archeologia e geomorfologia. un approccio integrato applicato al territorio di modena

16
Premessa L’interazione fra geologia e archeologia è una del- le costanti che accompagnano la ricerca archeologica nel territorio modenese già dai primi lavori di carat- tere scientifico realizzati dopo la metà del XIX seco- lo. Alcuni dei “pionieri” della ricerca archeologica in quegli anni avevano infatti una formazione naturali- stica e spesso una buona conoscenza delle vicende geo- logiche del territorio modenese. A tale proposito val- ga l’affermazione di Arsenio Crespellani che nel 1888, a commento della prima carta archeologica della cit- tà di Modena, accostava per l’importanza del depo- sito archeologico sepolto l’antica Mutina a Pompei, con la differenza che il seppellimento della città emi- liana era stato determinato da rovinose alluvioni, le quali tuttavia ne avevano preservato, pressoché intat- ti gli straordinari resti monumentali (CRESPELLANI, 1888). Il caso della città sepolta di Mutina e delle sue straordinarie testimonianze, di cui abbiamo solo evi- denze minori sufficienti però a farci percepire quali “tesori” conservi il sottosuolo cittadino, appare dun- que paradigmatico della forte relazione fra due disci- pline che in comune hanno la lettura degli strati e del sottosuolo come indicatori di processi di trasforma- zione. L’interazione fra geologia, geomorfologia e ar- cheologia nel modenese è anche indicativa del rappor- to fra comunità umane e natura, una relazione che condiziona, almeno a partire dal II millennio a.C., lo stesso assetto del territorio. In altre parole potremmo affermare che una parte consistente della storia di Mo- dena è data dal rapporto che le comunità umane han- no avuto nel tempo con i corsi d’acqua che hanno ac- compagnato le trasformazioni territoriali. L’evoluzione delle forme fluviali appare dunque una delle chiavi di lettura principali nella storia del po- polamento dell’area modenese, e più in generale del- la pianura. La presenza di una notevole quantità di forme fluviali relitte, riconoscibili nell’attenta anali- si geomorfologica presentata in questo volume, pone il grande problema della datazione delle stesse e na- turalmente più tale datazione sarà precisa più essa po- trà avere interesse sul piano storico. Partendo da que- sto presupposto vi sono stati vari tentativi, anche re- centi, di datazioni incrociate fra evidenze geologiche e geomorfologiche e dati archeologici, sia su scala ter- ritoriale ampia che in dettaglio (CREMASCHI &GA- SPERI,1988; CREMASCHI &GASPERI, 1989; GASPERI et al., 1989; CARDARELLI &CATTANI, 1994; PELLE- GRINI, 1999; CARDARELLI et al., 2000; LUGLI, 2002). È possibile ora tentare un ulteriore avanzamento con- frontando i dati derivati dalla ricerca sistematica del- le forme fluviali, sintetizzata nella carta geomorfolo- gica, con quelli contenuti nell’archivio delle presen- ze archeologiche realizzato dal Museo Civico Archeo- logico Etnologico di Modena e dalla Soprintenden- za per i Beni Archeologici dell’Emilia Romagna a par- tire dal 1983. Si tratta, per il territorio considerato, di circa 800 presenze archeologiche censite e rappre- sentate nella carta archeologica del Comune di Mo- dena, gestita attraverso il sistema GIS “CART Mode- na” elaborato dalla Regione Emilia-Romagna, che rappresenta un’evoluzione del sistema Mutina, utiliz- zato dal Museo fin dal 1994. Un così alto numero di presenze archeologiche di- stribuite fra neolitico ed età moderna (VI millennio a.C. - XVIII sec. d.C.) consente di avere un consisten- te livello di informazioni, probabilmente non equi- parabile a nessuna altra realtà territoriale dell’Italia set- tentrionale, per tentare una datazione della comples- sa situazione delle forme fluviali evidenziate dalla car- ta geomorfologica. Sul piano metodologico la definizione del rappor- to fra forme fluviali e presenze archeologiche non è semplicemente risolvibile in un rapporto di presen- za/assenza. La presenza di resti archeologici sovrappo- sti a forme geomorfologiche identifica, di norma, una datazione ante quem mentre una relazione inversa, cioè una sovrapposizione a resti archeologici sepolti, è di norma identificabile con una datazione post quem. È quindi necessario in primo luogo diversificare i si- ti rintracciati in superficie da quelli sepolti. La pro- porzione fra queste due categorie non è tuttavia equi- parabile. La percentuale di siti sepolti, per esempio, è assai consistente nell’area urbana, dove i resti di età romana sono esclusivamente rintracciabili vari metri al di sotto dell’attuale suolo superficiale, mentre nel territorio le evidenze di siti sepolti attribuibili alla stes- 65 II. Archeologia e geomorfologia. Un approccio integrato applicato al territorio di Modena di Andrea Cardarelli, Maurizio Cattani, Donato Labate, Silvia Pellegrini* * Il testo e la cartografia sono a cura del gruppo di ricerca coordinato da Andrea Cardarelli, Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, con la collaborazione di Maurizio Cattani, Università degli Studi di Bologna; alla stesura del paragrafo 2 hanno collabora- to anche Donato Labate e Silvia Pellegrini del Museo Civico Archeologico Etnologico di Modena.

Upload: modena

Post on 21-Feb-2023

0 views

Category:

Documents


0 download

TRANSCRIPT

Premessa

L’interazione fra geologia e archeologia è una del-le costanti che accompagnano la ricerca archeologicanel territorio modenese già dai primi lavori di carat-tere scientifico realizzati dopo la metà del XIX seco-lo. Alcuni dei “pionieri” della ricerca archeologica inquegli anni avevano infatti una formazione naturali-stica e spesso una buona conoscenza delle vicende geo-logiche del territorio modenese. A tale proposito val-ga l’affermazione di Arsenio Crespellani che nel 1888,a commento della prima carta archeologica della cit-tà di Modena, accostava per l’importanza del depo-sito archeologico sepolto l’antica Mutina a Pompei,con la differenza che il seppellimento della città emi-liana era stato determinato da rovinose alluvioni, lequali tuttavia ne avevano preservato, pressoché intat-ti gli straordinari resti monumentali (CRESPELLANI,1888). Il caso della città sepolta diMutina e delle suestraordinarie testimonianze, di cui abbiamo solo evi-denze minori sufficienti però a farci percepire quali“tesori” conservi il sottosuolo cittadino, appare dun-que paradigmatico della forte relazione fra due disci-pline che in comune hanno la lettura degli strati e delsottosuolo come indicatori di processi di trasforma-zione. L’interazione fra geologia, geomorfologia e ar-cheologia nel modenese è anche indicativa del rappor-to fra comunità umane e natura, una relazione checondiziona, almeno a partire dal II millennio a.C., lostesso assetto del territorio. In altre parole potremmoaffermare che una parte consistente della storia di Mo-dena è data dal rapporto che le comunità umane han-no avuto nel tempo con i corsi d’acqua che hanno ac-compagnato le trasformazioni territoriali.

