l'utilizzo della pnl nel counseling master in counseling professionale integrato supervisore...
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L’utilizzo della PNL nel Counseling
MASTER IN COUNSELING PROFESSIONALE INTEGRATO
SUPERVISORE TESI di Dr.ssa Maria Alessia Pirastu Alessandra Puggioni
ASPIC CAGLIARI
ANNO ACCADEMICO 2014
INDICE
Introduzione p. 2
1 Cos’è il Counseling p. 4
1.1 Definizioni e inquadramento p.4
1.2 Origine e sviluppo del Counseling p. 8
1.3 Differenze tra Counseling e Psicoterapia p.10
1.4 Fattori che rendono efficace la relazione d’aiuto p.12
1.5 Etica e Deontologia p. 15
2 L’approccio pluralistico integrato p. 18
2.1 Descrizione p.18
2.2 L’approccio umanistico p.19
2.3 Il contributo di Carl Rogers p.21
2.4 L’approccio gestaltico p.24
3 PNL e Counseling p.30
3.1 Cos’è la PNL p.30
3.2 Integrare PNL e Counseling p.32
3.3 I Sistemi Rappresentazionali p.34
3.4 I Segnali d’accesso Oculari p.36
3.5 Il Meta Modello p.38
3.6 Elementi del Meta Modello p.39
3.7 La definizione degli obiettivi p.42
3.8 La strategia di Walt Disney p.44
3.9 L’utilizzo delle Metafore p.47
Conclusioni p.49
Bibliografia p.50
Sitografia p.51
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INTRODUZIONE
Ho sentito parlare per la prima volte di counseling nel 2010, ad una cena tra amici.
Mi trovavo in un momento difficile della mia vita, avevo appena perso il lavoro e
meditavo di cambiare completamente strada e di iscrivermi all’università in
psicologia. Dopo aver sentite parlare del counseling a quella cena però ho deciso di
approfondire l’argomento e di fare delle ricerche. Quello che trovai mi piacque e mi
incuriosì molto, tanto che decisi di iscrivermi al Master triennale presso la sede
territoriale dell’Aspic di Cagliari. Mi trovai ad iniziare un percorso che avrebbe dovuto
fornirmi la possibilità di svolgere una professione nuova e stimolante e darmi la
possibilità di aiutare gli altri. Quello che iniziò come un percorso professionale si
trasformò ben presto in un percorso di vita, fatto di continue scoperte. Con lo
sguardo rivolto al mio interno ho avuto la possibilità di crescere e migliorami, di
capire delle cose di me che prima ignoravo e di acquisire strumenti che, prima di
diventare utile per aiutare gli altri, sono stati fondamentali per me per diventare una
persona integra e congruente. Questo percorso mi ha aiutato soprattutto ad entrare
in contatto con la mia parte emozionale con la quale avevo combattuto e che spesso
avevo ignorato per gran parte della mia vita. Ho compreso l’importanza di sviluppare
l’intelligenza emotiva, di imparare a riconoscere le mie emozioni, di accettarle e di
farmi guidare da esse senza esserne travolta.
Ora che sono giunta a termine di questo percorso nutriente sento forte la
responsabilità di andare a svolgere una professione che ha a che fare con la vita
delle persone, consapevole che svolgendolo al meglio, con serietà, passione, amore,
determinazione e preparazione potrò aiutare molte persone a migliorare la propria
vita e a raggiungere il benessere in ogni ambito della loro vita.
La cosa che ho apprezzato di più della scuola è l’approccio pluralistico integrato (che
vedremo nel dettaglio nei paragrafi successivi) grazie al quale ho potuto creare la
mia personale cassetta degli attrezzi dalla quale attingere a seconda dei casi nel
rispetto di quella “centralità del cliente” di cui parla Carl Rogers, uno dei padri
fondatori del counseling. Ho avuto la possibilità così di sviluppare la flessibilità
necessaria che mi permette di affrontare ogni caso ed ogni cliente nel rispetto della
sua unicità.
Tra gli approcci studiati in questi anni sono rimasta particolarmente affascinata dalla
Programmazione Neuro Linguistica (PNL), tanto che di recente ho frequentato un
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corso che mi permesso di diventare prima Practioner PNL e poi Master PNL, il
secondo dei quattro livelli di formazione definiti dal protocollo internazionale.
Il primo capitolo della tesi è dedicato a capire e a spiegare cosa sia il counseling,
partendo dalle tante definizione che ne vengono date, raccontandone le origini
storiche e spiegando le differenze che ci sono tra counseling e psicoterapia.
Ho dedicato il secondo capitolo all’approccio pluralistico integrato dell’ASPIC,
dapprima descrivendolo in maniera generica fino ad analizzare nel dettaglio i due
approcci principali che lo compongono: quello umanistico e quello gestaltico.
Nella parte dedicata al’approccio umanistico non potevo non dedicare uno spazio a
Carl Rogers, padre fondatore del counseling che ha contribuito in modo straordinario
a definire le caratteristiche imprescindibili che il counselor deve possedere per poter
svolgere questa professione di aiuto in maniera utile ed efficace.
Infine nel terzo capitolo si parla della PNL, cercando di definire in maniera chiara che
cosa sia e come funzioni e cercando di capire come i suoi strumenti possano essere
applicati in maniera adeguata nel counseling. Ho voluto dedicare spazio a quegli
strumenti che ritengo essere maggiormente utili per un counselor nei percorsi con i
clienti, strumenti che riguardano la comunicazione efficace e che sono dedicati a
capire come le persone funzionano, tra questi in particolare il Meta Modello, i canali
rappresentazionali e la definizione degli obiettivi.
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Capitolo 1
COS’E’ IL COUNSELING
1.1 DEFINIZIONI E INQUADRAMENTO
Definire il Counseling non è mai cosa facile, non perché di fatto sia un’attività
difficile da descrivere, ma per via della moltitudine di definizioni che si trovano nei
testi e vengono fornite dagli istituti e dalle associazioni di riferimento.
La difficoltà sta nel fatto di racchiudere in una definizione la vasta gamma di attività e
sfumature che questa professione offre. Per cercare di offrire un quadro esaustivo di
cosa sia effettivamente il Counseling e in cosa consista l’attività del counselor ho
raccolto una serie di definizioni che autorevoli autori o istituzioni hanno fornito:
- Il counseling è un’attività professionale che si svolge all’interno di una
relazione, definita da un contratto, che consente ai clienti di sviluppare il
proprio potenziale, l’autonomia personale e professionale per gestire al meglio
le proprie risorse nella risoluzione di difficoltà soggettive e interpersonali
(Spalletta, Germano 2012).
- … l’uso professionale e regolato da principi, di una relazione, nell’ambito della
quale il cliente è aiutato nel processo finalizzato a facilitare una migliore
conoscenza di sé e l’accettazione dei propri problemi emotivi e a portare
avanti la propria crescita emozionale e lo sviluppo ottimale delle proprie
risorse personali. Lo scopo finale è di fornire al cliente un’opportunità di vivere
in modo soddisfacente ed in base alle proprie risorse (British Association for
Counselling, 1985).
- Il Counselling è inteso come una relazione d’aiuto che intercorre tra due
persone, in cui una si rivolge all’altra per cercare di rispondere ad un bisogno
specifico, relativo all’ambito familiare, ai rapporti affettivi, agli ambiti lavorativi
e di autorealizzazione (REICO – Registro Italiano Counseling).
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- Il Counselling è un processo relazionale tra Counsellor e uno o più Clienti
(singoli individui, famiglie, gruppi o istituzioni) con l’obiettivo di fornire ad essi
opportunità e sostegno affinché sviluppino le loro risorse e affinché
promuovano il proprio benessere come individui e come membri della società
affrontando specifiche difficoltà o momenti di crisi (CNCP – Coordinamento
Nazionale Counsellor Professionisti)
- Il Counseling può centrarsi sul come affrontare e risolvere problemi specifici,
prendere decisioni, superare una crisi, migliorare i rapporti con gli altri,
agevolare lo sviluppo, accrescere la conoscenza, la consapevolezza di sé ed
elaborare emozioni e conflitti interiori (EAC - European Association for
Counseling)
- Il counseling professionale è un'attività il cui obiettivo è il miglioramento della
qualità di vita del cliente, sostenendo i suoi punti di forza e le sue capacità di
autodeterminazione. Il counseling offre uno spazio di ascolto e di riflessione,
nel quale esplorare difficoltà relative a processi evolutivi, fasi di transizione e
stati di crisi e rinforzare capacità di scelta o di cambiamento.
(Asso Counseling).
Potrei andare avanti a citare altre decine di definizioni altrettanto valide e complete,
ma in tutte troverei degli elementi di comunanza: relazione, aiuto, ascolto,
cambiamento, risorse.
E qui arriviamo alla definizione della figura del counselor che Claudia Montanari
(socio fondatore dell'ASPIC, Psicologa e Psicoterapeuta) descrive così:
Il Counselor è un agevolatore della relazione di aiuto che sostiene il cliente nel
processo di consapevolezza per una maggiore autonomia rispetto alle scelte di vita.
È un professionista che lavora sulla salute e sul benessere psicofisico, orienta,
sostiene e sviluppa le risorse della persona. Le competenze di base del Counselor
sono relative al saper essere una persona empatica, congruente, autentica,
consapevole dei propri valori, sensazioni e pensieri, disponibile all’accettazione
incondizionata. Il Counselor utilizza molte tecniche: ascolto attivo che evita giudizi e 5
interpretazioni; esplorazione con domande aperte e chiuse; chiarificazione per
incoraggiare l’elaborazione; parafrasi per aiutare il cliente a focalizzare il contenuto
del suo messaggio ed enfatizzarlo quando l’attenzione sui sentimenti è prematura;
riformulazione per incoraggiare a consapevolizzare ed esprimere emozioni,
sperimentarne l’intensità per poterle gestire; delucidazione per connettere elementi
multipli, identificare un tema ricorrente e fare il punto per ulteriori obiettivi. La
relazione costruita è fatta, così, di riconoscimento, rispetto e congruenza, e favorisce
l’auto-comprensione e l’auto-esplorazione.
Robert Carkhuff nel suo libro “L’arte di aiutare” (1987) ci indica, facendo maggiore
chiarezza, cosa il counseling non è:
- Non è dare consigli.
- Non è dare informazioni.
- Non è fare qualcosa a favore di un’altra persona.
- Non è insegnare ad acquisire specifiche conoscenze o abilità ad una persona.
Le azioni del counseling sono invece: orientare, agevolare, contenere, sostenere
(Spalletta, Germano 2012); il cliente viene aiutato a prendere decisioni, affrontare
cambiamenti, raggiungere obiettivi e ricevere sostegno in momenti di difficoltà.
Il termine counseling deriva infatti dal verbo latino “consulo” che significa “prendersi
cura, aiutare”. Il counseling appartiene agli interventi orientati alla salutogenesi, è
cioè focalizzato sul concetto di salute, non più inteso come assenza di malattia, ma
come sviluppo e promozione del benessere della persona. L’obiettivo finale è quello
di aiutare il cliente a migliorare la qualità della propria vita attraverso un buon uso
delle proprie risorse, in linea con le proprie esigenze, i propri bisogni e i propri
desideri.
Le abilità di Counselling consentono di supportare il percorso di crescita degli
individui e dei gruppi con tecniche e strumenti specifici. Grazie al suo approccio
flessibile può essere applicato, in diversi contesti:
personale: per la soluzione di disagi relazionali e la promozione del benessere
(individuale, di coppia, familiare, di gruppo);
scolastico: prevenzione di fenomeni di abbandono scolastico, bullismo,
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emarginazione, scelta corsi di studi;
sanitario: con possibili interventi negli ospedali, nei consultori, negli ambulatori
territoriali;
sociale: nei centri d’ascolto di gruppo, nell’orientamento professionale e formativo,
nei progetti di monitoraggio urbano;
aziendale: miglioramento del clima lavorativo, formazione continua, prevenzione di
fenomeni di mobbing (piccole, medie e grandi industrie, o in ogni caso unità
lavorative strutturate);
comunitario: per la promozione di comunità empawored ed empowering, passando
per le scuole, l’associazionismo, le istituzioni, la rete formale e informale dei rapporti
nel territorio.
