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Sette pieno

A poche settimane da Pentecoste e prima della pausa estiva, inDialogo propone una lettura esistenziale, a più voci, dei

sette doni dello Spirito Santo, in questo tempo oggetto di un ciclo di catechesi firmato da Papa Francesco

Sui passi della fede in Albaniadi A. Iovino e E. Roca

Meeting dei giovani a Viscianodi J. Manganiello

Essere comunità dialogantedi P. di Palo

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giugno 201402

mensile della Chiesa di Nola

in Dialogo mensile della Chiesa di NolaRedazione: via San Felice n.29 - 80035 Nola (Na)Autorizzazione del tribunale di Napoli n. 3393 del 7 marzo 1985Direttore responsabile: Marco IasevoliCondirettore: Luigi MucerinoIn redazione:Alfonso Lanzieri [333 20 42 148 [email protected]], Mariangela Parisi [333 38 57 085 [email protected]], Mariano Messinese, Antonio Averaimo, Vincenzo FormisanoIn copertina e nelle pagine “Sette Pieno”: acquerelli di don Carlo TarantiniStampa: Giannini Presservice via San Felice, 27 - 80035 Nola (Na)Chiuso in redazione il 23 maggio 2014

CoRRuzIoNE: uRGE uN CAMbIAMENTo CuLTuRALEdi Marco Iasevoli

Piazza san Pietro, sono le 8.30 di giovedì 27 marzo. Un

parlamentare, scaltramente, si avvicina a un gruppetto di cronisti. Parla come se fosse in un confessionale, ma in realtà ha una gran voglia di far diventare pubblico il suo sfogo: «Va bene tutto, però che cavolo… mi sono svegliato alle 6 per venire qui… una parola buona ce la poteva dire!». Già, era deluso il nostro. Papa Francesco lo aveva appena ‘rampognato’, a lui e altri 500 suoi colleghi, in una messa dedicata proprio a deputati e senatori. «I peccatori pentiti sono perdonati. I corrotti no, perché rifiutano di aprirsi all’amore», aveva detto il Papa durante la sua omelia. Parole durissime. «Troppo dure, esagerate, non siamo tutti ladri», insiste il parlamentare affranto.

È vero, in politica non ci sono solo ladri. Ma quelli che rubano

Lo SPIRITo SANTo: QuESTo SCoNoSCIuTodi Alfonso Lanzieri

Solo poche settimane fa abbiamo celebrato la festa di Pentecoste.

Lo Spirito Santo, promesso da Gesù, discende sugli apostoli e la Chiesa inizia la sua corsa nella storia. Lo Spirito continuamente agisce e guida la comunità dei credenti nelle onde della storia. Dobbiamo riconoscere, però, che spesso molti cristiani han-no, per così dire, un po’ di difficoltà a capire esattamente chi è lo Spiri-to e cosa fa. Se per il Padre e per il Figlio disponiamo di abbondanti categorie psicologiche, storiche e culturali, grazie alle quali costruire una certa familiarità, per lo Spirito Santo sorgono alcuni problemi. Non abbiamo volti, solo immagini (la co-lomba, il vento, il fuoco etc.), tanto per dirne uno. Non a caso, e a mio giudizio efficacemente, il 13 maggio dello scorso anno Papa Francesco in un’omelia disse: “lo Spirito Santo, questo sconosciuto”; facciamo fati-ca a considerare una persona della Trinità lo Spirito Santo. Per questo motivo, nel mese della festa della Pentecoste, abbiamo ritenuto im-

portante dedicare questo numero inDialogo alla persona dello Spirito Santo senza nessun intento di com-pletezza, naturalmente, ma provan-do ad offrire qualche elemento di riflessione che, speriamo, voi lettori possiate poi continuare personal-mente.

Ma come parlare dello Spirito? Può venirci in aiuto a questo punto Gio-vanni Paolo II che nella sua enciclica “Dominum et vivificantem” definiva lo Spirito Santo “Persona-amore”.

E, come già sottolineato da altri, poiché l’amore si manifesta nel dono possiamo dire che lo Spirito Santo ne è uno splendido esempio perché ci regala non uno ma sette doni: sa-pienza, intelletto, consiglio, fortez-za, scienza, pietà e timor di Dio.

Lo stesso Papa Francesco, lo scor-so aprile, ha dedicato un intero ci-clo di catechesi ai sette doni dello Spirito Santo. Per questo, nelle pa-gine successive, troverete un breve affresco di ogni singolo dono dello Spirito nel tentativo di scrutarne il profilo e gustarne la bellezza.

sono troppi e, soprattutto, troppo tollerati, quasi come se fossero un’inevitabile tassa da pagare per portare avanti opere e progetti. Quasi tre mesi dopo, alla luce degli scandali Expo e Mose – che non ci devono far dimenticare gli innumerevoli scandali e scandaletti del nostro Sud - le parole del Papa appaiono quantomai opportune, e soprattutto per nulla esagerate. Politici e imprenditori della Prima,

Seconda e anche della nascente Terza Repubblica, stando agli atti d’accusa, sarebbero riusciti a tirare dentro il sistema pure i ‘controllori’, le guardie, quelli che dovrebbero dare la caccia ai ladri. Costruendo un vero e proprio ‘sistema’ senza il quale – questo è quanto appare oggiall’estero - è impossibile fare

(segue a pagina 22)

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03giugno 2014

La Terza Pagina

Le immagini dello Spirito Santo

IL VENTo, IL SoFFIo, IL RESPIRodi Franco Iannone

Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai di dove viene

e dove va: così è di chiunque è nato dal soffio dello Spirito (Gv 3,8).Gesù soffiò sui discepoli e disse loro: «Ricevete lo Spirito santo» (Gv 20,22).È difficile parlare dello Spirito. Senza volto e senza nome proprio, a differenza del Padre e del Figlio, sembra consegnare se stesso e chi ne vuole parlare a impalpabili e “spirituali” affermazioni. Eppure si fa sentire, dice Gesù, e si fa vedere sul volto e nelle opere di chi vive di Lui. Vorremmo qui provare a inseguirLo, come bambini che inseguono il volo delle farfalle o delle lucciole nelle notti d’estate, rincorrendo le immagini che nelle sacre Scritture parlano di Lui. Una prima immagine è nel vento (è questa, tra l’altro, la prima accezione del vocabolo sia ebraico, ruach, che greco, pneûma, che indica lo spirito), questa forza che muove le nuvole, che trasporta i semi affinché germinino in una terra nuova, che nel corpo dell’uomo si fa respiro, soffio e segno di vita: lo Spirito quindi come movimento, circolazione, impulso vitale che si oppone a tutto ciò che è inerte. Non sorprende allora che, «come vento gagliardo», il soffio della Pentecoste sconvolga e rincuori i discepoli paurosi che si erano bloccati nel chiuso del cenacolo. Ma Spirito è anche soffio interiore, respiro che porta ossigeno vitale a tutte le nostre fibre, che le mette in condizione di dare corpo a tutti i nostri sentimenti…

Nuvola di fuoco, lingue di fuocoLa nube del Signore durante il giorno rimaneva sulla Dimora e durante la notte vi era in essa un fuoco, visibile a tutta la casa d’Israele, per tutto il tempo del loro viaggio (Es 40,38).Apparvero loro lingue come di fuoco che si dividevano e si posarono su ciascuno di loro; ed essi furono tutti pieni di Spirito santo e cominciarono a parlare in altre lingue come lo Spirito dava loro il potere di esprimersi (At 2,3-4).

Anche il fuoco riesce a dire qualcosa dello Spirito, e sotto molteplici aspetti: luce che illumina la notte, che riscalda e protegge, assicurando il dimorare in un luogo; roveto ardente di una forza che purifica senza mai estinguersi e fa percepire l’ineffabile presenza, diventando fuoco di comunicazione più forte delle nostre incomunicabilità.

Colomba di pace e quieto battito d’aliUscendo dall’acqua Gesù vide aprirsi i cieli e lo Spirito discendere su di lui come una colomba (Mc 1,10). Ancora immagini di aria: il rappacificante battito d’ali della colomba. Lo Spirito che aleggiava sulle acque primordiali, aleggia come colomba sulle acque postdiluviane, riconciliando l’umanità - rinnovata in Noè - con il cielo e con la terra, è l’unico e il medesimo Spirito che piana sulle acque del Giordano per sigillare la nuova alleanza con l’umanità attraverso il Figlio del Padre. «Come colomba» è detto. E come la colomba sovente geme, così anche lo Spirito in noi dà suono al desiderio e all’attesa; come la colomba si posa lieve alla nostra finestra colmandoci di stupore, così lo Spirito entra nel nostro cuore, inavvertito maestro interiore

Acqua zampillante che risanaIl Signore mi condusse poi all’ingresso del tempio e vidi che sotto la soglia del tempio usciva acqua verso oriente ... e mi disse: quelle acque, dove giungono, risanano e là dove giungerà il torrente tutto rivivrà» (Ez 47,1.9).Gesù esclamò ad alta voce: «Chi ha sete venga a me e beva chi crede in me; come dice la Scrittura: fiumi d’acqua viva sgorgheranno dal suo seno». Questo egli disse riferendosi allo Spirito che avrebbero ricevuto i credenti in lui (Gv 7,37-39).Uno dei soldati gli colpì il fianco con la lancia e subito ne uscì sangue e acqua (Gv 19,34).Spirito santo, ancora, come acqua zampillante, sorgente inesauribile, torrente che risana tutto ciò

che incontra. Corrente limpida e trasparente feconda la terra e la rende un giardino verdeggiante. Acqua che disseta, fresco sollievo all’arsura, lo Spirito è fonte in ognuno di noi affinché a nostra volta possiamo dissetare quanti anelano a un sorso capace di infondere vita nuova...

Olio messianicoLo Spirito del Signore Dio è su di me, perché il Signore mi ha consacrato con l’unzione; mi ha mandato a evangelizzare i miseri, a fasciare le piaghe dei cuori spezzati, a proclamare la libertà degli schiavi, la scarcerazione dei prigionieri, a promulgare l’anno di misericordia del Signore (Is 61,1-2).È Dio stesso ... che ci ha conferito l’unzione, ci ha impresso il sigillo e ci ha dato la caparra dello Spirito nei nostri cuori (2Cor 1,21-22).Infine, immagine dello Spirito è anche l’unzione dell’olio fragrante e profumato. Unzione dei re che diventa il Nome stesso di Gesù: il Messia, cioè il Cristo, l’Unto del Signore. Olio che nutre il nostro corpo come alimento, che lo risana e lo protegge come lenimento, che lo addestra all’arte della lotta, che gli conferisce profumo e ne esalta lo splendore, che come balsamo dell’incorruttibilità lo accompagna al di là della morte; olio che, versato, impregna perfino la pietra più dura. Spirito di Dio sceso nel profondo del corpo umano, Spirito di Dio che imprime un segno definitivo, il sigillo di Cristo, contrassegno del seguace dell’Unto del Signore, profumo che si spande a gioia di quelli che lo sentono: è il carattere che conferisce ai discepoli il santo e incancellabile nome cristiano.Così le immagini dello Spirito si rincorrono nelle nostre vite: nessuna lo esaurisce, tutte e ciascuna invece ci narrano di questa Persona divina più intima a noi del nostro stesso intimo, ci svelano la ricchezza di questa realtà vitale che nessuna fantasia virtuale può soppiantare, ci manifestano la presenza efficace del Dono per eccellenza.

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mensile della Chiesa di Nola

…e se vi viene chiesto di scrivere un articolo sulla Sapienza… Sicuramente, vi dite, non è la saccenza, né, per quanto preziosa e nobile, la conoscenza. Allora immediatamente e spontaneamente la mente va alla categoria teologica tanto cara ai Padri della Chiesa; essa s’inerpica nella memoria, alla ricerca del passo biblico più opportuno, fissa quale, tra i grandi teologi della storia, è stato quello che più si è avvicinato a tale dono di salvezza. Ma il vostro interlocutore continua chiedendovi un ‘taglio personale ed esistenziale’ del dono dello Spirito! Allora i pensieri si bloccano! Si infrangono con la stessa velocità e con la stessa consistenza di una bolla di sapone! Io e la Sapienza? State quasi per dire che ha sbagliato persona…deve chiedere ad altri!…ma intanto la telefonata è chiusa e tra qualche giorno, avete concordato, consegnerete l’articolo! Io e la sapienza….io donna… sapiente! E lo smarrimento vi prende perché la consapevolezza vi obbliga alla responsabilità. Ed una serie di domande su quanta sapienza ponete nella vostra quotidianità vi riempiono la mente…e il cuore. Vi sentite un po’ come Giobbe che, ad un certo punto delle sue vicissitudini pone la domanda fondamentale: Ma la Sapienza da dove si trae? da dove proviene? (Gb 28). Molto bello, nel libro veterotestamentario, il paragone che viene proposto tra l’uomo e l’aquila: l’ingegno dell’uomo, la sua intelligenza per quanto straordinari, sono come la vista di un’aquila che, per quanto acuta, non riesce ad individuare il sentiero che porta alla Sapienza. L’uomo non solo non ne conosce

la strada, ma non la potrà mai conoscere con le sole proprie forze. La Sapienza è prerogativa di Dio. Solo Dio comprende la via della Sapienza e conosce il suo luogo(v 23). Eppure essa ha posto la sua tenda in mezzo agli uomini dice il libro del Siracide (Sir 24,8). L’icona bizantina che celebra la divina Sophia, evidenzia questa verità ponendo la Sapienza in trono con i piedi poggiati sul mondo: proveniente dall’Alto essa è nel mondo dell’uomo (vedi foto in basso). Lo vogliamo o no, la nostra sapienza, la sapienza umana, deve confrontarsi con quella divina, la vera Sapienza! Per noi cristiani è la croce, scandalo del mondo e grande paradosso di fede, …..il “luogo” in cui e attraverso cui la Sapienza di Dio ci viene consegnata (1Cor 1). La sapienza la riceviamo come dono prezioso, il primo dei sette, il giorno della nostra Pentecoste (Is 11,1-2). Ma in che cosa consiste?

