aver posto la mia

mano dove altre migliaia di persone hanno

toccato e di aver avvicinato la mia fronte a

quella di Matteo. Vado però ad abbracciare San

Giacomo e lo posso fare con tranquillità perché

non c’è nessuno. Ora il mio Cammino è finito

per davvero.

Infine

A sera vado con Anna e Andrea a ritirare la

mia Compostela, poi a cena insieme ancora una

volta.

Il giorno successivo ci ritroviamo alle 12 per la

messa del pellegrino, nel mio banco c’è anche

il californiano, ma qui non russa. La messa è

suggestiva anche se non viene usato il

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“butafumeiro”. Poi usciamo e salutiamo

Andrea che riparte per fare le tappe fino a

Finisterra. Anna parte nel pomeriggio per

Praga: ci salutiamo e promettiamo di rivederci.

A sera incontro i due cugini bretoni, così

trascorriamo un po’ di tempo insieme ai

tavolini di un bar. Passa anche Toni che ci

saluta calorosamente.

L’ultimo giorno di permanenza a Santiago, il 6

aprile, mi ritrovo ancora una volta davanti alla

Cattedrale insieme ai due cugini, arrivano lo

spagnolo loquace e i due coniugi francesi:

mentre si chiacchiera vedo un’andatura

inconfondibile quella di Sam Min, la coreana!

La raggiungo, è raggiante, mi dice di essere

arrivata il giorno prima, poi con il suo sorriso

ingenuo mi dice che sa che dovrebbe fare

qualche cosa nella cattedrale, ma non sa cosa.

Così l’accompagno a vedere quel che si può del

Portico e la invito ad abbracciare il santo.

Usciti dalla chiesa vedo arrivare un gruppo di

pellegrini al centro della piazza, dico a Sam

Min: “Ma quello è Dani”, e ci sono anche Pilar

e Ester. Corriamo verso di loro, Dani mi

abbraccia gridando: “Lo sapevo che ti

ritrovavo!”. Abbracci con tutti e ci sono

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proprio tutti quelli che ho incontrato il primo

giorno a Belorado: è veramente una bella festa!

Alla fine ci salutiamo perché devo andare in

aeroporto e Pilar mi avvicina e mi dice che

vuole ringraziarmi per quella bella serata in cui

ho suonato per tutti loro.

Ho scritto tante cose, ma non ci sono parole per

spiegare le sensazioni provate, i sentimenti, i

dolori e le riflessioni. Solo chi ha fatto il

Cammino può capire e per questo auguro a tutti

di poter avere questo privilegio un giorno.

Quando si finisce il Cammino si ha una sola

certezza: che bisognava farlo.

Se lo volete potete vedere le foto del mio

Cammino su www.fulgro.altervista.org

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LE TAPPE

La scelta delle tappe che si è fatta qui è quella

che prevede di fare il cammino in 30 giorni.

Studiando il percorso e le distanze ho cercato

di avere tappe per quanto possibile omogenee,

non troppo lunghe, ma neanche esageratamente

corte. Per fare questo ho tenuto conto che in

alcune parti del percorso vi sono distanze, tra

un luogo e l’altro, anche di 17 chilometri.

Naturalmente ognuno potrà prendere in

considerazione una scansione più consona alle

proprie esigenze, al periodo che ha a

disposizione e al periodo dell’anno che intende

utilizzare per questa avventura.

E’ necessario partire dalla consapevolezza che,

in linea di massima, si percorrono in un’ora

circa quattro chilometri, naturalmente in

pianura, che possono diventare anche la metà

in salita o in discesa. Tenuto conto di questo, si

può pensare a quanti chilometri si possono fare

in una giornata.

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Si sentono, sul Cammino, persone che dicono

di fare 40 o addirittura 50 km al giorno, ma

direi che questa andatura non è per tutti.

A dire il vero, molti di quelli che viaggiano

molto veloci spesso li ritrovi, magari dieci

giorni dopo, fermi in qualche albergue con un

tendine infiammato, impossibilitati a

proseguire.

Molti (specialmente gli spagnoli) considerano

come prima tappa quella che parte da

Roncisvalle, ma a mio parere, evitare di

attraversare i Pirenei nei luoghi più belli e con

un fascino storico come questi, è un vero

peccato. Per cui, per chi volesse fare per intero

il Cammino, consiglio di iniziare dalla Francia.

Essendo questa la scelta di tappe che io

personalmente ho fatto, ho aggiunto anche la

descrizione di alcuni albergue in cui mi sono

fermato ed il mio sintetico parere.

Un ultimo consiglio: al momento della

partenza, alla descrizione delle tappe è utile

affiancare le carte geografiche, del Cammino,

edite dalla Michelin.

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1 - SAINT JEAN PIED DE PORT -

RONCESVALLES Km. 28

(Rispettivamente Donibane-Garazi e Orreaga

in basco)

In questo primo tratto tutti i paesi hanno 2

nomi: uno in lingua nazionale, l’altro nella

lingua basca, (tra parentesi in questa guida).

La prima tappa, che porta da Saint Jean Pied de

Port a Roncesvalles, è anche una delle più

dure, se si decide di percorrere la così detta

“via alta”. E’ anche molto lunga e, per essere la

prima, mette a dura prova il fisico di chi la

percorre.

E’ però possibile scegliere tra due alternative.

Arrivati a Saint Jean Pied de Port (l’ultimo

treno arriva alle ore 16,30), una volta passati

all’ufficio di accoglienza per farsi mettere il

primo “sello” e, per chi non l’avesse ancora,

acquistare la credential (qui si può anche

trovare la conchiglia da appendere allo zaino),

si hanno più alternative: la prima, in ordine di

tempo, prevede di partire immediatamente per

la cosiddetta “via bassa” (via comunque

sempre consigliata in caso di maltempo, neve,

nebbia) in direzione Valcarlos (Luzaide). Il

tragitto è in parte sulla strada statale che porta

verso la Spagna. All’inizio è moderatamente

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trafficata, ma una volta arrivati in territorio

spagnolo il traffico diventa esiguo. In tre ore

circa si può arrivare a Valcarlos (10 km da

Saint Jean). Se siete partiti dopo l’ultimo treno,

ricordatevi di tenere a portata di mano una

torcia, solo per segnalare la vostra presenza alle

auto in transito quando inizierà ad imbrunire.

A Valcarlos rivolgetevi al bar che trovate in

una piccola piazzetta sulla destra della strada

per accedere all’albergue del paese, che ha la

capienza di dieci letti, nuovo, con cucina,

carino. Si può mangiare nel ristorante proprio

di fronte, e così avvicinarsi al primo menù del

pellegrino.

Il giorno seguente si può partire da Valcarlos

con comodo, sapendo che il rifugio a

Roncisvalle non apre che alle 16. Si sale per la

strada asfaltata, se il tempo è brutto, o peggio

c’è neve, conviene seguire la strada fino al

colle. Se il tempo è buono proseguite fino a

trovare un segnale a sinistra che vi manda su

un sentiero che conduce, dopo una lunga, ma

non faticosa salita, al colle. . Attenzione! I

segnali che vi indicano la direzione sono due: il

primo che trovate porta verso una frazione (la

strada è asfaltata), ignoratelo e prendete il

secondo, qualche centinaio di metri dopo, su

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sentiero sterrato, che vi eviterà un inutile giro.

Non scoraggiatevi camminando sul sentiero; in

questa tappa i segnali sono pochi, ma quando li

vedete vi rincuorano. Dal colle, dove si trova la

lapide che ricorda lo scontro tra i mori e

Rolando, si scende fino alla Collegiata, luogo

in cui trovate l’albergue che, come detto prima,

apre alle 16.

