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UNIVERSIT ` A DEGLI STUDI DI NAPOLI “FEDERICO II” Scuola Politecnica e delle Scienze di Base Area Didattica di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali Dipartimento di Fisica “Ettore Pancini” Laurea Triennale in Fisica Studio delle interazioni di protoni da 400 GeV/c con l’esperimento SHiP-charm Relatori: Dott.ssa Antonia Di Crescenzo Candidato: Gabriellamarialucia Scuotto Matr. N 85000917 Anno Accademico 2018/2019

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UNIVERSITA DEGLI STUDI DI NAPOLI

“FEDERICO II”

Scuola Politecnica e delle Scienze di Base

Area Didattica di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali

Dipartimento di Fisica “Ettore Pancini”

Laurea Triennale in Fisica

Studio delle interazioni di protoni da 400GeV/c con l’esperimento SHiP-charm

Relatori:Dott.ssa Antonia Di Crescenzo

Candidato:Gabriellamarialucia Scuotto

Matr. N85000917

Anno Accademico 2018/2019

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A mia sorella ead i miei genitori.

.

[. . . ] what can i doto make this mountain taller

so people after mecan see farther.

-(inspired by) Rupi Kaur

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Indice

Introduzione 3

1 Le emulsioni nucleari 51.1 Composizione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 61.2 Rivelatore ad emulsione nucleare . . . . . . . . . . . . . . . . 71.3 Tracciamento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9

1.3.1 Sistema di scansione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 91.3.2 Microtraccia e traccia di base . . . . . . . . . . . . . . 111.3.3 Traccia di volume e vertici . . . . . . . . . . . . . . . . 12

2 L’esperimento SHiP-Charm 142.1 Il rivelatore SHiP-Charm . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15

2.1.1 Bersaglio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 162.1.2 Tavolo mobile . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 172.1.3 Spettrometro . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 192.1.4 Filtro per muoni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22

3 Analisi dei dati 233.1 Analisi dei vertici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 243.2 Analisi delle tracce . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 26

Conclusioni 29

Bibliografia 30

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Introduzione

Durante lo studio degli atomi degli elementi chimici, si scoprı che i nucleierano fondamentalmente descritti da due particelle: protoni e neutroni. Diconseguenza, si ipotizzo che la materia fosse formata da poche semplici par-ticelle: protoni, neutroni, elettroni e fotoni. Questa idea ebbe vita breve,trovando la sua fine con l’ipotesi del concetto di antiparticella, ideato da Di-rac nel 1928. Gli studi sui raggi cosmici rivelarono successivamente l’esistenzadi nuove particelle a vita media breve che non si inquadravano nel sempliceschema precedente. Fu, inoltre, presto chiaro che il possedere un’antiparti-cella non fosse una prerogativa delle particelle cariche ma anche di particelleneutre, quali ad esempio neutrone e neutrino.La teoria dei quark diede un ordine alla questione; negli ultimi trent’anni estata arricchita e ha guadagnato crescente favore con nuove prove sperimen-tali ed insieme all’unificazione elettrodebole compone il Modello Standard(MS), ancora oggi un caposaldo della fisica.Nonostante le scoperte che negli anni hanno confermato il Modello Standard,basti pensare al Bosone di Higgs, vi sono ancora numerose questioni aperte,quali ad esempio l’impossibilita di inserire la forza gravitazionale nel ModelloStandard, l’assenza di spiegazione dell’asimmetria materia-antimateria nel-l’universo, il valore della massa del neutrino e la sua oscillazione. Sono inprogetto numerosi esperimenti al fine di trovare delle risposte a questi inter-rogativi irrisolti, SHiP (Search for Hidden Particles) rientra tra questi.L’esperimento SHiP si propone di studiare la fisica del neutrino con partico-lare attenzione al neutrino tau, e di esplorare il cosiddetto Settore Nascosto,previsto da molte estensioni del Modello Standard. Esso prevede l’utilizzo diun bersaglio fisso su cui incide un fascio di protoni di quantita di moto pari a400 GeV/c fornito dal Super Proton Synchrotron (SPS) del CERN. L’eleva-ta intensita del fascio rendera possibile la produzione di particelle finora maiosservate e l’apparato sperimentale, sviluppato su una lunghezza di circa 150metri, ne consentira la rivelazione.Il presente lavoro di tesi si inserisce nell’ambito dell’esperimento SHiP-charm,proposto dal gruppo di Napoli che partecipa all’esperimento SHiP. Obiettivo

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di SHiP-charm e la misura della sezione d’urto di produzione di quark charmin un bersaglio simile a quello previsto nell’esperimento SHiP. La conoscenzadella produzione di charm alle energie del fascio SPS in un bersaglio spessodiverse lunghezze di interazione e infatti un elemento chiave sia per la misuradella sezione dei neutrini tau sia per gli studi della fisica del Settore Nascosto.L’esperimento SHiP-charm e stato condotto presso l’SPS del CERN nel 2018.L’apparato sperimentale consiste in un bersaglio per la ricostruzione topolo-gica dell’evento, seguito da uno spettrometro magnetico per la misura dellequantita di moto di particelle cariche e da un filtro per muoni.Il bersaglio e realizzato con la tecnica dell’Emulsion Cloud Chamber (ECC),alternando film di emulsioni nucleari con sottili piatti di materiale passivo.L’utilizzo delle emulsioni nucleari come elemento tracciante con risoluzionemicrometrica consente la ricostruzione dei vertici di interazione dei protonie l’identificazione dei decadimenti di adroni con contenuto di quark charm.

