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C OSIMO MAGAZZINO 1

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COSIMO MAGAZZINO

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Le istituzioni sociali possono essere valutate sulla base di 2 criteri essenziali: efficienza ed equità.

I concetti di efficienza sono numerosi. Distinguiamo:

- Efficienza allocativa (o paretiana): si basa sul criterio paretiano. Ha natura di giudizio di valore. (I giudizi di valore sono valutazioni etiche, religiose o politiche aventi carattere personale ed esprimono posizioni soggettive su ciò che dovrebbe essere. I giudizi di fatto sono affermazioni, corrette o errate, su ciò che è.)

- Efficienza x: consiste nella capacità di scegliere i programmi di produzione tecnicamente efficienti. L’efficienza x è un concetto introdotto da LEIBENSTEIN per indicare la capacità non dei mercati, ma dell’organizzazione aziendale, di allocare le risorse in modo efficiente (adottando un comportamento tale da rendere il s.m.s.t. uguale al rapporto fra i prezzi) nonché di scegliere programmi di produzione tecnicamente efficienti.

- Efficienza dinamica: è un concetto importante, ma relativamente meno preciso di quello di efficienza paretiana, dal punto di vista delle condizioni che ne rendono possibile la realizzazione. Dipende dalla struttura economica.

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A livello microeconomico vi sono almeno due concetti di efficienza dinamica.

Il primo è quello di efficienza adattiva (ALCHIAN) che consiste nella capacità di apprendimento graduale dei problemi e delle risposte “corrette” ai problemi stessi (learning by doing).

Un secondo concetto di efficienza dinamica è dato dalla capacità innovativa, che corrisponde alla capacità di abbassare nel tempo il costo di produzione (ovvero di accrescere la produttività degli inputs) tramite le innovazioni di processo, ovvero alla capacità di introdurre nei mercati nuovi prodotti, tramite le innovazioni di prodotto.

I regimi non concorrenziali sono paretianamente inefficienti, ma possono risultare efficienti nel senso che potrebbero minimizzare il costo unitario di produzione in condizioni di rendimenti crescenti di scala; oppure essi potrebbero in talune circostanze stimolare le attività innovative e, quindi, l’efficienza dinamica.

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Anche i concetti di equità sono numerosi. In linea generale, una distribuzione del reddito o della ricchezza è considerata equa se essa assicura uguaglianza delle opportunità (o dei punti di partenza) o delle posizioni finali (ossia dei risultati del processo economico) per i membri della collettività: equità sostanziale.

NOZICK ha proposto il concetto di equità procedurale: una situazione distributiva è equa se ad essa si perviene rispettando procedure che assicurino il godimento dei diritti e delle libertà fondamentali degli individui.

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Equità

BOBBIO distingue 2 criteri:

a) Criterio delle capacità (uguaglianza delle opportunità o dei punti di partenza) Dottrina liberale

b) Criterio del bisogno (uguaglianza dei risultati o delle posizioni finali) Dottrina socialista

La distribuzione del reddito (sia di tipo personale che di tipo regionale) è un indicatore dell’uguaglianza economica.

Trade-off efficienza-equità: ipotizza che la redistribuzione possa intralciare l’efficienza, e considerando anche i costi amministrativi della redistribuzione, ciò porta a concludere che l’equità possa essere raggiunta solo a scapito dell’efficienza.

Indicatori per misurare la distribuzione del reddito sono:

- la curva di LORENZ

- il coefficiente di concentrazione di GINI

- l’indice di concentrazione di HERFINDHAL e HIRSCHMAN.

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Se ci limitiamo agli aspetti costituzionali delle istituzioni economiche, tralasciando quelli correnti, due sono le principali norme di interazione sociale: il Mercato e lo Stato.

Allo stadio attuale dell’analisi la differenziazione fra Mercato e Stato non può che avvenire sulla base della natura privatistica o pubblicistica degli interessi espressi dall’istituzione.

I teorema fondamentale dell’Economia del Benessere

(ARROW e DEBREU)

In un sistema economico di concorrenza perfetta nel quale vi sia un insieme completo di mercati, un equilibrio concorrenziale, se esiste, è un ottimo paretiano.

Il primo t.f. ha natura descrittiva, in quanto mostra le conseguenze di una ben definita situazione di mercato in termini di un dato criterio di ordinamento sociale. Esso ha una portata propositiva alquanto limitata data la difficoltà nelle economie concrete di soddisfare le condizioni che garantiscano l’esistenza e la stabilità di un equilibrio di concorrenza perfetta. Il primo t.f. può essere interpretato come una precisazione del concetto smithiano di “mano invisibile” e dei suoi limiti concreti. 6

SMITH : «Il ricco […] consumerà poco più del povero e, a dispetto della sua naturale rapacità ed egoismo, sebbene il solo scopo che si propone dal lavoro delle migliaia di persone che gli sono sottoposte sia la soddisfazione dei suoi vani ed insaziabili desideri, egli dividerà con il povero tutti i miglioramenti. Il ricco è guidato da una mano invisibile a fare quasi la stessa distribuzione dei beni necessari alla vita che sarebbe avvenuta se la terra fosse stata divisa in parti uguali, proporzionali fra tutti i suoi abitanti; e così, senza accorgersene […] fa progredire la società».

I 2 t.f. riposano sull’individualismo etico e sull’individualismo metodologico. Ma si pone il problema della persuasione e della esogenità (o genuinità) delle preferenze individuali (FRANZINI e MESSORI).

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Per concorrenza perfetta intendiamo un regime di mercato caratterizzato da: a) omogeneità dei beni, b) ampia (al limite, infinita) numerosità degli operatori, c) assenza di intese o accordi fra gli operatori, d) libertà di entrata e di uscita dal mercato, e) piena informazione.

La condizione a) permette di definire con esattezza i mercati, e non dà spazio alla persuasione del consumatore (effetti del marketing).

Le condizioni a), b), c) assicurano il comportamento price-taking da parte degli operatori.

La condizione d) assicura sia l’assenza di extra-profitti che di produzioni in perdita nel l.p.

La condizione e) rappresenta un requisito di trasparenza, che evita la segmentazione dei mercati e permette l’unicità del prezzo (univocamente stabilito) su tutto il mercato per un dato bene.

La completezza dei mercati implica l’assenza di esternalità (o effetti esterni). L’esternalità è un vantaggio (o un danno) prodotto dall’azione di un operatore su un altro operatore, per il quale il primo non riceve (o paga) un compenso al secondo. Le esternalità sono, dunque, delle relazioni tra operatori non mediate da un rapporto di scambio o da un prezzo, e per le quali non esiste un mercato.

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L’equilibrio (walrasiano) di concorrenza è un vettore dei prezzi e un’allocazione economica (vettori di consumo e di produzione) che soddisfano le condizioni di massimizzazione delle utilità dei consumatori e dei profitti delle imprese e che, inoltre, garantiscono un eccesso di domanda nullo su tutti i mercati (ossia, la perfetta corrispondenza tra quantità domandata e quantità offerta).

L’esistenza di un tale equilibrio è garantita se le funzioni di utilità hanno le caratteristiche normalmente ipotizzate (continuità, non saziabilità delle preferenze, etc.) e non sussistono rendimenti crescenti di scala (convessità degli insiemi di produzione).

L’aspetto più problematico dell’equilibrio di concorrenza perfetta concerne la sua stabilità, ossia la possibilità di raggiungere e mantenere un tale equilibrio, una volta raggiunto (non esistono prove soddisfacenti).

