diritto comunitario e disciplina doganale 1. avvertì l’esigenza di ricostruire un circuito di...

47

Upload: duongtram

Post on 16-Feb-2019

214 views

Category:

Documents


0 download

TRANSCRIPT

Diritto comunitario e disciplina doganale 1.

© Wolters Kluwer Italia 3

1.1. PREMESSA

1.1.1 Il GATT, il WTO e l’integrazione comunitaria

Ai padri fondatori della realtà europea comunitaria piace far risalire al XIV secolo il sorgere dei primi aneliti di integrazione. Fu allora che il grande giurista francese Pierre Dubois auspicò per la prima volta la formazione di una confederazione eu-ropea. Molto più tardi, solo dopo il primo conflitto mondiale, ci fu un nuovo slancio di alcuni esponenti politici di quelli che divennero gli Stati fondatori (Belgio, Francia, Germania, Italia, Lussemburgo e Paesi Bassi) verso l’ipotesi di un’unità europea continentale. L’idea tramontò con l’avvento della seconda guerra mondiale per ri-prendere poi con rinnovato vigore già dal 1946. Dopo il conflitto, mentre in Europa si muovevano i primi passi per un’integrazione non destinata ai soli profili commerciali, tutta la comunità interna-zionale avvertì l’esigenza di ricostruire un circuito di relazioni che potesse pro-muovere lo sviluppo e la crescita dei popoli e delle nazioni. Una delle prime azioni condivise fu la sottoscrizione dell’Accordo GATT (General Agreement on Tariffs and Trade), firmato il 30 ottobre 1947 a Ginevra da 23 Paesi con l’intento di realizzare un sistema multilaterale di relazioni commerciali e di favorire la liberalizzazione del commercio mondiale. L’iniziativa era stata promossa dal Consiglio economico delle Nazioni Unite che si prefiggeva di istituire l’ITO (International Trade Organization) come organizzazione permanente, preposta a regolare il commercio mondiale. L’accordo per l’ITO fu raggiunto nella Conferenza sul commercio e l’occupazione delle Nazioni Unite te-nutasi a L’Avana tra il 1947 e il 1948, senza però ricevere la fondamentale appro-vazione degli USA che ne penalizzarono il buon esito. Infatti, l’iniziale posizione di favore e sostegno del Congresso USA mutò e, nel 1950, il Presidente Truman ces-sò di sostenerne la realizzazione. In ogni caso, nel corso dei lavori finalizzati alla creazione dell’ITO, i negoziatori concordarono sulla opportunità di sottoscrivere un documento molto meno ambi-zioso che contenesse, tuttavia, le regole di riferimento dell’ITO (c.d. core rules). Fu così finalizzato l’accordo GATT. Dunque, pur senza la governance di un organismo ad esso dedicato, l’Accordo GATT, anche privo di un’organizzazione permanente, mosse i primi passi e, tra il 1947 e il 1994, in varie sessioni (Rounds), furono condivise ed approvate le regole di riferimento del commercio internazionale tra i Paesi aderenti. L’Accordo, introdotto a titolo provvisorio, fu nel tempo “provvisoriamente” ap-plicato per tutta la sua esistenza.

Manuale di diritto e pratica doganale

4 © Wolters Kluwer Italia

Lentamente, nelle prime due decadi della sua esistenza, il GATT 1947 si sviluppò in una sorta di “Trattato organizzazione”, più tecnicamente un Multilateral Enviro-mental Agreement (MEA) con una Conferenza delle parti contraenti ed un minimo segretariato. In definitiva, si costituì come un accordo multilaterale sul commercio. Nella sua struttura, pur nella lungimiranza dei contenuti trattati, l’Accordo GATT 1947 presentava tre evidenti punti deboli: la circostanza che fosse un Accordo provvisorio; la debolezza istituzionale del suo Segretariato1; la mancanza di un or-ganismo di governo “non plenario”. Altra debolezza era rappresentata dal fatto che tutte le decisioni dovevano essere prese nella Conferenza plenaria delle parti contraenti, su una base non certa. L’art. XXV del GATT 1947, infatti, si limita a prevedere il principio di maggioranza dei votanti. In pratica, tale procedura fu abbandonata in luogo “consensus”, ma mai formalmente abrogata. Inoltre, l’art. XXV era estremamente vago sul carattere vincolante delle decisioni prese. La vera svolta fu rappresentata dall’Uruguay Round a Marrakech2, in esito al quale, dal gennaio 1995 è stata istituita l’Organizzazione mondiale del commercio (World Trade Organization - WTO)3, che da allora gestisce tutte le funzionalità dell’Accordo GATT e gli accordi ad esso successivi4. Il GATT del 1994 ha interamente acquisito il GATT del 1947 e tutti gli strumenti giuridici adottati prima dell’accordo sull’Organizzazione mondiale del commercio (OMC). Si tratta di un testo di base che racchiude le regole generali che devono di-sciplinare il commercio delle merci, dato che le regole specifiche sono fissate dagli accordi settoriali istituiti dall’Atto finale. L’accordo generale introduce alcuni principi fondamentali derivanti dal GATT del 1947, in particolare: il principio del trattamento generale della nazione più favorita5, in base al quale

ciascun membro dell’OMC concede ai prodotti di un altro membro un tratta-mento non meno favorevole di quello che concede ai prodotti simili di qualsiasi altro Paese (concetto della non discriminazione);

il principio del trattamento nazionale in materia di imposizione e di regolamen-tazioni interne, in base al quale ciascun membro dell’OMC concede ai prodotti

1 Il Segretariato dipendeva dall’ICITO (Interim Commission for the International Trade Organization), che includeva anche parti che non avevano aderito all’accordo GATT 1947. 2 Aprile 1994. 3 Al 31 marzo 2013, 159 sono i Paesi membri del WTO ed esprimono il 97% del mercato mondiale. 4 Due sono gli accordi di riferimento rispettivamente ‘GATT 1947’ e ‘GATT 1994’. 5 Art. I: “General Most Favoured Nation treatment”.

Diritto comunitario e disciplina doganale 1.

© Wolters Kluwer Italia 5

di un altro membro un trattamento regolamentare e fiscale non meno favore-vole di quello riservato ai prodotti nazionali6.

L’accordo prevede inoltre il calo e il consolidamento dei dazi doganali, il divieto delle restrizioni quantitative all’importazione e all’esportazione e l’obbligo di noti-fica delle aziende commerciali statali. L’accordo tratta dei dazi antidumping e rego-lamenta le sovvenzioni e le misure di salvaguardia. Le disposizioni relative alle consultazioni e alla risoluzione delle controversie sono spiegate dalle norme dell’OMC in materia di risoluzione delle controversie. Stabilisce, altresì, alcuni criteri relativi alle zone di libero scambio e alle unioni do-ganali nonché obblighi che devono rispettare i membri di tali zone e unioni. Alcu-ne disposizioni aggiunte nel 1965 prevedono norme e vantaggi speciali per i Paesi in via di sviluppo. A differenza del GATT 1947, la OMC è stata dotata di personalità giuridica e as-similata ad organismi equivalenti come la banca Mondiale e ed il Fondo Monetario Internazionale.

1.1.2 La Convenzione di Kyoto

Un’ulteriore spinta al processo di integrazione ed armonizzazione dei principi di diritto doganale è stata data dalla Convenzione di Kyoto7. Secondo la Convenzione, ciascuna parte contraente si obbliga a promuovere la semplificazione e l’armonizzazione dei sistemi doganali. A tale scopo, i Paesi ade-renti si obbligano a conformarsi, alle condizioni, alle norme ed alle prassi racco-mandate, che costituiscono l’oggetto degli allegati. In ogni caso, a ciascuna Parte contraente non solo è conferita la libertà di accorda-re agevolazioni maggiori di quelle già previste nella Convenzione ma è raccoman-dato di concedere tali agevolazioni “in tutto il limite possibile”. La Convenzione definisce, in particolare, una serie di principi e di tecniche doga-nali, di cui raccomanda l’adozione all’interno degli ordinamenti degli Stati che l’hanno ratificata8. Tali strumenti devono essere impiegati per favorire 6 Art. II: “Schedules of concessions”. 7 La Convenzione internazionale per la semplificazione e l’armonizzazione dei regimi doganali (c.d. Convenzione di Kyoto), adottata il 18 maggio 1973, è entrata in vigore il 25 settembre 1974. 8 Le parti contraenti della convenzione sono attualmente 59: Algeria, Australia, Austria, Azer-baijan, Belgio, Botswana, Bulgaria, Canada, Cina, Congo (Repubblica Democratica) Croazia, Cipro, Repubblica Ceca, Danimarca, Egitto, Estonia, Comunità europea, Finlandia Francia, Germania, Grecia, Ungheria, India, Irlanda, Italia, Giappone, Giordania, Corea del Sud, Letto-nia, Lesotho, Lituania, Lussemburgo, Madagascar, Malesia, Mauritius, Mongolia, Montenegro, Marocco, Namibia, Olanda, Nuova Zelanda, Norvegia, Pakistan, Polonia, Portogallo, Senegal,

(segue)

Manuale di diritto e pratica doganale

6 © Wolters Kluwer Italia

l’armonizzazione delle rispettive regolamentazioni doganali, al fini ultimi di pro-muovere la crescita del commercio internazionale. Tutte le parti contraenti sono vincolate dall’allegato generale, che riassume la serie di disposizioni applicabili a tutti i regimi e le pratiche doganali oggetto della Con-venzione. A questo si aggiungono gli allegati specifici che rappresentano una serie di disposizioni applicabili ad uno o più dei regimi doganali. Gli allegati intendono disciplinare tutti i profili del rapporto doganale, dalla presen-tazione delle merci alla loro destinazione particolare, in ragione dell’impiego che ne sarà fatto nel territorio di riferimento. Le disposizioni della Convenzione hanno orientato tutta la legislazione doganale internazionale che si è plasmata nel tempo su modelli condivisi consentendo ai diversi operatori, pubblici e privati, di poter contare su un comune linguaggio, nell’esercizio delle attività necessarie per il buon esito delle transazioni commerciali tra tutti i Paesi aderenti. Il 26 giugno 1999 la Convenzione è stata emendata da un Protocollo aggiuntivo (in esito al quale è stata rinominata Convenzione “riveduta” di Kyoto - RKC), al fine di adeguare il testo originale alle nuove esigenze del commercio internazionale, con una maggiore attenzione all’uso delle nuove tecnologie informatiche per la sempli-ficazione della gestione delle operazioni e per l’adozione di più moderni metodi di controllo. La nuova versione della Convenzione è entrata in vigore il 3 febbraio 2006, a se-guito del raggiungimento del numero minimo di 40 ratifiche, necessarie per la sua efficacia. La versione riveduta della Convenzione di Kyoto conta attualmente 103 Parti contraenti9.

