borminus e non dorminus. a proposito di una divinità fantasma in cil v, 7504

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FRATELLI LEGA EDITORI FAENZA 2014 LXXVI, 1-2 PERIODICO INTERNAZIONALE DI EPIGRAFIA

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FRATELLI LEGA EDITORIFAENZA

2014LXXVI, 1-2

PERIODICO INTERNAZIONALEDI EPIGRAFIA

SCHEDE E NOTIZIE 507

* * *

Borminus e non Dorminus. A proposito di una divinità fantasma in CIL V, 7504

Nel CIL V, tra le epigrafi ritrovate nella regio IX Liguria, è registrata la seguente iscrizione:

Fig. 1. Corpus inscriptionum Latinarum, volume V, pars 2, p. 850, iscrizione n. 7504, particolare.

P(ublius) Vimivinus L(uci) f(ilius) Clarus / Dormino et Suetai v(otum) s(olvit) l(ibens) m(erito).

Essa è conosciuta attraverso le sole fonti manoscritte poiché, nel corso dei secoli, è andata perduta in un qualche imprecisato momento. Unico dato certo, fornito dal CIL, è che la testimonianza di tale reperto proviene da un antiquario savonese vissuto nel tardo Quattrocento, Stephanus Gavotus, e che tale iscrizione, insieme con altre acquesi, è reperibile in auctario Marcanovae Genuate f.127 inter postea adiectas. Gavotus avrebbe trascritto e conservato, dunque, alcuni tituli ritrovati ad Acqui Terme, all’epoca ancora solamente Acqui, durante, come dice diligentemente lui stesso, i lavori di ampliamento della cerchia muraria.

508 EPIGRAPHICA

Sul conto dell’antiquario savonese non abbiamo molti dati né notizie (1), sebbene i rapporti commerciali tra le città di Savona e di Acqui Terme durante il Quattrocento, e non solo, siano ben conosciuti; di certo egli doveva appar-tenere ad una famiglia di buona estrazione, come provano la sua cultura ed il possesso di un libro di indubbio valore. La sua presenza ad Acqui potrebbe spiegarsi proprio in virtù dei commerci, fatto questo che porterebbe a ipotiz-zare una sua visita diretta al cantiere delle nuove mura, o, forse in maniera più plausibile, che sia stato avvisato dei ritrovamenti da conoscenti acquesi, consa-pevoli della sua passione antiquaria.

Di per sé le informazioni più sicure sono quelle che possiamo trarre dal Corpus, anche se risultano essere piuttosto scarne; eppure nella loro essenzialità esse ci permettono di ricavare alcuni dati importanti su quella che sembrerebbe essere la prima annotazione riguardante l’epigrafe.

Sappiamo, infatti, dove essa appare: l’erudito savonese ha scelto quale ‘fo-glio note’ un supporto d’eccezione, ossia una silloge di documenti epigrafi ci raccolti da Giovanni Marcanova (o Mercatonovo), il De Antiquitate Romana Et Ephitaphiis Antiquis Tam Urbis Quam onim Civitatum. A questo punto sembra necessario aprire una breve parentesi su Marcanova e la sua opera (2), fatto questo che ci aiuterà anche a delineare meglio il profi lo di Gavotus: Marcanova era un dottore in medicina di una certa fama ed un abile ricercatore di antichità originario del Veneto (forse nacque a Venezia o forse a Padova tra il 1410 e il 1418), ed il testo in questione, conservato presso la Biblioteca Berio di Genova, è forse copia di un manoscritto, detto Estense (3), conservato oggi a Modena e risalente al 1465, originariamente noto come Quaedam antiquitatum fragmen-ta studio Iohannis Marchanovae artium et medicinae doctoris Patavini collecta, dedicato a Domenico Malatesta e forse mai offertogli a causa della morte di quest’ultimo, avvenuta nel novembre dello stesso anno; non va, d’altra parte, scartata la possibilità che si tratti di un sunto del precedente insieme con un altro manoscritto, detto Bernense (4), del medesimo autore e realizzato tra il 1457 e il 1460.