La via più seguita è la cosiddetta “via alta”, o

“Route Napoleon”. Si parte al mattino presto,

come già detto la tappa è lunga, e con un

dislivello in salita di circa 1300 metri, ma è

anche molto bella. Ricordatevi di fare

rifornimento di acqua e cibo, dopo Orisson non

ci sono sorgenti e dalla partenza non ci sono

negozi fino all’arrivo.

Usciti da Saint Jean si sale rapidamente su una

stradina asfaltata, poi negli ultimi dieci

chilometri si cammina su sentiero. Tutta la

tappa è ben segnalata, nei primi 17 chilometri,

in territorio francese, si seguono i segnali rosso

e bianco della Grande Randonnè 65, poi,

entrati in Spagna, si troverà la freccia gialla che

non ci abbandonerà fino a Santiago. Se avete la

fortuna di iniziare il vostro Cammino in una

giornata di sole potrete godere dei panorami

che vi offre questa tappa. Si dorme in un antico

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magazzino di epoca medioevale, ben

ristrutturato, che sembra la navata di una

chiesa, con settanta letti a castello appaiati in

tre file, particolare per l’atmosfera. Non

dimenticate, prima di cena, la suggestiva messa

del pellegrino officiata dai monaci.

2 – RONCESVALLES – ZUBIRI Km 21,5

La seconda tappa è, anche questa, di montagna,

anche se si tratta di declivi più dolci. In parte si

tratta di una tappa in discesa; si scende dai 956

metri di Roncisvalle ai 535 di Zubiri, ma non

mancano le salite che caratterizzano questo

tratto della regione Navarra,

Si esce dalla Collegiata di Roncesvalles per un

bel sentiero tra gli alberi. Non fatevi

sconfortare dal cartello che indica: Santiago

790 Km… E’ il primo che troverete e vi

accorgerete che, man mano che procedete, vi

farà sempre piacere constatare la diminuzione

dei chilometri e il costante avvicinamento alla

meta!

Arrivati a Burguete prestate attenzione, nel

centro del paese si svolta a destra prendendo

un sentiero ben segnalato (vi è una chiara

indicazione sul muro di una casa, ma siete

appena all’inizio, poi vi verrà naturale seguire

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le indicazioni). Si raggiunge l’Alto de

Mezquiriz (930 mt.), poi si attraversano piccoli

paesini e ancora l’Alto de Erro (810 mt.) dopo

di che è tutta discesa fino a Zubiri. Se piove

sarà un po’ faticoso per via del fango. Se

invece il tempo è buono e se è estate, ci si potrà

rinfrescare nel fiume Arga che scorre per un

buon tratto a fianco del sentiero. Si entra in

Zubiri per il ponte medioevale “della rabbia”,

così detto in quanto si faceva transitare il

bestiame facendolo girare intorno ad un pilone

sul ponte per preservarlo da questa malattia.

Se non si intende fermarsi a Zubiri si prosegua

senza attraversare il ponte. Albergue privato

Zaldiko, appena passato il ponte, 12 posti letto

in due stanzette, carino. L’albergue municipal è

poco più avanti.

3 – ZUBIRI – PAMPLONA (Iruna) Km. 21,5

Anche questa tappa ha i suoi bei saliscendi,

anche se la differenza tra la partenza e l’arrivo

non è significativa. Queste prime tappe non

sono molto lunghe, proprio per abituare

gradatamente il nostro fisico allo sforzo

duraturo che ci porterà fino a Santiago.

Si segue la valle del rio Arga. Arrivati a

Larrasoana si attraversa il rio su un ponte, poi

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si prosegue con varie salite e successive

discese, Alto Cantera, Monte Nerval e Monte

Miravalles, fino a Trinidad de Arre in cui si

entra, attraversando un bel ponte medioevale,

detto “los peregrinos”, che attraversa il rio

Uzama. Sette chilometri dopo si entra in

Pamplona. Si entra dal Puente de Magdalena,

un simbolo del Cammino, passando poi per una

delle porte della città.

Pamplona è la prima città importante del

Cammino, ex fortezza romana, capitale della

Navarra, è famosa per la sua “feria”, la corsa

dei tori di San Fermin. Merita un giro in centro.

Nonostante la fatica non potete perdervi le

bellezze che in questo viaggio si trovano lungo

il Cammino. La cattedrale, il palazzo comunale

e tutto il centro storico meritano una visita.

Albergue de Jesus y Maria con più di 100 posti,

grande ma ben attrezzato e con una certa

privacy tra i letti a castello.

4 – PAMPLONA – PUENTE LA REINA

Km. 23,5

Tappa tranquilla, con una salita facile all’Alto

del Perdon ed invece una brutta discesa per

scendere dalla parte opposta.

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Si esce da Pamplona attraversando la zona

dell’università, si prosegue per Cizur Menor

quasi in piano, mentre si osserva l’alto in cui

siamo diretti; è inconfondibile in quanto sulla

cima si vedono numerose pale eoliche che

troverete enormi quando sarete nei loro pressi.

La salita è graduale e senza particolari

difficoltà. A pochi metri dalla cima c’è la

“fuente de la reniega” (del rinnegamento): il

demonio offriva qui l’acqua ai pellegrini, ma

voleva che rinnegassero la loro fede. Non lo

troverete ora, la fonte è secca. Ricordatevi di

rifornirvi di acqua, non ne troverete fino a

Urtega (nei mesi estivi spesso vi è un furgone

con bibite e bocadillos in cima all’Alto, ma non

è sicuro). Arrivati in cima potrete finalmente

vedere uno dei simboli del Cammino, il

monumento ai pellegrini, che si staglia con

sullo sfondo i Pirenei. Si tratta di una

suggestiva carovana di persone, muli e cavalli,

a grandezza naturale, che viaggiano verso

Santiago, sferzati dal vento che arriva da valle.

Da qui si può vedere indietro il percorso già

fatto.

La discesa, come accennato, è veramente

brutta, si tratta di un tratturo pieno di pietre

appuntite che franano ad ogni passo; non è

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lunghissima, ma prendetela con calma,

specialmente se il fondo è bagnato.

Finita la discesa, il tracciato è facile e senza

difficoltà; si attraversano i villaggi di Urtega,

Muruzabal e Obanos prima di arrivare a Puente

la Reina che prende il nome dal ponte a sei

arcate sul fiume Arga. Cittadina dal centro

medioevale, punto d’incontro del cammino

navarro (quello che qui si descrive) e del

cammino aragonese (che proviene dal passo

pirenaico di Samport) e che da questo punto si

uniscono diventando un unico “cammino

francese”. Albergue Padres Reparadores, non

male.

5 – PUENTE LA REINA – ESTELLA

Km. 22 Non vi sono difficoltà in questa tappa. Si esce

da Puente la Reina attraversando il famoso

ponte, si prosegue nel fondovalle su sentieri in

terra. Passato Maneru si giunge a Cirauqui

(“nido di vipere” in basco), un villaggio

medioevale ben piazzato sulla collina, dietro ai

resti delle antiche mura, con una bella piazza

(ci si passa obbligatoriamente). Dopo questo

centro si prosegue calpestando le pietre di

un’antica strada romana (purtroppo li vicino vi

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è anche l’autostrada). Si attraversa in questa

tappa, e anche nelle seguenti, più volte

l’autostrada, non è un gran che, ma la nostra

meta ci impone di proseguire anche in luoghi

non sempre affascinanti.

Arrivati a Villatuerta, dove troviamo ancora

una volta (e sarà così per molte volte ancora)

un vecchio ponte medioevale, si prosegue sino

alla bella cittadina di Estella. Non mancate di

fare un giro per il centro e di vedere la bella

chiesa gotica di San Pedro de la Rùa ed il bel

chiostro adiacente, osservate le colonne e i

capitelli del chiostro uno diverso dall’altro.