Alcuni ambiti specifici sono quelli del Counselling dei Sistemi Intimi (relativo alla
coppia e alle varie tendenze sessuali o alle violenze e agli abusi sessuali), il
Counselling di Comunità che si interessa delle relazioni all’interno di comunità
regolarmente costituite, con specificità di intervento all’interno delle stesse (Es.
Animatore di comunità, operatore nel settore delle tossicodipendenze, ecc.), fino ad
arrivare al Counselling per persone in stato avanzato di malattia (es. AIDS,
Cancro). In grande sviluppo in questo momento storico-culturale, è l’Art Counselling, che agevola il benessere dell’individuo attraverso varie forme dell’arte:
musica, teatro, poesia, danza, pittura. Oggi è possibile anche il Counselling online.
Prevede l’assistenza a chi si trova di fronte ad un disagio emergente o e per il quale
esprime una richiesta di aiuto, volendo, però, rimanere nell’anonimato. Si effettua
attraverso: e-mail, chat-line, ecc opportunamente strutturate ed ha il compito di
sostenere il disagio della persona, indirizzandola, quando necessario (REICO)
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1.2 ORIGINE E SVILUPPO DEL COUNSELING
Il termine Counseling è stato adottato fin dall' inizio del secolo scorso
dall'American Psychological Association per intendere tutte le attività di orientamento
psicologico, sociali (attitudinali e professionali) e personali (problemi esistenziali:
prevenzione-formazione e di crescita personale).
La storia del counseling riguarda sostanzialmente la storia della divisione 17 dell’APA
(American Psychological Association): la Division of Personnel e Guidance, i cui
interessi primari si rivolgevano all’orientamento, alla formazione e alla selezione
all’interno delle scuole, dei college e delle agenzie di orientamento.
Nel 1946 il nome della divisione 17 diventò Division of Counseling and Guidance, il
cui statuto prevedeva:
1) estendere le tecniche e i metodi della psicologia
alle attività di counseling e di orientamento
2) promuovere elevati livelli di pratica
3) incoraggiare le ricerche scientifiche e professionali
4) fornire assistenza per la formulazione di standard professionali
e di codici etici per il counseling e l’orientamento
5) promulgare le richieste di orientamento scolastico e quelle in ambito professionale
6) collaborare con psicologi impegnati in prima istanza in attività mediche per
giungere a una definizione congiunta lavorando insieme e trasversalmente per le
varie specializzazioni psicologiche correlate
In Europa il Counseling si afferma invece verso la fine degli anni Cinquanta, in
particolar modo in Gran Bretagna, dove viene utilizzato soprattutto all’interno di
ambulatori, consultori e centri giovanili.
Nel 1971 fu istituito a Londra lo Standing Council for the Advancement of Counselling
(SCAC), i cui membri erano organizzazioni di volontariato, enti statali e
organizzazioni professionali che avevano scelto di lavorare insieme per migliorare le
loro capacità di counseling e per condividere informazioni, contatti ed esperienze.
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Nel 1976 lo SCAC mutò nella British Association for Counselling (BAC) per
promuovere il counseling e aiutare coloro che lo praticavano, introducendo i criteri di
formazione e un sistema di accreditamento per la salvaguardia della professione.
Per rispondere ai bisogni delle diverse nazionalità in Europa e per "assistere
l'ulteriore sviluppo del counseling come professione in Europa" (EAC, 1995) nasce,
nel 1994, la European Association for Counseling (EAC)
L’approdo del counseling in Italia è sancito dalla Legge n.135 del 1990 recante,
“Programma di interventi urgenti per la prevenzione e la lotta contro l'AIDS”, che ha
sancito l’importanza dei colloqui di counseling prima e dopo il test per l’HIV.
Come annunciato nella rivista n.10 dell’11 marzo 1984 “Training News” (settimanale
scientifico delle Nuove Metodologie di Training e Formazione Professionale edito
dalla Associazione Italiana di Psicologia Umanistica), l’A.S.P.I.C. ha attivato il primo
corso di Counseling in Italia. La Scuola è membro fondatore della European
Association for Counselling (EAC) e membro della British Association for Counseling
(BAC) da cui recepisce il codice etico e deontologico.
Nel febbraio del 2002 nasce la RE.I.CO., Registro italiano dei Counselor,
associazione apolitica e senza fini di lucro, a carattere volontario, scientifica e
professionale, costituita con la finalità di riunire in un unico organismo i Counselor,
tutelandone la professionalità attraverso la formazione permanente, stabilire rapporti
di collaborazione e scambio con associazioni sia italiane che straniere, favorire lo
studio e la diffusione del Counseling Professionale attraverso attività di ricerca
scientifica.
Tra le azioni a favore della sua diffusione nel contesto italiano si rintraccia
l’inserimento del counseling tra le nuove professioni a opera del Consiglio Nazionale
dell’Economia e del Lavoro. Il counseling è stato inserito dal CNEL nel monitoraggio
delle professioni non regolamentate, cioè quelle professioni non inquadrate in albi
professionali, ma che si sono dotate di strumenti di formazione e
autoregolamentazione adeguati agli standard europei; scuole professionali con
esami d’accesso e conclusivi di abilitazione, tre anni di formazione, verifiche
sull’attività degli iscritti, codice deontologico, tariffario vincolante. A seguito del varo
da parte del parlamento della legge 14 gennaio 2013, n. 4, in materia di professioni
non organizzate il counseling è stato inserito tra le professioni autoregolamentate.
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1.3 DIFFERENZE TRA COUNSELING E PSICOTERAPIA
Quando mi trovo a spiegare alle persone cosa sia il counseling e cosa faccia un
counselor mi sento spesso dire dal mio interlocutore: “ah, quindi è una specie di
psicologo”. Sebbene il counseling e la psicoterapia siano due tipologie di relazione di
aiuto vi sono delle differenze sostanziali che riguardano gli obiettivi, il contesto e il
tipo di contratto che stanno alla base del Counseling.
Quello psicoterapeutico è un intervento specifico, mirato, volto ad agire su disturbi
ritenute patologici o quanto meno necessitanti una terapia che possa portare a
miglioramento o a “guarigione”. Siamo nell’ambito degli interventi orientati alla
patogenesi in cui si parte dai sintomi, si effettua una diagnosi e si arriva ad un
trattamento. Prevede tempi lunghi, può indagare nel passato e lavorare sia su fattori
interni che esterni. Alla base della sua efficacia sta il presupposto che la personalità
degli individui si formi da un’interazione fra il bagaglio genetico e l’esperienza che
ciascuno fa nel momento in cui ancora la personalità non si è formata e le strutture
mentali sono ancora molto plastiche, cioè nel periodo che va dall’infanzia alla fine
dell’adolescenza. In base a questo presupposto si sostiene che, se in seguito a
esperienze disfunzionali o dannose, un individuo non ha potuto svilupparsi
liberamente e autenticamente, a contatto con una persona (lo psicoterapeuta), in
grado di porsi esclusivamente in funzione della crescita dell’altro senza nessun’altra
aspettativa e senza nessun bisogno personale (se non il pagamento della parcella),
tale individuo ritroverà la strada per diventare veramente quello che è (Silvia
Foschetti – psicologa psicoterapeuta- ASPIC Counseling e Cultura) .
Nel Counseling, al contrario, la psicopatologia non entra in gioco, siamo, come detto,
nell’ambito della salutogenesi: si individuano, riorganizzano e potenziano le risorse
che la persona possiede. Il counselor lavora assieme al cliente, lo stimola a cercare
nuove soluzioni attraverso un adattamento creativo, non prevede una cura in quanto
non si deve affrontare una malattia, bensì opera a sostegno di un individuo in un
momento di disagio dovuto a fattori interpersonali o esterni, aiutando a ritrovare le
proprie risorse (che ognuno ha dentro di sé) utili nel “qui e ora”. Mentre la
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Psicoterapia interviene sulla psicopatologia e sui disturbi o le disfunzioni della
personalità per curare sintomi e per ristrutturare la personalità e perciò ha una durata
medio-lunga (da uno a molti anni), il Counseling interviene sulle crisi e rotture degli
equilibri esistenziali che comunemente capitano durante il corso della vita, e per
affrontare le quali in quel momento l’individuo sente di non avere risorse a
disposizione. Si applica anche nel caso in cui ci sia la necessità sia di risolvere
problemi specifici e prendere decisioni complesse (affrontare un cambiamento di
lavoro, di residenza, una separazione, un lutto, ecc) e ha una durata breve, circa
dieci incontri (Silvia Foschetti – psicologa psicoterapeuta- ASPIC Counseling e
Cultura).
Qualora il counselor ritenga di trovarsi davanti ad un cliente che ha bisogno di una
ristrutturazione profonda della personalità, lo invierà a chi di dovere, per questo è
importante che un counselor abbia una rete di professionisti di fiducia con cui
collaborare in stretta sinergia.
PSICOTERAPIA COUNSELING
Disagio/Sofferenza psichica Problemi interpersonali limitati e specifici all'area del conflitto
Disordini psicologici dovuti a disturbo strutturale di personalità e riparazione di
strutture di gravi disturbi
Ambivalenza – Stress, scelte e decisioni difficili da compiere. Difficoltà
Riguarda soprattutto Fattori interni Riguarda soprattutto Fattori esterni
PATOLOGIE
Complessità del funzionamento intrapsichico impegno intensivo
DISAGI
Crescita - prevenzione e sviluppo della personalità. Questioni educative e di
orientamento vocazionale
Tempi lunghi Tempi brevi
Tab.1 - Aree di applicazione della psicoterapia e del Counseling (www.unicounseling.org)
Nonostante sia giusto tenere sempre presenti le differenze tra le due
professioni di Counselor e Psicoterapeuta, esiste anche qualche similitudine. Anche
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il Counseling ha come modelli di riferimento le teorie della Psicologia; in entrambe si
formula un contratto tra il cliente che fa la richiesta di aiuto ed il Counselor,
praticamente con le stesse modalità che si attuano nel contratto psicoterapeutico.
1.4 FATTORI CHE RENDONO EFFICACE LA RELAZIONE D’AIUTO
“Si ha relazione di aiuto quando vi è un incontro fra due persone di cui una si
trova in condizioni di sofferenza/confusione/conflitto/disabilità (rispetto a una
determinata situazione o a un determinato problema con cui è a contatto e che si
trova a dover gestire) ed un’altra persona, invece, è dotata di un grado ‘superiore’ di
adattamento/competenze/abilità, rispetto a queste stesse situazioni o tipo di
problema. Se fra queste due persone si riesce a stabilire un contatto (una relazione)
che sia effettivamente di aiuto, allora è probabile che la persona in difficoltà inizi
qualche movimento di maturazione/chiarificazione/apprendimento che la porti ad
avvicinarsi all’altra persona (assorbendone per così dire le qualità e le competenze)
o comunque a rispondere in modo più soddisfacente al proprio ambiente ed a proprie
esigenze interne ed esterne” (Folgheraiter 1993).
La relazione d’aiuto è, nel suo aspetto sostanziale, una relazione umana volta ad
appagare bisogni umani fondamentali e, secondo Carl Rogers, una relazione in cui
uno dei protagonisti (il counselor) ha lo scopo di promuovere nell’altro (il cliente) la
crescita lo sviluppo la maturità ed il raggiungimento di un modo di agire più adeguato
ed integrato.
Curare la relazione, insieme agli interventi tecnici, alle caratteristiche personali del
cliente ed alla qualità del counselor, contribuisce a determinare l’efficacia del
trattamento.
La ricerca scientifica nel campo della psicoterapia (NORCROSS J. C., BEUTLER L.
E., LEVANT R. F., 2006) ha dimostrato che nessun modello di psicoterapia è così
completo per affrontare ogni tipo di richiesta d’aiuto e che non esiste un modello di
psicoterapia migliore di un altro in assoluto. Psicoterapeuti esperti appartenenti ad
approcci differenti lavorano in maniera molto più simile rispetto a psicoterapeuti
inesperti di una stessa scuola. La differenza sta nella persona dello psicoterapeuta e
nella relazione d’aiuto che si crea tra le persone in psicoterapia.
Questo vale non solo nella psicoterapia ma in tutte le professioni di aiuto, counseling
compreso.