La silloge di Marcanova è considerata la prima davvero ricca e sistemati-camente organizzata raccolta di tutto il Quattrocento, tanto da essere utilizzata da numerosi eruditi successivi, fi no a diventare una delle fonti del Corpus In-scriptionum Latinarum (5), fatto questo che potrebbe già permetterci di consi-derare Gavotus come qualcosa di più di un semplice appassionato, considerato che si trovava in possesso di una copia del trattato marcanovano, realizzato probabilmente durante un soggiorno dello studioso nella stessa Padova intor-no all’anno 1483 (6).

(1) Al momento non esiste uno studio riguardante il personaggio, sebbene Gavotti sia presente in G..B. SPOTORNO, Storia letteraria della Liguria, Genova, II, 1824, pp. 9-10.

(2) Sul manoscritto di Marcanova si veda: S. CARTWRIGHT, The «Collectio Antiquitatum» of Giovanni Marcanova, Modena, Biblioteca Estense Universitaria, ms Alfa. L. 5.15, New York 2007.

(3) Biblioteca Estense e universitaria, Est. lat., 992 [a.L.5.15]. (4) Berna, Burgerbibliothek, Mss., B.42. (5) M. GIONTA, 2007, www.treccani.it › Dizionario Biografi co degli Italiani. monografi a in

corso di realizzazione. (6) X. ESPLUGA, Il contributo dello Studium bolognese al progresso dell’epigrafi a nella

seconda metà del Quattrocento, in L’offi cina epigrafi ca romana. In ricordo di Giancarlo Susini, Bologna 2010, p. 38.

SCHEDE E NOTIZIE 509

Forse la messe di dati più cospicua ci viene fornita proprio da questa copia ed in particolare da quel foglio 127 già citato. Su tale foglio possiamo notare come Gavotus abbia riportato l’epigrafe acquese ma anche ricavare altre infor-mazioni: ad un semplice sguardo è evidente come le annotazioni presentino due inchiostri di colore differente, il primo più scuro, quasi nero, è quello con cui sono trascritte le epigrafi , mentre il secondo, con la descrizione del ritrova-mento delle stesse e posto più in alto nel foglio, al di sopra del testo del Mar-canova, appare più diluito, tendente al grigio-marrone e sembra essere stato scritto in un momento differente; tale annotazione risulta tuttavia ben leggibile e trascrivibile, con le dovute integrazioni:

Rep(er)tu(m) aquis statiellor(um) in lapidib(us) du(m) ampliaxe(n)tur moenia.

Innanzitutto va osservato che tale descrizione manca delle iniziali maiu-scole nel nome della città, a differenza di quanto accade sopra le epigrafi , dove è presente la dicitura Aquis, questa volta scritta in maiuscolo e con il medesimo inchiostro con cui sono state vergate le epigrafi stesse.

Quanto detto rende plausibile che il riferimento al ritrovamento, ossia l’annotazione nell’inchiostro più diluito, sia stato inserito in un secondo tempo.

Vista la data di realizzazione della copia di Gavotus, l’accenno alle nuove mura si rivela prezioso in quanto fornisce un dato temporale corrispondente a quanto già sappiamo della città di Acqui in epoca medievale, ossia la co-struzione di una nuova cinta muraria, più estesa della precedente e destinata alla protezione del quartiere di San Pietro, corrispondente all’attuale zona di Orto San Pietro e piazza Addolorata, ad opera dei Paleologhi, marchesi di Monferrato, avvenuta nella seconda metà del 1400 ed ordinata da Bonifacio di Monferrato con un editto del 1447. Al di là di tale dato, purtroppo, non viene fornita alcuna altra informazione che permetta di conoscere le dimensioni o il tipo di supporto ospitante l’epigrafe.