L’evoluzione delle forme fluviali appare dunqueuna delle chiavi di lettura principali nella storia del po-polamento dell’area modenese, e più in generale del-la pianura. La presenza di una notevole quantità diforme fluviali relitte, riconoscibili nell’attenta anali-si geomorfologica presentata in questo volume, poneil grande problema della datazione delle stesse e na-turalmente più tale datazione sarà precisa più essa po-trà avere interesse sul piano storico. Partendo da que-sto presupposto vi sono stati vari tentativi, anche re-

centi, di datazioni incrociate fra evidenze geologichee geomorfologiche e dati archeologici, sia su scala ter-ritoriale ampia che in dettaglio (CREMASCHI & GA-SPERI,1988; CREMASCHI & GASPERI, 1989; GASPERI

et al., 1989; CARDARELLI & CATTANI, 1994; PELLE-GRINI, 1999; CARDARELLI et al., 2000; LUGLI, 2002).È possibile ora tentare un ulteriore avanzamento con-frontando i dati derivati dalla ricerca sistematica del-le forme fluviali, sintetizzata nella carta geomorfolo-gica, con quelli contenuti nell’archivio delle presen-ze archeologiche realizzato dal Museo Civico Archeo-logico Etnologico di Modena e dalla Soprintenden-za per i Beni Archeologici dell’Emilia Romagna a par-tire dal 1983. Si tratta, per il territorio considerato,di circa 800 presenze archeologiche censite e rappre-sentate nella carta archeologica del Comune di Mo-dena, gestita attraverso il sistema GIS “CART Mode-na” elaborato dalla Regione Emilia-Romagna, cherappresenta un’evoluzione del sistema Mutina, utiliz-zato dal Museo fin dal 1994.

Un così alto numero di presenze archeologiche di-stribuite fra neolitico ed età moderna (VI millennioa.C. - XVIII sec. d.C.) consente di avere un consisten-te livello di informazioni, probabilmente non equi-parabile a nessuna altra realtà territoriale dell’Italia set-tentrionale, per tentare una datazione della comples-sa situazione delle forme fluviali evidenziate dalla car-ta geomorfologica.

Sul piano metodologico la definizione del rappor-to fra forme fluviali e presenze archeologiche non èsemplicemente risolvibile in un rapporto di presen-za/assenza. La presenza di resti archeologici sovrappo-sti a forme geomorfologiche identifica, di norma, unadatazione ante quem mentre una relazione inversa,cioè una sovrapposizione a resti archeologici sepolti,è di norma identificabile con una datazione post quem.È quindi necessario in primo luogo diversificare i si-ti rintracciati in superficie da quelli sepolti. La pro-porzione fra queste due categorie non è tuttavia equi-parabile. La percentuale di siti sepolti, per esempio,è assai consistente nell’area urbana, dove i resti di etàromana sono esclusivamente rintracciabili vari metrial di sotto dell’attuale suolo superficiale, mentre nelterritorio le evidenze di siti sepolti attribuibili alla stes-

65

II. Archeologia e geomorfologia. Un approccio integratoapplicato al territorio di Modena

di Andrea Cardarelli, Maurizio Cattani, Donato Labate, Silvia Pellegrini*

* Il testo e la cartografia sono a cura del gruppo di ricerca coordinato da Andrea Cardarelli, Università degli Studi di Modena e ReggioEmilia, con la collaborazione di Maurizio Cattani, Università degli Studi di Bologna; alla stesura del paragrafo 2 hanno collabora-to anche Donato Labate e Silvia Pellegrini del Museo Civico Archeologico Etnologico di Modena.

Atlante_065-080:Atlante_065-080 04/06/13 14:59 Pagina 65

sa epoca sono assai più rarefatte. Ciò naturalmentenon rispecchia la realtà archeologica, ma piuttosto vi-cende diverse relative ai rinvenimenti archeologici ealle forme di utilizzo del territorio.

La plurisecolare attività umana di urbanizzazionenell’area urbana ha infatti causato un consistente nu-mero di rinvenimenti archeologici nel sottosuolo, apartire da quelli registrati dalle cronache medievali erinascimentali, mentre nel territorio la principale cau-sa di rinvenimenti archeologici è stata determinata dailavori agricoli, che ovviamente hanno portato in lu-ce resti attestati entro il metro di profondità dalla su-perficie attuale. Il riflesso di questa situazione è chia-ramente evidenziabile nel territorio immediatamen-te a Sud e a Nord di Modena, dove le evidenze archeo-logiche di età romana sono estremamente esigue ri-spetto a quanto attestato nelle aree vicine. In questocaso, l’evidenza fornita dalla città e dall’individuazio-ne del ventaglio di esondazione, che in età tardo an-tica/alto medievale ha principalmente contribuito alseppellimento della città romana, ci consente di rite-nere che questa lacuna sia da imputare al seppellimen-to delle evidenze archeologiche determinato da taleesondazione. In altri termini la lacuna non è reale masolo apparente e se avessimo la possibilità di conosce-re tutte le realtà sepolte nella zona, avremmo proba-bilmente un quadro assai simile a quello noto per le

aree con attestazioni superficiali, con la sola differen-za che le testimonianze archeologiche sarebbero assaimeglio conservate, non avendo subito le alterazionideterminate dalla prolungata attività agricola. Vi so-no poi dati controversi, che non facilitano una lettu-ra a senso unico delle attestazioni archeologiche. Peresempio sono attestate situazioni in cui entro un’arearelativamente limitata permangono presenze, attribui-bili alla stessa macrofascia cronologica, riconoscibilisuperficialmente accanto ad altre sepolte.

L’interpretazione in questo caso dovrà ricorrere adun’attenta analisi del dato archeologico, sia per stabi-lire, se possibile, una cronologia più precisa, sia perindividuare eventuali cause naturali o artificiali chepossano aver determinato tale aporia. A livello macro-scopico una condizione simile potrebbe essere riscon-trata all’interno dell’area urbana dove, assieme all’evi-denza medievale del Duomo, sono noti resti crono-logicamente coevi sepolti. La spiegazione in questo ca-so è individuabile sul piano geomorfologico (l’area delDuomo appare essere sopraelevata rispetto al pianodella città tardoantica/altomedievale), ma soprattut-to sul piano storico in quanto per il significato cul-tuale, sociale e simbolico, il Duomo è giunto intattofino a noi, mentre altre testimonianze coeve hanno su-bito crolli, abbattimenti, modificazioni, sovrapposi-zioni.

66

Figura 1 - Carta geoarcheologica cumulativa delle evidenze comprese fra Neolitico ed età tardoantica/altomedievale.