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In tale ottica assumono importanza primaria i fattori comuni evidenziati dalla ricerca
scientifica come fattori determinanti nell’efficacia dell’intervento di aiuto e
indipendenti dagli specifici filoni teorici.
Il principale fattore comune consiste nella qualità della relazione definita attraverso le
sue qualità strutturali (setting, regole, confini, contratto) e di processo interpersonale
(coinvolgimento, accoglienza, legame fiduciario, corrispondenza delle aspettative tra
terapeuta e paziente, empatia, sincronia, sintonizzazione, alleanza motivazionale e
operativa, elementi di transfert e controtransfert, compatibilità relazionale).
La finalità della relazione di counseling è :
- Aiutare ad aiutarsi;
- Promuovere la crescita la maturità e il raggiungimento di modo di agire più
adeguato ed integrato;
- Favorire una maggiore valorizzazione delle risorse personali e una maggiore
possibilità di espressione;
- Gestire i propri problemi utilizzando le risorse personali
Per Rogers (1970), affinché il percorso di aiuto porti ad un cambiamento sostanziale
è necessaria la presenza di determinate e ben definite condizioni. Tre di queste
caratteristiche riguardano il counselor e sono:
- Autenticità e congruenza: è l’ abilità del counselor di essere realmente una
persona aperta rispetto al cliente. Tale apertura si basa sull'onestà e su una
comunicazione - sia verbale che non verbale - chiara. In questo modo il
terapeuta non interpreta alcun ruolo ma è spontaneo genuino, consapevole
dei propri sentimenti e in contatto con essi. Percependo questo atteggiamento
da parte del counselor il cliente si sente incoraggiato ad essere spontaneo e
trasparente.
- Accettazione positiva ed incondizionata: significa rispettare e valorizzare i
clienti accettandoli in modo totalmente non giudicante, perfino se le loro
azioni o i loro sistemi di valori fossero molto differenti da quelli dei counselor.
Accettare e rispettare i clienti tuttavia non sarebbe possibile senza un pieno
auto sviluppo del counselor, che in genere viene acquisito nella formazione.
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Sono necessarie l'accettazione dei propri difetti e limiti e la volontà di lavorare
per una maggiore consapevolezza prima che possa esistere una vera
accettazione degli altri. Quando il terapeuta accetta pienamente il cliente, non
è direttivo e non si impone su di lui, si astiene dall’ esprimere giudizi o a
spingerlo al cambiamento. In questo modo il cliente può sfogarsi mettendo a
nudo i sentimenti nascosti aumentando la consapevolezza di sé.
- Comprensione empatica: secondo Rogers l’empatia è quella particolare
caratteristica che, quando è presente, rende una persona capace di
comprenderne un'altra in modo molto profondo. Ciò può avvenire soltanto
quando c'è una comunicazione veramente stretta fra due persone, e quando
si fa uno sforzo particolare per mettersi nei panni dell'altro allo scopo di
riuscire a percepire la realtà dalla prospettiva dell'altro. E’ questa la base dell'
insight e della vera comprensione. Quanto il terapeuta è in grado di mettersi
nei panni del cliente, di percepire ciò che questi vuole dire senza pregiudizi, il
cliente si sente degno di ascolto e di attenzione, e presterà più ascolto e
attenzione a sé stesso. Essere in empatia significa “fare esperienza del
mondo personale del cliente “come se” fosse il nostro, senza però perdere
mai questa caratteristica del “come se”; sentire l’ira, la paura, il turbamento del
cliente, come se fossero nostri, senza però aggiungervi la nostra ira, la nostra
paura ed il nostro turbamento” (Rogers, 1970).
Le altre condizioni riguardano la situazione del cliente, che dovrà trovarsi in una
condizione di incongruenza, di ansia e vulnerabilità (Rogers, 1970); e il modo in cui il cliente percepisce il Counselor: quando il primo avverte la presenza delle tre
caratteristiche sopra indicate (accettazione, empatia, congruenza) si verificherà un
efficace spinta verso il cambiamento.
Sulla base di questi presupposti, Rogers, definisce la relazione di counseling come:
una situazione in cui un calore umano, un’accettazione obiettiva e l’assenza di ogni
coercizione o pressione personale da parte del counselor permette l’espressione più
libera di sentimenti, comportamenti e problemi da parte della persona.
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In questa particolare esperienza di completa libertà emotiva, strutturata entro limiti
precisi, l’individuo è libero di riconoscere e capire i suoi impulsi e le sue strutture
comportamentali, positive e negative, come in nessun altro rapporto esistente.
Il counseling efficace consiste in un rapporto flessibile ma ben strutturato, che
permette al soggetto di raggiungere un grado di autocomprensione, tale da
consentirgli di adottare provvedimenti positivi alla luce di questo nuovo
orientamento".
1.5. ETICA E DEONTOLOGIA
L’etica è la scienza che studia i comportamenti dell’uomo e si interroga se ciò che si
fa corrisponde a ciò che si dovrebbe fare. Mentre la deontologia è l’insieme dei
principi e dei doveri che gli appartenenti ad una categoria professionale si
autoimpongono per tutelare se stessi ed i propri clienti. E’ quindi l’insieme dei
principi e degli obblighi che i professionisti devono rispettare nell’esercizio della loro
professione (Giannella, 2010).
Come abbiamo detto all’inizio, il 10 febbraio 2013, è entrata in vigore la Legge n. 4 del 14 gennaio 2013, recante “Disposizioni in materia di professioni non
organizzate”. La legge prevede, in assenza di albi o di ordini professionali, la
possibilità di dar vita ad associazioni professionali che abbiano, tra gli altri, il compito
di far rispettare le regole deontologiche e definiscano le sanzioni disciplinari in caso
di violazione.
L’ASPIC recepisce il codice etico e deontologico della BACP – The British
Association for Counselling & Psychotherapy.
Sono tre gli ambiti che interessano la deontologia nella professione del counselor e
vengono riassulti attraverso “il rispetto delle tre C” che corrispondono alla
competenza, al contratto, ai confini (Giannella, 2010)
La competenza è l’ambito di espressione della propria professionalità; è ciò che
spetta a chi ha capacità, preparazione ed esperienza per fare una attività.
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Per un counselor significa operare mantenendo uno standard adeguato e
fornire servizi e tecniche per le quali ha una specifica qualificazione. Il Counselor
opera nel campo della prevenzione della malattia e della promozione della salute ed
ha competenze di sostegno e di orientamento esistenziale e non psicologiche
psicodiagnostiche o psicoterapeutiche e né di assistenza sociale.
Il Counselor deve applicare la propria competenza rispettando le esigenze del cliente
e aiutandolo a trovare in sé le risposte giuste per gestire le proprie difficoltà
delegando ad altre figure preposte Diagnosi e Trattamenti clinici.
Deve inoltre favorire lo sviluppo e l’utilizzo delle potenzialità già insite nel cliente
aiutandolo a superare quei problemi che gli impediscono di esprimersi pienamente e
liberamente nel mondo e quindi aiuta il processo di cambiamento.
Il Counselor non è un terapeuta e deve saper individuare i casi in cui è necessario
effettuare un invio ad un altro professionista per non incorrere nei reati di “Esercizio
abusivo della professione” (art.348 Codice Penale), “Truffa” (art. 640 Codice Penale)
e “Usurpazione del titolo” (art. 498 Codice Penale).
Inoltre il Counselor deve curare il proprio aggiornamento professionale e verificare il
proprio lavoro in supervisione individuale o di gruppo alla pari con altri colleghi
(Giannella, 2010)
La seconda “C” sta per Contratto, professionale e sul risultato. Nell’ambito dell’attività di Counseling il contratto che ha effetti giuridici, da cui cioè
derivano diritti e doveri per il cliente e per il professionista, è il contratto
“professionale”. Si tratta in pratica dell’accordo tra professionista e cliente in cui il
professionista accetta di fornire un intervento di Counseling al cliente che si impegna
a pagare un corrispettivo. L’accordo esprime una coincidenza di volontà per la
realizzazione di uno scopo comune. Questo contratto viene normalmente concluso
verbalmente in quanto la legge non richiede una forma scritta, ma si può ricorrere ad
uno schema sia come promemoria dell’accordo che come contratto scritto.
E’ composto da una premessa che contiene la definizione e la finalità dell’intervento
di Counseling e l’orientamento teorico del professionista per mettere in grado il
cliente di operare una scelta consapevole, dare cioè un consenso informato sul tipo
di intervento. Questo mette il cliente in grado di operare una scelta consapevole
nell’adesione al contratto, essendo informato della qualificazione professionale, del
metodo di lavoro, del modello di riferimento e così via.
16
Successivamente si individuano gli elementi essenziali del contratto, in particolare
i tempi e le modalità del setting, l’accordo economico, la scadenza del contratto,
l’impegno a tutelare la riservatezza del cliente attraverso il segreto professionale e il
rispetto della Privacy (Dlgs . 196/2003 art.13 Informativa al cliente) .
Il contratto sul risultato prevede invece l’impegno a stabilire un’alleanza operativa
per individuare e realizzare il risultato concreto che le parti intendono raggiungere.
Questo impegno, a differenza di quello professionale, non ha nessun effetto giuridico
e prescinde dal raggiungimento o meno dell’obiettivo fissato.
Rispettare i Confini professionali significa mantenere quei parametri della
relazione che permettono sia al Counselor che al cliente di sentirsi sicuri e perciò
anche spontanei e liberi. Strutturare dei confini chiari è il modo per rispettare il codice
etico ed evitare abusi o situazioni a rischio di abuso con pericolo di illegale
sfruttamento.
Dove con il termine abuso si intende l’uso del potere che nasce nella relazione di
Counseling in vista di uno scopo diverso da quello dell’interesse del cliente.
E’ quello che si verifica, ad esempio, quando alla relazioni di counseling, che non è
paritaria, se ne aggiunge una di tipo paritario, come un rapporto di amicizia, d’amore
o d’affari.
Una grave violazione dei confini, oltre che del codice etico, è ad esempio la
violazione del confine sessuale (Giannella, 2010).
Sempre in tema di etica e deontologia, il counselor, è tenuto a mantenere il segreto
professionale su tutto ciò di cui viene a conoscenza nell’esercizio della professione,
in quanto ha un obbligo di fedeltà nei confronti del proprio cliente per via del rapporto
di confidenza e fiducia che si istaura con la relazione di counseling (artt. 15-26
Codice REICO). La rivelazione del segreto del professionista sarebbe infatti lesiva
della libertà e della sicurezza dei rapporti intimi professionali un tradimento della
fiducia del cliente . La riservatezza è intesa non solo sui contenuti della prestazione
professionale ma anche sull’identità del cliente.
La tutela della riservatezza è un obbligo non solo deontologico ma anche di diritto
penale disciplinato dall’art. 622 del codice penale.
Vi sono tuttavia dei casi in cui tale violazione non è punibile, quando cioè viene
riscontrata una giusta causa alla violazione del segreto professionale. Queste ipotesi
che in termine tecnico si chiamano condizioni esimenti sono:
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- Il consenso scritto del cliente.
- Un ordine del giudice legittimamente impartito.
- Stato di necessità per evitare un danno grave ad una persona( es. la persona
dice che vuole suicidarsi o vuole ammazzare una persona).
- Legittima difesa del counselor.
Capitolo 2
L’APPROCCIO PLURALISTICO INTEGRATO
2.1 DESCRIZIONE
Una delle cose che ho maggiormente apprezzato della scuola ASPIC è il tipo di
approccio utilizzato nel corso triennale di counseling, l’approccio pluralistico
integrato. Introdotto in Italia a partire dal 1984, pone in rilievo i fattori comuni integrati
dei diversi approcci. Contiene in sé la sintesi dei fondamenti concettuali e
metodologici e delle strategie più efficaci e innovative del settore, portando alla
nascita di un metamodello, flessibile e trasversale. Si tratta di un approccio di natura
esperienziale piuttosto che verbale o interpretativo, che armonizza gli aspetti della
non direttività di matrice umanistico - esistenziale con quelli semi-direttivi di stampo
gestaltico, secondo il principio-base di adattare il proprio intervento alla specificità
soggettiva della persona.