La posizione delle annotazioni e la presenza di due differenti tipi di in-chiostro e, quindi, di due momenti distinti in cui l’autore è intervenuto sul suo lavoro, inducono a pensare ad una prima fase di raccolta dei materiali, forse anche frettolosa, a cui dovette forse far seguito una seconda, comprendente la revisione o il riordino del materiale stesso. Vale qui la pena di osservare come la presenza di altre epigrafi , in particolare quella riportata per prima subito al di sotto della scritta Aquis, riferibile ad un’iscrizione attualmente conservata nel Museo Civico Archeologico di Acqui Terme ed indicata con il numero 7526 nel quinto volume del CIL (7), renda il nostro autore una fonte attendibile.

Sempre a proposito dell’epigrafe qui esaminata, essa è stata considerata anche da un altro erudito, questa volta acquese, che fornisce altre informa-zioni: si tratta di Gregorio Pedroca, vescovo di Acqui dal 1620 al 1631 (8), autore dell’opera Solatia Chronologica Sacrosantae Acquensis Ecclesiae, scritta

(7) Vesidiae M(ani) f(iliae) Rufae / Mettiae Comavi f(iliae) matri / Vesidiae M(ani) f(iliae) Tertiae / C() L() v(ivus) f(ecit) sibi et suis.

(8) L’opera del Vescovo Pedroca è divenuta nota in seguito al lavoro di E. GIULIANO, Le epigrafi di Aquae Statiellae nel Museo Civico di Acqui Terme, a cura dell’Assessorato alla Cultura della Città di Acqui Terme, Acqui Terme 2000.

510 EPIGRAPHICA

nel 1628. Il ventunesimo solatium, ossia consolazione, porta già un titolo em-blematico, Solatium a testatore (consolazione al testimone) ed è articolato in due parti: la prima è una sorta di introduzione sull’età romana di Acqui, in cui il «nostro» vescovo si premunisce di scusarsi con l’ipotetico lettore per l’argo-mento non strettamente religioso (non a Deo missus sed permissus (9)), mentre la seconda, la più interessante ai fi ni del nostro discorso, comprende un’ampia miscellanea di testi epigrafi ci acquesi accessibili all’epoca, cioè il 1628, soprat-

(9) Pedroca, 1628, foglio 53.

Fig. 2. Frontespizio De Antiquitate Romana.

Fig. 3. De Antiquitate Romana, f.127, particolare.

SCHEDE E NOTIZIE 511

tutto perché alcuni di essi furono in agro, recenter repertis come lo stesso autore sottolinea (10).

Tornando al Pedroca, ci troviamo di fronte a una personalità di grande spicco nel panorama dell’epoca, ricordata per la prodigalità mostrata durante l’epidemia di peste che colpì Acqui tra il 1630 e il 1631, che lo vide impegnato in prima persona nella cura degli ammalati, arrivando a trasformare la propria abitazione in lazzaretto e portando egli stesso conforto spirituale a coloro i quali erano stati colpiti dal morbo, tanto da rimanerne contagiato e morire di peste nel 1631.

Gregorio Pedroca, studioso dotato di una particolare sensibilità e cultura, risulta essere per certi versi «moderno» nel modo di porsi nei confronti di do-cumenti antichi quali le epigrafi . Nei Solatia, infatti, il buon vescovo acquese cerca di delineare una sorta di storia universale della «sua» diocesi, sofferman-dosi a esaltare l’età romana e l’eredità raccolta dalla cittadina termale con una silloge di documenti epigrafi ci rinvenuti nel corso degli anni. Fatto estrema-mente interessante è la descrizione molto accurata che l’autore fa dei supporti epigrafi ci, talvolta fornendone le dimensioni o descrivendone colori o apparati decorativi, ma soprattutto gli fa onore il tentativo di fornire ai lettori del So-latium a testatore, il ventunesimo dell’opera, i testi nella maniera più precisa e aderente all’originale possibile, seppure entro i limiti dovuti alla scarsa com-prensione che aveva di certe abbreviazioni o al cattivo stato di conservazione di alcune epigrafi .

