screening genetico parodontale: un approccio sperimentale innovativo nella diagnosi della malattia
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P prevenzione - parodontologia
Screening genetico parodontale: un approccio sperimentale innovativo nella diagnosi della malattia
• Felician BuhusDottore in Igiene Dentale
La storia della genetica, per come la
intendiamo oggi, inizia negli anni Cinquanta
quando Francis Crick e James Watson con la
loro scoperta della doppia elica del DNA, per
la quale furono premiati con il Nobel, posero
le basi dell’ingegneria genetica e l’apertura
verso un mondo che poco per volta ha iniziato
e continua a cambiare da tanti punti di vista,
ma soprattutto per quanto riguarda la biologia
e la medicina. Dal 2003, quando il progetto
Genoma Umano fu ufficialmente completato,
le tecnologie di ingegneria genetica sono
divenute ampiamente accessibili. Su questa
scia abbiamo pensato che si potrebbe
implementare il vantaggio di tali tecnologie
anche nel campo dell’igiene orale, perché
si sa che la medicina “a taglia unica” che
abbiamo conosciuto negli ultimi cento anni
cederà il passo a una “confezionata su misura”
per ciascun individuo. Tra le patologie del
cavo orale, le parodontopatie occupano
un importante posto perché, come si sa,
la parodontite affligge più del 60% della
popolazione mondiale ed è la patologia
infettiva cronica di origine infiammatoria più
diffusa nell’essere umano.
Come per le altre patologie anche nel caso
della parodontite i fattori genetici giocano un
ruolo di prim’ordine, soprattutto i polimorfismi
degli elementi immunologici che inducono
alterazioni nel processo infiammatorio. La
bocca, come il corpo intero degli organismi
pluricellulari, ospita colonie batteriche in
simbiosi con l’ospite1, in questo caso composte
da circa 19.000 filotipi (dati sostenuti da recenti
lavori scientifici utilizzando le ricerche con
tecnologie genomiche2. I batteri (saprofiti o
patogeni) che andranno a colonizzare l’ospite
sembrano essere molto influenzati dai fattori
genetici dell’ospite.
Così nasce il concetto di “infettogenomica
parodontale”, nel caso si parli del microbiota
batterico del cavo orale, un termine introdotto
per definire lo studio dell’interazione tra
le variazioni genetiche dell’ospite e la
colonizzazione di batteri patogeni3.
Nelle pubblicazioni a carattere scientifico è a
disposizione di studenti e ricercatori un ampio
ventaglio di articoli correlati alle patologie
del cavo orale in relazione con gli elementi
dell’immunità. Ecco perché si è voluto mettere
in luce l’aspetto genetico confrontandolo con
quello microbiologico per quel che riguarda la
predisposizione alla malattia parodontale. Studi
prospettici a lungo termine sull’evoluzione
naturale della malattia parodontale condotti
da Löe et al. (1986) su una popolazione dello
Sri Lanka hanno dimostrato come il rischio
della parodontite non è condiviso equamente
dalla popolazione4. Dallo studio è risultato
che la parodontite influenza pesantemente
un gruppo ad alto rischio che rappresenta
il 10-15% circa della popolazione, nel quale
la malattia progredisce rapidamente dalla
gengivite cronica alla parodontite distruttiva.
Questo rischio differenziale per la parodontite
è fortemente correlato con gli elementi
ereditabili della suscettibilità, ma anche con lo
stile di vita, come il fumo per esempio7,9, o una
1. Complesso di fattori che influenzano il manifestarsi della parodontite.
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diversa esposizione a fattori di rischio esogeni/
ambientali4. Lo studio che presento è frutto di
un’accorta ricerca di metodologie innovative
per la diagnosi e la programmazione
prognostica, quindi la stesura di un piano
terapeutico individuale per il paziente affetto
da parodontite. In particolare l’attenzione
si è soffermata sull’analisi della conta
batterica e della predisposizione genetica,
nonché sulla rilevazione della gravità della
lesione parodontale attraverso il sondaggio,
l’osservazione, la valutazione dei referti medici
e i risultati di laboratorio (opt, endorali, tac,
screening genetico ecc.).
Anche se i batteri sono gli agenti di avvio
della parodontite, la risposta dell’ospite ai
patogeni dell’infezione è fondamentale per
la progressione della malattia. Più di 700
specie batteriche colonizzano la superficie
della cavità orale per un totale di circa 19.000
filotipi batterici2. Una gran parte dello spettro
di batteri Gram-negativi è stata individuata
come fortemente associata alla malattia
periodontale5. I batteri patogeni del cavo
orale sono stati divisi in complessi detti di
patogenicità (rosso, arancione e verde, per
semplificare). Il complesso rosso risulta essere
il maggior responsabile delle forme gravi
di parodontite e vi si annoverano batteri
come Tannerella forsythensis, Porphyromonas
gingivalis e Treponema denticola, nel
complesso giallo si nota Fusobacterium
nucleatum spp, importante perché fa da
ponte tra la prima e la seconda colonizzazione
nella realizzazione della placca batterica.