Le ragioni di un approccio integrato possono essere individuate nella
consapevolezza che le persone in quanto uniche ed indivisibili, richiedono una
risposta capace di includere contemporaneamente le dimensioni del pensiero, del
sentimento e del comportamento, mentre le singole teorie, avendo il proprio specifico
campo di applicabilità ed efficacia, non sono abbastanza comprensive della
complessità del comportamento umano. 18
I principi ispiratori di tale approccio si possono riassumere:
nel focus orientato alla salutogenesi, secondo una pragmatica di tipo
educativo e di promozione della salute;
nella concezione del benessere come capacità di accettare la realtà e di
interagire con essa in maniera creativa (dando priorità al come piuttosto che al
cosa o al perché), mentre l'equilibrio è considerato come dinamico e ogni tipo
di sensazione, sentimento e bisogno del "qui e ora" come motore legittimo
dell'esistenza;
nella considerazione della persona come protagonista attiva delle proprie soluzioni, secondo una visione dell'individuo olistica e di auto-
determinazione in cui il sé è relativo e si auto-definisce attraverso il desiderare
e l'agire, in sintonia con la collocazione dell'uomo, con le sue aspettative e
capacità, al centro di una rete sociale fonte di risorse;
nello sviluppo di un atteggiamento di tipo rogersiano, basato sulla triade
empatia, autenticità ed accettazione incondizionata, e sulla considerazione
della relazione in atto come laboratorio di apprendimento esperienziale.
2.2 L’ APPROCCIO UMANISTICO
La Psicologia Umanistica o “Psicologia della Terza Forza” nasce negli Stati Uniti
nel 1962 grazie al contributo degli psicologi Abraham Maslow, Carl Rogers e Rollo
May che si riunirono nell’ Associazione Americana della Psicologia Umanistica
(AAHP). La Psicologia Umanistica si caratterizza per avere una nuova visione della
mente umana andando a costituire uno degli orientamenti più originali esistenti in
campo psicologico, sia per la riflessione critico-filosofica sull’essenza dell’uomo sia
per i nuovi spunti offerti nella pratica clinica.
Questo nuovo approccio è particolarmente caratterizzato da una serie di
atteggiamenti che riguardano un nuovo modo di osservare l’essere umano:
- la concentrazione dell’attenzione sulla persona, sull’ esperienza quale
strumento essenziale degli studi sull’uomo;
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- il particolare interesse su aspetti diversi dell’ esperienza umana come la
libertà di scelta, la spinta creativa e l’autorealizzazione;
- la valorizzazione della dimensione etica e della dignità della persona ed
interesse allo sviluppo del potenziale in essa latente;
- lo spostamento del focus dall’ uomo malato all’ uomo sano con un significativo
ribaltamento nella concezione di “salute” e di “malattia”.
Questi elementi, che vengono considerati nel “qui ed ora” dell’esperienza dell’
individuo, hanno consentito di poter affermare che la Psicologia Umanistica è da
considerarsi una Psicologia della Salute, intesa come sviluppo e accrescimento delle
potenzialità della persona.
Il metodo della Psicologia Umanistica è olistico e dinamico con una concezione della
persona intesa come “unità bio-psico-sociale”: l’obiettivo è la comprensione del
soggetto nella sua totalità individuale, l’organismo è un agente attivo che entra in un
complesso sistema di relazioni con il mondo, per cui non si può comprenderne un
singolo comportamento se non si conosce la sua storia personale, le sue aspirazioni,
se non si colgono, cioè, la sua visione del mondo e la sua “struttura esistenziale”. Ne
deriva una nuova concezione di salute e di individuo sano che secondo questa
visione sarebbe colui che giunge alla propria "autorealizzazione", al pieno sviluppo
delle proprie potenzialità, colui che diventa ciò che è, e non un semplice "adattato" *
(Dott.ssa Mariachiara Federici)
Le conseguenze di tali assunti in termini di scelte metodologiche possono essere
così sintetizzate:
- la natura essenzialmente non direttiva e intrinsecamente relazionale della
consulenza e il valore di incontro tra pari che ad essa viene attribuito. La
parità tra i due sottoscriventi il patto di consulenza diviene elemento
essenziale e la relazione d’aiuto che si instaura assume il rispetto della
persona e la partecipazione empatica alla sua vicenda umana quale
condizione imprescindibile della correttezza e dell’efficacia dell’azione di
counseling;
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- la profonda avversione per le pratiche e gli strumenti diagnostici. La
consulenza centrata sulla persona non presuppone e non richiede alcun
intervento di tipo diagnostico preliminare o iniziale: in essa il counselor segue,
senza schemi precostituiti, il filo del discorso del cliente, cercando di costruire
e conservare quel clima relazionale “facilitante” che, nelle sue varie accezioni
di empatia, accettazione e congruenza, rappresenta l’essenza e il punto di
forza della relazione di counseling (Ruffini, Sarchielli, 2006)
2.3 IL CONTRIBUTO DI CARL ROGERS
Come detto la Psicologia Umanistica nasce grazie all’unione di tre grandi
psicologi, tra questi Carl Rogers è sicuramente colui che offre a chi si approccia al
mondo del counseling un enorme contributo essendo, non a caso, considerato uno
dei padri fondatori di questa professione.
L’approccio di Carl Rogers è sostenuto da un’estrema fiducia nelle possibilità dell’
uomo di riscattarsi dai condizionamenti della natura e della società e perciò di ambire
alla realizzazione di tutte le potenzialità che abitano in lui.
Alla base di tale approccio vi è la tendenza attualizzante, ovvero la potenzialità
innata di raggiungere il meglio per sé attraverso la capacità auto regolativa di cui
l’organismo è portatore. Secondo Rogers, ogni persona possiede una forte spinta ad
adattarsi, migliorarsi, realizzarsi. Ognuno infatti tende per natura ad aprirsi alle
esperienze, ad essere responsabile, creativo e costruttivo.
Il nome di Rogers è fortemente legato alla “terapia centrata sul cliente”, detta anche
“non direttiva”, che introduce l’ utilizzo del termine “cliente” in sostituzione di quello di
“paziente” volendo indicare la condizione di parità in cui si svolge il dialogo
terapeutico. La nozione fondamentale della terapia centrata sulla persona è che il
terapeuta può avere fiducia nella tendenza alla crescita del cliente (Bozarth 2001).
Il questo modo il terapeuta (o il counselor) non si pone nel ruolo di esperto o di
possessore di un sapere oggettivo in grado di stabilire ciò che è “sano” e ciò che è
“malato” e il “cliente” non subisce un’interpretazione che gli giunge dall’ esterno o da
un impianto teorico precostituito, ma esprime il suo “stato di incongruenza”, partendo
dal quale può diventare davvero se stesso lungo le linee di sviluppo dei propri vissuti
esperenziali, attivando le proprie capacità espressive e di auto guarigione.
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Come abbiamo visto in precedenza, Rogers, individua anche alcune caratteristiche
imprescindibili che il terapeuta/counselor deve possedere se vuole stabilire un
rapporto empatico di stima e di fiducia reciproca con il paziente, la cosiddetta triade
rogersiana costituita dall’autenticità, dall’accettazione positiva incondizionata e
dall’empatia. Secondo Rogers queste condizioni consentono di condurre il paziente
verso la strada del cambiamento attraverso un processo di facilitazione di lettura
della realtà e dei propri vissuti esperenziali che avviene grazie all’atteggiamento
umano ed empatico del terapeuta. Tali atteggiamenti, quindi, consentono la
liberazione delle potenzialità umane ed il raggiungimento di livelli di sviluppo più sani
ed integrati.
Tra i contribuiti lasciati dallo psicologo statunitense al counseling vi è sicuramente un
insieme di tecniche volte a rendere la rendere la comunicazione con il cliente chiara
ed efficace.
Una tra le più importanti è sicuramente quella dell’ascolto attivo. Si tratta di un
importante metodo volto a favorire il cambiamento nelle persone. Nonostante la
diffusa convinzione che ascoltare sia un comportamento passivo, risultati clinici e di
ricerca mostrano chiaramente che un ascolto attento e sensibile è un efficace agente
di cambiamento della personalità individuale e delle dinamiche di gruppo. L’ascolto
modifica le attitudini delle persone nei confronti di sé stesse e degli altri; contribuisce
a modificare i loro valori fondamentali e i loro modi di relazionarsi al mondo. Coloro
che sono stati ascoltati “attivamente” maturano sotto il profilo emotivo, si aprono
all’esperienza, stanno meno sulla difensiva, diventano più accettanti e meno
autoritari. Quando veniamo ascoltati con sensibilità, tendiamo ad ascoltarci noi stessi
con maggior cura e attenzione e ad esprimere con chiarezza ciò che sentiamo e
proviamo. I membri di un gruppo sono più portati ad ascoltarsi l’un l’altro, ad essere
meno scontrosi, più pronti ad accogliere altri punti di vista. Poiché l’ascolto riduce la
minaccia di veder criticate le proprie idee, la persona diviene più capace di vederle
per ciò che sono e di dare valore ai propri contributi. Un risultato non meno
importante dell’ascolto è il cambiamento che avviene nell’ascoltatore stesso. Oltre a
ricevere un gran numero di informazioni, ascoltare contribuisce a stabilire relazioni
profonde, positive e tende a modificare in maniera costruttiva le attitudini
dell’ascoltatore. (Rogers, Farson, 1987)
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“Pensiamo di ascoltare, ma solo raramente ascoltiamo con una reale comprensione,
con una vera empatia. Eppure l'ascolto, di questo tipo molto speciale, rappresenta
una delle forze più importanti, ai fini del cambiamento, che io conosca.” (Rogers)
Per Rogers per ascoltare attivamente bisogna:
- Sapere perché si ascolta
- Concentrarsi sull’altro resistendo alle tentazioni interne ed esterne
- Comunicare interesse
- Mantenere il contatto oculare
Un’altra importante tecnica volta a dimostrare coinvolgimento e comprensione dei
vissuti portati dal cliente è la cosiddetta riformulazione, che consiste nel ri-dire e ri-
offrire al cliente la sua comunicazione utilizzando le sue stesse parole oppure altre
differenti. L’obiettivo della riformulazione è duplice, da una parte da conferma al
cliente di essere stato ascoltato attentamente e gli permette di concentrarsi sulla
propria esperienza, di cogliere sfumature nuove o generare nuove analisi sulla
propria situazione; dall’altra garantisce una corretta ricezione del messaggio dando
la possibilità al cliente di spiegarsi meglio qualora il messaggio non sia stato
compreso correttamente dal counselor.
Esistono diverse tipologie di riformulazione:
- La riformulazione riflessa semplice: attraverso la quale si restituisce e si
rimanda l’equivalente del contenuto del messaggio ricevuto usando e
ripetendo le stesse parole.
- La riformulazione eco: che consiste nel ripetere le ultime parole dette.
- La riformulazione parafrasi: attraverso la quale si ripropongono gli stessi
concetti, ma con parole diverse, è una risposta ripetitiva di verifica
eventualmente per correggere ciò che si è capito.
- La riformulazione riepilogo: tesa a riassumere l’esposizione prolissa, lunga
o scoordinata.
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- La delucidazione: che agevola l’auto comprensione, in quanto sottolinea i
nessi impliciti che accompagnano il contenuto. Serve a compiere un’ulteriore
riflessione per una modifica graduale del campo percettivo.
- Riflesso del sentimento: che è una risposta parafrasata data ad un
sentimento comunicato dal cliente verbalmente, per esempio attraverso delle
metafore, o non verbalmente, per esempio attraverso una particolare postura:
si rispecchiano le emozioni o i sentimenti presenti nel messaggio del cliente;
può aiutare il cliente ad entrare in contatto con la sua parte emotiva.
Altra tecnica basilare nel Counseling e nelle professioni d’aiuto in generale è
costituita dal domandare, dialogare con il cliente. Di fondamentale importanza è che
il counselor si rivolga al cliente attraverso domande aperte che inducono il cliente a
chiarificare o esplorare i propri pensieri e sentimenti. (Spalletta, Germano 2012).
Infatti le domande aperte a differenza di quelle chiuse (che prevedono come risposta
solo un “si” o un “no”):
• Lasciano ampia possibilità di risposta;
• Stimolano l’ampliamento del campo percettivo;
• Tendono ad ampliare ed approfondire la relazione;
• Stimolano l’esposizione di opinioni e pensieri
L’approccio rogersiano, composto dalle caratteristiche e dalle tecniche fin qui
esaminate, riveste una particolare rilevanza, all’interno dell’approccio integrato,
quando il cliente presenta un notevole livello di reattanza (intesa come resistenza al
cambiamento) e una scarsa consapevolezza di se e del proprio vissuto.