1.1.3 I principi del GATT nel diritto doganale

Con la Decisione n. 94/800/CE del Consiglio del 22 dicembre 1994, relativa alla conclusione a nome della Comunità europea, per le materie di sua competenza, degli accordi dei negoziati multilaterali dell’Uruguay Round (1986-1994)10, i principi dell’Accordo GATT del 1994 sono stati recepiti nel contesto comunitario. Con specifico riguardo alla disciplina doganale, la decisione n. 94/800/CE, stabili-sce:

Serbia, Slovacchia, Slovenia, Sud Africa, Spagna, Sri Lanka, Svezia, Svizzera, Turchia, Uganda, Regno Unito, Stati Uniti, Vietnam, Zambia, Zimbabwe. 9 http://www.wcoomd.org/en/topics/facilitation/instrument-and-tools/conventions/pf_ revised_kyoto_conv/instruments.aspx. 10 In Gazzetta ufficiale delle Comunità Europee, L 336 del 23 dicembre 1994.

Diritto comunitario e disciplina doganale 1.

© Wolters Kluwer Italia 7

a) Valore delle merci in dogana Quando i dazi doganali sono prelevati su una base ad valorem, è importante stabilire una procedura chiara per determinare il valore in dogana delle merci importate. In-fatti, quando è effettuata secondo regole eque, la valutazione in dogana può avere l’effetto di una misura di protezione non tariffaria ed essere più restrittiva del dazio doganale stesso. Nel GATT, l’accordo sul valore in dogana11, come si vedrà in dettaglio più avanti, riconosce che in linea di massima esso dovrebbe essere basato sul valore della transazione, vale a dire il prezzo reale delle merci. Nei casi ben precisi in cui il va-lore della transazione non può servire da base per determinare il valore in dogana, l’accordo prevede altri cinque metodi di valutazione in dogana, che devono essere applicati secondo uno stretto ordine gerarchico.

b) Ispezione prima della spedizione Al fine di evitare frodi e di compensare le carenze delle loro strutture amministra-tive, alcuni Paesi in via di sviluppo fanno ricorso ai servizi di società private per verificare la qualità, la quantità, il prezzo e/o la classificazione doganale delle merci importate prima che siano esportate dal Paese fornitore. L’accordo sull’ispezione prima della spedizione enuncia gli obblighi spettanti ai Paesi utilizzatori essenzial-mente in materia di non discriminazione, trasparenza, protezione delle informa-zioni commerciali confidenziali e verifica dei prezzi.

c) Regole d’origine Le norme d’origine non devono costituire inutili ostacoli al commercio internazio-nale in quanto sono i criteri necessari per determinare il Paese d’origine di un pro-dotto. L’accordo sulle norme d’origine istituisce discipline nell’applicazione di tali norme e riguarda quelle utilizzate negli strumenti non preferenziali di politica commerciale. Il principale obiettivo dell’accordo è l’armonizzazione delle norme d’origine non preferenziali12 affinché siano applicati gli stessi criteri per tutti i membri dell’OMC, indipendentemente dello scopo della loro applicazione. I membri dell’OMC devono adoperarsi per definire chiaramente le condizioni ne-cessarie per la determinazione dell’origine e affinché le norme d’origine non ab-biano un effetto di restrizione, distorsione o disorganizzazione del commercio in-ternazionale. Inoltre tali norme non devono imporre prescrizioni indebitamente rigorose né esigere quale condizione preliminare per la determinazione del Paese

11 Art. VII: “Valuation for customs purposes”. 12 Utilizzate per l’identificazione del “made in” da attribuire a ciascun prodotto. Si veda al ri-guardo il successivo cap. 3.

Manuale di diritto e pratica doganale

8 © Wolters Kluwer Italia

d’origine il rispetto di una certa condizione non legata alla fabbricazione o alla la-vorazione. Le norme d’origine armonizzate devono essere applicate in modo equo ed essere obiettive, comprensibili e prevedibili. Il lavoro di armonizzazione viene effettuato in seno al comitato delle norme d’origine dell’OMC e di un comitato tecnico posto sotto gli auspici dell’Organizzazione Mondiale delle Dogane (OMD). L’allegato 2 dell’accordo contiene, altresì, una dichiarazione comune riguardante le norme d’origine preferenziali.

Procedure per le licenze d’importazione Le licenze d’importazione possono essere definite procedure amministrative che esigono, quale condizione preliminare all’importazione sul territorio doganale di un Paese, la presentazione all’organo amministrativo competente di una domanda o di altri documenti. I principali obiettivi dell’accordo sulle procedure riguardanti le licenze d’importazione sono semplificare tali procedure e assicurarne la traspa-renza e la prevedibilità per fare in modo che siano applicate e amministrate in mo-do giusto ed equo.

1.2. IL PROCESSO DI INTEGRAZIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE: CENNI

Sulle ceneri del secondo conflitto mondiale, dunque, cominciano ad affermarsi le aspirazioni di unificazione allora relegate essenzialmente alla gestione delle risorse necessarie per la ricostruzione. Il processo di integrazione, destinato - almeno nelle intenzioni originarie - a ricon-durre ad unum tutte le funzioni istituzionali esercitate nei Paesi membri, ha posto le proprie basi anche (e soprattutto) sull’armonizzazione della disciplina doganale dei Paesi aderenti.

1.2.1 L’Organizzazione Europea per la Cooperazione Economica

Il primo organismo di rilievo “comunitario” è l’Organizzazione Europea per la Cooperazione Economica (OECE), costituita il 16 aprile 1948. I Paesi firmatari erano: Austria, Belgio, Danimarca, Francia, Gran Bretagna, Gre-cia, Irlanda, Islanda, Italia, Lussemburgo, Norvegia, Paesi Bassi, Portogallo, Svezia, Svizzera e Turchia13.

13 Per la Germania Ovest (Repubblica Federale Tedesca), gli accordi furono sottoscritti da USA, Francia e Gran Bretagna.

Diritto comunitario e disciplina doganale 1.

© Wolters Kluwer Italia 9

L’OECE nasceva al fine di ripartire tra gli Stati firmatari (la Spagna aderì nel 1959) gli aiuti dell’European Recovery Program14, piano statunitense per favorire ed incenti-vare la ricostruzione dei Paesi dell’Europa occidentale. In seguito, in seno all’Accordo, fu decisa una progressiva riduzione degli ostacoli tariffari e normativi alle importazioni nella prospettiva di incrementare il commer-cio internazionale. In tale contesto, fu anche creata l’Unione Europea dei Paga-menti (UEP). Fu questo un momento significativo per il settore doganale che, contestualmente alla creazione di un’area di libero scambio, mosse verso quella che, a tutt’oggi, rap-presenta forse la più completa ed efficace forma di armonizzazione della legisla-zione comunitaria. Nel 1961, infine, l’OECE si trasformò in OCSE (Organizzazione per la Coopera-zione e lo Sviluppo Economico), il quale, con l’adesione di USA, Canada e Giap-pone (nel 1964) assunse le funzioni di coordinamento e monitoraggio delle attività economiche dell’Occidente.

1.2.2 Le Comunità Europee: CECA, CEE e CEEA/Euratom

Le spinte europeiste che connotavano i primi anni ‘50 spingevano in diverse dire-zioni in ragione delle finalità operative che si prefiguravano per gli organismi co-munitari. Tra tutte prevalse quella “funzionalista” che auspicava l’unione e la cooperazione tra i singoli Stati membri limitata a settori circoscritti. Si tratta di quello che fu poi definito il sector by sector approach. In tale contesto, si inserì la creazione della CECA con la firma del Trattato istituti-vo della Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio, il 18 aprile 1951 a Parigi, al quale aderirono Italia, Francia, Repubblica Federale Tedesca, Belgio, Lussemburgo e Paesi Bassi. Al di là della messa in comune delle risorse cui era riferito l’Accordo, l’organismo aveva come obiettivo principale quello di formare una, seppur embrionale, unione economica tra gli Stati membri. In ogni caso, il fatto significativo fu che per la prima volta gli Stati aderenti accet-tarono di limitare la propria sovranità su materie destinate ad assumere rilevanza comunitaria. Il Trattato CECA rappresentò, quindi, la prima vera rinuncia al prin-cipio della sovranità nazionale (che tuttora pone degli ostacoli ad una piena armo-nizzazione in campo fiscale) ma favorì la nascita di una nuova produzione norma-tiva su base comunitaria.

14 È il c.d. “piano Marshall”, che il segretario di Stato protempore George Marshall presentò il 2 giugno 1947 all’Università di Harvard.

