l'ingresso dell'italia in guerra veduto dalla svezia

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62 Parte prima Prof. Ulla Akerstrom, Università di Goteborg.

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62 Parte prima

Prof. Ulla Akerstrom, Università di Goteborg.

L'INGRESSO DELL'ITALIA IN GUERRAVEDUTO DALLA SVEZIA

Il mondo umano si leva in convulsioni! L’Italia si contorce in spasmi.Il premier Salandra si dimette. La strada con Gabriele d’Annunzio intesta fa rivolta; l’eccitazione prende il sopravvento. Il governo italianosorprende rimanendo. La guerra è imminente1..

Così scriveva il diplomatico e politico socialdemocratico svedese ErikPalmstierna nel suo diario il 18 maggio 1915, cinque giorni prima del-l’entrata in guerra dell’Italia. Ma in realtà l’interesse in Svezia per l’eventonon era particolarmente grande; l’attenzione della nazione era rivolta piùalla sfera germanica e scandinava. Inoltre l’immagine dell’Italia in Sveziaera tutt’altro che positiva, come rivela uno studio sull’immagine dellaguerra nelle riviste settimanali di quel periodo in Svezia2. Nelle riviste vi-geva un atteggiamento pieno di rancore ed aggressività nei confrontidell’Italia, sia prima che dopo il suo ingresso in guerra. La nazione venivaritratta come fraudolenta, indecisa, furba, falsa, rapace e codarda, mentregli italiani erano descritti come vanagloriosi, vanitosi, infantili, effeminatie mingherlini, incapaci di combattere. Spesso queste descrizioni eranounite a descrizioni positive dei tirolesi, che venivano rappresentati comeeroici, nobili e retti. Forse fu in base a questi luoghi comuni che la Sveziacredette, in modo eccessivo e per molti incomprensibile, di poter averun’influenza sull’allora possibile ingresso in guerra dell’Italia.

Prima di continuare il discorso bisogna chiarire alcuni punti sulla pro-duzione storiografica svedese e sulle prese di posizione del Paese. Mentrel’interesse per la Grande Guerra in Europa è sempre aumentato negli ul-

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1 “Människovärlden häver sig under konvulsioner! Italien vrider sig i krampryckningar. Premiär-minister Salandra avgår. Gatan med Gabriele D’Annunzio i spetsen gör revolt; hetsen tar alldelesöverhand. Italienska regeringen överraskar med att stanna kvar. Kriget står för dörren”. Erik Palms-tierna, Orostid. I. 1914-1916. Politiska dagboksanteckningar, Tidens förlag, Stockholm 1952, p. 105.

2 Lina Sturfelt, Eldens återsken. Första världskriget i svensk föreställningsvärld, Sekel Bokförlag,Lund 2008, p. 328.

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timi anni, in Svezia invece il periodo ha avuto un riscontro molto debole3.Questa guerra sembra interessare pochissimo, un fatto che è ancora piùevidente confrontandolo con il grande interesse svedese per la secondaguerra mondiale o per la guerra fredda. Si potrebbe quasi affermare chela prima guerra mondiale è pressoché dimenticata in Svezia. Forse di-pende dal fatto che all’inizio della guerra nel 1914 la Svezia si dichiaròneutrale e riuscì a tenersene fuori, seguendo la linea della neutralità comeha fatto anche durante i seguenti grandi conflitti del Novecento. L’ultimaguerra a cui la Svezia partecipò, quella svedese-norvegese, finì nel lon-tano 1814, e sono ormai dunque trascorsi oltre due secoli di pace per ilPaese.

Poco dopo lo scoppio della guerra mondiale, la Svezia ufficialmentesi dichiarò neutrale, mantenendo tuttavia inizialmente l’idea che la Russiafosse vista come un nemico possibile, mentre la Germania rappresentavaun alleato potenziale. In realtà, la Russia non rappresentava un vero pe-ricolo e sembra che la nazione desiderasse avere una relazione pacificacon la Svezia, come dimostra il fatto che faceva pressioni sulla Gran Bre-tagna chiedendo indulgenza per la Svezia perché non trovasse motiviper unirsi alla causa germanica4. Nonostante la presa di posizione neu-trale c’era infatti, in Svezia, una grande simpatia per la Germania, unPaese a cui la Svezia era culturalmente molto vicina. La posizione svedeseè stata caratterizzata come “una neutralità benigna” nei confronti dellaGermania. Franz von Reichenau, il ministro tedesco a Stoccolma all’iniziodella guerra, era a favore di un’alleanza tra la Germania e la Svezia e siimpegnava per realizzarla, mentre contemporaneamente il ministro sve-dese a Berlino, Arvid Taube, era della stessa opinione5.

