epica e romanzo: riflessi delle chansons de geste nel livre du chevalier errant di tommaso iii di...

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Epica e romanzo: riflessi delle Chansons de Geste nel Livre du Chevalier Errant di Tommaso III di Saluzzo LAURA RAMELLO L’intreccio di trame epiche, romanzesche, favolistiche, mitiche, leggendarie e storiche costituisce la struttura portante del Livre du Chevalier Errant di Tommaso III, marchese di Saluzzo 1 ; esse si intersecano in modo spesso inatteso e talora mi- sterioso nella costruzione dell’immaginario percorso che conduce il protagonista at- traverso i tre regni d’Amore, Fortuna e Conoscenza 2 ; in questo incessante peregri- nare, le occasioni di incontro con personaggi reali o di fantasia si moltiplicano e con esse le possibilità di evocare le gesta di eroi o eroine legati a svariate saghe. La tradizione epica trova nel Livre un’eco significativa, incarnata in almeno quattro personaggi appartenenti a filoni diversi: Florimont, Boves de Antonne, The- seus e la regina Sebile; tutti compaiono nella prima parte del romanzo: tre di essi – Florimont, Boves de Antonne e Theseus – fisicamente presenti nel regno del Dio d’Amore, il quarto, Sebile, evocato nella piccata replica dello Chevalier in difesa del- le donne contro le misogine parole del filosofo Raison, incontrato poco dopo aver lasciato il primo regno 3 . A seconda dei casi, le modalità con cui l’autore inserisce le storie di questi personaggi nella sua opera sono differenti. La principale ragione per cui Florimont, Boves de Antonne e Theseus si tro- vano alla corte del Dio d’Amore risiede non solo nella loro prodezza, ma soprattut- to nell’essere degli amanti esemplari: l’amore che lega Florimont alla Dame de l’Ile Celee, Boves a Josiane e Theseus alla figlia dell’imperatore di Roma è la virtù prin- cipale che conferisce loro il diritto di cittadinanza nel regno d’Amore 4 . Non a caso due di essi vengono per la prima volta nominati quando il narratore presenta le no- bili dame in procinto di assistere, dall’alto dei loro palchi mobili, allo scontro im- minente che vede fronteggiarsi gli eserciti degli Innamorati e dei Gelosi: « Aprés celle estoit l’eschaffaut la Dame de l’Ile Celee, qui tantes choses savoit, celle qui donna a Flourimont la bonne espee et l’annel qui tans biens lui fist et par quoy il fist maintes chevaleriez, et par l’annel fut tant creus. 1 TOMMASO III DI SALUZZO, Il Libro del Cavaliere Errante (BnF ms. fr. 12559), a cura di M. PIC- CAT, Boves 2008. 2 In proposito cfr. il prologo del romanzo (Ibidem, rr. 1-31). 3 Ibidem, rr. 4162-4246. 4 Cfr. Ibidem, vv. 4288-4291: En telle maniere prannent deduit Et ainsi vivent jour et nuit, Car la nul n’est sejournant Qui n’aye amie voirement. « Bollettino della Società per gli Studi Storici, Archeologici ed Artistici della Provincia di Cuneo », n. 139 (2008), pp. 47-71

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Epica e romanzo: riflessi delle Chansons de Gestenel Livre du Chevalier Errant di Tommaso III di Saluzzo

LAURA RAMELLO

L’intreccio di trame epiche, romanzesche, favolistiche, mitiche, leggendarie estoriche costituisce la struttura portante del Livre du Chevalier Errant di TommasoIII, marchese di Saluzzo 1; esse si intersecano in modo spesso inatteso e talora mi-sterioso nella costruzione dell’immaginario percorso che conduce il protagonista at-traverso i tre regni d’Amore, Fortuna e Conoscenza 2; in questo incessante peregri-nare, le occasioni di incontro con personaggi reali o di fantasia si moltiplicano e conesse le possibilità di evocare le gesta di eroi o eroine legati a svariate saghe.

La tradizione epica trova nel Livre un’eco significativa, incarnata in almenoquattro personaggi appartenenti a filoni diversi: Florimont, Boves de Antonne, The-seus e la regina Sebile; tutti compaiono nella prima parte del romanzo: tre di essi –Florimont, Boves de Antonne e Theseus – fisicamente presenti nel regno del Diod’Amore, il quarto, Sebile, evocato nella piccata replica dello Chevalier in difesa del-le donne contro le misogine parole del filosofo Raison, incontrato poco dopo averlasciato il primo regno 3.

A seconda dei casi, le modalità con cui l’autore inserisce le storie di questipersonaggi nella sua opera sono differenti.

La principale ragione per cui Florimont, Boves de Antonne e Theseus si tro-vano alla corte del Dio d’Amore risiede non solo nella loro prodezza, ma soprattut-to nell’essere degli amanti esemplari: l’amore che lega Florimont alla Dame de l’IleCelee, Boves a Josiane e Theseus alla figlia dell’imperatore di Roma è la virtù prin-cipale che conferisce loro il diritto di cittadinanza nel regno d’Amore 4. Non a casodue di essi vengono per la prima volta nominati quando il narratore presenta le no-bili dame in procinto di assistere, dall’alto dei loro palchi mobili, allo scontro im-minente che vede fronteggiarsi gli eserciti degli Innamorati e dei Gelosi:

«Aprés celle estoit l’eschaffaut la Dame de l’Ile Celee, qui tantes choses savoit, cellequi donna a Flourimont la bonne espee et l’annel qui tans biens lui fist et par quoy il fistmaintes chevaleriez, et par l’annel fut tant creus.

1 TOMMASO III DI SALUZZO, Il Libro del Cavaliere Errante (BnF ms. fr. 12559), a cura di M. PIC-CAT, Boves 2008.

2 In proposito cfr. il prologo del romanzo (Ibidem, rr. 1-31).3 Ibidem, rr. 4162-4246.4 Cfr. Ibidem, vv. 4288-4291:

En telle maniere prannent deduitEt ainsi vivent jour et nuit,Car la nul n’est sejournantQui n’aye amie voirement.

«Bollettino della Società per gli Studi Storici, Archeologici edArtistici della Provincia di Cuneo», n. 139 (2008), pp. 47-71

Encor plus pres de cellui estoit l’eschaffaut de Jusiane, la belle / fille au roy Hermin deHermenie, celle qui nourrist Boves de Antonne, un jeune enfant qui fu filz au conte Guy deAntonne, qui sa mere manda vendre par exclef en Rosie, et le roy l’acheta, et le donna a safille Jusiane, que li faisoit garder Arondel, noble destrier » 5.

In poche righe l’autore sintetizza i tratti essenziali della vicenda dei due eroi,che verranno esplicitati più diffusamente nel prosieguo della narrazione.

La prima occasione che li vede protagonisti attivi, insieme a Theseus, dell’in-treccio romanzesco è tuttavia determinata dallo scontro bellico; sin dalla prima bat-taglia «Boves, le conte de Antonne, un prince d’Angleterre, y fait merveillez de soncorps » 6; «Theseus, le bel conte de Flandrez, plus hardis que leopart, l’escu au col,la grosse lance ou poing. La ou il apperçoit la greingneur presse, il baisse le glaiveet voit ferir un conte de la compaingnie des Jaloux» 7; e ancora, nel mezzo della mi-schia, quando il Dio d’Amore si rende conto che Aleramo sta per avere la peggio,chiama alla riscossa tutti i suoi più valorosi cavalieri: «La veissiez a un coup venirTristant, Lancelot, bel Paaris de Troye, Bovez de Antone, Florimont, Aquilez, Por-rus l’Indoiz et autres princes, ainsi comme Theseus et autres, plus de cent barons » 8.

In uno scenario alieno da qualunque dimensione spazio-temporale, eroi epiciappartenenti a tradizioni diverse e spesso lontane nel tempo e nello spazio si trova-no dunque eccezionalmente uniti dalla comune partecipazione ad un’azione milita-re 9: alla loro esistenza di eroi dell’epos Theseus e Paride, Boves e Achille, Florimonte Poro d’India aggiungono così un’ulteriore impresa, inseguendo nuovi onori in unaguerra che diviene simbolo dello scontro non solo fra due parti contrapposte ma fradue mondi, o meglio fra due dicotomiche concezioni del mondo e dei rapporti uo-mo-donna: quello regolato dalle leggi della fin’amor e quello anticortese e misoginoincarnato dai Jaloux; la dimensione rituale dell’epica e quella mitica del romanzo sitrovano così meravigliosamente fuse.

All’esposizione delle nuove prodezze, frutto dell’immaginazione di TommasoIII, si affianca la rievocazione di quelle passate, in un ritratto a tutto tondo delinea-to sulla base di elementi desunti da tradizioni anteriori; questi dati non sono tutta-via semplicemente giustapposti all’interno del racconto come cammei svincolati dal-la narrazione, ma vengono incardinati in essa seguendo strategie ben precise.

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5 Ibidem, rr. 76-84.6 Ibidem, rr. 959-960.7 Ibidem, rr. 960-963.8 Ibidem, rr. 1051-1054.9 Si veda ad esempio il combattimento che vede Theseus protagonista di un duello corpo a cor-

po con un cavaliere dei Jaloux (Ibidem rr. 968-972): «Theseus les vait requerant au brant, et ne me de-mandez mie se il est bien receuz, car ces Jaloux lui coururent sus a troppeaulz et moult le greverent, cartrop grant yre ont du conte que Theseus leur ait mort, et nonpourtant il s’esvertue tant qu’il abati un desestendars qui en la grant bataille estoient et tua cellui qui le tenoit et le prist ». Nonostante il suo valo-re, Theseus si trova in difficoltà «Mez la vint un avenant secours et ce estoit le vieil Cassamus du Laris,et ot en sa compaingnie Porrus, le roy d’Inde, le filz Clarus l’Indoys [...] Et si vint le Baudrain: cil fucousin le dit Porrus, qui estoit Roy d’Auffrique, et Mercian, le bon roy de Perse qui oncles Pourrusestoit; et encores y vient Betiz et Gaudifer; ceulz furent hardis oultre mesure et nepveux estoient Cassa-mus, qui vint au secours atout ycelle compaingnie. Que vous diroye? Cassamus tua le chevalier qui tantdonoit a faire a Theseus et le fist remonter » (rr. 987-995). Theseus viene dunque soccorso dagli eroi pro-tagonisti delle battaglie di Alessandro Magno a Gadara e Efeso. Si veda inoltre l’episodio che vede com-battere fianco a fianco Florimont e Giasone (rr. 1325-1347).