Manuale di diritto e pratica doganale

10 © Wolters Kluwer Italia

Il 1° giugno 1955, a Messina, nel corso dell’incontro tra i Ministri degli Esteri della CECA, furono individuati altri due settori di interesse, il mercato comune e l’energia nucleare. Inoltre, diversamente da quanto già attuato con la CECA, si percepì la necessità di sostituire al concetto di integrazione verticale la nozione di integrazione orizzontale. Finalmente, dopo una lunga serie di negoziati, il 25 marzo 1957 si giunse alla firma dei Trattati istitutivi (atti normativi primari del Diritto Comunitario) della Comuni-tà Economica Europea CEE15 e della Comunità Europea per l’Energia Atomica (CEEA/Euratom). Ai nostri fini, si deve evidenziare che mentre il Trattato CECA prevedeva l’instaurazione di un’area di libero scambio, limitata al carbone ed all’acciaio, i Trattati CEE ed Euratom propugnavano la creazione di un’unione doganale. È appena il caso di precisare che l’area di libero scambio prevede l’abolizione di dazi doganali interni e la soppressione di qualunque restrizione all’importazione ed all’esportazione tra gli Stati membri, mentre l’unione doganale comporta anche l’adozione di una tariffa doganale comune nei confronti dei Paesi terzi. Nel 1968, proprio con l’approvazione della tariffa doganale comune, fu varata l’unione doganale. Negli anni successivi, lo sforzo dei Paesi membri fu quello di giungere alla realizzazione di un’unione economica con la costituzione di un mer-cato unico inteso come uno spazio nel cui ambito potessero muovere liberamente merci, servizi, capitali e persone. In tale prospettiva, si inserisce il Trattato di Maastricht - firmato il 7 febbraio 1992 - che ha avviato la fase più interessante del processo di integrazione ponendo qua-le obiettivo principale dell’Unione quello di addivenire all’istituzione di una vera e propria federazione, non limitando la connotazione dei Trattati a mere intese di carattere economico. Ed è in quest’ottica che il Trattato CEE ha subìto, al Titolo II, le modificazioni più rilevanti apportate dall’intero Trattato di Maastricht. Su tutte, in questa sede, vale la pena di sottolineare il valore simbolico attribuito al cambiamento di denomina-zione passata da CEE (Comunità Economica Europea) a CE (Comunità Europea), in tutto il Trattato di Roma del 1957. In definitiva, per effetto delle nuove intese di Maastricht, la Comunità non relega più le proprie peculiarità a finalità esclusivamente economiche, ma estende l’intesa degli Stati membri a diversificati campi fino ad allora posti sotto la competenza nazionale. Successivamente, il Trattato di Amsterdam - firmato il 2 ottobre 1997 - ha intro-dotto sostanziali modifiche ed integrazioni ai Trattati istitutivi delle Comunità (CE, 15 L’Accordo istitutivo della CEE è denominato “il Trattato”, quale Carta a fondamento del processo che ha portato alla creazione dell’Unione Europea.

Diritto comunitario e disciplina doganale 1.

© Wolters Kluwer Italia 11

CECA ed Euratom), che costituiscono il diritto comunitario primario, soprattutto in seguito all’allargamento ai Paesi dell’Est, con i nuovi ingressi del 1° maggio 2004 e del 1° gennaio 2007. Con il Trattato di Nizza sono stati modificati il Trattato di Maastricht e i Trattati di Roma. È stato approvato al Consiglio europeo di Nizza l’11 dicembre 2000 e fir-mato il 26 febbraio 2001. Dopo essere stato ratificato dagli allora 15 Stati membri dell’Unione Europea, è entrato in vigore il 1° febbraio 2003. Il Trattato di Nizza, in particolare, ha introdotto: nuova ponderazione dei voti nel Consiglio dell’Unione Europea; modifica della composizione della Commissione europea; estensione della procedura di codecisione e modifica del numero di deputati al

Parlamento europeo per ogni Stato membro; estensione del voto a maggioranza qualificata per una trentina di nuovi titoli; riforma per rendere più flessibile il sistema delle cooperazioni rafforzate; nuova ripartizione delle competenze tra Corte e Tribunale. Dal 1° dicembre 2009, è entrato in vigore il Trattato di Lisbona, che ha posto fine a diversi anni di negoziati sulla riforma istituzionale. Il 19 ottobre 2007 il testo era stato approvato durante il vertice informale di Lisbona dei capi di Stato e di go-verno dell’Unione Europea e firmato, di nuovo a Lisbona, il 13 dicembre 2007. Il Trattato di Lisbona modifica il Trattato sull’Unione Europea e il Trattato che istituisce la Comunità Europea, senza tuttavia sostituirli. Il nuovo Trattato dota l’Unione del quadro giuridico e degli strumenti necessari per far fronte alle sfide del futuro e rispondere alle aspettative dei cittadini. Questa nuova fase si è aperta all’indomani della lunga pausa di riflessione seguita all’esito negativo dei referendum in Francia e Paesi Bassi sul Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa, firmato a Roma il 29 ottobre 2004.

Manuale di diritto e pratica doganale

12 © Wolters Kluwer Italia

Tavola 1.1 - I Trattati prima e dopo Lisbona

Il nuovo Trattato prevede alcune novità. Il termine “Comunità” è sostituito ovun-que da “Unione”: così il Trattato di Roma che istituisce la Comunità europea (TCE) è stato denominato Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea. Nel tentativo di mediare le divergenze fra gli Stati Membri, sono state accolte al-cune proposte e apportate leggere modifiche rispetto al precedente testo costitu-zionale. Nel nuovo Trattato di riforma, infatti, non compaiono: il termine “Costituzione”; il riferimento ai simboli europei, anche se continueranno ad esistere, come la

bandiera a 12 stelle, l’inno, il motto (Unità nella diversità), la menzione che “la moneta dell’UE è l’euro”;

i Trattati esistenti continueranno ad occuparsi della cooperazione fra gli Stati Membri e il nuovo Trattato non li sostituirà.

Sono stati mantenuti, senza sostanziali cambiamenti: le principali novità istituzionali: il mandato di due anni e mezzo della Presiden-

za del Consiglio UE, al posto dell’attuale Presidenza di turno di 6 mesi, e la ri-duzione del numero dei Commissari europei, dal 2014, da 27 a 15;

il riferimento al principio della concorrenza libera e non distorta nel mercato interno, che rimane nei Trattati già esistenti;

l’estensione del voto a maggioranza qualificata, soprattutto in materia di coope-razione giudiziaria in materia penale e di polizia. La riforma istituzionale raffor-

Diritto comunitario e disciplina doganale 1.

© Wolters Kluwer Italia 13

za il ruolo di co-legislatore del Parlamento europeo con il Consiglio, per quanto riguarda questi ambiti;

la delimitazione delle competenze fra l’UE e gli Stati Membri. La politica socia-le, il mercato interno, l’energia e la ricerca rimangono competenze condivise dalla UE con gli Stati Membri;

la personalità giuridica unica dell’Unione Europea; la creazione di un Alto Rappresentante dell’UE per gli affari esteri e la politica

di sicurezza, che raggruppa le funzioni dell’Alto rappresentante della PESC e del Commissario europeo alle Relazioni Esterne. Sarà il Presidente del Consi-glio dei Ministri degli esteri e Vice Presidente della Commissione UE;

il diritto di iniziativa civica, che permetterà a un milione di cittadini di invitare la Commissione a proporre soluzioni su determinati problemi;

il riferimento alle eredità culturali, religiose e umanistiche dell’Europa. Sono stati riportati nel nuovo Trattato, ma con alcune modifiche: la Carta dei diritti fondamentali non sarà ripresa per intero, ma uno specifico

articolo riconosce i diritti, le libertà e i principi sanciti nella Carta a cui viene at-tribuito lo stesso valore giuridico dei Trattati;

il primato del diritto europeo sul diritto nazionale, che non viene riaffermato ma diventa l’oggetto di una dichiarazione che rimanda alla giurisprudenza della Corte di Giustizia;

la regola della doppia maggioranza, che stabilisce che una decisione sarà presa dal 55% degli Stati Membri, purché rappresentino il 65% della popolazione dell’UE. Ma la sua applicazione viene spostata al 2014;

il ruolo dei Parlamenti nazionali, che viene rinforzato. Passa da 6 a 8 settimane il tempo concesso per esaminare un testo e la Commissione europea dovrà giu-stificare una decisione, rivederla o ritirarla, se viene contestata dalla maggioran-za semplice dei voti attribuiti ai parlamenti nazionali.

Vengono introdotti per la prima volta e risultano quindi una novità assoluta: un protocollo sui servizi pubblici; i criteri di eleggibilità del Parlamento europeo; il riferimento alla promozione sul piano internazionale di misure destinate a ri-

solvere i problemi dell’ambiente a livello regionale o mondiale e, in particolare, a combattere i cambiamenti climatici;

il riferimento, in ambito energetico, allo spirito di solidarietà tra gli Stati mem-bri ed alla promozione dell’interconnessione delle reti energetiche.

Infine, le disposizioni della parte III del Trattato Costituzionale che fissava le poli-tiche e il funzionamento dell’UE sono state inserite nei Trattati esistenti con speci-fiche modifiche.