Il ministro tedesco non era tenuto in grande considerazione dal mini-stero degli Esteri in Germania, né era particolarmente apprezzato dal go-verno svedese. Collaborava con gli “attivisti” (“aktivisterna”) svedesi, cioègli esponenti del movimento chiamato “l’attivismo” (“aktivismen”), chevolevano che la Svezia entrasse in guerra a fianco degli imperi centraliche lottavano contro “il pericolo russo” cercando di rinforzare la posi-zione della Svezia in Scandinavia. L’alleato più forte di von Reichenauera la regina di Svezia, Victoria, consorte del re Gustavo V, figlia del gran-duca Federico I di Baden e apertamente filo-tedesca. L’irritazione per il

3 Ibid., p. 32.4 Sverker Oredsson, Svensk rädsla. Offentlig fruktan i Sverige under 1900-talets första hälft,

Nordic Academic Press, Lund 2001, p. 81.5 Ibid.

comportamento di von Reichenau era tuttavia grande tra i governantisvedesi, e il re, con un atto inconsueto, riuscì a farlo rimandare in Ger-mania6. Il suo successore durante il resto della guerra, Hellmuth Luciusvon Stoedten, prese invece le distanze dagli attivisti. Arvid Taube rimasea Berlino fino alla sua morte nel 1916, sempre appoggiato dalla regina.Durante il 1915 la propaganda degli attivisti era vivace e sostenuta dalladestra e da vari accademici. Il leader liberale Karl Staaf ne fu un assiduoavversario fino alla sua morte nell’autunno del 1915, e la sua lotta fu inseguito ripresa dal leader socialdemocratico Hjalmar Branting. L’attivismobellico si dileguò verso la fine del 1915, ma nel commercio con l’esterola politica svedese rimase filotedesca e ostile nei confronti della GranBretagna. Inoltre, la Svezia era l’unica nazione neutrale che difendevagli atti violenti della Germania, come la violazione della neutralità belgae l’affondamento della nave britannica Lusitania nel maggio del 19157.La paura per la Russia si indebolì e invece si intensificò l’aggressivitàcontro la Gran Bretagna. La stampa, anche se riportava i grandi eventidella guerra, si concentrava sull’interesse svedese nel mantenere la pro-pria sicurezza, la neutralità e il benessere del popolo. La Svezia avevadunque una posizione di spettatrice della guerra, lontanissima daglieventi italiani.

Il re di Svezia durante questo periodo era Gustavo V della famigliaBernadotte, il bisavolo del re attuale Carlo Gustavo XVI. A luglio nel 1913Vittorio Emanuele III e la regina Elena erano andati in visita di Stato aStoccolma e i due monarchi si erano scambiati assicurazioni di amicizia8.L’atteggiamento filotedesco della regina Victoria non la rendeva popolaretra i sudditi. L’intenzione più forte della Svezia era, come abbiamo detto,di mantenere la neutralità e di tenersi fuori dalla guerra. La nazione sen-tiva una comunanza con altri piccoli Stati neutrali come la Danimarca, laNorvegia, l’Olanda, il Belgio e la Svizzera, ma meno con Stati neutralipiù grandi come l’Italia, la Spagna e gli Stati Uniti9. Si può dunque con-statare che l’interesse della Scandinavia per le questioni italiane era moltodebole dal punto di vista dell’opinione pubblica. C’è però un episodiomolto significativo che dimostra come la Svezia percepisse la politica ita-liana e come cercasse di intervenire contro l’entrata in guerra dell’Italia.