Albergue de Peregrinos de Estella su vari piani

abbastanza ben tenuto, se si vuole, con

colazione.

6 – ESTELLA – LOS ARCOS Km. 21 Questa è l’ultima tappa che attraversa la

regione della Navarra ed è la prima che

annuncia i grandi spazi in cui ci inoltreremo

nelle tappe successive.

Si esce da Estella e, seguendo le indicazioni, si

arriva al monastero di Irache a fianco del quale

vi è la famosa “fontana del vino” da cui si può

attingere un bicchiere che darà forza per il

cammino. Si tratta di una trovata pubblicitaria,

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adiacente ad una cantina di vini tipici; può far

piacere, oltre ad assaggiare il vino della fonte,

farsi apporre il sello sulla credenzial. La

fontana ha anche una bocchetta per l’acqua

fresca. Dopo Azqueta si prosegue su una strada

di campagna e si passa davanti ad un’antica

fonte medioevale del XIII sec. detta “de los

moros”. L’acqua non è potabile, ma il posto è

suggestivo, d’estate si può trovare refrigerio e

se invece piove si può sostare al riparo per

qualche istante.

Si prosegue fino a superare Villamayor de

Monjardin, si attraversano vigneti e campi

coltivati poi, dopo un pioppeto, inizia un lungo

tragitto tra campi e colline che ci dà un’idea

dello spazio immenso e della grande solitudine

che i pellegrini hanno patito nei secoli passati.

Sono 12 chilometri che ci portano fuori dal

nostro tempo, prima di giungere a Los Arcos,

piccola cittadina medioevale. Albergue Isaac

Santiago con 72 posti, un po’ confusionario,

ma accettabile.

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7 – LOS ARCOS – LOGRONO Km. 28

Dopo tre tappe non eccessivamente lunghe e

con modesti rilievi, si parte per una tappa con

vari saliscendi e con una discreta lunghezza.

Si entra nella regione della Rioja, nota per la

grande produzione vinicola e ne avremo una

chiara visione nell’attraversare decine di vigne

nel nostro peregrinare. Si attraversano vasti

spazi che conciliano la meditazione, molti

campi coltivati e vigneti, ma pochi alberi.

Si inizia, uscendo da Los Arcos, su una strada

sterrata fino ad arrivare ad una prima salita su

un sentiero (se piove scivoloso). Si giunge a

Torres del Rio dove troverete uno dei

monumenti più noti del Cammino, la chiesa del

Santo Sepolcro, costruita su pianta ottogonale,

forse dai templari, nel XII secolo. Si prosegue

in mezzo ai campi fino a Viana, piccola

cittadina con palazzi rinascimentali, subito

dopo “l’ermita del la Trinidad”, sulla sinistra,

poco fuori del tragitto.

Poco prima di Logrono si trova la casa della

signora Felicia che per tutta la vita ha dissetato

i viandanti. Ora, dopo la sua morte, la figlia

prosegue l’opera della madre, e se lo desiderate

vi apporrà il sello.

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Si entra in Logrono, capitale della Rioja, città

abbastanza grande (130.000 abitanti), con un

bel centro. Come tutti i grandi centri, con una

brutta periferia. Albergue Juvenil: carino con

una bella cucina e stanze su più piani. Se si

dorme in mansarda, non ci sono letti a castello.

8 – LOGRONO – NAJERA Km. 30

Si esce da Logrono superando i corsi e gli

incroci trafficati; poco fuori si cammina in una

bella zona alberata a fianco di un piccolo lago

artificiale.

La tappa si snoda senza grandi saliscendi. Si

passa prima per il poco consistente “alto de la

Grajera”: qui molti pellegrini piantano piccole

croci con rami e piccoli pezzi di legno, non è

proprio un bel vedere, ma è una delle tradizioni

del Cammino. Si giunge a Navarrete, anch’essa

con un bel centro storico, all’uscita si passa

accanto al cimitero con un antico portale

gotico. Poco più in là, una lapide ricorda una

pellegrina belga morta sul Cammino. Si

troveranno diverse di queste lapidi lungo il

viaggio verso Santiago, non è che il Cammino

sia così duro, ma con il passare di milioni di

persone è matematico che qualcuno trovi la sua

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ora proprio qui e non nel suo letto a casa

propria.

La strada passa su una pista pedonale a fianco

della strada nazionale ( di queste piste ne

troveremo diverse lungo tutto il percorso).

Dopo Ventosa si sale all’alto “de San Anton” ,

poi si riscende fino ad arrivare a Najera;

nell’avvicinarsi al paese, si lascia la campagna

e si passa in una non bella zona industriale. Se

lo vedete, sul muro di una fabbrica vi è un

piccolo poema sul Cammino, scritto da un

prete del luogo.

Dopo il passaggio, su ponte pedonale, sul rio

Yalde si entra in paese. Questo è l’unico luogo

in cui ho dormito in un “hostal”: ce ne sono

parecchi lungo tutto il cammino e se si è

particolarmente stanchi una volta si può

concedere.

9 – NAJERA – SANTO DOMINGO DE LA

CALZADA Km. 21 Tappa bucolica, si passa tra campi e vigneti.

Bei saliscendi in mezzo alla campagna, poca

ombra e, come spesso accade, ricordarsi di far

rifornimento di acqua: ne troverete, ma non in

abbondanza.

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Usciti da Najera si fiancheggiano le curiose

pareti di roccia rossa punteggiate da piccole

grotte scavate dai primitivi abitanti del luogo. Il

percorso è piacevole, con piccole salite, a volte

anche con una discreta pendenza, ma non

lunghe. Si passa da Azofra, poi per 16 km. si

attraversano campi coltivati; in estate si tenga

conto che è tutta sotto il sole. Si giunge ad un

piccolo paesino, Ciruena, dove è stato costruito

un anacronistico quartiere di villette a fianco di

un piccolo campo da golf. Si prosegue fino a

Santo Domingo, bella cittadina. Nella

cattedrale, su un altare laterale, un gallo ed una

gallina vivi a ricordo di un antico miracolo.

Albergue Casa del Santo, in un bel edificio

antico, si può dormire in mansarda.

10 – SANTO DOMINGO DE LA

CALZADA – BELORADO Km. 23

Usciti da Santo Domingo si cammina su una

pista appositamente approntata per i pellegrini,

a fianco della strada statale. Troveremo varie

volte questa soluzione che gli amministratori

locali hanno adottato per agevolare i pellegrini,

permettendogli di proseguire senza che siano

costretti a camminare sulla strada spesso

trafficata. Giunti a Granon si devia dalla statale

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e per un po’si viaggia nella tranquillità della

campagna. Si lascia la Rioja per entrare nella

regione di Castiglia e Leon, provincia di

Burgos proseguendo tra vigneti e campi di

cereali, si attraversano i paesini di Redecilla de

Camino, Viloria de la Roja e Villamajor del

Rio. Da qui in avanti ci sentiremo spesso

osservati dalle cicogne che hanno i loro grandi

nidi sui campanili e sui pali della luce. Infine si

raggiunge Belorado, piccolo centro con una

bella piccola piazza. In Belorado ho dormito

due notti, nell’ultima tappa della mia prima

parte di Cammino, e alla partenza del mio

cammino definitivo. Albergue Cuatro

Cantones, un piccolo rifugio nel centro del

paese, con cucina e una stanza con una decina

di posti letto. Non male, ma d’inverno poco

riscaldato, invece d’estate deve essere una vera

delizia. Albergue A Santiago, è il primo che si

trova arrivando da Santo Domingo, ha anche

annesso il ristorante, ma vi è anche la cucina.