Manuale di diritto e pratica doganale

14 © Wolters Kluwer Italia

1.3. IL RAPPORTO TRA DIRITTO NAZIONALE E DIRITTO COMUNITARIO

L’istituzione delle Comunità Europee e la conseguente produzione normativa nei settori di competenza ha generato in ogni Paese membro la necessità di regolare i rapporti tra diritto interno e diritto comunitario. Innanzitutto, è stato osservato che il rapporto tra diritto comunitario e diritto degli Stati membri non è riconducibile al consueto rapporto tra diritto internazionale e diritto interno. Infatti, si deve necessariamente distinguere tra i due diversi rapporti tra l’ordinamento nazionale e, rispettivamente, gli ordinamenti internazionale e comu-nitario. Con il primo, esiste un rapporto di coordinamento, mentre il rapporto con quello comunitario è di integrazione. Tale assunto può essere meglio compreso dalla lettura dell’art. 10 (ex art. 5) del Trattato di Roma che impone agli Stati membri di adottare “tutte le misure di ca-rattere generale o particolare atte ad assicurare l’esecuzione degli obblighi derivanti dal Trattato ovvero determinati dagli atti delle Istituzioni della Comunità (…). Essi si astengono da qualsiasi misura che rischi di compromettere la realizzazione degli scopi del Trattato”. È evidente, quindi, che in linea di principio le disposizioni comunitarie non costi-tuiscono un sistema chiuso ed autosufficiente, ma necessitano dell’integrazione con l’ordinamento di ciascuno Stato membro. Peraltro, la questione del rapporto tra ordinamento interno e comunitario è stata a lungo dibattuta dalla dottrina ed affrontata in numerose sentenze dalla giurispru-denza costituzionale e comunitaria. Se la questione della costituzionalità della legge di ratifica dei Trattati comunitari è stata risolta da tempo in sede dottrinale facendo ricorso all’art. 11 della Costituzio-ne, di più difficile soluzione è stata la questione dei rapporti tra il diritto interno e il c.d. “diritto derivato” comunitario (cioè tutte le norme comunitarie poste in essere dalle istituzioni comunitarie in attuazione dei Trattati). A fronte della mancata introduzione di una disciplina di rango costituzionale in materia16, la giurisprudenza della Corte di Giustizia delle Comunità europee e la giurisprudenza della Corte costituzionale italiana hanno scandito le fasi che con-traddistinguono l’intersecarsi dei rapporti tra l’ordinamento comunitario e l’ordinamento nazionale. In sintesi, dopo numerose pronunce, è stata affermata la prevalenza del diritto comunitario sul diritto interno, in virtù della “distinzione e nello stesso tempo del 16 Anche se ora, a seguito della riforma costituzionale del 2001, l’art. 117, comma 1, Cost., con-tiene un esplicito riconoscimento al riguardo.

Diritto comunitario e disciplina doganale 1.

© Wolters Kluwer Italia 15

coordinamento” tra i due ordinamenti (Corte Cost. sent. n. 170 del 1984). Tale prevalenza comporta da un lato la diretta applicazione delle norme comunitarie, dall’altro la “non applicazione” da parte del giudice nazionale e degli organi ammi-nistrativi (per questi ultimi sent. n. 389 del 1989) delle norme interne contrastanti con l’ordinamento comunitario. Nell’ambito dei rapporti tra i due ordinamenti, notevole rilievo ha anche la que-stione della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, dal momento che essa ha individuato una serie di diritti che non coincidono completamente con quelli tutelati dalla nostra Carta costituzionale e, viceversa, la Costituzione italiana garantisce alcuni profili non presenti nella Carta europea. È vero che al momento la Carta dei diritti non contiene, in quanto tale, disposizioni giuridicamente vinco-lanti ed ha un valore più politico che giuridico, ma essa fornisce comunque, quan-tomeno quale fonte di cognizione, indicazioni sui diritti fondamentali garantiti dall’ordinamento comunitario. Si deve ricordare, inoltre, che - nell’ambito dei rapporti tra i due ordinamenti - ri-veste notevole interesse il Protocollo sull’applicazione dei principi di sussidiarietà e proporzionalità, aggiunto dal Trattato di Amsterdam al Trattato istitutivo della Comunità europea ed ora ampliato ed allegato al Trattato che adotta un Costitu-zione per l’Europa. In tale protocollo si precisa che l’applicazione dei fondamentali principi di sussidiarietà e proporzionalità (sanciti dall’art. 5 del Trattato istitutivo) non deve ledere i principi elaborati dalla Corte di Giustizia relativamente al rappor-to fra diritto nazionale e diritto comunitario. In ogni caso, la modifica del Titolo V della Costituzione, operata dalla legge costi-tuzionale n. 3 del 2001, ha parzialmente inciso anche sulla questione dei rapporti con l’ordinamento dell’UE. Si ricorda, infatti, che: il comma 1 dell’art. 117 Cost. stabilisce che la potestà legislativa è esercitata dal-

lo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione e dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario;

rientra nella potestà legislativa esclusiva dello Stato la competenza in merito ai rapporti con l’Unione Europea (art. 117, comma 2);

viene inserita nell’ambito della competenza legislativa concorrente la materia re-lativa ai rapporti delle Regioni con l’Unione Europea (art. 117, comma 3);

le Regioni e le Province autonome, nelle materie di loro competenza, sono chiamate sia a partecipare alle decisioni per la formazione degli atti comunitari sia all’attuazione dei medesimi, nel rispetto delle norme procedurali stabilite da leggi statali, che disciplinano altresì il potere sostitutivo (art. 117, comma 5);

l’art. 117, comma 6, circoscrive il potere regolamentare statale alle sole materie di competenza esclusiva;

Manuale di diritto e pratica doganale

16 © Wolters Kluwer Italia

l’art. 120, comma 2, attribuisce al Governo poteri sostitutivi da esercitare, tra l’altro, in caso di mancato rispetto della normativa comunitaria.

Da tale quadro discendono conseguenze rilevanti in relazione ai rapporti tra ordi-namento nazionale e comunitario. Infatti, viene espressamente stabilito che la legi-slazione nazionale e regionale deve svolgersi nel rispetto degli obblighi comunitari. Tale statuizione appare particolarmente significativa, dal momento che contiene l’esplicito riconoscimento della supremazia del diritto comunitario, attribuendo un fondamento specifico ai vincoli verso l’ordinamento comunitario, già comunque presenti ed inquadrati in via giurisprudenziale e dottrinaria. Come già indicato, infatti, il riconoscimento della prevalenza del diritto comunita-rio era stata già ricavata in via interpretativa dall’art. 11 Cost., che consente limita-zioni della sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia tra le Nazioni.

1.3.1 La diretta applicabilità dei provvedimenti comunitari

Atti che promanano da Istituzioni comunitarie qualificate (Consiglio, Commissio-ne, Parlamento, ecc.) possono essere considerati direttamente applicabili solo se presentano le seguenti caratteristiche: devono imporre ai destinatari un comportamento preciso e non condizionato

da alcuna riserva; devono contenere una disciplina completa che non necessita di normativa deri-

vata da parte degli organi statali o comunitari. Secondo autorevole dottrina, l’effetto diretto va in ogni caso valutato con elastici-tà. Infatti, un provvedimento che si presenti direttamente applicabile potrebbe an-che aver bisogno di apposita regolamentazione nazionale a fini meramente esecu-tivi, senza incidere sulla sua efficacia diretta. Ciò premesso, è appena il caso di richiamare quali sono gli atti normativi derivati della Unione Europea - vincolanti e non che discendono dalle originarie previsioni delle Comunità Europee (si veda tavola 1.2). Gli atti vincolanti previsti dall’art. 288 TFUE sono: i regolamenti, con portata generale e direttamente applicabili; le Direttive, con portata individuale o generale, che vincolano i destinatari solo

relativamente al risultato da raggiungere lasciando libera la scelta degli strumen-ti giuridici da adottare, sono recepite dagli Stati membri con legge nazionale. Un’eccezione è rappresentata dalle Direttive self-executing, le quali, una volta spirato infruttuosamente il termine di recepimento, hanno efficacia nell’ordinamento interno alle seguenti condizioni:

Diritto comunitario e disciplina doganale 1.

© Wolters Kluwer Italia 17

- prevedono obblighi aventi un contenuto chiaro, preciso ed incondi-zionato, tale da non lasciare margine di discrezionalità agli Stati e da non richiedere l’adozione di ulteriori atti;

- creano diritti a favore dei singoli chiaramente individuati nel loro con-tenuto.

In presenza di tali condizioni di precisione e chiara individuazione dei destina-tari la Direttiva deve essere applicata direttamente dal giudice e dalla Pubblica amministrazione17;

le decisioni, che hanno portata individuale in quanto destinate a singoli Stati membri ed obbligatorie in tutti i loro elementi.

Gli atti non vincolanti sono le raccomandazioni ed i pareri.

Tavola 1.2 - Atti giuridici comunitari delle Comunità Europee

CE ed Euratom CECA

Vincolanti {Regolamenti Direttive Decisioni

Decisioni (generali) Raccomandazioni Decisioni (individuali)

Non vincolanti { Raccomandazioni Pareri Pareri

1.4. IL DIRITTO DOGANALE

Il diritto doganale può essere considerato come la più ampia rappresentazione di diritto tributario armonizzato nel contesto internazionale. Infatti, nel periodo mo-derno, a partire dal secondo dopoguerra, è stato certamente uno degli ambiti su cui maggiormente si sono concentrati gli sforzi di conciliazione delle diverse esigenze e necessità rilevabili sul mercato mondiale da parte degli Stati nazionali. Ne è discesa una comune impostazione delle disposizioni doganali tutte governate da medesimi principi. Infatti, quanto alla disciplina sostanziale, in tutto il panorama mondiale, in esito al-la definizione dell’Accordo GATT ed al consolidamento dell’OMC, è stata identi-ficata la necessità di riferirsi a tre fondamentali pilastri quali la classificazione, l’origine delle merci ed il valore della transazione. Pertanto, in pressoché tutti i Paesi del mercato globale che hanno aderito al pro-cesso di evoluzione, peraltro in costante divenire, si riscontrano i medesimi istituti

17 La Direttiva recepita fa nascere anche diritti dei cittadini verso i cittadini (efficacia orizzonta-le), la Direttiva non recepita ma self executing fa nascere solo diritti dei cittadini nei confronti del-le istituzioni degli Stati membri (efficacia verticale).

Manuale di diritto e pratica doganale

18 © Wolters Kluwer Italia

giuridici che governano i profili operativi del passaggio di un confine. Tra gli altri, basterà citare: il deposito doganale, il perfezionamento attivo, l’ammissione tempo-ranea. Tutti regimi, questi ultimi, che consentono di qualificare la destinazione da dare alle merci negli scambi commerciali tra diversi Paesi. In altre parole, tra i Paesi aderenti all’OMC, fatte pochissime eccezioni, le disposi-zioni doganali ripropongono analoghi schemi sia per la qualificazione che per la quantificazione dell’onere complessivo doganale.