Atlante_065-080:Atlante_065-080 04/06/13 14:59 Pagina 66

Sul piano metodologico la prima ricerca avviata haprevisto la sovrapposizione dei dati archeologici aquelli geomorfologici, con la creazione di una serie dicarte geo-archeologiche suddivise per grandi periodi(dal neolitico all’età del bronzo recente; dall’età delbronzo finale all’età preromana; l’età romana; l’età tar-do antica e alto medievale). La datazione delle formefluviali che ne è derivata si è basata principalmente sulrapporto esistente fra forma fluviale e testimonianzaarcheologica. Pertanto se, ad esempio, un dosso flu-viale presentava un sito neolitico sepolto ed eviden-ze dell’età del bronzo in superficie la sua datazione èstata considerata successiva ad un momento del neo-litico e anteriore o coeva all’età del bronzo. Il rappor-to di anteriorità e/o sincronia fra forma fluviale e re-sti archeologici è più ambiguo rispetto a quello deter-minato dalla sovrapposizione della forma fluviale al-la attestazione archeologica. La dislocazione di un si-to archeologico al di sopra di un dosso o in prossimi-tà di un paleoalveo può essere infatti successiva allacompleta formazione ed estinzione degli stessi, oppu-re contemporanea ad una fase di formazione e di vi-ta. Nel caso dei villaggi terramaricoli dell’età del bron-zo, è stata per esempio recentemente avanzata l’ipo-tesi che la loro frequente relazione con dossi o pale-oalvei avvenisse prevalentemente in un momento incui il corso d’acqua era già in una fase di senescenza,

o addirittura estinto (BALISTA, 2003).Per la datazione delle forme fluviali ci si è inoltre

talvolta avvalsi di dati che, pur essendo situati al difuori dell’area oggetto della ricerca, consentivano unriferimento cronologico certo; per esempio nel casodi paleoalvei che nella prosecuzione del loro corso, aldi fuori del territorio considerato, erano in evidenterelazione con siti archeologici che permettevano la da-tazione anche del tratto a monte, privo di attestazio-ni archeologiche (figura 1, p. 66).

1. Datazione delle forme fluviali

1.1. Forme fluviali databili fra neolitico ed età delbronzo recente (figura 2)

Nel territorio indagato le attestazioni relative aqueste fasi si differenziano per entità e stato delle co-noscenze.

I resti di età neolitica (metà VI - metà IV millen-nio a.C.), noti nel territorio modenese soprattutto daisiti di Fiorano (neolitico antico) e Pescale (dal neoli-tico antico al neolitico tardo con successive attestazio-ni dell’età del rame e del bronzo), sono rappresenta-ti da presenze assai esigue, soprattutto rinvenimentisporadici. I conoidi e i dossi nn. 2, 4, 5 e 6 presenta-no in superficie resti genericamente databili al neoli-

Figura 2 - Carta geoarcheologica delle forme fluviali databili dal Neolitico antico all’età del Bronzo Recente.

67

Atlante_065-080:Atlante_065-080 04/06/13 14:59 Pagina 67

tico ed è dunque presumibile che la loro formazionesia avvenuta prima o durante tale periodo. La crono-logia appare confermata dalla presenza in superficiedi siti attribuibili ad età eneolitica e alla media o re-cente età del bronzo.Tra questi ultimi, particolarmen-te rilevanti per le conoidi 3 e 6, le terramare di Casi-nalbo e Montale (CARDARELLI, 1988; CATTANI & LA-BATE, 1997).

L’età del rame, o eneolitico, (3300 - 2300 a.C.),rappresentata nel territorio dalle necropoli di Spilam-berto e di Cumarola, è scarsamente nota nell’area inesame essendo rappresentata solo da rinvenimentisporadici o poco consistenti, fra cui alcuni attribui-bili al periodo più tardo (facies campaniforme).

Si può attribuire ipoteticamente all’età del rame laformazione del conoide n. 1, per il rinvenimento insuperficie di reperti attribuiti in via preliminare all’etàdel rame. Su questo conoide sono successivamente at-testate in superficie le terramare di Viazza di Magre-ta e di Fosso Colombaia (CATTANI & LABATE, 1997).

Ad una fase immediatamente precedente o con-temporanea all’età del bronzo media e recente (XVII- XIII secolo a.C.) sono attribuibili i paleoalvei nn. 7,11 e i dossi nn. 8-10, 12-16, per la presenza di rin-venimenti neolitici sepolti (dosso 8) o per l’evidenterelazione tra i dossi e gli abitati dell’età del bronzo rin-venuti in superficie. Particolarmente interessante è

l’identificazione di un antico corso del fiume Pana-ro, rappresentato dalle evidenze di dossi fluviali, inparticolare dal n. 12, sul quale gravitavano le terrama-re di Gaggio e di Redù (CARDARELLI et al., 2003). Ta-le evidenza conferma la stretta connessione tra corsid’acqua ed insediamenti, come è stato riscontrato inaltre aree di indagine (CREMASCHI, 1997; DE GUIO

& BALISTA, 1997; BALISTA, 2003; CARDARELLI et al.,2003).

I dossi nn. 15 e 16, privi di evidenze archeologi-che dell’età del bronzo o dei periodi precedenti, so-no stati datati all’età del bronzo in quanto rispettiva-mente interessati dalle terramare di Limidi di Solie-ra e della Savana di Carpi collocate lungo la direttri-ce degli stessi dossi, poco più a nord dell’area di in-dagine (CARDARELLI et al., 2003; CARDARELLI & CAT-TANI, 1994). Ipoteticamente coevo al dosso 15 è an-che il ventaglio di esondazione 17 che risulta esserein continuità con il dosso e sul quale insistono varieattestazioni dell’età del ferro e pertanto precedente ve-rosimilmente a tale periodo.

1.2. Forme fluviali databili all’età del ferro (figura 3)L’attribuzione cronologica delle evidenze geo-

morfologiche ed in particolare delle forme fluviali ri-sente dello stato ancora molto lacunoso delle cono-scenze relative all’età del ferro.

68

Figura 3 - Carta geoarcheologica delle forme fluviali databili all’età del Ferro.

Atlante_065-080:Atlante_065-080 04/06/13 14:59 Pagina 68

In particolare, per quanto riguarda il periodo im-mediatamente successivo alla fine delle terramare (etàdel bronzo finale, XII - inizio X secolo a.C.), non so-no disponibili dati archeologici nel territorio analiz-zato. Altrettanto problematica appare la situazionedella prima età del ferro (fine X - VIII secolo a.C.),per la quale l’unica attestazione nota è quella relativaad un insediamento a Cognento (PACCIARELLI, 1988).Il tentativo di attribuzione cronologica si basa pertan-to sulla presenza, al di sopra o in affiancamento allevarie forme fluviali, di siti in superficie della secondaetà del ferro (VII - IV secolo a.C.) relativamente piùfrequenti. Tali attestazioni testimoniano una forma-zione anteriore delle forme geomorfologiche, non at-tribuibile con certezza ad un periodo precedente alBronzo finale.

In questa fase dell’età del ferro il popolamento ècaratterizzato da un’occupazione capillare legata allosfruttamento agricolo con numerose “fattorie” e siste-mi di canalizzazioni (CATTANI, 1994). Si può suppor-re la presenza di un centro urbano, ma come è noto,la città etrusca corrispondente alla successiva coloniaromana di Mutina è solo indiziata in base alle fontistoriche, mentre non sono documentate tracce ar-cheologiche evidenti. Sono invece noti due casi di vil-laggi fortificati presso Nonantola e CastelfrancoEmilia, di circa un ettaro di estensione, che indicanocome nel corso del V secolo a.C. vi fosse anche un’al-tra forma insediativa, intermedia tra città e fattorie(MALNATI, 1988; MALNATI, 2003; KRUTA & MALNA-TI, 1995; KRUTA & GIORDANI, 1996).

La presenza di rinvenimenti archeologici in super-ficie databili alla seconda età del ferro e la contestua-le assenza nelle stesse aree di siti superficiali databilifra il Neolitico e il Bronzo recente consente di attri-buire ad un periodo compreso fra il XII e il VI-V se-colo a.C. alcune forme fluviali.