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6 Ibid, pp. 81-82.7 Ibid.8 Karl Hildebrand, Gustav V som människa och regent. Del II. Konungen och kungahuset. De

båda världskrigens tid, Aktiebolaget Svensk Litteratur, Stockholm 1948, pp. 44-45.9 Sturfelt, cit., p. 198.

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Visita di Stato a Stoccolma del re Vittorio Emanuele III e della regina Elena nel 1913. In prima fila laregina Elena con Gustavo V, in seconda fila Vittorio Emanuele III con la principessa ereditaria Margaretadi Svezia (1882-1920) e in alto il suo consorte, il principe ereditario Gustavo Adolfo (1882-1973).

Il re Vittorio Emanuele III. Il re Gustavo V di Svezia. In alto il suo motto“Med folket för fosterlandet”, “Con il popoloper la patria”.

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Come ha dimostrato lo storico Torsten Gihl, la posizione filotedescadella Svezia talvolta assunse forme singolari, e tra queste c’è il tentativosvedese di fare pressione sull’Italia affinché rimanesse neutrale10.Quando, verso la fine del 1914 e l’inizio del 1915 sembrava sempre piùprobabile che l’Italia sarebbe entrata in guerra contro la Germania, lapreoccupazione crebbe al ministero degli Esteri svedese. A febbraio ilministro degli Esteri Knut Wallenberg telegrafò al ministro svedese aRoma, il barone Carl Bildt, informandolo che si considerava che un ac-cordo tra l’Italia e l’Austria fosse desiderabile11. Alla fine di marzo rap-presentanti della politica estera inglese comunicarono che Wallenbergaveva lasciato capire agli alleati che se l’Italia fosse entrata in guerra dallaparte dell’intesa, la Svezia sarebbe entrata in guerra a fianco della Ger-mania.

Nell’aprile del 1915, quando le voci sulla partecipazione italiana allaguerra erano sempre più insistenti, Gustavo V cominciò a sentirsi in-quieto12, e fece di nuovo telegrafare da Wallenberg a Bildt. Il re Gustavoera preoccupato perché temeva che l’entrata in guerra dell’Italia potessecausare difficoltà alla Svezia nel rimanere neutrale. Chiese dunque, tra-mite Wallenberg in un telegramma datato il 24 aprile a Bildt, di presentareil problema sia a Vittorio Emanuele III che al ministro degli Esteri il ba-rone Sidney Sonnino, con un appello caloroso a cercare di evitare ulte-riori complicazioni per il bene di tutta l’Europa.

Si espresse nel seguente modo:

Le voci insistenti sulla partecipazione dell’Italia alla guerra cau-sano grandi preoccupazioni al nostro Re, dal momento che saràmolto difficile mantenere la nostra neutralità. La Sua Maestà Lechiede di far osservare questo sia al Re italiano che al ministro degliEsteri, con un appello caloroso nell’interesse di tutta l’Europa a cer-care di prevenire ulteriori complicazioni13.

Durante i giorni seguenti ci fu un notevole scambio di telegrammi traStoccolma e Roma.

10 Oredsson, cit., p. 84.11 L’ambasciatore Carl Bildt era bisavolo del politico di oggi che porta lo stesso nome.12 Lo sviluppo di questi eventi è stato descritto da Torsten Gihl in Den svenska utrikespolitikens

historia. IV. 1914-1919, P.A. Norstedt & Söners förlag, Stockholm 1951, pp. 128-132. 13 ”De intensiva ryktena om Italiens deltagande i kriget förorsaka vår konung stora bekymmer,

alldenstund vår neutralitet då blir ytterst svår att upprätthålla. Hans Majestät ber Eder framhålla dettaför såväl italienske konungen som utrikesministern med en varm vädjan till dem att i hela Europasintresse söka förekomma ytterligare komplikationer.” Gihl, cit., p. 128.

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Il re Gustavo V (1858-1950) e la regina Vic-toria (1862-1930) di Svezia a Baden-Badennel 1890.

Il barone Carl Bildt (1850-1931), ministro eambasciatore svedese a Roma.

Il barone Sidney Sonnino (1847-1922), mini-stro degli Esteri in Italia.

Il ministro degli Esteri svedese Knut Wallen-berg (1853-1938).