L’ottimo paretiano in un’economia di produzione e scambio richiede:

- efficiente allocazione nel consumo dei beni, uguaglianza degli s.m.s.

- efficiente allocazione degli inputs produttivi, uguaglianza dei s.m.s.t.

- efficienza generale, uguaglianza dei s.m.s. con il s.m.s.t. per ogni coppia di beni. 9

COLES e HAMMOND hanno dimostrato la possibilità che mercati perfettamente concorrenziali producano situazioni di equilibrio PARETO-efficienti, ma nelle quali alcuni consumatori non abbiano i mezzi per sopravvivere, oppure vi sia una dittatura (ARROW). BERGSTROM ha chiarito che la schiavitù può rispettare il criterio di efficienza paretiana. Pertanto, la qualifica di “ottimo” paretiano non implica un giudizio di merito sulla sua desiderabilità.

Dire che una certa posizione del sistema economico sia di ottimo paretiano non implica che essa sia “buona” o “auspicabile”, ma soltanto che essa assicuri efficienza produttiva, efficienza nello scambio ed efficienza globale, rispetto a una data distribuzione iniziale delle risorse.

SEN ha notato come una società possa trovarsi in una posizione di ottimo paretiano, ma essere perfettamente disgustosa: ciò perché nulla ci assicura che l’efficienza preveda condizioni di vita democratiche o eque.

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DIXIT: «Se tutti gli agenti di un sistema economico possono incontrarsi, se in prima istanza i diritti di proprietà su ogni entità economicamente valutabile sono assegnati, e se è possibile effettuare accordi completamente specificati a costo zero, allora l’esito dovrebbe essere un sistema complessivamente efficiente, che assegna unicamente la divisione delle risorse al potere contrattuale dei contraenti. In questo sistema non vi sarebbe un ruolo per la Politica Economica».

La necessità di una Politica Economica è data proprio dalla insoddisfacente condizione delle assegnazioni dei diritti di proprietà.

Lo Stato corregge l’iniziale allocazione delle risorse producendo diversi stati del mondo che, quantunque possano presentare condizioni di assoluta efficienza (ma non necessariamente), non sono fra loro confrontabili. La possibilità di affermare se uno stato del mondo sia migliore o peggiore di un altro attiene alla sfera dell’equità e non più a quella dell’efficienza.

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I punti a e b sono di ottimo paretiano, ma la loro desiderabilità sociale, in uno Stato democratico, è nulla. Infatti, in a l’utilità di Marco è 0, mentre in b l’utilità di Anna è 0. Partendo da d (di ottimo paretiano), se lo Stato decidesse di intervenire, in base al secondo t.f., potrebbe riallocare i diritti di proprietà e condurre il sistema economico in c.

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Se sono rispettate alcune condizioni relative alle funzioni di utilità individuali (mappe di indifferenza convesse) e alle funzioni di produzione (insiemi di produzioni convessi), in presenza di mercati completi ogni posizione di ottimo paretiano può essere realizzata come equilibrio concorrenziale, previa un’appropriata redistribuzione delle risorse (dotazioni iniziali) fra gli individui.

Il secondo t.f. ha invece natura prescrittiva, in quanto precisa le condizioni che devono essere soddisfatte per raggiungere una certa posizione desiderata dei componenti della collettività.

Lo Stato dovrebbe soltanto redistribuire le risorse iniziali, senza interferire con le regole del Mercato, che provvederebbero ad una allocazione efficiente delle risorse.

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II teorema fondamentale dell’Economia del Benessere

Ogni punto sulla frontiera delle utilità possibili (FUP) è un punto di ottimo paretiano. Lo sono pertanto anche i punti u e u’ nei quali, rispettivamente, l’individuo 1 e l’individuo 2 hanno soddisfazione nulla.

Si supponga, ad esempio, che la posizione iniziale sia z (paretianamente inefficiente). Se, però, gli inputs venissero combinati opportunamente dall’individuo 2, si potrebbe raggiungere in u una posizione di ottimo. Questa sarebbe una posizione condizionata dal punto di partenza, che probabilmente la maggioranza dei consociati giudicherebbe “non auspicabile”, pur non potendone contestare il carattere di ottimo in senso paretiano.

Ogni posizione di ottimo è ottenibile come equilibrio di concorrenza perfetta, se sono soddisfatte le opportune ipotesi di convessità, e purché si proceda a un’appropriata redistribuzione delle risorse iniziali.

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II teorema fondamentale dell’Economia del Benessere

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Consideriamo ancora la FUP, uu’.

Il punto d indica una posizione sulla curva che comporta una notevole sperequazione delle utilità, potendosi giudicare molto bassa la soddisfazione dell’individuo 1 e, al contrario, molto elevata quella dell’individuo 2.

Se al pianificatore sociale sembra più equo assicurare una maggiore soddisfazione dell’individuo 1, collocando la società approssimativamente in un punto come c, egli può raggiungere tale punto, nelle condizioni ipotizzate, con il procedere preliminarmente a un’appropriata redistribuzione delle dotazioni iniziali delle risorse fra i due membri della collettività, ad esempio, passando da d ad a, e lasciando poi operare il meccanismo di mercato (di concorrenza perfetta) che si assume raggiunga senza problemi un equilibrio nel punto c, o in un suo intorno.

In questo modo vi sarebbe una netta divisione di compiti fra Stato e Mercato: al primo si assegnerebbe un obiettivo redistributivo, mentre il secondo assolverebbe un ruolo allocativo.

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Sviluppi dei 2 teoremi fondamentali dell’Economia del Benessere

L’analisi dell’equilibrio di concorrenza perfetta presenta dei limiti, oltre a condizioni restrittive, e si caratterizza per essere uniperiodale e per escludere l’incertezza.

ARROW tenta di ampliare i risultati dei t.f. utilizzando:

a) Mercati a termine (nei quali il bene viene scambiato contro il prezzo ad una scadenza futura prestabilita, ma il prezzo viene fissato nel momento presente)

b) Mercati contingenti.

L’utilizzo dei mercati a termine consente di superare l’uniperiodalità dell’analisi. Si tratta di ampliare l’orizzonte temporale per n anni. Ogni bene si caratterizza in base a 2 coordinate: natura e tempo di disponibilità. Esempio: paio di scarpe.

Se il numero delle merci è m, mentre il numero di anni entro i quali si intende estendere l’orizzonte temporale è n, allora il numero complessivo di mercati che caratterizzano il sistema economico sarà: m*n.

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Tale sistema consente di stabilire l’equilibrio anche nei mercati a termine (o futuri).

Limiti di questa estensione:

a) Elevato numero di informazioni richieste.

b) Assenza di possibilità di scelte sequenziali (ogni operatore economico, consumatore o produttore, al tempo t deve prendere tutte le decisioni di spesa per i periodi compresi nell’arco temporale).

c) Staticità e irrealisticità del modello: non prevede alcun meccanismo di feed-back delle informazioni né consente correzioni in itinere.

I mercati a termine considerano i medesimi beni connotati da disponibilità scaglionate nel tempo. Invece, i mercati contingenti offrono la possibilità di considerare merci differenti, ossia beni della stessa natura ma caratterizzati da evenienze diverse. Esempio: ombrello, vacanze, assicurazioni.

L’esistenza di mercati a termine o contingenti è tuttavia rara.

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Il secondo t.f., per la sua natura prescrittiva, evidenzia il ruolo che deve essere svolto dallo Stato.