In particolare risultano databili a questa fase i se-guenti dossi, paleoalvei e ventagli di esondazione:- n. 18, al quale si sovrappongono o si affiancano i

siti CG39 e CG47 (TARPINI, 2003, p. 206);- n. 19, sul quale è attestato un sito: MOT 58 (cfr.

Carta Archeologica del Comune di Modena);- nn. 21-25 con vari siti di superficie sovrapposti o

affiancati distribuiti nel territorio di Nonantola:NO 15,33, 168 (cfr. GIANFERRARI, 2003, pp. 117-120) e di Castelfranco: CE 3,10, 70, 88, 247, 260,264 (cfr. Carta Archeologica del Comune di Ca-stelfranco Emilia)

- n. 26, sottostante a numerosi siti: MOT 428, 447,448, 464, 471, 475, 490, 947 (cfr. Carta Archeo-logica del Comune di Modena);

- nn. 27, il 28 e il 29, affiancati dai siti: FO 89, CR27, MOT 872 (cfr. Carte Archeologiche dei Co-muni di Formigine, Castelnuovo Rangone e Mo-dena).

- n. 31 al quale si sovrappongono e si affiancano i

siti : CR 13-15 (cfr. Carta Archeologica del Comu-ne di Castelnuovo Rangone)

- n. 36, sottostante a due siti: CE 3, 260 (cfr. Car-ta Archeologica del Comune di Castelfranco Emi-lia).Ad una generica età preromana sono state datate

invece le forme fluviali che presentano siti di età ro-mana in superficie, prive di presenze superficiali o se-polte attribuibili all’età del ferro (nn.20, 30, 33, 34,35 e 37). A rigore esse potrebbero essersi formate inun qualsiasi momento precedente l’attestazione di su-perficie, pertanto anche in una fase di età romana dipoco antecedente a quella dei siti rilevati. Tuttavia, al-lo stato attuale della ricerca è impossibile definire ul-teriormente tale dettaglio cronologico.

1.3. Forme fluviali databili all’età romana (figura 4,p. 70)

L’età romana (II secolo a.C. - IV secolo d.C.) è rap-presentata da un folto numero di presenze archeolo-giche attestate oltre che nel nucleo urbano della cittàdiMutina, anche da numerose testimonianze nel ter-ritorio, pertinenti a fattorie e ville, necropoli, direttri-ci stradali e tracce del sistema della centuriazione.

Tale sistema, che comprendeva imponenti opere didrenaggio e canalizzazioni e una loro manutenzionecostante, comportò una sistematica razionalizzazionedi tutta l’area e fu una delle componenti che consen-tì al territorio un certo grado di stabilità, anche dalpunto di vista idrogeologico. A confronto dei perio-di precedenti, le forme fluviali databili all’età roma-na sono quantitativamente minori, mentre le traccedella centuriazione, pur se obliterate in talune aree dasuccessive coperture alluvionali, sono ancora moltoevidenti e lasciano facilmente comprendere come, inun territorio così fortemente regolamentato, anche icorsi d’acqua fossero sottoposti ad una sistematicaopera di regimentazione e controllo.

La datazione delle forme fluviali all’età romana èstata effettuata in primo luogo selezionando quelleevidenze che presentano attestazioni dell’età del fer-ro sepolte e siti romani in superficie. In particolare siriscontra questo tipo di situazione nel dosso n. 40, nelquale sono attestati due siti dell’ età del ferro sepolti(MOT 553 e MOT 523: cfr. Carta Archeologica delComune di Modena). Uno di questi (523) è datatoad età celtica (III secolo a.C.) e si trova accanto ad unaltro sito sepolto di età romana (MOT 521: cfr. Car-ta Archeologica del Comune di Modena), riferibile aduna necropoli. In tutta la restante parte del dosso pe-rò, le testimonianze di età romana sono attestate insuperficie. Si potrebbe dunque ritenere che la forma-zione del dosso sia databile ad un periodo successivoalla prime fasi di colonizzazione romana del territo-rio (II secolo - inizio I secolo a.C.). Più incerta l’at-tribuzione ad età romana dell’evidenza n. 39, che pre-senta un sito dell’età del ferro (MOT 680: cfr. Carta

69

Atlante_065-080:Atlante_065-080 04/06/13 14:59 Pagina 69

70

Archeologica del Comune di Modena) appena al disotto del livello arativo e una attestazione di età ro-mana in superficie (MOT 663: cfr. Carta Archeolo-gica del Comune di Modena). Sono inoltre visibili letracce di due elementi centuriali (un cardine ed un de-cumano) che sembrano confermare l’attribuzione adetà romana.

Un’altra forma fluviale che potrebbe essere datataad età romana (n. 41), coincide in parte con un piùgrande ventaglio di esondazione dell’età del bronzo.La presenza di un sito sepolto dell’età del ferro e lacontestuale presenza di un sito di età romana in su-perficie potrebbero far ritenere plausibile che, sullaprecedente forma fluviale dell’età del bronzo, si im-posti una successiva esondazione attribuibile ad unmomento compreso fra la tarda età del ferro e l’età ro-mana imperiale.

A Nord della via Emilia, il tratto di paleoalveo n.38 è affiancato da alcuni siti di età romana (MOT116, 129, 131) e pertanto potrebbe essere riferito aquesto periodo. Si deve però tenere conto che la zo-na circostante è priva di insediamenti in superficie edanche le tracce della centuriazione non sono ricono-scibili. Inoltre sullo stesso tratto di paleoalveo, e in uncaso sullo stesso sito di età romana, sono presenti nu-merose evidenze di età medievale e pertanto non sipuò escludere che le evidenze di età romana siano in

realtà testimonianze medievali di riuso di materiali an-tichi (soprattutto laterizi).

A destra del Panaro un tratto di paleoalveo (n. 42)potrebbe essere attribuito ad età romana per la pre-senza in superficie di tre siti (CE 1-2 e 262; cfr. Car-ta Archeologica del Comune di Castelfranco Emilia).

È interessante notare, a riguardo del corso del Pa-naro, come dall’età del bronzo ad età romana, una se-rie di paleoalvei (nn. 12, 21- 23, 36, 42) attribuiti atale fiume si siano progressivamente spostati verso oc-cidente.

1.4. Forme fluviali databili fra età tardo antica ed al-tomedioevo (figura 5, p. 71)

Le testimonianze romane della città di Mutina ri-sultano tutte sepolte da spessi depositi alluvionali (cfr.paragrafo 2), che hanno preservato la città romana inottimo stato di conservazione, come confermano i nu-merosi, se pure puntiformi, rinvenimenti noti in areaurbana.

La datazione di tali eventi ad epoca tardo antica èampiamente documentata da numerosi rinvenimen-ti e in particolare da alcune sepolture. Il sarcofago sco-perto nel 1987 in Piazza Grande era infatti copertodai depositi alluvionali. Le ultime deposizioni al suointerno risultano databili ad un periodo iniziale del-la presenza longobarda, quindi all’incirca all’ultimo

Figura 4 - Carta geoarcheologica delle forme fluviali databili all’età romana.