2.4 L’ APPROCCIO GESTALTICO
Come detto l’approccio integrato unisce le caratteristiche di non direttività
dell’approccio umanistico a quelle di semi direttività dell’approccio della scuola
gestaltica, caratterizzato da una metodologia di tipo esperienziale piuttosto che
verbale e interpretativa.
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La psicologia della Gestalt è una corrente di ricerca in Psicologia che nasce e si
sviluppa in Germania nel periodo tra il 1910 ed il 1930, mentre la psicoterapia Gestalt
(parzialmente basata sulla psicologia della Gestalt) nasce agli inizi degli anni ‘50 dal
lavoro di Fritz Perls, medico ebreo di origine tedesca. Essa venne profondamente
influenzata da vari fattori e disciplina di natura diversa tra cui: il teatro, la psicanalisi,
l’olismo, la psicologia umanistica, le filosofie orientali (in particolare lo Zen).
Uno dei concetti basilari di tale approccio è che il tutto è più della somma delle sue
parti. La Gestalt infatti è considerata una dottrina olistica in cui il tutto è rappresentato
proprio dalla parola tedesca “Gestalt”, che sta ad indicare la particolare forma
organizzativa delle parti individuali che lo compongono. Obiettivo del lavoro
Gestaltico è la realizzazione dell’unità mente-corpo, facendo scoprire, esplorare e
sperimentare alla persona la sua propria forma, il suo modello e la sua interezza.
In questo modo le persone possono permettersi di diventare quello che già sono, e
quello che potenzialmente possono diventare. Tra gli elementi cardine della gestalt
troviamo:
- Consapevolezza e presenza nel “qui e ora”. La terapia della Gestalt, in questo senso, pone l’accento sulla presa di
coscienza dell’esperienza attuale (il QUI ed ORA) e sul sentito emozionale e
corporeo. I vissuti, le esperienze, i problemi, tutto ciò che il cliente porta
all’interno della relazione con il counselor, anche se si tratta di esperienze
passate, sono rilevanti solo nella misura in cui interferiscono con la realtà
attuale, limitando le relazioni e le esperienze del cliente stesso.
- La sperimentazione come possibilità di crescita e di adattamento creativo dell’individuo all’ambiente.Attraverso la sperimentazione il cliente può apprendere come vivere con
consapevolezza nel presente. Egli può imparare a rivolgere la sua attenzione
a ciò che fa, sperimenta o sente nel presente, nel qui e ora, diventando
gradualmente consapevole dei suoi gesti, della sua respirazione, delle sua
emozioni, della sua voce, delle sue espressioni facciali, o dei suoi pensieri
pressanti.
- L’autoregolazione organismica.
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Perls la descrive così: "L'organismo sano raccoglie tutte le proprie potenzialità
per la gratificazione dei bisogni in primo piano. Immediatamente, appena un
compito è terminato, recede sullo sfondo e permette a quello che nel
frattempo è diventato il più importante di venire in primo piano”.
Normalmente l’organismo fa fronte a diversi bisogni che si manifestano
simultaneamente, ma dal momento che può svolgere adeguatamente solo una
funzione alla volta, deve operare una scelta entro una scala gerarchica di
valori, seguendo uno schema che dà priorità al bisogno in primo piano (in
“figura”), quello che preme con maggiore urgenza per il proprio appagamento,
lasciando retrocedere temporaneamente nello “sfondo” gli altri (processo
omeostatico).
Uno dei tanti aspetti teorici “prestati” dalla scuola gestaltica al counseling è
sicuramente quello del ciclo del contatto che tratta dello svolgimento ideale del
ciclo di gratificazione dei bisogni: l’individuo sano identifica senza sforzo il bisogno
dominate del momento, sa operare delle scelte per soddisfarlo e si trova così
disponibile al momento in cui emerge un nuovo bisogno.
I bisogni costituiscono gli organizzatori del comportamento e l’essenza dell’agire:
guidano l’organismo nell’ambiente. Nel counseling sia il singolo incontro con il cliente
che l’intero percorso seguono le fasi del ciclo del contatto che sono 4:
- Precontatto: è la fase in cui l'organismo sente una mancanza, un bisogno. E’
una fase di sensazioni e percezioni che determina la figura che sollecita il mio
interesse.
- Contatto: è la funzione attiva il cui il soggetto si prepara ad affrontare
l’ambiente. E’ il momento in cui si prende la decisione di agire sull’ambiente.
- Contatto pieno: è il momento di differenziazione tra organismo e ambiente,
un momento di confluenza sana. L’individuo agisce un’aggressività costruttiva
per modificare la realtà in linea col soddisfacimento dei propri bisogni.
- Post contatto: si assimila e “si digerisce” l’esperienza.
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Il soggetto sano non fa alcuna fatica ad identificare il bisogno dominante del
momento; sa operare delle scelte per soddisfarlo e si trova quindi disponibile nel
momento in cui emerge un nuovo bisogno nello sfondo (Ginger 1990).
Nella realtà non sempre le cose si svolgono nella maniera ideale sopra descritta.
Sono numerosi i cicli interrotti da un disturbo al confine-contatto. L’interruzione del
ciclo del contatto si realizza attraverso meccanismi di difesa ed evitamento, che di
per se non sono patologici e che anzi sono funzionali allo sviluppo sano
dell’individuo. L’essere patologici o sani dipende dalla loro intensità, dalla loro
flessibilità, dal momento in cui si attivano o dalla loro opportunità. Tali meccanismi
sono sette:
- Introiezione: può essere sintetizzata con la frase: credo mio ciò che è tuo.
Nella sua valenza sana, la ritroviamo nella sua funzione di adattamento alla
realtà, quando assimiliamo cibo, idee, principi, valori. Diventa disfunzionale
quando la persona “manda giù, inghiotte” un “devo”, un “valore”, senza
sceglierlo e senza vagliare se accoglierlo o rifiutarlo o cosa accogliere e cosa
rifiutare. La persona mangia senza masticare e assimilare.
Si verifica nella fase di pre contatto.
- Proiezione: può essere sintetizzata con la frase: credo tuo ciò che è mio.
Con questo meccanismo l’individuo attribuisce gran parte di sé
all’esterno, invadendolo e proiettandovi ciò che invece vale per se stesso.
E’’ sana nelle situazioni in cui è necessario entrare in empatia con gli altri,
mettersi nei panni degli altri (es. quando si deve immaginare una docenza),
nella creazione artistica, quando si deve progettare qualcosa. E’ disfunzionale
quando si attribuiscono al mondo esterno parti di sé alienate.
Si manifesta nella fase del contatto.
- Retroflessione: la frase che più lo rappresenta è “faccio a me stesso
quello che vorrei fare a te o ciò che vorrei ricevere da te”.
In questo modo l ’ individuo riduce lo scambio tra sé e l’ambiente
rivolgendo verso se stesso le sue energie.
E’ sana ad es. quando permette di differire l’espressione di pensieri o
sentimenti in tempi e luoghi più appropriati, in modo da soddisfare meglio il
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bisogno (es. esprimere la rabbia verbalmente). E’ disfunzionale, quando, ad
es. agisco la mia rabbia verso me stesso, dando pugni al muro (attacco me,
anziché rivolgerla verso la fonte della rabbia).
Si manifesta nella fase del contatto e del contatto pieno.
- Deflessione: colui che deflette evito il confronto del contatto diretto. La d. è
un meccanismo che consente di privare di calore il contatto che è in corso, di
attuare una fuga, un evitamento.
La deflessione può essere considerata sana quando occorre adottare
un’efficace strategia di adattamento.
E’ sana quando mi permette di abbassare l’intensità del contatto che può
essere vissuta come eccessiva in un certo momento (es. attraverso una
battuta ironica).
Si manifesta nella fase del contatto e del contatto pieno.
- Confluenza: con questa modalità di interruzione la persona confonde ciò che
è suo con ciò che è dell’altro. È uno stato in cui manca il confine ed il Sé
perde la sua identità. C’è indifferenziazione tra il Sé e l’ambiente e
manca i l contatto.
E’ il meccanismo opposto all’egotismo. E’ sana, per esempio, nelle fasi di
innamoramento, o nella fase simbiotica del neonato (quando la madre deve
sintonizzarsi e riconoscere i bisogni del bambino) o, ancora, nell’esperienza
ascetica.
Si manifesta nella fase del contatto e del contatto pieno.
- Egotismo: sintetizzato nella frase “esisto soltanto io con i miei bisogni” , è
sano quando consente di attuare delle chiusure temporanee per alimentarsi,
nutrirsi, per far crescere la propria autostima ed assertività ed imparare a dire
NO.
L'egotismo patologico in cui manca qualsiasi contatto nutriente si ha quando
viene attuata una chiusura totale al mondo fino a che l'organismo si inaridisce
profondamente.
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L’isolarsi in un certo momento o fase può essere sano e adattivo. Es:
chiudersi in sé leggendo un libro quando si è su un tram iper affollato; opporsi
e dire no dell’adolescente che deve definire la propria identità e i propri confini.
Si manifesta nella fase del post contatto.
- Professione: è una combinazione di proiezione e retroflessione sintetizzata
dalla frase “fare ad altri ciò che si vorrebbe che gli altri facessero a noi”. In
questo meccanismo si rileva un’eccessiva permeabilità in uscita che è
caratterizzata dall’incapacità a trattenere gli impulsi e quindi a dilazionare nel
tempo il soddisfacimento dei propri bisogni.
Un esempio è quello di coccolare un altro sperando che poi questi presti
attenzione a me.
L’approccio gestaltico all’interno del sistema integrato ha come obiettivo quello di
restaurare la capacità del cliente a entrare in rapporto con se stesso e con i propri
bisogni e di farsene carico con responsabilità e consapevolezza: agevolare il cliente
nel raggiungimento dei suoi obiettivi sentiti come bisogno emergente, quando essi
sono focalizzati nel qui e ora, definiti secondo un piano d’azione consapevole basato
sull’esame della realtà. Nell’esplorazione delle possibili interruzioni del ciclo del
contatto, si possono far esplorare al cliente, ad esempio, la presenza di introiezioni,
di messaggi genitoriali o di fantasie che limitano l’efficacia delle sue scelte o gli
impediscono di sperimentare la pienezza di un contatto arricchente con la realtà e
l’ambiente. (Spalletta, Germano 2012)
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Capitolo 3
PNL E COUNSELING
3.1 Cos’è la PNL
PNL è un acronimo che sta per Programmazione Neuro Linguistica. Così come il
counseling anche questa disciplina può essere definita in molti modi: una scienza, un
processo, uno studio, un modello, una serie di procedure, un manuale, un sistema,
un atteggiamento, una strategia, una tecnologia; per questo inizialmente si fa fatica a
farsi un’ idea di cosa sia la PNL (Bavister, Vickers 2013).
Partiamo dal fatto che si tratta di una metodologia di sviluppo personale volto a
facilitare il cambiamento, tramite un insieme di tecniche e strumenti relativi alla
comunicazione, alla percezione e all’esperienza soggettiva.
Una delle presupposizione della PNL è che “la mappa non è il territorio” nel senso
che ogni individuo possiede una mappa soggettiva del mondo, ha cioè un suo modo
di vedere le cose e reagire agli eventi, costruito sulla base dell’esperienza. La PNL è
lo studio della struttura dell’esperienza soggettiva, il modo che ha ogni individuo di
percepire se stesso e il mondo. L’idea centrale della PNL è che i pensieri, i gesti e le
parole dell’individuo interagiscono tra loro nel creare la percezione del mondo.
“Vi è un’irriducibile differenza tra il mondo e l’esperienza che ne abbiamo. Noi esseri
umani non agiamo direttamente sul mondo. Ciascuno di noi crea una 30
rappresentazione del mondo in cui vive; creiamo cioè una mappa o modello, che
usiamo per originare il nostro comportamento. La nostra rappresentazione del
mondo determina in larga misura l’esperienza del mondo che avremo, il modo in cui
lo percepiremo, le scelte che ci sembreranno disponibili vivendoci dentro.” (Bandler,
Grinder).