San Giovanni Paolo II, in merito affermò: “La conoscenza sapienziale ci dà una specifica capacità di giudicare le cose umane secondo il nostro Dio, nella luce di Dio (Giovanni Paolo II, Regina coeli, 9 aprile 1989). Papa Francesco in una delle ultime catechesi ha

ribadito che la Sapienza è riuscire a guardare la vita, la nostra vita con gli occhi di Dio. Una vista penetrante, dunque, un occhio limpido, una lente di ingrandimento che ci rende capaci di ‘bagnare’ il nostro tempo troppo angusto, di eternità, che ci fa guardare il mondo ‘oltre’ il nostro troppo microscopico e povero punto di vista. Ma c’è ancora un’altra riflessioe da fare, riguarda l’origine del termine sapienza: essa deriva dal latino sapere, ovvero gustare, assaporare. Il dono dello Spirito ci permette di assaporare il gusto di Dio. Capisco allora che il dono della Sapienza non comporta visioni né estasi, non rende neanche capaci di non sbagliare o di non avvilirsi. Essere sapienti consiste nella certezza di stare familiarmente a tu per tu con il Signore e di non scandalizzarsi nel dirgli: Se ci sei (perchè Tu ci sei) eccomi, in questo guazzabuglio di vita; prima o poi io so di trovarne il capo. Essere sapienti significa gustare e vedere quanto è buono il Signore (Sal 33,9).

L’uomo non ne conosce la strada e non potrà mai conoscerla con le sole proprie forze

SAPIENzA: GuSTARE LA boNTà DI DIodi Anna Carotenuto

Lo vogliamo o no, la nostra sapienza, la sapienza umana, deve confrontarsi con quella divina, la vera Sapienza!

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05giugno 2014

SeTTe Pieno

uno stile da assumere per andare oltre la buccia delle cose, non accontentarsi del già dato

INTELLETTo:SCoRGERE DIo FRA LE PIEGhE DEL REALEdi Alfonso Lanzieri

Lo scorso 30 aprile, nell’ambito di un ciclo di catechesi dedicate

ai sette doni dello Spirito Santo, Papa Francesco definiva quello dell’intelletto come «la capacità di andare al di là dell’aspetto esterno della realtà e scrutare le profondità del pensiero di Dio e del suo disegno di salvezza». Il movimento del pensiero che il Papa sottolineava – dalla superficie alla profondità – è segnalato anche dall’origine linguistica del termine: “intelletto”, da intus-legere, leggere dentro, cioè scorgere la verità penetrando sotto la corteccia dei fatti. Questi ultimi non sono solo “apparenza”, eppure non sono tutto, nel senso che con essi, per essi e in essi si dà il disegno di Dio. In tale prospettiva, allora, si può dire che il dono dell’intelletto permette di riconoscere sotto i fatti della storia o, meglio ancora, proprio in essi, la verità e l’opera di Dio. Così, infatti, Papa Francesco nella suddetta catechesi: «uno può capire una situazione con intelligenza umana, prudenza, e va bene. Ma capire una situazione in profondità come la capisce Dio, è l’effetto di questo dono». Da questo punto di vista, dunque, avere intelletto non vuol dire affatto essere degli eruditi, sapere molte cose su molti argomenti. Anzi, nel vangelo Gesù esclama ad un certo punto:«Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli» (Mt 11, 25). Conoscere molte cose, essere dei “sapientoni”, non garantisce affatto il dono dell’intelletto, non assicura, in poche parole, la capacità di saper riconoscere l’opera del Signore: le verità di Dio e i piani della Sua azione nelle nostre vite, il senso ad un tempo profondo e divino delle cose, viene rivelato ai piccoli, ai semplici, a coloro che sono disposti a ricevere e insieme a cercare, magari anche con fatica. Come capitò ai

discepoli in cammino verso Emmaus, dopo l’atroce fine del loro Maestro. I due, tramortiti dalla tristezza, stanno elaborando il lutto per la morte di Gesù. Non hanno ancora saputo leggere dentro (intus-legere, appunto) i fatti della passione con gli occhi di Dio. Gesù risorto si affianca e comincia a parlare con loro, ma i loro occhi, velati dalla tristezza e dalla disperazione, non sono in grado di riconoscerlo. Gesù cammina con loro, ma loro sono tanto disperati che non lo riconoscono. Quando però il Signore spiega loro le Scritture, le loro menti si aprono e nei loro cuori si riaccende la speranza (Lc 24,13-27). «E questo è quello che fa lo

Spirito Santo con noi – affermava il Papa nella sua catechesi: ci apre la mente, ci apre per capire meglio, per capire meglio le cose di Dio, le cose umane, le situazioni, tutte le cose».Andare oltre la buccia delle cose, non accontentarsi del già dato. Uno stile da assumere, oltre che un dono da ricevere. Un monito da rivolgere forse proprio ad alcuni dotti. Questi spesso, pur sapendo molte cose, ne ignorano

la trama essenziale sia perché non guardano con gli occhi di Dio, sia perché, più laicamente, credono che il fatto “bruto” esaurisca l’universo della realtà. Di contro può capitare che uno dei tanti “piccoli” della storia, scrutando con fede gli avvenimenti, riesca a leggere in profondità la verità dell’esistente, a cogliere il dito di Dio in mezzo ai nostri giorni. Mosè Maimonide, filosofo e medico ebreo, vissuto nel XII secolo, pregava così: «Illumina, o Signore, il mio intelletto affinché veda giustamente le cose presenti e intuisca quelle assenti o nascoste». Sapeva bene che oltre “le cose presenti”, diremmo noi quelle immediatamente date, c’è dell’altro, c’è di più: ci sono “cose assenti o nascoste”, c’è un senso che si dispiega, un piano che si squaderna, logiche divine che attendono di essere apprese.

Avere intelletto non vuol dire

affatto essere degli eruditi, sapere molte cose

su molti argomenti. Anzi, nel vangelo Gesù

esclama ad un certo punto: «Ti rendo lode,

Padre, Signore del cielo

e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti

e le hai rivelate ai piccoli»

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giugno 201406

mensile della Chiesa di Nola

Non è facile parlare del dono del consiglio, benché oggi se ne

avverta grande bisogno. Il teologo Tanquerey afferma: «il dono del consiglio perfeziona la virtù della prudenza, facendoci giudicare prontamente e sicuramente, per una specie d’intuizione soprannaturale, ciò che conviene fare, specialmente nei casi difficili».Vi è un legame strettissimo tra il dono del consiglio e la virtù cardinale della prudenza, perché il primo nobilita ed illumina ulteriormente la seconda. Ciascuno di noi, ogni giorno, fa esperienza di quanto sia necessario nel tempo presente esercitare la virtù della prudenza. Essa ci aiuta ad agire con l’aiuto della ragione, ci invita a discernere attentamente la realtà, a misurare i pro e i contra di una scelta da fare, a deciderci per il bene in ogni circostanza e a promuovere i mezzi più opportuni per attuarlo. Tuttavia, afferma S.Tommaso d’Aquino, «…poiché l’intelligenza non può né sapere né prevedere le cose particolari e contingenti […], per questo essa [la prudenza] ha bisogno di essere illuminata e diretta da Dio stesso, che tutto sa e tutto capisce». Anche di questo facciamo esperienza quotidianamente. Infatti, talvolta, nonostante ci sforziamo di agire prudentemente, ricorrendo alla riflessione, possiamo rimanere nel dubbio circa la perfezione dell’agire in determinati casi concreti. In tal caso subentra l’azione dello Spirito Santo con il dono del consiglio. Il consiglio concede all’anima un “lume speciale” e le permette di sperimentare una specie di intima sicurezza che il suo modo di agire corrisponde, in qualche modo, alla volontà di Dio. Se sfogliamo le pagine della Sacra Scrittura non di rado incontriamo alcuni passi che accennano esplicitamente al dono del consiglio. Ad esempio il Salmo 73, quando recita: «mi guiderai secondo i tuoi disegni e poi mi accoglierai nella tua gloria» (v.24). Si tratta dell’azione del dono del consiglio che guida a fare

discernimento e a scegliere il modus operandi secondo i progetti del Signore. Il re Salomone, pienamente consapevole della sua indegnità e pochezza, afferma: «Tu hai fatto regnare il tuo servo al posto di Davide, mio padre. Ebbene io sono solo un ragazzo; non so come regolarmi» (1 Re 3, 7). La sua ammissione «non so come regolarmi» si trasforma in un’invocazione a ricevere «un cuore docile» (v. 9) che gli sarà concesso (v. 12) e che gli consentirà di avere «discernimento nel giudicare» (v. 11). Come può agire il dono del consiglio nella nostra vita quotidiana? In una realtà turbolenta come quella in cui siamo immersi, non di rado ci troviamo dinanzi alla difficoltà sul come agire qui ed ora. Chiedendo allo Spirito Santo di infondere nella nostra mente e nel nostro cuore il dono del consiglio, tale difficoltà

potrebbe essere più facilmente dissuasa. Il vero problema è che, spesse volte, piuttosto che affidarci allo Spirito, riteniamo di essere capaci di potercela fare da soli, di essere in grado di saper decidere prontamente, dando seguito a qualche intuizione istintiva che ci viene dal di dentro. Altre volte, invece, affidiamo la soluzione

alle nostre indecisioni agli esperti, ai suggerimenti televisivi. Ma tutto questo risulta comunque sfuggire alle scelte che siamo chiamati a compiere. Certo, il dono del consiglio non è una luce chiarissima che ci permette di avere la soluzione ai dubbi e alle difficoltà a basso costo; in tal caso non avremmo più problemi ad agire. Il consiglio, però, ci assicura ad andare avanti con fiducia, con umiltà, scegliendo ragionevolmente la via che può condurci al vero bene. Per ricevere questo dono occorre pregare e molto. In tal modo, dopo aver pregato, riflettuto, ragionato, il Signore ci concederà di compiere quelle scelte che non si dimostreranno infallibili, ma che ci daranno la serenità di aver deciso ed agito per ciò che è meglio davanti a Dio e che, nonostante tutto, lui ci sarà accanto.

Talvolta, nonostante la riflessione, rimaniamo nel dubbio circa la perfezione del nostro agire

CoNSIGLIo: ESSERE IN SINToNIA CoN LA VoLoNTà DI DIodi Filippo Centrella

Il consiglio ci assicura ad andare avanti con fiducia,

con umiltà, sce-gliendo ragione-

volmente la via che può condurci al

vero bene.

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07giugno 2014

Non è la forza esercitata con prepotenza né la contemporanea mentalità del self-made-man

FoRTEzzA: VIVERE NELLA FEDELTà A DIodi Nicola De Sena

Scorrendo i vari quotidiani, soprattutto quelli di ispirazione

cattolica, sovente troviamo questa definizione: “società liquida”, che caratterizza un po’ il nostro tempo, fatto di decisioni che sono in partenza liquefatte, di difficoltà subito aggirate o peggio ancora non affrontate, ma lasciate scivolare, appunto, come un dolce torrente. Noi credenti non dobbiamo certo stare allegri o guardare dall’alto questo fenomeno dilagante, ma cominciamo a guardarci dentro e a scoprire che forse un po’ figli di questo tempo lo siamo pure noi! E allora ci viene incontro lo Spirito, che tra i suoi sette doni ha quello della fortezza! Questo è, però, pur sempre un dono che richiede da parte nostra la capacità di saper far fruttificare e perseverare in esso perché possa venire in aiuto al nostro stile di vita credente. Perché lo Spirito tra i suoi doni ha la fortezza? Premetto che non parliamo di forza esercitata con prepotenza, né di quella mentalità da self-made-man che l’efficientismo dei nostri giorni ci impone di vivere. Vivere la “fortitudo” significa avere un cuore liberato dal torpore, dalle incertezze e dai timori che possono presentarsi anche in maniera aggressiva. Quando si vive questo bel dono dello Spirito si riesce ad affrontare la vita in maniera diversa, riconciliata e integrata. Molti nostri fratelli e sorelle, soprattutto in luoghi difficili, vivono in maniera eroica il dono della fortezza, magari donando la loro stessa vita per il bene degli altri, rimanendo fedeli al Signore e al suo Vangelo. Nelle nostre esperienze di vita particolarmente dure e dolorose dovremmo chiedere quest’aiuto divino, perché con coraggio si viva in maniera dignitosa l’esistenza.