Atlante_065-080:Atlante_065-080 04/06/13 14:59 Pagina 70

quarto del VI secolo. Entro lo stesso ambito crono-logico, ma con una datazione leggermente più recen-te rispetto al rinvenimento di Piazza Grande, può es-sere attribuita la tomba longobarda di Via Valdrighi(GELICHI, 1988), collocata però al di sopra dello stra-to alluvionale. Se ne può dedurre che almeno uno de-gli eventi alluvionali che caratterizzano la stratigrafiadi età post-romana nel sottosuolo della città di Mo-dena sia databile attorno alla fine del VI secolo, inconcomitanza con le ben note fonti storiche di Pao-lo Diacono, sui drammatici dissesti idrogeologici cheinteressarono l’Italia Settentrionale attorno al 590. Re-centemente i depositi alluvionali del sottosuolo diModena sono stati analizzati e riferiti prevalentemen-te ad apporti del torrente Cerca (LUGLI et al., 2003),un corso d’acqua che in età romana lambiva o attra-versava la città.

Sono attribuibili ad età tardoantica o altomedie-vale una serie di forme fluviali attestate in area urba-na, ma che interessano anche aree a Nord e a Sud del-la città (nn. 45-49).

L’impatto dei dissesti idrogeologici che interessa-rono la città di Mutina e il territorio immediatamen-te circostante è indicato dallo spessore degli strati al-luvionali, che in certe aree della città supera i due me-tri, e dal fatto che nelle zone immediatamente a Sude a Nord della città le attestazioni pertinenti ad età ro-

mana sono sepolte e risultano in gran parte oblitera-te le tracce della centuriazione.

In particolare, il ventaglio di esondazione n. 45presenta, proprio al vertice, una serie di insediamen-ti sepolti di età del ferro e di età romana (MOT 701- 704 e 707: cfr. Carta Archeologica del Comune diModena) che sembrano indicarne il punto di rotta.

Alla fascia cronologica compresa fra tarda antichi-tà ed altomedioevo possono essere inoltre attribuiteanche le seguenti forme fluviali:- n. 43; il dosso presenta un sito di età romana se-

polto (MOT 100: cfr. Carta Archeologica del Co-mune di Modena) e resti di età basso medievale emoderna in superficie (MOT 106 e 119: Carta Ar-cheologica del Comune di Modena);

- n. 44; il dosso presenta siti di età basso medieva-le e moderna in superficie (MOT 111 - 112, 132);

- n.50; il tratto noto come paleoalveo di Cittanova(CREMASCHI, 1988) è probabilmente attivo in etàtardoantica ed alto medievale quando affiancal’abitato di Cittanova fondato in età longobarda(MOT 412: cfr. Carta Archeologica del Comunedi Modena) ed un altro sito (MOT 401: cfr. Car-ta Archeologica del Comune di Modena) databi-le ad età tardoantica ed altomedievale per il qua-le si potrebbe proporre ipoteticamente l’identifi-cazione con il porto dell’Acqualonga sul Secchia,

71

Figura 5 - Carta geoarcheologica delle forme fluviali databili ad età tardo antica ed alto medievale.

Atlante_065-080:Atlante_065-080 04/06/13 14:59 Pagina 71

situato secondo le fonti in prossimità di Cittano-va (GELICHI, 1988; BONACINI,1988).

2. Il sottosuolo della città di Modena

Il primo sottosuolo di Modena è relativamente benconosciuto attraverso le quasi duecento attestazioniarcheologiche note. Dal punto di vista stratigraficorisulta macroscopicamente suddivisibile in due gran-di serie stratigrafiche pertinenti una all’antica città ro-mana di Mutina e l’altra alla città medievale e moder-na. Le due serie stratigrafiche sono divise da una con-sistente coltre alluvionale, spessa in alcuni punti fi-no ad oltre due metri, depositatasi attorno alla finedel VI secolo d.C. (CREMASCHI & GASPERI, 1988;GELICHI, 1994).

Nel complesso la stratigrafia archeologica di Mo-dena occupa, a partire dal piano attuale, i primi 8/9metri, ma in alcune zone raggiunge gli 11 metri diprofondità. Gli strati medioevali e moderni sono do-cumentati mediamente fino alla profondità di 2 me-tri; al di sotto sono attestati i livelli alluvionali che rag-giungono in media una profondità di 3,5/4 metri. Piùin profondità è attestata la serie stratigrafica relativaai livelli di età tardoantica e romana. Un’analisi piùdettagliata del primo sottosuolo evidenzia una diffe-renziazione marcata in zone diverse della città. Adesempio la profondità della base dei livelli alluviona-li si riduce a 2/2,5 metri nell’area prossima al duomo,mentre nelle zone a Sud del centro storico supera i 9metri.

Nel recente convegno di Cesena, dedicato alle car-te di rischio archeologico, è stato presentato un lavo-ro che ricostruiva l’altimetria di alcuni piani antichidella città e gli spessori di alcuni orizzonti macrostra-

tigrafici attraverso l’uso del software “Surfer” che tra-sforma i dati in formato di coordinate cartesiane perl’elaborazione di isoipse (CARDARELLI et al., 2000). Inparticolare utilizzando i numerosi dati indicati nellacarta archeologica della città unitamente all’interpre-tazione archeologica di dati provenienti da sondaggimeccanici a carotaggio continuo e da prove penetro-metriche (PELLEGRINI, 1999), si è riusciti ad ottene-re, con un sufficiente grado di dettaglio, la ricostru-zione dei piani altimetrici della città in età romana,in età tardoantica, e al di sopra dei livelli alluviona-li. Contestualmente è stato possibile indicare lo spes-sore di grandi orizzonti stratigrafici relativi all’età ro-

72

Figura 7 - Sezioni stratigrafiche ricostruite a reticolo ortogonale del sot-tosuolo del centro di Modena.

Figura 8 - Area urbana di Modena. Sezioni stratigrafiche ricostruite re-lative a tre diversi profili con orientamento Est/Ovest.

Figura 6 - Area urbana di Modena con indicazione del reticolo ortogo-nale delle sezioni stratigrafiche ricostruite.

Atlante_065-080:Atlante_065-080 04/06/13 14:59 Pagina 72

mana, ai depositi alluvionali, all’età medieva-le/moderna. Un ampliamento del lavoro che si pre-senta in questa sede ha previsto l’utilizzo di un diver-so software di analisi stratigrafica, noto come “Rock-works 2002”, attraverso il quale è possibile ottenere,oltre alla ricostruzione di piani altimetrici antichi, an-che sezioni e profili in base ad un modello stratigra-fico tridimensionale (figure 6-8, p. 72: elaborazionigrafiche di Bernardo Rondelli).¥

2.1. L’età romana: prime fasi di occupazione (figu-ra 9)

La rappresentazione cartografica dell’andamentodella superficie pertinente alle prime fasi della roma-nizzazione è stata realizzata grazie ad un buon nume-ro di attestazioni (122), in particolare concentrate nel-l’area approssimativamente corrispondente al perime-tro della città romana e alle aree immediatamente aSud e ad Ovest di tale zona, mentre le aree più ester-ne, soprattutto verso Nord, risultano meno note.

La carta rappresenta l’andamento del suolo riferi-bile alle prime fasi della formazione della stratifica-zione di età romana. L’elaborazione si è basata su evi-denze archeologiche databili al II-I secolo a.C. Nel-la selezione preliminare sono stati volutamente esclu-si i rinvenimenti archeologici relativi a strutture in-terrate (per esempio condotti fognari, fistulae aqua-riae, pozzi), poiché evidentemente non idonei a rap-presentare l’andamento della superficie antica.