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Subito dopo il primo telegramma il barone Bildt, il 25 aprile 1915,andò a trovare Sonnino, il quale rispose che le trattative con l’Austria sa-rebbero continuate e che l’esito era incerto, dato che le concessioni degliaustriaci non erano abbastanza grandi. Inoltre si dichiarò meravigliatodal sentire che la decisione dell’Italia potesse avere un’influenza sullaneutralità svedese, richiedendo spiegazioni a Bildt, il quale replicò dinon sapere rispondere, non avendo avuto egli stesso una spiegazione.Bildt disse anche che, indipendentemente da come si sarebbero svoltigli avvenimenti, sperava che non si sarebbe arrivati a una rottura tra ledue nazioni. A questo Sonnino rispose che una tale eventuale rottura sa-rebbe stata dovuta solo alla Svezia, perché l’Italia non aveva alcuna in-tenzione di guastare le relazioni tra i due Paesi.

Il giorno seguente, il 26 aprile, Bildt fu ricevuto in udienza dal re Vit-torio Emanuele III, il quale ripeté le parole di Sonnino. Inoltre il re chiesea Bildt di trasmettere al re Gustavo i suoi più cari saluti e il suo desideriosincero che la Svezia non si lasciasse trascinare in un’avventura rischiosa.Questo è un punto sul quale vale la pena riflettere. Si era in un’epoca incui le relazioni e i contatti personali tra i monarchi erano forti e spessoi vincoli di amicizia, e in molti casi anche di parentela, avevano un ruoloimportante anche nella politica. In questo caso, il monarca italiano si ri-volse direttamente al suo pari svedese, nella convinzione che ciò avesseun’importanza per le relazioni future tra le due nazioni.

Il 27 aprile Gustavo V, tramite il ministero degli Esteri, chiese a Bildtdi ringraziare Vittorio Emanuele III per il suo saluto. Inoltre a Bildt chiesedi far presente a Vittorio Emanuele III e a Sonnino che ogni ulteriorecomplicazione avrebbe molto aggravato la posizione della Svezia.Quando Bildt tornò dal re e dal ministro italiani con queste richieste, essirisposero come prima, vale a dire che non potevano capire perché sa-rebbe stato difficile per la Svezia mantenere la neutralità se l’Italia fosseentrata in guerra. Il 28 aprile Bildt telegrafò in Svezia che l’entrata inguerra dell’Italia si avvicinava giorno per giorno e che a Roma si credevanella vittoria dell’intesa. Il giorno dopo telegrafò dicendo che Sonnino eVittorio Emanuele III avevano ripetuto quello che gli avevano già dettoin precedenza, con l’aggiunta che le trattative potevano durare molto,ma potevano anche finire presto.

Contemporaneamente, lo stesso giorno dell’incontro di Bildt con Vit-torio Emanuele III, si erano firmati a Londra gli accordi segreti tra le na-zioni dell’intesa, di cui ovviamente la Svezia era all’oscuro.

Nel suo rapporto scritto al ministero degli Esteri, il barone Bildt sot-tolineava il fatto di essere rimasto tanto preoccupato quanto sorpreso

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dalle richieste del re e del ministro degli Esteri, e che un ipotetico inter-vento svedese nella guerra avrebbe comportato un inevitabile pericoloper la patria. Bildt era dunque dell’opinione che fossero inutili i tentatividella Svezia di influenzare la decisione italiana, un’opinione che continuòa presentare al governo svedese nello scambio di telegrammi. Nelle suemissive Bildt esprimeva il suo timore per un’entrata in guerra svedese, eWallenberg continuava a rispondere che il Paese non avrebbe volonta-riamente ceduto la neutralità. Inoltre Wallenberg era dell’opinione, comescrisse a Bildt, che era chiaro in alcuni ambienti, in particolare quellomilitare, che si dava per certo dall’inizio che la Svezia avrebbe partecipatoalla lotta per il germanesimo, e che le esortazioni in questa direzione sa-rebbero aumentate se la Germania si fosse trovata con ancora più nemici.In realtà, secondo Torsten Gihl, Wallenberg non aveva mai pensato direalizzare la minaccia di guerra della Svezia14.