Da una lettura immediata, se ne deriva che se il Mercato, animato dalla mano invisibile smithiana, deve essere lasciato al suo libero gioco per realizzare un’allocazione delle risorse efficiente, l’equità può essere raggiunta intervenendo sulla distribuzione iniziale dei diritti di proprietà.

Ciò prevede il seguente comportamento da parte dello Stato:

- interviene nella fase della distribuzione iniziale delle risorse

- non interagisce con le forze autonome del Mercato, naturalmente protese all’efficienza

- non opera la redistribuzione dei redditi

- interviene, eventualmente in maniera attiva, solo a fronte di situazioni estremamente lontane dalla concorrenza perfetta.

Se lo Stato vuole intervenire nella distribuzione delle risorse, necessita di informazione piena su gusti e preferenze di tutti gli operatori, oltre che su ogni altro aspetto del sistema economico.

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La mancanza di un’informazione piena espone a grossi rischi le possibilità di successo dell’intervento dello Stato nell’economia. D’altra parte, se tale informazione piena esistesse, non si comprenderebbe quale ruolo dovrebbe essere assegnato al Mercato.

Il rapporto Stato-Mercato è posto in questi termini dal secondo t.f.: lo Stato è in grado di realizzare un sistema economico più equo attuando una redistribuzione delle risorse; il Mercato è in grado di realizzare un sistema efficiente allocando le risorse, dopo l’intervento statale, secondo le sue leggi e guidato dalla mano invisibile.

In concreto, lo Stato redistribuisce le risorse imponendo imposte e distribuendo sussidi (o imposte negative). Ma l’intervento statale non resta avulso dal comportamento degli operatori del Mercato. Ogni tassazione e ogni sussidio, infatti, generano contro-reazioni; gli agenti economici modificano i loro comportamenti abbassando l’efficienza sistemica.

Per limitare gli effetti distorsivi lo Stato dovrà tentare di imporre un sistema di tassazione non eludibile e non collegato a caratteristiche peculiari della platea dei contribuenti, che indurrebbero questi ultimi a celare le informazioni necessarie a definire la loro tassabilità.

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Inoltre, la tassazione favorisce lo sviluppo dei mercati illegali, sommersi, al nero, definiti nel loro insieme mercati paralleli. Il fiorire di tali mercati sarebbe limitato qualora lo Stato, piuttosto che operare trasferimenti in denaro, fornisca direttamente beni e servizi alle fasce di popolazione assistite, previa verifica della condizione di effettiva necessità degli utenti.

Per ovviare a tali distorsioni, è stata elaborata una forma di tassazione che colpisce tutti indistintamente, ineludibile e non generatrice di variazioni comportamentali: è la poll-tax (o imposta di capitazione).

Analoghi problemi sorgono rispetto ai sussidi. Se lo Stato stabilisse una soglia di povertà al di sotto della quale si ottiene il sussidio, gli individui che si trovano appena al di sopra di tale soglia potrebbero trovare una effettiva convenienza a ridurre la propria offerta di lavoro, per ridurre il reddito ed entrare così nella fascia dei sussidiati. Mentre gli assistiti potrebbero concepire il sussidio come deterrente alla loro determinazione di migliorare il proprio reddito, incrementando l’attività lavorativa.

L’abbassamento del livello di efficienza derivato dall’intervento dello Stato nell’economia graficamente è rappresentabile con un abbassamento della FUP.

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Alcuni studiosi hanno cercato di assegnare allo Stato anche il compito di portare il sistema economico alla massima efficienza, sottraendolo al Mercato.

Da questo punto di partenza l’analisi si spinge a valutare cosa accadrebbe se lo Stato attuasse la redistribuzione intervenendo direttamente nel Mercato, attraverso la spesa pubblica (G), anziché per mezzo di trasferimenti e sussidi (Tr).

L’idea, per quanto originale, si contrappone ad almeno due secoli di storia del pensiero economico, e i risultati sono alquanto deludenti.

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La concorrenza perfetta riposa su presupposti scarsamente realistici.

Nella realtà dei mercati prevalgono situazioni di concorrenza imperfetta, concorrenza monopolistica, oligopolio, monopolio, oligopsonio, monopsonio, monopolio bilaterale. In tutte queste situazioni effettive di mercato viene violata la condizione di uguaglianza fra prezzo e costo marginale (p=CMg), che in concorrenza perfetta assicura l’ottimo paretiano.

La condizione di equilibrio dell’impresa operante in concorrenza perfetta è notoriamente rappresentata dalla uguaglianza tra costo marginale e prezzo. Le normali condizioni esistenti nei mercati rendono impossibile il mantenimento di questa uguaglianza.

La numerosità degli operatori e i rendimenti di scala

La numerosità degli operatori è una variabile essenziale, in taluni casi determinata esclusivamente dall’esistenza di economie di scala (monopolio naturale). Se i rendimenti di scala sono crescenti nel tratto rilevante della curva di domanda, si ha monopolio naturale: la minimizzazione dei costi per la quantità richiesta dal Mercato si ottiene quando esiste una sola impresa.

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La numerosità degli operatori e i rendimenti di scala

Consideriamo il caso in cui il presupposto della molteplicità degli operatori non sia soddisfatto dal lato dell’offerta (frequente nelle public utilities: energia, acqua, telefonia, trasporti).

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La numerosità degli operatori e i rendimenti di scala

Hp: CMg costante (i rendimenti di scala avvengono sul CFU), CU decrescente all’aumentare di q per l’esistenza di un CF.

In tale situazione potrà stare sul mercato (al massimo) una sola impresa.

Se vi fossero due o più imprese, esse troverebbero convenienza a fondersi, ovvero ognuna tenderebbe ad accrescere la produzione, così da ridurre i costi. La presenza di più imprese, in un regime di costi decrescenti, dà luogo a instabilità.

Tali condizioni spingono naturalmente il Mercato alla costituzione di un monopolio naturale: l’impresa che per prima raggiungerà una dimensione più grande, eliminerà quelle rivali, fino ad assorbirle, potendo praticare prezzi più bassi senza incorrere in perdite.

Se il monopolista adottasse un prezzo P2 pari al costo marginale producendo la quantità OB, ciò soddisferebbe la condizione di efficienza paretiana, ma soffrirebbe una perdita, essendo il costo unitario sempre superiore al costo marginale. Invece, scegliere q=OA dove CU= P1 (con P1>CMg) con significa non realizzare l’efficienza paretiana. 26

La numerosità degli operatori e i rendimenti di scala

L’unico modo per evitare la perdita, senza al tempo stesso produrre effetti distorsivi sull’allocazione delle risorse, consisterebbe nel praticare un prezzo pari al costo marginale (p=CMg) e in aggiunta nel coprire la perdita (pari al costo fisso nel caso ipotizzato) ponendo a carico di tutti i consumatori del bene in questione un onere in somma fissa (e perciò non distorsivo).

Realisticamente, l’imprenditore monopolista stimerà un numero minimo di consumatori n* fra i quali ripartirà il costo fisso, facendo pagare a eventuali ulteriori consumatori un prezzo che, per non essere distorsivo, dovrà eguagliare sempre il costo marginale.

Ma in queste condizioni, al limite nessuno dei consumatori avrà interesse a domandare inizialmente il bene, potendo rientrare fra i primi n* ai quali viene fatta pagare una quota del costo fisso in aggiunta al prezzo, pari al costo marginale. Inoltre, il monopolista non conosce a priori il numero dei consumatori.