La prima è quella dell’elogio, usata per Florimont 10 e Boves de Antonne 11: nel-le pause fra una battaglia e l’altra il Dio d’Amore allieta la sua corte con banchettie feste culminanti nel tributo di onori ai cavalieri che si sono maggiormente distin-ti in combattimento; di ciò è incaricato un araldo 12, che fonde all’encomio per le ge-sta presenti il ricordo delle imprese passate, guerresche e amorose.

La seconda consiste nella digressione, a cui l’autore ricorre per presentare lafigura di Theseus 13; interrompendo momentaneamente l’enumerazione delle dameche assistono allo scontro e prendendo spunto dalla menzione di una di esse, il nar-ratore inserisce il racconto della leggenda che li vede protagonisti, curandosi co-munque di avvertire il lettore della sua intenzione e della volontà di ritornare al piùpresto all’argomento principale: «Dont je vous diray celle aventure au plus briefque je pourray pour retourner a ma matiere » 14. La tecnica, usata con consapevolez-za, è la stessa che verrà utilizzata poco dopo in relazione alla storia di Aleramo 15.

La terza è quella dell’exemplum: nella diatriba che oppone il filosofo Raisonallo Chevalier Errant, recatosi da lui con la speranza di trovare conforto al doloreper la perdita dell’amata, il protagonista contrappone alla galleria di personaggi ma-schili ingannati dalle donne 16 una serie di figure femminili prototipi di pazienza evirtù 17; fra esse vi è Sebile, leggendaria sposa di Carlomagno che « trop endura poi-ne par sa bonté et leauté » 18; da protagonista di un canto epico ella diviene, insiemea Penelope, Cornelia e Igerne, modello esemplare di lealtà.

Se la narrazione delle prodezze compiute dagli eroi al servizio del Dio d’Amo-re si deve all’immaginazione di Tommaso, il racconto delle loro imprese passate èdebitore di una tradizione antecedente non ignota al marchese di Saluzzo; il fattoche egli faccia ricorso a una molteplicità di fonti pare assodato: studi più o menodatati 19 e recentissime acquisizioni 20 dimostrano quanto testi come il Roman de la

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10 Ibidem, vv. 6417-7207.11 Ibidem, vv. 7628-8164.12 Le modalità con cui egli compare nel racconto sono fisse: «Et en present il se met avant le roy

des heraulz et monte sus un grant belfroy qui en la grant place estoit et commence sa crie en telle ma-niere » (rr. 1142-1144); «Adonc monta le herault sus l’eschaffaut ou on donnoit les honneurs aux prin-cez et aux chevaliers, et commença sa crie en telle maniere » (rr. 1554-1556); « Si advint que un heraultmonta sus l’eschaffaut des honnours et commença sa crie en tele maniere » (rr. 1638-1639); «Quant vinta heure de vespres, en la grant place ou tans nobles princes et autres gens de toutes sors estoient et en-sievant leurs amies et damez, advint que un herault monta au lieu acoustumé des honneurs donner etcommença sa crie en telle maniere » (rr. 1698-1702); «Et quant la court fut tout le jour esté en feste eten deduit, il advint sus le vespre que un herault monta ou l’on a acoustumé de donner les honneurs etcommença sa crie en telle maniere » (rr. 1859-1861); «Ainsi passerent les trois jours de la feste, et le.iiij.e, a heure de vesprez, le herault monte sus ou lieu acoustumé des honneurs donner, et commença sacrie en telle maniere » (rr. 2274-2276).

13 Ibidem, rr. 105-263.14 Ibidem, rr. 102-104.15 Ibidem, rr. 278-627. La narrazione viene introdotta da una frase assai simile: «Dont, au plus

brief que je pourray, je determineray mon compte pour retourner a ma matiere » (rr. 276-277).16 Ibidem, vv. 8909-9321.17 Ibidem, rr. 4104-4246.18 Ibidem, rr. 4162-4163.19 Si vedano i contributi di C. MANFRONI, Il Cavaliere Errante del marchese Tommaso III di Saluz-

zo, Livorno 1890; E. GORRA, Il Cavaliere Errante di Tommaso III di Saluzzo, in Studi di Critica Letteraria,Bologna 1892, pp. 3-110 e, fra i più recenti, A. M. FINOLI, «Le Chevalier Errant » di Tommaso III di Sa-luzzo alla corte d’Amore, in Cultura italiana e francese a confronto nella zona alpina. Paul Valéry. Teoria e

Rose o i romanzi arturiani abbiano fornito a Tommaso più di uno spunto; data que-sta situazione, non pare azzardato attendersi qualcosa di analogo anche in relazionealle chansons de geste.

A tal proposito è necessaria una precisazione: fra gli eroi ora citati si è sceltodi annoverarne uno – Florimont – che non è in senso stretto un personaggio epico,essendo protagonista di un’opera di norma catalogata fra quelle a carattere narrati-vo; quest’etichetta non può comunque occultare il fatto che il testo presenti « il ri-corso a stilemi o a situazioni di tipo epico » quali « i combattimenti in sequenza, deltutto assenti dalla narrativa bretone e cortese, che privilegia il singolo duello, atto amettere maggiormente in risalto il valore individuale » 21; questa caratteristica auto-rizza a mio giudizio una considerazione del personaggio accanto agli altri eroi del-l’epos; al pari di Theseus e di Boves de Antonne, Florimont presenta tutti i trattidell’eroe epico delle chansons più tardive.

La vicenda del leggendario antenato di Alessandro Magno è nota grazie a untesto scritto intorno al 1188 da Aimon de Varennes 22; in esso si narrano, nell’arco dicirca 13700 versi, le imprese, ambientate fra Macedonia, Grecia e Asia, dell’eroe fi-glio di Mataquas, re di Albania; il giovane, formato dal precettore Floquart secon-do i principi informatori dell’educazione del perfetto cavaliere 23, compie la sua pri-ma impresa uccidendo un gigante, Garganeus 24, che esige tributi da suo padre, or-mai impoverito, e un mostro che tiranneggia il suo paese nutrendosi di carne uma-na; l’avventura è l’occasione per l’incontro con una fata, la Dame de l’Ile Celee, chegli concede il suo amore a condizione che esso rimanga segreto; così non sarà e lascoperta del loro legame causerà le successive vicissitudini: sconvolto dalla perditadell’amica, Florimont, dopo tre anni di rifiuto delle imprese cavalleresche, si metteal servizio del re Felis di Macedonia, che sta combattendo contro Candebras, red’Ungheria; la sua astuzia e le sue imprese valgono la vittoria al suo signore. Ter-minata la guerra, a Florimont giungono cattive notizie riguardo a suo padre, impri-gionato dall’emiro di Cartagine; le gesta legate alla sua liberazione costituiscono l’e-pisodio finale su cui il romanzo si conclude.

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ricerca poetica, Atti dell’VIII Convegno della SUSLLF (Aosta, 27-30 settembre 1979), Fasano 1983, pp.9-22, ora in EAD., Prose di Romanzi. Raccolta di studi (1979-2000), Milano 2001, pp. 69-83 e EAD., Unebiographie « épique » de Tristan (Thomas de Saluces, «Le Chevalier Errant, vv. 4937-5442), in «Por le soieamisté ». Essays in Honor of Norris J. Lacy, Amsterdam-Atlanta 2000, pp. 163-177, ora in EAD., Prose cit.,pp. 147-161 e M. FANTONI, L’importanza delle fonti in versi nella tradizione manoscritta dello ChevalierErrant di Tommaso III di Saluzzo, in «Medioevo Romanzo», 23 (1999), pp. 210-228.

20 Si vedano, in questo volume, i contributi di A. AMATUZZI, « J’oy dire en France que tantes testes,tante sentence »: qualche riflessione sulla lingua e sull’uso dei proverbi ne Le Livre du Chevalier Errant diTommaso III di Saluzzo e di M. LECCO, Paesaggi incantati, animali meravigliosi. Imagerie e scrittura nelloChevalier Errant.

21 M. L. MENEGHETTI, Il romanzo, in La letteratura romanza medievale, a cura di C. DI GIROLA-MO, Bologna 1994, p. 165.

22 Di esso esiste un’edizione critica a cura di A. HILKA, Florimont. Ein Altfranzösischer Aben-teuerroman, Göttingen 1932.

23 In proposito si veda il saggio di M. RIGBY, The Education of Alexander the Great and «Flori-mont », in «The Modern Language Review», 57 (1962), pp. 392-393.

24 Sull’interpretazione dell’episodio cfr. M. FRANÇON, Le «Monte Gargano » et Gargantua, in « Ita-lica », 34 (1957), pp. 9-13.

L’opera è sicuramente la fonte del passo contenuto nel Livre du Chevalier Er-rant, che Tommaso III utilizza tuttavia con modalità diverse. Degli episodi narratinel testo di Aimon de Varennes vengono riportati nel Livre quelli riguardanti ilcombattimento con il mostro e con il gigante Garganeus, l’amore con la Dame del’Ile Celee, la guerra contro il re di Ungheria e la liberazione del padre; il tratta-mento ad essi riservato è nondimeno diverso: l’impresa dell’uccisione del mostro,che nel Florimont occupa 260 versi (2161-2420), viene riassunta nel Livre nell’arcodi 49 (6439-6488); la lotta vittoriosa contro Garganeus, descritta nel Florimont incirca 600 versi (2990-3606) appare sintetizzata da Tommaso in soli 10 versi (6501-6510); l’incontro con la Dame de l’Ile Celee è narrato nel romanzo in 240 versi(2427-2666), mentre nel Livre esso occupa non più di 20 versi (6489-6498); l’episo-dio del disvelamento dell’amore del protagonista per la fata è esaurito nel Livre insoli 8 versi (6521-6528), mentre nell’opera di Aimon de Varennes esso ne occupacirca 280 (3747-4030); il combattimento contro l’emiro di Cartagine, cui nel Flori-mont sono dedicati più di 2000 versi (11530-13538) è riassunto nel Livre in 56(7137-7193).

Le vicende che vedono Florimont coinvolto nello scontro fra Felis e Cande-bras, episodio clou del romanzo, vengono invece trattate più diffusamente: ai 6428versi (4370-10798) del Florimont corrispondono circa 600 versi (6529-7122) nel Li-vre; di questi la prima parte (vv. 6529-6838) appare frutto di compendio secondo ilprocedimento già adottato in precedenza, mentre i vv. 6839-7122 del Livre risultanocopiati dai vv. 10529-10798d dell’opera di Aimon de Varennes.

