screening genetico parodontale: un approccio sperimentale innovativo nella diagnosi della malattia

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L l’ igienista moderno marzo 2013 30 P prevenzione - parodontologia Screening genetico parodontale: un approccio sperimentale innovativo nella diagnosi della malattia • Felician Buhus Dottore in Igiene Dentale La storia della genetica, per come la intendiamo oggi, inizia negli anni Cinquanta quando Francis Crick e James Watson con la loro scoperta della doppia elica del DNA, per la quale furono premiati con il Nobel, posero le basi dell’ingegneria genetica e l’apertura verso un mondo che poco per volta ha iniziato e continua a cambiare da tanti punti di vista, ma soprattutto per quanto riguarda la biologia e la medicina. Dal 2003, quando il progetto Genoma Umano fu ufficialmente completato, le tecnologie di ingegneria genetica sono divenute ampiamente accessibili. Su questa scia abbiamo pensato che si potrebbe implementare il vantaggio di tali tecnologie anche nel campo dell’igiene orale, perché si sa che la medicina “a taglia unica” che abbiamo conosciuto negli ultimi cento anni cederà il passo a una “confezionata su misura” per ciascun individuo. Tra le patologie del cavo orale, le parodontopatie occupano un importante posto perché, come si sa, la parodontite affligge più del 60% della popolazione mondiale ed è la patologia infettiva cronica di origine infiammatoria più diffusa nell’essere umano. Come per le altre patologie anche nel caso della parodontite i fattori genetici giocano un ruolo di prim’ordine, soprattutto i polimorfismi degli elementi immunologici che inducono alterazioni nel processo infiammatorio. La bocca, come il corpo intero degli organismi pluricellulari, ospita colonie batteriche in simbiosi con l’ospite 1 , in questo caso composte da circa 19.000 filotipi (dati sostenuti da recenti lavori scientifici utilizzando le ricerche con tecnologie genomiche 2 . I batteri (saprofiti o patogeni) che andranno a colonizzare l’ospite sembrano essere molto influenzati dai fattori genetici dell’ospite. Così nasce il concetto di “infettogenomica parodontale”, nel caso si parli del microbiota batterico del cavo orale, un termine introdotto per definire lo studio dell’interazione tra le variazioni genetiche dell’ospite e la colonizzazione di batteri patogeni 3 . Nelle pubblicazioni a carattere scientifico è a disposizione di studenti e ricercatori un ampio ventaglio di articoli correlati alle patologie del cavo orale in relazione con gli elementi dell’immunità. Ecco perché si è voluto mettere in luce l’aspetto genetico confrontandolo con quello microbiologico per quel che riguarda la predisposizione alla malattia parodontale. Studi prospettici a lungo termine sull’evoluzione naturale della malattia parodontale condotti da Löe et al. (1986) su una popolazione dello Sri Lanka hanno dimostrato come il rischio della parodontite non è condiviso equamente dalla popolazione 4 . Dallo studio è risultato che la parodontite influenza pesantemente un gruppo ad alto rischio che rappresenta il 10-15% circa della popolazione, nel quale la malattia progredisce rapidamente dalla gengivite cronica alla parodontite distruttiva. Questo rischio differenziale per la parodontite è fortemente correlato con gli elementi ereditabili della suscettibilità, ma anche con lo stile di vita, come il fumo per esempio 7,9 , o una 1. Complesso di fattori che influenzano il manifestarsi della parodontite.

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L

l’igienista modernomarzo 2013

30

P prevenzione - parodontologia

Screening genetico parodontale: un approccio sperimentale innovativo nella diagnosi della malattia

• Felician BuhusDottore in Igiene Dentale

La storia della genetica, per come la

intendiamo oggi, inizia negli anni Cinquanta

quando Francis Crick e James Watson con la

loro scoperta della doppia elica del DNA, per

la quale furono premiati con il Nobel, posero

le basi dell’ingegneria genetica e l’apertura

verso un mondo che poco per volta ha iniziato

e continua a cambiare da tanti punti di vista,

ma soprattutto per quanto riguarda la biologia

e la medicina. Dal 2003, quando il progetto

Genoma Umano fu ufficialmente completato,

le tecnologie di ingegneria genetica sono

divenute ampiamente accessibili. Su questa

scia abbiamo pensato che si potrebbe

implementare il vantaggio di tali tecnologie

anche nel campo dell’igiene orale, perché

si sa che la medicina “a taglia unica” che

abbiamo conosciuto negli ultimi cento anni

cederà il passo a una “confezionata su misura”

per ciascun individuo. Tra le patologie del

cavo orale, le parodontopatie occupano

un importante posto perché, come si sa,

la parodontite affligge più del 60% della

popolazione mondiale ed è la patologia

infettiva cronica di origine infiammatoria più

diffusa nell’essere umano.