Ognuno, invece, tenderà a “fare il furbo” ovvero a comportarsi da “opportunista” o “parassita” (free rider). 27

La numerosità degli operatori e i rendimenti di scala

Si badi che il problema del free riding potrebbe essere evitato se l’impresa potesse praticare una discriminazione dei prezzi, il che richiederebbe:

a) la disponibilità delle informazioni necessarie per far pagare a ogni consumatore il suo prezzo di riserva, così da erodere il surplus del consumatore;

b) l’impossibilità per i consumatori di rivendere la merce su mercati secondari.

In conclusione, al monopolista naturale non è possibile, né conveniente, praticare un prezzo pari al costo marginale.

L’esistenza di costi decrescenti porta, dunque, al “fallimento del Mercato” impedendo di soddisfare le condizioni che assicurano l’ottimo paretiano.

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La numerosità degli operatori e i rendimenti di scala

Se le economie di scala non sono tanto estese da portare al monopolio, ma semplicemente a un regime di oligopolio, sorge comunque un altro problema. Invece di rispondere in modo meccanico ai prezzi fissati dal Mercato, come in concorrenza perfetta, gli operatori si troveranno impegnati in un gioco: essi fisseranno i loro prezzi o le quantità prodotte tenendo conto delle reazioni degli altri operatori alle proprie decisioni e assumeranno perciò comportamenti di tipo strategico, con la conseguenza che non tutti i possibili equilibri saranno efficienti in senso paretiano.

In presenza di monopolio naturale o oligopolio l’intervento pubblico può eliminare o alleviare il “fallimento del Mercato” essenzialmente attraverso varie forme di regolamentazione (legislazione antimonopolistica, controllo dei prezzi) o la costituzione di imprese pubbliche.

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La libertà di entrata e di uscita (contendibilità dei mercati)

Contendibilità dei mercati: possibilità che nuove imprese entrino liberamente e senza costi sul mercato e ne fuoriescano sempre liberamente e senza costi (mercati contendibili o contestable markets).

Si supponga che le poche imprese esistenti sul mercato realizzino extraprofitti, praticando prezzi superiori al costo medio (p>CMd).

Se l’entrata e l’uscita sono libere, nuove imprese saranno attratte e potranno condividere con quelle già esistenti una parte degli extraprofitti, acquisendo spazi di mercato mediante la fissazione di prezzi più bassi di quelli da queste praticati, fino a quando le imprese pre-esistenti non reagiranno abbassando a loro volta il prezzo.

In un mercato contendibile, la potenziale massiccia entrata di nuove imprese scoraggia e annulla nel tempo la presenza di extraprofitti, assicurando generali condizioni di efficienza.

La tattica del “colpisci e fuggi” (hit and run) seguita dai nuovi entranti sarebbe resa possibile dalla completa libertà di entrata e uscita dal mercato. 30

La libertà di entrata e di uscita (contendibilità dei mercati)

La contendibilità deriva dall’assenza assoluta di costi di entrata e di uscita, mentre nella realtà essi non sono trascurabili (es.: spese di promozione dei prodotti): costi irrecuperabili (o sunk costs).

Esempi di barriere all’entrata del mercato sono: la proprietà o il controllo dei fattori di produzione, la proprietà o il controllo delle reti distributive, la protezione legale (brevetti).

Gli esempi di barriere all’uscita sono legati al grado di specializzazione dei lavoratori e mezzi impegnati nell’attività di produzione.

Soluzioni all’assenza di contendibilità: legislazione anti-monopolistica, nazionalizzazione.

L’efficienza che è possibile conseguire nei mercati contendibili è diversa da quella paretiana e consiste semplicemente nel fatto che l’impresa monopolista produca una quantità in corrispondenza della quale il costo di produzione sia minimo, tenuto conto del vincolo della domanda complessiva.

Soltanto in un particolare caso questa efficienza corrisponde a quella paretiana. 31

La libertà di entrata e di uscita (contendibilità dei mercati)

La curva di domanda (D) interseca la curva del costo unitario (CU) nel punto di minimo di questa e, pertanto, in corrispondenza anche del costo marginale. Pertanto, si ha: p=CMg. In questo caso si ha efficienza paretiana.

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La libertà di entrata e di uscita (contendibilità dei mercati)

Date le curve CU e D, le posizioni di equilibrio sono efficienti, poiché la produzione avviene al costo unitario minimo compatibile con la domanda di mercato, ma l’efficienza non è quella paretiana, essendo p≠CMg. Infatti, la D interseca la CU nel suo tratto decrescente, ma non nel suo punto di minimo.

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La libertà di entrata e di uscita (contendibilità dei mercati)

Date le curve CU e D, l’equilibrio è efficiente ma non stabile. Se l’impresa incumbent producesse q=OQ2 al prezzo p=OP2 vi sarebbe l’ingresso di nuovi concorrenti. Sussiste subadditività della funzione di costo: 2 o più imprese produrrebbero a costi più elevati di una sola.

OQ2EP2 < OQ1CP1 + OAFB

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Altri presupposti della concorrenza perfetta

La molteplicità degli operatori non implica risultati di concorrenza perfetta in presenza di accordi o intese (trust) fra gli operatori, tali da limitarne la competizione → Legislazione anti-trust

L’omogeneità dei prodotti è una condizione che potrebbe non verificarsi, per effetto di politiche aziendali di differenziazione che mirino a creare mercati particolari per i prodotti dell’azienda stessa, ossia mercati tendenzialmente monopolistici (concorrenza monopolistica).

La perfetta informazione dei prezzi praticati nelle diverse contrattazioni relative allo stesso bene è anch’esso un presupposto della concorrenza perfetta. Se non sussiste perfetta informazione, allora si possono creare vari sottomercati largamente indipendenti (segmentazione dei mercati).

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Incompletezza dei mercati ed esternalità

La completezza dei mercati è un postulato del primo t.f.

Può esservi incompletezza dei mercati in relazione:

a) all’esistenza di esternalità

b) all’esistenza di beni pubblici

c) all’assenza di taluni mercati a pronti o a termine, a causa di costi di transazione e asimmetria informativa in un ambiente incerto.

L’esternalità si definisce come l’inesistenza di un corrispettivo a fronte del vantaggio (esternalità positive o economie esterne) o del danno (esternalità negative o diseconomie esterne) procurati da un operatore ad altri, configurando l’assenza di un mercato.

Ciò può essere dovuto:

- all’inesistenza dei “diritti di proprietà” (property rights) individuali su alcuni beni, i quali risultano invece di “proprietà comune”.

- all’esistenza di attività di produzione o consumo congiunto: nel momento stesso in cui un operatore compie un’attività di produzione o di consumo, egli determina il sorgere di un bene (o di un “male”) per altri operatori, per ragioni inerenti al modo in cui si svolge l’attività stessa.

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Esternalità

Le esternalità possono svilupparsi a più livelli:

a) tra imprese: possono essere positive (distretti industriali) o negative (pescatori nello stesso lago) → Esternalità di produzione

b) tra impresa e consumatore: possono essere positive (nuova industria in una contrada agricola) o negative (inquinamento industriale) → Esternalità di produzione

c) tra consumatori: possono essere positive (tra vicini) o negative (tra vicini) → Esternalità di consumo.

L’effetto che in linea generale le esternalità provocano sulle condizioni di efficienza paretiana è quello di richiedere che i s.m.s. siano diversi fra i vari individui (esternalità di consumo) e, similmente, che i s.m.s.t. siano diversi per le varie imprese (esternalità di produzione).