Modificando la propria visione (detta mappa del mondo, ovvero il sistema di
credenze relativo a ciò che è la realtà esterna e a ciò che è la realtà interna), la
persona può potenziare le proprie percezioni, migliorare le proprie azioni e le proprie
performance (Dott.ssa Paola Crimini Archivio ASPIC).
Come visto PNL è un acronimo che sta per:
Programmazione: ossia il modo in cui la nostra esperienza è codificata,
immagazzinata e trasformata per creare abitudini “programmi” alla base dei
nostri comportamenti, quasi alla strenua dei software che girano su un
computer.
Neuro: si riferisce alla struttura neurologica e al modo in cui elaboriamo le
informazioni che riceviamo dai nostri cinque sensi – vista, udito, tatto, olfatto e
gusto.
Linguistica: ha a che vedere con l’uso dei sistemi di linguaggio, simboli,
metafore e parole, per codificare, organizzare e attribuire significato alle nostre
rappresentazioni interiori del mondo (Bavister, Vickers 2013).
Percependo il mondo attraverso i cinque sensi, ogni persona percepisce ed elabora
le cose in modo diverso da un’altra. Una volta ottenute tutte le informazioni si attua
un processo interno di elaborazione mentale che è composto dalle rappresentazioni
mentali di quello che si è percepito. Queste rappresentazioni mentali influenzeranno
valori e convinzioni che a loro volta innescheranno uno stato interno strutturato da
emozioni, sentimenti, sensazioni che formano i programmi mentali (meta programmi)
ossia strategie delle persone ancora sotto forma di rappresentazioni mentali.
La PNL fu fondata e sviluppata da Richard Bandler (matematico) e John Grinder
(linguista), sotto la supervisione dell’antropologo Gregory Bateson all’Università della
California, a Santa Cruz, tra gli anni ’60 e ’70. I fondatori della PNL Bandler e Grinder
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scelsero tre terapeuti di successo, per via delle loro eccezionali capacità
comunicative, come modelli ispiratori della PNL: il terapeuta di scuola Gestalt, Fritz
Perls, la terapeuta della famiglia, Virginia Satir e il presidente fondatore della Società
Americana della Ipnosi clinica, Milton H. Erickson. I due studiosi analizzarono gli
schemi di comportamento e di pragmatica dell'azione terapeutica dei tre e
svilupparono schemi specifici per la comunicazione in generale, la costruzione della
relazione “rapport” (rapporto empatico positivo) tra soggetto bisognoso di aiuto e
terapeuta, e le conseguenze positive in termini di miglioramento personale (Dott.ssa
Paola Crimini Archivio ASPIC).
La PNL mette a disposizione del counselor una serie di metodologie di successo per
aiutare i clienti a raggiungere i loro obiettivi in tutte quelle aree in cui la
comunicazione è fondamentale.
3.2 INTEGRARE PNL E COUNSELING
Durante il mio percorso formativo ho particolarmente apprezzato il fatto che il
counselor nel rispetto del precetto rogersiano di mettere il cliente al centro della
relazione di aiuto, debba possedere una vasta gamma di strumenti che gli
consentano quella flessibilità necessaria per adattare e personalizzare il proprio
intervento a ciascun cliente.
In questi tre anni ho acquisito ed imparato ad utilizzare vari strumenti provenienti da
discipline e approcci anche molto diversi da loro che combinati insieme sono andati a
riempiere la mia “cassetta degli attrezzi”.
Oltre a quelle tratte dall’insegnamento di Rogers e della scuola gestaltica durante
questo percorso ho avuto modo di acquisire abilità provenienti dall’Analisi
transazionale, dall’approccio fenomenologico - esistenziale, da quello cognitivo –
comportamentale, dall’arte terapia, fino ad arrivare all’argomento oggetto di questa
tesi: la Programmazione Neuro Linguistica (PNL).
Ciò che lega counseling e PNL è sicuramente la figura di Fritz Perls che, come visto
nel paragrafo precedente, è uno dei tre grandi psicoterapeuti che Bandler e Grinder
hanno “modellato” per creare la PNL. Bandler aveva studiato e trascritto molte
sessioni di Perls e aveva addirittura cominciato a parlare come lui, utilizzando
32
inconsciamente gli stessi schemi linguistici, gli stessi comportamenti e movimenti del
corpo. Sperimentando quello che aveva assorbito all'interno dei gruppi a cui
partecipava riusciva anche a "riprodurre" i risultati del suo modello, anche se non
capiva come faceva. Grinder fu invitato da Bandler a unirsi ai suoi gruppi di terapia
per consentire a lui e a Frank Pucelik di codificare quello che loro due erano in grado
di fare.
Si può sostenere che diverse tecniche della PNL sono un'evoluzione o una
ridefinizione di alcune tecniche gestaltiche integrate con altre metodologie e
accentuate soprattutto dal punto di vista neuro linguistico. Un intervento terapeutico
può essere condotto attraverso diverse tecniche e modalità di cui la PNL e la Gestalt
costituiscono in estrema sintesi due diversi approcci unificati da modelli e da
esperienze congruenti complementari. La PNL è una neuroscienza che indaga i
diversi livelli di comportamento e di comunicazioni interpersonali caratteristici del
genere umano, per l'individuazione delle strategie e dei processi alla base dei
comportamenti, delle attività di pensiero e delle emozioni. La Gestalt è un approccio
sintetico di tecniche e contributi acquisiti in precedenza, da cui la PNL ha poi preso
spunto per identificarne gli aspetti peculiari, che riproponibili e ripresentabili, in sintesi
modellabili. La Gestalt si può definire la forma e linguaggio di cui la PNL ha elaborato
modelli e riproposto codici e significati. La PNL infatti è l'espressione delle regole
sintattiche e grammaticali che sono a base della Gestalt.
Infine la PNL partendo anche dalle tecniche repressive proprie della Gestalt fornisce
strumenti che consentono di analizzare e ridefinire gli schemi comportamentali propri
e dell'altro, per conoscersi più a fondo e per migliorarsi (Manzoni, Malorgio, 2007).
Gli aspetti della PNL che meglio si integrano con il counseling pluralistico sono:
La focalizzazione sugli obiettivi
l’efficienza e la rapidità delle sue tecniche
l’entusiasmo e la motivazione al cambiamento
l’attenzione al linguaggio e alla comunicazione
Nei prossimi paragravi andremo ad esplorare nel dettaglio questi aspetti e a trattare
nello specifico alcune tecniche e alcuni modelli della PNL che possono essere molto
utili al counselor durante il percorso con il cliente.
33
3.3 I SISTEMI RAPPRESENTAZIONALI
Abbiamo accennato in precedenza al fatto che la parola “Neuro” si riferisca al
modo in cui elaboriamo le informazioni che riceviamo e al modo in cui facciamo
esperienza del mondo attraverso i nostri cinque sensi in PNL chiamate modalità). È
questo infatti l’unico modo che abbiamo per sapere cosa succede intorno a noi. Il
nostro sistema neurologico utilizza le informazioni raccolte da occhi, naso, orecchie,
bocca e terminazioni nervose per creare una rappresentazione interiore del mondo
esterno. Ogni individuo dispone di modalità diverse per rappresentare la propria
esperienza. I sistemi rappresentazionali sono le modalità sensoriali attraverso le
quali si dà il proprio significato all'esperienza individuale.
Non si tratta di una rappresentazione assolutamente veritiera e completa della realtà,
ne potrebbe mai esserlo in quanto i nostri sensi sono degli strumenti relativamente
limitati e possiamo assorbire dati solo su uno spettro altrettanto limitato. I sistemi
rappresentazionali sono spesso indicati complessivamente con l'acronimo VAKOG:
V = Visivo
A = Auditivo
K = Cenestesico, (sensazioni tattili emozioni)
O = Olfatto
G = Gusto
In PNL si pone enfasi soprattutto su sistemi visivo, auditivo e cinestesico quelli più
essenziali nella nostra vita quotidiana. Noi utilizziamo questi tre diversi sistemi - V, A, K - non solamente per percepire il mondo esterno, ma anche per costruire la nostra
esperienza interiore della realtà quando pensiamo, sentiamo, immaginiamo ecc.
Sebbene le persone utilizzino tutti sistemi rappresentazionali di cui sono dotate esse
tendono a favorirne uno in particolare in virtù di una naturale propensione a pensare
34
per immagini, suoni, o sensazioni. Alcuni trovano facile visualizzare, vedere quello
che è successo in un ricordo oppure costruire un'immagine di quello che potrebbe
accadere nel futuro. Altri sono bravi a ricordare la melodia di un brano musicale o
inventare una conversazione nella propria mente. E alcune persone avvertono
acutamente le proprie sensazioni. Naturalmente al di là delle nostre personali
propensioni utilizziamo tutti sensi in una qualche misura ogni giorno. Il sistema
rappresentazionale che si utilizza in prevalenza è detto sistema primario o
preferenziale. Di norma è altamente sviluppato e capace di operare distinzioni in più
larga misura di quanto non accada in altri sistemi. Con la crescita sviluppiamo una
preferenza inconscia per un determinato sistema e normalmente arrivati all’
adolescenza abbiamo già una tendenza di tipo visivo, auditivo o cinestesico.
Le parole scelte dai nostri interlocutori per comunicare sono il riflesso dei processi
interni da loro utilizzati per costruire l’esperienza attuale e, in PNL, vengono chiamate
predicati. Ascoltando i predicati utilizzati dalla persona, è possibile scoprire quale sia
il suo sistema preferenziale:
mi sento preso in trappola e con il fiato corto; mi porto addosso un carico
pesante, però, se mantengo i piedi per terra, alla fine abbatterò tutti gli
ostacoli;
ho bisogno di discutere con te questa questione; mi sono chiesto più volte se
lui mi ha detto proprio tutto e, risentendo le sue parole, complessivamente, mi
sembra che suonino false;
provate a guardare le cose dal mio punto di vista e vedrete che si aprono
nuovi orizzonti, veramente più luminosi, con prospettive chiare e disegnate
con precisione.
Conoscere il sistema rappresentazionale primario di un cliente è molto importante
per un counselor perché in questo modo può utilizzare quel “codice” per comunicare
con lui. Questo rende la comunicazione di gran lunga più potente ed efficace perché
permette al counselor di parlare letteralmente “la stessa lingua” del cliente.
35
3.4 I SEGNALI D' ACCESSO OCULARI
I movimenti oculari che le persone compiono quando parlano o elaborano
informazioni, costituiscono degli indicatori della specifica attività neurologia
sensoriale e dell’utilizzo quindi di specifici sistemi rappresentazionali (Pinneri, Ruiu,
Verona 2007).
Prestando attenzione ai segnali di accesso e alle parti non verbali della
comunicazione1, il counselor può attingere a una vasta quantità di informazioni che
sapranno dirgli molto sul cliente che si trova davanti. I segnali di accesso oculari
sono pressoché universali.
Anche se la maggior parte delle persone presenta lo schema illustrato qui sotto,
esistono tuttavia differenza individuali (nelle persone mancine ad esempio lo schema
può essere invertito).
1 La comunicazione è composta per il 7% da una parte verbale (CV), per il 55% da quella non verbale (CNV) e per il 38% dal paraverbale. La comunicazione non verbale comprende: la prossemica (uso dello spazio e delle distanze), la postura, la direzione dello sguardo, la mimica, la gestualità.
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Ecco nel dettaglio cosa indicano le varie posizioni degli occhi:
La persona che guarda in alto a sinistra cerca di visualizzare qualcosa che è
accaduto in passato (Vr – Visivo ricordato)
La persona che guarda in alta a destra cerca di immaginare qualcosa (Vc-
Visivo costruito)
La persona che volge lo sguardo a sinistra cerca di ricordare dei suoni (Ar –
Auditivo ricordato)
La persona che volge lo sguardo a destra cerca di ricostruire dei suoni (Ac –
Auditivo costruito)
La persona che guarda in basso a sinistra parla con se stessa (Ad – Auditivo
digitale)
La persona che guarda in basso a destra riporta alla mente sensazioni e
sentimenti (Cinestesico)
Questo avviene perche le vie neurologiche che provengono dal lato sinistro di
entrambi gli occhi (campi visivi di sinistra) sono rappresentate nell’emisfero cerebrale
destro, responsabile della memoria visiva. I campi visivi di destra stimolano al
contrario l’emisfero sinistro, sede della costruzione delle immagini (non ricordate
quindi, ma costruite). Nell’individuo mancino avverrà esattamente il contrario, poiché
ciascuno dei due emisferi cerebrali controlla l’attività della metà opposta del corpo
(Pinneri, Ruiu, Verona 2007).