Quant’è difficile oggi, negli anni della crisi, anche per noi credenti, essere persone ricche di fortezza! Penso alle tante famiglie che arrancano nella gestione delle proprie cose; penso ai giovani che si trovano tra la possibilità di una carriera di studi che molte volte porta al nulla e il baratro di un mondo del lavoro disastrato; penso agli anziani che nella miseranda condizione di pensionati lottano per una vita di rinunce, dopo una fanciullezza passata nel disastro post-bellico. Tra questi, molti, in maniera silenziosa, sono modelli per la Chiesa intera, perché grazie alla fortezza dello Spirito, portano avanti il loro dovere di padri, madri, studenti, lavoratori, cittadini, mantenendo uno stile di vita onesto, perché

guidato dalla fede nel Signore. Questi piccoli santi del quotidiano sono tra noi, li conosciamo e potremmo chiedergli come vivere concretamente il dono della fortezza. Perché, diciamoci la verità, questa fortezza va vissuta nel quotidiano!

Tutti i santi giorni siamo chiamati a vivere la gioia del Vangelo, soprattutto quando l’apatia e la meccanicità dell’ordinario ci trascinano nell’accidia.Quando ci troviamo in queste condizioni, pensiamo ad un passo di Paolo, in particolare della lettera ai Filippesi, che dice: “Tutto posso in colui che mi dà la forza!” (Fil 4,13). Il Signore realmente ci dona questa forza e non ce la fa mancare, perché Egli è sempre con noi! Di fronte alle prove e alle fatiche della vita, non perdiamoci d’animo e invochiamo lo Spirito Santo, perché la fortezza, che è suo dono, possa risollevare i nostri cuori, perché viviamo con nuova forza ed entusiasmo la nostra esistenza di credenti, chiamati a vivere ogni giorno la sequela del Signore Gesù.

Vivere la “fortitudo” significa avere

un cuore liberato

dal torpore, dalle incertezze

e dai timori che possono presentarsi

anche in maniera aggressiva

SeTTe Pieno

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giugno 201408

mensile della Chiesa di Nola

L’uomo può mai conoscere tutto? Non dovrà principalmente

ammettere la sua ignoranza e lasciarsi guidare dal mistero del proprio limite per entrare in una conoscenza che è dono e non solo conquista? E di fronte a ciò che si sottrae al potere perché dono, l’uomo si farà prendere dalla paura o dallo stupore? Il dono della scienza si presenta nella vita di ciascuno di noi con la consapevolezza di non sapere e con la capacità di lasciarsi avvolgere dallo stupore di fronte a chi e a ciò che è più grande. Nello scarto tra l’infinitamente piccolo e l’infinitamente grande, c’è spazio per il dono della scienza, per una conoscenza che sa stupire e sa aprire alla contemplazione del mondo e della storia.Il dono della scienza ci apre, allora, alla c o n t e m p l a z i o n e del piano di Dio, quello inscritto nella creazione del mondo e rivelato nella redenzione dell’uomo. Il dono della scienza ci consente di integrare quanto di bello e di grande c’è nell’uomo creato e nell’uomo salvato, e di orientare ogni scelta concreta verso la bellezza dell’amore di Dio. Il dono della scienza ci fa assumere lo sguardo di Dio. Oltre la conoscenza che riusciamo a comprendere con la nostra capacità di indagare, c’è una prospettiva di insieme che è prerogativa di chi vede a partire dal tutto. Dio conosce veramente il particolare della storia del mondo perché egli è nella condizione di vedere il tutto di un progetto pensato per il bene di tutti. Il dono della scienza ci permette di conoscere il mistero di un progetto di salvezza che Dio ha pensato, e continuamente pensa, per la nostra salvezza, a partire dal quale noi siamo in grado di orientarci nella storia e di benedirla perché in essa c’è un disegno di vita. Ogni qualvolta non siamo capaci

di alzare la mano per benedire la nostra vita con tutto ciò che Dio ci ha dato o pensiamo ci abbia tolto, noi viviamo senza l’esercizio del dono della scienza, cioè senza riuscire a vedere con gli occhi di Dio il bene che in essa è seminato. Ci condiziona, in questo, una malattia che potremmo definire “miopia spirituale”: non riuscire a vedere la storia del mondo e quella personale dalla prospettiva di Dio e del suo progetto di amore, dalla sua veduta di insieme. Chi, poi, si abitua ad avere gli occhi fissi sulla storia senza essersi esercitato attraverso la Sacra Scrittura ad avere gli occhi contemplativi, si ritrova disorientato

nell’oceano del tempo senza l’ausilio del cielo stellato che è sopra di sé. Il dono della scienza è la conoscenza che Dio ci dona delle sue vie, affinché possiamo leggere la storia con occhi diversi, senza lasciarci ingannare dalle sirene del tempo che inducono a tralasciare l’universale per inabissarci nel particolare.

Dio, invece, ci chiede di leggere il particolare alla luce del suo volere, orientando tutte le nostre scelte verso un bene più grande, riuscendo a vedere nel “qui ed ora” una invisibile fecondità.Il dono della scienza è necessario per ogni discernimento spirituale, per ogni agire che si colloca in un disegno di amore e che ha come fine la realizzazione della dimensione vocazionale della nostra vita e della storia. Dunque, tra gli effetti principali che il dono della scienza genera nella vita del credente c’è senza dubbio la capacità di giudizio, che ci spinge verso la realizzazione dell’ordine dell’amore nel disordine del peccato e della storia. Senza il dono della scienza siamo incapaci di giudicare: «Ipocriti! Sapete valutare l’aspetto della terra e del cielo; come mai questo tempo non sapete valutarlo?» (Lc 12,56).

Tra i sui effetti principali c’è senza dubbio la capacità di giudizio per valutare il tempo vissuto

SCIENzA: ASSuMERE Lo SGuARDo DI DIodi Alessandro Valentino

Ogni qualvolta non siamo capaci

di alzare la mano per benedire

la nostra vita con tutto ciò che Dio

ci ha dato o pensiamo

ci abbia tolto, noi viviamo

senza l’esercizio del dono della scienza

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09giugno 2014

Concreta solidarietà e compassione per superare l’empietà dell’indifferenza e del qualunquismo

PIETà: SPERIMENTARE LA TENEREzzA DI DIodi Domenico Panico

Un uomo come tanti se ne camminava per i fatti suoi,

seguiva la sua strada e il flusso dei suoi pensieri. Non si sa, e poco importa, se fosse buono o cattivo, ma semplicemente che era un uomo e che certo lungo quella strada lui non aveva commesso reati o fatto male ad alcuno. Anzi pare salutasse gli altri passanti e non lesinava informazioni se gliene chiedevano. A vederlo sembrava persona seria e riservata, e anche questo poco importa, ma non fu sufficiente ad evitargli la mala sorte d’imbattersi in un’accolta di lestofanti che, derubatolo d’ogni che, lo riempirono anche di legnate, lasciandolo mezzo morto sul ciglio della strada. Tuttavia egli non imprecò né contro il governo ladro, che nulla faceva per rendere più sicure le strade, né contro il suo Dio, possibilmente reo di lasciare impuniti i malfattori e permettere che ai buoni capitino tutte le sfortune del mondo. Confidava però con tutte le sue forze che qualcuno ora, sì ora, avesse pietà di lui mostrandosi compassionevole come il Dio dei Padri, che permette sì il male ma risolleva il povero e la vedova. Arriveranno i nostri, sperava. E i nostri arrivarono davvero, perché sulle strade del mondo buoni e cattivi incrociano sempre i loro passi, gli uni agli altri mescolati... I nostri, dunque, arrivarono ma, ahimé, passarono anche, guardando oltre... Verso l’oltre di pensieri probabilmente tanto alti da non tollerarne altri di sicuro meno nobili? E quali: Dio, il Tempio, gli affetti da ritrovare, gli affari, la destinazione finale, i possibili pericoli? Chissà, sicuramente pensavano tutte queste cose ed anche altre, ma di certo non pensarono né alla misericordia né alla pietà e tantomeno alla compassione... O forse ci pensavano anche, ma non le ritennero in quel

momento il loro dovere, una loro preoccupazione. Magari risolsero il dilemma, semmai se ne affacciò uno alla loro mente o al loro cuore, ragionando che il tizio mezzo morto se l’era anche cercata, e chi è cagion del suo male pianga dunque se stesso... E fine della storia! Di una storia, come tante e forse troppe d’ordinaria empietà... Le tante storie di altrettanti uomini, chissà se buoni o cattivi, ma poco importa, quotidianamente, e in generale cristiana indifferenza, rapinati dei loro beni, sfrattati dalla loro dignità, massacrati nel loro onore, privati del lavoro, lasciati marcire nel carcere dell’indifferenza, e verso i

quali l’unico gesto di manifesta pietà è magari una pacca sulla spalla e un laconico confida in Dio... Magari anche costoro, come l’altro, si aspetterebbero di trovare un chi da meno te l’aspetti che, senza star lì a concionare contro il governo o a domandarsi dove fosse Dio quando il poveraccio veniva

massacrato, sa di dover incarnare il suo rapporto religioso con Dio (la pietà...) in un sentimento verso gli altri (la compassione), di essere pio perché dà a Dio quel che è di Dio nel restituire all’uomo mezzo morto quella mezza vita che gli altri gli hanno rapinata, superando l’empietà dell’indifferenza e del qualunquismo con concreta solidarietà e compassione. Un samaritano eretico e nemico, empio per gli altri ma non certo per il malcapitato, fu la fortuna di quell’uomo qualunque, l’uomo pio e pietoso che tutti dovremmo poter incrociare sulle nostre strade, colui che, confidando nella tenerezza e nella bontà di Dio, pensa a quel Tempio dello Spirito che è il fratello che gli sta innanzi: come può dire di amare Dio che non vede colui che non ama il fratello che vede? Lo Spirito davvero soffia dove vuole, quando vuole...

“Uomini, perché all’ultimo minuto non vi assalga il rimorso / ormai tardivo

per non aver pietà giammai avuto, / e non diventi ranto-lo il respiro, / sappiate che

la morte vi sorveglia, / gioir nei prati o fra i muri di

calce, /come crescer il gran guarda il villano / finché

non sia maturo per la falce(Fabrizio De André)

SeTTe Pieno

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mensile della Chiesa di Nola

“Principio della sapienza è il timore

del Signore” recita il verso sette del primo libro dei Proverbi, dal timore del Signore dipende dunque il senso della vita della quale la sapienza è il sale; chi vive infatti con stoltezza e in compagnia della stoltezza disprezza la sapienza e sceglie di conseguenza il male: è forse un mafioso sapiente? Come ha ribadito fortemente Papa Francesco in occasione della sua recente visita in Calabria il mafioso non è in comunione con Dio, è scomunicato: il mafioso non è in comunione con Dio, non ne ha timore.Cos’è infatti il timore di Dio se non il desiderio di una sua quotidiana risposta? Cos’è il timore di Dio se non il desiderio di un quotidiano ascolto della sua Parola? Cos’è il timore di Dio se non la gioia di riconoscerlo quotidianamente nella propria storia? Cos’è il timore di Dio se non la certezza che dalla scelta della sua persona proviene il Bene del nostro agire?Il timore di Dio infatti non ci pone in una condizione di schiavi in attesa di un gesto di magnanimità da parte del Signore; non ci fa individui incatenati, sudditi sfruttati da un padrone facile all’ira: il timore di Dio è al contrario possibilità di libertà dal momento che esso si fonda su un sì ad una relazione con Lui, un sì alla condivisione, un sì alla fedeltà, un sì all’amore per sempre: il credente nel dire al Signore “io ti temo” gli dichiara il proprio amore: “io ti temo Signore, io ti amo”.Il timore è infatti certezza della speranza di Bene, certezza della speranza del perdono, certezza dell’infinita misericordia di Dio: “Ma presso di Te è il perdono - recita il Salmo 130 - perché tu sia temuto”, il timore è dunque conseguenza del perdono di Dio e non presupposto: se Dio ci ama così tanto da aver timore della nostra pochezza incline al peccato, da rispettarci nell’amore a tal punto da immolare l’Unigenito, come possiamo noi non aver timore del suo amore? “Il gesto del suo amore - scrive Ravasi - infinitamente più alto dei calcoli

meschini della nostra morale interessata, deve incutere un timore reverenziale altrettanto grande quanto quello provato di fronte alla sua ira […] Più che la collera di Dio deve generare timore e dolore il suo amore infinito e disarmante. È più amaro e terribile

colpire un padre che un sovrano inesorabile”. In questo padre misericordioso, il cui amore sostiene la nostra piccolezza,

Non è avere terrore del Signore ma scegliere di vivere in comunione con Lui

TIMoRE DI DIo: DIChIARARGLI IL PRoPRIo AMoREdi Mariangela Parisi

Più che la collera di Dio - scrive Ravasi -

deve generare timore e dolore il suo amore infinito e disarman-

te. È più amaro e terribile colpire un

padre che un sovrano inesorabile

va riposta ogni nostra speranza; da lui dobbiamo attendere quella parola che mette fine alle tempeste e che da conferma del sereno; a lui dobbiamo rivolgere i nostri occhi, non solo quando pieni di lacrime, per intravedere la certezza della nostra preziosità; a lui la nostra anima deve tendere, ogni mattino le nostre labbra dovrebbero sussurrare queste parole: “L’anima mia è verso il Signore più che le sentinelle verso l’aurora, più che le sentinelle verso l’aurora!”(Sal.30). Perché aver timore del Signore è tendere sempre al suo abbraccio.