Le curve di livello restituiscono una morfologia va-

riata, caratterizzata da dislivelli che raggiungono in al-cuni punti anche i 6,5 metri (isoipse comprese tra unaquota s.l.m. di 23,4 metri e 29,9 metri). La città ro-mana appare collocata in una zona morfologicamen-te depressa, compresa tra due alti topografici ricono-scibili ad est e ad ovest. La zona immediatamente asud della città è caratterizzata da quote molto basse.Rispetto a queste quote il centro della città romanaappare tendenzialmente più rilevato. La situazionesembra compatibile con l’esistenza di uno o più cor-si d’acqua che lambivano i limiti meridionale, orien-tale e occidentale della città. A questo riguardo si puòricordare che le fonti antiche, in particolare quelle re-lative alla guerra di Modena, indicano la presenzapresso Mutina di un corso d’acqua, identificato da al-cuni autori come il Saniturnus (CALZOLARI, 1981;MANFREDI, 1988). Tracce di un paleoalveo riferibilead un corso d’acqua attivo in età romana sono stateriscontrate in diversi sondaggi geognostici proprio aridosso del limite orientale della città di Mutina (CRE-MASCHI & GASPERI, 1988; PELLEGRINI, 1999).

Per quanto concerne l’area sud occidentale ed oc-cidentale i dati riferibili alla eventuale presenza di uncorso d’acqua, in blu nella figura 1, sono desumibi-li, oltre che dal “canale” rinvenuto presso Piazza Gran-de (LABATE & MALNATI, 1988), da due carotaggi contracce di corsi d’acqua localizzabili lungo la via Giar-dini e più a nord in Via Rismondo. In quest’area al-cuni autori hanno identificato un paleocorso dell’at-tuale torrente Cerca (CREMASCHI & GASPERI, 1988).

73

Figura 9 - Area urbana di Modena. Piano altimetrico relativo alle fasi iniziali della città romana di Mutina (metri s.l.m.).

Atlante_065-080:Atlante_065-080 04/06/13 14:59 Pagina 73

Il corso d’acqua doveva entrare in città da sud ovest,presso l’attuale area di Piazzale Risorgimento. Da quiil “paleo Cerca” proseguiva verso nord - nord est lun-go la direttrice di Corso Canalchiaro che in età me-dievale, come evidenza la stessa origine del toponimo,era percorso da un canale di acque sorgive. Dopo averlambito il limite occidentale della città romana, il cor-so d’acqua si dirigeva fuori dal perimetro urbano, pro-babilmente verso Piazza Matteotti e Corso VittorioEmanuele II.

Ancora più complessa appare l’interpretazione del-la depressione riscontrabile nell’area meridionaledella città. L’incisione parallela al limite meridiona-le della città romana risulta di difficile spiegazione,anche se la continuità con la zona depressa presentead Est potrebbe suggerire, in via del tutto ipotetica,la presenza di qualche opera idraulica artificiale, chepoteva congiungere il “paleo Cerca” con un altro cor-so d’acqua attestato a sud est della città.

2.2. L’età tardoantica (figura 10)La situazione altimetrica ricostruibile alla base dei

depositi alluvionali è definita da 97 informazioni dicarattere stratigrafico.

Sono sufficientemente documentati i settori aovest e a sud del perimetro urbano di età romana,mentre all’interno la densità dei punti è più scarsa eappare concentrata nel settore meridionale. La rico-struzione corrisponde all’incirca alla fine del VI se-colo d.C., periodo al quale è possibile ascrivere il

principale dissesto idrogeologico che ha sepolto la cit-tà di Mutina. La restituzione altimetrica presenta an-che in questa fase quote maggiori in corrisponden-za dell’area compresa all’interno del perimetro urba-no, probabilmente a causa dell’intensa attività edili-zia concentrata nell’area centrale della città. Il con-fronto con la fase precedente rende evidente la pre-senza di una zona altimetricamente più elevata lun-go la via Emilia, sia ad est che ad ovest del centro diMutina. Tale elevazione sembra riferibile al consisten-te accrescimento dei piani d’uso determinato, oltreche dalla stessa strada consolare, anche dalle necro-poli monumentali che fiancheggiavano la strada e/oda edifici residenziali costruiti vicino alla via di co-municazione.

Risulta ancora chiaramente visibile, rispetto allaricostruzione del piano di base della stratificazione dietà romana, la depressione a sud della città in gialloe verde nella figura. Meno evidenti sono invece i duecorsi d’acqua riconosciuti per le prime fasi della ro-manizzazione. Ciò è forse imputabile ad interventidi deviazione dei corsi d’acqua. Opere idrauliche diquesto genere sono del resto note già a partire dallaetà imperiale. Gli scavi eseguiti nel 1986 presso l’al-lora sede della Cassa di Risparmio di Modena(MOU 146) hanno evidenziato, infatti, che nella pri-ma metà del I secolo d.C. un canale, forse l’alveo del“paleo Cerca”, fu colmato mediante una bonifica conanfore e riporti di materiali. Sul nuovo piano d’usoche si venne a creare, fu edificata nella seconda me-

74

Figura 10 - Area urbana di Modena. Piano altimetrico relativo alle fasi tardo antiche di Mutina (metri s.l.m.).

Atlante_065-080:Atlante_065-080 04/06/13 14:59 Pagina 74

tà del I secolo d.C. una ricca domus (LABATE & MAL-NATI, 1988).

2.3. L’età altomedievale (figura 11)Meno numerosi sono i dati (63) utilizzati per

l’elaborazione riguardante l’andamento del tetto del-lo strato alluvionale, corrispondente al piano d’usoposteriore all’inizio del VII secolo d.C..

La morfologia di questa fase si presenta caratte-rizzata da una superficie più uniforme, con dislivel-li altimetrici meno marcati rispetto alle fasi preceden-ti. Mentre in età romana e tardoantica il dislivello al-timetrico tra varie zone della città superava in alcu-ni casi i 6 metri, ora il dislivello è praticamente di-mezzato. Ad est l’elaborazione automatica evidenzia

una quota più elevata in tutto il settore, tuttavia lascarsità di attestazioni in questa zona non consentedi attribuire a questa evidenza un valore probante.

Ad ovest dell’impianto urbano di età romana sicoglie la circoscritta elevazione nell’area prossima al-la cattedrale. Tale evidenza può ora essere forse ricol-legata allo spostamento del centro urbano attorno alduomo avvenuto probabilmente in questa fase(TROVABENE & SERRAZANETTI, 1984, pp. 264-268;GELICHI, 1988, pp. 553-555). La rappresentazionecartografica del periodo altomedievale resta comun-que di difficile interpretazione, poiché la scarsità dirinvenimenti archeologici non ha consentito finoradi definire l’assetto urbanistico della città in questafase.

75

Figura 11 - Area urbana di Modena. Piano altimetrico relativo alle fasi alto medievali (metri s.l.m.).

Atlante_065-080:Atlante_065-080 04/06/13 14:59 Pagina 75

76

- BALISTA C. (2003) - Geoarcheologia dell’area terrama-ricola al confine fra le province di Modena, Mantova eFerrara - Atlante dei beni Archeologici della Provinciadi Modena, vol. I, Pianura, Firenze, 24-32.

