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àVI Seminario Interdisciplinare

dei Dottorandi, Dottori di ricerca e Ricercatori 5-7 GIUGNO 2014

a cura di Ylenia Carola

Alessia De Palma Marta Donolo

Filippo Kulberg Taub Barbara Minczewa Michele Pigliucci

UniversItalia

PROPRIETÀ LETTERARIA RISERVATA Copyright 2015 - UniversItalia - Roma ISBN 978-88-6507-838-9 A norma della legge sul diritto d'autore e del codice civile è vietata la riproduzio-ne di questo libro o di parte di esso con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilm, registratori o altro. Le fotocopie per uso per-sonale del lettore possono tuttavia essere effettuate, ma solo nei limiti del 15% del volume e dietro pagamento alla SIAE del compenso previsto dall’art. 68, commi 4 e 5 della legge 22 aprile 1941 n. 633. Ogni riproduzione per finalità di-verse da quelle per uso personale deve essere autorizzata specificatamente dagli autori o dall’editore.

Foto di copertina: Nora Lux © 2014

3

INDICE

INTRODUZIONE

Daniela Guardamagna e Franco Salvatori .............................. 11

LA CITTÀ DEL PASSATO, LA CITTÀ DEL FUTURO

TENDENZE RELIGIOSE, SOCIALI, CULTURALI E

ARCHITETTONICHE NELL’ETRURIA ARCAICA Aura Piccioni ............................................................................... 15

I DEPOSITI VOTIVI DI ETÀ MEDIO-REPUBBLICANA NEL LATIUM

VETUS: INDICATORI DI UNA MUTAZIONE SOCIALE? Valeria Ducatelli ......................................................................... 25

LA ROMA AUGUSTEA NEI LIBRI DELLE MEDAGLIE DI PIRRO

LIGORIO Alessia Chiappini ........................................................................ 35

LA FORMA URBIS DI ROMA MEDIEVALE. UNO STRUMENTO DI

CONOSCENZA E VALORIZZAZIONE PER LA CITTÀ Nicoletta Giannini ...................................................................... 49

LA DINAMICA DEI RAPPORTI CON LO SPAZIO CITTADINO NEL

QUARTO VANGELO Marijana Milkovic ....................................................................... 59

LA CITTÀ «RIGENERATA»: I GIACOBINI ITALIANI E LA

QUESTIONE URBANA FRA EGUAGLIANZA E LIBERTÀ Eugenio Leucci ........................................................................... 67

THE CITIES OF THE PAST. LE CITTÀ DEL MEDITERRANEO FRA

TRADIZIONE E MODERNITÀ NELL’IMMAGINARIO DEI

VIAGGIATORI DEL XIX SECOLO Elisabetta Serafini ....................................................................... 79

4 INDICE

LE «SETTE SORELLE» DI MOSCA. IL MONUMENTALISMO

ARCHITETTONICO COME ICONOGRAFIA DELL’IMPERIALISMO

SOVIETICO Leila Tavi ..................................................................................... 91

IL MALEN'KIJ ČELOVEK PIETROBURGHESE E DIALOG DI G. ŠEF

Noemi Albanese ....................................................................... 107

IL MITO DI PIETROBURGO TRA CLASSICITÀ E MODERNITÀ NEI

TESTI DI JURIJ ŠEVČUK Valeria Giordano ...................................................................... 117

PIETROBURGO VERSUS ROMA: LESSICO GOGOLIANO TRA

SOGNO E REALTÀ Tania Triberio ........................................................................... 129

CAPITALI BIRMANE FRA PASSATO E FUTURO Daniela Coramusi ..................................................................... 141

LE CITTÀ BALCANICHE TRA ORIENTE E OCCIDENTE Ardian Lami .............................................................................. 153

LO SVILUPPO URBANO DI ELBASAN IN DIVERSI PERIODI

STORICI Zhuljeta Kadilli ......................................................................... 165

DALLA PERIFERIA AL PARLAMENTO: IL «TUGURIO» NEL DIBATTITO POLITICO ITALIANO DEI PRIMI ANNI CINQUANTA.

Luigi Cappelli ............................................................................ 177

L’INVENZIONE DELLA TRADIZIONE NELLA MODERNITÀ: UNA

VERSIONE PATOLOGICA Andrea Canclini ........................................................................ 189

IL RAPPORTO TRA ARCHITETTURA E PIANO NEL NUOVO

CENTRO DI LE HAVRE Andrea Calgarotto .................................................................... 199

TESSUTI URBANI E FLUSSI COSCIENZIALI Dana Svorova ........................................................................... 209

INDICE 5

LE VOCI CHE ABITANO LA CITTÀ. ASCOLTO INCONTRO E

CONFRONTO TRA LINGUAGGI DELLA MARGINALITÀ Nicola Di Croce ........................................................................ 221