1.4.1 Il quadro giuridico vigente

Il quadro giuridico vigente in campo doganale è ordinato su una struttura com-plessa di norme, comunitarie e nazionali, che si sono stratificate e succedute nel tempo per effetto della progressiva evoluzione del processo d’integrazione euro-pea18. In origine, il Trattato istitutivo della Comunità Economica Europea poneva come primo obiettivo la realizzazione del mercato comune nella duplice configurazione dell’unione economica (con le quattro libertà fondamentali di circolazione delle persone, merci, servizi e capitali) e dell’unione doganale fra gli Stati membri, attra-verso l’abolizione dei dazi e delle tasse di effetto equivalente sui passaggi interni e l’adozione di una tariffa comune nei rapporti con i Paesi terzi. Oltre alla potestà tributaria doganale, l’Accordo ha conferito alla Comunità la competenza esclusiva nei tre settori della politica commerciale, dell’agricoltura e dei trasporti. In tal modo, anche la disciplina del commercio con l’estero, che implica la fissa-zione delle restrizioni quantitative, dei contingenti tariffari, delle misure di difesa antidumping e dei divieti di importazione di prodotti contraffatti, è stata trasferita dagli Stati membri alle istituzioni comunitarie, in via definitiva. L’Atto Unico Europeo del 17 febbraio 1986 ha segnato un importante passo in avanti verso l’Unione, con il passaggio dal mercato comune al mercato interno, a seguito dell’abbattimento delle barriere fisiche e la conseguente eliminazione dei controlli alle frontiere interne tra gli Stati membri. Dal 1° gennaio 1993, le persone, le merci ed i capitali provenienti dai Paesi terzi, una volta superata la fase dell’ingresso nel territorio doganale della Comunità at-traverso un qualsiasi varco dei confini marittimi e continentali, possono liberamen-te circolare in tutti gli Stati membri senza essere assoggettati a nessuna formalità doganale o paratariffaria. Rimangono fermi esclusivamente i divieti e le misure di

18 La ricostruzione sistematica del quadro normativo di riferimento “storico” è stata data esau-stivamente dalla circolare 4 novembre 1999, n. 328000 del Comando Generale della Guardia di Finanza, che qui si riprende.

Diritto comunitario e disciplina doganale 1.

© Wolters Kluwer Italia 19

controllo giustificati da motivi di ordine e sicurezza pubblica, di tutela della salute e della vita delle persone, di protezione del patrimonio artistico, storico o archeo-logico, di tutela della proprietà industriale e commerciale, ai sensi degli artt. 30 e 296 (ex artt. 36 e 223) del Trattato CE. Il Trattato di Maastricht del 7 febbraio 1992 ha attribuito all’Unione Europea le materie del c.d. “terzo pilastro”, ossia la cooperazione nei settori della giustizia e degli affari interni, nei quali le istituzioni comunitarie possono ora intervenire atti-vamente assieme agli Stati membri, promuovendo ogni iniziativa utile di collabora-zione mediante accordi politici su posizioni comuni, azioni comuni e convenzioni internazionali di cui raccomandano la ratifica (originari artt. K1 e K3 del Trattato UE ora artt. 29 e 31). Le ultime tappe di evoluzione del sistema è segnata dai Trattati di Amsterdam, del 2 ottobre 1997, ratificato in Italia con legge 16 giugno 1998, n. 209, e di Nizza dell’11 dicembre 2000, entrato in vigore il 1° gennaio 2003 e di Lisbona del 13 di-cembre 2007, entrato in vigore dal 1° dicembre 2009.

1.4.2 Il sistema delle fonti

Il sistema delle fonti del diritto doganale risulta così modulato: la disciplina sostanziale dei presupposti e delle modalità di applicazione dei dazi

doganali ed agricoli è competenza esclusiva della Comunità Europea, come pu-re le misure di politica commerciale e la mutua assistenza amministrativa tra gli organi nazionali.

Gli strumenti normativi per adempiere a tali funzioni sono costituiti dai regola-menti, dalle Direttive, dalle decisioni e dalle raccomandazioni previsti dall’art. 249 (ex art. 189) del Trattato CE. I regolamenti, in particolare, sono direttamente applicabili e producono effetti immediati in ciascuno degli Stati membri i quali non possono emanare atti norma-tivi in tali materie, fatta eccezione per i provvedimenti necessari di attuazione; l’organizzazione delle amministrazioni doganali nazionali, con i relativi compiti

e poteri ispettivi, nonché il trattamento sanzionatorio amministrativo e penale in caso di violazioni sono materie di competenza esclusiva degli Stati membri, che possono decidere in autonomia ovvero coordinarsi tra loro in base a prin-cipi comuni.

In questi settori la Comunità Europea non è depositaria di attribuzioni delegate, per cui non può intervenire su problematiche che esulano dagli obiettivi assegnati dai patti costitutivi; dopo il Trattato di Amsterdam, la tutela degli interessi finanziari della Comuni-

tà e la lotta alle frodi doganali mediante misure di controllo efficaci ed equiva-

Manuale di diritto e pratica doganale

20 © Wolters Kluwer Italia

lenti è divenuta materia di competenza concorrente dell’Unione e degli Stati membri;

la lotta alla criminalità internazionale nelle sue varie manifestazioni (traffici di stupefacenti ed armi, terrorismo, corruzione, frodi doganali di rilievo penale, ecc.) fa parte delle materie del “terzo pilastro” dell’Unione, nelle quali diverrà sempre più stretta la cooperazione intergovernativa fra i Paesi membri.

Il Consiglio UE può a questo fine adottare: posizioni comuni, che definiscono l’orientamento dell’Unione in merito alle

questioni da affrontare, indicando le linee guida ed i punti di riferimento per le iniziative degli Stati membri;

decisioni - quadro, per il ravvicinamento delle disposizioni legislative e regola-mentari nazionali, così vincolando gli Stati quanto ai risultati da ottenere e fa-cendo salva la loro scelta in merito alla forma ed ai mezzi;

schemi di convenzioni multilaterali, che vengono proposti per la ratifica da par-te di tutti i Paesi comunitari.

1.4.3 La normativa di base

Seguendo lo schema tracciato, la normativa doganale di base può essere enucleata per ognuna delle seguenti aree individuate: il Codice Doganale Unionale (CDU), adottato con Reg. UE n. 952/2013 del

Parlamento Europeo e del Consiglio del 9 ottobre 2013, contiene la disciplina sostanziale ai fini dell’applicazione dei tributi e delle misure previste nel quadro degli scambi commerciali con i Paesi terzi nel quale vengono descritti: - i presupposti oggettivi e soggettivi dell’imposizione; - gli elementi di base dell’obbligazione doganale, ossia la classificazione tarif-

faria, l’origine ed il valore delle merci; - la procedura da seguire per l’introduzione dei prodotti nel territorio della

Comunità e per l’assegnazione della destinazione doganale prescelta, con i relativi obblighi dei contribuenti e le connesse modalità di accertamento dei debiti d’imposta;

- i regimi doganali per l’immissione in libera pratica, l’esportazione, il transi-to, il deposito, il perfezionamento attivo e passivo, e l’ammissione tempo-ranea.

il Reg. Delegato UE n. 2015/2446 (RD), della Commissione del 28 luglio 2015, che integra il Reg. UE n. 952/2013 in relazione alle modalità che specificano alcune disposizioni del CDU;

il Reg. di Esecuzione UE n. 2015/2447 (RE) della Commissione del 24 no-vembre 2015, recante modalità di applicazione di talune disposizioni del Reg. UE 952/2013 che istituisce il CDU;

Diritto comunitario e disciplina doganale 1.

© Wolters Kluwer Italia 21

il Reg. delegato n. 2016/341 della Commissione del 17 dicembre 2015 (rettifi-cato dal Reg. UE n. 2016/398 della Commissione dell’8 aprile 2016) che integra il regolamento UE n. 952/2013 per quanto riguarda le norme transitorie relati-ve a talune disposizioni del Codice Doganale dell’Unione nei casi in cui i perti-nenti sistemi elettronici non sono ancora operativi e che modifica il regolamen-to delegato UE 2015/2446 della Commissione;

le principali norme circa l’organizzazione nazionale dei servizi doganali, le mi-sure di vigilanza ed i poteri di controllo, le sanzioni penali ed amministrative ir-rogabili in caso di trasgressione sono previste: - dal Testo unico delle leggi doganali (TULD) approvato con DPR 23 gen-

naio 1973, n. 43, e successive modificazioni; - dal D.Lgs. 8 novembre 1990, n. 374, relativo al riordino degli istituti doga-

nali ed alla revisione delle procedure di accertamento e controllo19; - dal D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, contenente le disposizioni generali in

materia di sanzioni amministrative tributarie. Particolare rilievo rivestono, altresì, i regolamenti approvati con:

- DM 11 dicembre 1992, n. 548, in merito alle procedure semplificate di ac-certamento doganale;

- DM 28 gennaio 1994, n. 254, relativo alle semplificazioni per l’entrata delle merci nel territorio doganale;

- DM 28 gennaio 1994, n. 255, concernente i programmi e le disposizioni in materia di visita fisica delle merci nella fase dell’accertamento;

- DM 28 gennaio 1994, n. 256, contenente disposizioni sul servizio di riscon-tro e l’identificazione delle merci sottoposte a vincoli doganali;

- DL 2 marzo 2012, n. 16 del 2012, Disposizioni urgenti in materia di sempli-ficazioni tributarie, di efficientamento e potenziamento delle procedure di accertamento.