11 - BELORADO - AGES Km. 27,5

Tappa con discrete salite, non c’è più la strada

che infastidisce al fianco del pellegrino, ma un

percorso più campestre, a volte duro, che porta

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dai 700 metri di Belorado a superare i 1.100 sul

passo più alto.

Si lascia Belorado iniziando con un tratto

pianeggiante, si attraversa Villambista dove è

possibile vedere, scavata nella roccia,” l’Ermita

de la Virgen de la Pena”, si prosegue fino a

Villafranca Montes de Oca, da qui si comincia

a salire sui Montes de Oca. E’ il tatto più duro

della tappa, specialmente se piove! Poco dopo

aver lasciato Villafranca, sulla destra del

sentiero vi è un tavolo con una panca, riparati

da un bel tetto: se piove vi conviene pensare di

pranzare qui perché dopo, fino a San Juan de

Ortega, 12 km. non vi sono più ripari. Si

scollina sull’Alto de la Pedraja a 1.120 mt. di

altitudine, nei pressi una fonte di acqua fresca,

la fuente de Mojapan (sul luogo scrivono che

non è potabile), poi da qui è quasi tutta discesa

fino a San Juan, che si vedrà dall’alto con il

suo grande convento e la bella chiesa in stile

romanico. Da San Juan si prosegue diritti per

circa 350 mt. fino all’incrocio della statale per

Burgos, un cartello, sotto una grande croce di

legno, indica la via verso Ages, su una stradina

di campagna in mezzo ad un bosco di piccole

piante e poi campi fino alla meta. Albergue

privato S. Rafael con ristorante, non male.

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12 - AGES - BURGOS Km. 24

Anche questa tappa dà il suo bel contributo alla

fatica che si è accumulata nei giorni precedenti.

Uscendo da Ages un’indicazione ci ricorda che

mancano ancora 517 chilometri a Santiago! Un

po’ ci spaventa, ma nel contempo ci rendiamo

conto che oggi superiamo i 300 chilometri

percorsi finora. Si cammina su strada asfaltata

fino ad Atapuerca, località famosa per essere il

più antico sito preistorico della Spagna. Dopo

questo luogo si sale su un tratturo veramente

duro, non tanto per la pendenza quanto per la

durezza del terreno e per le pietre aguzze che

non agevolano certo la salita. Giunti sulla

sommità di questa salita, la sierra di Atapuerca

1.060 mt., un piccolo pianoro su cui spicca una

croce e da cui si può già vedere la città di

Burgos e la immensa pianura (in realtà si tratta

di un altopiano che varia tra gli 800 e i 900 mt.

di altitudine) che dovremo affrontare nei giorni

seguenti.

Non sono molto chiare le indicazioni in questo

luogo, ma prestando un po’ di attenzione si

trovano le frecce che indicano la direzione da

prendere.

Scesi dalla sierra le frecce ci conducono su una

strada asfaltata. La sensazione è che ci stiano

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facendo fare un giro vizioso solo per farci

attraversare paesi che altrimenti non avrebbero

alcun passaggio. Villaval, Cardenuela, Rio Pico

e Orbaneja sono i piccoli borghi che

incontriamo. Una volta attraversata l’autostrada

vi sono due possibilità per entrare in Burgos:

andare dritti verso Villafria o prendere verso

sinistra per Castanares. In entrambe i casi si

farà un lungo tratto costeggiando l’aeroporto.

Se si prosegue per Villafria si possono fare gli

8 km. che ci separano dalla nostra meta sul

marciapiede di uno stradone a 4 corsie che

attraversa l’orribile periferia della città, dove

rimarremo veramente stupiti dall’estensione di

una fabbrica di gomme che avremo al nostro

fianco per molti minuti, oppure, in alternativa,

se lo si vuole, si ha la possibilità di prendere un

autobus che porta fino nel centro di Burgos.

L’altra possibilità è invece quella di andare,

come detto, verso Castanares e poi, seguendo il

fiume, fino al centro della bellissima Burgos. Il

centro della città è magnifico e la Cattedrale, in

cui potrete accedere pagando un biglietto

scontato per i pellegrini, è una delle chiese più

belle che vi capiterà di vedere. (Ricordate di

portare sempre con voi la credential perchè

molti monumenti e musei a pagamento hanno

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un biglietto speciale proprio per i pellegrini)

Albergue Municipal, proprio dietro la

Cattedrale, bello e funzionale, con i letti a

castello divisi gli un dagli altri da piccoli

separè.

13 – BURGOS - HONTANAS Km. 31

Si inizia da qui le tappe delle mesetas. E’

meglio rifornirsi in città perché nei paesini che

si attraversano spesso non vi è neanche un

negozio.

Si esce da Burgos e, dopo aver superato la

periferia, ci si trova nella campagna anche se,

per un certo tempo, si deve viaggiare passando

e ripassando l’autostrada che scorre li vicino e

per qualche tratto si deve anche viaggiare al

bordo strada. Si giunge a Tardajos sempre in

piano. Si arriva dopo non molto a Rabè della

Calzada, in cui troverete una fontana dov’è

possibile rifornirsi di acqua. Subito dopo inizia

la salita verso la meseta. Una volta in cima, a

qualche chilometro, vi è un luogo di sosta poco

sulla destra con tavoli e panche, “la fuente di

Prao”: è una fonte, ma non è detto che vi sia

sempre l’acqua! Dopo Hornillas del Camino si

affronta un’altra meseta; l’orizzonte si estende

e non è facile calcolare le distanze a occhio.

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Alla fine di questa meseta, una piccola conca in

cui, sulla sinistra, vi è Arroyo de San Bol. Qui,

poco fuori dal sentiero, vi è una bella fonte di

acqua fresca che, secondo la leggenda,

consente al pellegrino che vi immerge i piedi,

di arrivare a Santiago senza problemi. Ancora

una salita e un’altra parte di meseta fino a

veder apparire quasi d’incanto Hontanas, che si

raggiungerà dopo una discreta discesa.

Hontanas è un piccolo paesino disposto intorno

alla chiesa dell’Immacolata del XVI secolo.

Albergue “Hospital de Peregrinos de San

Juan”, in un’antica casa. Non male, ma

d’inverno dimenticano di accendere il

riscaldamento in cucina: sarà perché il sindaco

è anche il proprietario dell’unico ristorante?

14 - HONTANAS- BOADILLA DEL

CAMINO Km.28

Questa è una tappa che può dare grandi

emozioni. Si cammina tra campi immensi e

orizzonti infiniti, ci si sente soli, ma anche

parte del tutto. (Questo è il mio parere, altri

trovano monotona questa tappa, giudicate voi).

Si esce da Hontanas camminando fino a

Castrojeriz sul ciglio della strada. Prima però si

passa per un luogo veramente suggestivo,

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l’antico e diroccato Convento di San Anton; la

strada gli passa proprio in mezzo, in estate vi è

anche un albergue. Se è possibile fate un giro

all’interno della chiesa diroccata, ne vale la

pena. Superata la simpatica Castrojeris si può

vedere in lontananza il tragitto che ci stiamo

apprestando a fare. La strada in terra battuta

sale abbastanza ripida verso l’alto de

Mosterales e ci porterà su un’altra meseta;

quello che c’è di buono è che si vede dove

finisce. Al culmine, un posto per riposare e per

osservare il vasto panorama che si estende a

perdita d’occhio. La discesa è stata

orrendamente cementata da qualche imbecille,

ma non è molto lunga. Poi ci si inoltra in un

mondo di solitudine e immensità, lasciatevi

trasportare. Prima di Puente de Itero sul bordo

della strada trovate l’Ermita de San Nicolas, un

bellissimo albergue ristrutturato come nel

medioevo. Anche se non pensate di dormire

qui, se è aperto fermatevi per un saluto;

l’Ermita è tenuto dalla Confraternita di San

Jacopo di Perugia, vi accoglieranno con calore.