Il presente elaborato e suddiviso in tre capitoli cosı articolati:

• Nel primo capitolo vengono presentate le emulsioni nucleari. Si ini-zia con una breve introduzione storica circa la nascita della tecnica dirivelazione basata sulle emulsioni nucleari e le scoperte raggiunte. Siprosegue descrivendo la composizione chimica ed i processi di creazionedell’immagine. Si conclude con una descrizione del sistema di scansionee delle procedure utilizzate per la ricostruzione delle tracce e dei vertici.

• Il secondo capitolo si concentra sull’apparato sperimentale di SHiP-Charm. Gli elementi caratteristici sono il bersaglio, il tavolo mobile,lo spettrometro ed il filtro muonico. Di ognuno viene data una brevedescrizione accompagnata da immagini esplicative.

• Nel terzo capitolo vengono riportati i risultati dell’analisi condotta suidati raccolti in uno dei bersagli esposti nell’esperimento SHiP-Charm.

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Capitolo 1

Le emulsioni nucleari

La storia delle emulsioni nucleari inizia alla fine dell’Ottocento, quando nel1896 Becquerel analizzo i fenomeni luminosi associati ad alcuni cristalli diuranio i quali, esposti ad una sorgente luminosa, manifestano fluorescenza.L’esperimento prevedeva come sorgente luminosa il sole ma cio non fu possi-bile poiche, nel giorno previsto per lo svolgimento dell’esperimento, piovve.Si noto pero che, nonostante la pioggia e dunque una luminosita inferiore, lelastre rimasero impressionate anche senza fluorescenza, sottolineandone cosıl’elevata sensibilita.Questa sensibilita venne studiata ed ampliata dal chimico C.Waller nel 1946,il quale riuscı a vedere tracce di particelle, in particolare mesoni, al minimodi ionizzazione.Nel 1947, usando emulsioni di 600 µm con una gelatina nuova, Perkins [1] edil gruppo di Powell [2] riuscirono a scoprire il pione, sfruttando i raggi cosmi-ci. Questa scoperta ne ha permesse numerose altre; ad esempio studiando ildecadimento del pione si e visto che esso decade pproducendo un muone ed ilneutrino associato, oppure, studiando l’interazione di un π− in un blocco disole emulsioni, si sono osservati per la prima volta produzione e decadimentodi una nuova particella elementare detta beauty [3].Analizzando poi il comportamento dei raggi cosmici all’interno di un nuovotipo di rilevatore, il quale alternava emulsioni nucleari con materiale passivo,si pote osservare produzione e decadimento di un’ulteriore particella dettacharm [4].L’utilizzo delle emulsioni nucleari cadde tuttavia in disuso in quanto la fase dianalisi dei dati risultava essere estremamente lenta e laboriosa, poiche svoltatutta manualmente.L’avanzamento nelle tecniche di scansione automatica ha pero reso possibileun ritorno in auge, in particolare negli esperimenti: E531 presso il Fermi-lab [5], dove si e studiata la vita media di particelle con contenuto di quark

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charm nelle interazioni di neutrino, DONUT, dove per la prima volta si evista l’interazione di νT [6] e CHORUS [7] al CERN; tuttavia l’utilizzo del-l’emulsioni nucleare si afferma completamente nell’esperimento OPERA [8],che ha osservato per la prima volta l’oscillazione del neutrino νµ → ντ inmodalita di apparizione.Le emulsioni nucleari verranno utilizzate nell’esperimento SHiP per condurrestudi di fisica del neutrino e ricerca di materia oscura leggera. Nel 2018 sonostate utilizzate nel progetto SHiP-Charm al CERN per misurare la sezioned’urto di produzione di charm in seguito alla cascata adronica indotta daprotoni di 400 GeV/c [9].

1.1 Composizione

Le emulsioni nucleari sono composte da cristalli di bromuro d’argento AgBr,di dimensioni comprese tra 0.1 µm e 1 µm e con struttura cubica a facce cen-trate, di forma ottaedrica (Fig.1.1), immersi in un gel organico composto dacarbonio, idrogeno, ossigeno; quando una particella carica passa nel cristallo,gli elettroni passano dalla banda di valenza a quella di conduzione. A causadi superficiali trappole elettroniche di 21-25 meV, gli elettroni si diffondo-no all’interno del cristallo fino a quando vengono intrappolati da un centrodi sensibilizzazione. Il centro di sensibilizzazione e creato artificialmente econsiste in una carica positiva che attira gli elettroni, fungendo dunque datrappola. Quando l’elettrone viene catturato, il centro di sensibilizzazionediventa carico negativamente, in grado cosı di attirare gli ioni argento chemigrano all’interno; una volta catturato, lo ione argento interagisce con l’e-lettrone formando un nuovo atomo di argento, che viene rilasciato rendendodi nuovo il centro di sensibilizzazione carico positivamente e quindi pronto acatturare un nuovo elettrone.Questo ciclo si ripete fino a formare agglomerati di atomi di argento; quan-do si arriva ad un aggregato con energia uguale o superiore a Ag4, il centrodiventa “sviluppabile”, quindi il film viene immerso in una soluzione chimicariducente. A queste condizioni il centro di sensibilizzazione diventa un centrodi immagine latente. Lo scopo della soluzione riducente e ridurre completa-mente i cristalli che contengono un centro di immagine latente e di lasciareinvariati i restanti. A questo punto, dopo aver lavato via i restanti cristalli dibromuro di argento tramite un processo di fissaggio, generalmente svolto consodio e tri-solfato di ammonio, e possibile osservare al microscopio la tracciadelle particelle. Ovviamente, affinche la soluzione riducente possa onorareil suo compito, e necessario un certo intervallo di tempo; bisogna pero fareattenzione che la durata non sia tale da permettere lo sviluppo di cristalli

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non esposti alla radiazione. Accadra comunque che un certo numero di cri-stalli indotti per eccitazione termica verra sviluppato, pur non contenendoun centro di immagine latente: tali grani, una volta sviluppati, costituirannoil cosiddetto fog, che e poi responsabile del fondo strumentale [10].