L’organizzazione centrale e periferica dell’Amministrazione delle dogane e dei Monopoli è attualmente disciplinata dal D.Lgs. 26 aprile 1990, n. 105, cui si ri-collegano i decreti ministeriali datati 26 novembre 1991 e 6 ottobre 1995. L’organizzazione ed il funzionamento dell’Agenzia delle Dogane e dei Mono-poli sono altresì disciplinati dal regolamento di amministrazione deliberato dal Comitato direttivo in data 5 dicembre 200020;

19 Così come modificato dal DL n. 16/2012. 20 Si veda anche la Nota n. 141805 del 29 novembre 2012 - Decreto Legge 6 luglio 2012, n. 95 convertito dalla legge 7 agosto 2012, n. 135 - Incorporazione dell’Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato nell’Agenzia delle Dogane dal 1° dicembre 2012.

Manuale di diritto e pratica doganale

22 © Wolters Kluwer Italia

la Comunità Europea ha assunto tre iniziative strategiche nel settore della lotta alle frodi in danno delle risorse proprie e delle uscite di bilancio, mediante: - il Reg. CE, Euratom 2988/95 del Consiglio del 18 dicembre 1995, concer-

nente la normativa generale dei controlli e delle misure amministrative per la tutela degli interessi finanziari delle Comunità;

- la Convenzione relativa alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità Europee, adottata con atto del Consiglio del 26 luglio 1995 (in GUCE n. C 316/48 in data 27 novembre 1995);

- il programma d’azione doganale nella Comunità (“Dogana 2000”), adottato con decisione 210/97/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 19 dicembre 1996 (in GUCE, n. L 33/24 in data 4 febbraio 1997), e poi reitera-to con: il programma d’azione Dogana 2007, adottato con Decisione del Par-

lamento e del Consiglio dell’11 febbraio 2003, n. 253; il programma d’azione doganale nella Comunità (“Dogana 2013”),

adottato con decisione n. 624/2007/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 maggio 2007, (in GUCE, L 154 del 14 giugno 2007);

- il programma d’azione per la dogana e l’imposizione fiscale nell’Unione Eu-ropea per il periodo 2014-2020 (FISCUS) e abroga le decisioni n. 1482/2007/CE e n. 624/2007/CE21;

la materia della mutua assistenza amministrativa per la lotta alle frodi nell’ambito dell’unione doganale e della politica agricola comune è, invece, og-getto del Reg. CE 515/97 del Consiglio del 13 marzo 199722;

in base all’originario art. K3 del Trattato UE (attuale art. 31) il Consiglio ha ela-borato due importanti Convenzioni dirette ad intensificare la cooperazione tra le amministrazioni doganali in materia di lotta ai traffici di stupefacenti, armi ed altri generi soggetti a divieti e restrizioni ai sensi degli originari artt. 36 e 223 (attualmente artt. 30 e 296) del Trattato CE: - la Convenzione sull’uso dell’informatica nel settore doganale, elaborata

con atto del Consiglio del 26 luglio 1995 (in GUCE n. C 316/33, in data 27 novembre 1995);

- la Convenzione relativa alla mutua assistenza ed alla cooperazione tra am-ministrazioni doganali (meglio nota con la sigla “Napoli II”), adottata con atto del Consiglio del 18 dicembre 1997 (in GUCE n. C 24/1, in data 23 gennaio 1998);

21 Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 gennaio 2012. 22 Modificato dal Reg. CE del 9 luglio 2008, n. 766/2008, in GUUE del 13 agosto 2008, n. 218.

Diritto comunitario e disciplina doganale 1.

© Wolters Kluwer Italia 23

- Reg. CE n. 1889/2005 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 ot-tobre 2005, relativo ai controlli sul denaro contante in entrata nella Comu-nità o in uscita dalla stessa.

1.4.4 Il Codice Doganale Aggiornato

In un’ottica di costante modernizzazione della disciplina doganale comunitaria, dopo anni di lavori, era stato pubblicato sulla GUUE n. 145/L del 4 giugno 2008 il Codice Doganale Aggiornato (CDA), istituito con il Reg. CE 450/08 del Parla-mento Europeo e del Consiglio23. Tale provvedimento, benché sia stato da ultimo sostituito dal Reg. UE 952/201324 (Codice Doganale dell’Unione - CDU) per effetto di un’opera di “refusione” del legislatore comunitario di cui si dirà più avanti, ha comunque rappresentato il cul-mine di un iter di globale modernizzazione dell’intera disciplina doganale, propu-gnata negli ultimi anni dalla Commissione UE, e sostenuta nel tempo con inter-venti mirati a riconsiderare specifiche aree del “vecchio Codice” (il Reg. CEE 2913/92). Tuttavia, il processo di evoluzione, avviato già dal 2001 con la rivisita-zione dei regimi doganali economici, in applicazione del Reg. CE 993/01, non po-teva più essere relegato a singoli interventi di aggiornamento. In ragione, infatti, dei mutati scenari comunitari ed internazionali, della scadenza del Trattato CECA, delle recenti adesioni di nuovi Paesi Membri e, soprattutto, dell’adesione da parte della Comunità Europea alla Convenzione Internazionale per la semplificazione e l’armonizzazione dei regimi doganali (Convenzione Riveduta di Kyoto), con deci-sione n. 2003/231/CE, si è imposta la necessità di procedere ad una totale, orga-nica, riconsiderazione dell’intero impianto doganale comunitario. Ciò considerato, il CDA, entrato in vigore dal 24 giugno 2009 dal quale ha preso le mosse il Codice Doganale Unionale ora in vigore25, aveva già orientato tutta la nuova disciplina nella direzione della più completa semplificazione dei regimi e del rapporto doganale. Tale prospettiva ha introdotto, ad esempio, la entusiasmante novità per la quale le dichiarazioni e le procedure elettroniche costituiscono ora la regola, mentre l’eventuale ricorso ai “vecchi” supporti cartacei resta un’eccezione.

23 Per effetto delle disposizioni del Trattato di Lisbona (13 dicembre 2007), che ha introdotto nuovi doveri in materia di delega di poteri e di concessione di poteri di esecuzione, il Reg. 450/08 è stato sottoposto ad un’attività di “recast” che porterà al varo dell’UCC (Union Customs Code). Si veda al riguardo il successivo Cap. 10. 24 Reg. UE n. 952/2013 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 9 ottobre 2013 che istitui-sce il Codice Doganale dell’Unione. 25 Reg. UE 952/2013 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 9 ottobre 2013 che istituisce il Codice Doganale Unionale (CDU).

Manuale di diritto e pratica doganale

24 © Wolters Kluwer Italia

Del resto, negli auspici della Commissione, l’obiettivo di plasmare un nuovo Codi-ce mirava alla creazione di “un ambiente semplificato e privo di supporti cartacei per le dogane ed il commercio”, al duplice scopo di consentire l’uso di tecnologie e strumenti moderni e di promuovere un’applicazione uniforme della normativa do-ganale in tutto il territorio comunitario. Peraltro, nella prospettiva di globale semplificazione, la nuova disciplina introdotta embrionalmente dal CDA non si è limitata a ridisegnare procedure più snelle per agevolare gli operatori, ma ha affidato definitivamente alle Dogane comunitarie un ruolo decisivo per accrescere la competitività dei Paesi e delle imprese. In questo contesto, è stata ulteriormente rafforzata la figura dell’Operatore Economico Au-torizzato - AEO, già introdotta nel 2006 (Reg. CE 1875/06), destinata a trarre il massimo vantaggio da un uso esteso della semplificazione, beneficiando di con-trolli doganali ridotti. L’Autorità doganale è stata quindi alleggerita dall’onere di eseguire controlli indifferenziati, potendo rivolgere l’attenzione nei confronti di chi non si qualificherà come soggetto affidabile. Osservando i contenuti particolari introdotti dal CDA e poi trasfusi nel CDU, se ne rileva innanzitutto la più asciutta configurazione rispetto alla disciplina recata dal tradizionale CDC che, testimoniando l’avvenuta semplificazione, ha opposto ai 253 articoli della vecchia stesura un provvedimento di soli 188. Tra le novità dei profili generali, proposti nel Titolo I, si deve evidenziare: il riconoscimento dato all’Autorità doganale il cui ruolo generale, non più de-

sunto dalla portata delle singole disposizioni, viene espressamente celebrato nell’art. 2 e coniuga l’esigenza della tutela degli interessi finanziari e di sicurezza con la necessità di contemperare un equilibrio adeguato fra i controlli doganali e l’agevolazione degli scambi legittimi;

la rivisitazione della rappresentanza doganale, cha amplia la portata del rappor-to tra rappresentante e rappresentato;

le peculiarità dello status di AEO, con la previsione di rilevanti, irrinunciabili, opportunità per chi acquisirà tale qualifica;

la modificata impostazione delle informazioni vincolanti, in materia tariffaria e di origine. In particolare, a differenza di quanto previsto dal vecchio Codice, le decisioni della Dogana obbligheranno anche il destinatario, e non più solo l’Autorità doganale. Entrambe saranno valide per un periodo di tre anni;

l’assoluta novità dell’art. 21 (ora all’art. 42 del CDU) in ordine al quale ciascuno Stato Membro, in caso di violazione della normativa doganale, deve prevedere sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive.

Relativamente ai profili sostanziali per l’applicazione dei dazi, il CDA aveva so-stanzialmente confermato i principi già in vigore per quanto concerne, rispettiva-mente, la classificazione delle merci e la determinazione del valore. In materia di acquisizione dell’origine, invece, l’art. 36 del Reg. CE 450/08 aveva stravolto - in

Diritto comunitario e disciplina doganale 1.