PAESAGGIO, TERRITORIO, CITTÀ

LA CITTÀ E LA MOLTITUDINE IN H.M. WILLIAMS E P.B. SHELLEY

Tiziana Pagan ............................................................................ 235

«SI TURÒ LE NARI, CON RIBREZZO; MA BEN TOSTO RITIRÒ LA

MANO»: CITTÀ E REALTÀ NEI PROMESSI SPOSI Daniela Iuppa ............................................................................ 249

ROMA RACCONTATA NEL PIACERE DI GABRIELE D’ANNUNZIO

Sandra Dugo ............................................................................. 261

ROMA: IL GENIUS LOCI ATTRAVERSO LA NARRAZIONE ........... 275 Laura Khasiev ........................................................................... 275

«NELL'APERTA CAMPAGNA MILANO, SENZA BUSSOLA, NÉ OROLOGIO, NÉ SOLE, NÉ STELLE»: RITRATTO DEL

CAPOLUOGO LOMBARDO NELLA VITA OPEROSA DI MASSIMO BONTEMPELLI.

Caterina Lidano ........................................................................ 287

L’UOMO NEL LABIRINTO. CITTÀ E ALIENAZIONE IN CORRADO

ALVARO Gabriella Valente ...................................................................... 301

LE ZONE DELLA GRANDE BONIFICA NEI VIAGGI DI GUIDO

PIOVENE E GIANNI CELATI Maria Pia Arpioni ..................................................................... 313

NATURA, TRADIZIONE, MODERNITÁ. IL PIANO DI ESPANSIONE AD HILVERSUM DI WILLEM MARINUS

DUDOK Alessandro Dalla Caneva ........................................................ 325

6 INDICE

TIMBUCTU. IL DESERTO NELLA CITTÀ, UNA CITTÀ NEL

DESERTO Stefania Pinci ............................................................................. 337

I SEGNI DELLE TRASFORMAZIONI DEL PAESAGGIO NEL

SUBURBIO MERIDIONALE DI ROMA: EVIDENZE

ARCHEOLOGICHE E TOPONIMI Elisa Giunta ............................................................................... 349

ABITARE LE ALPI. RIFLESSIONI GEOFILOSOFICHE SULLA CITTÀ

NELLE ALPI Andrea Marini ........................................................................... 363

LA CITTÀ VIOLENTATA: IL ‘SACCO’ DI PALERMO NELLE CARTE

DELLA PRIMA COMMISSIONE ANTIMAFIA Diego Gavini ............................................................................. 373

TRIESTE: ASCESA E DECLINO DI UNA LOCALITÀ CENTRALE Michele Pigliucci ....................................................................... 385

LA CITTÀ PARTECIPATIVA. PRATICHE ATTIVE DI CREAZIONE E

INTERAZIONE CON GLI SPAZI METROPOLITANI Chiara Canali ............................................................................. 397

REALTÀ E SFIDE DELL’URBANIZZAZIONE MONDIALE Andrea Perrone ........................................................................ 409

IL RITMO URBANO

L’EDILIZIA DOMESTICA DEL CAMPIDOGLIO IN ETÀ ROMANA. DALLA CASA ROMULI ALL’INSULA DELL’ARACOELI

Rocco Bochicchio .................................................................... 423

LA PALAZZINA NERVI-NEBBIOSI SUL LUNGOTEVERE

ARNALDO DA BRESCIA IN ROMA. TRA TRADIZIONE E

INNOVAZIONE Chiara Giannoni ....................................................................... 435

INDICE 7

AI MARGINI DI PARIGI E DELLA LINGUA FRANCESE: RITMO

URBANO E POLIFONIA NELL’ARCHITETTURA DEL ‘FRANÇAIS

CONTEMPORAIN DES CITÈS’ Fiorella Di Stefano ................................................................... 445

PENSARE LA CITTÀ: LA CITTÀ COME LUOGO DI CONFLITTO

NELLA FRANCIA DEL XIX SECOLO Giovanni Campailla .................................................................. 455

SPAZIO URBANO E DIMENSIONE UMANA NEL GIAPPONE CONTEMPORANEO: LE DINAMICHE DI TOKYO

ORIZZONTALE Claudia Fimiani ......................................................................... 467

DI ASFALTO E CEMENTO: SPECULAZIONE E

SPERSONALIZZAZIONE Gabriele Ottaviani .................................................................... 479

LA CITTÀ E I RIFIUTI TRA ‘DISTRIBUZIONE DEL SENSIBILE’ E

REGIME DI MATERIALITÀ. IL CASO DELLA DISCARICA DI DAKAR

Raffaele Urselli .......................................................................... 489

SPAZI URBANI DEMOCRATICI. LO STATO DI FESTA COME

MANIFESTAZIONE DI NUOVI RITMI SOCIALI Cristina Sciarrone ..................................................................... 501