Il raggiungimento dell’efficienza paretiana in presenza di queste esternalità richiede che vi sia divergenza, anziché uguaglianza, dei s.m.s.t. fra due fattori nella produzione di diversi beni.

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Esternalità

Le esternalità sono causa di divergenza fra costi privati (CP) e costi sociali (CS), ovvero fra prodotto marginale privato (PMgP) e prodotto marginale sociale (PMgS).

In presenza di economie esterne: CMgP > CMgS; PMgP < PMgS

In presenza di diseconomie esterne: CMgP < CMgS ; PMgP > PMgS

Nel caso di effetti esterni negativi, il soggetto che causa il danno non sosterrà per intero il costo della sua attività, e uguaglierà il suo CMgP al p, producendo una q > q*. Infatti, in tal caso CMgP < CMgS.

Nel caso di diseconomie esterne, dunque, la produzione effettuata è superiore a quella socialmente ottimale.

L’intervento pubblico può eliminare CMgP ≠ CMgS; PMgP ≠ PMgS, rendendo “interno” (“internalizzando”) il costo o il vantaggio procurato dall’operatore al resto della società → Imposte (o sussidi) pigouviane; vendita all’asta dei diritti (di utilizzare la risorsa o di inquinare); regolamentazione.

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I proposizione: Se sono soddisfatte alcune condizioni (tra le quali la preventiva assegnazione dei diritti di proprietà, l’assenza o la trascurabilità dei costi di transazione, la presenza di un’autorità esterna agli operatori che assicuri l’esecuzione dei contratti, l’esistenza di una merce liberamente trasferibile che agisca da numerario), gli operatori interessati dall’esistenza delle esternalità potranno raggiungere accordi mutuamente vantaggiosi senza intervento governativo; inoltre, se la posizione che massimizza la ricchezza sociale è unica, gli operatori interessati raggiungeranno quella posizione indipendentemente dal modo in cui erano stati preventivamente assegnati i diritti di proprietà.

II proposizione: In presenza di costi di transazione la possibilità di raggiungere la posizione più efficiente attraverso il mercato può dipendere dall’assegnazione dei diritti di proprietà; pertanto, i diritti di proprietà dovranno essere attribuiti in modo tale da garantire il raggiungimento della posizione più efficiente, che non è necessariamente unica.

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I proposizione

Se le ipotesi sono soddisfatte, in presenza di esternalità il solo ruolo lasciato all’operatore pubblico dovrebbe essere quello di assegnare i diritti di proprietà e di assicurare l’esecuzione degli accordi.

I costi di transazione sono quei costi organizzativi, di negoziazione, di redazione e di esecuzione dei contratti.

Immaginiamo che vi siano due attività economiche confinanti: nella prima un agricoltore A produce grano, nella seconda un’allevatrice B pascola bestiame. Tra le due proprietà non esistono recinzioni, per cui talvolta il bestiame arreca dei danni all’agricoltore. Sia il danno pari a 100€/anno.

Il comune buonsenso (“chi rompe paga”) prevede che B paghi ad A 100€/anno, evitando danni futuri. COASE, sebbene contro-intuitivamente, rovescia la questione, ragionando in termini di efficienza anziché di equità. 40

I proposizione

Ammettiamo che il costo di una recinzione sia di 50€, mentre il controllo del bestiame costi 75€. Il quadro normativo dovrebbe prevedere 2 regole differenti:

1) diritto di pascolo o dell’allevatore: tale norma stabilisce un diritto d’uso che assegna all’agricoltore l’onere di recintare il campo per evitare i danni;

2) diritto di chiusura del pascolo o dell’agricoltore: questa norma stabilisce che l’allevatore debba accollarsi i danni cagionati all’agricoltura, e limitarli.

Si pone la questione della scelta tra le 2 norme. Scegliamo utilizzando il criterio dell’efficienza. Se A e B si sposassero, allora la costruzione di un recinto intorno al campo, evitando il danno di 100€/anno con un costo di 50€, equivarrebbe alla soluzione più efficiente. Viceversa, tentare di controllare il bestiame produrrebbe un risparmio di soli 25€ (=100-75) rispetto al danno.

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I proposizione

Ovviamente, il caso di soluzione delle controversie legali con il matrimonio dei contendenti è irrealistico. Ma per COASE, in assenza di costi transattivi per raggiungere un accordo, la soluzione cooperativa farà prevalere la costruzione del recinto indipendentemente dalla norma giuridica.

Infatti, se vigesse la regola del diritto di pascolo A troverebbe conveniente recintare: con un costo di 50€, eviterebbe il danno di 100€. Se vigesse, invece, la regola del diritto di chiusura del pascolo, B anziché pagare il danno di 100€ o controllare il bestiame al costo di 75€, proporrebbe un accordo ad A, sostenendo lui stesso il costo della recinzione (50€).

Pertanto, quando i costi di transazione sono nulli, la negoziazione privata volontaria conduce ad un uso efficiente delle risorse, indipendentemente dalla attribuzione giuridica dei diritti.

La soluzione più efficiente, quella della recinzione, sarà comunque effettuata. 42

II proposizione

Immaginiamo ora che vi siano costi di transazione. Ad esempio, A e B potrebbero parlare 2 lingue diverse, necessitando di un traduttore. Siano i costi transattivi pari a 35€. In tal caso, l’attribuzione dei diritti di proprietà e di uso diventa rilevante ai fini del raggiungimento della soluzione efficiente.

Se prevalesse la regola del diritto di pascolo, A troverebbe conveniente recintare: con un costo di 85€ (=50+35), eviterebbe il danno di 100€. Se vigesse, invece, la regola del diritto di chiusura del pascolo, B non avrebbe alcun vantaggio a cooperare, in quanto il risparmio di 25€ (=100-75) ipotizzabile nella situazione cooperativa sarebbe più che controbilanciato dai costi necessari per raggiungere l’accordo, pari a 85€ (=50+35). La soluzione più conveniente per B sarà quella di controllare il bestiame, con un esborso di 75€: tuttavia, tale soluzione è socialmente inefficiente.

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L’importanza dell’analisi di COASE sta nel merito di aver evidenziato il fatto che l’analisi pigouviana delle esternalità e la relativa proposta di policy (imposizione) si muovono, implicitamente, in un determinato contesto istituzionale (ossia, nell’ambito di una certa assegnazione dei diritti di proprietà), senza porsi il problema delle possibilità che una diversa assegnazione dei diritti abbia un impatto positivo sull’efficienza.

In secondo luogo l’analisi di COASE è all’origine di una letteratura, ormai amplissima, sui diritti di proprietà che investe una più vasta gamma di problemi istituzionali.

COOTER (1982) critica la teoria di COASE in quanto pensa che l’esistenza di atteggiamenti cooperativi dei vari soggetti può non dipendere soltanto dalla possibilità di procurarsi qualche guadagno economico; anche ove questo ci sia, la cooperazione potrebbe mancare.

Inoltre la cooperazione può dipendere dalla distribuzione complessiva dei guadagni (redditi) di una società. Quindi nell’attribuzione dei diritti di proprietà lo Stato dovrebbe considerare contemporaneamente gli aspetti di efficienza e quelli di equità, senza privilegiare un unico aspetto. 44

Non convessità fondamentali

All’aumentare della produzione di fumo la quantità di servizi si riduce. Quando q di fumo=OB, la lavanderia esce dal mercato. Ma la q di fumo producibile può aumentare fino a OC, non riducendo i servizi di lavanderia (già annullati). Dunque, anche BC è efficiente sul piano produttivo, e fa parte della FP. Ma allora l’insieme completo di produzione è dato da ABC, non più convesso.