© Wolters Kluwer Italia 25

un tentativo di eccessiva semplificazione - l’impostazione adottata dal vecchio CDC. Infatti, la stessa norma, nel descrivere i casi in cui alla formazione di un prodotto concorrano due o più Paesi, aveva identificato come rilevante solo il luo-go dell’ultima trasformazione sostanziale, senza prevedere alcuna altra condizione (come era previsto dall’art. 24 del CDC). Nel CDU, all’art. 6026, è stata infine confermata la tradizionale disciplina che acco-sta alla circostanza della ultima trasformazione o lavorazione sostanziale anche le condizioni recate dal CDC. Quanto al rapporto doganale: è stata introdotta la formula della “dichiarazione sommaria”, da presentare me-

diante un procedimento informatico, prima dell’arrivo delle merci in dogana. Tale dichiarazione dovrà contenere una firma elettronica o un altro mezzo di autenticazione;

per via telematica, è stata prevista la possibilità di presentare anche tutti i do-cumenti a corredo della dichiarazione, previa autorizzazione. Diversamente, in luogo della presentazione della documentazione di riferimento, è stato stabilito che la Dogana può accettare di accedere ai relativi dati nel sistema informatico dell’operatore economico;

è stata introdotta l’opzione dello “sdoganamento centralizzato” (assimilabile all’attuale procedura di domiciliazione) in base alla quale le Autorità doganali potranno autorizzare gli operatori a presentare una dichiarazione presso l’Ufficio competente del luogo in cui l’interessato è stabilito anche per le merci presentate fisicamente presso un altro Ufficio della Comunità.

Alla telematizzazione del rapporto, in termini di semplificazione, si è sovrapposta la drastica rimodulazione dei regimi sospensivi ed economici, definiti “speciali”, e proposti in sole quattro distinte declinazioni: il transito, esterno ed interno; il deposito, che comprende la custodia temporanea, il deposito doganale e le

zone franche; l’uso particolare, che comprende l’ammissione temporanea e l’uso finale; il perfezionamento, attivo e passivo, nella cui configurazione transita l’attuale

previsione della trasformazione sotto controllo doganale, non più espressamen-te contemplata.

26 Art. 60, par. 2 del CDU: “Le merci alla cui produzione contribuiscono due o più Paesi o territori sono considerate originarie del Paese o territorio in cui hanno subito l’ultima trasformazione o lavorazione sostanziale ed economicamente giustificata, effettuata presso un’impresa attrezzata a tale scopo, che si sia conclusa con la fabbricazione di un prodotto nuovo o abbia rappresentato una fase importante del processo di fabbricazione”.

Manuale di diritto e pratica doganale

26 © Wolters Kluwer Italia

In definitiva, la nuova impostazione propugnata dal CDA e trasfusa nel CDU ha prospettato la possibilità per gli operatori di dare una svolta organizzativa alle ope-razioni di import/export, eliminando ogni supporto cartaceo, centralizzando le attivi-tà di sdoganamento, riducendo sensibilmente l’incidenza dei controlli. Parimenti, con la nuova impostazione data dalla corrente disciplina, il lavoro delle Autorità è stato facilitato per effetto della possibilità di avvalersi di migliori strumenti di co-noscenza dei traffici (e degli operatori autorizzati) e consentirà agli Uffici di meglio sostenere gli scambi legittimi che dovranno essere agevolati. Peraltro, con riguardo all’operatività italiana, la determinazione del legislatore co-munitario di riscrivere l’intera disciplina, a maggior ragione dopo la “refusione” operata con il Reg. UE 952/2013, potrebbe auspicabilmente preludere ad analoga iniziativa del legislatore nazionale per allineare le ormai quarantennali disposizioni del vecchio TULD (DPR n. 43/1973) al nuovo scenario armonizzato. Del resto, la chiave di lettura della nuova piattaforma regolamentare comunitaria introdotta con il CDA, disegnata per “modernizzare” il contesto doganale (il nuo-vo Codice, presentato il 22 luglio del 2004 con il documento TAXUD/458/2004, fu appunto denominato New Modernized Customs Code), pur nascendo da un’originaria esigenza di sicurezza negli scambi internazionali, si è evoluta nella prospettiva di premiare gli operatori virtuosi e contribuire all’accrescimento della competitività dell’Unione Europea nel mercato globale. Tale competitività deve essere egualmente assicurata su tutto il territorio della UE per non creare disparità di trattamento nei diversi Stati membri. Il CDA ha rappresentato certamente una grande occasione per l’intero processo di evoluzione della disciplina doganale unionale, poiché - a condizione che se ne col-gano le diverse opportunità - consente di ottimizzare i rapporti internazionali, mi-nimizzando i costi e riducendo i tempi di “passaggio” in dogana. Ad ogni buon conto, la novità forse più grande risiede nel fatto che all’Autorità doganale viene ora formalmente affidato il ruolo di prezioso partner di riferimento e sostegno per la competitività dell’intera comunità commerciale comunitaria.

1.4.5 Il Codice Doganale dell’Unione (CDU)

Gli operatori economici dell’Unione Europea avevano riposto molte aspettative nella piena operatività del CDA, introdotto nell’ordinamento comunitario con Reg. CE 450/2008. Nella versione inglese, era stato definito Codice Doganale Modernizzato (MCC - Modernised Customs Code), in ragione di una marcata semplifi-cazione dei contenuti tecnici e dispositivi che avevano proposto un testo recante una più agevole rappresentazione delle singole disposizioni e delle relative proce-dure.

Diritto comunitario e disciplina doganale 1.

© Wolters Kluwer Italia 27

La determinazione del legislatore comunitario si era mossa su due direttrici princi-pali: assicurare una migliore intellegibilità delle singole disposizioni a beneficio della

interpretazione delle norme nella prospettiva di ridurre contestazioni e contrasti tra dogane e operatori;

garantire una piena applicazione della piattaforma paperless al fine di informatiz-zare ogni rapporto e procedura.

Come innanzi rilevato, il CDA era stato pubblicato in GUUE il 4 giugno del 2008. Alcune delle disposizioni erano entrate in vigore già dal 24 giugno 200827. Tutte le altre disposizioni sarebbero state applicabili dal momento dell’adozione delle (nuove) disposizioni di applicazione28. Come termine ultimo, per la piena operati-vità della nuova piattaforma regolamentare, era stato individuato il 24 giugno 2013. Tuttavia, per effetto di un mutato scenario comunitario, il CDA è divenuto obso-leto prima ancora di poter entrare pienamente in vigore. Vediamo perché.

1. Lo scenario

La legislazione doganale europea, anche con l’adozione del CDA; è rimasta affida-ta a due Regolamenti fondamentali: il Reg. CEE n. 2913/92 del Consiglio del 12 ottobre 1992 (Codice Doganale Comunitario - CDC) ed il Reg. CEE n. 2454/93 della Commissione (Disposizioni di applicazione al Codice Doganale Comunitario - DAC). Il CDA, adottato nel 2008, è stato varato con il dichiarato obiettivo di introdurre significative semplificazioni all’interno delle procedure doganali e porre in essere una riforma di modernizzazione per le disposizioni in materia di diritto doganale. Il principale obiettivo della riforma era la semplificazione procedurale a favore di una gestione sempre più informatizzata dell’intero rapporto doganale, anche allo scopo di un migliore controllo dei flussi di merci che si muovono da e per l’Unione. Già il documento di introduzione al nuovo regolamento29, infatti, rilevava la man-canza (ad eccezione del sistema di transito computerizzato - NCTS) di un sistema standard di impiego delle procedure informatiche a discapito di un efficiente appu-ramento doganale e di controlli effettuati sulla base di un’analisi di rischio adegua-ta.

27 Si veda, al riguardo, l’art. 188 del Reg. 450/2008. 28 In sostituzione delle disposizioni di applicazione recate dal Reg. CEE 2454/93, DAC, poi abrogate con l’entrata in vigore del CDU. 29 TAXUD/458/2004 - Rev 4.

Manuale di diritto e pratica doganale

28 © Wolters Kluwer Italia

Tale status quo era anche contrario alla politica di facilitazione del traffico interna-zionale (Doha Round) e al rafforzamento della sicurezza al confine esterno della Comunità. Nel documento veniva, inoltre, precisato che non era percorribile la soluzione di una parziale rivisitazione del CDC, ritenuta non adeguata perché avrebbe perpe-tuato l’attuale complesso sistema di procedure e delle relative regole ormai obsole-te. La premessa descriveva, altresì, quali i riflessi, positivi e negativi, della nuova ver-sione del provvedimento. Tra i positivi, si annoveravano: la semplificazione delle procedure; la maggiore competitività tra i fornitori di servizi doganali nella Comunità, per

effetto degli interventi di armonizzazione; l’adozione di garanzie comuni per l’uso di distinte procedure, valide in tutta la

Comunità; l’impiego di procedure pan-europee per imprese che esercitano la propria attivi-

tà su base comunitaria; una migliorata trasparenza e maggiore uniformità nell’applicazione delle regole

doganali; una migliore allocazione delle risorse umane nell’area dell’analisi di rischio, au-

mentando la sicurezza e riducendo i rischi di irregolarità. Tra i negativi, era evidenziato il costo del cambiamento dei sistemi elettronici per l’impiego delle nuove procedure. Si menzionava anche l’ipotesi di minori opportu-nità di lavoro nei Paesi ove un certo tipo di rappresentanza doganale (diretta), tut-tora lasciata a customs broker residenti e registrati, sarebbe divenuta esperibile da ogni operatore privato, senza la necessità di intermediario abilitato. Tra le novità più significative del documento preliminare, di rilievo il Titolo I che descriveva la “missione” delle dogane (innovazione assoluta) auspicando, in parti-colare, un rapporto di cooperazione tra queste ultime e gli operatori economici coinvolti nel commercio internazionale, al fine di contribuire alla competitività sul mercato globale. Tale innovazione dava già la percezione di una scommessa che si presentava come epocale che propugnava un nuovo ruolo da affidare all’amministrazione doganale, messa in posizione di supporto dell’impresa e non di ostacolo. A testimonianza dell’orientamento alla semplificazione, nel secondo paragrafo dell’art. 1 si imponeva alle dogane comunitarie di usare supporti informatici per

Diritto comunitario e disciplina doganale 1.