A titolo esemplificativo si riporta il seguente esempio; ai vv. 10542-10558 nelFlorimont si legge:

Li Greu furent mout aflebi,Li dus Florimons les comforte,Tote nue s’espee porte;El cors fut navrez durement;Mai il ot son boen oignementDont il se savoit bien guerir,Por ce pooit il muelz soffrir.Qui voit ses cols, forment les dote;Chascuns se gardet de sa route.Il tranchet testes, poens et piés,Durement les ait esmaiés.L’ore maudient qu’il fut nez,Car durement les ait grevez.Li estors fut bien maintenus;Li rois Phelis (l)i est venusEt ot .VII. mile cheveliersArmeis sor les corrans destriers;

Ai vv. 6852-6868 lo Chevalier Errant riporta:

Les Grieux sont moult affoibly,Le duc Florimont les confforte,S’espee toute nue porte;Ou corps fut navré durement,

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Mais il ot son bon oingnementDont il se fera bien garir,Pour ce pouoit il mieulz souffrir.Qui voit ses cops, forment le doubte,Chascun se gardoit de sa route.Il trenche teste, poins et piez,Fierement les a esmaiez.L’eure maudient qu’il fu nez,Trop durement les a grevez.Li estours fut bien maintenuz;Le roy Feliz y est venuzEt ot .vij.m chevaliersArmés sur les courans destriers.

Il passo conferma da un lato l’inequivocabile status di fonte del Florimont, edall’altro mostra una delle modalità di lavoro di Tommaso che ora parafrasa, orariassume, ora copia seguendo criteri che appaiono per nulla casuali; il fatto che l’au-tore scelga di riassumere gli episodi inerenti scontri individuali e gesta amorose, di-lungandosi invece sulle imprese guerresche di un eroe che combatte per un’interacomunità mostra l’intenzione di sottolineare il lato epico della vicenda, funzionalealla sua narrazione dello scontro fra Innamorati e Gelosi; se nel Florimont coesisto-no tratti romanzeschi – la lotta dell’eroe contro il mostro fantastico, il duello unocontro uno fra Florimont e Garganeus, l’amore vincolato dalla segretezza fra il pro-tagonista e la fata – e tratti epici, sono proprio questi ultimi ad essere privilegiati daTommaso, con lo scopo di dipanare un unico filo conduttore fra le imprese del pas-sato e quelle del presente, che l’eroe compie al servizio del Dio d’Amore.

Il confronto fra l’opera di Aimon de Varennes e il brano dello Chevalier Er-rant permette tuttavia di precisare ancor meglio il filone di tradizione a cui appar-tiene la fonte usata da Tommaso; il Florimont risulta trasmesso a tutt’oggi da quin-dici manoscritti; sulla base di questa tradizione Alfons Hilka individuò, attraverso lacollazio codicum, due famiglie, α e β 25.

Il legame della fonte di Tommaso con il filone di tradizione β risulta confer-mato da numerosi elementi; il primo di essi è costituito da due interpolazioni, as-senti nel ramo α, tràdite dal ramo β e riportate nel Livre; la prima ricorre fra i vv.10726 e 10727 del Florimont:

Por ce furent mort et vencuQue au siege avoient perduLor compaignons et lor hernoisOnques n’en eschaperent troiEt ce lor fist les cuers doloirLes loges qu’il virent ardoir.Se li consaus ne fust donez,Li rois Felis fust afolez.

I versi corrispondono con lievi varianti ai vv. 7037-7044 dello Chevalier Errant:

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25 HILKA, Florimont cit., pp. IX-XVIII.

Par ce furent mors et vaincusQui au siege furent venuz;Leurs compaingnons et leurs harnoizOncques n’eschapperent trois,Et ce leur fist leur cuer douloirLeurs logez qu’ilz virent ardoir.Si li consaulz ne fut donnez,Le roy feust affollez.

La seconda, più breve, compare fra i vv. 10790-10791:

Quant voit que li chans est vaincuz,Au duc Floiremont s’est renduz

corrispondente ai vv. 7109-7110 dello Chevalier Errant:

Quant voit que li champ est vaincuz,Au duc Florimont s’est renduz.

Esistono poi numerose varianti che, separando le due famiglie, avvicinano ilbrano contenuto nel romanzo di Tommaso al filone ß; a titolo esemplificativo se neciteranno alcune.

Al v. 10612 la famiglia α riporta:

Pitié en ot, por qu’il ploroit

mentre in ß si legge:

Plorer le vit, pitié en ot

lezione analoga a quella contenuta nello Chevalier Errant (v. 6922)

Plourer le vit, grant pitié en ot.

Lo Chevalier Errant condivide inoltre alcune lezioni con una parte dei codicidella famiglia β; ai vv. 10559-10560 in α si legge:

Tuit furent fres et reposéEt li atre furent lassé.

In alcuni codici della famiglia β invece si legge:

Tuit furent fres et reposéEt li atre las et navré.

La lezione è la stessa che si rinviene nello Chevalier Errant (vv. 6869-6870):

Tous furent frez et repposezEt ly autres laz et navrez.

Ai vv. 10617-10619 α riporta:

Et il respont: “Tort en avez.De seu ne vos sai ge nul grez

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Et seu faites don ne vos pri.

mentre in parte della tradizione β si legge:

Et il respont: “Tort en avezQuant vos de moi pitié avezEt seu faites que je vos pri

lezione analoga ai vv. 6927-6929 dello Chevalier Errant che recitano

Cil respondi: “Tort n’avezQuant vous de moy pitié avezEt ce faites, que je vous pri.

Al v. 10692 in α si legge:

Celui ait envaï li mestre

mentre parte della tradizione β riporta:

Mais celui va ferir li mestre

stessa lezione presente nello Chevalier Errant (v. 7002):

Mais cellui vait ferir le maistre.

Al v. 10733 α reca:

Mout en i ot que mors que pris;

alcuni codici della famiglia β riportano

D’ambes parz n’ot assez d’ocis

verso affine a quanto si legge nello Chevalier Errant (v. 7051):

De deux pars ot assés occis.

Queste lezioni parrebbero indicare in un antigrafo della tradizione cui appar-tiene quello siglato r da Hilka quello più vicino alla fonte utilizzata da Tommaso; ildato indurrebbe a ridimensionare la tesi a suo tempo formulata dal Gorra che indi-cava in un codice del Florimont conservato alla Biblioteca Nazionale di Torino il te-sto su cui il marchese di Saluzzo avrebbe lavorato 26; il raffronto con il manoscritto,siglato K, sulla base delle varianti dell’edizione Hilka, focalizzato sui passi in cui so-lo K, talora insieme a un altro codice, presenta lezioni differenti mostra che il testodello Chevalier Errant segue la restante tradizione, divergendo dunque da K.

Si vedano i seguenti esempi; ai vv. 10785-10786 nel Florimont si legge:

Li rois est mout herdis et fors,Mout i vit de ses homes mors

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26 Si tratta del ms. L. II. 16 ; cfr. GORRA, Il Cavaliere Errante cit., pp. 98-99.

lezione analoga a quanto riporta lo Chevalier Errant (vv. 7103-7104):

Le roy est moult hardis et fort,Moult y vit de ses hommez mort

mentre in K leggiamo:

Li rois fu mout herdis et fiers,Et vit morir ses chivaliers.

Al già citato v. 10692 in cui la lezione dello Chevalier Errant coincide conquanto recato da parte della tradizione β («Mais celui va ferir li mestre »), in K sirinviene:

Mais vait ferir lance sor destre.

Esistono poi situazioni in cui in K vengono omessi dei versi, come nel caso delv. 10618 («Quant vos de moi pitié avez »), regolarmente presente invece nel Livredu Chevalier Errant (v. 6928: «Quant vous de moy pitié avez »).

Dal confronto con il Florimont emergono inoltre casi in cui il testo contenutonello Chevalier Errant presenta varianti migliori, talora condivise con la famiglia βma respinte in apparato dall’editore dell’opera di Aimon de Varennes, talaltra nonattestate da nessun codice noto; si vedano i seguenti casi: ai vv. 10635-10636 α ri-porta:

Mort le trabuchet del destrierOnques mies n’i ot mestier

In parte della tradizione β leggiamo:

Mort le trabuchet del destrierOnc de mire n’i ot mestier

La lectio difficilior di β pare confermata dallo Chevalier Errant che ai vv. 6945-6946 reca

Mort le tresbuche du destrier,Ainz puis de mire n’ot mestier.

L’originaria lezione mere del manoscritto di Parigi, banale errore di copia, èstata emendata sulla base di un cliché che ricorre ampiamente nel romanzo (rr. 806-807, 1014: Le premier qu’il encontre n’a mestier de mire; rr. 1358-1359: le premierqu’il encontre n’a besoing de mire) 27 e che trova qui nuova conferma.

Ai vv. 10533-10535 le famiglie α e β riportano:

Tant firent cil de Masidoine,Le duc et le roi de ColoineOnt bien navrez...

55

27 La locuzione, lett. ‘non avere bisogno di medico’ quindi ‘morire’, appare ampiamente attestata;cfr. G. DI STEFANO, Dictionnaire des locutions en moyen français, Montréal 1991, s.v. medecin, mire.

Nello Chevalier Errant (vv. 6843-6845) si legge:

Tant fierent cil de Macedoine:Le duc et le roy de ColoineOnt bien navré...

Il contesto, in cui si parla del ferimento dei due combattenti, rende preferibi-le la lezione fierent ‘colpiscono’ 28 a firent ‘fecero’ 29 scaturita da un banale errore infase di copiatura che genera una lectio facilior condivisa da tutta la tradizione ma-noscritta del Florimont, da cui la fonte dello Chevalier Errant risulta immune.

Il secondo elogio ha per protagonista Boves de Antonne, figlio del conte Gui;dopo l’uccisione del padre da parte di Doon de Mayence su istigazione della madreche ne diviene la sposa, Boves viene venduto a dei mercanti che lo conducono inArmenia al re Hermin; questi lo consegna alla figlia Josiane che gli affida la cura delsuo cavallo Arondel; conquistato l’amore della principessa ma tradito da alcuni in-vidiosi, Boves verrà imprigionato da Braidemont; riuscito a fuggire, libera Josianeche nel frattempo è stata data in sposa al re Yvorin; dopo varie peripezie essi giun-gono in Inghilterra dove Boves vendica la morte del padre, ma cade in disgrazia acausa della morte del figlio del re, provocata dal suo cavallo. Boves e Josiane devo-no nuovamente scappare e, nel corso della fuga, Josiane dà alla luce due gemelli. Lesuccessive avventure causeranno la nuova separazione dei due; dopo sette anni Jo-siane, travestita da giullare, riuscirà a ritrovare Boves e i loro figli saranno incoro-nati re.