L’Actinobacillus actinomycetemcomitans è
sempre presente nelle forme acute con
evoluzione rapida a esordio precoce delle
parodontiti aggressive6, anche se non fa parte
del complesso rosso. L’uso dell’analisi microbica
per il monitoraggio della parodontite ha
l’obiettivo di: individuare gli agenti patogeni
implicati nella malattia per diagnosticare le
specifiche patologie parodontali, individuare
la suscettibilità agli antibiotici degli organismi
infettanti che colonizzano i siti malati e
prevedere l’andamento clinico della malattia.
Le differenze genetiche fra individui sono
costituite per la maggior parte da variazioni,
anche di una singola nucleotide, nel DNA
di ciascuno. L’analisi della predisposizione
genetica si basa sulle informazioni ricavabili
dalla costituzione genetica di un individuo,
al fine di fornire una stima del rischio di
sviluppare una determinata patologia durante
il corso della vita. Le forme variabili di un gene
che occupano uno specifico sito cromosomico
(locus) sono chiamate alleli. Quando vi sono
alleli differenti di uno stesso gene si parla
di polimorfismi genetici. I polimorfismi,
quindi, insorgono come conseguenza di
una mutazione e tutti gli organismi hanno
un certo numero di mutazioni spontanee
come risultato di normali funzioni cellulari o
2. Il grafico indica in percentuale la presenza di batteri considerati patogeni nella malattia parodontale.
3. L’espressione della qualità dei ceppi batterici presenti nelle tasche parodontali.
4. Conta batterica patogena in un campione biologico proveniente dalle tasche parodontali di un paziente affetto da una grave forma di parodontite.
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interazioni con l’ambiente. Alla mutazione può
conseguire un cambiamento della regolazione
del gene che, a sua volta, può dare origine
a una riduzione o sovraespressione genica,
magari con conseguenze biologiche. Anche
nel caso delle malattie parodontali il maturare
del processo infiammatorio è condizionato da
tanti fattori: genetici, microbiologici, ambientali,
comportamentali e legati allo stile di vita7
(Grafico 1).
I fattori genetici dell’ospite sembrano giocare
il ruolo più importante nel decidere quali
batteri (saprofiti o patogeni) siano in grado
di colonizzarlo. Questo, come si è visto, ha
portato al concetto di infettogenomica.
Con tale termine si definisce la correlazione
tra il profilo genetico individuale e la
predisposizione allo sviluppo di malattie
quali l’ulcera peptica, il morbo di Crohn e
la parodontite. Nell’ambito parodontale il
profilo genetico individuale può influenzare la
composizione della flora batterica patogena
sub-gengivale cooperando allo sviluppo e alla
progressione della malattia.
Quando sono presenti polimorfismi sui geni
regolatori della produzione e attività degli
elementi che concorrono nella risposta
immunitaria, si avrà una situazione che
potrà portare a una predisposizione, per
appunto genetica, nello sviluppare certe
patologie. È anche il caso di questo studio e
cioè dell’influenza dei polimorfismi genetici
nell’evoluzione della malattia parodontale.
Inizialmente tra 123 soggetti sono stati
selezionati 40 pazienti che poi sono stati
valutati presso la Clinica Odontoiatrica
dell’Ospedale San Gerardo, Università di
Milano-Bicocca (Scienze dell’Igiene Orale
e Dottorato di Ricerca in Parodontologia
Sperimentale) includendo solo persone
maggiorenni, che avessero firmato il consenso
informato e che fossero affette da malattia
parodontale in forma media o grave, con
almeno 4 siti con tasche superiori ai 4 mm;
sono stati invece esclusi dallo studio coloro
che non firmavano il consenso, i minori di 18
anni e i pazienti senza tasche parodontali.