Figura 1.1: Rappresentazione configurazione cubica a facce centrate deicristalli e loro immagine attraverso un microscopio elettronico.

1.2 Rivelatore ad emulsione nucleare

Tra tutti i dispositivi traccianti usati nella fisica delle particelle, le emulsio-ni nucleari forniscono la piu alta risoluzione spaziale [11], arrivando ad unasensibilita di 50 grani per 100 µm. Per rivelare particelle ad alta energia(> 100MeV ) si utilizza un film con due strati sensibili di dimensioni trasver-sali 12.5× 10cm2. Ogni film e composto da due strati attivi di gel spessi 75µm, versati su entrambi i lati di una base di polistirene spessa 180 µm, laquale non deve avere effetti di doppia rifrazione per permettere al microscopioottico di osservare entrambi gli strati. In Fig.1.2 e riportata una schematiz-zazione del film il quale viene posto perpendicolarmente al fascio incidenteper permettere di ricavare l’informazione tridimensionale delle tracce.

Figura 1.2: Sezione di un film di emulsione

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Ogni film puo essere quindi considerato come un sistema tracciante con ri-soluzione sub-micrometrica.Il primo utilizzo delle emulsioni nucleari come rivelatore di particelle pre-vedeva un blocco di soli film, detto Bulk ; questo tipo di rivelatore presen-ta una frazione significativa di spessore sensibile e permette di ricostruirecompletamente la topologia dell’evento e distinguere decadimenti da inte-razioni adroniche. Intorno alla meta del secolo scorso il rivelatore Bulk fuaffiancato da un altro tipo di rivelatore:l’Emulsion Cloud Chamber (ECC).Nell’ECC, le emulsioni nucleari sono intervallate da piatti metallici, che fun-gono da materiale passivo (Fig.1.3). Questa nuova conformazione impedisceper una frazione di eventi l’osservazione diretta del vertice di decadimentodi una particella, tuttavia tale mancanza e compensata dalla possibilita diottenere misure cinematiche della quantita di moto sfruttando la deflessionecoulombiana multipla [12]. Il rivelatore diventa cosı compatto, economico,con elevata massa.

Figura 1.3: Esempio di rivelatore ECC

Le emulsioni nucleari sono paragonabili a pellicole fotografiche: dopo averfatto incidere il fascio sulla pellicola, questa va sviluppata al fine di potervedere le immagini latenti presenti. Lo sviluppo avviene all’interno di unadark room, ovvero una camera con sole luci rosse poiche i film sono insensibilia quella lunghezza d’onda, all’interno della quale si crea delle condizione diumidita e temperatura ottimali affinche i film non vengano alterati primadell’analisi. Come visto, non tutti i cristalli di alogenuro contribuiscono aformare l’immagine latente e buona parte di essi deve essere lavata via, questocomporta una riduzione di volume e spessore dell’emulsione. Valutando ilrapporto tra lo spessore dell’emulsione prima e dopo il processo di svilupposi ottiene il fattore di riduzione, il quale va considerato nell’algoritmo ditracciamento.

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1.3 Tracciamento

1.3.1 Sistema di scansione

I rivelatori ad emulsioni nucleari sono stati a lungo poco utilizzati per lalentezza e la laboriosita dell’analisi dati. Cruciale per la loro rivalsa e sta-to lo sviluppo di sistemi automatici di scansione veloce dei film. In questaottica rientra il sistema di scansione sviluppato per l’esperimento OPERA:l’European Scanning System (ESS).Il microscopio utilizzato nel progetto SHiP-Charm e un aggiornamento del-l’ESS (Fig.1.4). Questo consiste in un microscopio dotato di un piatto discansione, monitorato da un computer che permette mobilita lungo gli assiX e Y e su cui e montata una lastra di vetro per supporto ai film. Vi e poi unbraccio di granito che sorregge l’obiettivo e su questo, montato verticalmente(Z) un piatto per la focalizzazione. Infine una telecamera montata sulla partesuperiore del tubo ottico ed un sistema di illuminazione al di sotto del pianodi scansione.

Figura 1.4: Microscopio presente nei laboratori di emulsioni di Napoli.Aggiornamento di ESS

Un miglioramento dell’ESS viene dal gruppo di scansione di emulsioni diNapoli [17], con l’implementazione del software LASSO, Large Angle Scan-ning System OPERA. Tale software ha fatto sı che si arrivasse ad una velocitadi scansione di 180 cm2/h [19] utilizzando un nuovo concetto di scansione cheprende il nome di continuous motion.Il film di emulsione viene posto sulla lastra di vetro, garantendone l’aderenza

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tramite un sistema di aspirazione. La misura viene svolta variando il pianofocale dell’obiettivo, al fine di estrapolare la traccia lungo tutta la profon-dita del film (Fig.1.5). Si ottengono cosı 16 immagini topografiche di diversilivelli di profondita ma tutti ugualmente spaziati; queste immagini vengonodigitalizzate e convertite in una scala di grigio di 256 livelli e vengono infineanalizzate da un processore per poter riconoscere i cosiddetti cluster allineati,ovvero raggruppamenti di pixel scuri di una data forma e dimensione.