LE IMPLICAZIONI SOCIALI DELLE NUOVE TECNOLOGIE: LA

FRUIZIONE DEI BENI CULTURALI SUL TERRITORIO Chiara Landi .............................................................................. 513

ROMA NEL “CASO GIROLIMONI”: DINAMICHE CULTURALI E

URBANE DI UNA CITTÀ IMPAURITA Fabio Ecca ................................................................................. 523

LA CITTÀ-DENARO. UTOPIE E DISTOPIE URBANE Niccolò Cuppini ....................................................................... 533

«LE CITTÀ SI RICONOSCONO AL PASSO» LA MILANO

MITTELEUROPEA DI PAGLIARANI (E MUSIL) Tommaso Gennaro .................................................................. 543

8 INDICE

DA ELIO VITTORINI A GIORGIO FALCO: ’UBICAZIONE DEL

BENE NELLE CITTÀ DEL MONDO Milly Curcio ............................................................................... 557

LE CITTÀ DEL FUTURO IN LAST AND FIRST MAN DI STAPLEDON

Iren Boyarkina .......................................................................... 567

LONDRA CITTÀ FANTASMA: IL CENTRO URBANO COME

PALCOSCENICO INTERIORE IN THE INFORMATION DI MARTIN

AMIS Alfredo Palomba ...................................................................... 577

UNA METROPOLI ‘IN SIMULTANEA’: BERLINO NELLA LIRICA DI

WALTER MEHRING PER IL CABARET Luigia Tessitore......................................................................... 589

IL PONTE: UNO SPAZIO SOSPESO PER LA PERFORMANCE

ARTISTICA Enrico Strina ............................................................................. 601

LA FRUIZIONE DELLA CITTÀ ATTRAVERSO LA SMARTNESS

URBANA Marta Donolo ........................................................................... 613

ANTIESTETICA E NUOVA CONCEZIONE ESTETICA URBANA

«THREE OR FOUR FAMILIES IN A COUNTRY VILLAGE IS THE

VERY THING TO WORK ON»: LA DIALETTICA CITTÀ VS

CAMPAGNA NELL’OPERA AUSTENIANA Angela Sileo ............................................................................... 625

NEI SUONI DEI LUOGHI: SAN FRANCISCO TRA JAZZ E

LETTERATURA BEAT Sveva Battaglia .......................................................................... 637

CITTÀ NASCOSTA, CITTÀ LIBERATA: SPAZI, PERCORSI E FIGURE

NEI ROMANZI ESTREMI DEGLI ANNI OTTANTA Giovanni Barracco ................................................................... 649

INDICE 9

DA MACONDO A MCONDO: IL CAMBIAMENTO URBANO

LATINOAMERICANO ATTRAVERSO LE CITTÀ IMMAGINARIE Long Marco Bao ....................................................................... 661

CITTÀ E ‘RUINE’ DI CITTÀ: RETABLO DI VINCENZO CONSOLO Cinzia Gallo ............................................................................... 673

LA CITTÀ COME IPOTESI DI UN’ALTERNATIVA SOCIALE NEI

ROMANZI DI ELIO VITTORINI Caterina Francesca Giordano ................................................. 687

LO SPAZIO URBANO NEL CICLO COMMEDIE E PROVERBI DI ERIC

ROHMER Stefano Lo Verme .................................................................... 697

LA TESTUALIZZAZIONE DELLA CITTÀ IN GOODBYE TO BERLIN

DI CHRISTOPHER ISHERWOOD Anja Meyer ................................................................................ 709

LA CITTÀ COME OGGETTO TEORICO ALLE ORIGINI DELLE

TEORIE DEL CINEMA Valentina Valente ..................................................................... 721

QUANDO LA CITTÀ DORME: VISIONI CINEMATOGRAFICHE NOTTURNE

Filippo Kulberg Taub - Michela Paoletti .............................. 731

LA BELLE ÉPOQUE A ROMA: TRA CAFFÈ-CONCERTO E TEATRO

FUTURISTA Miriam Polli ............................................................................... 747

URBAN PERFORMANCES: L’ORDINATO E LO STRAORDINARIO

Elena D’Angelo ........................................................................ 759

DALLA ROMA DI MENDELSSOHN AI NOSTRI GIORNI: DUE

REALTÀ MUSICALI A CONFRONTO Andrea Panfili ........................................................................... 769

SOVRASTIMOLAZIONE UDITIVA E PERDITA DEI SIGNIFICATI: SULL’INQUINAMENTO ACUSTICO-MUSICALE

Viviana Ponta ............................................................................ 779

10 INDICE

TRA ARCADIA, OMAGGIO E LEGGENDA: IL CONCETTO DI

‘CITTÀ’ NELLA CANTATA DA CAMERA ITALIANA Giacomo Sciommeri ................................................................ 789

L’ESTETICA IPERMODERNA NELLA CITTÀ AMERICANA Federica Ditadi Nicola Scarpelli ............................................ 805