Poco dopo, attraversato il ponte sul Rio

Pisuerga si lascia la provincia di Burgos e si

entra in quella di Palencia. Superato Itero de la

Vega ci attende un’altra meseta. Sulle mesetas

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tenete conto che di ombra ce n’è proprio poca,

in estate non dimenticate mai l’acqua. Sempre

su strada di campagna si arriva a Boadilla,

piccolo paese con una chiesa e nel centro della

piazza una colonna gotica del XV secolo, il

“rollo jurisdiccional”, che rappresenta il potere

giudiziario. L’albergue “il Putzu” è veramente

particolare. Ci sono solo dodici posti, ma

l’accoglienza di Serafin, un giovane basco, è

cordiale e i fortunati che riescono a trovare un

posto in estate possono godere, oltre che del

giardino, anche di una piccola piscina.

15 - BOADILLA DEL CAMINO -

CORRION DE LOS CONDES Km. 25

Purtroppo le prossime quattro tappe sono

quelle che mettono a prova la nostra volontà di

continuare. Si cammina quasi sempre a fianco

di una strada asfaltata, sempre diritti per

chilometri e chilometri; qui va bene se si ha

compagnia almeno si può parlare e trascorrere

il tempo senza annoiarsi.

Si esce da Boadilla su un bel sentiero a fianco

del canale de Castilla, fino a Fromista, che si

attraversa e poi, su un sentiero pedonale a

fianco della strada statale, punteggiato da

frequenti piloncini contrassegnati dalla

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conchiglia, si arriva senza mai una deviazione

fino a Corrion de los Condes, attraversando

minuscoli paesini in un panorama che non ha

confini. Albergue Santa Maria del Carmine

(bocciato). E’ tenuto dalle suore, con camere

piccole, con i letti vicinissimi l’uno all’altro, da

non consigliare.

16 - CORRION DE LOS CONDES -

TERRADILLOS DE LOS TEMPLARIOS

Km. 27

Uscendo da Corrion per 17 chilometri non c’è

nulla, un sentiero rettilineo che ci fa

attraversare questa sconfinata landa fino a

Calzadilla de la Cueza, poi un altro sentiero a

fianco della strada asfaltata fino a Ledigos. Qui

due possibilità: a sinistra passando in mezzo ai

campi o a destra sempre a fianco della strada.

Questa seconda possibilità ha il pregio di avere

alberi per tutto il tratto, ben posizionati sulla

sinistra per poter far ombra al pellegrino. Si

troverà questo particolare segno di gentilezza

in molte parti del Cammino, fa certamente

piacere avere sulla sinistra (la parte da cui

arriva il sole) un albero frondoso che ci ripara.

Purtroppo non è così ovunque ed in alcune

parti gli alberi sono ancora molto piccoli.

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Albergue Terradillos de los Templarios Jaques

de Molay: è privato, piacevole, con piccole

stanze con quattro/sei letti normali e con

annesso ristorante. Il paese è piccolissimo.

17 - TERRADILLOS DE LOS

TEMPLARIOS - EL BURGO RANERO

Km. 31

Altra tappa tutta pianeggiante, nella prima

parte quasi tutta a fianco della vecchia strada

statale, ormai poco trafficata perché a poca

distanza passa l’autostrada. Qui si entra nella

provincia di Leon, si passa per san Nicolas e

poi avanti fino a Sahagun, un grande paesone,

carino da attraversare. Prestate attenzione alle

frecce che in centro sono un po’ carenti.

Comunque si dovrà uscire attraversando il

fiume dal Puente de Canto e proseguire su un

bel viale alberato, che sarà seguito da uno

sterrato, praticamente sempre diritto, che passa

prima da Bercianos del Real Camino per poi

arrivare a El Burgo Ranero. L’albergue del

Peregrino, dedicato a Domenico Laffi:

simpatico, con una bella sala comune con stufa

e stanze non troppo grandi, si richiede solo

un’offerta.

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18 - EL BURGO RANERO -

ARCAHUEJA Km. 30

Molti preferiscono fare questa tappa arrivando

fino a Leon, ma occorre aggiungere sette

chilometri a quelli qui previsti e questa tappa,

per i miei gusti, è già abbastanza snervante

così. Altri si fermano prima, a Mansilla, e nella

tappa successiva arrivano a Leon.

Si inizia con un sentiero da poco alberato che

prosegue diritto nella pianura fino a Religios,

13 chilometri dopo la partenza, poi ancora il

sentiero fino a Mansilla de las Mulas, poi

un’interminabile stradone accanto al quale

siamo costretti a camminare fino a Puente de

Villarete. Di qui un sentiero un po’ più discosto

ci permette di arrivare, dopo un ultimo strappo

in salita, fino ad Arcahueja. Albergue privato

La Torre, con 12 posti letto, ristorante annesso,

riposante.

19 – ARCAHUEJA - VILLAR DE

MAZZARIFE Km. 29

Io ho scelto questa scansione perché, vivendo

tutto l’anno in una grande città, non mi attira

troppo l’idea di restare in una città se non vi

sono obbligato. Quindi ho pensato a questa

tappa che dà il tempo, a metà della giornata, di

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visitare il centro di Leon e poi di proseguire

oltre.

Da Arcahueja si inizia con un primo percorso

fuori dal traffico, ma dopo pochi chilometri si è

costretti a passare strade trafficate su passerelle

pedonali e sentieri laterali che ci portano alla

periferia di Leon. Da qui, in meno di un’ora, si

arriva al centro dove non si può perdere la

stupenda Cattedrale e, lì vicino, la casa Botines

progettata da Gaudì e ancora la Basilica di San

Isidoro dove vi è anche una cripta magnifica,

detta il Pantheon Real. Tutte queste bellezze

sono situate in un breve spazio che si può

visitare in meno di due ore.

Per chi avesse fatto tutto il tratto da El Burgo

Ranero e fosse al limite della stanchezza (ma

anche per chi non avesse voglia di attraversare

tutta la periferia di Leon), all’ingresso della

città il capolinea del bus n.8 vi permetterà di

arrivare in una piazza centrale poco lontana

dalla Cattedrale, risparmiandovi un po’ di

energia. (Dalla stessa piazza passa un bus che,

per chi lo desidera, vi fa uscire dalla città

evitandovi la periferia dalla parte opposta; il

bus arriva a La Virgin del Camino).

Visitato il centro della città si riprende,

seguendo le indicazioni, (dopo aver

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attraversato la trafficata periferia) si arriva a La

Virgin del Camino. Qui, finalmente, si esce ed

inizia un nuovo tratto, di nuovo in mezzo alla

natura e alla tranquillità della campagna,

passando per Oncina de la Valdoncina, poi

Chozas de Abajo ed ancora su una strada diritta

fino a Villar de Mazarife.

Attenzione! A La Virgin del Camino,

attraversata la strada, sulla sinistra, vi è

l’indicazione di due diverse alternative del

Cammino: a sinistra per Viallar de Mazarife, a

destra per Villadangos del Paramo. Il mio

consiglio è per il primo tracciato, più bucolico

e lontano dalla statale. (Alcune guide indicano

una lunghezza maggiore di 5 chilometri per

questo tratto, in realtà le due vie hanno una

lunghezza praticamente uguale. Anche qui

qualcuno, per interesse, vuole confondere le

carte). Albergue privato San Antonio da Padua,

non essendoci ristoranti in paese l’albergue

provvede per la cena. Confortevole.