Siamo quindi passati alla raccolta dei campioni
biologici per avere una risposta analitica
microbiologica e genetica integrata con i dati
dell’esame obiettivo. Per il test genetico si è
proceduto con lo scrap della mucosa geniena
per 2 minuti utilizzando un bastoncino
spugnato sterile che poi veniva riposto in una
provetta sterile con chiusura ermetica. Invece
per il test microbiologico sono stati utilizzati
dei coni paper point da 0,4 mm tenuti
nelle più profonde tasche parodontali dei 4
quadranti per 2 minuti poi riposti anch’essi
in contenitori di tipo Eppendorf e, insieme
alle provette contenenti i bastoncini, inviati al
laboratorio. Il test genetico veniva effettuato
con la tecnica PCR-real time ed era orientato
nell’individuare gli eventuali polimorfismi
della IL-1α, IL-1β, IL-1RN e, in questo caso,
anche la più o meno grave predisposizione
alla malattia parodontale con la seguente
divisione in diversi genotipi:
■ Genotipo 1: assetto genico relativo a
normale risposta infiammatoria. Bassa
5. Valutazione parodontale eseguita nella Clinica Odontoiatrica dell’Ospedale San Gerardo di Monza.
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Le afte sono piccole erosioni tondeggianti che possono manifestarsi all’interno della bocca, delle guance, delle labbra, della gola o, talvol-ta, sulla lingua. Circa 1 persona su 5 è soggetta a questa fastidiosa patologia.Le afte sono estremamente dolorose perché mettono allo scoperto le terminazioni nervose coinvolte nella lesione. Sono responsabili di diffi coltà di masticazione, deglutizione e di qualsiasi altra semplice operazione che compiamo giornalmente, anche il semplice lavarsi i denti. Sebbene invalidanti, le afte danno sintomatologia e fastidi solo loca-lizzati e non diffusi a tutto l’organismo. Nonostante ciò rappresentano un’affezione invalidante che non può e non deve essere trascurata.Nonostante non si conosca esattamente la causa di origine delle afte, molti sono i fattori di rischio considerati coinvolti, tra cui lo stress, l’af-faticamento fi sico, la immunodepressione e la dieta. Le persone che hanno una carenza nutrizionale di acido folico, vitamina B12 e ferro sembrano essere più soggette allo sviluppo di afte, a maggior ragione se intolleranti. Anche se chiunque può manifestarle, i giovani e gli ado-lescenti ventenni sembrano avere più spesso problemi di stomatiti, e le donne hanno il doppio delle probabili-tà di svilupparle rispetto agli uomini. Alcune di esse manifestano aftosi anche recidivanti all’inizio del loro periodo mestruale o durante la
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gravidanza. Le afte appaiono di norma come rosse piaghe dolorose che possono essere estese complessivamente fi no a 2,5 centimetri, anche se la maggior parte di esse sono molto più piccole. Talvolta l’a-rea della mucosa inizia a formicolare o si infi amma prima che com-paia l’afta vera e propria, l’ulcerazione appare in circa 24 ore.Le ulcere aperte possono avere un rivestimento bianco o giallo, oltre a un “alone” rossastro che le circonda. Nella maggior parte dei casi, le ulcere orali si presentano da sole, ma non è raro riscontrarne anche in piccoli gruppi, in tal caso fortemente invalidanti.Saltuariamente le afte possono essere accompagnate da sintomi quali febbre, gonfi ore dei linfonodi e un po’ di sonnolenza o sintomi dell’infl uenza.
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predisposizione genetica allo sviluppo di
malattia parodontale;
■ Genotipo 2: assetto genico relativo a
incremento della risposta infiammatoria.
Lieve predisposizione genetica allo sviluppo
di malattia parodontale;
■ Genotipo 3: assetto genico relativo a
un’elevata risposta infiammatoria. Fonte
di rischio di sviluppo della malattia
parodontale progressiva;
■ Genotipo 4: assetto genico relativo a
elevatissima risposta infiammatoria.
Difficoltà di stabilizzazione della risposta
infiammatoria, tendenza a recidive.
Invece il test microbiologico individuava la
percentuale di batteri patogeni come nel
Grafico 2. Nel Grafico 3 veniva rappresentata,
sempre in percentuali, la qualità: complesso
rosso, arancione, verde. In un ulteriore Grafico
(il n. 4) si evidenziava la quantità di batteri
caratteristicamente presenti nelle tasche
parodontali. I risultati di questo iniziale
studio, utilizzando i dati della letteratura
allora presenti, non erano soddisfacenti
in quanto venivano considerati soltanto 3
polimorfismi: IL-1α, IL-1β, IL-1RN. Quindi,
insieme al laboratorio siamo partiti con un
nuovo protocollo sperimentale in cui venivano
considerati 50 soggetti sani dal punto di vista
parodontale, facenti parte quindi del gruppo
controllo, e 50 pazienti affetti dalla malattia
parodontale. In tutti e due i gruppi l’età
minima era di 40 anni, nessuno dei soggetti
era affetto da patologie con interessamento
sistemico o altre situazioni che avrebbero
potuto alterare la condizione di salute
generale e, ovviamente, firmatari del consenso
informato. Il test genetico veniva effettuato in
ambedue i gruppi, con le stesse modalità del
primo protocollo ma considerando i seguenti
polimorfismi: IL-1α, IL-1β, IL-1RN, IL-10, IL-6,
COX-2, VDR8,10-13. Il test microbiologico veniva
invece eseguito solamente sul gruppo formato
dai pazienti affetti dalla malattia parodontale.