CONDIVISIONE E PERSONALIZZAZIONE TRA ONLINE E

OFFLINE. L’EMERGERE DI UN NUOVO SPAZIO URBANO Angela Maiello .......................................................................... 817

FUTURISMO E CUTENESS Giancarlo Carpi ........................................................................ 827

LA RAPPRESENTAZIONE DELLA METROPOLI NELLA STREET ART

Eugenia Battisti ......................................................................... 841

LA CITTÀ POSTMEDIALE: IL CASO DELLA NET.ART TRA EUROPA

E AMERICA Alessia De Palma ...................................................................... 853

Finito di stampare in proprio nel mese di novembre 2015

UniversItalia di Onorati s. r. l. Via di Passolombardo 421, 00133 Roma Tel: 06/2026342

email: editoria@universitaliasrl. it – www.universitaliaeditrice.it

LONDRA CITTÀ FANTASMA: IL CENTRO URBANO COME

PALCOSCENICO INTERIORE IN THE INFORMATION DI

MARTIN AMIS

ALFREDO PALOMBA

Da allora in poi, fu soltanto città, soltanto Londra, soltanto esperienza.

Martin Amis

Il protagonista di The Information, l’ottavo romanzo di Martin Amis, uscito nel 1995, si chiama Richard Tull, sta per compiere quarant’anni ed è logorato dall’invidia. Lavora come recensore di assurde biografie presso un giornale letto da pochissimi che si chiama, non a caso, «La piccola rivista»; è vicedirettore di una casa editrice che costringe gli autori a pagare le spese di stampa, la classica pubblicazione privata che, ci dice Amis, «non è propriamente criminalità organizzata, ma ha stretti legami con la prostituzione»1. E poi Richard Tull è uno scrittore. Ha

pubblicato in giovane età due romanzi di accentuata derivazione modernista, giustamente poco considerati dalla critica, e altri tre che restano impubblicati; nel frattempo sprofonda in «un intero Mahabharata di dolore»2. L’invidiato è un amico di vecchia data,

Gwyn Barry, investito da una fama inarrestabile al suo secondo romanzo, una blanda utopia rurale dove succede poco o nulla di interessante: «Qual era l’«argomento» di Amelior? […] raccontava di un gruppo di giovani di animo nobile che, in un paese innominato, lottavano per creare una comunità rurale. Ci riuscivano. Fine»3. Gwyn Barry è un individuo ugualmente

1 AMIS 2004, p. 63.

2 Ivi, p. 33. 3 Ivi, p. 35.

ALFREDO PALOMBA

insulso e vanesio: uno che, per dire, dichiara in un’intervista che la narrativa è come l’arte della falegnameria e poi compra strumenti da lavoro, li piazza in un sottoscala della sua immensa villa e simula un laborioso disordine, in modo da convincere eventuali giornalisti che dovessero passare di lì del suo reale impegno in entrambe le attività. Il rapporto tra i due scrittori è costruito sul gioco degli opposti gemellari: Richard e Gwyn sono nati a un giorno di distanza e incarnano le opposte polarità dell’io: Richard, riuscitissima creazione letteraria, sulle cui vicende si incentrano i tre quarti del romanzo, riveste il ruolo oscuro e ingrato dell’invidioso, uno Iago contemporaneo che cerca la distruzione del suo antagonista, ma non per cupidigia o, Dio ce ne scampi, amore, ma per la netta sensazione che il mondo letterario, il suo destino, l’universo tutto gli abbiano giocato un tiro mancino. Al posto di Gwyn ci sarebbe dovuto essere lui, sarebbe dovuta toccare alle sue opere, difficili, sofferte, ipertecniche, la fausta sorte delle traduzioni, delle ristampe, dell’attenzione mediatica. La gratificazione della memoria.

Evidentemente, il lavoro del recensore di narrativa equivale, per Amis, al concretizzarsi di un’amara presa di coscienza rispetto alle proprie capacità. L’autore ha le idee fin troppo chiare sull’argomento e il meschino personaggio Richard Tull, nel suo complesso, lo dimostra. La vita di Richard, nel momento stesso in cui si rende conto del successo che ha investito il rivale – ritenuto innocuo prima della fama e, anche dopo, letterariamente indegno – è consacrata a una sola missione: distruggerlo. Fargli del male fisico, e per questo assolda degli improbabili criminali4, ma soprattutto rendergli la

vita un inferno, rubargli la tranquillità. Richard vuole ripagare con la stessa moneta i torti che Gwyn gli ha arrecato, diventando ciò che lui credeva di essere destinato a diventare: «Vuole fare a Gwyn quello che Gwyn ha fatto a lui. Vuole assassinargli il sonno. Vuole informare l’uomo addormentato»5.