20 - VILLAR DE MAZZARIFE -

ASTORGA Km. 31

Finalmente le tappe sono cambiate e il

paesaggio comincia a variare, cominciano a

vedersi di nuovo le montagne e il percorso ci fa

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attraversare una bella campagna, per il

momento ancora con poche salite, ma

all’orizzonte si prospettano i Monti di Leon.

Si cammina per un po’ su una strada senza

traffico, ma in mezzo alla campagna, si

prosegue su sterrato facile e in piano, si arriva

anche ad attraversare la linea ferroviaria

passando sulla massicciata. Si entra in Ospital

de Orbigo attraversando il bel ponte di origine

romana. Uscendo dal villaggio, due indicazioni

con chilometraggi diversi indicano due

direzioni opposte: a sinistra l’indicazione ci

porterà sulla statale da percorrere fino quasi ad

Astorga, a destra una strada sterrata ci porta in

una tranquilla campagna fino a San Felix de

Orbigo. Di qui, le frecce indicano di seguire un

viottolo oltre la strada asfaltata. Pochi metri più

avanti troverete una piccola stradina di

campagna che taglia il viottolo: qui le frecce

sono difficili da vedere, per cui prendete verso

sinistra, dopo qualche centinaio di metri si

troverà una strada asfaltata che sulla destra vi

porterà verso Santibanez de Valdeiglesias,

piccolo villaggio da attraversare, poi di qui

senza problemi di direzione, si arriva in

prossimità di Astorga di cui si scorgono subito

le torri della Cattedrale. Come sempre

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l’avvicinamento di centri medio grandi non è

piacevole, ma comunque non è molto lungo.

Ancora un piccolo sforzo per salire la ripida

strada che porta verso il centro della cittadina.

Astorga è veramente bella, con una bella piazza

e il suo palazzo di città, la rossa Cattedrale e il

palazzo vescovile inconfondibilmente

disegnato da Gaudì. Bellissima atmosfera.

Albergue Amigos del Camino de Santiago, il

primo che si trova entrando in città sulla

sinistra. Non molto grande, con piccole stanze

con due/tre letti a castello e un’atmosfera

simpatica.

21 - ASTORGA - RABANAL DEL

CAMINO Km. 21

Da qui, a parte l’uscita da Astorga, che è in

discesa, si sale gradatamente verso il punto più

alto del Cammino. Si inizia passando, su strada

asfaltata, da Murias de Rechivaldo, poi sempre

mantenendo una più o meno graduale salita su

una pista appositamente approntata per i

pellegrini, si può finalmente godere della vista

di queste belle montagne. Si attraversano così

piccoli borghi: Santa Caterina de Somoza (980

mt.), più avanti El Ganso (1.015 mt.) fino ad

arrivare a Rabanal, antico presidio dei

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Templari, piccolo paesino che resiste grazie al

Cammino. La sera, prima di cena, i frati del

luogo cantano in chiesa canti gregoriani: se è

da un po’ di tempo che non sentite cantare il

Magnificat in latino, non perdete l’occasione!

Albergue Gaucelmo ben sistemato in un bel

casale, due grandi stanze con letti a castello,

con gradevole sala di ritrovo e colazione

famigliare al mattino.

22 - RABANAL DEL CAMINO –

MOLINASECA Km. 26 Una bella colazione ci permette di iniziare bene

una delle tappe più importanti di questo

Cammino. In questa tappa si passerà il punto

più alto, ma soprattutto si arriverà alla Cruz de

Hierro, uno dei luoghi più ricordati del

Cammino.

La salita inizia graduale e costante. Si arriva,

dopo non molto, a Foncebadon: si tratta di un

villaggio abbandonato in cui però è aperto un

albergue molto particolare, con un’atmosfera

amichevole e tranquilla. Si continua la salita

assaporando l’aria fresca e il bel panorama che

le montagne tutt’intorno offrono, (sempre che

il tempo sia buono, in inverno qui non è raro

che nevichi) fino a quando, ad un tratto,

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davanti a voi potete scorgere finalmente la

Cruz. Si tratta di un monumento di una

semplicità commovente: un palo in legno alto

sei o sette metri con alla cima una semplice

croce di ferro ed ai suoi piedi un cumulo

enorme di pietre portate dai pellegrini in secoli

di passaggi. Qui depositerete la pietra che

avrete avuto cura di portare da casa secondo le

vostre intenzioni. Vi sembrerà di aver lasciato

sotto questo simbolo tutti i pesi che vi

portavate dietro! Una piccola radura, qualche

panchina, una cappella, inseriti in un bel

boschetto di abeti, rendono il luogo fatato. Qui

si è a oltre 1.500 metri di altezza; si salirà

ancora un po’, ma da quì è sostanzialmente

tutta discesa fino alla fine della tappa. Poco più

in giù un altro luogo famoso: Manjarin. Si

tratta anche qui di un villaggio disabitato se si

esclude il piccolo rifugio gestito da Tomas, uno

strano personaggio che sostiene di essere

l’ultimo dei Templari! Fuori dal rifugio, una

serie di cartelli ci indicano le distanza tra

questo luogo e una serie di luoghi in tutto il

mondo: Roma, Gerusalemme, Machu Pichu

ecc… e, naturalmente, Santiago a 222

chilometri. Si continua a scendere fino a El

Acebo, un piccolo borgo che sembra si sia

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fermato al medioevo. Ancora in discesa, su un

sentiero che taglia la montagna fino ad arrivare

a Molinaseca, bel luogo sul rio Meruelo che si

attraversa su un ponte romano nelle vicinanze

del Santuario de las Angustias. Albergue

Municipal, alla fine del paese: sobrio con

camerate con letti singoli, abbastanza nuovo.

23 - MOLINASECA - VILLAFRANCA

DEL BIERZO Km. 31

Tappa non difficile che ci porta, all’inizio in

discesa, fino a Ponferrada. Qui l’antico castello

del XII secolo sembra una ricostruzione tanto è

ben tenuto, con la sua forma da perfetto

castello medioevale. Si attraversa il centro

della cittadina e poi un lungo tratto nella

periferia toglie un po’ della poesia del luogo.

Fino a Cacabelos il tragitto è pressoché in

piano, poi, attraversando un zona di campagna

con molte coltivazioni, si arriva, su un sentiero

che viaggia su e giù tra le colline coperte di

vigne, a Villafranca. Albergue Ave Fenix,

rifugio storico tenuto da Jesus Jato, famoso

hospitalero, bella atmosfera.

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24 - VILLAFRANCA DEL BIERZO - LA

FABA Km. 25 Questa è una tappa che molti fanno finire a O

Cebreiro; è considerata una delle tappe più

dure per il dislivello. Per spezzare la difficoltà,

se è possibile, ci si può fermare a La Faba. In

inverno accertatevi che vi sia un rifugio aperto,

altrimenti sarà giocoforza arrivare fino in cima.

Si esce da Villafranca sul ponte che attraversa

il rio Burbia, poi si trova una pista a fianco

della strada statale che ha poco traffico, in

quanto proprio sopra scorre l’autostrada. Si

attraversa una valle verde e fresca con a fianco

un bel corso d’acqua, il rio Valcarce, che scorre

allegro, non fosse per l’incombere

dell’autostrada che passa in alto con viadotti

orribili che a volte fanno da tetto anche a

piccoli borghi, il luogo sarebbe veramente

bello per il suo aspetto bucolico. Si passa così

da Pereje, poi Trabadelo, Ambasmestas, poi, da

Vega de Valcarce, non si vede più l’autostrada

e il panorama diventa veramente maestoso.