- BONACINI P. (1988) - Studi e ricerche archeologiche sulsito altomedievale di Cittanova. Formazione e sviluppodell’insediamento nell’alto Medioevo - Muthina, Muti-na, Modena. Modena dalle origini all’anno Mille. Stu-di di Archeologia e Storia. I, Modena, 595-599.

- CALZOLARI M. (1981) - La pianura modenese nell’etàromana, Modena.

- CARDARELLI A. (1988) - L’età del bronzo: organizzazio-ne del territorio, forme economiche, strutture sociali - Mu-thina, Mutina, Modena. Modena dalle origini all’an-no Mille. Studi di Archeologia e Storia. I, Modena, 86-127.

- CARDARELLI A. & CATTANI M. (1994) - La terramaradella Savana (Carpi - MO). Presupposti per un atlantedelle terramare e degli insediamenti dell’età del bronzo nelmodenese - Quaderni del Museo Archeologico Etnolo-gico di Modena, Studi di Preistoria e Protostoria, 1,121-143.

- CARDARELLI A., CATTANI M., GIORDANI N., LABATE

D., PELLEGRINI S. (2000) - Valutazione del rischio ar-cheologico e programmazione degli interventi di trasfor-mazione urbana e territoriale: l’esperienza di Modena -S. Gelichi (a cura di) Dalla carta di rischio archeolo-gico di Cesena alla tutela preventiva urbana in Euro-pa, Atti del Convegno di Cesena 5-6 marzo 1999, 31-40; 97-102.

- CARDARELLI A., CATTANI M., GIORDANI N., LABATE

D., MUSSATI R. ZANASI C. (2003) -Nonantola. Età delBronzo. NO7 Redù, Pilastro - Atlante dei beni Archeo-logici della Provincia di Modena, vol. I, Pianura, Fi-renze, 107-110.

- CATTANI M. (1994) - Lo scavo diTabina di Magreta (ca-ve di via Tampellini) e le tracce di divisioni agrarie di etàetrusca nel territorio di Modena - Quaderni del MuseoArcheologico Etnologico di Modena, Studi di Preisto-ria e Protostoria, 1, 171-205.

- CATTANI M. & LABATE D. (1997) - Ambiente ed inse-diamenti in area modenese nell’età del bronzo - Le ter-ramare. Catalogo della mostra, Modena, marzo - giu-gno 1997, Milano, 166-172.

- CREMASCHI M. (1997) - Terramare e paesaggio padano- Le terramare. Catalogo della mostra, Modena, mar-zo - giugno 1997, Milano, 107-125.

- CREMASCHI M. (1988) - Studi e ricerche archeologiche

sul sito altomedievale di Cittanova. Geoarcheologia del si-to di Cittanova - Muthina, Mutina, Modena. Modenadalle origini all’anno Mille. Studi di Archeologia e Sto-ria. I, 1988, 592-595.

- CREMASCHI M., GASPERI G. (1988) - Il sottosuolo del-la città di Modena. Caratteri sedimentologici, geopedo-logici, stratigrafici e significato paleoambientale - Muthi-na, Mutina, Modena. Modena dalle origini all’annoMille. Studi di Archeologia e Storia. I, 1988, 285-303.

- CREMASCHI M. & GASPERI G. (1989) - L’«alluvione»alto-medioevale di Mutina (Modena) in rapporto alle va-riazioni ambientali oloceniche.Mem. Soc. Geol. It., 42,179-190.

- CRESPELLANI A. (1888) - Gli avanzi monumentali ro-mani scoperti a Modena e suo contorno. Indicazione to-pografica con relativa mappa e dichiarazione - Mem.Acc. Modena, s. II, VI, 3-ss.

- DE GUIO A. & BALISTA C. (1997) - Ambienti ed inse-diamenti dell’età del bronzo nelle Valli Grandi Veronesi- Le terramare. Catalogo della mostra, Modena, mar-zo - giugno 1997, Milano, 137-165.

- GASPERI G., CREMASCHI M., MANTOVANI UGUZZONI

M.P., CARDARELLI A., CATTANI M. & LABATE D.(1989) - Evoluzione plio-quaternaria del margine appen-ninico modenese e dell’antistante pianura.Note illustra-tive alla carta geologica - Mem. Soc. Geol. It., 39(1987), 375-431.

- GELICHI S. (1988) - Modena e il suo territorio nell’altomedioevo - Muthina, Mutina, Modena. Modena dalleorigini all’anno Mille. Studi di Archeologia e Storia. I,Modena, 551-576.

- GELICHI S., GIORDANI N. (1994) (a cura di) - Il teso-ro nel pozzo. Pozzi deposito e tesaurizzazioni nell’anticaEmilia, Modena.

- GIANFERRARI A. (2003) - Nonantola, schede - Atlantedei beni Archeologici della Provincia di Modena, vol.I, Pianura, Firenze, 117-120.

- KRUTA V. & MALNATI L. (1995) - Castelfranco (prov.Modena): “Forte Urbano” -Melanges d’Archeologie etd’Histoire de l’Ecole Française de Rome 107, 1, 529-534.

- KRUTA V. & GIORDANI N. (1996) - Castelfranco (prov.Modena): “Forte Urbano”, Melanges d’Archeologie etd’Histoire de l’Ecole Française de Rome 108, 1, 487-489.

- LUGLI S., FONTANA D., GIORDANI N., LABATE D. &SACCO D. (2002) - Stratigrafia e composizione dei se-dimenti sabbiosi del sottosuolo di Modena: implica-

Bibliografia

Atlante_065-080:Atlante_065-080 04/06/13 14:59 Pagina 76

zioni nell’alluvionamento della città romana. Risulta-ti preliminari Atti II Congresso Nazionale Italiano diArcheometria (AIAr), Bologna 29/1-1/2 2002, 341-351.

- LUGLI S., MARCHETTI DORI S., FONTANA D. (2003)- Composition of fluvial sands as a tool to unravel the re-cent sedimentation history of the Modena plain (northernItaly) - 22nd IAS Meeting of Sedimentology, Opatjia(Croatia), 17-19 September 2003, Abstract Book, 112.

- LABATE D. & MALNATI L. (1988) - Il sondaggio strati-grafico nella sede centrale della Cassa di Risparmio di Mo-dena (1985-1986) - Muthina, Mutina, Modena. Mo-dena dalle origini all’anno Mille. Studi di Archeologiae Storia. I, Modena, 423-426.

- MALNATI L. (1988) - L’affermazione etrusca nel mode-nese e l’organizzazione del territorio - Muthina, Muti-na, Modena. Modena dalle origini all’anno Mille. Stu-di di Archeologia e Storia. I, Modena, 137-152.

- MALNATI L. (2003) - L’età del ferro nella pianura mo-denese - Atlante dei beni Archeologici della Provinciadi Modena, vol. I, Pianura, Firenze, 33-38

- MANFREDI V.M. (1988) - La guerra di Modena (43a.C.) -Muthina, Mutina, Modena. Modena dalle ori-gini all’anno Mille. Studi di Archeologia e Storia. I,Modena, 338-342.

- PACCIARELLI M. (1988) - La prima età del ferro - Mu-thina, Mutina, Modena. Modena dalle origini all’an-no Mille. Studi di Archeologia e Storia. I, Modena,128-136.