Come per le altre patologie anche nel caso

della parodontite i fattori genetici giocano un

ruolo di prim’ordine, soprattutto i polimorfismi

degli elementi immunologici che inducono

alterazioni nel processo infiammatorio. La

bocca, come il corpo intero degli organismi

pluricellulari, ospita colonie batteriche in

simbiosi con l’ospite1, in questo caso composte

da circa 19.000 filotipi (dati sostenuti da recenti

lavori scientifici utilizzando le ricerche con

tecnologie genomiche2. I batteri (saprofiti o

patogeni) che andranno a colonizzare l’ospite

sembrano essere molto influenzati dai fattori

genetici dell’ospite.

Così nasce il concetto di “infettogenomica

parodontale”, nel caso si parli del microbiota

batterico del cavo orale, un termine introdotto

per definire lo studio dell’interazione tra

le variazioni genetiche dell’ospite e la

colonizzazione di batteri patogeni3.

Nelle pubblicazioni a carattere scientifico è a

disposizione di studenti e ricercatori un ampio

ventaglio di articoli correlati alle patologie

del cavo orale in relazione con gli elementi

dell’immunità. Ecco perché si è voluto mettere

in luce l’aspetto genetico confrontandolo con

quello microbiologico per quel che riguarda la

predisposizione alla malattia parodontale. Studi

prospettici a lungo termine sull’evoluzione

naturale della malattia parodontale condotti

da Löe et al. (1986) su una popolazione dello

Sri Lanka hanno dimostrato come il rischio

della parodontite non è condiviso equamente

dalla popolazione4. Dallo studio è risultato

che la parodontite influenza pesantemente

un gruppo ad alto rischio che rappresenta

il 10-15% circa della popolazione, nel quale

la malattia progredisce rapidamente dalla

gengivite cronica alla parodontite distruttiva.

Questo rischio differenziale per la parodontite

è fortemente correlato con gli elementi

ereditabili della suscettibilità, ma anche con lo

stile di vita, come il fumo per esempio7,9, o una

1. Complesso di fattori che influenzano il manifestarsi della parodontite.

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diversa esposizione a fattori di rischio esogeni/

ambientali4. Lo studio che presento è frutto di

un’accorta ricerca di metodologie innovative

per la diagnosi e la programmazione

prognostica, quindi la stesura di un piano

terapeutico individuale per il paziente affetto

da parodontite. In particolare l’attenzione

si è soffermata sull’analisi della conta

batterica e della predisposizione genetica,

nonché sulla rilevazione della gravità della

lesione parodontale attraverso il sondaggio,

l’osservazione, la valutazione dei referti medici

e i risultati di laboratorio (opt, endorali, tac,

screening genetico ecc.).

Anche se i batteri sono gli agenti di avvio

della parodontite, la risposta dell’ospite ai

patogeni dell’infezione è fondamentale per

la progressione della malattia. Più di 700

specie batteriche colonizzano la superficie

della cavità orale per un totale di circa 19.000

filotipi batterici2. Una gran parte dello spettro

di batteri Gram-negativi è stata individuata

come fortemente associata alla malattia

periodontale5. I batteri patogeni del cavo

orale sono stati divisi in complessi detti di

patogenicità (rosso, arancione e verde, per

semplificare). Il complesso rosso risulta essere

il maggior responsabile delle forme gravi

di parodontite e vi si annoverano batteri

come Tannerella forsythensis, Porphyromonas

gingivalis e Treponema denticola, nel

complesso giallo si nota Fusobacterium

nucleatum spp, importante perché fa da

ponte tra la prima e la seconda colonizzazione

nella realizzazione della placca batterica.

L’Actinobacillus actinomycetemcomitans è

sempre presente nelle forme acute con

evoluzione rapida a esordio precoce delle

parodontiti aggressive6, anche se non fa parte

del complesso rosso. L’uso dell’analisi microbica

per il monitoraggio della parodontite ha

l’obiettivo di: individuare gli agenti patogeni

implicati nella malattia per diagnosticare le

specifiche patologie parodontali, individuare

la suscettibilità agli antibiotici degli organismi

infettanti che colonizzano i siti malati e

prevedere l’andamento clinico della malattia.