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11giugno 2014

Sui passi della fede, in AlbaniaIl viaggio della comunità vocazionale di Nola nella terra delle aquile

Testimoni della gioiaAzione Cattolica: il racconto delle feste diocesane di fine anno

Il primo donoXXXVII Convocazione del Rinnovamento nello Spirito Santo con Papa Francesco

Vivere per l’IdealeA Visciano il Meeting dei giovani dedicato alla figura di Padre Arturo

Annotazioni politicheAlcune valutazioni a monte dei risultati dell’ultima tornata elettorale in territorio diocesano

In Diocesi

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mensile della Chiesa di Nola

Il viaggio della comunità vocazionale di Nola nella terra delle aquile

SuI PASSI DELLA FEDE, IN ALbANIA

ha mostrato che con Gesù Cristo nasce e rinasce la gioia.

L’Albania è vivere una spiritua-lità nuova che, nonostante il do-lore, la povertà e l’oppressione

vissuta, riesce a gioire nel Signo-re Gesù, a vivere una comunione vera e ad amare senza spavento e senza pregiu-dizi. Una terra che vive profon-de contraddizioni ma nella quale coesistono reli-gioni e confessio-

ni diverse e alla quale numerosi cattolici italiani hanno deciso di dedicare la propria vita come il sacerdote, nostro condiocesano, don Leonardo Falco, attuale ret-tore del Seminario di Scutari, la cui presenza prolunga nel presen-te il legame profondo tra la Chie-sa di Nola e quella d’Albania nato nel 1995.

Ma è anche un Paese che, nel cercare di rendersi moderno ed europeo, sta nascondendo quelli che sono i segni della propria sto-ria e del proprio passato. Un pas-sato contraddistinto da una dit-tatura comunista che ha causato sofferenza e dolore alla popola-zione albanese e che ora si pensa possa essere dimenticata copren-done le tristi tracce con una pen-nellata o una colata di cemento: è quindi anche una coscienza da

Cosa sei Albania?di Alfonso Iovino

Visitare l’Albania non significa fare un normale viaggio “turisti-co” ma significa vivere un Paese e una cultura che, inspiegabilmente lasciano il segno. Un segno diffici-le da raccontare ma che ha fatto sorgere in me questa domanda: cosa sei Albania?

Di sicuro è una terra che mostra ancora i segni della sofferenza e del dolore e un popolo che silen-ziosamente cammina verso una speranza nuova e vera e che silen-ziosamente chiede aiuto; è tocca-re le ferite di chi, nel vivere la po-vertà, il disagio e la sofferenza, si apre alla gioia del Vangelo, alla forza trainante e trasformante della pace che dona il Signore e di chi, attraver-so la persecuzio-ne, ha compreso che la vera feli-cità non viene dalle ricchezze ma da una virtù che noi europei do-vremmo recuperare: la semplicità del cuore; è visitare villaggi ben lontani dal modello occidenta-le ma che, proprio per questo, ti consentono di vivere la semplicità delle relazioni, la forza della co-munione e della fede.

Fede vera, fede vissuta e fede semplice e profonda che nella Croce trova la speranza e l’amore come ho potuto riscontrare incon-trando Andrez, superstite dell’ex carcere di Scutari nel quale finiva-no tutti quelli considerati nemici del comunismo tra i quali moltis-simi cattolici “incapaci” di rinne-gare Cristo per riconoscere quale unica fede autentica l’ateismo: Andrez che, nel testimoniare con la propria vita la fede in Gesù e la perseveranza nella sequela, mi

Dal 12 al 16 Giungo, in occasio-ne dell’ordinazione diaconale di Mond Marku, che ha condiviso parte del suo cammino formativo con il Seminario di Nola, alcuni componenti della comunità vo-cazionale diocesana, guidati dal rettore don Gennaro Romano, hanno visitato la diocesi albane-se di Scutari.

ricostruire perché calpestata e violata nella sua umanità e digni-tà. Ma è soprattutto una strada da percorrere per chi desidera an-dare incontro alla povertà, speri-mentare l’essenzialità della fede, sanare ingiustizie e iniquità e im-pegnarsi per la difesa dell’uomo.

Cosa sei Albania? Sei uno “scam-bio missionario”, perché nel chie-dere e desiderare, silenziosamen-te, il mio e il nostro aiuto riesci, però anche, a donare “missione” attraverso una fede viva, gioiosa e libera, quella fede che noi euro-pei, in parte, abbiamo perso.

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13giugno 2014

in DioceSi

si vuole cancellare la fede, tanto più si rafforza l’unità nel credere.

È quello che voleva fare la dit-tatura comunista trasformando le chiese in palestre o cinema e uccidendo chiunque professasse un Credo. Ma proprio nelle celle dell’ex carcere di Scutari - ora convento delle clarisse - dove questa fede doveva essere can-cellata, i condannati incidevano, tra i vari simboli, delle croci, se-gno indelebile sui muri che la loro fede non sarebbe stata cancellata dalla persecuzione, ma che, anzi,

Il grido del silenziodi Emmanuele Roca

È nel segreto che avvengono i miracoli più grandi: dietro le quinte si prepara uno spettacolo, sotto un panno lievita la pasta, sotto terra un seme fa crescere la pianta.La fede in Albania è la prova che il Regno di Dio non fa rumore, ma cresce silenziosamen-te anche nei terreni più impervi; è la prova che anche dove non c’è speranza l’impossibile si può rea-lizzare, se si ha fede. Quanto più

si sarebbe rafforzata fino a diven-tare dono della propria vita nello spargimento del sangue.

Sanguis martyrum, semen chri-stianorum, affermava Tertulliano: e questa terra è feconda di molti testimoni, il cui sangue grida la fede di questo popolo che non ha temuto la sofferenza, ma come san Paolo, “ha combattuto la buo-na battaglia, ha mantenuto la fede”. (cfr. 2Tm 4,7)

E accanto a questi vi sono altri testimoni che, rimanendo sempre saldi nella fede anche durante le più atroci torture, sono soprav-vissuti a questa persecuzione, ed ora, con la vita, annunziano che il sangue di quei tanti fratelli non è stato sparso invano, e che la spe-ranza a cui sono chiamati è certa, e non delude. E questa speranza è il motore che spinge questo po-polo a non rassegnarsi, che spinge la comunità cristiana a continuare a costruire l’edificio della Chiesa nella gioia, nello stare insieme, nel camminare uniti, nell’andare verso i fratelli, nell’annunciare che l’impossibile può diventare realtà. Un esempio di perseve-ranza, specialmente per noi che stiamo percorrendo questo cam-mino di discernimento, dal quale soprattutto possiamo ricavare la forza di credere anche nei mo-menti più bui, di sperare anche quando sembra inutile, sostenuti da quell’uomo che dice “Ecco, io faccio nuove tutte le cose”.

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mensile della Chiesa di Nola

sua città. Altro intenso momento è stato quello di preghiera con padre Be-niamino. Abbiamo la fortuna di avere un vescovo che parla con noi ragazzi senza troppi giri di parole, ciò che dice ci entra di-rettamente nel cuore, perché sa trovare delle parole giuste e sem-pre molto efficaci. Poi durante i laboratori dei gio-vanissimi, ai quali ho partecipa-to, abbiamo fatto ‘‘volare’’ le cose che ci rendono felici, qual-cuno ha scritto “amici”, altri l’ “Azione Cattolica”, l’ “estate”, l’ “amore”. Abbiamo potuto osser-vare che nella nostra vita ci sono tantissime cose che posso ren-derci felici, dobbiamo solo essere gioiosi di vivere per raggiungerle. La parte finale è stata dedicata completamente al puro diverti-mento, abbiamo cantato e balla-to, e abbiamo esternato tutta la nostra gioia. Tutta la festa è stata avvolta da un’atmosfera di entu-siasmo e gioia dall’inizio sino alla fine. Durante la festa ho potuto vedere la stessa gioia che vivo io

Per essere felicidi Clelia Rocchino

La nostra tanto attesa festa dio-cesana è finalmente arrivata. ‘‘Chiedimi se sono felice “ è stata chiamata: una domanda la cui ri-sposta è «Sì, noi credenti siamo felici!». Di quella felicità che vie-ne da Cristo e che possiamo con-dividere, mostrare, e donare agli altri. Il momento più intenso della fe-sta è stato sicuramente quello delle testimonianze, occasione per tutti per arricchirsi grazie alle esperienze di altre persone che ci fanno il dono di condivi-dere con noi un pezzetto della loro vita. Quelle della festa mi hanno dato la possibilità di riflet-tere sulla mia stessa vita, perché mi sono resa conto di poter fare molto di più. In particolare mi ha colpito la testimonianza di Clau-dio, che ha scelto di rinunciare al prestigio del CERN di Ginevra per amore, e soprattutto per operare nel suo territorio, per camminare assieme alla sua famiglia e alla

negli occhi di quanti mi stavano intorno, la stessa felicità che ho provato io. Ho constatato che la nostra è una gioia concreta, non sono solo parole, non è la gioia di un attimo. È un sentimento che dobbiamo scegliere di provare e donare, perché se doniamo la no-stra gioia diamo la possibilità agli altri di conoscere Cristo,e non di tenerlo solo per noi. L’Azione cattolica è diventata la mia nuova grande famiglia, e per-sonalmente adoro le feste dio-cesane perché posso incontrare ragazzi che hanno condiviso con me le belle esperienze dei campi o delle scuole di preghiera. Sono persone che non conosci fino in fondo, ma si crea comunque un legame sincero. Qualche volta ci sfuggono i nomi, ma mi piace po-terli incontrare e vedere che an-che loro come me ci sono ancora e che anche loro sono legati all’ AC. E quindi, grazie a tutta l’ Azione Cattolica che mi fa vivere queste emozioni e sensazioni che porte-rò sempre con me.

Azione Cattolica: il racconto delle feste diocesane di fine anno

TESTIMoNI DELLA GIoIA

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in DioceSi

L’Azione Cattolica di Nola, come di consueto, anche quest’anno ha concluso il cammino con le feste diocesa-ne di settore. Il 24 maggio si è svolta la Festa dell’Acr “Gri-di…Amo la Gioia!” mentre il 7 giugno, il settore unitario, gio-vani e adulti, ha vissuto il suo momento di festa “Chiedimi se sono Felice!”. Prossimi ap-puntamenti per l’Ac diocesana saranno i campi estivi: quello dell’Acr si terrà a Vitulano dal 20 al 24 luglio mentre quello unitario si svolgerà a Castel-lammare di Stabia dal 30 luglio al 3 agosto.

Il rumore della felicitàdi Valentina Vitanza

“Gridi…amo la gioia!”. È questo lo slogan che ha accompagna-to la festa diocesana conclusiva dell’anno associativo dell’ACR. L’Azione Cattolica è gioia, entu-siasmo, vita. A testimoniarlo è il volto dei quasi 900 fanciulli che hanno invaso il seminario vesco-vile di Nola.

Fin dalle prime ore del mattino un folto numero di educatori del-

la diocesi accompagnati dall’e-quipe diocesana ACR, carichi di entusiasmo, ma soprattutto di energia, ha dato il via ai prepara-tivi di questa grande festa.

Riscaldati da un caldo sole, dopo aver indossato colorate maglie che richiamavano il tema della festa e una scritta che sin-tetizza il grande compito che ci è stato affidato, “corresponsabi-li della gioia di vivere”, è giunto alle 16 il momento di accogliere gli acierrini, accompagnati dai loro educatori e genitori.

Al momento del loro arrivo sono state tante le emozioni pro-vate: è sempre bello incontrare i tanti educatori, che, anche se di parrocchie diverse, condividono lo stesso percorso educativo con tante gioie, “pensieri” e speran-ze di abbellirlo.

E poi, quel fiume di bambini e ragazzi felici, pronti a lasciarsi guidare in questa grande espe-rienza, tanti, tantissimi, oltre i nostri più ottimisti calcoli, ma va bene così, Gesù chiama tutti e noi siamo pronti ad accompa-gnarli per mano, uno ad uno, nel loro cammino di fede!