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Non convessità fondamentali

Supponiamo che esista una diseconomia esterna (fumo) per la quale siano attribuiti dei permessi di inquinamento che, come suggerisce COASE, possono essere scambiati sul mercato.

Consideriamo la situazione di una lavanderia che vende i servizi tipici e inoltre vende i permessi di inquinamento alle fabbriche circostanti fino a un massimo di OC. All’aumentare della produzione di fumo la quantità di tali servizi che è possibile ottenere si riduce e ciò è mostrato dalla frontiera di produzione (o curva di trasformazione) nel tratto AB (convesso).

Quando la quantità prodotta di fumo è pari a OB la lavanderia non produce alcun servizio, uscendo dal mercato.

L’aumento della produzione di fumo oltre B non riduce ulteriormente la produzione di servizi di lavanderia, e perciò anche il tratto BC fa parte della frontiera di produzione.

Allora l’insieme completo di produzione, che è quello racchiuso dalla curva ABC, non è più convesso come nel caso in cui la frontiera sia costituita solo dalla curva AB. 46

Dal punto di vista giuridico, un bene pubblico è un bene prodotto dallo Stato direttamente attraverso l’impresa pubblica; in economia le caratteristiche di un bene pubblico sono, in essenza, la non rivalità nel consumo e la non escludibilità dal beneficio.

Nei mercati presi in considerazione nei teoremi dell’E.B. i beni scambiati mostrano rivalità nell’uso, nel senso che l’uso di un bene da parte di un operatore ne riduce la disponibilità per altri operatori.

Nella realtà dei mercati vi sono anche beni non rivali, ossia beni tali che l’aumento del consumo da parte di un soggetto non riduce la disponibilità per il consumo di un altro (more for you means no less for me); essi sono detti, perciò, beni pubblici.

Per non rivalità nel consumo si intende il fatto che data una collettività di n individui ciascuno può consumare la medesima quantità del bene.

Per non escludibilità dal beneficio si intende l’impossibilità di escludere un individuo dal consumo del bene.

Esempi di beni pubblici puri: la difesa nazionale, la costruzione di monumenti, l’illuminazione delle strade, l’emissione di segnali da parte di un faro o di segnali radio e televisivi. 47

In tutti questi casi il godimento di tali beni da parte di un individuo addizionale non comporta (quasi) alcun aumento di costo, ossia il costo marginale è (quasi) nullo: CMg=0.

Questi costituiscono delle esternalità, in quanto chi li produce causa un vantaggio non soltanto a se stesso, ma anche ad altri, che possono usufruirne liberamente (senza il pagamento di un prezzo).

Un bene pubblico è un bene per il quale i costi di produzione sono soltanto fissi.

Consideriamo il caso di un faro: se A sostenesse il costo fisso per la produzione di tale bene, ne trarrebbero vantaggio sia A che B, e a B non si potrebbe far pagare, in concorrenza perfetta, se non il costo marginale, pari a zero nel caso di un bene pubblico puro.

Con ciò A realizzerebbe una perdita, ovvero si farebbe carico di tutto il costo del bene pubblico, ciò che può ridurre la sua convenienza a produrre quel bene, in linea generale.

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In queste condizioni ognuno tenderà a porsi piuttosto nella posizione di “parassita” (free rider), in attesa che altri decidano di produrre il bene pubblico.

Per alcune tipologie di beni pubblici non è possibile escludere dal consumo nessun operatore, per la natura stessa del bene e per ragioni tecniche: è il caso della difesa nazionale e del faro.

Per altri, come per i segnali televisivi, questa possibilità esiste, ma l’esclusione comporta il sostenimento di costi addizionali.

Un bene pubblico puro è un bene contraddistinto sia da non rivalità nel consumo che da non escludibilità dal beneficio.

Un bene privato puro è un bene caratterizzato da rivalità nel consumo e escludibilità dal beneficio.

Per i beni pubblici puri, nessun cittadino privato sarebbe disposto a sostenere il costo. Se un singolo vi provvedesse da solo, non vi sarebbe modo di escludere gli altri cittadini dall’usufruire del servizio.

Per questo motivo, lo Stato deve necessariamente provvedere alla produzione dei beni pubblici.

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La presenza di beni pubblici puri rappresenta un motivo di mancato raggiungimento dell’ottimo paretiano, in quanto i cittadini non possono esprimere preferenze circa la quantità di bene pubblico di cui intendono servirsi, né tanto meno possono modificarne il prezzo, rappresentato dalla tassazione.

Esistono, peraltro, beni misti, che hanno una sola delle due caratteristiche tipiche dei beni pubblici.

Inoltre, lo Stato può fornire, per motivi diversi, beni perfettamente divisibili ed erogabili a singoli consumatori (servizi di trasporto, sanitari, di istruzione). La presenza e la modalità dello Stato in quelle produzioni non caratterizzate da non rivalità nel consumo e non escludibilità dal beneficio si spiega in base a motivi di equità, di calmierizzazione dei prezzi, di sicurezza.

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Beni privati puri: sia escludibili che rivali.

Beni pubblici puri: né escludibili né rivali.

Risorse comuni: rivali ma non escludibili.

Monopoli naturali: escludibili ma non rivali.

La “tragedia delle proprietà comuni” (commons), è dovuta al fatto che quando una persona usa una risorsa comune diminuisce l’uso che ne possano fare gli altri consociati. Le risorse comuni tendono ad essere usate eccessivamente quando gli individui non devono pagare un prezzo per il loro utilizzo. Ciò crea una esternalità negativa. Es.: aria, acqua. 51

Escludibilità

Rivalità

Sì No

Sì Beni privati puri Monopoli naturali

No Risorse comuni Beni pubblici puri

Dilemma del prigioniero

La soluzione efficiente è in 1, con UA=8 e UB=8.

Ma l’equilibrio è in 3, con UA=6 e UB=6.

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Dilemma del prigioniero

Se sia A che B decidessero di costruire il faro, potrebbero condividere i costi e godere di un elevato vantaggio netto (8 per ognuno).

Ma questa soluzione non costituisce un equilibrio perché ognuno dei due si attende un guadagno maggiore da soluzioni non cooperative.

Ad esempio, A trova più conveniente non costruire, in quanto seguendo questa strategia dalla sua attività guadagnerebbe 11, se l’altro decidesse di costruire addossandosene interamente il costo (free riding). Guadagnerebbe 6, se l’altro decidesse anch’egli di non costruire.

Lo stesso vale per B e, pertanto, a entrambi conviene scegliere l’alternativa di non costruire (casella 3) che è però paretianamente inefficiente rispetto al risultato cooperativo (casella 1).

Questo ragionamento fornisce quindi una giustificazione a favore (del finanziamento) della produzione di beni pubblici da parte di enti pubblici.

Tale produzione sarà finanziata da proventi fiscali, anziché dal pagamento di un prezzo.

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Vi sono numerosi casi intermedi che caratterizzano beni il cui consumo può non risentire della numerosità degli utenti fino a un certo livello, oltre il quale però vengono a crearsi problemi di congestione e cadute nel livello del servizio (teoria dei clubs, BUCHANAN).

La teoria deve il suo nome al fatto che nei clubs i soci si trovano a dover scegliere simultaneamente il livello di servizio desiderato e il costo da sostenere (tessera): entrambe le variabili dipendono dalla numerosità degli iscritti. Un maggior numero di soci riduce i costi di gestione, ma provoca progressive cadute del livello di servizio, sino a tradursi in fastidiosi affollamenti.