4 I libri di Amis sono sempre zeppi di mezze tacche e avanzi di galera. 5 AMIS 2004, p. 77.

LONDRA CITTÀ FANTASMA: IL CENTRO URBANO COME PALCOSCENICO INTERIORE IN

THE INFORMATION DI MARTIN AMIS

E cos’è allora l’informazione che dà il titolo al romanzo e che Richard ricerca con doloroso accanimento? L’informazione è, sostanzialmente, illusione di dominare il destino proprio e altrui mediante la conoscenza. Nel cosmo finzionale del romanzo di Amis, in cui ogni manifestazione umana è picchettata da un costante, tormentato squallore e la stessa «storia dell’astronomia è una storia di crescente umiliazione»6,

l’informazione «arriva di notte»7 ed ha il sapore amaro, per

l’appunto, della chiacchiera libresca, del pettegolezzo, dei panni sporchi da lavare in pubblico. L’informazione è conoscere i dettagli più intimi, il particolare rivelatore, il punto debole di chi si ha di fronte, per averne in mano la storia, giostrandolo come fosse, egli stesso, il personaggio di un romanzo. E, di conseguenza, avendo il controllo ci si illude di poter dominare il proprio incontrovertibile destino di umiliati e offesi, «sempre in cerca di considerazione, e invece […] trattati in maniera sconsiderata, spicciativa, preconfezionata»8, cittadini di una terra

devastata in cui perfino il sole va via via raffreddandosi e l’universo, da geocentrico, è diventato eliocentrico e poi «eccentrico»9: Richard Tull si illude, costantemente e lungo tutta

la grottesca via crucis di avvilimento architettata per lui dall’autore, di poter gestire il corso degli eventi. Smascherando la vera identità di Gwyn Barry, la povertà d’animo, le doppiezze del rivale, Richard immagina di prenderne il posto, o quantomeno spera di farlo precipitare con lui nell’abisso della storia umana: a questi nobili scopi è designata l’informazione. Ma la verità terribile del romanzo è che nulla si può controllare, il senso degli avvenimenti è scomparso, «i motivi sono spariti10,

perfino i generi si «sono trasfusi l’uno nell’altro»11.

6 Ivi, p. 110.

7 Ivi, p. 31.

8 Ivi, p. 263.

9 Ivi, p. 31.

10 Ivi, p. 147.

11 Ivi, p. 31.

ALFREDO PALOMBA

Lo stesso titolo, ci dice James Diedrick12, è ingannevole:

creando delle aspettative nel lettore, lo porta a credere che ci sarà, prima o poi, un’informazione rivelatoria, chiarificatrice. Ma essa è presente solo in absentia e mai si rivela, se non per stralci rovinosi, insignificanti.

Crudele come pochi, Amis riesce a marginalizzare un personaggio che, pur da protagonista, non sa e non può uscire dall’ombra, costringendolo a occuparsi, lui che nutre una spropositata considerazione della propria opera narrativa, di letteratura trascurabile o addirittura di dattiloscritti i cui autori sono dilettanti allo sbaraglio, testi che non hanno nemmeno saputo rompere «il guscio della loro forma primitiva: diario, registro dei sogni, dialettica»13. Eppur si muove, e il demone

interiore che lo consuma e lo rende simile a un roditore nella folle e tragicomica odissea alla ricerca dell’informazione, quel demone spinge Richard a non fermarsi mai, a trasformarsi in radicale libero in uno spazio che, come vedremo, sembra essere stato edificato a sua immagine e somiglianza: una Londra assurda, oscura, fantasmagorica, popolata da folli e criminali, pericolosamente vitale, «a modo suo esemplare – l’anti città modello»14.

Per Michel Foucault «[l’]epoca attuale potrebbe […] essere considerata l’epoca dello spazio»15. Di certo lo spazio, e in

particolar modo la città, ha avuto un ruolo preminente negli studi antropologici, etnografici, sociologici e perfino letterari degli ultimi cinquant’anni. È emblematico, poi, che lo studioso David Harvey, ad apertura de The Condition of Postmodernity (1990), importante contributo al dibattito postmoderno, citi Soft City (1974) di Jonathan Raban e cominci la sua disamina introducendo un resoconto su come la percezione della città sia cambiata in epoca contemporanea. In sostanza, Raban non crede che la città sia rigidamente stratificata e organizzata e