Anche il modo in cui l’opera è stata concepita e realizzata avvalora l’ipo-tesi di una fedele riproduzione dei testi: ogni epigrafe rispetta la scansione in linee dell’originale, è rigorosamente trascritta in maiuscolo ed è preceduta da una breve descrizione del supporto, indicando il colore dello stesso, la presenza o meno di fi gurae, ossia di apparato decorativo, e occasionalmente le dimensioni del reperto. Tale messe di particolari, tenuto conto dell’epoca di redazione del testo di Pedroca, non deve essere sottovalutata poiché cer-tifi ca l’autopsia diretta dei frammenti stessi, in quanto fornisce dati altrimenti non recuperabili.

Ci troviamo insomma in una situazione completamente opposta rispetto a quella precedentemente osservata a proposito di Gavotus, ossia siamo passati da un appunto scritto in fretta a margine di un foglio, ad una trattazione siste-matica di ciascun testo epigrafi co; vale infi ne la pena di ricordare che in quella che potremmo defi nire intestazione, ossia la prima parte del solatium, non si nomina nessun erudito, né collaboratore, né famulo, che abbia fornito lettura dei documenti stessi, cosa che sarebbe, invece, alquanto ragionevole aspettarsi se questi non fossero di prima mano, sia a titolo di ringraziamento nei confronti della persona fornitrice dei dati, sia a parziale scusante nel caso in cui questi ultimi si rivelassero inesatti ad una seconda lettura da parte di soggetti terzi.

Volgiamo però ora la nostra attenzione alla trascrizione che il vescovo ac-quese fa di CIL V, 7504. Ecco come appare:

(10) Pedroca, 1628, foglio 54.

512 EPIGRAPHICA

Fig. 4. Solatia Chronologica Sacrosantae Acquensis Ecclesiae - Particolare del foglio 57.

Osservando il particolare della pagina sopra riprodotto possiamo cono-scere l’aspetto del supporto epigrafi co tramite una descrizione sintetica dello stesso:

Alius cinerei coloris sine ulla fi gura sic habet.

Se ne deduce che la lapide era di colore grigio cenere ed erano assenti elementi decorativi, informazioni queste che, come abbiamo visto, possono ri-tenersi attendibili e forniscono nuovi dati altrimenti impossibili da rilevare su questa epigrafe da tempo scomparsa.

MARCO GAGLIONE

* * *

Vale la pena di soffermarsi un p o’ più a lungo su Dorminus, divinità men-zionata nell’epigrafe proveniente da Acqui Terme, antica Aquae Statiellae, di cui si è ricostruita la storia della tradizione manoscritta. Il testo, come si è già avuto modo di rilevare, è il seguente:

P(ublius) Vimivinus L(uci) f(ilius) Clarus / Dormino et Suetai v(otum) s(olvit) l(ibens) m(erito).

La trascrizione sopra riportata è quella di Stephanus Gavotus, antiquario savonese vissuto nel tardo Quattrocento, ed è quella registrata nel V volume del Corpus Inscriptionum Latinarum.

Già ai tempi della redazione del Corpus, l’epigrafe risultava irreperibile, forse scomparsa nel periodo di massima dispersione del materiale archeologico acquese e coincidente con il secolo Diciannovesimo, epoca di fervente attività dei venditori di antichità. Essa è stata recentemente ripresa nei Supplementa Italica (11), dove si propone una sua datazione ipotetica al I-II sec. d.C., basata

(11) SupplIt, n.s. XXV, 2010, pp. 95-96.

SCHEDE E NOTIZIE 513

sugli elementi onomastici presenti (12), e si fornisce il nome di un’altra opera che contiene la trascrizione del documento e non è stata presa in considera-zione durante la stesura del CIL: si tratta dell’opera Solatia Chronologica Sa-crosantae Acquensis Ecclesiae (foglio 57), scritta nel 1628 dal vescovo acquese Gregorio Pedroca. Ma mettiamo a confronto le trascrizioni fornite dal Gavotus e dal Pedroca (Fig. 5 e 6).