Questa vicenda godette nel Medioevo di straordinario successo: in ambitofrancese essa fu l’oggetto, all’inizio del XIII secolo, di una prima redazione anglo-normanna in 3850 versi 30, di tre versioni successive, dette ‘continentali’ che allunga-no notevolmente il racconto, portandolo fra i 10000 e i 20000 versi 31 e di una ver-sione in prosa del XV secolo 32; in Italia il tema venne ripreso in almeno una decinadi testi databili fra l’inizio del Trecento e la fine del Quattrocento, fra cui ricordia-mo la versione franco-italiana della Geste Francor 33 e il IV libro dei Reali di Franciadi Andrea da Barberino 34; esistono inoltre traduzioni slave, neerlandesi, inglesi, gal-lesi e norrene 35.

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28 Cfr. F. GODEFROY, Dictionnaire de l’ancienne langue française du IXe au XVe siècle, voll. 10, Pa-ris, 1881-1902, s.v. ferir.

29 Ibidem, s.v. faire.30 Essa fu pubblicata in Der anglonormannische Boeve de Haumtone, a cura di A. STIMMING, Hal-

le 1899 (rist. Genève 1974).31 Anch’esse edite in Der festländische Bueve de Hantone, a cura di A. STIMMING, t. I, Halle 1911,

t. II, Halle 1912-1918 (2 voll.), t. III, Halle 1914-1920 (2 voll.); sull’opera si veda anche C. BOJE, Überden altfranzösischen Roman von Beuve de Hamtone, Halle 1909.

32 Pubblicata in Beufves de Hantonne. Version en prose (Edition Vérard) a cura di M. M. IVAL,« Sénéfiance », 14, Aix-en-Provence 1984.

33 Ultimamente edita in La «Geste Francor » di Venezia, a cura di A. ROSELLINI, Brescia 1986.34 A. DA BARBERINO, I Reali di Francia, a cura di G. VANDELLI, G. GAMBARIN, Bari 1947 (nuova

ed. a cura di A. RONCAGLIA e F. BEGGIATO, Roma 1967). Si veda anche P. RAJNA, Ricerche intorno ai Rea-li di Francia, Bologna 1872.

35 Per la relativa bibliografia cfr. Buovo d’Antona. Cantari in ottava rima (1480), a cura di D. DEL-CORNO BRANCA, Roma 2008.

La fortuna della saga è dipesa dall’alto tasso di concentrazione di alcuni fra to-poi narrativi più famosi, da quello «del figlio che deve vendicare il padre sulla ma-dre adultera e sull’amante usurpatore a quello dell’infanzia perseguitata », dal toposdell’amata perduta e riconquistata a quello del parto gemellare, dalla dispersione delnucleo familiare al suo ricongiungimento con conseguenti agnizioni 36.

All’intreccio di temi mitici di base si sovrappone inoltre il meccanismo dellareduplicazione 37: Josiane e Boves devono separarsi per due volte, nella seconda del-le quali in circostanze (Josiane scompare nella foresta insieme ai due figli neonati)che rimandano chiaramente ad ulteriori echi leggendari 38; inoltre come Josiane è co-stretta a sposare Yvorin in assenza di Boves, anch’egli è obbligato a impalmare laregina di Siviglia dopo la seconda separazione dall’amata. A questa trama già com-plessa vengono poi ad aggiungersi, a seconda delle versioni, svariati episodi che, seda un lato testimoniano della popolarità di cui il racconto godette sin dal XIII se-colo, dall’altro creano un groviglio di inserzioni e variazioni non sempre facilmentedistricabile.

Le linee guida che permettono di orientare la ricerca nel pullulare di versionisi individuano grazie all’analisi di alcuni elementi-spia; il primo discrimine è costi-tuito dall’appellativo con cui viene denominato l’assassino del padre di Boves: neltesto anglonormanno è identificato come Doon, imperatore di Germania 39, mentrenelle versioni continentali è chiamato Doon de Maience 40, così come nello ChevalierErrant 41; il secondo elemento riguarda le circostanze della morte dell’usurpatore; neltesto anglonormanno egli viene fatto gettare in un recipiente pieno di piombo fu-so 42, mentre nelle versioni continentali la morte di Doon avviene in conseguenzadella sua sconfitta in duello con Boves, così come accade nel Livre du Chevalier Er-rant 43; l’episodio differenzia i testi galloromanzi dalla restante tradizione, poiché sol-tanto in essi l’usurpatore subisce la meritata punizione.

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36 Ibidem, p. 16.37 Cfr. J. E. MATZKE, The Oldest Form of the Beves Legend, in «Modern Philology », 10 (1912),

pp. 19-54, p. 30.38 Si pensi alla leggenda di Sant’Eustachio. Cfr. J. E. MATZKE, The Oldest Form cit., p. 30; A.

MONTEVERDI, La leggenda di S. Eustachio, in « Studi Medievali », 3 (1908), pp. 169-229; A. H. KRAPPE,La leggenda di S. Eustachio, in «Nuovi Studi Medievali », 3 (1926-27), pp. 223-258; CHRÉTIEN DE TROYES,Guglielmo d’Inghilterra, a cura di G. C. BELLETTI, Parma 1991, pp. 11-13.

39 Cfr. Der anglonormannische Boeve cit. (sopra, nota 30), v. 25: «Le emperur de Alemaine la outavant amé» e v. 2008: «L’amperur le vist, ke out a non Doun».

40 1ª versione: «Enamé ot un felon träitour, / Do de Maienche, un mavais boiseour » (Der fe-stländische Bueve cit. (sopra, nota 31), t. 1, vv. 13-14); 2ª versione: «Do de Maience donrrai ma drüerie »(t. II-1, v. 160); 3ª versione: «Dos de Maience ala en sa contree » (t. III-1, v. 505).

41 Cfr. TOMMASO III DI SALUZZO, Il Libro del Cavaliere Errante cit. (sopra, nota 1), vv. 7772-7773:«De gaige de traïson y va appeller / Doon de Mehance, fort chevalier »; vv. 7781-7782: «Que Doon deMehance fu tuant / Le quenz Guy d’Antone, noble chevalier ».

42 Cfr. Der anglonormannische Boeve cit., vv. 2362-2365:Boves ad fet de plum aporter,Une fosce fet il en tur aparailer,De plum boylant le fet tot empler,Pus ad fet Doun par dedens getter.

43 Cfr. TOMMASO III DI SALUZZO, Il Libro del Cavaliere Errante cit., vv. 7790-7791: «Dont Bovezen champ son parrastre mata / Et le chief le lui osta ». Nella seconda redazione si legge : «Et Bueves n’ason parrastre oublïé, / Isnelement li a le chief caupé » (Der festländische Bueve cit., t. II-1, vv. 9886-9887)

Esistono inoltre degli indizi che consentono di orientare l’indagine all’internodel gruppo di versioni continentali; nella prima e nella terza redazione ai due ge-melli partoriti da Josiane nella foresta si aggiungono altri due figli, avuti da Boves eJosiane dopo il loro definitivo ritorno in Inghilterra, che segue immediatamente al-l’episodio di Siviglia; ai vv. 10505-10507 della prima versione si dice:

En son païs dus Bueves sejornaSet ans entiers, que il onques n’esra;En ces set ans deus enfans engenra;

nella terza, ai vv. 13434-13435 si legge:

Set ans sejorne dedens son tenementEt ot deus fius de la dame au cors gent;

il particolare è presente anche nel Livre du Chevalier Errant in cui leggiamo (vv.8004-8005)

.Vij. anz fu Bovez en Angleterre reppairant,De sa dame ot .ij. autres enfant.

Nella seconda redazione invece i figli restano due; su di essi si concentra ilracconto di altre avventure mentre i protagonisti, lasciata Siviglia, iniziano un lungoviaggio che li porterà fino al regno del padre di Josiane; il ritorno in Inghilterra av-verrà solo poco prima della morte di quest’ultima.

Nel romanzo di Tommaso III si accenna poi a un viaggio di Boves in Terra-santa (vv. 8008-8011):

Lors Bovez la croix d’oultremer pristAu service de JhesucristEt tous les autres barons pour s’amour,Car a Bovez orent grant amour.

L’episodio ricorre anche nella prima e nella terza redazione in cui rispettiva-mente leggiamo:(1ª versione, vv. 10550-10553):

Bueves s’en part, au sepucre en ala,Li rois Oudars et la gent que il aAla o lui, que durement ama,Por aourer la u dieus travella.

(3ª versione, vv. 13464-13467):

La crois atache pour aler outre mer,Chiaus de sa terre qui i vaurent aler

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mentre nella prima e nella terza Doon viene squartato e il suo corpo esposto al pubblico ludibrio appe-so a una forca: «Au grant gibet le mainent träinant / Si l’ont pendu si le laissent a tant »; (Ibidem, t. I,vv. 6121-6122); «Lors le träinent, aprés vont li baron / A un grant arbre, illuecques le pent on’ (t. III-1,vv. 7768-7769).

Pour l’amour diu et pour lui outre merFait cascuns crois a l’espaule porter.

Nella prima e nella terza redazione i quattro figli di Boves saranno destinati adun futuro da re; in quest’ultima, ai vv. 13436-13439, si rinviene:

Or en ot quatre, que dieus ama forment,Car chascuns ot roiaume en tenementEt crois roial par dieu commandement,Qu’il aporta en terre aparamment.

Secondo quanto si legge nella prima versione, essi regneranno rispettivamentesu Armenia, Inghilterra, Scozia e Gerusalemme; l’elemento è presente anche nel Li-vre du Chevalier Errant con la sola variante rappresentata da Roma che sostituisceGerusalemme (vv. 8132-8139):

Dont a Romme fut mort l’empereur,Si le esleurent pour le meilleurPrince de la crestientéEt a qui mieulz afferoit tel dignité.Lors le roy Bovez s’i consentiEt pour son filz le reteni,Lequel fut puis conffermez en empereur,Ainsi com distrent les pluseur.

Il particolare è condiviso dalla terza redazione che riporta (vv. 16071-16076;16238):

La gent de Roume est trestoute asambleeQui de signieur estoit desiretee,Morz est li sires qui tenoit la contree,N’en estoit fieus ne fille demouree;Li clergiez est et la gent acordee,Buevon donront la couroune est l’espee[...]Buevon son fil laissa Roume a garder.