Figura 1.5: Spostamento telecamera lungo l’asse verticale per acquisireimmagini tomografiche a diverse profondita

La prima operazione consiste nell’acquisire un’immagine al di fuori del-l’emulsione da poter sottrarre alle immagini interne, questo perche questaimmagine presentera dei cluster dati da grani di polvere che si trovano sullatelecamera. Se non si effettuasse la sottrazione le macchie scure verrebberorilevate nella stessa posizione in ogni livello, divenendo cosı per il sistema unasequenza di cluster perfettamente ortogonale la pellicola. Il secondo passoda fare e il filtraggio, che consiste nell’aumentare il contrasto tra grani foca-lizzati e non, e si ottiene applicando una convoluzione: il valore di ogni pixelin output e il risultato di una somma pesata dei valori in input dei pixel chelo circondano.Dopo la convoluzione i dati vengono binarizzati, ovvero i pixel che superanoun certo valore di grigio, detto soglia, sono classificati come neri, viceversabianchi. Per avere una visione piu omogenea si attua una equalizzazione, ov-vero si analizza una superficie dell’emulsione e si determina una mappa dellesoglie che permettono di avere un numero circa costante di cluster all’internodel campo vista.Infine, un algoritmo cerca agglomerati di pixel neri che unisce per formare icluster, imponendo un numero massimo di pixel e possibile eliminare i graniche compongono il fondo.

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1.3.2 Microtraccia e traccia di base

Una particella che attraversa un film di emulsione lascia una traccia sia nellostrato superiore che nello strato inferiore di emulsione; ciascun segmentodi traccia e detto Microtraccia. La microtraccia si ricava da allineamentigeometrici di cluster, come schematizzato in Fig.1.6.

Figura 1.6: Passaggio da cluster a microtraccia

Per farlo si numerano i livelli di emulsioni e si definiscono sequenze di questi,formate ognuna da: un livello appartenente alla parte superiore di emulsio-ne, uno appartenente alla parte inferiore ed alcuni livelli centrali. Per ognisequenza, si considerano tutte le possibili combinazioni di cluster tra il li-vello superiore e livello inferiore, definendo per ogni coppia una retta conrelativa accettanza; si cercano poi nei livelli centrali dei cluster che rientri-no nell’accettanza appena definita, se viene trovato almeno un cluster nellivello centrale si definisce la presenza di un trigger. Tutti i cluster trovatiin ogni livello nelle aree di accettanza vengono assegnati alla stessa micro-traccia; maggiore e il numero di cluster associato, migliore e la qualita dellamicrotraccia. Sebbene ci si aspetti una distribuzione poissoniana dei clustersensibilizzati, quella che si ottiene in realta in questa fase e una distribuzioneesponenziale; questo perche si hanno allineamenti casuali e vi e un’ampiacomponente di fondo all’interno del campione delle microtracce.A questo punto e possibile ricostruire la cosiddetta traccia di base, data dallaretta che congiunge i punti delle microtracce che si trovano a contatto con labase plastica. Per farlo si cerca un accordo tra le inclinazione e di rientrarenell’accettanza in posizione. Gli angoli delle microtracce servono per definirel’accordo angolare, e la traccia base e selezionata sulla base di un taglio diχ2. Il χ2 dipende da:

• θXbθXt θYb θYt , ovvero le proiezioni angolari di X e Y delle microtracce

dello strato inferiore (b) e dello strato superiore (t) dell’emulsione.

• θXBθYB , le proiezioni angolari della traccia di base

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• σX σY , risoluzioni angolari delle microtracce.

Il numero medio di cluster associati alle tracce di base evidenzia una dipen-denza dall’angolo di incidenza, generando li cosiddetto effetto ombra. Se latraccia risulta essere perpendicolare l’emulsione, i cluster sono impilati lungouna linea verticale parallela la direzione di propagazione; in tale situazionele ombre di cluster si trovano lungo la stessa linea determinando un aumen-to del livello del grigio dei cluster circostanti. Tutto questo non si verificaper tracce allineate, poiche cosı le ombre dei cluster restano verticali. Vi etuttavia un aumento de numero medio di cluster per angoli sufficientementeelevati legato al maggiore cammino in emulsione.

Figura 1.7: Traccia di base ottenuta unendo due microtracce

1.3.3 Traccia di volume e vertici

La traccia di base e il segmento di traccia ricostruito nel singolo film di emul-sione. Unendo le tracce di base appartenenti a film consecutivi si ottengonole tracce di volume.Prima di ricostruire le tracce di volume e necessario applicare la proceduradi allineamento dei film di emulsione. Per far sı che tale processo sia cor-retto e necessario definire un sistema di riferimento globale in cui misurarele posizioni delle tracce di base; il sistema globale viene detto anche sistemadell’ECC in quanto definendolo ci restituisce le coordinate di quest’ultimo.E importante definire questo sistema in quanto l’allineamento tra due piattiviene descritto dalla seguente trasformazione affine:(

xmattone

ymattone

)=

(a11 a12a21 a22

)(xfilm

yfilm

)+

(b1b2

)dove xfilm, yfilm sono le coordinate della traccia nel singolo film di emulsio-ne, xmattone, ymattone sono le corrispondenti coordinate allineate, ovvero nelsistema di riferimento globale.

Per effettuare l’allineamento tra due film consecutivi si usano tracce pe-netranti che sono state registrate nell’ECC contestualmente alla presa dati.

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La superficie di ciascuna emulsione si suddivide in piu celle e si effettuanospostamenti relativi tra essi, al fine di apportare l’intercalibrazione tra i duefilm: le traslazioni corrette sono quelle che massimizzano il numero di coin-cidenza tra le tracce di base.Applicando la procedura ad ogni coppia di film consecutivi, si ottengono de-gli spostamenti relativi nell’ordine di pochi micron. E possibile migliorareancora di piu l’allineamento utilizzando campione di tracce che attraversanoil mattone a diversi angoli di incidenza, correggendo cosı il valore della coor-dinata Z.Una volta compiuto l’allineamento, si cercano sequenze di tracce base conse-cutive, dette catene, le quali vengono analizzate da un algoritmo di filtraggioKalman [23] che ne esegue il fit lineare e la propagazione all’interno dell’ECC,dando cosı vita alla traccia di volume.