La possibilità di costruire situazioni locali, caratterizzate da differenti livelli e tipologie di servizi e da differenti tariffazioni è giudicata una soluzione da contrapporre alla presenza di uno Stato centralizzato che stabilisce un livello unico di bene pubblico → Teorie del Federalismo

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Teoria dei clubs

Obiettivo: massimizzazione del beneficio pro-capite netto

Bn = B – C

B = f(N, Q); Bn < 0; BQ > 0; BQQ < 0

B: beneficio pro-capite, C: costo pro-capite, N: numero degli iscritti, Q: quantità dei servizi erogati.

Se N, maggiore congestione. Se Q, maggiore benessere, ma saturazione.

In assenza di economie di scala: C = aQ/N

Se N, minore costo pro-capite. Se Q, maggiori costi.

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Teorema di OATES

Ipotesi:

• Lo Stato non è in grado di offrire quantità differenziate

• Costo marginale costante, assenza di economie di scala

• Assenza di effetti di traboccamento

• Preferenze identiche all’interno di ciascuna comunità.

Si immagini l’offerta di un solo servizio. Si deve decidere la quantità da produrre del servizio. Si ordinino i membri della comunità in senso crescente per grado di valutazione del servizio. Si sottoponga a votazione a maggioranza la decisione.

La quantità prodotta sarà quella desiderata dal soggetto che si trova nella posizione mediana, perché è quello che consente di realizzare una maggioranza (Teorema dell’elettore mediano).

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Teorema di OATES

Il teorema dimostra la convenienza economica nella fornitura di beni pubblici adottando una soluzione decentralizzata nella struttura del governo, determinando altresì la dimensione ottima delle varie giurisdizioni locali. Le ipotesi alla base del modello sono:

a) gusti identici degli individui appartenenti ad una stessa comunità; in tal modo è possibile avere una sola curva di domanda per ogni comunità rendendo più semplice l’analisi;

b) assenza di economie di scala, ciò comporta che l'aumento di dimensione non rende conveniente la produzione dei beni a livello di governo;

c) assenza di esternalità, il bene cioè non produce effetti positivi o negativi al di fuori della comunità in cui esso è prodotto.

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Teorema di OATES

Il benessere collettivo aumenta se i beni pubblici, i cui servizi sono goduti solo da cittadini che vivono in una determinata zona geografica, vengono finanziati dai residenti e prodotti a livello locale. Ciò scaturisce dalla natura stessa dei beni pubblici, i quali potendo essere consumati da tutti i componenti la collettività in modo uguale, vengono offerti dal governo centrale in modo omogeneo, senza cioè tener conto della differenza dei gusti dei consumatori, provocando così una perdita di benessere.

La determinazione della dimensione ottima degli enti locali viene quindi stabilita misurando la differenza tra il grado di soddisfazione generato dalla produzione locale dei beni pubblici e il costo in termini di imposizione fiscale da loro sopportata.

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Teorema di TIEBOUT

Ipotesi implicite:

• Numero ampio di autorità locali con un uno specifico mix di servizi

• Non ci sono economie di scala

• Si adotta esclusivamente il principio del beneficio

• Informazione completa

• Non ci sono costi di mobilità

I cittadini sono in grado di votare con i propri piedi (voting with one’s feet), ossia di spostarsi verso l’area che offre il rapporto servizio pubblico/tariffazione meglio rispondente alle preferenze sociali.

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Alcune azioni pubbliche ispirate alla regolamentazione si ispirano al paternalismo, ossia a quell’atteggiamento di sostituire le scelte “paterne” (o di persone esterne) a quelle di un individuo.

Ciò si giustificherebbe poiché:

a) le persone in questione non dispongono di informazioni su aspetti rilevanti delle loro scelte, oppure hanno informazioni distorte

b) il loro processo decisionale non rispetta gli assunti della razionalità.

Tali bisogni che si intendono tutelare sono detti bisogni meritori, e i beni dei quali si vuole salvaguardare il consumo al di là delle preferenze individuali sono detti beni meritori (merit goods) (MUSGRAVE).

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Nella realtà spesso l’informazione è sia incompleta che asimmetrica.

Sia nei mercati a pronti che in quelli a termine, i costi di transazione sono più elevati in presenza di informazione asimmetrica.

Questa si riferisce alla diversa informazione disponibile per le due parti fra le quali potrebbe aversi una transazione, denominate l’una (quella che non ha un set informativo completo) delegante o mandante o principale, l’altra (quella che ha completa informazione) delegato o mandatario o agente.

L’informazione asimmetrica può dar luogo a due diverse situazioni:

a) selezione avversa (adverse selection)

b) rischio di comportamento sleale o rischio morale o azzardo morale (moral hazard).

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La selezione avversa ha luogo quando una delle parti (il delegante) non può osservare importanti caratteristiche esogene – ossia preesistenti alla decisione di effettuare la transazione – del delegato o del bene oggetto della transazione o delle situazioni nelle quali possa trovarsi il delegato stesso.

AKERLOF: mercato delle automobili usate.

In tale mercato esiste una notevole asimmetria informativa: ben pochi dei potenziali compratori possiedono le conoscenze necessarie per valutare l’affidabilità e lo stato di conservazione di un’auto usata. Si supponga che la quotazione dell’usato sia riferita ad auto aventi caratteristiche medie di usura, difettosità, ecc. Allora soltanto i proprietari di auto con caratteristiche uguali o inferiori alla media sono indotti a offrirle sul mercato. L’agente conosce perfettamente i difetti dell’auto, potendo valutarne correttamente il prezzo.

Questo porta chi si occupa di valutare l’usato ad abbassare il prezzo di una vettura media, il che peggiorerà ulteriormente lo standard delle vetture offerte, e così di seguito, fino ad arrivare alla presenza sul mercato di soli “bidoni” (lemons), o addirittura alla scomparsa del mercato. 62

La selezione avversa è causa di un forte spreco sociale, provocando la perdita del surplus dello scambio (la differenza positiva di valore che un bene possiede per chi intende acquistarlo rispetto a chi intende venderlo).

Es.: se A possiede un’auto che valuta 1000€ e B valuta l’acquisto dell’auto di A pari a 1500€, lo scambio avverrà con un surplus di 500€, che saranno distribuiti tra i due contraenti a seconda della loro capacità di trattare. In una situazione bilanciata o equa, A venderà l’auto per 1250€, ed entrambi i contraenti valuteranno il vantaggio derivante dallo scambio pari a 250€.

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Il caso del rischio morale sorge, invece, quando il delegante non riesca ad osservare le azioni compiute dal delegato o i caratteri di un bene da questi fornito (controllabili da parte del delegato stesso) successivamente alla decisione di effettuare la transazione. Il rischio morale nasce, dunque, in conseguenza dello scambio: l’asimmetria è endogena.

Ad esempio, la mancata adozione da parte dell’assicurato di precauzioni atte a evitare il sinistro e l’elusione (shirking) da parte del lavoratore (o del manager) dell’obbligo contrattuale di effettuare con impegno una certa prestazione → Problemi di incentivo.

Una volta stipulato il contratto, s’ipotizzi contro il furto, il mandatario potrà rendere il veicolo più o meno rischioso operando comportamenti più o meno accorti rispetto al bene assicurato.