Dai risultati di laboratorio sono scaturite
alcune osservazioni molto interessanti perché
confrontabili con i risultati della letteratura
internazionale e cioè lo stretto legame tra il
profilo genetico individuale, e in questo caso la
presenza di certi polimorfismi, e l’espressione
fenotipica della situazione parodontale.
Presentiamo di seguito due casi molto
interessanti.
Caso clinico 1Donna di 46 anni con scarsa igiene dentale,
come si può osservare dalla valutazione
parodontale (Grafico 5), ma che non
presentava alcuna tasca. In questo caso,
quindi, è chiaro come la paziente non
avendo un’adeguata igiene dentale non
appare predisposta a sviluppare la malattia
parodontale e si osserva anche, dai risultati
del test genetico, l’assenza delle modificazioni
genetiche predisponenti alla malattia
parodontale (Grafico 6). Si noti come nessuna
delle catene nucleotidiche di interesse del DNA
non mostri alcun polimorfismo genetico e
quindi, come da laboratorio, un basso rischio
alla malattia parodontale.
6. Test genetico parodontale e valutazione del rischio.
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Caso clinico 2Maschio di 42 anni, affetto da parodontite
grave, con una buona igiene dentale,
presenta un sondaggio profondo, con tasche
che arrivano a 11 mm, come si può osservare
dalla valutazione parodontale (Grafico 7).
Il suo test genetico mostra la presenza di
polimorfismi genetici a carico della II-1, IL-10
e VDR (Grafico 8). Microbiologicamente, è
presente una percentuale di batteri patogeni
alquanto esigua ma qualitativamente molto
aggressiva (Grafico 9).
ConclusioniI risultati preliminari di questa
sperimentazione mostrano l’importanza
dell’integrazione dei report clinici con i dati
microbiologici e genetici; tali dati sono molto
importanti per progettare un approccio
diagnostico, prognostico e terapeutico
individualizzato.
L’obiettivo di questa sperimentazione è di
ottenere risultati utili tanto nella clinica che
nella ricerca. Nel primo ambito, l’igienista
dentale può svolgere un innovativo ruolo
all’interno dell’équipe odontoiatrica per
formulare piani preventodontici e di
trattamento sempre più individualizzati
per il paziente; per quanto riguarda, invece,
la ricerca, insieme al Dottorato di ricerca
in parodontologia sperimentale si mira
all’ottenimento di algoritmi per cercare
di poter valutare in chiave diagnostica
e prognostica, in maniera ancora più
dettagliata, l’eziopatogenesi della malattia
parodontale con l’individuazione della
predisposizione genetica. Frontiere
scientifiche vengono conquistate ogni
giorno, discipline nuove entrano sempre
di più a far parte del quotidiano e passano
dalla sperimentazione alla pratica corrente
nella lotta contro la malattia. L’ingegneria
tissutale, l’epigenetica, la nutrigenomica, le
nanotecnologie e altre discipline innovative
si congiungeranno in una metodologia
nuova performante che verrà applicata
IL-1a (-889); IL-1b (+3954); IL-1RN (+2018)
IL-10 (-1082G>A, -819C>T, -592C>A)
IL-6 (-174G/C)
COX-2 (-765G/C)
Vitamin D Receptor (VDR Taql)
FUMO
In rosso, i risultati associati alla malattia parodontale.
Grave alterazione della risposta infiammatoria
ACC/ACC
CG
GG
Tt
NO
8.Test genetico che mette in evidenza la presenza di polimorfismi genetici.
7. Valutazione parodontale di un paziente affetto da una forma grave di parodontite.
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individualmente per avere un quadro
personalizzato della situazione medico-
funzionale e per dare le soluzioni necessarie
al debellamento di patologie che oggi non
hanno ancora una cura. ■
9. Risultati degli esami microbiologici. bibliografia
z Parole chiave: infectogenomica parodontale, influenza della genetica nella malattia parodontale, malattia parodontale e fattori genetici, polimorfismi nella malattia parodontale, polimorfismi delle interleuchine e malattia parodontale.
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[email protected] 37 19/02/13 16.16