Appare subito evidente la diversa disposizione del testo epigrafi co ordina-to su tre righe dal Gavotus, su cinque dal Pedroca. Questa differente divisione può essere imputata alla diversa natura dei due scritti: difatti la trascrizione di Gavotus ha l’aspetto più che altro di un appunto, quasi si trattasse di un’an-notazione a margine, destinata a una successiva revisione e, pertanto, trascritta rapidamente all’angolo del foglio dell’opera che l’antiquario aveva a portata di mano in quel momento, il già citato De Antiquitate Romana Et Ephitaphiis Antiquis Tam Urbis Quam onim Civitatum del Marcanova. Molto diversa la situazione dell’opera Solatia Chronologica Sacrosantae Acquensis Ecclesiae (13), destinata certamente non ad un vasto pubblico ma pensata ed elaborata come se lo fosse; possiamo immaginarla come una sorta di «bella copia» e dunque con tutto lo spazio necessario a disposizione per l’iscrizione, tanto che il Pedro-ca la trascrisse in caratteri capitali maiuscoli e la dispose in colonna, al centro della pagina, come fece del resto con tutte le epigrafi da lui riportate.

Entrambi gli eruditi trascrivono il prenome P(ublius), la fi liazione L(uci) f(ilius), il cognome Clarus del dedicante e la classica formula v(otum) s(olvit) l(ibens) m(erito), posta a chiusura del documento. Una sostanziale differenza è costituita invece dalla resa del gentilizio dell’uomo: Vimivinus per il Gavotus, Vennullius per il Pedroca (14). Vale qui la pena di segnalare come i due gentilizi siano qui attestati per la prima volta.

(12) C. PISTARINO, Aquae Statiellae, in SupplIt, n.s. XXV, 2010, p. 95. (13) L’opera del Vescovo Pedroca è divenuta nota in seguito al lavoro di GIULIANO, loc. cit. (14) Nel ligure, il prefi sso onomastico Ve-Vi è ampiamente diffuso, come testimoniano i

numerosi Vennonius o Venonius presenti nel materiale epigrafi co di Forum Vibii Caburrum, Car-reum Potentia e Augusta Bagiennorum o i Vennius di Pollentia: cfr. ad esempio G. MENNELLA, Supplemento onomastico agli indici di CIL V (Liguria - Alpes Maritimae), in SupplIt, n.s., I, 1981, pp. 201-202.

P.Vimivinus L. f. Clarus P. VENNVLLIVS Dormino et Suetai L. F. CLARVS V. S. L. M. BORMINO ET SVETAE V . S. L. M.

Fig. 5. Gavotus Fig. 6. Pedroca

514 EPIGRAPHICA

Ma l’elemento più importante ai fi ni del discorso che qui si vuole portare avanti, risiede nel nome della prima divinità menzionata nell’iscrizione, che è Dorminus per il Gavotus e Borminus per il Pedroca, con una variante nella lettera iniziale che è D per il primo e B per il secondo.

La lettura del teonimo fornita dal Pedroca getta nuova luce per quanto attiene all’identifi cazione della divinità a cui viene posta la dedica: Borminus. Essa risulta molto interessante in quanto indiziaria della presenza, anche ad Aquae Statiellae, di un culto assai diffuso in Europa, in particolare nelle aree di propagazione della cultura di matrice celtica: quello di Borvo (15), Barma-nus (16), Bormanicus (17), teonimi che risultano ben attestati in Gallia e nella Hispania Citerior e sono strettamente collegati ai poteri salutiferi delle acque.

In Gallia assistiamo al progressivo mutamento del nome Borvo, attestato a Vienne (Colonia Julia Viennensis), a seguito della sostituzione della lettera fricativa /v/ con la foneticamente accostabile nasale /m/, fatto questo che dà origine alla variante Bormanus. Ad Aquae Sextiae è invece attestato Borbanus, che presenta lo scambio della labiale nasale /m/ con l’equivalente labiale oc-clusiva /b/ (18).

Nella Hispania Citerior, l’epigrafi a attesta un’ulteriore variante del nome del dio, questa volta trascritto come Bormanicus e venerato presso le note fon-ti termali dell’odierna Caldas de Vizela (19): in questo caso il teonimo risulta composto dalla radice Borm- e dal suffi sso –anicus, forse ricostruito, attraverso la latinizzazione della parola indigena, su di un locale -aiko, -oko o –anko.