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3.5 Il META MODELLO
Il Meta Modello è stato sviluppato quando Richard Bandler e John Grinder
modellarono gli schemi di espressione linguistica utilizzati dai terapeuti Virginia Satir
e Fritz Perls. I fondatori della PNL osservarono che domande di un certo tipo
comportavano benefici terapeutici e che, quindi, aiutavano le persone a guarire.
Analizzando la struttura di questi interventi , Bandler e Grindler identificarono sei
schemi che successivamente utilizzarono per replicare i risultati ottenuti dalla Satir e
da Perls. Il Meta Modello, in pratica, è un insieme di domande che servono per
chiarire alcuni aspetti della comunicazione che riceviamo: si entra nella "mappa del
mondo" dell'interlocutore, per poi aiutarlo ad allargarne i confini.
Queste domande volte a mettere in discussione determinate affermazioni aiutano le
persone a recuperare informazioni perdute, riconnettendole alla propria esperienza
interiore e riconfigurando così le loro mappe cognitive. Il problema non è il mondo
esterno bensì le rappresentazioni piene di mancanze che le persone si creano,
scambiandole per la realtà. (Bavister, Vickers 2013)
Il Meta Modello crea una distinzione tra struttura profonda e struttura superficiale. È
uno strumento per comprendere come i pensieri sono tradotti in parole. La
grammatica trasformazionale postula che ogni produzione linguistica possa essere
analizzata a due livelli: superficiale e profondo. La struttura profonda di ciò che
intendiamo comunicare è la nostra completa rappresentazione interiore, le immagini
mentali, i suoni e le sensazioni a livello neurologico e inconscio della mente. La
struttura superficiale è invece costituita dalla sequenza delle parole che vengono
effettivamente impiegate, da ciò che diciamo e pensiamo consciamente. Quest'ultima
è una versione assai ridotta della nostra effettiva esperienza perché nel passaggio
da struttura profonda struttura a struttura superficiale hanno luogo tre processi che
vedremo nel dettaglio nel paragrafo successivo: distorsione, cancellazione e
generalizzazione (Bavister, Vickers 2013).
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Utilizzando il Meta Modello il counselor aiuta il cliente ad estrarre informazioni e a
prendere coscienza di meccanismi di pensiero negativi e convinzioni limitanti,
aiutandolo ad ampliare la propria mappa del mondo.
3.6 ELEMENTI DEL META MODELLO
Ogni volta che ricordiamo, immaginiamo o raccontiamo un'esperienza noi
deformiamo la realtà, generalizziamo, cancelliamo e distorciamo l’esperienza che
abbiamo vissuto.
La Generalizzazione: è il processo attraverso cui le persone partendo da una
esperienza specifica, la decontestualizzano traendone un significato universale. E' in
pratica una semplificazione della realtà con la quale creiamo categorie di riferimento.
Vi sono tre tipi di Generalizzazioni:
Gli operatori modali di possibilità : costituiscono il sentiero più breve per
scaricarsi dalle responsabilità e costruirsi alibi.
“È impossibile – se potessi – mi piacerebbe, ma proprio non posso, ecc.”.
Gli operatori modali di necessità : costituiscono anche questi un facile mezzo
per non assumersi la responsabilità delle proprie scelte che vengono fatte
passare per necessità.“
È necessario – dobbiamo – bisogna – non dovrei - è indispensabile, ecc.”.
I quantificatori universali : rappresentano un ottimo sistema per non scegliere,
non identificare, non evidenziare, poiché tutto viene sempre omogeneizzato.
“Tutti – sempre – mai – nessuno”.
Le domande antidoto per i tre tipi di generalizzazioni sono, rispettivamente:
“Cosa te lo impedisce?”39
“Cosa succederebbe se/se non …?”
“Proprio tutti? Proprio sempre?”
La Cancellazione: è un processo di selezione dell'esperienza. Le persone, infatti,
prestano attenzione solo ad alcuni pezzi del proprio vissuto escludendone altri.
Questa ‘rimozione’ di alcune parti dell’esperienza originaria, la riduce a proporzioni
che, inconsciamente, riteniamo più maneggevoli e coerenti con le nostre convinzioni.
Le Cancellazioni si dividono in quattro categorie:
Nomi/verbi/avverbi a-specifici : tutti quei casi in cui non troviamo un preciso
complemento di riferimento.
“Mi sento felice – È una faccenda noiosa – Stai disturbando – Ovviamente non
finiremo”.
Assenza d'indice referenziale : tutti quei casi in cui manca regolarmente il
soggetto.
“È risaputo che al nord … – Si può pensare che, in queste occasioni … – Si
dice che ieri … ”.
Assenza del secondo termine di paragone : tutti quei casi in cui manca sempre
l’elemento – persona, oggetto o evento – con cui viene effettuato il paragone.
“Voglio guadagnare di più – Il suo aspetto è peggiore – Vorrei che tu fossi
migliore”.
Nominalizzazioni : tutti i casi in cui viene utilizzata una parola astratta piuttosto
che il verbo corrispondente, capace di esprimere un’azione.
“Ho paura del suo rifiuto – non mi hanno dato il riconoscimento che volevo –
non so prendere una decisione …”.
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Lo strumento è sempre quello delle domande, che aiutano la persona a prendere
coscienza della tessera mancante, rimettendola in contatto con i pezzi di realtà in
precedenza rimossi.
“Per cosa esattamente (ti senti felice, ti annoi)?” “Chi (sto disturbando)? Per chi (è
ovvio)?”
“Chi lo sa? Lo pensa? Lo dice?”
“Rispetto a chi/quando?quanto?”
“Paura di essere rifiutato – essere riconosciuto – decidere”
La DistorsioneE’ una percezione "distorta" della realtà. Interpretiamo il mondo esterno secondo le
nostre mappe, adeguando la realtà alle nostre attese. Le deformazioni limitanti
spesso servono per conformare le esperienze a nostre aspettative o a
generalizzazioni così da convalidare queste ultime.
Esistono quattro tipi di Distorsioni:
Causa - effetto : tutti quei casi in cui ci troviamo di nuovo davanti a una
mancata assunzione di responsabilità delle proprie emozioni e desideri.
“Il tuo comportamento mi fa arrabbiare – le sue parole mi offendono – vorrei
fare una domanda ma non voglio sottrarvi tempo”
Equivalenza complessa : quando una piccola parte di realtà viene assunta,
ingiustificatamente, a chiave interpretativa di una più ampia realtà o contesto.
“Volere è potere – non si è messo il golfino nuovo, vuol dire che non gli piace
– è chiaro che ce l’ha con me perché nota ogni cosa che faccio …”.
Lettura del pensiero : quando desideri e timori tenuti accuratamente lontani
dalla coscienza vengono, in realtà, proiettati nella mente di altri nella quale
leggiamo con grande sicurezza.
“So bene quello che pensi – lui sta sicuramente chiedendosi – e adesso stai
per dirmi …”
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Presupposti : in tutti quei casi in cui c’è un elemento che viene dato per
scontato.
“È meglio firmare martedì o venerdì? – quando vedi il cliente fatti dare il
preventivo – smettila di rimproverarlo per delle stupidaggini” : la firma, il
vedere il cliente, che si tratti di stupidaggini … “.
Sono delle domande specifiche a fungere da antidoto:
- “Come fa X a provocare Y?”
- “In che modo A significa B?”
- “Come fai a sapere che …?”
- “Cosa ti fa credere che …?”
3.7 LA DEFINIZIONE DEGLI OBIETTIVI
Come abbiamo detto all’inizio il counseling è una relazione di aiuto che si basa su un
accordo tra counselor e cliente. Dopo aver definito l’obiettivo, questo, diviene oggetto
di contratto tra counselor e cliente. La stipula di un contratto di obiettivo è
indispensabile per canalizzare l'attenzione consapevole sul cambiamento. Fissare gli
obiettivi e i passi per raggiungere il cambiamento rappresenta un potente fattore
motivante e una spinta all’utilizzo delle risorse per perseguirlo. E’ importante definire
l’obiettivo sia per il cliente che così può avere riscontri tangibili del proprio percorso,
sia per il counselor che può verificare passo dopo passo l’efficacia del proprio lavoro.
In PNL si considera essenziale che gli obiettivi siano “ben formati”, che soddisfino
cioè una serie di criteri o di condizioni di buona formazione, studiati per aumentare le
probabilità di successo. Dunque l’obiettivo deve essere:
1) Espresso in termini positivi: un obiettivo è più facile da raggiungere se è
preciso e non contiene negazioni. Un obiettivo espresso in negativo è: “ Non
voglio arrivare tardi a casa per condividere più tempo con il mio/a partner ”.
Invece questo stesso obiettivo formulato in positivo sarebbe: “ Voglio uscire
presto dal lavoro per dedicare più tempo al mio rapporto ”.
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2) Sotto la propria totale responsabilità: è essenziale che l’obiettivo che si
desidera raggiungere sia sottoposto al proprio controllo. L’obiettivo è formulato
in modo che implica che implica che sarete voi stessi a realizzarlo
indipendentemente da quello che fanno le altre persone.
3) Il più specifico possibile: molti obiettivi sono troppo vaghi come “voglio
essere ricco”. Quando definiamo un obiettivo chiarendo i dettagli, il tutto
diventa più vivido e reale. Più specifici siamo, meno è probabile che ci
ritroviamo alla fine con qualcosa di indesiderato.
4) Rappresentato sensorialmente: gli obiettivi devono essere definiti con un
linguaggio specifico e basato sui sensi. Definire un obiettivo significa
immaginare il futuro e l’immaginazione, così come la memoria, si organizza in
base alle esperienze sensoriali. Si può chiedere al cliente di immaginare di
aver già ottenuto l’obiettivo e chiedergli cosa vedrà, ascolterà e proverà in
quella situazione.
5) Realistico: ossia un obiettivo che tiene conto delle risorse a disposizione,
mezzi, strumenti e azioni; limiti ed opportunità personali e dell’ambiente.
6) Ecologico: la PNL pone grande importanza sull’ecologia, sul prendere in
considerazione gli effetti di qualsiasi cambiamento sul sistema più ampio di cui
la persona fa parte. Qualunque obiettivo che definiamo e raggiungiamo creerà
effetti sul mondo che ci circonda e sulle persone che ne fanno parte.
L’ecologia riguarda le conseguenze per il sistema nella sua interezza per
questo è necessario pensare attentamente ai vantaggi e agli svantaggi che
derivano dall’azione prescelta.
7) Verificabile nel breve, medio e lungo termine: l'obiettivo deve essere
basato sul tempo, cioè occorre determinare il periodo di tempo entro il quale
l'obiettivo deve essere realizzato. Ciò serve a rendere misurabile l'obiettivo
stesso e ad evitare che, mancando un riferimento temporale, venga
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considerato non urgente e messo in fondo alle cose da fare. Inoltre, ciò
permette di distribuire al meglio il tempo rispetto alle attività da svolgere.
3.8 LA STRATEGIA DI WALT DISNEY
John Litrell nel suo libro “Il counseling breve in azione” (2001) parla di un
modello strategico ideato da Robert Dilts2, uno dei più importanti ricercatori al mondo
nel campo della PNL, ispirato a Walt Disney. Lavorando sul modellamento delle
strategie dei geni, Dilts, ha eseguito uno studio approfondito su Walt Disney, basato
su articoli e su libri scritti da lui e su di lui (Bavister, Vickers 2013). Da questa
indagine è stata estrapolata una strategia basata sul presupposto che per
trasformare ciò che non esiste in una realtà si debbano assumere tre posizioni:
quella del Sognatore, quella del Realista e quella del Critico.
Siamo nella modalità di pensiero “sognatore” quando pensiamo che tutto è possibile
e viviamo un senso di gioia e di speranza al pensiero di realizzare un sogno. In
questa fase si è creativi senza freni.