Con la musica ad alto volume, i bambini hanno cominciato a

sfrenarsi sulle note di bans e inni ACR. Tanti inni, vecchi e non, le loro parole ci fanno sempre ritor-nare alla mente tutta la ricchezza spirituale che ci ha donato l’A.C..

Dopo l’accoglienza iniziale è tempo di ascoltare gli slogan che tutti i bambini hanno inventato in occasione della festa, nono-stante la confusione creata dalla gioia del momento, è stato bello ascoltarli uno ad uno, ogni grido racchiudeva la bellezza di essere bambini e ragazzi felici e creden-ti.

Successivamente, nonostante il caldo afoso, i ragazzi si sono di-lettati con i giochi dislocati nei vari spazi del seminario, in qual-siasi parte si poteva sentire la gioia dello stare insieme e della condivisione.

Altro momento importante del-la festa è stato l’incontro con il nostro vescovo padre Beniamino. Preziose sono state le parole che ci ha donato, ha ricordato a tutti noi che la gioia più grande che ci dà l’AC è quella di stare insieme, nonché la cosa più importante e bella, crescere nelle relazioni, perché noi uomini non siamo iso-le. Sagge le sue parole, che mi ricordano l’importanza e la sem-plicità di essere laici nella Chiesa e per la Chiesa.

Un altro saluto speciale è stato quello del neo presidente dioce-sano, Marco. Con le sue parole ha voluto ringraziare i tanti e tanti educatori ACR che si spendono per l’associazione, in particolare per la cura e l’accompagnamento dei più piccoli nel loro percorso di fede, avendo l’arduo compito di far innamorare i fanciulli di Gesù e dell’AC, affinché siano sempre luce che brilla nel loro cammino.

Il pomeriggio è passato troppo velocemente, è arrivato il mo-mento di salutarsi, sicuramente più ricchi nell’anima ritorniamo nelle nostre case e parrocchie per raccontare a tutti ciò che di bello abbiamo vissuto, per essere sempre più veri testimoni della bellezza dell’Incontro (permette-temi il maiuscolo) con Cristo.

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mensile della Chiesa di Nola

Oltre 100 giovani entrano dai quattro angoli del campo por-

tando ciascuno una bandiera: con loro tutti i popoli, dai quattro an-goli della terra, sono giunti per incontrare Cristo. Riuniti in dop-pia fila raggiungono un angolo del campo per accogliere la Parola che passa in mezzo alle due ali di bandiere sventolanti e raggiunge il Palco dove viene intronizzata. Il Crocifisso, portato a braccia dai responsabili nazionali del RnS e da quelli delle altre Comunità carismatiche presenti, passa tra le due ali di bandiere che s’in-chinano al suo passaggio mentre alcune danzatrici si dispongono nello spazio antistante a formare la figura di un angelo che s’inchi-na davanti alla signoria di Cristo. Nell’aria risuona la parola dell’A-pocalisse: «Ecco, sto per venire...Io sono l’Alfa e l’Omega, il Primo e l’Ultimo, il Principio e la Fine…Lo Spirito e la sposa dicono vieni. E chi ascolta ripeta “Vieni”» (22, 13-17).

Inizia così la 37ª Convocazio-ne nazionale del Rinnovamen-to nello Spirito Santo dal tema «Convertitevi! Credete! Ricevete lo Spirito Santo!» che, l’1 e il 2 giugno, presso lo Stadio Olimpico di Roma, ha visto 52.000 inter-venuti di cui 5.000 delegati delle comunità carismatiche cattoliche mondiali, provenienti da 55 Paesi.Un grande evento ecclesiale che ha visto la partecipazione di te-stimoni delle origini del Rinnova-mento quali Patti Gallagher Man-sfield e Ralph Martin - che hanno guidato preghiere di intercessio-ne per chiedere la conversione dei cuori dei sacerdoti, delle fa-miglie e dei giovani e una nuova effusione dello Spirito Santo sulla Chiesa intera - ma anche il card.Angelo Comastri, il card. Agostino Vallini, p. Raniero Cantalamessa, il card. Stanislaw Rylko e il card.

Nunzio Galantino, Segretario ge-nerale della Cei, che ha portato all’Olimpico il saluto, l’affetto e la gratitudine di tutti i Vescovi italiani: «Ieri in viaggio di ritorno da Forlì - ha raccontato Galanti-no - guardando in streaming i vo-stri volti, fissavo lo sguardo del Papa e vedevo realizzate le paro-le di Gesù, “Io non vi lascio soli, Io sono con voi..Voi sarete miei testimoni”...». Poi la richiesta al popolo del Rinnovamento: «Sono qui per chiedere a nome dei Pa-stori della Chiesa italiana di pre-gare per noi perché, con l’aiuto e il sostegno di tutti i battezza-ti, noi per primi possiamo aprir-ci sempre di più all’azione dello Spirito. Vogliamo essere delle avanguardie credibili e coraggio-se dell’evangelizzazione, uomini che osano, in maniera più convin-ta e consapevole, il Vangelo e la carità. Pregate per noi perché la conversione pastorale non sia un

facile e appagante slogan, utile solo a tacitare le nostre coscien-ze. Accompagnate noi e i carissi-mi sacerdoti con il vostro affetto. Ne abbiamo bisogno! Solo così la Chiesa risponderà al piano di Dio. La vostra preghiera per noi accompagni il vostro già intenso impegno nella evangelizzazione. Educhiamoci e educate alla vita buona del Vangelo».

Ospite d’onore della convoca-zione è stato Papa Francesco ac-colto al suo arrivo dal presidente RnS S. Martinez, dal presidente ICCRS Michelle Moran e dal pre-sidente CFCCCF Gilberto Gomes Barbosa. Dopo la lettura tratta dagli Atti degli apostoli sulla di-scesa dello Spirito Santo a Pente-coste, il brano è stato attualizza-to attraverso la testimonianza di quattro rappresentanti di catego-rie sociali che indicano la multi-forme bellezza del popolo di Dio: un sacerdote, un giovane, una

XXXVII Convocazione del Rinnovamento nello Spirito Santo con Papa Francesco

IL PRIMo DoNodi Roberta Nava

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17giugno 2014

in DioceSi

Via Lucis cittadina a Noladi Mariano MessineseCi sono tanti modi per animare un centro storico. Sicuramente originale quello scelto dai gio-vani e adulti dell’Azione Cattoli-ca di tutte le parrocchie di Nola che, lo scorso 18 maggio hanno proposto alla città una Via Lucis in 7 tappe lungo un percorso che si snodava da Piazza Giordano Bruno a Piazza Duomo.Una Via Lucis singolare, fatta di sinergia tra parole e drammatizzazione: ad ogni tappa una voce narran-te leggeva il passo del Vangelo scelto mentre i protagonisti del racconto, interpretati dai mem-bri dell’Azione Cattolica, lo mettevano in scena puntando esclusivamente sui gesti. Al ter-mine di ogni tappa veniva acce-sa una candela al Cero Pasquale che precedeva la processione. Le sette candele hanno poi for-nito la luce alle candele di tutti i presenti che, una volta giunti in Piazza Duomo le hanno depo-ste sulle scale della Cattedrale a formare una Croce.

famiglia, una persona diversa-mente abile: per ciascuno di essi il Papa ha avuto una parola. Poi il Santo Padre ha ricordato le radici del Rinnovamento, ha racconta-to di non aver subito apprezzato la spiritualità del Rinnovamento, ma di averlo amato successiva-mente: «Voi del Rinnovamento avete avuto un grande dono dal Signore perché, nati come cor-rente di grazia nella Chiesa e per la Chiesa, il Signore vi ha fatto parte del primo dono dello Spirito che è il dono di se stesso, che è amore che fa innamorare di Gesù. E questo amore cambia la vita».

Profondamente commovente è stato il momento in cui il Papa si è inginocchiato mentre l’intera assemblea, imponendo le mani e cantando in lingue, ha pregato per lui.

Prima di andare via, il Santo Padre ha invitato il Rinnovamen-to tutto in Piazza San Pietro per festeggiare nel 2017, il giubileo della nascita del Movimento. La gioia dei 52mila è esplosa, poi, nel flash mob che, dagli spalti, tutti insieme hanno ballato come testimonianza dell’affetto e del-la vicinanza a Papa Francesco.

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mensile della Chiesa di Nola

La Marcia delle pietre è stata al cen-tro del Meeting dei giovani, or-

ganizzato dai Missionari della Divina Redenzione e dallo Staff Anno Artu-riano, costituito dai rappresentanti delle associazioni di Visciano, che si è svolto lo scorso 14 giugno.

Un intenso momento spirituale ha preceduto una serata all’insegna della musica e della gioia. La Piazza Lancellotti di Visciano, gremita fino a tardi, si è trasformata in una festa ricca di significato: «Era il senso del messaggio che stavamo cercando e che dovevamo comunicare agli altri - ha dichiarato Padre Nelson Men-dez, anima della manifestazione, sacerdote missionario della Divina

Redenzione, responsabile del centro Giovanile Padre Arturo D’Onofrio di Visciano - e il tema centrale del pel-legrinaggio delle pietre di Padre Ar-turo D’Onofrio ci parla nettamente del suo carisma coinvolgente, quelle pietre sono un segno che deve arri-vare anche a noi, oggi”. La serata è cominciata con l’ingresso della cro-ce portata dai giovani sulle note del canto Come tu mi vuoi. Dopo i saluti e la spiegazione del perché dell’in-contro è partito il primo momento dedicato alla Parola di Dio introdotta da una danza cristiana interpretata dalle ragazze della Gioventù Maria-na sulle note del canto Manda il tuo Spirito: tra le letture scelte per la

serata quelle di Geremia per intro-durre i presenti alla riflessione sull’ infanzia di Padre Arturo, su come Dio già prima che nascesse avesse già fatto progetti si di lui, scegliendolo come suo strumento d’amore per i bambini del mondo, poveri, orfani e abbandonati. Il messaggio che si voleva comunicare ai giovani è sta-to imperniato su uno scritto inedito di Padre Arturo: “L’ideale”, recitato da Gianfranco Santorelli, un giova-ne attore di Camomilla a colazione, una delle compagnie teatrali di Vi-sciano . Composto da Padre Arturo in seguito a un momento d’inquietu-dine, nel silenzio della sua stanza, lo scritto è stato la sua risposta alla

A Visciano il Meeting dei giovani dedicato alla figura di Padre Arturo

VIVERE PER L’IDEALEdi Joletta Manganiello

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19giugno 2014

in DioceSi

Dacia Maraini ospite dell’Istituto Vescovile di Noladi Fiorella Chirollo

Mercoledì sei maggio gli studenti dell’Istituto Vescovile di Nola hanno avuto la possibilità e l’onore di chiacchierare, grazie alla collaborazione della libreria Biblos, con la scrittrice italiana più cono-sciuta al mondo, Dacia Maraini, che ha discorso con ragazzi e docenti sul suo ultimo lavoro, “Chiara d’Assisi. Elogio della disobbedienza”. Dopo settimane di lettura e riflessione sul testo, che accen-de una luce nuova sulla santa, nella sala conferenze della scuola gli studenti hanno fatto domande alla signora Maraini non solo sul testo, ma anche sulle sue esperienze biografiche, che ne fanno un pezzo di storia d’Italia. Il dialogo con la scrittrice, che ha compiuto uno studio meticolosissimo sulla storia di S. Chiara e della Chiesa nel medioevo, è stato particolarmente garbato e illuminante, gra-zie anche alla grande disponibilità e umanità della nostra ospite. Gli studenti hanno voluto infatti farsi immortalare con lei, che ha accolto tutti con calore ed entusiasmo, ed ha arricchito il nostro percorso scolastico di un prezioso confronto sulla posizione spesso “scomoda” che le donne hanno rivestito, o hanno dovuto rivestire, nella storia. Da laica, Dacia Maraini ha espresso il suo parere anche su altri temi che riguardano la Chiesa e la società, come la questione dei social network e di ciò che rappresentano per i giovani d’oggi. Toccanti le sue parole sulla terribile esperienza, vissuta da bambina, in un campo di prigionia giapponese durante la seconda guerra mondiale, esperienza che ancora non trova una collocazione adeguata in un libro, ma che presto, ha avvertito Dacia, sarà og-getto di racconto, seppur estremamente doloroso. A fine giornata gli studenti, entusiasti dell’espe-rienza, hanno commentato stupiti la grande affabilità della donna che, con tenacia e spirito da vera teenager, rappresenta il fiore della cultura e un grande, grandissimo insegnamento per la società.