Figura 1.8: Traccia di volume ottenuta unendo tracce di base

Una volta ricostruite le tracce di volume all’interno dell’ECC, si procedealla ricerca di vertici, definiti dalla convergenza di due o piu tracce nellostesso punto.

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Capitolo 2

L’esperimento SHiP-Charm

Il Modello Standard e un caposaldo della fisica e dagli anni ’70 ad oggi sonostati eseguiti numerosi esperimenti per verificare le previsioni della teoria,rivelatesi poi in accordo con quanto predetto.Nonostante le continue conferme, il Modello Standard lascia tuttavia numero-si interrogativi irrisolti, ad esempio l’assenza di spiegazione dell’asimmetriamateria-antimateria nell’universo, la natura della materia oscura, il valoredella massa del neutrino e la sua oscillazione.Per dare risposte a questi interrogativi sono stati ipotizzati numerosi espe-rimenti atti a sondare il cosiddetto Settore Nascosto. Tra questi rientraSHiP (Search for Hidden Particles), esperimento a bersaglio fisso proposto alCERN. SHiP propone di utilizzare un bersaglio dallo spessore di 1m, com-posto da una lega di Tungsteno e Molibdeno. Il fascio di protoni di 400 GeVestratto dall’acceleratore SPS del CERN incide sul bersaglio, l’obiettivo e diintegrare 2×105 protoni in cinque anni di presa dati. L’alta energia del fascioe l’elevata statistica permettera di produrre eventuali particelle appartenential Settore Nascosto e predette da molte estensioni del Modello Standard.Un altro obiettivo di SHiP e quello di studiare la fisica del neutrino e dell’an-tineutrino tau. Ad oggi, non si hanno osservazioni sufficienti del neutrino tauper condurre studi di sezione d’urto ad alta statistica, mentre per l’antineu-trino tau non si hanno osservazioni dirette. Durante l’esperimento sarannoprodotti ∼ 104 neutrini ed antineutrini tau e per la prima volta potrannoessere misurate le sezioni d’urto indipendentemente l’una dall’altra.L’esperimento SHiP-Charm e un esperimento a bersaglio fisso realizzato pres-so l’acceleratore SPS del CERN nel 2018; l’obiettivo e misurare la sezioned’urto della produzione di charm, con particolare attenzione al contributodato dalle cascate adroniche, e per farlo sfrutta l’interazione di protoni da400 GeV/c. La conoscenza della produzione di charm alle energie del fascioSPS in un bersaglio spesse diverse lunghezze d’interazione e infatti un ele-

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mento chiave sia per la misura della sezione dei neutrini tau sia per gli studidella fisica del Settore Nascosto.La produzione di particelle contenenti il quark charm avviene in due modi:nell’interazione dei protoni primari oppure nelle interazioni di adroni secon-dari (cascata adronica). Per la produzione di charm in interazione di protoniprimari sono presenti in letteratura risultati con buona precisione, ad esem-pio dall’esperimento NA27 [21], che ha ottenuto una sezione d’urto per lacoppia charm-anticharm di σ = 18.1±1.7µb, sfruttando bersagli sottili pochicentimetri; non e invece presente alcuna misura della produzione di particellenelle cascate adroniche. Ci si aspetta che tale contributo alle energie di SHiPsia circa 2.3 volte maggiore della produzione primaria [22].L’utilizzo di bersagli piu lunghi che permettano lo sviluppo delle cascateadroniche comporta la produzione di particelle secondarie e di sciami elettro-magnetici, che vengono integrati nel bersaglio e costituiscono la componentedel fondo fisico. La caratterizzazione del segnale e la reiezione del fondo av-viene mediante al ricostruzione topologica e la ricostruzione cinematica deglieventi.

2.1 Il rivelatore SHiP-Charm

Il rivelatore realizzato per l’esperimento SHiP-Charm si propone di effettuarela misura della sezione d’urto di produzione di charm in interazioni di protonida 400 GeV/c. L’apparato sperimentale complessivo ha una lunghezza totaledi 10 metri.

Figura 2.1: Rappresentazione schematica del rilevatore SHiP-Charm.

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Il fascio di protoni incide su un bersaglio realizzato con la tecnica dell’ECC,che usa piombo come materiale passivo. La risoluzione micrometrica delleemulsioni consente la ricostruzione dei vertici di interazione dei protoni e l’i-dentificazione dei vertici di decadimento degli adroni con contenuto di quarkcharm. Il bersaglio e posto su un tavolo mobile per la distribuzione del fasciosull’intera superficie sensibile del rivelatore. A valle del bersaglio e collocatolo spettrometro magnetico, che sfrutta la deflessione angolare delle particellecariche nel campo magnetico generato dal magnete Goliath per misurarnela carica e la quantita di moto. La stazione tracciante posta a monte delmagnete e realizzata con rivelatori al silicio con pixel, mentre la stazione avalle e costituita da fibre scintillanti nella zona centrale e tubi a deriva nel-la zona esterna. L’ultimo elemento e il filtro per muoni il cui compito e diidentificare i muoni, assorbendo la componente adronica.

2.1.1 Bersaglio

L’elemento fondamentale del bersaglio utilizzato nell’esperimento SHiP-Charme detto mattone. Esso ha una massa di 8.3 kg, ha una sezione trasversale di125x100 mm2 ed uno spessore di 75.4 mm, che equivale a circa 10 lunghez-ze di radiazione ed e tale da permettere sia l’identificazione degli elettroni,mediante la ricostruzione degli sciami elettromagnetici, sia la misura dellaquantita di moto degli adroni fino a 6 GeV/c, mediante la diffusione cou-lombiana multipla. Il bersaglio viene assemblato in sei configurazioni diverse(Fig.2.2), in ognuna delle quali viene studiata la produzione di quark charmin porzioni diverse dello spessore totale.