Esiste inoltre un episodio che, assente in tutte le altre versioni, mette chiara-mente in relazione il romanzo di Tommaso III con la terza redazione della chansonde geste: si tratta della guerra che Boves intraprende, soccorrendo il suo sovrano,contro alcuni re che hanno invaso l’Inghilterra; nel Livre du Chevalier Errant leg-giamo (vv. 7988-8003):

Lors s’en vint Bovez en AngleterreQuant il fist une grant guerre,Car le roy moult le honnouraEt sa connestablie lui donna.Contre le roy s’estoient rebellezTrois roys de grans poostez,Qui Angleterre lui gastoientEt tout l’ardoient et roboient.

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Bovez le pouoir d’Angleterre assemblaContre ces .iij. roys laEt a ceulz se fu combatant,Si les desconfit en champ;Dont les .iij. rois voirement pillaEt a Audoart les presenta,Lesquelz il fist justicierEt a male mort livrer.

La terza versione riporta (vv. 12921-12923):

Cinc roi d’Irlande ont son païs gasté,De cinc parties sont en sa terre entréAssés l’en ont destruit et deserté.

Nella chanson de geste alla lunga descrizione della vittoriosa battaglia (vv.12924-13328) segue il racconto della messa a morte dei re sconfitti, che pare spie-gare l’apparente contraddizione, riguardo al loro numero, fra i due testi; i re conse-gnati da Boves al sovrano d’Inghilterra perché vengano giustiziati sono infatti tre(vv. 13331-13336):

La nuit sejornent dusqu’a la matinee,Que li dus Bueve a sa gent aroutee,Vers Engleterre a sa voie atournee,David en mainne a la chiere menbree,Lot d’Orcanie a la barbe mesleeEt Nivelin, s’a la jambe caupee...

A ognuno è riservata una morte atroce 44 che non appare descritta da Tomma-so III il quale sintetizza il fatto in soli due versi («Lesquelz il fist justicier / Et amale mort livrer »).

Vi è infine un episodio che subisce nel Livre du Chevalier Errant un tratta-mento particolare; si tratta del racconto dell’aggressione subita da Josiane da partedi due leoni (vv. 7864-7879):

Quant Bovez revint, il trouvaQue sa dame n’y fut ja,Car deux lions vont devourerCeulz qui la dame devoient garder,Et si avoient la dame prise /

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44 Cfr. Der festländische Bueve cit., t. III-1, vv. 13388-13402):Nevelin a a ses ours delivré,Tout le mangierent, n’i a riens demouréFors de la teste, de celi n’ont gousté[...]Il a fait prendre le roi Lot d’Orcanie,Tout l’a fait cuire en caudiere boulie,Puis prist David a la chiere hardie,Les bouchiers mande par Londres la garnie,Que l’escorchierent voiant sa baronnie.

Et hors de la cave mise.Quant Bovez vint laEt sa dame ne trouva,Bien cuide tout vif enragier;Aprés la trace prist alerEt la trouva ou millieu de .ij. lionsQui estoient fiers et felons.Boves voirement les combatiEt grant martire y souffriEt par force les tuaEt sa dame delivra.

L’avventura, narrata assai più diffusamente nella chanson de geste 45, coinvolge iprotagonisti al momento della loro prima fuga, quando Boves, dopo aver liberatoJosiane da Yvorin, trova rifugio in una foresta, dove lascia la compagna per andarea procurare del cibo; nell’opera di Tommaso III il racconto così prosegue (vv. 7880-7887):

Les lyons a la dame n’avoient fait mal,Car elle estoit de linage royal,Ne aussi pou a les enfansQui furent beaulz et avenans.En celle forest sa dame perdi,Car roy Yvorin la lui tolliEt ses .ij. enfans ensementQue Bovez pouoit amer tant.

I versi paiono in contrasto con il contenuto della chanson: Boves e Josiane inquel momento non hanno figli e Yvorin non riesce in quell’occasione a riprendersiJosiane, che raggiunge incolume l’Inghilterra insieme a Boves. Il brano si richiamainvece ad un’altra fuga, quando Boves e Josiane devono lasciare l’Inghilterra dopola morte del figlio del re, ucciso da Arondel; in quella circostanza Boves, braccatodalle truppe di Yvorin, perderà effettivamente la moglie e i figli, che Josiane ha par-torito nella foresta, senza subire tuttavia alcun attacco da parte dei leoni 46. Episodiindipendenti, ma dai significativi tratti comuni vengono dunque curiosamente fusida Tommaso.

Le modalità con cui gli elogi a Florimont e a Boves de Antonne si concludo-no rappresentano un cliché in cui ricorrono elementi costanti; il primo è rappresen-tato dal richiamo alle gesta passate:

Cil roy Florimont tantes chevaleries fist Tantez chevaleriez fist le roy BovonQue cy ne seront en escript, (vv. 7200-7201) Que bien en parle tout le mond, (vv. 8150-8151);

il secondo riguarda l’esaltazione di quelle presenti:

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45 Ibidem, vv. 3856-3996.46 Ibidem, vv. 8804-9526.

Mais nostre journee passee, Mais noz batailles passeezQui fu de tante renommee, Bien se pourroit dire assez,Ot il voirement le pris Car de la .V.e journee voirementLe quart jour tout a deviz (vv. 7202-7205) Ot il l’onneur sanz faillement (vv. 8152-8155);

il terzo concerne il giudizio formulato dalla Dea d’Amore e dalle sue dame, sulla ba-se del quale vengono conferiti gli onori all’eroe:

De la Deesse voirement Ainsi la Deesse et les damez l’ont ditEt de ses dames ensement ». (vv. 7206-7207) Et bien le firent mectre en escript. (vv. 8156-8157).

La tecnica della digressione viene invece adottata, come si è detto, per narrarela storia di Theseus, cavaliere bello e prode che si innamora per fama della figliadell’imperatore di Roma; al rifiuto opposto alla richiesta della mano della fanciulla,per la quale il padre desidera uno sposo di rango più elevato, Theseus va a Roma,deciso a trovare un espediente per poter dichiarare il suo amore alla ragazza; te-nendo nascosta la sua vera identità, egli si fa assumere come apprendista dall’orefi-ce dell’imperatore; guadagnatane la fiducia, gli svela le sue intenzioni convincendo-lo a forgiare un’aquila d’oro talmente grande da potersi nascondere al suo interno.L’aquila viene portata all’imperatore che ne fa dono alla figlia, facendola collocarenella sua stanza. Durante la notte, Theseus esce dall’aquila e si avvicina alla fanciul-la; dopo vari tentativi falliti per l’accorrere delle ancelle e dei genitori della giovane,richiamati dalle sue grida, Theseus riesce finalmente a rassicurare la ragazza; le sueparole hanno un tale effetto che, come dice Tommaso III, « il advint que se furentmoult bien accordant et tant que celle nuit elle gaingna le nom de dame et perdison premier nom [de pucelle] » 47; per poter fuggire insieme i due innamorati esco-gitano uno stratagemma: rompono il becco dell’aquila, che deve così essere riman-data, con Theseus al suo interno, all’orefice. Theseus chiama i suoi e organizza lafuga; tornato nel palazzo imperiale nascosto nell’aquila riparata, di notte fa calare lafanciulla da una finestra e la conduce nel suo paese, inseguito dall’esercito dell’im-peratore con il quale ingaggia un’aspra battaglia; dopo varie vicende, l’imperatoreperdonerà i due giovani; a ricordo della dolorosa vicenda, egli muta però in neral’aquila d’oro della sua insegna.

L’episodio costituisce il nucleo centrale del Theseus de Cologne, una chansonde geste tardiva a sua volta basata su di un poema anteriore perduto; il tema deveaver goduto di buona popolarità fra XIV e XV secolo, a giudicare dai testi in versie in prosa a noi pervenuti 48; il racconto dell’aquila d’oro non doveva tuttavia esserefrutto del genio creatore dell’autore della chanson, almeno a giudicare da quanto silegge in due distinti passi che riportano:

Ce n’est mie mençonge, on le treuve lisant 49

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47 TOMMASO III DI SALUZZO, Il Libro del Cavaliere Errante cit., rr. 206-208.48 La canzone, risalente al XIV secolo, è tutt’ora inedita; essa è tràdita da due manoscritti databi-

li alla metà del XV secolo conservati a Londra (British Museum, Add. 16955) e a Parigi (BnF, Nouv.Acq. Fr. 10060) per la cui descrizione cfr. R. BOSSUAT, Theséus de Cologne, in «Le Moyen Age », 65(1959), pp. 93-133, pp. 98-101. Della versione in prosa esistono delle stampe del XVI secolo (cfr. ibidem,p. 101).

49 Ibidem, p. 104.

e ancora:

Huy mais orriés histoire que n’oystes pieça;Je croy oncques nulz homs telle ne vous contaFaicte de verité. Le clerc qui la rimaA Paris la cité la cronique trouva 50.

Al di là dei noti espedienti usati per conferire autenticità alle proprie afferma-zioni, in questo caso è lecito credere che circolasse davvero, in forma scritta, un rac-conto dell’aquila d’oro, dal momento che esso compare, in una versione assai simi-le, all’inizio delle Croniques de la Mayson de Savoye che Jean Servion offrì, intornoal 1462, a Filippo, conte di Bresse 51; indipendentemente dalle presunte originiorientali della storia, ipotizzate da alcuni studiosi sulla base degli antroponimi 52, ri-sulta evidente che essa costituisce un insieme coerente e in sé concluso; questo rac-conto oggi perduto fu la fonte a cui si ispirò l’artista incaricato, dopo il 1361, delladecorazione dell’Hôtel Saint-Pol di Parigi; in un salone della dimora, entrata a farparte del patrimonio della corona 53, fu realizzato un affresco rappresentante la leg-genda di Teseo e dell’aquila d’oro, tema che aveva affascinato lo stesso re Carlo V 54

e suo figlio Luigi, duca d’Orléans, che nel 1395 acquistò per 1200 franchi d’oro unarazzo raffigurante lo stesso soggetto 55; al manufatto fa riferimento anche Christinede Pizan 56 nel suo Livre du Debat de deux amans, dedicato proprio al duca diOrléans, in cui (vv. 1495-1515) evoca la stessa vicenda 57:

Et si est vray, com les histoires jurent,Que TheseüsDont j’ay parlé, qui tant fu esleüsQu’avec le fort Hercules fu veüsEn grans effors, en mains lieux fu sceüs,

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50 Ibidem.51 Cfr. JEHAN SERVION, Croniques de la Mayson de Savoye, a cura di D. PROMIS, in Monumenta hi-

storiae patriae, t. I, Scriptorum, Torino 1840, coll. 5-44.52 «On ne saurait rien présumer quant à l’origine du thème dont l’action se situe à Constantino-

ple, ce qui peut suggérer un modèle byzantin. Certaines particularités, comme le nom de Theséus formésur celui de son père Eséus précédé d’une consonne grecque, celui d’Yzobie, pour désigner la fille del’empereur Valérien, [...] celui d’Hélène appliqué à la reine de Cologne, postulent une influence orienta-le » (BOSSUAT, Theséus cit., p. 106).