12 Cfr. DIEDRICK 1995, p. 179.

13 Ibid.

14 Ivi, p. 51.

15 FOUCALT 2002, p. 19.

LONDRA CITTÀ FANTASMA: IL CENTRO URBANO COME PALCOSCENICO INTERIORE IN

THE INFORMATION DI MARTIN AMIS

afferma che gli automatismi di cui è foriera riguardino la produzione di segni, per il singolo, da interpretare: leggerli male può indurre in situazioni di smarrimento o di pericolo. «La città […] è un posto troppo complicato per poter mai essere disciplinato. Labirinto, enciclopedia, emporio, teatro, la città è il luogo dove realtà e immaginazione semplicemente devono fondersi»16. In un labirinto, tuttavia, è facile smarrire gli altri o

anche se stessi, e il teatro non è solo commedia: «ciò significava – spiega Harvey citando Raban – che il «cattivo» o il «buffone» potevano entrare in scena e trasformare la vita sociale in una tragicommedia o addirittura in un violento melodramma, soprattutto se non si era in grado di interpretare correttamente i codici»17. O, aggiungeremmo noi, se non si è abbastanza

avveduti da saper gestire l’informazione. Torniamo per un attimo a Foucault e a un concetto chiave dei suoi studi sullo spazio: le cosiddette eterotopie.

Il pensatore francese parte dall’ovvio presupposto che non viviamo in uno spazio bianco, delimitato, piano, una sorta di foglio di carta, area neutra con cui è impossibile interagire, ma al contrario «in uno spazio quadrettato, ritagliato, variegato, con zone luminose e zone buie, dislivelli, scalini, avvallamenti e gibbosità, con alcune regioni dure e altre friabili, penetrabili, porose»18.

Nel caso di The Information assistiamo a un particolare stretching dell’idea di eterotopia: è come se l’intera città di Londra, costruita di fatto da Amis perché vi scorrazzi il personaggio Richard Tull e dunque, in un certo senso, luogo altro, spazio reale ed immaginato al contempo, sia emanazione dell’interiorità del suo passeggero, non funzione ma specchio, frutto intorno al nocciolo: essa appare agli occhi del lettore ugualmente martoriata, grigia, incomprensibile, profonda, pericolosa e oscura come un pozzo. Già l’incipit del romanzo è significativo e, a mio parere, avalla una lettura dell’opera –

16 HARVEY 2010, p. 17.

17 Ivi, p. 18.

18 FOUCAULT 2006, p. 12.

ALFREDO PALOMBA

passibile, in verità, di letture molteplici – che identifichi il personaggio e i suoi ritmi interiori col contesto in cui vengono situati: «Le città di notte contengono uomini che piangono nel sonno, poi dicono Niente. Non è niente. Solo un sogno triste. O qualcosa del genere…»19.

Città notturne e uomini che piangono nel sonno, una totalità disperante in cui tra elemento e scenario non c’è filtro né barriera, ma osmosi che alimenta in entrambi una pari angoscia. L’eterotopia è la città stessa, ma accoglie un’umanità derelitta e vittima delle proprie passioni, concepita a sua immagine. Vediamo, ad esempio, come è resa Calchalk Street, la via in cui abita Richard, nel momento in cui il povero scrittore vi passa, comicamente avviluppato dai tubi pitonici di un aspirapolvere che sta portando a riparare. Il deterioramento della strada, da quando Richard e sua moglie Gina vi si trasferiscono, ricorda, ça va sans dire, la progressiva discesa esistenziale del protagonista:

Calchalk Street è una traversa di Ladbroke Grove, un buon

chilometro oltre Westway. Per un certo periodo era sembrato che Calchalk Street dovesse decollare. […] Quando le era stato offerto di nobilitarsi, Calchalk Street aveva detto: no grazie. E aveva riassunto l’identità postbellica del razionamento e della pigione a fine mese. Quando le era stato offerto il colore, aveva preferito restare monocromatica; persino gli asiatici e i caribici che vivevano lì si erano non so come sassonizzati – camminavano e guardavano, pisciavano, vernacolavano, s’intruppavano, fottevano e bestemmiavano esattamente come i locali. Calchalk Street aveva un orrido Pub, l’Adamo ed Eva (teatro, per Richard, di molte tremebonde bevute), e un orrido ufficio postale distaccato, davanti al quale, alle otto di ogni santa mattina lavorativa, si coagulava una coda disperata di Hilde e di Gilde, di babbi e babbei, con la loro bolletta in mano. C’erano intere famiglie irlandesi pigiate nei seminterrati, e casalinghe incinte che fumavano come ciminiere sulle scalette esterne, e vecchi rattrappiti in pantaloni scampanati e scarpe da ginnastica incartapecorite che

19 AMIS 2004, p. 5.

LONDRA CITTÀ FANTASMA: IL CENTRO URBANO COME PALCOSCENICO INTERIORE IN

THE INFORMATION DI MARTIN AMIS

bevevano birra in lattina davanti al fiato caldo della stufa a monete. C’erano persino le puttane, là all’angolo – una piccola tribù20.