La Marcia delle pietre fonte: www.padrearturo.itPer la costruzione del primo Villaggio del Fanciullo sul terreno donato dal vescovo di Nola monsignor Camerlengo a Visciano, Padre Arturo organizza un “pellegrinaggio delle pietre”: migliaia di persone portano a piedi da Schiava, frazione del vicino comune di Tufino, le pietre necessarie alla costruzio-ne. Ogni volta che Padre Arturo costruiva una nuova opera a Visciano, il miracolo delle “pietre che camminano” si rinnovava: così per il tempietto, per il santuario, per le varie ricostruzioni dopo il terremoto del 1980, e perfino nel 1990 per la costruzione della casa degli anziani “Villa del Carpine”.

chiamata di quel Dio che conosce-va già tutto ma aspettava la sua risposta. L’inquietudine è stata il gancio vocazionale da lanciare ai giovani che sabato sera affollavano la piazza, la stessa inquietudine di chi, come il giovane Padre Arturo, cerca un senso di verità e bellez-za nella vita , una realizzazione al progetto iniziale di Dio ascoltando la profonda voglia di fare qualcosa.

Il momento più emozionante e intenso della serata è stato quando sulle note del canto Io ti seguirò, sul palco è arrivato un giovane Pa-dre Arturo che ha liberato simboli-camente dalle macerie una bam-bina e l’ha guidata con amore nel mondo, mentre sullo sfondo le pie-tre vivevano, sorrette dai giovani dell’oratorio San Luigi e della Gio-ventù Mariana, e cambiavano di vol-ta in volta immagine, per racconta-re di volta in volta il sorriso, la cura, l’amore, la fede e la testimonianza del Servo di Dio. Un modo di rac-

contare e rivivere la fede utilizzan-do nuovi linguaggi proprio come era solito fare Padre Arturo. E proprio ai nuovi linguaggi era dedicato il can-to Sono qui a Lodarti nel linguaggio internazionale dei segni ricordando l’impegno dei missionari e delle Pic-cole Apostole della Redenzione in favore dei bambini che possiedono diverse abilità, in India, in Italia e in America latina. In chiusura un altro momento dedicato alla Parola con la prima lettera di Pietro, attraver-so la quale tutti i presenti sono sta-ti esortati a diventare pietre vive stringendosi a Cristo, pietra viva. La veglia si è conclusa con l’esibizione di un gruppo di rapper locali, i Su-runtux, che hanno portato al mee-

ting un brano rap dedicato a padre Arturo, i saluti di Padre Vito Terrin, Rettore generale della Piccola Ope-ra della Redenzione, un invito alla decisione nell’azione e nella scel-ta tratto dagli scritti di Padre Ar-turo, interpretato ancora una volta da Gianfranco Santorelli, e un flash mob con la luce degli smartphone sulle note di Enciendo una vela (ac-cendo una candela ndr), un canto spagnolo dedicato alle opere fonda-te in America latina da padre Arturo. Al momento di riflessione e preghie-ra è seguita la festa con il concerto di musica classica napoletana e folk dei Parià e dei Bottari di Portico che hanno coinvolto la gente fino a not-te fonda.

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mensile della Chiesa di Nola

Le recenti competizioni elettorali per le elezioni

amministrative ed europee hanno fornito interessanti spunti di riflessione. Nella nostra diocesi sono stati chiamati alle urne per le amministrative quattro comuni superiori ai quindicimila abitanti (Nola, Marigliano, Somma Vesuviana, Sant’Anastasia). Solo il comune di Marigliano ha visto un cambio di colore politico dell’amministrazione. Al ballottaggio del 9 giugno si è, infatti, imposto il candidato del centrosinistra, Sebastiano Sorrentino. A Nola è stato riconfermato il sindaco uscente, Geremia Biancardi, mentre a Somma, al voto dopo la morte del sindaco Allocca, è stato eletto il sindaco della coalizione formate da civiche e Ncd-Udc. A Sant’Anastasia, comune chiamato al voto a seguito dell’arresto del sindaco Esposito, ha prevalso la coalizione civica che si poneva in continuità con l’amministrazione uscente. Il voto amministrativo

è contraddistinto, come sempre, da fattori locali, che ne hanno condizionato l’esito. Interessante è analizzare, però, il risultato delle europee nei comuni della diocesi che sono andati al voto anche per le amministrative. In questi comuni, infatti, la più elevata affluenza alle urne sembra aver inciso sul risultato delle europee. È importante costatare che nella maggioranza dei comuni del vesuviano interno e del nolano si è assistito ad un incremento dei voti per il Partito Democratico e per il Movimento 5 Stelle e un decremento per Forza Italia/PdL. È interessante notare, però, che il calo di FI/PdL è meno marcato proprio nei comuni che si sono recati alle urne anche per la amministrative. Nei quattro comuni con più di quindicimila abitanti, infatti, in media FI perde appena lo 0,3% dei voti, contro il 16% del dato provinciale. In particolare, a Sant’Anastasia e Marigliano, FI guadagna il 4% dei consensi

rispetto alle politiche di un anno fa. Anche il M5S, nei quattro comuni in esame, incrementa i proprio consensi del 2,8%, contro l’1,6 del dato provinciale. È il PD che, nei quattro grandi comuni della diocesi andati al voto per le amministrative, incrementa i propri consensi meno che rispetto all’intera provincia (7,7 contro 15,4). Nei comuni della diocesi con una popolazione inferiore ai quindicimila abitanti andati alle urne, la tenuta di Forza Italia è ancora più evidente. Perde, infatti, poco meno del 2%. Il dato del PD, invece, si avvicina di più a quello provinciale (+ 11,5%), mentre quello del M5S doppia il dato provinciale con un incremento del 4%. Nei comuni con meno di quindicimila abitanti andati alle urne anche per le comunali, infatti, sembra siano state penalizzate, rispetto ad un anno fa, soprattutto le forze politiche minori. Va considerato comunque che il trend prositivo per Forza Italia si registra anche

Alcune valutazioni a partire dai risultati dell’ultima tornata elettorale in territorio diocesano

ANNoTAzIoNI PoLITIChEdi Raffaele Dobellini

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21giugno 2014

in DioceSiin altri comuni della diocesi. A San Giuseppe Vesuviano, ad esempio, FI ottiene il 52% dei voti, migliorando addirittura il proprio risultato del 4%. È possibile pertanto affermare che: gli elettori della nostra diocesi pur avendo seguito il trend nazionale (incremento dei consensi per il PD, calo per FI/PdL), si sono fatti sedurre di meno dalla sirena renziana; che il M5S in più di un caso migliora il risultato di un anno fa; che FI tiene meglio che nel resto della provincia e che maggiori performance si sono verificate proprio nei comuni dove l’affluenza è stata più alta, visto il concomitante svolgimento delle elezioni amministrative. Tutto ciò permette di effettuate alcune valutazioni: 1. Il contemporaneo svolgimento delle elezioni comunali e quelle europee ha avuto il suo peso nella misura in cui la maggiore affluenza ha portato al voto quell’elettorato moderato, che a livello nazionale, invece, sembra essersi astenuto; 2. Il PD ha incrementato di meno i propri consensi, da un lato, come detto, per la maggiore partecipazione al voto dell’elettorato moderato nei comuni al voto per le amministrative, ma anche perché in diocesi non si è verificato lo spostamento di voti moderati-liberali (Scelta civica) a vantaggio del PD. I montiani, infatti, un anno fa non avevano stregato i “nolani”, ottenendo un risultato molto più basso che a livello nazionale; 3. Il M5S a differenza che a livello nazionale ha tenuto, migliorando in alcuni casi la propria perfomance, ma non è riuscita, come del resto anche in altre realtà del paese, a sfruttare la contemporaneità del voto europee-amministrative per migliorare i propri consensi alle comunali. A Nola ad esempio i grillini ottengo il 2,4 alle comunali, contro il 18,6 delle europee. A Sant’Anastasia la lista pentastellata ottiene il 4%, contro il 21% delle europee. Il proliferare di liste civiche alle comunali ha indubbiamente inciso a sfavore dei partiti nazionali ed in particolare del M5S.

I Comuni della diocesi che hanno eletto il nuovo governo cittadinodi Antonio Averaimo

Nola. Nella città sede del Vescovado, la competizione si è decisa al ballottaggio: il candidato di Forza Italia e sindaco uscente, G.Biancardi (54,1 per cento), ha avuto la meglio sullo sfidante D. Vitale (45,8 per cento), sostenuto da Udc-Nuovo Centrodestra e da Fratelli d’Italia, nonché dal raggruppamento di centrosinistra che al primo turno ave-va appoggiato la candidatura a sindaco di M.F. Tripaldi. L’affluenza al secondo turno è stata del 65,8 per cento.Marigliano. Il centrosinistra conquista la vittoria sul centrodestra, dopo cinque anni di amministrazione targata A. Sodano. Al ballottag-gio, il candidato del Pd S. Sorrentino (52,6 per cento) ha rimontato lo svantaggio che al primo turno lo separava dal candidato sindaco di Forza Italia, M. Papa (47,4). Affluenza bassa al secondo turno: appena il 55,9 per cento degli aventi diritto.Somma Vesuviana. Nel Comune vesuviano si tornava al voto dopo appena un anno, in seguito alla prematura scomparsa dell’ex primo cittadino R. Allocca. Al ballottaggio, il candidato sostenuto dall’Udc-Ncd e da Fratelli d’Italia, P. Piccolo (56,2 per cento), si è imposto sul rivale di Forza Italia, A. Granato (43,8 per cento). Anche a Somma, molto basso il dato dell’affluenza al secondo turno (47,4 per cento).Sant’Anastasia. Dopo le vicende giudiziarie che avevano messo fine alla passata amministrazione targata C. Esposito, è stato L. Abete a portare nuovamente alla vittoria il raggruppamento di sole civiche che governava dal 2010 la città. Al ballottaggio, Abete ha raccolto il 60,2 per cento dei voti sullo sfidante A. De Simone, del Pd, fermo al 39,8. L’affluenza si è attestata al 58 per cento.San Gennaro Vesuviano. A. Russo, sostenuto dalla civica Obiettivo Futuro, batte il sindaco uscente A. Giugliano. Russo ha raccolto il 45,5 dei consensi, mentre l’ex primo cittadino si è fermato al 29,5. Affluenza all’83,2 per cento. Liveri. Sfida fra civiche anche nel Comune di Liveri. R. Coppola, so-stenuto da Liveri Insieme, si è imposto col 69,9 dei voti su E. Muto, attestatosi al 30,8. Il dato dell’affluenza è pari all’80,8 per cento.Comiziano. P. Napolitano si conferma sindaco, sconfiggendo L. Alfieri. Il primo cittadino uscente, sostenuto dalla civica Insieme per Comi-ziano, ha raggiunto il 59,3 dei voti, a dispetto del 40,7 del proprio avversario. Affluenza al 75,5 per cento.Carbonara di Nola. M. Paradiso si rifà della sconfitta di cinque anni fa, e batte lo sfidante A. Iannicelli nella corsa per la carica di primo cittadino. Paradiso, sostenuto dalla civica Carbonara Insieme, ha rac-colto il 51,3 per cento dei voti contro il 48,7 del rivale. Alto il dato dell’affluenza (88,1 per cento).Roccarainola. Si conferma sindaco R. De Simone, sostenuto dalla ci-vica Colomba. De Simone si è imposto col 73,5 per cento dei voti sugli sfidanti N. Bifulco (22,4) e F. Mastantuoni (4,1). Affluenza all’80,2 per cento.Domicella. Anche nel Comune dell’Avellinese vince il sindaco uscen-te. Si tratta di S. Corbisiero che, sostenuto dalla civica Mani Unite, ha avuto la meglio, col 54,8 per cento dei voti, sul rivale N. Guadagno, fermo al 45,2. Alta l’affluenza (88,2 per cento).Moschiano. Bis anche per A. Mazzocca, rieletto sindaco col 52,8 per cento, contro il 47,2 raccolto dallo sfidante S. Pacia. Basso il dato dell’affluenza, fermo al 64,8 per cento.Taurano. Il piccolo Comune dell’Avellinese ha eletto sindaco S. Maf-fettone, impostosi col 56 per cento sul primo cittadino uscente, A. Graziano, che ha raccolto il 44 per cento dei suffragi.

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mensile della Chiesa di Nola

(segue da pagina 2)

business importanti in Italia.Cosa occorre fare dal punto di

vista legislativo per vincere questo cancro è più o meno noto. Molto meno chiare sono però le strategie per un cambiamento culturale. Per ogni corrotto e corruttore, ci sono migliaia di cittadini che hanno avallato il ‘sistema’ – più o meno consapevolmente – con il loro voto. Per diverse generazioni – anche molto giovani – il ‘merito’ è una colossale presa in giro, vince lo stanco ‘realismo’ secondo il quale solo l’appartenenza ad alcune filiere affaristico-politico-imprenditoriali può portare lavoro (lo stesso ‘realismo’ dovrebbe però far capire loro che il nuovo ‘tangentificio’ italiano ingrassa solo i piani alti e non porta nulla ai piani bassi).