Le differenze genetiche fra individui sono

costituite per la maggior parte da variazioni,

anche di una singola nucleotide, nel DNA

di ciascuno. L’analisi della predisposizione

genetica si basa sulle informazioni ricavabili

dalla costituzione genetica di un individuo,

al fine di fornire una stima del rischio di

sviluppare una determinata patologia durante

il corso della vita. Le forme variabili di un gene

che occupano uno specifico sito cromosomico

(locus) sono chiamate alleli. Quando vi sono

alleli differenti di uno stesso gene si parla

di polimorfismi genetici. I polimorfismi,

quindi, insorgono come conseguenza di

una mutazione e tutti gli organismi hanno

un certo numero di mutazioni spontanee

come risultato di normali funzioni cellulari o

2. Il grafico indica in percentuale la presenza di batteri considerati patogeni nella malattia parodontale.

3. L’espressione della qualità dei ceppi batterici presenti nelle tasche parodontali.

4. Conta batterica patogena in un campione biologico proveniente dalle tasche parodontali di un paziente affetto da una grave forma di parodontite.

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interazioni con l’ambiente. Alla mutazione può

conseguire un cambiamento della regolazione

del gene che, a sua volta, può dare origine

a una riduzione o sovraespressione genica,

magari con conseguenze biologiche. Anche

nel caso delle malattie parodontali il maturare

del processo infiammatorio è condizionato da

tanti fattori: genetici, microbiologici, ambientali,

comportamentali e legati allo stile di vita7

(Grafico 1).

I fattori genetici dell’ospite sembrano giocare

il ruolo più importante nel decidere quali

batteri (saprofiti o patogeni) siano in grado

di colonizzarlo. Questo, come si è visto, ha

portato al concetto di infettogenomica.

Con tale termine si definisce la correlazione

tra il profilo genetico individuale e la

predisposizione allo sviluppo di malattie

quali l’ulcera peptica, il morbo di Crohn e

la parodontite. Nell’ambito parodontale il

profilo genetico individuale può influenzare la

composizione della flora batterica patogena

sub-gengivale cooperando allo sviluppo e alla

progressione della malattia.

Quando sono presenti polimorfismi sui geni

regolatori della produzione e attività degli

elementi che concorrono nella risposta

immunitaria, si avrà una situazione che

potrà portare a una predisposizione, per

appunto genetica, nello sviluppare certe

patologie. È anche il caso di questo studio e

cioè dell’influenza dei polimorfismi genetici

nell’evoluzione della malattia parodontale.

Inizialmente tra 123 soggetti sono stati

selezionati 40 pazienti che poi sono stati

valutati presso la Clinica Odontoiatrica

dell’Ospedale San Gerardo, Università di

Milano-Bicocca (Scienze dell’Igiene Orale

e Dottorato di Ricerca in Parodontologia

Sperimentale) includendo solo persone

maggiorenni, che avessero firmato il consenso

informato e che fossero affette da malattia

parodontale in forma media o grave, con

almeno 4 siti con tasche superiori ai 4 mm;

sono stati invece esclusi dallo studio coloro

che non firmavano il consenso, i minori di 18

anni e i pazienti senza tasche parodontali.

Siamo quindi passati alla raccolta dei campioni

biologici per avere una risposta analitica

microbiologica e genetica integrata con i dati

dell’esame obiettivo. Per il test genetico si è

proceduto con lo scrap della mucosa geniena

per 2 minuti utilizzando un bastoncino

spugnato sterile che poi veniva riposto in una

provetta sterile con chiusura ermetica. Invece

per il test microbiologico sono stati utilizzati

dei coni paper point da 0,4 mm tenuti

nelle più profonde tasche parodontali dei 4

quadranti per 2 minuti poi riposti anch’essi

in contenitori di tipo Eppendorf e, insieme

alle provette contenenti i bastoncini, inviati al

laboratorio. Il test genetico veniva effettuato

con la tecnica PCR-real time ed era orientato

nell’individuare gli eventuali polimorfismi

della IL-1α, IL-1β, IL-1RN e, in questo caso,

anche la più o meno grave predisposizione

alla malattia parodontale con la seguente

divisione in diversi genotipi:

■ Genotipo 1: assetto genico relativo a

normale risposta infiammatoria. Bassa

5. Valutazione parodontale eseguita nella Clinica Odontoiatrica dell’Ospedale San Gerardo di Monza.

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Le afte sono piccole erosioni tondeggianti che possono manifestarsi all’interno della bocca, delle guance, delle labbra, della gola o, talvol-ta, sulla lingua. Circa 1 persona su 5 è soggetta a questa fastidiosa patologia.Le afte sono estremamente dolorose perché mettono allo scoperto le terminazioni nervose coinvolte nella lesione. Sono responsabili di diffi coltà di masticazione, deglutizione e di qualsiasi altra semplice operazione che compiamo giornalmente, anche il semplice lavarsi i denti. Sebbene invalidanti, le afte danno sintomatologia e fastidi solo loca-lizzati e non diffusi a tutto l’organismo. Nonostante ciò rappresentano un’affezione invalidante che non può e non deve essere trascurata.Nonostante non si conosca esattamente la causa di origine delle afte, molti sono i fattori di rischio considerati coinvolti, tra cui lo stress, l’af-faticamento fi sico, la immunodepressione e la dieta. Le persone che hanno una carenza nutrizionale di acido folico, vitamina B12 e ferro sembrano essere più soggette allo sviluppo di afte, a maggior ragione se intolleranti. Anche se chiunque può manifestarle, i giovani e gli ado-lescenti ventenni sembrano avere più spesso problemi di stomatiti, e le donne hanno il doppio delle probabili-tà di svilupparle rispetto agli uomini. Alcune di esse manifestano aftosi anche recidivanti all’inizio del loro periodo mestruale o durante la

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gravidanza. Le afte appaiono di norma come rosse piaghe dolorose che possono essere estese complessivamente fi no a 2,5 centimetri, anche se la maggior parte di esse sono molto più piccole. Talvolta l’a-rea della mucosa inizia a formicolare o si infi amma prima che com-paia l’afta vera e propria, l’ulcerazione appare in circa 24 ore.Le ulcere aperte possono avere un rivestimento bianco o giallo, oltre a un “alone” rossastro che le circonda. Nella maggior parte dei casi, le ulcere orali si presentano da sole, ma non è raro riscontrarne anche in piccoli gruppi, in tal caso fortemente invalidanti.Saltuariamente le afte possono essere accompagnate da sintomi quali febbre, gonfi ore dei linfonodi e un po’ di sonnolenza o sintomi dell’infl uenza.

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P prevenzione - parodontologia

predisposizione genetica allo sviluppo di

malattia parodontale;

■ Genotipo 2: assetto genico relativo a

incremento della risposta infiammatoria.

Lieve predisposizione genetica allo sviluppo

di malattia parodontale;

■ Genotipo 3: assetto genico relativo a

un’elevata risposta infiammatoria. Fonte

di rischio di sviluppo della malattia

parodontale progressiva;

■ Genotipo 4: assetto genico relativo a

elevatissima risposta infiammatoria.

Difficoltà di stabilizzazione della risposta

infiammatoria, tendenza a recidive.

Invece il test microbiologico individuava la

percentuale di batteri patogeni come nel

Grafico 2. Nel Grafico 3 veniva rappresentata,

sempre in percentuali, la qualità: complesso

rosso, arancione, verde. In un ulteriore Grafico

(il n. 4) si evidenziava la quantità di batteri

caratteristicamente presenti nelle tasche

parodontali. I risultati di questo iniziale

studio, utilizzando i dati della letteratura

allora presenti, non erano soddisfacenti

in quanto venivano considerati soltanto 3

polimorfismi: IL-1α, IL-1β, IL-1RN. Quindi,

insieme al laboratorio siamo partiti con un

nuovo protocollo sperimentale in cui venivano

considerati 50 soggetti sani dal punto di vista

parodontale, facenti parte quindi del gruppo

controllo, e 50 pazienti affetti dalla malattia

parodontale. In tutti e due i gruppi l’età

minima era di 40 anni, nessuno dei soggetti

era affetto da patologie con interessamento

sistemico o altre situazioni che avrebbero

potuto alterare la condizione di salute

generale e, ovviamente, firmatari del consenso

informato. Il test genetico veniva effettuato in

ambedue i gruppi, con le stesse modalità del

primo protocollo ma considerando i seguenti

polimorfismi: IL-1α, IL-1β, IL-1RN, IL-10, IL-6,

COX-2, VDR8,10-13. Il test microbiologico veniva

invece eseguito solamente sul gruppo formato

dai pazienti affetti dalla malattia parodontale.