53 «Par un acte de juillet 1364, le roi Charles ordonne que l’hôtel demeure perpétuellement l’hé-ritage du royaume et de la couronne de France » (Ibidem, nota 20). In questa dimora Valentina Viscon-ti, moglie di Luigi d’Orléans, diede alla luce il figlio Carlo nel 1391; cfr. A. CHAMPOLLION-FIGEAC, Louiset Charles ducs d’Orléans. Leur influence sur les arts, la littérature et l’esprit de leur siècle, Paris 1844, pre-mière partie, p. 62.

54 BOSSUAT, Theséus cit., pp. 106-107.55 CHAMPOLLION-FIGEAC, Louis et Charles cit., 3e partie, pp. 28-29: « 25 juin 1395. Colin Bataille,

marchand de tapisseries, déclare avoir reçu de monseigneur d’Orléans deux cents livres tournois, restantde plus grande somme assignée pour un drap de haute lisse de l’histoire Théseus et de l’aigle d’or ». Se-condo altre fonti l’acquisto sarebbe avvenuto nel 1389 (cfr. nota seguente).

56 «La tapisserie qu’elle nous montre devait effectivement figurer dans l’Hôtel du duc Louis quil’avait payée, en 1389, au célèbre Nicolas Bataille la somme de 1200 fr. » (Christine de Pisan, Oeuvrespoétiques, a cura di M. ROY, Paris 1891, vol. II, p. 307).

57 The Love Debate Poems of Christine de Pizan. Le Livre du Debat de deux amans. Le Livre destrois jugemens. Le Livre du Dit de Poissy, a cura di B. K. ALTMANN, Gainesville 1998, p. 121.

Quant enfançonEstoit petit, il estoit lait garçon,Boçu, maufait, sicom dit la chançonDe l’istoire; mais il changia façonPour belle Helaine,Pour lui fu preux et emprist mainte peine.Vous le vëez en ces tappis de laineEn un aygle d’or, qu’on conduit et maine,Ou fu muciéTant qu’il se fu a la belle annoncié.Puis la ravi, dont furent courrouciéTous ses parens, si ne lui fu laissiéLa mener loings.Si n’est on pas exillié de tous poinsPour ceste amour quant on apprent les poinsD’estre vaillant par honnourables soings.

La leggenda così come viene riportata da Christine de Pizan presenta alcuneparticolarità: in primo luogo è evidente la confusione del protagonista del raccontodell’aquila d’oro con l’eroe del mito greco; se non bastassero i richiami a Ercole 58 ea Elena 59 (vv. 1498, 1504), l’espressione «Dont j’ay parlé » che l’autrice usa al v.1497 rimanda ai vv. 1469-1480 dove il Teseo di cui si parla è chiaramente quellodella vittoriosa impresa contro il Minotauro grazie all’aiuto di Arianna 60. Il secondo

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58 Secondo la leggenda, Ercole e Teseo combatterono insieme contro le Amazzoni, facendo prigio-niere le due sorelle della regina Sinope; all’episodio allude anche Tommaso III nel presentare la sequeladelle eroine (TOMMASO III DI SALUZZO, Il Libro del Cavaliere Errante cit. (sopra, nota 1), vv. 9546-9553):

Ypolite et MenalippeDes gens Synoppe dessus dicteFurent, et son ost gouvernoientSi vaillaument, et maintenoientQue a Herculez se combatirentEt tant que a la terre l’abatirent,Et Theseuz, ses bons amis,Cel fu par ellez malbailliz.

Lo stesso fatto è riportato da Sébastien Mamerot nella sua Histoire des Neuf Preues: « pour les-quelles ravoir leur envoya la royne Seneppe ses messages, et leur manda que, s’ilz les vouloient mettre araençon, qu’elle les rançonneroit. Et Hercules et Theseus lui manderent se elle vouloit donner ses armeset jurer que jamais ne faroit guerre en Grece, qu’il les luy rendroient, et non aultrement. Et la royne Se-neppe, sachant celle offre, fut tres joyeuse, par ce que’elle povoit ravoir ses deux seurs [...] Et a celle oc-casion print tres belle compaignie de ses dames et demoiselles et s’en ala es nefz, esquelles fut la paixfaicte, ainsi qu’elle estoit devisee, excepté que, Menaloppe rendue, print Theseus Ypolite en femme, duconsentement de la royne Seneppe. Et s’en retournerent en Grece Hercules et Theseus, portans aveceulx les armes de Seneppe et enmenans Ypolite » (cfr. L. RAMELLO, Le mythe revisité: l’ «Histoire desneuf Preues » de Sébastien Mamerot, in Reines et Princesses au Moyen Âge. Actes du cinquième colloqueinternational de Montpellier, Université Paul Valéry (24-27 novembre 1999), Montpellier 2001 (LesCahiers du C.R.I.S.I.M.A., 5), vol. II, pp. 619-631, p. 625).

59 I versi alludono al rapimento di Elena, ancora fanciulla, da parte di Teseo e Piritoo, confon-dendo la storia dell’eroe greco con quella dell’eroe medievale che rapisce Flore, la figlia dell’imperatore.

60 Cfr. The Love Debate Poems cit., pp. 120-121:Et Theseüs, du roy d’Athenes fil,Quant envoyé fu en Crete en exil,Adriane par son engin soubtil

elemento è costituito da un dato inerente la sua infanzia («Quant enfançon / Estoitpetit, il estoit lait garçon, / Boçu, maufait ... », vv. 1500-1502): la chanson de gestenarra che sua madre, essendo incinta, mentre un giorno si trovava affacciata ad unafinestra, vide passare un bambino deforme e rise della sua disgrazia; quando fu ilmomento, ella mise al mondo un bimbo mostruoso, brutto e gobbo; uno spasiman-te della regina, da lei respinto, convinse il re che il bambino non era figlio suo, ben-sì frutto della relazione adulterina della regina con il nano di corte. Il re condannòla moglie al rogo e consegnò il fanciullo a quattro scudieri perché lo uccidessero;prima di morire, il bambino ottenne dal boia di poter pregare Dio che gli concessela grazia e lo liberò dalla sua deformità. Il miracolo convinse il re dell’innocenzadella moglie 61.

Il particolare è assente nella versione della leggenda contenuta nel Livre duChevalier Errant, focalizzata esclusivamente sulla vicenda amorosa di Theseus; que-sto fatto, insieme a quanto dichiarato da Christine de Pizan ai vv. 1502-1503 ri-guardo al testo che l’avrebbe ispirata (« sicom dit la chançon / De l’istoire ... ») in-duce a considerare con prudenza l’ipotesi formulata da Barbara K. Altmann che in-dica esplicitamente nel romanzo di Tommaso III la fonte utilizzata da Christine 62,mentre è assai probabile che entrambi siano venuti in contatto con un tema à la mo-de in quell’ambiente di corte in cui era ben noto e apprezzato, ambiente che Tom-

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Le reschappaDe dure mort; si le desveloppaDe la prison Minos quant s’agrappaA son fillé, et la gorge coppaAu crüel monstre.Ne nuisi pas Amours, je le vous monstre,A cestui cy, car l’istoire demonstreQu’il eschappa par mer plus tost que loustreGué ne trespasse.

61 Cfr. BOSSUAT, Theséus cit. (sopra, nota 48), pp. 101-102 e nota 12. Il tema della regina falsa-mente accusata rappresenta un leit-motiv nelle canzoni tardive; la variante dell’adulterio con un nano,che nel Theseus diventa indispensabile al fine di giustificare la nascita del bimbo deforme, trova il suodiretto antecedente nella storia della regina Sibilla per cui cfr. più avanti. Il particolare della deformità diTheseus è presente anche nella versione della leggenda elaborata da Jean Servion («Au chief de IX moysla royne Helayne sy acoucha dung filz, maiz tant y eust quil naisquist tout bossu et lestoit sy tresfort, quequazi la bosse passoit la teste »; SERVION, Croniques cit., sopra, nota 51, col. 10) dove tuttavia non è que-stione di alcuna colpa da parte della madre; Theseus verrà liberato dalla sua disgrazia durante una bat-tuta di caccia quando egli, udendo i suoi compagni magnificare la bellezza della figlia dell’imperatore eavendo chiesto di chi stiano parlando, viene deriso da un cavaliere: « sy sesuertua et estandist sur sonchival, et reclama Dieu et notre Dame tellement que leur grace sespandist de sur ly, et incontenant il de-vint beaux et droys, et tel quil neust en sa compagnie nul plus bel ioyne de ly » (ibidem, col. 12).

62 «One source for the story of Theseus of Cologne in Christine’s day is a section of the long ro-mance Le Livre du Chevalier errant by Thomas III, Marquis of Saluzzo » (The Love Debate Poems cit., p.148). L’ipotesi che «Christine knew of Theseus and the golden eagle from Thomas of Saluzzo » è basatasu ben noti presupposti: «That they communicated is almost certain; as well as being contemporaries,they wrote on similar subject matter and their manuscripts include work by the same miniaturists. In-deed, a Paris manuscript of the Chevalier (ca. 1403) was possibly copied by Christine’s atelier » (ibidem).Queste osservazioni, che fotografano con buona approssimazione alla realtà i rapporti fra i due scrittori,non paiono tuttavia sufficienti a far identificare nel sostantivo chançon il romanzo di Tommaso. Sull’am-biente culturale parigino frequentato da Christine e dal marchese di Saluzzo si veda M. PICCAT, Tomma-so III, marchese errante: l’autobiografia cavalleresca di un Saluzzo in TOMMASO III DI SALUZZO, Il Libro delCavaliere Errante cit. (sopra, nota 1), pp. 5-26.

maso III frequentava proprio in quegli anni 63; suggestioni figurative 64, oltre che let-terarie, devono perciò aver giocato un ruolo non indifferente nella scelta del mar-chese di Saluzzo di inserire il racconto all’interno della sua opera.