Vari accorgimenti possono essere escogitati per evitare le conseguenze negative delle asimmetrie informative: regolamentazione, creazione di imprese pubbliche, contratti nei quali il pagamento sia legato al controllo di qualità o ai risultati ottenuti, prestazione di garanzie, certificazioni di qualità, segnalazione delle caratteristiche della merce. In tutti questi casi lo Stato cerca di ridurre il margine di alea e favorire gli scambi. 64

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Le informazioni asimmetriche nei contratti

pre-contratto post-contratto

Rischio morale (o azione nascosta, o informazione nascosta)

Selezione avversa

I beni di buona qualità sono «scacciati» dal Mercato, che diviene troppo «sottile»

Si originano comportamenti opportunistici

CAUSA

RIMEDI di MERCATO: equilibri di separazione (segnali, reputazione; selezione);

contratti con incentivo (modelli principale-agente).

CORREZIONI: lo Stato deve intervenire con certificazioni (di qualità e di prodotto); garanzie pubbliche (prestito d’onore); forme assicurative di Stato (contributi obbligatori di pensionamento); sistema di incentivi e sussidi (contro i sinistri: prevenzione del fuoco, tassazione degli alcolici).

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I parametri per giudicare i fallimenti del Mercato

efficienza allocativa = una situazione in cui non è possibile ottenere “un pasto gratis” (ottimo paretiano: efficienza di consumo, di produzione, generale)

dinamica

adattiva = capacità di adeguarsi ai fatti nuovi

innovativa = capacità del sistema di introdurre innovazioni (SCHUMPETER)

equità

Esplosione di concetti

eguaglianza dei punti di partenza

eguaglianza delle posizioni finali

distribuzione secondo il talento

distribuzione secondo i bisogni

Criterio di RAWLS: il più svantaggiato (maximin)

Criterio di NOZICK: i diritti fondamentali

Sono giudizi di valore

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Le funzioni dell’allocation bureau (AB)

Teorema del second best: se N condizioni definiscono un ottimo paretiano, non è vero che una situazione nella quale un numero n < N di condizioni sono soddisfatte sia necessariamente superiore a una situazione in cui un numero minore m < n < N di esse siano soddisfatte.

1) Se si manifesta un solo inadempimento, il primo compito del bureau è di rimuoverlo; 2) nell’impossibilità di attuare il punto 1, è necessario intervenire sull’intero sistema

AB si compone di molti uffici

azione indipendente (condizioni di separazione)

azione coordinata

Fallimenti: monopolio - esternalità - beni pubblici - assenza di mercati (contingenti, a termine) - informazione asimmetrica - beni meritori - beni comuni

Non è vero che una situazione nella quale un numero maggiore di condizioni di ottimo paretiano, ma non tutte, sono soddisfatte sia necessariamente, o anche probabilmente, superiore ad una situazione in cui un numero minore di esse siano soddisfatte.

Consideriamo la sola condizione di efficienza globale di un ottimo paretiano: in un sistema di N (con N molto grande) mercati di concorrenza perfetta, vale p = CMg per tutti gli N beni: condizione di ottimo paretiano o di first best.

Qualora si verifichi un “ineliminabile” impedimento che allontani un certo mercato dall’equilibrio concorrenziale, sarebbe impossibile conseguire la stessa soluzione di primo ottimo. Tuttavia, si potrebbe pensare che il modo migliore per avvicinarsi ad essa sia il garantire l’eguaglianza tra p e CMg almeno su tutti gli altri N-1 mercati. Il second best theorem dice che tale conclusione non è vera.

Infatti, la distorsione su di un mercato non rimane isolata, ma si propaga sugli altri mercati.

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Il teorema del second best consente due importanti risultati normativi:

1) qualora anche un solo impedimento si frapponesse nel consentire la soddisfazione di tutte le condizioni di efficienza statica, si raggiungerebbe comunque un risultato che è inferiore rispetto all’ottimo paretiano (che è definito di primo ordine);

2) l’esistenza di una soluzione di secondo ordine non consente di concludere che di fronte a un unico impedimento ci si debba limitare a garantire la soddisfazione delle rimanenti condizioni di efficienza: anche di fronte a una sola deviazione dall’equilibrio, è necessario che l’intera soluzione del sistema di mercato sia rivista.

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Teorema di GREENWALD e STIGLITZ

Ogniqualvolta vi siano asimmetrie informative e/o mercati incompleti, il sistema di economia di mercato non è PARETO-efficiente in senso vincolato.

L’espressione «PARETO-efficiente in senso vincolato» ci ricorda che quando esaminiamo se esista qualche politica dello Stato in grado di portare a un miglioramento paretiano, stiamo assumendo che l’operatore pubblico sia soggetto agli stessi vincoli informativi e alla stessa incompletezza dei mercati degli operatori privati.

Allocazioni efficienti non possono essere ottenute da parte del Mercato senza l’intervento dello Stato, se non in casi particolari che comportano ipotesi molto limitative. In molti casi esistono interventi dello Stato che sono migliorativi in senso paretiano.

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Teorema di SAPPINGTON e STIGLITZ

Se lo Stato vendesse all’asta i diritti a produrre un dato bene, purché l’asta sia architettata adeguatamente, esso raggiungerebbe i 3 seguenti obiettivi:

1. Efficienza economica: assicurarsi che siano coloro i quali hanno un vantaggio comparato nella produzione ad effettuarla, e che siano fornite le tecniche produttive adeguate e i livelli ottimali di impegno

2. Equità: soddisfare gli obiettivi distributivi

3. Estrazione delle rendite: ottenere dai produttori la massima rendita (cioè profitto) possibile.

Il teorema fornisce le condizioni sotto cui i principali obiettivi della produzione dello Stato possono essere ugualmente soddisfatti dalla produzione privata (cioè, lasciata al Mercato).

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In condizioni di certezza, l’intervento diretto tramite un vincolo sulle quantità conduce allo stesso risultato dell’intervento indiretto tramite un’imposizione sui prezzi. Circa l’efficienza, invece, non è possibile stabilire una volta per tutte quale tipo di intervento sia più conveniente.

La scelta tra uno strumento di politica economica di intervento diretto (sulle quantità, q) e uno di strumento di intervento indiretto (sui prezzi, p, che porta gli agenti economici a modificare quindi per via indiretta le loro scelte su q) deve valutare l’efficacia (la possibilità di conseguire il risultato atteso) e l’efficienza (rapporto tra beneficio conseguito e costo comportato).

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L’intuizione:

Settore privato (Mercato)

Risultato non desiderato

Obiettivo

Intervento diretto

Intervento indiretto

Con l’intervento indiretto si agisce sulle determinanti delle azioni private, usando il Mercato

Con l’intervento diretto si vincolano le scelte private, forzando il Mercato

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L’efficienza microeconomica dell’intervento: preferenza dell’intervento indiretto

X*/2

x1 + x2 = x*

1 2 Teorema di BAUMOL e OATES: in un contesto di certezza, l’intervento indiretto (imposte o sussidi) minimizza automaticamente il costo sociale dell’intervento, risultando perciò maggiormente efficace dell’intervento diretto: B’(x1) = B’(x2) = p*

Distribuzione efficiente del vincolo:

B’(x1) = B’(x2)

B’(x1) < B’(x2)

- ACOCELLA N., Fondamenti di Politica Economica, Carocci, Roma, 2000 (Capitoli 5 e 6).

- CELLINI R., Politica Economica, McGraw-Hill, Milano, 2010 (Capitoli 3, 4, 5 e 6).

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