Bildt tuttavia fece in seguito un passo falso, che danneggiò la politicaestera svedese.

Il Kaiser Wilhelm nel 1914 aveva mandato l’ex-cancelliere, il principeBernhard von Bülow, come ambasciatore a Roma, e Bildt commise l’er-rore di parlare della questione con lui, rendendo note in questo modole richieste svedesi all’Italia, mentre chiedeva se la Germania in qualchemodo avesse cercato di far entrare in guerra la Svezia. Bülow lo rassicuròche non gli erano noti tentativi di quel tipo, un’affermazione, a quantopare, conforme ai fatti. La mossa dell’ambasciatore svedese non piacqueal re Gustavo, cosa che Wallenberg telegrafò a Bildt il 1° maggio, infor-mandolo che il re era rimasto molto “sorpreso” che Bildt avesse informatol’ambasciatore tedesco. Nel telegramma a Bildt, Wallenberg scrisse che ilricorso del re all’Italia era stato completamente spontaneo e in nessunmodo ispirato dalla Germania. Bildt, da parte sua, replicò a propositodella sua conversazione con Bülow:

Mi sembra che un no onesto ed energico debba essere sufficienteper resistere a un’eventuale esortazione tedesca, dal momento chela Germania non può rischiare di averci come nemici15.

Il barone Bildt aveva dunque delle difficoltà nel capire il punto divista di Gustavo V e trovava che fosse inutile cercare di influenzare ledecisioni italiane. Il ministro degli Esteri Wallenberg gli replicò che il go-

14 Gihl, cit., p.132.15 ”Mig synes ett ärligt och energiskt nej böra vara nog att motstå eventuell tysk påtryckning, då

Tyskland ej kan riskera att få oss mot sig.” Gihl, cit., p.132.

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16 Oredsson, cit., p. 84.17 Gihl, cit., p. 131.

verno svedese non voleva rischiare la neutralità della nazione, ma cheBildt avrebbe dovuto sapere che, specialmente in ambienti militari tede-schi, si presupponeva che la Svezia avrebbe avuto un certo ruolo nellalotta per il germanesimo. Questa idea si intensificava quando cresceva ilnumero di nemici della Germania. In una lettera confidenziale a Bildt il3 maggio Wallenberg spiegò meglio la situazione, sottolineando il rischioper la Svezia di non riuscire a tenersi fuori dal conflitto. In conclusionesi vede come fossero vani i tentativi della piccola Svezia di influenzareuna nazione più potente come l’Italia in una questione così importante.Forse si trattò di una autofiducia sproporzionata che fece credere a Gu-stavo V e a Wallenberg di poter convincere Vittorio Emanuele III e Son-nino. Secondo lo storico Sverker Oredsson era l’atteggiamento filotedescoche stava dietro questa convinzione16. Nella stampa estera e in ambientidiplomatici correvano inoltre voci che la richiesta diplomatica di Bildtavesse avuto la forma di una richiesta personale rivolta da Gustavo V aVittorio Emanuele III, con il risultato che in certi ambienti della sinistrasvedese si cominciò a sospettare che tutto fosse una manifestazione dellapolitica estera privata del re svedese eseguita in una maniera personaleed anticostituzionale17.

È significativo il pensiero velleitario del governo svedese nel crederedi poter influenzare la politica di un’altra nazione, peraltro una nazionecosì grande e diversa dalla Svezia. Si percepisce come la Svezia fosselontana, non solo geograficamente ma anche psicologicamente, dal restodell’Europa. Il barone Carl Bildt invece, esperto diplomatico che vivevada molti anni a Roma e capiva la situazione molto meglio, non venneascoltato dal governo svedese. La dichiarazione di guerra dell’Italia al-l’Austria arrivò, com’è noto, poche settimane dopo, e la Svezia comunicòche la dicharazione di neutralità, fatta nell’agosto del 1914, era ancoravalida. Gli sforzi svedesi si erano rivelati vani, ed ebbero come unico ri-sultato che la politica estera della Svezia venne vista in Europa con an-cora maggior diffidenza di quanto lo fosse prima.

Ulla Åkerström