- PELLEGRINI S. (1999) - Ambiente e ricerca storica: la ri-costruzione del paesaggio antico attraverso l’analisi deiprocessi di stratificazione, Tesi di Dottorato Universitàdegli Studi di Bologna, anno acc. 1998-1999

- TARPINI R. 2003 - Campogalliano, schede, Atlante deibeni Archeologici della Provincia di Modena, vol. I,Pianura, Firenze, 206

- TROVABENE G. & SERRAZANETTI G. (1984) - Il Duo-mo nel tessuto urbanistico. Primi lineamenti per un’in-dagine sull’evoluzione edilizia cittadina - Lanfranco eWiligelmo, Il Duomo di Modena, Catalogo della mo-stra (Modena 1984), 264-274.

77

Atlante_065-080:Atlante_065-080 04/06/13 14:59 Pagina 77

78

* In Appendice vengono riportati i primi risultati del confronto avvenuto, secondo gli obiettivi dei lavori condotti per l’Atlante, frai dati acquisiti dalle ricerche a carattere geomorfologico e archeologico presentate nei primi due capitoli del presente volume.

Appendiceai Capitoli I e II

Il confronto tra i dati acquisiti dalle ricerche a ca-rattere geomorfologico e archeologico (cfr. Panizza etal. e Cardarelli et al. in questo volume) ha condottoalla collocazione cronologica (datazione) di molte for-me fluviali e pertanto ha consentito di ricostruirel’evoluzione di dettaglio della pianura di Modena apartire dal VI millennio avanti Cristo.

In particolare le ricerche geomorfologiche e ar-cheologiche hanno consentito di confermare, a par-tire dall’Età del Bronzo, per l’area a nord della ViaEmilia, le deviazioni verso est del fiume Secchia e ver-so ovest del fiume Panaro, ossia verso un’area tetto-nicamente depressa caratterizzata da intensa subsiden-za.

Per l’area del centro urbano di Modena è stato al-tresì possibile ricostruire per la prima volta in detta-glio gli antichi livelli del suolo a partire dall’età ro-mana e misurare lo spessore sia delle stratigrafie ar-cheologiche, sia dei vari livelli alluvionali.

Questa ricostruzione ha consentito di ipotizzare,a partire dalla fine dell’età romana, un modello dievoluzione fluviale di tipo aggradazionale in cui i cor-si d’acqua, anche quelli minori, sono passati da unasituazione di alvei incassati a quella di alvei pensili ocomunque a livello della pianura circostante.

Lo stesso tipo di evoluzione è stata recentementedescritta da Giorgi (2000) per la pianura circostantela città di Bologna e quindi questo fenomeno, alla lu-ce di ulteriori ricerche in aree limitrofe, potrebbe ave-re un carattere a scala regionale.

L’aggradazione della pianura a partire dalla finedell’età romana può essere attribuita a varie cause. Ta-li cause sono imputabili a fenomeni avvenuti prece-dentemente (migrazione verso nord del fiume Po) ocoevi (cambiamenti climatici, deforestazione, abban-dono delle campagne, degrado del sistema di regima-zione delle acque e della centuriazione).

A causa della migrazione verso nord del Po, ini-ziata verosimilmente già alla fine dell’Età del Bron-zo (Balista, 2003), gli affluenti appenninici del fiu-me, (tra cui Secchia e Panaro) sono stati costretti ad

allungare il loro percorso. L’effetto di questo allunga-mento è stato una riduzione del gradiente medio diquesti fiumi, e dei loro affluenti, con conseguente ri-duzione della velocità della corrente e relativo aumen-to della sedimentazione in alveo.

Per quanto riguarda i cambiamenti climatici, du-rante i periodi di scarse precipitazioni i fiumi, per lascarsità di trasporto solido, approfondiscono il loroletto. Invece, durante i periodi di abbondanti preci-pitazioni, i fiumi abbandonano in alveo la grandequantità di sedimenti che trasportano e tendono adaccrescersi rispetto alla pianura circostante. La crisidell’Impero romano sembra coincidere con un perio-do di deterioramento climatico (cfr. Panizza & Pia-cente, 2003).

Durante l’Età Romana almeno il 60% del territo-rio era stato soggetto a deforestazione e convertito al-l’agricoltura. La deforestazione ha prodotto un’inten-sa erosione ed una veloce aggradazione della pianu-ra ,anche in concomitanza con il deterioramento cli-matico (Marchetti, 2002).

L’abbandono antropico delle campagne, iniziatoa partire dal IV secolo dopo Cristo, come conseguen-za della decadenza politica ed economica di quel pe-riodo, avrebbe accelerato il generale fenomeno di in-nalzamento dei corsi d’acqua.

Nel caso specifico di Modena (Mutina) un impor-tante ruolo per l’aggradazione può essere attribuitoal collasso delle strutture preposte alla regimazionedelle acque superficiali e al collasso della “centuria-zione” (anch’essi conseguenti al disordine politico-economico).

Dopo il degrado idrogeologico, che ha raggiuntoil culmine alla fine del VI secolo dopo Cristo, in se-guito all’abbandono dell’organizzazione territoriale diEtà Romana, come testimoniato dalla datazione deidepositi alluvionali rinvenuti nel sottosuolo di Mo-dena, l’evoluzione morfologica del territorio nel Me-dioevo e nell’età moderna mostra una maggiore sta-bilità, anche se la zona di Modena è comunque rima-sta caratterizzata da rischio di alluvioni.

Dettagli sull’evoluzione della pianura modenese.Confronto fra le ricerche di Archeologia e Geomorfologia *

Andrea Cardarelli, Doriano Castaldini, Maurizio Cattani, Mario Panizza e Daniela Piacentini

Atlante_065-080:Atlante_065-080 04/06/13 14:59 Pagina 78

79

Bibliografia

- BALISTA C.(2003) -Geoarcheologia dell’area terramari-cola al confine tra le province di Modena, Mantova e Fer-rara. in AUTORI VARI Atlante dei Beni Archeologici del-la Provincia di Modena.Volume I. Pianura. Ed. All’in-segna del Giglio, 24 - 32.

- CARDARELLI A, CATTANI M., LABATE D. & PELLEGRI-NI S.( 2004 ) - Archeologia e Geomorfologia. Un approc-cio integrato applicato al territorio di Modena.

- GIORGI G. (2000) - The ancient morphology of the PoPlain in the area of Bologna, Italy. Geogr. Fis. Dinam.Quat., 21.

- MARCHETTI M. (2002) - Environmental changes in thecentral Po Plain (Northern Italy) due to fluvial modifi-cations and anthropogenic activities. Geomorphology,44(3-4), 361-373.

- PANIZZA M. & PIACENTE S.(2003) -Geomorfologia cul-turale. Pitagora Ed., Bologna. 350 pp.

- PANIZZA M., CASTALDINI D., PELLEGRINI M., GIUSTI

C. & PIACENTINI D.( 2004 ) - Matrici geo-ambientalie sviluppo insediativo: un’ipotesi di ricerca.

Atlante_065-080:Atlante_065-080 04/06/13 14:59 Pagina 79

Atlante_065-080:Atlante_065-080 04/06/13 14:59 Pagina 80