Ciò che manca, in questo momento della nostra storia, è un

vero e grande progetto educativo attraverso il quale condividere e “universalizzare” i capisaldi della convivenza civile. Il 27 novembre scorso, ancora Papa Francesco parlava della «dea tangente» come di un «abitudine mondana e fortemente peccatrice» che toglie dalle tavole il cibo onesto e dà in pasto ai giovani il «pane sporco». E ancora pochi giorni fa, Francesco ribadiva con ulteriore durezza: «Penso alle persone che hanno responsabilità sugli altri e si lasciano corrompere; voi pensate che una persona corrotta sarà felice dall’altra parte? No! Ma tutto il frutto della sua corruzione ha corrotto il suo cuore…Che il timore di Dio faccia loro comprendere che un giorno tutto finisce e che dovranno rendere conto a Dio!.. Dall’altra parte possiamo portare soltanto l’amore che Dio padre ci dà, le carezze di Dio, accettate e ricevute da noi con amore. E possiamo portare quello

che abbiamo fatto per gli altri. Non mettete speranza nel potere, nei soldi, nell’orgoglio e nella vanità, non possono prometterci niente».

Se scuola, Chiesa, famiglia, istituzioni, sport, associazioni dell’impresa e del lavoro non si metteranno d’accordo su tre idee fondamentali – rispetto della persona, promozione del lavoro degno, legalità – avremo ancora pagine e pagine da scrivere sulla corruzione. Con la consueta indignazione. E la stessa impotenza di sempre.

ps: nel prossimo semestre l’Italia guiderà l’Unione europea, e intende chiedere di non conteggiare nelle regole di bilancio i soldi spesi per investimenti pubblici che creano lavoro. Potrebbe essere una vera boccata d’ossigeno, ma se non dimostreremo di saper spendere senza rubare sarà difficile incassare risposte positive.

CoRRuzIoNE: uRGE uN CAMbIAMENTo CuLTuRALEdi Marco Iasevoli

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23giugno 2014

un sogno diventato realtà Il grazie del parroco dell’Immacolata di Saviano alla riapertura al culto dell’edificio ecclesiale

Nozze d’oroAnno giubilare per la parrocchia Maria SS. della Stella di Nola: intervista al parroco don Mariano Amato

Gemelli diversiImportante incontro tra la comunità musulmana di Scafati, il Sindaco e l’Azione Cattolica

In Parrocchia

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mensile della Chiesa di Nola

Il grazie del parroco dell’Immacolata di Saviano alla riapertura al culto dell’edificio ecclesiale

uN SoGNo DIVENTATo REALTà di Paolino Franzese

questo sogno che oggi è diven-tato una realtà. Grazie a questa mia comunità parrocchiale, che nonostante il tempo di crisi, ha ancora una volta dimostrato con la sua generosità l’amore verso il suo Signore. Quanto amore, quanto bene è scaturito da que-sta comunità! Il giorno di Nata-le del 2011, annunciai a tutta la comunità di aver fatto un sogno, che consisteva nel poter ammi-rare in tutto il suo splendore la chiesa parrocchiale, ma perché questo sogno diventasse una re-altà erano necessari i lavori di restauro e di ristrutturazione. A Gennaio 2012 iniziai la visita a tutte le famiglie della parrocchia per condividere con loro questo mio sogno e per chiedere a tutti di sostenermi in questa avventu-ra. Entrai nelle famiglie con tan-ta gioia e con tanta trepidazione: quello della raccolta fondi fu un anno denso, dove ci trovammo ad attraversare innumerevoli situa-zioni, dall’umiliazione all’azione, dall’indifferenza alla disponibili-tà, dall’urgenza alla progettua-lità. Devo dire che la gran parte della comunità mi ha sostenuto con grande entusiasmo e con non pochi sacrifici e di questo vi sarò per sempre grato. Colgo l’occa-sione per chiedere scusa a quanti attraverso questa mia scelta non hanno saputo leggere il mio desi-derio più profondo, cioè quello di ridare splendore a questo tempio per poi consegnarlo ai vostri figli

Il 31 Maggio 2014 è una data che rimarrà per sempre nella storia

della parrocchia Immacolata in Saviano dal momento che ricor-derà la riapertura al culto dell’e-dificio ecclesiale che finalmente possiamo ammirare in tutto il suo splendore: ora rimane, per me e per l’intera comunità, l’assillo di vedere ravvivarsi all’interno di questo luogo di culto una « Chie-sa » sempre più viva, formata da autentici « figli di Dio » e quindi da « fratelli », capace di raggiun-gere le periferie esistenziali, così come ci ha suggerito il nostro amato Santo Padre, Papa France-sco. Il mio augurio è che questo luogo di culto serva ad avvicinar-ci al Signore nostro Gesù Cristo: «Egli è la pietra viva... scelta da Dio per essere pietra angolare» e serva a far prendere coscienza che anche noi come pietre vive, formiamo il tempio dello Spirito Santo, come dice l’apostolo Pie-tro. Entrando per la prima volta in questa chiesa abbiamo avverti-to l’odore di nuovo, quello che si sente nelle case quando le si apre dopo averle costruite o ristruttu-rate. Quest’odore di nuovo è un invito alla novità. La comunità è ora più che mai invitata a rinno-varsi, a essere un luogo lumino-so, profumato, colmo di fede, di speranza, di carità, un luogo che parla, un luogo umano, la comu-nità, che parla agli uomini lonta-ni e agli uomini freddi. Auguro a me e alla comunità che il nuovo altare divenga il centro propulso-re della vita interiore, della vita ecclesiale, familiare, sociale di quanti verranno qui ad attingere a questa fonte perché la liturgia qui, come nelle altre parrocchie, possa essere sempre maestra di fede e di amore.

Infine voglio rinnovare la mia immensa e indimenticabile gra-titudine a chi mi ha sostenuto in

!!! Il 13 Maggio 2013 iniziarono i lavori di restauro e ristruttura-zione, affidandoli all’interces-sione della Madonna di Fatima: tante sono state le difficoltà e gli imprevisti, ma con l’impegno di tutti crediamo di aver fatto un di-screto lavoro. Oltre alla comuni-tà parrocchiale, che ha finanziato l’’intera opera, mi rimane da rin-graziare anche la Conferenza Epi-scopale Italiana e la Curia Vesco-vile per il contributo economico che ci hanno elargito. Ringrazio il Consiglio pastorale parrocchiale e il Consiglio affari economici per il continuo sostegno e incoraggia-mento. Ringrazio i tecnici, la dit-ta MRestauri, la ditta Laboratorio di Restauro di Umberto Maggio, la ditta Dinamik Audio, la ditta IMA Marmi e tutte le altre mae-stranze che si sono avvicendate in questi dodici mesi di cantie-re, le quali hanno preso a cuore questo nostro progetto e si sono lasciate coinvolgere con la loro generosità. Ringrazio il nostro amato Vescovo Mons. Beniamino Depalma e la Curia Vescovile per la continua e generosa assisten-za da parte del Vicario Genera-le Mons. Lino D’Onofrio, l’ufficio tecnico e l’ufficio beni culturali. Chiudo condividendo con voi le parole di San Francesco che in questo momento vibrano nel mio cuore: ogni uomo semplice, porta in cuore un sogno…..con amore e umiltà potrà costruirlo….Amen ! Alleluia!

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25giugno 2014

Anno giubilare per la parrocchia Maria SS. della Stella di Nola: intervista al parroco don M.Amato

NozzE D’oRo di Mariano Messinese

prima che mi insediassi, è stata curata e seguita da sacerdoti molto validi. I laici erano e sono tuttora preparati e impegnati. In questi anni abbiamo prestato particolare attenzione ai giovani e soprattutto alle famiglie.Quali sono i pregi di questa comunità?In generale questa è una parrocchia aperta e accogliente. In tutti questi anni è stato fatto un lavoro per aprire il cuore e le braccia a tutte le persone che comunque frequentano la Parrocchia, sia per la messa domenicale, sia per i sacramenti. Sappiamo che nelle nostre zone questa è una consuetudine ancora esistente ed è una grande occasione per incontrare soprattutto tante famiglie. Da 6 anni stiamo portando avanti un progetto per la loro accoglienza.E i difetti?C’è una difficoltà: pochi capiscono che essere impegnati in parrocchia significa fare un percorso di formazione personale e comunitaria. Per esempio è ancora difficile far capire l’importanza dell’Adorazione Eucaristica. C’è quindi questa resistenza ad approfondire la propria formazione, Ovviamente ciò non vale per tutti. Ci sono infatti persone che studiano e continuano a formarsi.

Cinquant’anni e non sentirli. La parrocchia Maria SS. della

Stella si appresta a festeggiare il suo mezzo secolo di vita. Era il 12 settembre 1964, quando il vescovo mons. Adolfo Bini la istituì per venire incontro alle esigenze degli abitanti di una estesa zona cittadina, costretti a seguire le funzioni religiosi in Cattedrale o nella Chiesa del Collegio. Il primo parroco fu Don Michele Lombardi. Rimase in carica tredici anni, cioè fino al 1977. Durante il suo ministero, la comunità dei fedeli aumentò e l’edificio si rivelò inadatto a ospitarli. Nacque quindi il progetto di costruire una nuova struttura in un terreno di proprietà del Seminario Vescovile. La cerimonia della prima pietra fu tenuta il 3 maggio del 1970. Tre anni dopo ci fu l’inaugurazione della Chiesa che ha conservato le sue strutture originarie e la sua vocazione alla capienza più che all’estetica, nonostante i restyling promossi da Don Mariano Amato, l’attuale parroco.Don Mariano ricopre questo incarico da 11 anni. I giovani della Parrocchia stravedono per questo sacerdote. Lo ritengono uno di loro, dopo tutto don Mariano ha 44 anni, ma resta sempre un ragazzino. E non solo nello spirito. Anche purché può capitarti di vederlo rincorrere il supersantos con uno scatto da quattrocentista. Abbiamo deciso di intervistarlo. Ci riceve nel suo studio, dove fra icone sacre e foto dei pontefici, spuntano altri gadget che tradiscono l’altra sua fede, quella calcistica, cioè il Napoli.Don Mariano, dopo 11 anni che bilancio fa della sua esperienza di parroco alla Stella?Il bilancio è molto positivo perchè la comunità parrocchiale, già

Quali sono le urgenze e i problemi della sua Parrocchia?Il problema principale è nel mettere insieme le diverse anime della “Stella”. Perchè ci sono gli Scout, c’è l’A.C., Cl, le Vincenziane, c’è anche un nutrito gruppo di catechiste e l’associazione “il Portico di Paolino”. La prima urgenza, come sottolinea anche papa Francesco, è quella di rendersi conto che dobbiamo aprirci agli altri. Questo non vuol dire che dobbiamo andarle a cercare, perchè, come ho detto in precedenza, le occasioni per interagire con loro in Parrocchia ci sono.Come avete pensato di festeggiare i 50 anni della Parrocchia?A settembre avremo il solito momento di festa e cercheremo di essere particolarmente attenti alla formazione oltre che al festeggiamento. Mi auguro che nel mese di settembre sia istituito il mese giubilare in modo che chi viene qui in parrocchia per pregare ottenga l’indulgenza plenaria. Infine a ottobre auspico un incontro con sua Eccellenza mons. Domenico Sorrentino per solennizzare il cinquantesimo dell’istituzione della parrocchia che cade proprio il 12 ottobre.Allora buon compleanno!Grazie

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mensile della Chiesa di Nola

Importante incontro tra la comunità musulmana di Scafati, il Sindaco e l’Azione Cattolica

GEMELLI DIVERSIdi Carmela Coppola

aperto, disponibile e accogliente e la presidente impegnata da anni per coloro che vivono dei disagi. Il sindaco si è detto grato per la grande opportunità di incontra-re questi nostri fratelli. «Dopo il vile atto di violenza a danno di un gruppo di extracomunitari - ha dichiarato il Sindaco Pasquale Ali-berti - bisogna mettere in campo una grande sinergia tra istituzio-ni, Azione Cattolica, associazio-ni di volontariato, affinchè tali episodi non accadano più. Oggi le comunità straniere rappre-sentano una fetta considerevole della popolazione e non possono essere ignorate. Scafati non è una città razzista, ma una città aperta al confronto, capace di ri-spettare le regole. Ogni atto vile va denunciato, e chiedo suggeri-menti, proposte e tutto ciò che è possibile fare rispetto a questa situazione. Ma dovete essere voi a darci una mano, denunciando anche in maniera anonima, tutto ciò che succede».

La parola è passata poi agli ami-ci marocchini Mohamed Foudal,

Mercoledì 11 Giugno, nella sa-letta presente sul Cinetea-

tro della Parrocchia di San Pietro Apostolo, l’Azione Cattolica e il Sindaco della Città di Scafati, Pa-squale Aliberti, hanno incontrato la comunità musulmana presente sul territorio, anche alla luce di un episodio di violenza a danno di un gruppo di giovani marocchini, nel tentativo di avviare un per-corso di integrazione con una im-portante comunità presente sul territorio, che conta più di tremi-la persone.