Ancora si attraversano piccoli borghi, qualcuno

con il suo bar pronto a fornire i suoi servigi ai

pellegrini; Ruitelan e Las Herreiras. Fino qui il

tracciato è stato in lieve salita, ma dopo

quest’ultimo borgo si sale su una mulattiera

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tutta tra alberi che garantiscono una fresca

ombra degna delle nostre montagne, ma la

fatica si fa sentire. L’arrivo a La Faba, un

piccolissimo borgo con una piccola chiesa a

fianco della quale l’albergue gestito da una

confraternita tedesca. A La Faba non ci sono

ristoranti ma un piccolo negozio è d’uopo

prepararsi da mangiare nella cucina

dell’albergue. A La Faba c’è anche un albergue

privato con la dicitura “vegetariano”: tenete

conto eventualmente anche di questa

opportunità.

25 - LA FABA - TRICASTELA Km. 26

La sosta a La Faba permette di dividere in due

parti la salita ai quasi 1.300 metri di O

Cebreiro. Partendo al mattino non si faticherà

poi più del dovuto a raggiungere questo magico

luogo, uno dei più noti di tutto il cammino.

Si sale un po’ più gradatamente con un

paesaggio che man mano si apre: se ci si volta

si potranno vedere i monti di Leon e la valle

sottostante. Salendo verso il passo si incontra il

primo cippo in pietra che ci indica che si entra

nella regione della Galizia. Da qui, per 142

chilometri, ogni cinquecento metri avremo

l’esatta percezione di quanto manca alla nostra

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meta: a volte è di conforto, a volte sembra che

non arrivi mai il segnale successivo!

Ancora un piccolo sforzo e si arriva al mitico O

Cebreiro, piccolo villaggio di fattura

medioevale con le tipiche case col tetto di

paglia dette pallozas, e l’antica chiesa

conservata dai francescani. E’ anche un luogo

turistico ed in estate è difficile trovare posto

negli albergue.

Si prosegue prima un po’ in discesa sino

all’Alto de San Roche, con un grande

monumento al pellegrino, poi sempre in

discesa, prima in modo graduale, a fianco della

strada asfaltata, poi abbastanza ripida su

sentiero, specialmente quando ci si avvicina a

Tricastela. Qui si cominciano a vedere i

caratteristici “horreos” utilizzati in campagna

per far seccare il granturco . Albergue della

Xunta de Galicia: funzionale con piccole

camere con due letti a castello. In Galizia molti

albergue sono gestiti dalla Xunta. Sono tutti

simili, all’entrata vi daranno una federa e un

coprimaterasso in carta; hanno però in comune

il fatto che in ognuno di essi c’è la cucina ma

non ci sono suppellettili, per cui chi volesse

prepararsi da mangiare sappia che deve avere

tutto, dalle posate al sale!

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26 - TRICASTELA - BARBADELO

Km. 22

Come già in altri punti da qui il Cammino si

divide in due tracciati: uno, quello originale,

passa per San Xil attraversando le colline e le

belle campagne della provincia di Lugo; l’altro

passa per il monastero benedettino di Samos, è

più lungo di 6 chilometri, è però quasi tutto in

piano. Il perché, anche qui, vi siano due

possibili alternative è inspiegabile se non per la

pretesa di alcuni centri di avere il beneficio del

passaggio dei pellegrini sul proprio territorio

(leggi nei propri negozi, bar, ristoranti).

Comunque le due vie sono entrambe segnalate

bene, fare solo attenzione all’uscita da

Tricastela. Arrivati in fondo alla strada del

paese si possono scegliere solo due direzioni,

ma, stranamente, non vi è un segnale chiaro

proprio in quel punto. Se intendete passare per

San Xil prendete a destra e, dopo qualche

decina di metri, troverete l’indicazione e sul

percorso non mancheranno i cippi ogni 500 mt.

Il tragitto è bello e vario; si sale per circa

cinque chilometri, prima su una piccola strada

asfaltata, si attraversano piccolissimi borghi

come Balsa, San Xil. Più avanti si cammina su

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una sterrata fino a giungere all’Alto de Riocabo

(900 mt. circa) ed infine, su un sentiero in

discesa, si passa Montan e poi Furela ed ancora

Calvor.

Comunque a Calvor i due percorsi si

ricongiungono e si arriverà, seguendo la strada

asfaltata, a Sarria piccola cittadina da cui

partono per il Cammino molti pellegrini, in

quanto ci si trova a circa 120 chilometri da

Santiago. Usciti da questo piccolo e poco

turistico centro, si attraversa un rio su un bel

ponte con piccoli archi e si prende per un

sentiero. Si attraversa (scavalcando le

traversine) prima la ferrovia e poi si sale, tra

alberi secolari e piccoli rii, fino ad arrivare a

Barbadelo, un piccolissimo centro immerso

nella campagna. Albergue della Xunta, ricavato

in una vecchia scuola, con un bel prato sul

davanti: riposante.

27 - BARBADELO - HOSPITAL DE LA

CRUZ Km. 30

Altra tappa bella, come praticamente tutte

quelle della Galizia. Non si finisce mai di

riempirsi gli occhi di sentieri, boschi, ruscelli,

prati, piccoli borghi, prati e campi coltivati.

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Si sale uscendo da Barbadelo. La mattina è

brumosa, perché in questa regione l’umidità è

accentuata rispetto al percorso precedente. Si

attraversano campi e piccole colline sempre su

bei sentieri, alcuni attraversamenti di ruscelli

su pietra sono veramente da ammirare. Si

passano piccolissimi agglomerati di case senza

che vi sia segnata la località. Prestare

attenzione in questi piccoli borghi alle frecce,

ci sono molte deviazioni. In questa tappa si

trova il cippo dei 100 chilometri, è obbligatoria

la foto ricordo! Si giunge così a Portomarin

attraversando un lungo ponte sul lago

artificiale. Attenzione! Se siete intenzionati a

proseguire e non avete la necessità di

acquistare qualche cosa nel centro, quando

arrivate in fondo al ponte, un cartello vi

indicherà la scalinata di fronte a voi: non

seguite l’indicazione. Quella porta in centro,

dove vi è una chiesa fortezza di San Nicolas, è

praticamente l’unica cosa da vedere, in quanto

questo paese è stato ricostruito nel 1960

quando l’antico borgo è stato sepolto dalle

acque del lago. Quindi arrivati in fondo al

ponte, girate a sinistra e dopo circa 200 mt.

troverete un piccolo ponte pedonale in ferro

che porta sul Cammino. Da qui ancora un

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sentiero, poi un sentiero parallelo alla strada

che prosegue, salendo e scendendo, fino

Hospital de la Cruz. Questo è un luogo con

giusto quattro case, ma è scelto perché si trova

ad una distanza consona. Albergue de la Xunta,

come gli altri.

28 - HOSPITAL DE LA CRUZ -

MELIDE Km. 26

Tratto molto bello quello che si percorre in

questa tappa, si cammina in mezzo alla

campagna attraversando piccoli villaggi che

paiono rimasti al medioevo. Si possono

osservare numerosi horreos dallo stile ogni

volta differente. Tanti animali, mucche e

cavalli, e contadini al lavoro.