Le varianti Borvo-Bormanus-Bormanicus sembrano derivare tutte dal-la medesima radice *Bor(v)- o *Bor(u)-, a sua volta derivante da un ipoteti-co protoceltico *Berv- «bollire», che potrebbe anche racchiudere il signifi cato «gorgogliare/borbottare», riproducendo il suono dell’acqua in ebollizione. Accanto a questa origine di matrice celtica non mancano altre interpretazioni che prendono spunto dal paleo-ligure, dove *Bor(m) indica un più generico «caldo, calore», anche se non mancano interpretazioni legate al signifi cato di «sorgente» o, alternativamente, ad un’origine mediterranea collegata al signi-fi cato di «fango» (20) e quindi, forse, riconducibile ad un uso terapeutico dei fanghi caldi, come del resto testimoniato da autori antichi e per nulla scono-sciuto alla medicina moderna; l’uso di questa pratica terapeutica è attestato, a proposito delle «aquas Bormias», da Cassiodoro nel libro X delle sue Variae,

(15) Borvo è fi glio di Sirona che, al pari di Damona, è protettrice del bestiame. Cfr. E. DE RUGGIERO, s.v. Borvo, in DE, I, 1895, p. 1019; IHM, s.v. Borvo, in RE, III, 1, 1897, coll. 735-736; M. DAYET, Le Borvo-Hercule d’Aix-les-Bains, «RA», I, 1963, pp. 167-178; M. VAUTHEY-P. VAU-THEY, A propos des divinités protectrices et guérisseuses dans le monde galloromain. Mars et Borvo, «RACF», 13, 1974, p. 341. Si veda il recente B. RÉMY, Borvo, Vintius et Coriotana dans la cité de Vienne, in Actas VII Workshop FERCAN, Bruxelles II, 1998, p. 440.

(16) E. DE RUGGIERO, s.v. Bormanus, in DE, I, 1895, p. 1019; IHM, s.v. Bormanus, in RE, III, 1, 1897, col. 733.

(17) E. DE RUGGIERO, s.v. Bormanicus, in DE, I, 1895, pp. 1018-1019; TOMASCHEK, s.v. Bormanicus, in RE, III, 1, 1897, coll. 732-733.

(18) AEp 1922, 52. (19) CIL II, 2402-2403. Cfr. F. DÍEZ DE VELASCO, Termalismo y Religión. La Sacralización

del Agua Termal en la Península Ibérica y el Norte de Africa en el Mundo Antiguo, Madrid 1998. (20) G. ALESSIO, Apulia et Calabria nel quadro della toponomastica mediterranea, in Atti e

Memorie del VII Congresso Internazionale di Scienze Onomastiche, Firenze I 1962, p. 109.

SCHEDE E NOTIZIE 515

dove troviamo l’esortazione a servirsi del fango contro la podagra (21). Radice comune quindi, forse riconducibile ad una base protoindoeuropea *bhreue- «bollire, essere effervescente», che è possibile individuare in molte lingue ap-partenenti allo stesso ceppo linguistico: ne abbiamo espressione nel sanscrito bhurnih «violento, passionale», nel gallese berw «bollente», nel gaelico bruich «bollire, cuocere», nel greco phrear «pozzo, sorgente» e nel latino fervere «bol-lire, ardere, essere in fermento» o anche in formicare e borrire «formicolare», o addirittura nell’epiteto di Bacco, Bromius «rumoreggiante». Forse se ne può trovare traccia anche nel termine tracio Brytos «liquore fermentato prodotto con l’orzo» e che dunque «bolle» durante la fermentazione, nell’inglese anti-co beorma «lievito» o ancora nel germanico brato «carne cotta»; nell’Indoger-manisches Etymologisches Wörterbuch, si ipotizzano collegamenti anche con i termini germanici *bheres- «impetuoso, rapido» e *bher- «ribollire» (22).