Sodali di Richard sono i diseredati, topi di città che tengono

un ritmo dolente, grave. Londra non mostra uscite di sicurezza e, anzi, i suoi vicoli, i pub, gli uffici, tutto pare accompagnare il disperante calvario del protagonista21. Di questo ‘nonluogo

antropologico’22 Richard costituisce il motore. Ma se, per Marc

Augé, il nonluogo rappresenta lo spazio tipico del postmoderno, in The Information è effettuato uno step ulteriore. Lo spazio urbano è qui tutt’altro che impersonale, asettico, modulare: al contrario, è informato della presenza umana tanto da essere trasfigurato in riflesso stesso dei suoi moti, in palcoscenico del subconscio (quando non, il che è peggio, del conscio). Landbroke Grove, ad esempio, un «pezzo di Londra di proprietà dei barboni e degli ubriachi»23, richiama a Richard

un’atmosfera di miltoniana memoria: lì, il marciapiede, persino la strada, indossa un umido manto di

birra (in diverse epifanie) che ti risucchia le scarpe quando passi frettoloso. Uomini accovacciati con la testa rovesciata all’indietro e la faccia distrutta… A Richard, quello spettacolo faceva venire in mente Pandaemonium e l’assemblea degli angeli ribelli – scagliati come fulmini, a testa prima, dagli spalti di cristallo del cielo, caduti nel peccato e caduti nel fuoco del castigo e nell’imo mondo delle tenebre24.

20 Ivi, pp. 39-40.

21 Ancor più evidente quando, nell’accompagnare Gwyn in un tour per città

americane, egli si trascinerà dietro, come un dannato dell’inferno dantesco, un sacco di iuta con diciotto copie – l’intera tiratura – del suo voluminoso ultimo romanzo, finalmente pubblicato presso un’insignificante e ipocrita piccola casa editrice americana. 22 Cfr. AUGÉ 1999.

23 AMIS 2004, p. 51.

24 Ibid.

ALFREDO PALOMBA

La città è però anche un luogo in cui, sebbene il disordine regni incontrastato e l’irrazionalità venga sempre portata alla ribalta, pure c’è spazio per qualche momento di tensione con la sua nemesi, l’organizzazione. Quando Richard, ubriaco e stralunato, fa visita all’editrice Gal Aplanalp, Amis dà luogo a una singolare tenzone tra ordine e caos, resistenza e disfacimento, combattuta sia dal fisico della donna che dal panorama urbano alle sue spalle, teatro di «un’edilizia catartica e in grande scala»25, mirabilmente paragonato al disegno di un

architetto su un foglio sporco: Gal aveva una pecca, una predisposizione. Il peso voleva

impadronirsi di lei. Il grasso la voleva. Sedeva a una scrivania organizzata, ma in lei s’annidava qualcosa di non organizzato, non del tutto… Alle sue spalle c’era la finestra: nella cornice di cielo grigio, le gru erano come le squadrette a T di un tecnigrafo. La carta usata dall’architetto era sudicia e macchiata. Troppi rifacimenti e sfregamenti, con una gomma sporca. Cancellature icastiche, e i trucioli di gomma che ombreggiano l’aria, spazzolati e cacciati dal mignolino che si libra sul foglio. Una buona idea, quando si immagina Londra, quando si immaginano le città, quella di tornare al tavolo da disegno26.

Allo stesso modo, a fare da contraltare alla violenza che

irradia senza sosta né senso dal contesto urbano, è l’innocenza del figlio di Richard, Marco, la cui forza e al contempo debolezza è una acuta sensibilità, un’attenzione per così dire ‘narrativa’, certosina e appassionata, ai luoghi, alle persone. La delicatezza del bambino, uno dei personaggi meglio tratteggiati del romanzo, lo mette in costante pericolo: è come se Marco, più degli altri, fosse inadatto al contesto che lo circonda, fosse destinato – e questo è forse l’unico barlume di luce che emana dalla visione apocalittica di The Information – a posti migliori, più innocenti. Passeggiando con Marco in un parco emblematicamente chiamato “Merdadicane”, Richard avverte,

25 Ivi, p. 107.

26 Ivi, pp. 111-112.

LONDRA CITTÀ FANTASMA: IL CENTRO URBANO COME PALCOSCENICO INTERIORE IN

THE INFORMATION DI MARTIN AMIS

come un animale che fiuta il pericolo, quanto sia alto il rischio per il suo bambino: «la violenza, quando veniva, veniva dal singolo, dal margine del campo, senza motivo. Il pascolo urbano era tutto margine. Il campo non esisteva più. E la violenza non sarebbe venuta a cercare Richard. Sarebbe venuta per Marco»27.