Figura 2.2: Rappresentazione schematica delle sei configurazioni utilizzateper il bersaglio di SHiP-charm

Il mattone e costruito secondo la tecnica dell’ECC, consiste in film di emul-sione dello spessore di 330 µm intervallati con piatti di materiale passivo di

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1 mm, nel caso di SHiP-Charm si e utilizzato il piombo.L’assemblaggio del mattone e stato svolto manualmente con l’ausilio di unapressa meccanica nei laboratori del CERN, per un totale di 24 mattoni, esono stati prodotti due tipi di ECC: uno con 29 film di emulsione ed unocon 57. Come si legge nella tabella 2.1, la prima configurazione presenta soloECC senza materiale passivo precedente e ha la minor lunghezza possibile:37 mm.A mano a mano che si avanza nelle configurazioni, si aggiunge un blocco dimateriale passivo che a monte dell’ECC, fino ad arrivare alla sesta configu-razione con il massimo spessore di 280 mm.In totale sono stati utilizzati 1032 film di emulsioni, per una superficie com-plessiva di 12m2.Diverse repliche delle sei configurazioni sono state esposte al fascio di protonial fine di raccogliere statistica sufficiente per la misura.

Config. n corse materiale passivo ECC n emulsioneCHARM 1 x6 - 28mm Pb+29 film 174CHARM 2 x6 28mm Pb 28mm Pb+29 film 174CHARM 3 x3 56mm Pb 56mm Pb+57 film 171CHARM 4 x3 2x56 mm Pb 56mm Pb+57 film 171CHARM 5 x3 3x56 mm Pb 56mm Pb+57 film 171CHARM 6 x3 4x56 mm Pb 56mm Pb+57 film 171

TOTAL 24 1032

Tabella 2.1: Composizione delle sei configurazioni usate per la realizzazionedel bersaglio.

2.1.2 Tavolo mobile

Il supporto mobile del bersaglio, di dimensioni 1300× 1650× 840mm, servea far sı che possa essere effettuato il maggior numero di misure su uno stessobersaglio. Il supporto prevede spostamenti sia lungo l’asse x sia lungo l’assey con una velocita compresa tra 0.001 e 50 mm/s ed arriva fino a 200mm inentrambe le direzioni, con una precisione entro 10µm.La necessita di utilizzare un supporto mobile nasce dal fatto che il fascio hadimensioni trasverse molto piu piccole delle dimensioni frontali del bersaglio;sapendo inoltre che le dimensioni del fascio sono di 5 mm mentre il bersaglioha una superficie di 12.5 × 10cm2, si avrebbe una concentrazione di eventisolo nella parte centrale dell’ECC limitando la porzione del bersaglio in cuii protoni possono interagire.

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Il movimento del mattone e rappresentato in Fig.2.3: durante lo spill vienespostato per tutta la sua lunghezza lungo l’asse x con una velocita uniformedi 26 mm/s , quindi in orizzontale; nella pausa tra due spill consecutivi vienespostato lungo l’asse y e poi di nuovo lungo l’asse x quando il fascio ripartema nel verso opposto alla riga precedente e di nuovo per tutta la lunghezzadel bersaglio.

Figura 2.3: Esempio dello spostamento del bersaglio sul supporto mobile conun passo in y di 1 cm (sinistra) e 2 cm (destra).

Figura 2.4: A sinistra schema del tavolo mobile, a destra foto del tavolomobile presso i laboratori del CERN.

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2.1.3 Spettrometro

Lo spettrometro e la parte di rivelatore utile a misurare la quantita di motoe la carica delle particelle, e lo fa sfruttando la deviazione che il campo ma-gnetico di 1T all’interno di Goliath apporta alla loro traiettoria.Lo spettrometro e costituito da tre diversi rivelatori: un rivelatore a Pixel,posto tra il bersaglio e Goliath, un rivelatore a Fibre Scintillanti, posto im-mediatamente dopo il magnete, ed i Tubi a Deriva, situati tra le fibre ed ilfiltro muonico.

Rivelatore a pixel

Il rivelatore a pixel e posto tra il supporto mobile ed il magnete Goliath, vieneutilizzato poiche la sua elevata granularita e adatta alla rivelazione di eventiin cui la molteplicita e molto elevata a causa degli sciami elettromagnetici edadronici; in questo esperimento si e deciso di utilizzare il rilevatore a pixelibrido al silicio gia usato nell’ Insertable B-Layer (IBL [14]) del rilevatoreATLAS.Il rivelatore presenta sei pannelli, ciascuno con due chip front-end FE-I4sviluppati su misura [15] con un’architettura di lettura sofisticata; il secondopannello viene posto a 90◦ rispetto al primo, come si vede in Fig.2.5, al finedi raggiungere una risoluzione di 50µm sia lungo x sia lungo y.Ogni pixel ha dimensione 250× 50µm2, l’area attiva totale e 33.6× 37mm2.

Figura 2.5: A sinistra rappresentazione grafica rivelatore a pixel, a destrafoto dello stesso durante la fase di assemblaggio

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Fibre Scintillanti

Le Fibre Scintillanti sono poste nella regione centrale di 40 × 40cm2, dovela densita delle traccie e piu alta, e sono poste a 480 cm dal bersaglio. Ilrivelatore e formato da due stazioni, rispettivamente T3S e T4S della Fig.2.1,ed ogni stazione e composta da quattro piani (Fig.2.6).

Figura 2.6: A sinistra una rappresentazione grafica rivelatore a fibre scin-tillanti; a destra una fotografia del rivelatore SciFi visto dall’interno demagnete.