Per quanto riguarda il secondo teonimo presente nel nostro testo, quello di Sueta paredra di Borminus, va notato che, come teonimo, esso è qui attestato per la prima volta. Il cognomen Suetus/Sueta ricorre invece in quattro epigrafi provenienti da Fanum Fortunae (Italia - regio VI), Pisaurum (Italia - regio VI), Promona (Dalmatia) e Ulcium (Alpes Cottiae) (23) .

Grazie al riesame della tradizione manoscritta, è stato pertanto possibile recuperare il nome di Borminus, divinità salutifera di Aquae Statiellae il cui culto, strettamente collegato ai poteri ‘sananti’ delle acque, era assai diffuso in Europa, in particolare nelle aree di propagazione della cultura di matrice celtica quali la Gallia e la Hispania Citerior.

MARIA FEDERICA PETRACCIA

(21) CASSIOD., Variae, X, 29,1: limosae podagrae subita inundatione completus, aquas Bormias potius siccativas, salutares huic specialiter passioni, vellite expetere postulasti.

(22) J. POKORNY, Indogermanisches Etymologisches Wörterbuch, Berna XIII, 1959, pp. 2-33; cfr. J.J. MORALEJO, Callaica nomina: estudios de onomàstica gallega, La Coruña 2008, pp. 158-161.

(23) Suetus: CIL XI, 6281 = AEp 2009, 109; CIL XI, 6350 = Pisaurum 61 = AEp 1982, 262; CIL III, 9832 = ILS 5949 = AEp1890, 11. Sueta: AEp 1945, 105d = E. CIMAROSTI, Le iscrizioni di età romana sul versante italiano delle Alpes Cottiae, Barcelona 2012, p. 434 nr. 53G..

* * *

PERIODICO INTERNAZIONALE DI EPIGRAFIA

LXXVI, 2014

INDICE

Antonio SARTORI, Ida Calabi Limentani ..................................................... p. 9Marco TENTORI MONTALTO, Il lapicida greco ....................................... » 17Marco FARACE, Per una rilettura del Koinon dei Lacedemoni sulla base

delle testimonianze epigrafiche ................................................................ » 47Giacomo MANGANARO, Rivangando iscrizioni siceliote e monete imperiali

con contromarche e incisioni ................................................................... » 63Luis BALLESTEROS-PASTOR, A neglected Epithet of Mithridates Eupator

(IDÉLOS 1560) ......................................................................................... » 81Krzysztof NAWOTKA, Archiprytanis ............................................................ » 87Benedict LOWE, Bilingualism and Language Contact in Republican Ibe-

ria .............................................................................................................. » 111María José PENA, El gentilicio Canuleius y la fundación de la colonia latina

de Carteia .................................................................................................. » 147Maria Rosa TURI, Un tresvir a Paestum in età repubblicana ....................... » 165Federico FRASSON, Un olearius nel corpus epigrafico lunense ................... » 181Eleonora SALOMONE GAGGERO, Nuova luce su due frammenti epigrafici

lunensi della collezione Remedi ............................................................... » 193Antonio IBBA, Il diploma di Posada: spunti di riflessione sulla Sardinia

all’alba del II secolo d.C. ......................................................................... » 209Elena ROSCINI, Enrico ZUDDAS, Il coronatus ritrovato ........................... » 231Daniela VELESTINO, Interventi edilizi di Petronio Massimo sul colle Oppio

e forse nell’area della Basilica di San Pietro: considerazioni a seguito del restauro dell’architrave capitolino CIL, VI 1197 .................................... » 265

Julian GONZÁLEZ, Dos nuevas inscripciones senatoriales de la Bética .... » 283Salvador ORDÓÑEZ AGULLA, José Carlos SAQUETE, Sergio GARCÍA

DILS-DE LA VEGA, Un gobernador de la Bética en una inscripción edilicia hallada en Astigi .......................................................................... » 301

Maria GARCÍA BARBERENA, Mercedes UNZU, Javier VELAZA, Nuevas inscripciones romanas de Pompelo .......................................................... » 323