La leggenda dell’aquila d’oro era, come dice Bossuat, un fabliau courtois sullapotenza dell’amore e l’astuzia degli amanti finalizzata ad aggirare la vigilanza di unpadre geloso di una figlia troppo bella. Di questo tema si impadronì un poeta fran-cese prima della metà del XIV secolo, che elaborò, purgandolo dei tratti più pitto-reschi, un poema oggi perduto, base del lungo canto epico che dilata a dismisura lastoria dei protagonisti; vi furono dunque progressivi rimaneggiamenti tesi a sminui-re la cifra realistica del racconto, accentuando nel contempo quella epica, ma è pro-prio quest’ultima a mancare nel racconto di Tommaso. Se così è, ne consegue chela sua fonte non fu la chanson de geste, bensì la leggenda nella sua forma originaria;alcuni elementi depongono a favore di quest’ipotesi, primo fra tutti l’episodio, chenon mi risulta presente in altre versioni, della moglie dell’orefice che si innamora diTheseus e, respinta, si vendica accusandolo di aver tentato di approfittare di lei, sca-tenando così le ire del marito che viene ricondotto alla ragione dall’intervento dellanipotina la quale, avendo visto e sentito tutto, racconta come si sono effettivamentesvolti i fatti 65; i tratti comico-realistici del passo si inscrivono perfettamente nella di-

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63 A proposito della predilezione di alcune tematiche presso l’entourage culturale della corte diCarlo V non appare del tutto casuale il fatto che anche Christine de Pizan celebri nel suo Debat, così co-me Tommaso nel suo Livre, le figure di Lancillotto, Giasone, Tristano, Palamedes, Florimont; a titoloesemplificativo si riportano i versi (1520-1531; 1546-1549), dedicati a questi ultimi:

Et FlorimontD’Albanië, il n’ot en tout le mondNul plus vaillant, mais dont lui vint tel montDe vaillances fors d’Amours qui semontSes serviteursA estre bons, tant anoblist les cuers?Pour Rome de Naples mains grans labeursIl endura, non obstant a tous fuersIl conquestoitPris et honneur; son temps dont ne gastoitEn bien amer, par qui il acquestoitLes vaillances qu’Amours lui apprestoit.[...] Aussi Pallamedés;Vous souvient il des proeces et desGrans vaillantisesQu’on dit de lui assez en maintes guises?

L’autrice fa qui riferimento all’amore dell’eroe per Romadanaple (alterato in Rome de Naples), fi-glia del re Filippo di Grecia, che Florimont sposerà; l’episodio non è ripreso da Tommaso III, che pri-vilegia invece l’amore dell’eroe per la Dame de l’Ile Celee (cfr. The Love Debate Poems cit., p. 122).

64 Le stesse hanno forse giocato a favore dell’inserimento nel romanzo del personaggio di Bovesde Antonne, soggetto di un altro arazzo acquistato dal duca di Orléans nel 1396; cfr. CHAMPOLLION-FI-GEAC, Louis et Charles cit. (sopra, nota 53), 3e partie, p. 29.

65 «Adonc avint que cil orfevre avoit une femme moult belle. Celle vit la beauté Theseus; si l’a-ma de tout son cuer et tant que un jour le maistre n’estoit pas a l’ostel, et la dame de l’ostel demandaTheseus et le mena dedans une chambre et le pria d’amours, mais Theseus lui escondi et lui dist qu’il nese fausseroit vers son maistre. Quant la femme de l’orfevre vit que Theseus ne feroit riens pour li, elledist que elle le diroit son mari et qu’il la vouloit honir et efforcier se sa voulanté ne feist. Assés li pot di-re sa maistresse, mais ce fu pour neant qu’il se feust mespris. Une petite fillete qui malade estoit, si estoitniepce a l’orfevre, et fu dedens un lit, qui veoit et oïoit toutes ces parollez, mais ilz ne s’en prenoient gar-de. Quant le maistre fut venus, sa femme li fist sa complainte et lui dist comment Theseus la vouloit ho-

mensione favolistica di un fabliau courtois che il Livre du Chevalier Errant consentedi recuperare, preziosa e forse unica testimonianza di un testo che si credeva per-duto.

Per accennare alla vicenda della regina Sebile Tommaso III fa invece ricorsoall’exemplum; la storia narra della moglie di Carlomagno, figlia dell’imperatore diCostantinopoli, ingiustamente accusata di adulterio per le macchinazioni di un nanoche nottetempo si infila nel suo letto; risparmiata dalla morte perché incinta, Sebileviene esiliata; mentre si trova nella foresta accompagnata da Abri de Mondidier, in-caricato di proteggerla, sfugge all’aggressione di Margaire, cavaliere di Carlomagnoche, invaghitosi di lei, la insegue; Abri sventa l’agguato a prezzo della vita e verràvendicato dal suo cane; dopo varie peripezie, Sebile vedrà ristabilita la verità e po-trà far ritorno in Francia insieme al figlio Loys.

La tradizione testuale risulta alquanto complessa 66; la testimonianza più anticaè rappresentata dalla cronaca latina di Albéric de Trois-Fontaines 67 che all’inizio delXIII secolo registra per l’anno 770 questa «pulcherrima fabula a cantoribus galliciscontesta » 68; l’autore pare alludere a testi francesi contemporanei, di cui tuttavia re-stano solo pochi frammenti 69; la storia, che si inserisce nel ciclo carolingio delle ge-sta relative alle avventure personali del re, è invece nota per intero attraverso unaversione franco-italiana del XIV secolo 70; alla fine del XIV secolo risale un Cuentode la enperatris Sevilla 71 in spagnolo e al secolo successivo la versione francese inprosa 72 e quella contenuta nel Myreur des histors di Jean d’Outremeuse 73; esistonoinoltre una traduzione tedesca e una neerlandese 74.

Anche in questo caso un topos narrativo popolare, quello dell’innocenza per-seguitata ma alla fine trionfante, gode di un successo tale da produrre una serie di

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nir. Theseus moult se excusoit. Le maistre orfevre lui courut sus et le vouloit tuer. Quant la fillette voitce, elle dist: «Oncle, non faites, car voirement je ay tout veu et oÿ. Mais madame le pria premierement,si lui dist que se il ne faisoit sa voulanté, elle vous en feroit telle complainte que bien le saroit ». Quant// [C. 37v.] le maistre entendi sa niepce, il la crut, car moult amoit son aprentis » (TOMMASO III DI SA-LUZZO, Il Libro del Cavaliere Errante cit., rr. 134-153).

66 Cfr. Grundriss der Romanischen Literaturen des Mittelalters, vol. III, Heidelberg 1987, t. 1, p.49, t. 2, pp. 70-71.

67 Chronica Albrici monachi Trium Fontium a monacho novi monasterii Hoiensis interpolata, a cu-ra di P. SCHEFFER-BOICHROST, in Monumenta Germaniae Historica. Scriptorum, XXIII, Hannoverae 1874,pp. 712-713.

68 Ibidem, p. 712.69 Pubblicati rispettivamente da A. T. BAKER, M. ROQUES, Nouveaux fragments de la chanson de La

Reine Sibille, in «Romania », 44 (1915-1917), pp. 1-13 e da P. AEBISCHER, Fragments de la Chanson de laReine Sebile et du roman de Florence de Rome conservés aux Archives cantonales de Sion, in «Zeitschriftfür Romanische Philologie », 66 (1950), pp. 385-401.

70 Per la prima volta pubblicata da A. MUSSAFIA, Altfranzösische Gedichte aus venezianischenHandschriften, II, Macaire, Wien 1864 e recentemente in La «Geste Francor » cit. (sopra, nota 33), pp.637-744.

71 Cuento del enperador Carlos Maynes e de la enperatris Seuilla, in Libros de caballerias, a cura diA. BONILLA Y SAN MARTIN, voll. 2, Madrid 1907-1908, I, pp. 503-533.

72 Contenuta nel Ms. Paris, Bibl. de l’Arsenal 3351.73 J. D’OUTREMEUSE, Ly myreur des histors. Fragment du second livre (Années 794-826), a cura di

A. GOOSSE, Bruxelles 1965, pp. 116-134.74 Cfr. L. ZARKER MORGAN, The Reine Sibille/Macario Story and the Charlemagne Cycle throughout

Europe: A Re- Examination of the Franco-Italian Macario, in « Italica », 78 (2001), pp. 1-17.

testi che, partendo da un nucleo originario, ampliano e variano la storia in un pro-liferare di versioni.

Gli elementi base della vicenda sono l’accusa di adulterio, l’esilio della reginae la sua riconciliazione con il re 75; su di essi si instaura un processo di ampliamen-to che si articola in varie fasi: la prima vede l’aggiunta del nano – con la variantedel nano come strumento della vendetta di Macario, spasimante respinto – e del ca-ne che vendica il padrone (Abri de Mondidier) uccidendone l’assassino; la secondaidentifica la regina con la figlia dell’imperatore di Costantinopoli, assegna a Waro-quier il ruolo di soccorritore di Sebile smarrita nella foresta, inserisce gli episodi delviaggio in Ungheria dove Sebile partorisce e della guerra fra Francia e Costantino-poli; nella terza si assiste ad un ampliamento del ruolo di Waroquier, all’aggiuntadell’episodio dei briganti che assalgono il corteo di Sebile mentre è in viaggio versoCostantinopoli, del papa che, commosso dalla storia della regina recatasi da lui, de-cide di accompagnarla a Costantinopoli adoperandosi poi per la riconciliazione conCarlomagno, dell’eremita incontrato da Sebile nel corso delle sue peregrinazioni,che si rivelerà essere suo zio, e del matrimonio di Luigi con la figlia di Namo di Ba-viera.