Nella sua breve introduzione la presidente dell’Azione Cattolica, Carmela Coppola, ha ricordato la costanza con la quale l’A.C. della parrocchia di San Pietro sta incontrando e dialogando con i fratelli musulmani già da quat-tro anni, per andare incontro alle loro esigenze e ai loro bisogni, e perché – citando la band musicale “Gen Rosso” «è più bello insieme, è un dono grande l’altra gente». Il Sindaco, prendendo la parola, ha prima di tutto ringraziato il par-roco don Salvatore Bianco sempre

Morad El Byadi, Chafi lamzouri, i quali prima di tutto hanno ringra-ziato la comunità parrocchiale e l’A.C. per l’accoglienza di sem-pre e lo scambio interculturale intrapreso da anni; è stato bello sentirli dire che si sentono davve-ro a casa, ricordando una frase di don Salvatore detta qualche tem-po fa: «voi non siete più extraco-munitari ma fate parte di questa comunità, sentitevi a casa». Si sono detti davvero felici di po-ter esprimere ciò che hanno nel loro cuore davanti al primo cit-tadino. Ognuno di loro ha affer-mato che Scafati non è razzista, che la maggior parte di loro è ben integrata, lavora e pur tra mille difficoltà e tanti sacrifici amano il nostro paese e si sentono scafa-tesi a tutti gli effetti.

Presente all’incontro anche il rappresentante della Federazio-ne musulmana campana, Abdul-lah Cozzolino, un italiano con-vertito all’Islam, che insieme ai giovani marocchini-scafatesi pro-pone un’azione di corresponsabi-lità a garanzia del Bene Comune

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27giugno 2014

e momenti ulteriori di dialogo a favore della piena integrazione.

Ha preso la parola anche la consigliere delegata alle pari op-portunità e agli Immigrati Carme-la Berritto la quale ha affermato che «questo incontro è solo il pri-mo per tentare di avviare un per-corso di integrazione e di rispetto delle regole; vi è un forte bisogno di mettere in campo una grande sinergia tra le istituzioni affinché non accadano più episodi di intol-leranza». La delegata all’immi-grazione ha spiegato ancora che bisogna aprirsi a queste persone e offrire loro accoglienza, pensan-do a quanto sia stato difficile per queste persone lasciare famiglia e affetti per guadagnare da vivere fuori della propria nazione». Ber-ritto avanza anche una proposta direttamente al Sindaco: istituire la figura del commissario esterno aggiunto, facendo votare l’intera comunità di immigrati residenti a Scafati per farli eleggere un refe-rente che possa partecipare alla commissione, con ampi poteri propositivi e consultivi.

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mensile della Chiesa di Nola

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29giugno 2014

Essere comunità dialoganteunità e diversità, doni dello Spirito da riconoscere come valori da tutelare

Spazio di contemplazioneAl complesso paleocristiano di Cimitile l’edizione 2014 di basiliche in Fiore

In Rubrica

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mensile della Chiesa di Nola

unità e diversità, doni dello Spirito da riconoscere come valori da tutelare

ESSERE CoMuNITà DIALoGANTEdi Paolo di Palo

la rivelazione di Dio, la vita delle comunità cristiane dei primi secoli, la tradizione orale e scritta tramandatasi fino ad oggi, che è un elemento condiviso a prescindere dal livello normativo che è stato assegnato.

La riscoperta delle realtà comuni e delle divergenze porta con sé una conseguenza: la valenza del dialogo è uno «scambio di doni». Questa prospettiva diviene varietà che si esprime, presenza della ricchezza dello spirito in ogni comunità di fedeli. È un’unità che non è uniformità, una diversità che non è divisione. Unità e diversità sono doni dello spirito e il dialogo ecumenico tende a valorizzarli, a riconoscerli come valori da tutelare.

L’apertura allo scambio dei doni è l’umiltà di riconoscersi bisognosi degli altri, non solo come individui di una stessa comunità, ma anche tra le varie tradizioni cristiane. Spesso i poli del contrasto suscitano incomprensioni, dibattiti accesi, talvolta ulteriori divisioni. Ma si potrebbe superare con l’atteggiamento di accoglienza delle diverse tradizioni, circa – a modo di esempio – alcune tematiche: rapporti tra autorità e sensus fidelium, sinodalità e primato, laicato e gerarchia, dottrina dei sacramenti e prassi pastorale.

La dinamica che soggiace a una comunità dialogante è esercitare il riconoscimento dei propri doni con l’apertura al dono dell’altro, con

La comunità cristiana è chiamata al dialogo per evitare che l’annuncio

venga reso inefficace dall’assenza di comunione. Il dialogo, prima ancora di essere oggetto condiviso di contenuti specifici, è fondamentale come prerequisito del dialogo stesso, in quanto è la Chiesa il soggetto e il criterio autorevole dell’essere in dialogo. Infatti, esso è il confronto tra comunità confessanti, il cui fine è ricompaginare un’unica comunione che proclama la verità della salvezza. Il dialogo diventa il metodo per determinare i criteri secondo cui, ogni comunità, può formare un’unica voce della verità salvifica.Un riferimento all’etimologia del termine “dialogo = «diá-logos”, che afferma «attraverso il pensiero», il senso proprio dell’attraversare, nel duplice significato di “percorrere nella lunghezza” e di “incrociare”: due menti, due modi di pensiero, due sistemi razionali che si verificano vicendevolmente. Ogni tradizione ha elaborato un suo sistema concettuale, uno stile di pensiero e una prassi conseguente. Per essere una comunità dialogante occorre riprendere il senso e

Instaurare il dialogo vuol dire, dunque, avere come scopo l’ingresso nel sistema concettuale di ciascuno, con il fine di ritrovare elementi comuni o dialetticamente contrapposti, ma reciprocamente arricchenti. Tutto ciò diverrà possibile se c’è la condivisione dell’origine da ciascuna tradizione:

la comprensione della diversità e la presentazione della loro unitarietà, fino ad amarli nella misura in cui unità e diversità formano la comunione. Il criterio essenziale che deve essere posto alla base di una comunità dialogante, viene offerto da sant’Agostino: «nelle cose necessarie ci vuole l’unità, in quelle dubbie la libertà, in tutte la carità» (unitatis redintegratio n.4).

L’unità deve essere preservata tassativamente nelle realtà necessarie, come il fulcro della professione di fede; la libertà deve essere mantenuta nelle aree di crescita e di diversità, quali le questioni dibattute storicamente ed ecumenicamente; ed infine la carità è l’imperativo sommo, da incarnare in ogni circostanza, poiché essa ci rende autentici testimoni del messaggio di Cristo.

Al di là di ogni sfida particolare, è la conversione a Cristo, esigita dalla koinonia vera, oggi. La testimonianza dell’essere comunità in dialogo, convergente nel suo credere e nel suo appartenere, sarebbe più efficace di qualsiasi strategia pastorale. Senza identità forti l’unità è una ricerca indebolita e può perdere il suo valore nella misura in cui serpeggia il senso di una possibilità di fede individuale e libera da appartenenze, facendo crescere una passività nell’appartenenza alla propria comunità, senza sentirne pulsare il cuore nel segno della riconciliazione e della vita nuova.

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31giugno 2014

Al complesso paleocristiano di Cimitile l’edizione 2014 di basiliche in Fiore

SPAzIo DI CoNTEMPLAzIoNEa cura dell’Associazione San Felice di Cimitile

comunicativo, le immagini (pitture, mosaici, sculture, simboli e segni) il Vero che si fa Bellezza, che si fa Comunicazione e riesce ad essere compreso dai “semplici” , un altro atto di Misericordia umana e Divina insieme. Insomma il luogo del cristiano per eccellenza che “vive nel mondo, ma non è del mondo”. Ma più importante di tutto Paolino insedia in questo luogo la Comunità ispirata dalla Parola che diventa il modello che vuole realizzare correttamente la Creazione e quindi è in cammino sulla strada per tornare dalla terra profanata e resa sterile dalla ribellione di Adamo, al Paradiso.

Far rifiorire le Basiliche diventa impegno ad aprirle ai viaggiatori, agli studiosi e ricercatori, ai tormentati e sofferenti nello spirito, a coloro che vogliono “crescere” e farle conoscere a tutti, ma attraverso il rispetto delle loro caratteristiche di fondo: Architettura, Arte, Poesia, Musica, Lavoro, Parola, Riflessione e

Anche quest’anno l’Associazione San Felice ha proposto la

manifestazione Basiliche in Fiore, questa volta nell’ambito del Maggio Cimitilese. L’Associazione ha come suo fine la promozione e la conoscenza dei nostri Santi Felice e Paolino e del Complesso basilicale di Cimitile. Questo complesso non è sorto per soddisfare il gusto estetico di un uomo coltissimo e nobile, senatore dell’impero romano, ma per educare, condurre, indirizzare, convertire gli uomini, i cuori e le anime alla Contemplazione del Vero (come Platone diceva dovesse essere l’educazione), alla Via, alla Vita. Non esiste educazione senza una comunità che la faccia e se la Verità si apre all’Altro e agli altri e la sua contemplazione non resta un atto personalissimo e temporaneo, allora la Verità liberata diventa bene comune. Se questo è il DNA del Complesso occorre ricondurre l’uso di questo “Spazio Mirabile” agli antichi splendori ed usi, sottraendolo alle speculazioni della “società dei consumi” nella quale siamo immersi, che lo vede come “una bella location” o “fondale” per manifestazioni di qualunque genere e tipo. Questo luogo pensato come Mensa (materiale e spirituale) per i “miseri e i bisognosi”, attraverso la misericordia (dare il cuore ai miseri) umana portava all’incontro con la Misericordia Divina in un continuo passaggio dalla dimensione orizzontale (i fratelli) alla dimensione verticale (il Padre), diventava Cattedra. Ma è stato anche Mensa della Parola, quella del Vangelo, e quella dotta dell’umile Paolino, che in versi sublimi rendeva grazie a Dio e affascinava pellegrini e viaggiatori che da ogni parte venivano a vivere un’esperienza autentica di vita cristiana. Il Complesso è dunque anche luogo di accoglienza del viaggiatore, del pellegrino, del viandante, un “Porto di Quiete” nel quale Paolino per primo aveva gettato la sua “Ancora”. Ma è luogo di meditazione e di operosità, preghiera e lavoro ritmati dal suono delle campane (secondo la tradizione fatte forgiare dallo stesso Paolino) e quindi anche di armonia musicale. Ma Paolino (per noi Dottore della Chiesa) arricchisce il luogo di un altro importante elemento educativo-

Meditazione, Vero, Fede. Dal 18 al 24 Maggio in stretta collaborazione con la Curia Vescovile di Nola, con la Seconda Università degli Studi di Napoli, Dipartimento di Architettura, l’Associazione Napoli Cultural Classic, SiebenArchi, la Fonderia Nolana Del Giudice, i Florovivaisti campani, il Comune di Cimitile, la Regione Campania e tutti gli amici e compaesani che sostengono l’Associazione San Felice abbiamo fatto nelle Basiliche una serie di manifestazioni tese a dimostrare la “cura” che ne abbiamo e la volontà di vederle ritornare agli antichi fasti. L’auspicio dell’Associazione è che il complesso si possa riempire dei fiori e delle pietre vive di una Comunità capace di seguire, nel mondo contemporaneo, l’esempio di Felice e Paolino consentendo a questo luogo di risplendere, come secoli fa, quale faro nelle tenebre che vogliono avvolgere la nostra terra e possa rifiorire di miracoli e conversioni di cuori.

Il programma

Il giorno 18 nella Basilica di Santo Stefano si è aperta una mostra di pitture e sculture dalla “sacralità” alla “santità” con la pittrice Loredana Matrone e lo scultore Vittorio Tirrito. Alle ore 19,00 nella Basilica di San Tommaso, serata di letture di opere di poeti campani “La Poesia e le Fabbriche Sacre”. Il giorno 19 alle 17,30 nella Basilica di San Tommaso c’è stata la pre-sentazione degli atti della XXI e XXII settimana della Cultura Scienti-fica e Tecnologica del MIUR svoltesi negli anni scorsi nelle Basiliche, in collaborazione con il Dipartimento di Architettura della Seconda Università degli Studi di Napoli. Nello stesso giorno, ma al mattino (ore 10,00 -12,30) sono stati av-viati i tre giorni dei “Laboratori didattici di fusione e restauro del bronzo e arte decorativa” per le scuole di ogni ordine e grado della Campania in collaborazione con la “Fonderia Del Giudice” di Nola. Il giorno 22 dalle ore 18,00 nella Basilica di San Tommaso si sono succedute le proiezioni dei migliori corti italiani con l’intervento degli attori protagonisti ed in prosieguo dalle 20,30 il “Premio Corto Cultural Classic” – Cinema d’autore e indipendente ha assegnato le varie statuette ad attori, registi, colonne sonore, fotografia, ecc. Il giorno 23 alle ore 19,30 nella Basilica di San Tommaso organizzato in collaborazione con SiebenArchi c’è stato l’incontro “Architettura Sensoriale”. A conclusione delle manifestazioni la sera del 24 c’è stato il “Pre-mio Festival 2014 Napoli Cultural Classic” che ha assegnato rico-noscimenti ad intellettuali, artisti, musicisti, giornalisti, architetti, ecc, che si sono distinti nei vari settori della cultura italiana euro-pea e mondiale.

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