Questa suddivisione permette di fornire le coordinate XU e YU, dove i pia-ni U e V hanno rispettivamente un angolo stereo di ∼ 2◦ rispettivamenterispetto X e Y.Ogni piano del rivelatore e costituito da ”mat” di fibre scintillanti larghe3 × 12cm, dove per ”mat” si intende una struttura a matrice composta dasei strati di fibre sfalsate con un passo orizzontale di 270µm e una lunghezzatotale di 40cm. Le fibre sono ricoperte da un sottile strato epossidico; vie-ne poi aggiunto del biossido di titanio per ridurre il cross-talk da canale acanale. Il nucleo della fibra e polistirene drogato con p-terfenile (PT) comecolorante primario, piu tetrafenil-butadiene (TPB) come shifter di lunghez-za d’onda. Con questa scelta si ottiene una risoluzione spaziale inferiore a50µm, un’efficienza di rivelazione di ∼ 99% ed una risoluzione temporale di1ns.

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Tubi a deriva

I Tubi a Deriva sono posti nella parte periferica, esterna alla zona equipag-giata con le fibre scintillanti, e distano 510 cm dal bersaglio. Sono statiutilizzati tubi a deriva sviluppati per lo spettrometro a muoni dell’esperi-mento OPERA [16], sono in alluminio e presentano un diametro esterno di38 mm, mentre lo spessore della parete e di 0.85 mm.I tubi vengono disposti in moduli di 50 cm; ogni modulo ha 48 tubi divisi inquattro strati, ognuno di 12 tubi, e sfalsati tra loro.Un filo di tungsteno placcato in oro di 45µm funge da anodo. La miscela digas adottata per lo spettrometro era Ar e CO2, in un rapporto di miscelazio-ne di 80 ÷ 20, che ha permesso di raggiungere un tempo di deriva massimodi 1.3µs; la risoluzione spaziale ottenuta nell’esperimento OPERA e stata dicirca 250µm.

Figura 2.7: A sinistra rappresentazione grafica dei tubi a deriva, a destra unafoto del rivelatore durante la presa dati del CERN

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2.1.4 Filtro per muoni

Il filtro per muoni e la parte conclusiva di tutto l’apparato sperimentale uti-lizzato nell’esperimento SHiP-Charm; il suo compito e di rivelare con altapurezza i muoni per identificare il canale di decadimento muonico degli adro-ni con contenuto di quark charm.E composto da cinque lastre di ferro, due spesse 80 cm e le altre tre 40 cm,intervallate da cinque piani RPC (Resistive Plate Chambers)[24] con dimen-sioni trasverse 195× 125cm2; come si vede alla destra di Fig.2.8. Gli adronivengono assorbiti nelle lastre di ferro, mentre i muoni, essendo particellepenetranti, lasceranno un segnale in tutti i piani di RPC.

Figura 2.8: A sinistra, un’immagine del filtro per muoni; a destra, una fotodal laboratorio del CERN

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Capitolo 3

Analisi dei dati

La ricostruzione degli eventi nell’esperimento SHiP-Charm prevede l’analisidei dati acquisiti in emulsione, di quelli registrati dei rivelatori elettronici ela loro successiva associazione.L’analisi delle emulsioni nucleari consiste prima nell’acquisizione dei dati me-diante sistemi di scansione ottici e nella loro elaborazione, poi nella ricercadelle interazioni dei protoni primari ed infine nella ricerca dei decadimenti diparticelle con contenuto di quark charm.La scansione dei film di emulsione utilizzati nell’esperimento SHiP-Charm estata effettuata nel laboratorio di Napoli che partecipa all’esperimento SHiP,equipaggiato con microscopi di ultima generazione, capaci di raggiungere ve-locita di 180 cm2/h.Il presente lavoro di tesi si inserisce nel gruppo di ricerca che si occupadell’analisi delle emulsioni nucleari e ha come oggetto la ricostruzione e lacaratterizzazione dei vertici di protone all’interno di uno dei bersagli espostinel 2018. In particolare, e stata analizzata una ECC che rientra nella primaconfigurazione, CHARM1-RUN2 (vedi tab.2.1), composta da 29 film di emul-sioni intervallati da 28 piani di piombo dello spessore di 1 mm ed esposta alfascio di protoni senza alcun materiale passivo a monte, come si puo vederenella Fig.3.1. Il bersaglio CHARM1-RUN2 ha integrato 1.1 × 105 protoni,distribuiti in 10 spill (Fig.2.3 a sinistra).L’analisi condotta nel presente lavoro e stata condotta nell’ambiente Rootsviluppato dal CERN [25] mediante la scrittura di codici scritti nel linguaggiC++.

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Figura 3.1: Rappresentazione grafica dell’ECC analizzata.

3.1 Analisi dei vertici

L’elaborazione dei dati acquisiti nelle emulsioni nucleari consiste nella rico-struzione delle microtracce e delle tracce di base nei singoli film di emulsione,nella costruzione delle tracce di volume ed infine nella definizione dei vertici,come descritto nel capitolo 1.La presente analisi e stata condotta sui vertici ricostruiti nel bersaglio deno-minato CHARM1-RUN2. Nei dati ricostruiti, oltre ai vertici di interazionedi protone, e presente un elevato numero di vertici di fondo dovuti a re-interazioni adroniche nel bersaglio ed alla presenza di sciami elettromagne-tici. L’identificazione dei vertici primari viene effettuata mediante un’analisimultivariata che permette di selezionare con elevate efficienza e purezza ilsegnale. Lo sviluppo di tale strumento esula dagli scopi del presente lavoro,che si e basato su un campione di vertici classificati come primari.