Paragonando il Livre du Chevalier Errant con le versioni cronologicamente piùvicine emergono alcune differenze riassunte nella seguente tabella:

Macario Cuento Chevalier Errant

Blançiflor Sevilla Sebile

— Rricaldo Richez

Nano strumento di Macario Nano innamorato di Sevilla Nano innamorato di Sebile

Namo di Baviera Namo di Baviera + altri 76 Namo di Baviera

Esilio Esilio a Roma Esilio

Waroquier Waroquier (ampliato) Waroquier

— Ungheria (ampliato) Ungheria

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75 Ibidem, p. 7.76 Namo di Baviera interviene presso Carlomagno in due casi, dapprima intercedendo a favore di

Sibilla quando ella viene condannata a morte, facendo così tramutare la pena capitale in esilio, e poi inoccasione della sospetta aggressione del cane di Abri contro Macario, sollecitando l’imperatore a ordina-re che il cane e il cavaliere si affrontino in combattimento, al fine di accertare le responsabilità del tra-ditore. La seconda circostanza è riportata nei tre testi (Livre du Chevalier Errant: «Dist Nayme de Ba-viere a l’empereur: «Voirement, seingneur, ce est grant semblance » et, brief, il fu jugié que Margaire en-trast en champ contre le levrier pour les grans semblanz que le levrier faisoit contre lui »; TOMMASO IIIDI SALUZZO, Il Libro del Cavaliere Errante cit. (sopra, nota 1), rr. 4226-4229; Macario: «Naimes apellal’inperaor K[arlon]: / «Mon sir », fait il, « entendés ma rason; / Questa mervile jamais non vi nul hon»;La «Geste Francor » cit., sopra, nota 33, p. 662, vv. 14351-14353) ma nel Cuento vengono coinvolti an-che altri pari («Entonçe sse erguyo el duque don Aymes, e llamo los doze Pares sso vn arbol: Richartede Normandia, e Jufre, e Ougel, e Terrin Lardenois, e Berart de Mondisder, e Simon el viejo de Pulla,e Gaufer Despoliça, e Salamon de Bretaña, e muchos otros omes buenos [...] Entonçe se fueron todosantel rrey, e don Aymes le conto todo quanto dixiera de como se auian de conbatir el can e Macaire encanpo»; Cuento del enperador cit., sopra, nota 71, pp. 512-513).

Costantinopoli Costantinopoli + briganti Costantinopoli

— Eremita —

— Papa —

Ritorno di Sibilla in Francia Ampliato Ritorno di Sebile in Franciacon il padre. Guerra con il padre. Guerra

— Espisodio di Altafoja Hautefeuille (nominato)

Conclusione Ampliata Conclusione

Da questo confronto emergono tre dati che differenziano sostanzialmente il te-sto di Tommaso dalla versione franco-italiana: il primo riguarda i nomi della regina,che nel Macario, a differenza del Cuento e del Livre du Chevalier Errant, è chiama-ta Blançiflor, e di suo padre, di cui solo nel testo spagnolo e nell’opera di Tomma-so si precisa il nome; il secondo concerne il ruolo del nano, che nella chanson fran-co-italiana è strumento delle mire di Macario invaghitosi di Sibilla 77, mentre nelloChevalier Errant come nel Cuento è egli stesso innamorato della regina 78 e solo inun secondo tempo Macario, approfittando della situazione, cercherà di prendersi Si-billa con la forza 79. Si tratta di due varianti sostanziali che rivelano una maggiore af-

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77 Cfr. La «Geste Francor » cit., pp. 638-639, vv. 13556-13570:Blançiflor la raine fu arere tornéSor son palés s’en fo reparié;De dol e d’ire oit son cor abusmé,E Machario se ne fo travalé.S’el no la oit à soa voluntéDe soa vita non cura un pelo peléE die e noit par le stoit en pensé,Si se porpense por soa malvasitéComent la poroit avoir ençegné.U[n] nano estoit en la cort l’inperé;Dal rois e da la raina estoit molto amé.Machario ven à lui, si l’oit aderasné:«Nan», fait il, « en bon ora fusi né,Tanti te donarò de diner monnéQe richi fara tuto ton parenté,Se tu fara la moia volunté ».

78 «L’empereur avoit un nayn trop bel, mais moult estoit fel et malicieux, dont un jour advint /qu’il fu si audacieux pour la feste que l’empereris lui faisoit qu’il s’eslança vers elle pour la baisier »(TOMMASO III DI SALUZZO, Il Libro del Cavaliere Errante cit., rr. 4167-4169) ; «E el enano sse llego a el-la e començo de le parar mientes; e desque la cato grant pieça, dixo que en buena ora nasçiera quiendella pudiese auer su plazer, e llegose mas al lecho, e penso que avnque cuydase ser muerto o desnen-brado, que la besaria » (Cuento del enperador cit., p. 504).

79 «Lors advint que un felon qui estoit du linage Ganelon et fu de ceulz de Hautefeulle - cil otnom Margaira et fu cause de l’essillement la dame - si avint qu’il fu si eschaufé de la beauté l’empereris,quant il la vit conduire tellement a Abris, qu’il s’arma et monta erraument, et bien cuida faire sa vou-lanté de la dame» (TOMMASO III DI SALUZZO, Il Libro del Cavaliere Errante... cit., rr. 4191-4195); «Ma-caire el traidor, de linage de los traidores, que esto estaua aguardando, quando aquello vio, defurtose esalio del palacio, e fuese a su posada, e armose, e mando ensellar su cauallo, e caualgo muy toste, e fuessu carrera en pos la Enperatris, e juro que si le Auberi de Mondisder ge la quesiese toller, que le cor-taria la cabeça, e que faria della su voluntad » (Cuento del enperador cit., p. 506).

finità del Livre du Chevalier Errant con il filone di tradizione a cui appartiene ilCuento, che altri due elementi – la tappa in Ungheria 80 e il riferimento a Haute-feuille – paiono confermare. Quest’ultimo dato è trattato in modo diverso nei duetesti: appena nominato nello Chevalier Errant in riferimento a Macario «qui estoitdu linage Ganelon et fu de ceulz de Hautefeulle » 81, chiaramente definito nel Cuen-to come « vn castiello en vna montaña, a que dizen Altafoja » dove si consumò iltradimento di Gano «quando vendio Roldan al rey Marssil » 82, luogo che divieneteatro di uno degli scontri fra Greci e Francesi.

Le analogie con il Cuento inducono a inserire il brano del Livre du ChevalierErrant nel filone di tradizione, a suo tempo individuato da Aebischer 83, a cui ap-partengono anche la cronaca di Albéric e i frammenti francesi; rispetto al Livre duChevalier Errant il Cuento mostra tuttavia aggiunte e ampliamenti che paiono collo-care la versione di Tommaso in una posizione intermedia, nel processo di espansio-ne del racconto, fra il Macario e la traduzione spagnola; il raffronto con la cronacadi Albéric non soccorre più di tanto, dal momento che alle analogie si oppongonole numerose differenze rappresentate dall’assenza nella cronaca del riferimento al-l’Ungheria e dalla presenza degli episodi dei briganti, dell’eremita e del matrimoniodi Luigi 84.

Non è dato al momento di sapere se queste sequenze fossero presenti nellafonte di Tommaso e siano state deliberatamente omesse perché non funzionali alloscopo dell’autore, orientato più che altro a dipingere un ritratto di Sebile come mo-dello di pazienza e lealtà e quindi poco interessato a inutili digressioni, o se la suaversione della storia rifletta un livello intermedio nell’iter evolutivo.

Dal complesso dell’indagine qui condotta, che rappresenta il primo stadio diuna ricerca che andrà ulteriormente approfondita, emergono comunque sin da oraalcuni dati: in primo luogo il fatto che Tommaso intende fondere i due piani narra-tivi, quello pregresso e quello attuale, in un racconto senza soluzione di continuità;ne sono prova il coinvolgimento di Florimont e Boves non solo nello scontro fra In-namorati e Gelosi, ma anche nell’episodio delle demandes en amours 85, nonché il ri-

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80 «Dont ilz s’en alerent par maintes terres et furent en Honguerie; la appartui la dame d’un fil »(TOMMASO III DI SALUZZO, Il Libro del Cavaliere Errante cit., rr. 4203-4204); «Desque pasaron el rrio deRrin e fueron de la otra parte, entraron en Vngria e fueronse derechamente a Vrmesa, vna muy buenaçiudat, e posaron en casa de vn rrico burgues que auia ssu muger muy buena e de buena vida, que fe-zieron muy bien seruir la rreyna. Mas quando veno a la media noche, llegole el tienpo de parir [...] etanto trabajo la dueña, fasta que Dios quiso que ouo vn niño » (Cuento del enperador cit., p. 517).

81 TOMMASO III DI SALUZZO, Il Libro del Cavaliere Errante cit., rr. 4191-4192.82 Cuento del enperador cit., p. 525.83 AEBISCHER, Fragments cit. (sopra, nota 69), p. 400.84 « de latrone famoso Grimoaldo, in itinere invento; de heremita et fratre eius Richero Constan-

tinopolitano imperatore dicte regine patre; […] et de filio eiusdem Sibilie Ludovico nomine, cui duxNaaman filiam suam Blanchafloram in uxorem dedit » (Chronica Albrici cit., sopra, nota 67, p. 713).

85 «Lors dist Bovez de Antonne a s’amie Jussiane: «Amie, quelle est la chambre ou sont les liz ouon a le premier delit d’amours? ». Jussiane respondi: « Joïr oultreement ». Lors commencierent tous a ri-re communement, et moult en firent grant joye. Et elle dist: «Et vous, amis, nommez moy les gardez parquoy le chastel est gardez ». Bovez respondi: «Vivre liement, vestir gentement, tenir nectement ». [...]Lors dist Florimont a la Dame de l’Isle Cellee, s’amie: «Lequel ameriez vous mieulz, ou que je vous bai-sasse jusques au jour, ou que vous me baisissiez tant que je deisse ‘hoo’? ». La Dame respondi: «Que jevous baisasse jusquez au jour »» (TOMMASO III DI SALUZZO, Il Libro del Cavaliere Errante cit., sopra, no-ta 1, rr. 3266-3271; 3289-3292).

chiamo ad essi quando il protagonista, descrivendo il regno di Dame Fortune, di-chiara che «Florimont et Bovez d’Antonne furent assis au siege de seurté » 86.

La modalità di utilizzo delle fonti, che inizia a trasparire dai casi ora esamina-ti, potrà essere meglio definita quando, estesa la ricerca ad un campione testuale piùvasto, si potrà ricostruire il modus operandi del marchese di Saluzzo.

Allo stato attuale quella che potremmo definire la «modernità di Tommaso »pare un dato di fatto: nel tessere la sua trama narrativa egli non ricorre a testi ap-partenenti alla tradizione letteraria più antica, ma a opere a lui pressoché contem-poranee, storie narrate nelle chansons de geste più tardive o racconti circolanti nel-l’ambiente di corte parigino, riprendendo i quali egli proponeva una propria inte-grazione, letteraria oltre che politica, nell’entourage reale.

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86 TOMMASO III DI SALUZZO, Il Libro del Cavaliere Errante cit., rr. 4874-4875.