La fase del realista è tipica di quando ci occupiamo di organizzare e implementare
concretamente, mettendoli in sequenza, i passi necessari per rendere possibile il
sogno. Si assume un piglio pratico e pragmatico.
Nella fase del Critico ci occupiamo di rifinire il progetto e di pensare agli elementi
mancanti o alle situazioni critiche che potrebbero, se trascurate, costituire un
problema. Si valutano le cose criticando in modo costruttivo.
2 Robert Dilts è uno studioso, autore, trainer e consulente in Programmazione Neuro Linguistica fin
dalla sua creazione nel 1975. E' stato studente e collega di Bandler e Grinder, oltre ad aver studiato
con William Bateson e Milton Erickson. Ha sviluppato molto l'applicazione della PNL nel campo
dell'educazione, la creatività, la leadership e la salute. Ha concentrato i suoi studi sull’analisi dei fattori
che predicono il successo, analizzando personaggi noti per il loro genio creativo e per essere stati nel
loro campo modelli di eccellenza.
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In quest’ottica il raggiungimento di un obiettivo può essere visto come un processo
creativo che coinvolge queste tre figure. Il counselor lavora con il cliente per
immaginare ciò che è possibile, lo aiuta a trasformare i suoi desideri in obiettivi e
insieme valutano criticamente cosa dovrà accadere affinché i loro sogni si realizzino
(Littrell 2010).
Ecco come la strategia di Walt Disney può essere utilizzata nel counseling.
Fase del sognatore.In questa fase il Counselor adotta quella che viene chiamata una “inversione a 180°”.
Partendo dal presupposto che quello che la persona vuole è il contrario di ciò che
non vuole più e utilizzando lo spazio e linguaggio del corpo, il counselor chiede al
cliente di collocare, lungo una immaginaria linea del tempo, a sinistra quello che non
vuole e a destra quello che vuole.
In questo modo si definiscono così chiaramente lo stato presente e lo stato
desiderato.
Un’altra tecnica per condurre la persona verso il suo stato desiderato è quella di
individuare davanti a sé il futuro desiderato e di entrarci fisicamente dentro alzandosi
dalla sedia e lasciandosi il passato problematico alle spalle. A questo punto è
possibile chiedere al cliente che cosa nota di diverso nel momento in cui si pone
nella condizione desiderata “come se” si fosse realizzata in quel momento. Uno dei
vantaggi di questa tecnica è quello di puntare a cambiare la fisiologia della persona.
Un altro modo semplice di realizzare un cambiamento nella fisiologia è quello di far
fare un respiro profondo e di immaginare di liberarsi con il respiro delle tensioni in
eccesso o di fare una pausa di silenzio e di ascoltarsi. Anche se può sembrare
semplicistico ho notato nell’esperienza concreta di psicoterapeuta come il respiro e il
silenzio sono due validi strumenti nel lavoro con i clienti. Naturalmente le modalità e i
tempi con cui si utilizzano queste tecniche sono spesso decisivi in quanto è
necessario stare insieme alla persona ed accompagnarla passo passo con rispetto
ed empatia (Miali, appunti corso ASPIC).
Un’altra tecnica efficace è quella che Steve De Shaser chiama la ” Domanda miracolosa“: ” Se accadesse un miracolo e ti svegliassi col problema risolto, cosa ci
sarebbe di diverso? attraverso quali dettagli che accorgeresti del cambiamento? E’
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utile farsi elencare della persona alcuni dettagli per ogni sistema rappresentazionale:
visivo, auditivo, cenestesico. Domande utili a questo scopo sono ad esempio ” cosa
vedresti intorno a te che potrebbe essere una prova che le cose sono cambiate; cosa
ti direbbero gli altri e quale sarebbe il tuo dialogo interno ( auditivo ); quali sensazioni
proveresti? ( cenestesico ).
Per i clienti è facile sognare nuovi obiettivi se i counselor li aiutano a muovere i primi
passi verso il futuro (Littrell 2010).
Fase del realista
Una volta che i clienti hanno iniziato a raccontare i loro sogni in forma positiva, il
secondo passo è aiutarli a tradurre questi sogni in progetti realistici (Littrell 2010).
Questa modalità di pensiero è caratterizzata da pragmaticità e realismo ed ha lo
scopo di fare in modo che l’obiettivo desiderato risponda ad alcuni criteri importanti:
- che l’obiettivo sia sotto il controllo del cliente e che la sua realizzazione dipenda dal
cliente stesso
- che l’obiettivo sia formulato in modo specifico e concreto
- che vengano delineati obiettivi a breve e al lungo termine
- che gli obiettivi siano semplici e facili da raggiungere
questo diminuisce l’ansia da prestazione e aumenta il senso di speranza e di
controllo nel cliente (Miali).
Fase del CriticoIl ruolo del critico è quello di valutare punti di forza e lati deboli di una situazione
evidenziando gli aspetti rilevanti, che meritano una attenta considerazione e quelli
che possono essere trascurati; i bravi critici possono fornirci stimoli costruttivi per
realizzare qualcosa nel miglior modo possibile. (Littrell 2010). La fase del critico è
molto importante e permette di anticipare le naturali resistenze che si muovono
quando si pensa ad un cambiamento. Partendo dal presupposto che la voce critica
ha un’intenzione positiva che in genere corrisponde alla volontà di preservarci da
possibili fallimenti, sollecitandola in modo corretto attraverso giuste domande è
possibile migliorare le parti del progetto che potrebbero ancora aver bisogno di
46
revisione. Ad esempio ci si preoccupa della ecologia del cambiamento. Un
cambiamento è ecologico per il cliente quando ha il sostegno delle persone che gli
vivono intorno: questo permette di riflettere su quali sarebbero le ripercussioni del
cambiamento. (Miali)
Le domande tipiche di questa fase sono:
- Come si ripercuoterebbe il cambiamento su di te e sugli altri?
- Chi si accorgerebbe del cambiamento?
- Cosa potrebbe non funzionare?
- Cosa farai se si dovesse verificare un’ imprevisto?
- Ci sono altre questioni importanti che non abbiamo ancora considerato?
Aiutando i clienti a passare attraverso gli stati del sognatore, del realista e del critico
il processo volto alla definizione realizzazione dell’obiettivo diviene molto efficace.
Per molte persone fare chiarezza su ciò che desiderano è il passo più importante;
una volta acquisita tale consapevolezza è come se avesse già raggiunto l’obiettivo,
perché sanno quali azioni intraprendere e possiedono gli strumenti per agire (Littrell
2010).
3.9 L’UTILIZZO DELLE METAFORE
La metafora è uno strumento antico, da sempre utilizzato da profeti, insegnati
e guru per trasmettere efficacemente concetti e valori. L’uso dell’analogia, che è alla
base della metafora, permette di realizzare veri e propri cambiamenti nel modo di
pensare degli ascoltatori. Nella Programmazione Neuro Linguistica la metafora viene
considerata uno strumento comunicativo molto potente proprio per la straordinaria
capacità di guidare chi ascolta attraverso le operazioni mentali che conducono ad un
cambiamento nel modo di percepire la realtà.
Nel libro “Il mondo incantato”, l’autore Bruno Bettelheim chiarisce in modo molto
chiaro come tutte le fiabe più famose debbano il loro successo alla facilità con la
quale i bambini si identificano con i protagonisti delle storie e attraverso di essi
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trovare delle soluzioni efficaci ai problemi che attraversano in maniera specifica in
età evolutiva (Pinneri, Ruiu, Verona 2007).
Milton Erickson nel suo libro “La mia voce ti accompagnerà” presenta numerose
metafore che possono provocare dei cambiamenti nel lettore tali da lasciarlo
sorpreso. Le storie che Erickson raccontava ai suoi pazienti non erano mai scelte a
caso ma selezionate o create con attenzione ai bisogni della persona. Una buona
parte del pensiero della PNL si basa su lavori di Erickson tra cui appunto anche l’idea
di utilizzare storie e racconti che in PNL si chiamano appunto metafore, intese come
una vasta gamma di tipologie di interventi, quali analogie, battute, barzellette,
parabole, similitudini, fiabe e allegorie, oltre che a storie e metafore in senso stretto.
Come hanno dimostrato Carl Gustav Jung e molti altri, la metafora è il linguaggio
naturale della mente inconscia, utilizzandola, si parla efficacemente in modo diretto
alla parte più profonda della persona. La metafora comunica in modo tale da
scavalcare la mente conscia, rendendole più difficile resistere al messaggio o
sabotarlo (Bavister, Vickers 2013).
Se il counselor vuole costruire una metafora che possa essere d’aiuto al cliente deve
prima di tutto aver chiaro in mente quale sia il suo problema e se sia possibile
superarlo. David Gordon nel suo libro “Metafore terapeutiche” afferma: “Un
prerequisito importante per l’efficacia delle metafore terapeutiche è che gli obiettivi
siano ben formati; ossia che i cambiamenti da effettuare siano cambiamenti sui quali
egli ha controllo”.
Un modo di utilizzare le metafore è quello di creare una storia che rifletta la struttura
del problema del cliente. Metafore di questo tipo vengono dette isomorfe : hanno cioè
la stessa forma e struttura di ciò a cui si riferiscono. Il punto di partenza è conoscere
lo stato attuale e lo stato desiderato dal cliente: dove si trova la persona e dove vuole
arrivare. E’ importante per il counselor estrarre quante più informazioni possibile,
riguardo ai personaggi, ai luoghi e agli elementi della situazione problematica.
Questi elementi e la connessione fra essi devono essere fedelmente rappresentati
nella metafora. Ovviamente la metafora dovrà essere accattivante e riflettere un
interesse del cliente in modo da essere più efficace. Al fine di portare il cliente dallo
stato presente a quello desiderato è necessario creare una strategia di collegamento,
cioè una soluzione efficace nella vita reale che si possa incorporare nella metafora.
Al di la dell’efficacia della soluzione suggerita, l’obiettivo della metafora consiste
nell’effettuare una modifica nel modo di affrontare i problemi.
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CONCLUSIONI
Come abbiamo visto, nell’ambito della ricerca condotta da John Norcross su fattori
comuni e differenze tra i vari approcci metodologici nell’ambito della Psicoterapia e
del Counseling, emerge che non esiste un metodo efficace sempre e per tutti, per
questo motivo è utile avere più strumenti a disposizione e saperli utilizzare di volta in
volta in maniera selettiva ed oculata, non solo a seconda del bisogno a cui deve
rispondere, ma anche rispetto allo stadio del cambiamento in cui si trova la persona.
L’applicazione delle tecniche di PNL nel counseling è solo uno degli esempi
dell’utilità di prediligere un approccio integrato. La flessibilità in questo mestiere è
una risorsa fondamentale per il counselor che, rinunciando alle sicurezze garantite
da un intervento con tecniche precostituite, è libero di muoversi e di raffrontarsi con
l’unicità dell’individuo che ha davanti.
Il presupposto della PNL integrata al Counseling, è quello di aiutare la persona a
recuperare e potenziare le proprie risorse, i propri talenti che spesso sono offuscati
da abitudini sbagliate, condizionamenti, convinzioni limitanti, aiutando la persona a
ristrutturare tali convinzioni così da acquisire una maggiore consapevolezza di sé.
A tal fine, tra le caratteristiche della PNL, risultano particolarmente utili ed efficaci:
La focalizzazione sugli obiettivi
l’efficienza e la rapidità delle sue tecniche
l’entusiasmo e la motivazione al cambiamento
l’attenzione al linguaggio
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Concludendo, qualunque sia la base del proprio approccio integrato è necessario
possedere una conoscenza di base dei vari approcci teorici e delle tecniche che
funzionano in maniera più efficace con una vasta gamma di clienti, affinché,
selezionandole in maniera mirata, costituiscano una risposta specifica per ogni
cliente.
La PNL è per il counselor integrato uno strumento fondamentale nella cassetta degli
attrezzi, rilevante soprattutto per le indicazioni che offre per una conoscenza
approfondita dell’esperienza soggettiva della persona e per una comunicazione più
efficace ed efficiente.
BIBLIOGRAFIA
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Pinneri R., Ruiu M., Verona S. (2007), La Programmazione Neuro Linguistica, Xenia, Milano.
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Bandler R., Grinder J. (1981) La struttura della magia, Astrolabio.
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Littrell J. (2011), Il counseling breve in azione, Sovera, Roma.
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