Figura 3.2: Display raffigurante un vertice primario di interazione

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La figura 3.2 mostra il display di un vertice ricostruito nell’ECC analizzata.E visibile un protone entrante nell’ECC che interagisce, generando un vertice,nel piatto di piombo tra i film 19 e 20. Il vertice in figura ha molteplicita 27,in quanto genera 27 semirette che rappresentano le particelle cariche prodottedall’interazione del protone. Ogni semiretta risulta essere discontinua, consegmenti piu scuri rispetto ad altri, in quanto la presenza di materiale passivotra due pellicole di emulsione non permette di registrare la traccia in talespessore. La distribuzione della molteplicita relativa a CHARM1-RUN2 erappresentata in Fig 3.3.

Figura 3.3: Molteplicita dei vertici di interazione dei protoni.

Il valore medio della molteplicita e circa 18; si puo notare come la molte-plicita raggiunga valori elevati, come atteso data l’elevata energia del fascioincidente.La Fig 3.4 mostra la distribuzione spaziale dei vertici di interazione nel pianoX-Y, ortogonale alla direzione di incidenza dei protoni. Si osserva una mag-giore densita in corrispondenza di dieci strisce orizzontali, corrispondenti alladistribuzione di spill sul bersaglio.

Figura 3.4: Distribuzione spaziale nel piano X-Y dei vertici di interazione

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La figura 3.5 mostra la posizione dei vertici di interazione lungo la direzionedel fascio. Si osserva una distribuzione uniforme. La lunghezza del bersaglioe infatti di circa 3 cm, molto piu piccola della lunghezza di interazione delpiombo, pari a 18 cm, il che non rende apprezzabile la decrescita esponenziale.

Figura 3.5: Coordinata z dei vertici.

In Fig.3.6 abbiamo la distribuzione del parametro di impatto medio delletracce associate ai vertici primari, questo ci conferma che la ricostruzione deivertici ha una precisione micrometrica, tipica del rivelatore ECC.

Figura 3.6: Parametro di impatto medio delle tracce associate ai verticiprimari.

3.2 Analisi delle tracce

Una variabile che caratterizza le tracce e il numero di segmenti di cui essesono costituite la distribuzione ottenuta per il bersaglio CHARM1-RUN2 e

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rappresentata in Fig.3.7.

Figura 3.7: Numero segmenti per le tracce associate ai vertici di interazione

La distribuzione si presenta continua da 2, corrispondente al numero mini-mo di segmenti per costruire la traccia, fino a 29, pari al numero totale difilm di emulsioni presenti nel bersaglio. La lunghezza della traccia e legataall’energia della particella incidente ed al numero di film disponibili a valledel vertice di interazione.In Fig.3.8 sono rappresentate le componenti angolari delle tracce lungo l’assex (θx) e y (θy). Entrambe le distribuzioni presentano un pronunciato piccocentrale, cio accade perche i protoni incidono perpendicolarmente sul bersa-glio, di conseguenza a livello angolare generano un piccolo cono come e benvisibile nel grafico bidimensionale contenente ambedue le componenti in Fig.3.9.

(a) θx (b) θy

Figura 3.8: Distribuzione delle componenti angolari delle tracce lungo gli assix (a) e y (b).

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Figura 3.9: Distribuzione delle componenti angolari delle tracce associate aivertici

In Fig.3.10 e rappresentato l’angolo tridimensionale delle tracce associateal vertice; si ricava con la seguente formula:

θ3D = arctan(√

(θx)2 + (θy)2)

Dove θx e la componente angolare delle tracce lungo l’asse x, definita come∆x/∆z e θy e la componente angolare delle tracce lungo l’asse y, definitacome ∆y/∆z.

Figura 3.10: Angolo tridimensionale delle tracce associate ai vertici diinterazione

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Conclusioni

L’esperimento SHiP-Charm, oggetto del presente lavoro, si e svolto dal 24luglio al 1 agosto 2018. L’obiettivo del suddetto esperimento e di misurare laproduzione di quark charm a seguito dell’interazione di protoni da 400 GeV/call’interno del bersaglio. Il bersaglio adoperato e stato realizzato utilizzandola tecnica dell’Emulsion Cloud Chamber (ECC), un rivelatore con precisio-ne sub-micrometrica composto da film di emulsioni nucleari spesse 330 µmalternate con piatti di piombo dello spessore di 1 mm. L’ECC permette laricostruzione dei vertici di interazione e l’identificazione dei decadimenti diadroni contenenti quark charm. Ogni film di emulsione nucleare e compostoda due strati di gel attivi spessi ∼ 75µm versati su ambo i lati di una basedi polistirene spessa ∼ 180µm, quando viene attraversato da una particellavede la formazione di centri di immagini latenti. Questi ultimi una voltasviluppati danno vita a degli agglomerati di grani scuri detti cluster.In ogni strato di gel che la particella attraversa si forma la cosiddetta mi-crotraccia, la quale e riconoscibile dall’unione di cluster allineati; unendo lemicrotracce attraverso la base plastica si ottiene la traccia di base. Una vol-ta allineati i piatti, e possibile collegare le tracce di base di film consecutiviottenendo le tracce di volume. Questi passaggi vanno a formare il cosiddettotracciamento, al seguito del quale si ricostruiscono i vertici di interazione.Al fine di ricostruire i vertici, le emulsioni nucleari vengono analizzate con si-stemi di scansione automatici. Nel laboratorio di Napoli, dove e stata svoltala misura dei dati utilizzati in questo elaborato, la scansione viene effettuataper mezzo di sistemi di scansione completamente automatici, basati su unaversione aggiornata dell’European Scanning System (ESS), che permette diraggiungere una velocita di 180 cm2/h.Durante l’analisi dati si e studiata la distribuzione spaziale dei vertici diinterazione primari, ottenendo una distribuzione della posizione all’internodel mattone, e la loro caratterizzazione in base alla molteplicita. Si e poipassati all’analisi delle tracce di base relative ai vertici, riportando la di-stribuzione del numero di segmenti, delle componenti angolari e dell’angolotridimensionale delle tracce.

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