Il disfacimento di Richard come uomo e artista procede pagina dopo pagina in una marcia impietosa e Londra accompagna lui e tutti gli altri sconfitti, con ferocia, sempre più assumendo un profilo inquietante, man mano che la storia procede e la china degli sbagli umani si fa più ripida e accidentata: anche «le mosche londinesi costituiscono una razza particolare – sono grasse, lente e, venuto ottobre, si trasformano in morte viventi»28, mentre «il semaforo […] monta

la guardia alla strada principale […] e il bagno di sangue del tramonto imbratta il cielo sopra i tetti»29. Ancora, più avanti,

balzano all’occhio altri stralci di una città demoniaca che via via entra in contatto con la dimensione umorale e corporea dei suoi abitanti, proponendosi in una veste ibrida, biomeccanica, come nel caso della descrizione di un pub e della strada fuori:

Oltre agli strati di fumo di sigaretta, ai vapori e agli umori del pub,

agli effluvi di torte e agli spumeggianti rutti alla birra, c’era anche il fiato delle macchine, che si stendeva come una rete grigia all’altezza dei tavoli. Fuori sul marciapiede, appena turbato da piccoli cicloni di immondizia, mulinelli di disperazione, erano sparse parecchie scatole di cartone di cibo mezzo mangiato – pasti abbandonati per la fretta, o il disgusto, o un attacco di vomito. Su in alto, le sgualciture del cielo baluginavano come cellulite30.

Il clima che la Londra di Amis ispira è quello di una violenza

sempre rimandata, un istinto ancestrale, biologicamente

27 Ivi, p. 119.

28 Ivi, p. 172.

29 Ivi, p. 174.

30 Ivi, pp. 186-187.

ALFREDO PALOMBA

radicato ma coperto di smog, confusione, informazione passeggera, che non esplode (quasi) mai e, quando c’è, è grottesco, segnato dall’equivoco, dal comico. Città-animale che anche affaticata è capace di palesarsi: lo vediamo, ad esempio, in un treno «[m]onoliticamente sovrappeso, come un serpente preistorico che avesse ingoiato non un mastodonte o un mammut ma un altro serpente delle stesse dimensioni, […] con i suoi occhi sdegnosamente satolli»31. E, fugace, entra in The

Information anche l’opposizione città/campagna, cara a molta letteratura del diciannovesimo secolo, la quale Amis sembra voler omaggiare. C’è una sostanziale differenza, però: mentre, nella contrapposizione tradizionale, la campagna assume su di sé valori arcaici e familiari ormai dimenticati, qui è operato un rovesciamento ed essa altro non è che assenza di confini, possibilità per una bestiale ferocia – trattenuta in parte nella città dagli sguardi altrui, dall’opinione pubblica, da una presenza o parvenza di legge – di esplodere in maniera irrazionale, incontrollata:

tutto stava a dimostrare che la città era più sicura della campagna.

Gli alberi erano più pericolosi delle strade. La città era come l’opinione pubblica – ti tratteneva. I campi non riuscivano a trattenere nessuno. Perché credete che la gente si becchi cinquantasette pugnalate? Perché credete che la gente crepi per trentanove colpi alla testa? Se le condizioni sono favorevoli (se nessuno ti vede, se sei solo), non ti fermi32.

Non certo, questa, l’ammissione di un’intrinseca ‘bontà’ del

centro urbano: Londra vive della stessa violenza dei suoi avventori, la sua immagine è addizione di miseria, effluvio puzzolente, vapore. Accumulo di rabbia scura e palazzi di cemento e acciaio, di intenzioni corrotte e incapacità di guardarsi allo specchio senza rabbrividire, di paura dell’altro, della salvezza disprezzata e fuggita. Emanazione, animale, cuore

31 Ivi, p. 229.

32 Ivi, p. 193.

LONDRA CITTÀ FANTASMA: IL CENTRO URBANO COME PALCOSCENICO INTERIORE IN

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pulsante, luogo nonluogo che palpita allo stesso ritmo delle ansie e delle pochezze umane, casa di sospetto e afflizione, «deserto della pienezza – per citare Paul Virilio – […] pari alla sua densità materiale»33. Città a misura d’uomo, in un certo

senso: a misura di Richard Tull, sconfitto dagli eventi, carnefice di se stesso, abitatore sofferente di un territorio dove, soltanto, si può attendere «la venuta di ciò che resta»34.

33 VIRILIO 2004, p. 110. 34 Ivi, p. 107.

ALFREDO PALOMBA

Bibliografia AMIS 2004 = M. AMIS, L’informazione, Torino, Einaudi 2004. AUGÉ 1999 = M. AUGÉ, Nonluoghi. Introduzione a una antropologia

della surmodernità, Milano, Elèuthera 1999. DIEDRICK 1995 = J. DIEDRICK, Understanding Martin Amis,

Columbia, University of South Carolina Press 1995. FOUCAULT 2002 = M. FOUCAULT, Spazi altri, Milano, Mimesis

2002. FOUCAULT 2006 = M. FOUCAULT, Utopie Eterotopie, Napoli,

Cronopio 2006. HARVEY 2010 = D. HARVEY, La crisi della modernità, Milano, il

Saggiatore 2010. VIRILIO 2004 = P. VIRILIO, Città panico. L’altrove comincia qui,

Milano, Raffaello Cortina 2004.