Maria Teresa SBLENDORIO CUGUSI, Nuovo carme epigrafico da Am-maedara (Haïdra) ..................................................................................... » 345

Paolo CUGUSI, Carmi latini epigrafici della Britannia (CLEBrit2) .............. » 355

* * *Schede e notizie

Marco BUONOCORE, Spigolature epigrafiche. VIII .................................. » 409Adriano LA REGINA, Dedica ai Lari, non al ‘Lare Aenia’ (CIL I2, 2843) » 433Heikki SOLIN, Mika KAJAVA, Tra Roma, Anzio e Capri. Storie di migrazioni

di urne, are e sarcofagi iscritti ................................................................. » 436Heikki SOLIN, Sonia POMICINO, Un’omologa di CIL IX, 990. Un caso

di ripetizione? ........................................................................................... » 445Michele STEFANILE, Una nuova iscrizione funeraria da Rufrae (Presenzano,

CE) ............................................................................................................ » 449Cesare MARANGIO, Nuovi rinvenimenti epigrafici da via Osanna (Brindi-

si) ............................................................................................................... » 453

Aniello PARMA, Nota a CIL IX 6114, Brundisium: il cavaliere C. Caltius C.f.Pal. Optatus ......................................................................................... p. 464

Carmine MOCERINO, Nuovi bolli inediti da Ocriculum e un raro esempio delle figlinae dei Laecani .......................................................................... » 467

Silvia BRAITO, Una nuova corrispondenza tra signaculum ex aere e impronta su tegola: il timbro di C. Vallius Scipio ................................................... » 486

Stefano ROCCHI, Osservazioni epigrafiche ed archeologiche su un sarcofago iscritto da Ticinum (Pais, Suppl. It. 871 = Suppl. It. 9, 1992, p. 253) . » 491

Riccardo GHIDOTTI, Sull’ubicazione del miliario di Spurio Postumio Albino (CIL V, 8045) ................................................................................ » 495

Mauro REALI, Quel che resta di un pater miser ........................................... » 502Marco GAGLIONE, Maria Federica PETRACCIA, Borminus e

non Dorminus. A proposito di una divinità fantasma in CIL V, 7504 ................................................................................................. » 507

Valentina PORCHEDDU, Le anfore rodie della Sardegna tra archeo logia antiquaria e nuove scoperte ..................................................................... » 515

Francesca LAI, Miliaria Sardiniae: riedizione di un miliario di Costan-zo II ................................................................................................................ » 533

Piergiorgio FLORIS, Un nuovo miliario di Traiano da Villamassar- gia e considerazioni su un altro rinvenuto nel medesimo terri- torio ........................................................................................................... » 538

Giacomo MANGANARO, Cn. Naevius poeta e annalista della Prima Guerra Punica e il suo mito troiano .................................................................... » 554

* * *

Premio Susini .................................................................................................... » 559

* * *

Nouvelles de l’A.I.E.G.L. ................................................................................. » 561

* * *

BibliografiaA.E. Cooley, The Cambridge Manual of Latin Epigraphy (Antonio SAr-

tori) .......................................................................................................... » 565«Memoriam habeto». Dal sepolcro dei Fadieni: stele figurate ed iscrizioni in

Cisalpina (lAurA Chioffi) ..................................................................... » 569f. CAntArelli, e. GAutier di ConfienGo, La collezione epigrafica Fusconi

(Roma, secoli XVI-XVIII) (MArCo BuonoCore) ................................. » 571CArolinA CortéS BárCenA, Epigrafía en los confines de las ciudades roma-

nas. Los Termini Publici en Hispania, Mauretania y Numidia (AnGelA donAti) ................................................................................................... » 575

Annunci Bibliografici ........................................................................................ » 576

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Indici, a cura di Angela DONATI .................................................................. » 579 I. Onomastica .......................................................................................... » 581 II. Geographica ......................................................................................... » 586 III. Notabiliora .......................................................................................... » 589 IV. Tavole di conguaglio .......................................................................... » 592Elenco dei collaboratori .................................................................................... » 595