Si esce da Hospital de la Cruz su una stradina

che porta a Ligonde passando per l’alto

omonimo (730 mt.), dopo di che si troverà il

famoso Cruceiro de Lameiros, uno dei

crocefissi più interessanti del Cammino: posto

in un bel sito con alberi secolari, il basamento

è costituito da un antico altare celtico (secondo

un’antica leggenda, si devono fare tre giri

intorno alla pietra in senso antiorario per

scongiurare malanni). Si prosegue ancora nella

campagna, si passa Palas de Rei e si

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attraversano tre vallate su sentieri bellissimi

con boschi e corsi d’acqua. A Leboriero si può

apprezzare l’antica chiesa di Santa Maria con,

proprio di fronte, un “cabazo” restaurato (un

grande cesto di legno con coperchio in paglia

che, come gli correo, fungeva da essiccatoio

del mais). Si giunge così alla piccola cittadina

di Melide. Melide è abbastanza grande, con un

centro storico e un piccolo museo vicini

all’albergue della Xunta (da tenere presente che

è anche usato come albergue Juvenil e potrebbe

essere pieno). Non saltate la cena alla famosa

pulperia Ezequiel (sulla via principale) dove

potrete gustare il tipico pulpo galliego (polipo

alla galiziana).

29 - MELIDE - PEDROUZO (ARCA)

Km. 33

Ancora una tappa bella e con saliscendi mai

duri, anche se alcuni si fanno sentire,

specialmente col caldo. Si passa nei boschi di

castagni, querce e pini che lasceranno il posto,

man mano che si procede, agli eucalipti. Tanti

ruscelli: è irresistibile la tentazione di

immergervi i piedi affaticati. Piccoli villaggi

transitano davanti ai nostri occhi, ma il

pensiero è già alla prossima tappa.

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Uscendo da Melide si incontra il cippo dei 50

km. e ciò sprona il passo. Senza alcuna

difficoltà si passano molti piccoli paesini, solo

Arzuà è un po’ più grande, con negozi e bar, e

con la solita brutta periferia, ma lo si attraversa

in fretta. Lasciata Arzuà, si prosegue tra salite e

discese attraversando più volte la strada

nazionale, ma almeno non si cammina a fianco

del traffico. Si potrebbe anche fare tappa a

Santa Irene dove c’è un albergue della Xunta,

ma bisogna prevedere di portarsi da mangiare,

sapendo che non ci sono stoviglie, perché il

ristorante più vicino è indietro di un chilometro

e siccome per arrivare alla fine della tappa ne

mancano tre, il gioco non vale la candela.

Prima di arrivare a Pedrouzo prestare

attenzione alle indicazioni, perché il Cammino

prosegue diritto in mezzo ai boschi passando

dietro il paese, mentre il paese e l’albergo sono

sulla sinistra. Pedrouzo è un paese che vive del

Cammino con un lungo stradone con negozi e

ristoranti. L’albergue della Xunta è considerato

da taluni il più bello, ma, a mio avviso, è

esattamente uguale a tutti gli altri albergue di

questa regione: è funzionale e impersonale.

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30 - PEDROUZO - SANTIAGO Km. 20

La testa è piena di pensieri: questa è l’ultima

tappa e, se da una parte non si vede l’ora di

arrivare, si fa una certa fatica a partire, sapendo

che la meta è vicina. E ancora, dopo tante tappe

lunghe e faticose, 20 chilometri ci sembrano

una pura formalità.

Uscendo da Pedrouzo, si cammina ancora tra

boschi di eucalipti con piccole salite e relative

discese. Si raggiunge l’aeroporto di Lavacolla

costeggiandolo per un po’, poi si prosegue tra il

verde fino al famoso Monte Gozo o Mon Xoi

in galego (monte della Gioia) dove, per il

pellegrinaggio di Giovanni Paolo II, è stato

costruito un enorme albergue con ristoranti e

negozi: un po’ stile centro commerciale, non

propriamente bello da vedere. Da qui si

lasciano definitivamente i sentieri e, su strada,

si scende e si prosegue avendo però di fronte la

visione della meta. Si entra finalmente nella

periferia di Santiago. Non si ha tempo di

guardarsi intorno, se mai lo si farà in seguito, e

si prosegue sino nelle strette viuzze del centro

che portano alla Plaza de Obradorio, di fronte

alla Cattedrale. Dopo la meditativa sosta sulla

piazza, non rimane che salire gli ultimi

trentatre gradini che ci portano al Portico della

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Gloria, al maestro Mateo e all’altare dove

finalmente si potrà abbracciare la statua di San

Giacomo!

In Santiago gli albergue sono grandi e sono

nella parte nuova della città, vi sono però anche

numerosi hostal e affittacamere a prezzi

decisamente buoni. Sempre che non si

preferisca andare nell’antico hospital dei

pellegrini, proprio sulla piazza, ora Hospital de

los Reies Catolicos, un albergo a 5 stelle super

lusso. Come cambia il tempo!

Da SANTIAGO a FINISTERRE

Come già detto in precedenza, molti pellegrini

intendono proseguire a piedi sino a Finisterre,

al fine di arrivare all’Oceano e alla fine delle

terre conosciute (ovviamente nel Medioevo) e

raccogliere l’acqua con la conchiglia che si

sono portati, attaccata allo zaino, per tutti i

chilometri fino a Santiago, o ancora per

raccogliere una conchiglia, come prova di

essere arrivati fino alla fine del mondo. Per fare

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ciò vi sono due possibilità: se non si ha molto

tempo, si può prendere un autobus che in poco

più di due ore vi porterà a destinazione, invece,

se si vuole, è possibile continuare il Cammino

con altre 3 tappe molto belle, percorrendo circa

90 chilometri.

I – SANTIAGO – NEGREIRA Km. 22

Tappa con continui saliscendi, ma senza

difficoltà; le frecce gialle continuano ad essere

il riferimento per proseguire nel percorso.

II – NEGREIRA - OLVEIROA Km. 33

Con l’allenamento precedente, la lunghezza di

questa tappa può essere superata senza

difficoltà. In estate non dimenticate l’acqua, la

tappa è molto assolata, ma ancora senza

difficoltà particolari.

III – OLVEIROA - FINISTERRE Km. 32

Anche questa tappa porta ad affrontare vari

saliscendi, ma senza grandi difficoltà.

Attenzione! Dopo Hospital il cammino si

biforca. A destra il Cammino prosegue verso

nord fino a Muxia (28 Km da Olveiroa); questa

deviazione porta ad una tappa ulteriore (da

Muxia a Finisterre Km. 30) e ovviamente ad

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un giorno in più di Cammino. A sinistra invece

si procede direttamente verso Finisterre, meta

ultima di questa splendida avventura.

A tutti coloro che intendono percorrere il

Cammino di Santiago un solo augurio:

Buen Camino!

Fulvio Grosso

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Indirizzi e siti utili per la

preparazione del Cammino

www.fulgro.altervista.org è il mio sito su cui

potrete trovare le foto del Cammino.

www.trenoproblem.it vi permette di visionare

tutti gli orari dei treni in Europa.

www.alsa.es www.autobusesjimenez.com

www.movelia.es www.turgalicia.es

www.vibasa.es qui trovate gli orari degli

autobus in Spagna.

www.pellegrinando.it sito molto ben fatto, in

particolare leggere i diari dei pellegrini

www.mundicamino.es sito spagnolo dove

potrete trovare gli albergue e molte altre

notizie.

www.caminodesantiago.consumer.es sito

spagnolo utile per i commenti agli albergue.

[email protected] indirizzo della Confraternita

di San Giacomo a cui richiedere la Credential.

[email protected] indirizzo di Don Lucio

Longhi che può ospitare, a Bergamo, coloro

che transitano per l’aeroporto di Orio al Serio.

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Indice

Prefazione 5

Il Cammino di Santiago 7

Notizie utili e non 13

Le parole del Cammino 45

Diario I parte 51

Diario II parte 75

Le tappe 112

Indirizzi e siti utili 159