Dai risultati di laboratorio sono scaturite

alcune osservazioni molto interessanti perché

confrontabili con i risultati della letteratura

internazionale e cioè lo stretto legame tra il

profilo genetico individuale, e in questo caso la

presenza di certi polimorfismi, e l’espressione

fenotipica della situazione parodontale.

Presentiamo di seguito due casi molto

interessanti.

Caso clinico 1Donna di 46 anni con scarsa igiene dentale,

come si può osservare dalla valutazione

parodontale (Grafico 5), ma che non

presentava alcuna tasca. In questo caso,

quindi, è chiaro come la paziente non

avendo un’adeguata igiene dentale non

appare predisposta a sviluppare la malattia

parodontale e si osserva anche, dai risultati

del test genetico, l’assenza delle modificazioni

genetiche predisponenti alla malattia

parodontale (Grafico 6). Si noti come nessuna

delle catene nucleotidiche di interesse del DNA

non mostri alcun polimorfismo genetico e

quindi, come da laboratorio, un basso rischio

alla malattia parodontale.

6. Test genetico parodontale e valutazione del rischio.

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l’igienista modernomarzo 2013

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P prevenzione - parodontologia

Caso clinico 2Maschio di 42 anni, affetto da parodontite

grave, con una buona igiene dentale,

presenta un sondaggio profondo, con tasche

che arrivano a 11 mm, come si può osservare

dalla valutazione parodontale (Grafico 7).

Il suo test genetico mostra la presenza di

polimorfismi genetici a carico della II-1, IL-10

e VDR (Grafico 8). Microbiologicamente, è

presente una percentuale di batteri patogeni

alquanto esigua ma qualitativamente molto

aggressiva (Grafico 9).

ConclusioniI risultati preliminari di questa

sperimentazione mostrano l’importanza

dell’integrazione dei report clinici con i dati

microbiologici e genetici; tali dati sono molto

importanti per progettare un approccio

diagnostico, prognostico e terapeutico

individualizzato.

L’obiettivo di questa sperimentazione è di

ottenere risultati utili tanto nella clinica che

nella ricerca. Nel primo ambito, l’igienista

dentale può svolgere un innovativo ruolo

all’interno dell’équipe odontoiatrica per

formulare piani preventodontici e di

trattamento sempre più individualizzati

per il paziente; per quanto riguarda, invece,

la ricerca, insieme al Dottorato di ricerca

in parodontologia sperimentale si mira

all’ottenimento di algoritmi per cercare

di poter valutare in chiave diagnostica

e prognostica, in maniera ancora più

dettagliata, l’eziopatogenesi della malattia

parodontale con l’individuazione della

predisposizione genetica. Frontiere

scientifiche vengono conquistate ogni

giorno, discipline nuove entrano sempre

di più a far parte del quotidiano e passano

dalla sperimentazione alla pratica corrente

nella lotta contro la malattia. L’ingegneria

tissutale, l’epigenetica, la nutrigenomica, le

nanotecnologie e altre discipline innovative

si congiungeranno in una metodologia

nuova performante che verrà applicata

IL-1a (-889); IL-1b (+3954); IL-1RN (+2018)

IL-10 (-1082G>A, -819C>T, -592C>A)

IL-6 (-174G/C)

COX-2 (-765G/C)

Vitamin D Receptor (VDR Taql)

FUMO

In rosso, i risultati associati alla malattia parodontale.

Grave alterazione della risposta infiammatoria

ACC/ACC

CG

GG

Tt

NO

8.Test genetico che mette in evidenza la presenza di polimorfismi genetici.

7. Valutazione parodontale di un paziente affetto da una forma grave di parodontite.

[email protected] 36 19/02/13 16.16

l’igienista modernomarzo 2013

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individualmente per avere un quadro

personalizzato della situazione medico-

funzionale e per dare le soluzioni necessarie

al debellamento di patologie che oggi non

hanno ancora una cura. ■

[email protected]

9. Risultati degli esami microbiologici. bibliografia

z Parole chiave: infectogenomica parodontale, influenza della genetica nella malattia parodontale, malattia parodontale e fattori genetici, polimorfismi nella malattia parodontale, polimorfismi delle interleuchine e malattia parodontale.

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[email protected] 37 19/02/13 16.16