© Wolters Kluwer Italia 29

agevolare il passaggio delle merci con l’adozione dei nuovi principi di single window e one stop shop30, ripreso nell’art. 26 del Codice Doganale Aggiornato. Il CDA non è completamente entrato in vigore, in difetto del varo delle nuove di-sposizioni di attuazione. Di fatti, la gran parte delle disposizioni recate dal CDA, oltre a essere indissolubilmente legata alla operatività di quelle che avrebbero do-vuto divenire le nuove DAC, avrebbero necessitato di una serie di adeguamenti, al fine di garantire un’azione coordinata all’interno delle singole legislazioni degli Stati membri ed un’applicazione efficace ed uniforme. Il termine per l’attuazione del CDA, come già indicato, era stato fissato al 24 giu-gno 2013, ma ben prima il legislatore comunitario ha deciso di dedicarsi alla “refu-sione” del testo per giungere ad un provvedimento del tutto nuovo. L’ostacolo più rilevante era rappresentato dal fatto che i sistemi informatici che avrebbero dovuto assicurare la funzionalità delle procedure del CDA, garantendo il sistema paperless, non erano ancora stati elaborati o messi in atto. A questo riguardo, vale la pena ricordare cosa accadde nel 2007 con l’entrata in vi-gore del sistema ECS che colse impreparati per primi gli Uffici doganali che non riuscirono, almeno nei primi mesi di applicazione, a garantire un corretto appura-mento delle dichiarazioni di esportazione fatte con il sistema telematico a mezzo del codice MRN31. Inoltre, alle questioni meramente tecnico informatiche, peraltro tuttora in divenire, si è aggiunta la più complessa necessità di riformulare (attività di “recast”) lo stesso regolamento CE n. 450/2008 per una serie di diverse motivazioni. In particolare, nella proposta di regolamento del Parlamento Europeo e del Consi-glio del 20 febbraio 201232 erano state segnalate le ragioni per le quali si rendeva necessario procedere alla modifica di talune disposizioni del regolamento del 2008. Tale proposta fa richiamo espresso a quanto discusso tra tutte le parti coinvolte: il Consiglio, il Parlamento e gli operatori economici del Trade Contact Group.

30 Sul tema del one stop shop, di interesse, ai fini IVA, la proposta di sostituire l’attuale VIII Di-rettiva sui rimborsi IVA, COM (2004) 728 del 29 ottobre 2004. 31 Movement Reference Number. 32 COM(2012) 64 final.

Manuale di diritto e pratica doganale

30 © Wolters Kluwer Italia

2. Le motivazioni per le quali è necessario condurre un’azione di “recast” del regolamento n. 450/2008

2.1 Da un punto di vista giuridico All’indomani dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona33, sono subentrati nuovi doveri in materia di delega di poteri e di concessione di poteri di esecuzione. In particolare, il nuovo Codice Doganale (che non poteva più chiamarsi “Codice Doganale della Comunità Europea”, ed è stato infatti denominato “Codice Doga-nale dell’Unione”) ha dovuto: allinearsi a quanto disposto dagli artt. 290 e 291 del Trattato sul Funzionamen-

to dell’Unione (d’ora innanzi, TFUE), nonché a quanto prescritto dal regola-mento UE n. 182/2011 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 16 feb-braio 2011, che stabilisce regole e principi generali relativi alle modalità di con-trollo da parte degli Stati membri dell’esercizio delle competenze di esecuzione attribuite alla Commissione (Oggetto del regolamento, ex art. 1 del medesimo, è stabilire “le regole e i principi generali relativi alle modalità applicabili ove un atto giuridi-camente vincolante dell’Unione (“atto di base”) individui la necessità di condizioni uniformi di attuazione e richieda che l’adozione di atti di esecuzione da parte della Commissione sia soggetta al controllo degli Stati Membri)”;

riferirsi alle modifiche intervenute sulle DAC ad opera del Reg. CE n. 312/2009;

tener conto delle (possibili) modifiche del codice per l’evoluzione e lo sviluppo di altre aree di interesse, ad esempio, in campo di sicurezza aerea;

allinearsi a nuovi istituti, medio tempore venuti alla luce, tra i quali il deposito temporaneo e l’introduzione di una disposizione per invalidare le dichiarazioni sommarie in entrata e in uscita (queste disposizioni erano state recepite nel CDC e nelle DAC, ma non nel regolamento CE 450/2008).

Inoltre, sempre nella prospettiva del “recast”: sono state apportate modifiche redazionali al testo del regolamento 450/2008,

dal momento che presentava refusi od omissioni, riferimenti sbagliati, previsio-ni citate non nel punto appropriato della trattazione. Il nuovo testo è stato alli-neato ai nuovi termini che sono subentrati all’indomani del Trattato di Lisbona, a cominciare - come già detto - dall’uso di “Unione” invece di “Comunità Eu-ropea”;

33 Trattato di Lisbona che modifica il Trattato sull’Unione Europea e il trattato che istituisce la Comunità europea, firmato a Lisbona il 13 dicembre 2007 comparso sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione Europea C 306 del 17 dicembre 2007.

Diritto comunitario e disciplina doganale 1.

© Wolters Kluwer Italia 31

sono stati aggiornati tutti i riferimenti normativi che rimandano a disposizioni modificate o non più in vigore.

Nel dettaglio, per effetto dell’attività di “recast”, nel Codice Doganale dell’Unione, la fredda contabilità racconta che sono ora presenti ben 100 articoli in più (288 contro 188). In particolare, è il Capo 3 del Titolo IX (artt. 243 e 244) ad occuparsi del nuovo contesto procedurale. Infine, sono stati rivisti, ovviamente, anche i “considerando”, per tener conto delle modifiche intervenute.

2.2 Dal punto di vista tecnico-operativo Il CDU, nella stesura definitiva che rappresenta dunque l’evoluzione del CDA, nel-la sua piena operatività (dal 1° maggio 2016) potrà dispiegarsi secondo gli auspici solo se sarà debitamente supportato dalle autorità doganali nazionali e dagli opera-tori economici. Ciò richiede una complessa messa a punto di azioni tra gli Stati membri, gli operatori commerciali, l’Unione e la Commissione. In particolare, gli investimenti in nuove strumentazioni richiederanno uno sforzo senza precedenti da parte delle imprese che dovranno impegnarsi ad operare secondo nuovi modelli di business (Business Process Modelling - BPM). Inoltre, al fine di poter rendere operative tutte le auspicate innovazioni propugnate dal nuovo testo, occorrerà ottemperare alle esigenze di formazione per tutti gli operatori, con l’emanazione di specifiche linee guida e con lo stanziamento di ido-nei budget. Le nuove strutture operative, ed in particolare i sistemi tecnici ed informatici delle dogane degli Stati Membri, dovranno altresì tener conto delle nuove figure intro-dotte, tra cui: lo status di AEO (operatore economico autorizzato), le semplifica-zioni introdotte nel regime import/export (come la domiciliata), lo sdoganamento centralizzato.

1.5. L’UNIONE DOGANALE ED IL TERRITORIO DOGANALE COMUNITARIO

L’art. 23 (ex art. 9) del Trattato CE stabilisce che “la Comunità è fondata sopra un’unione doganale che si estende al complesso degli scambi di merci e importa il divieto, fra gli Stati membri, dei dazi doganali all’esportazione ed all’importazione e di qualsiasi tassa di effetto equivalente, come pure l’adozione di una tariffa dogana-le comune nei loro rapporti con i Paesi terzi”. In buona sostanza, quale evoluzione dell’area di libero scambio inizialmente istitui-ta in ambito CECA, l’unione doganale aggiunge alla misura del divieto di applicare dazi negli scambi interni anche l’impiego di una tariffa comune. Essa, a sua volta, attivata dall’1 gennaio 1968, ha rappresentato un passaggio in-termedio rispetto alla realizzazione dell’unione economica che consente la libertà di circolazione di persone, merci, servizi e capitali (si veda la tavola 1.3).

Manuale di diritto e pratica doganale

32 © Wolters Kluwer Italia

Tavola 1.3 - Il processo di integrazione economica

Tipologia Misure adottate

Soppressione tariffe interne

Adozione tariffa comune esterna

Libera circolazione di persone e capitali

Area di libero scambio SI NO NO Unione doganale SI SI NO Unione economica SI SI SI

Sin dai primi anni ‘80, i Paesi membri si determinarono a finalizzare il processo di integrazione con l’instaurazione dell’unione economica e, quindi, del mercato uni-co europeo. Le linee guida per la realizzazione di tale progetto furono proposte nel Libro Bian-co sul completamento del mercato interno, presentato dalla Commissione al Con-siglio Europeo di Milano del giugno 1985. L’obiettivo finale era quello di integrare tutti i singoli mercati interni dei Paesi membri con l’abbattimento delle barriere fisiche, tecniche e fiscali. Dal 1985, con l’abbattimento delle barriere fisiche interne venne adottato anche un formulario doganale per tutta la Comunità (Documento Amministrativo Unico - DAU). Il DAU ha concretamente rappresentato il passaggio da una gestione nazionale degli adempimenti burocratici, nei rapporti import ed export con Paesi terzi, ad una completa armonizzazione su base comunitaria. Il Codice Doganale Comunitario (Reg. CEE 12 ottobre 1992, n. 2913, art. 3/art. 4 nel CDU), circoscrive l’ambito territoriale di applicazione della disciplina di setto-re, precisando che il territorio doganale della Comunità comprende: il territorio del Regno del Belgio; il territorio del Regno di Danimarca, ad eccezione delle isole Faeroeer e della

Groenlandia; il territorio della Repubblica Federale di Germania ad eccezione dell’isola di

Helgoland e del territorio di Buesingen (Trattato del 23 novembre 1964 tra la Repubblica federale di Germania e la Confederazione elvetica);

il territorio del Regno di Spagna, ad eccezione di Ceuta e Melilla; il territorio della Repubblica ellenica; il territorio della Repubblica francese, fatta eccezione per i territori d’oltremare

e per Saint-Pierre e Miquelon e per Mayotte; il territorio dell’Irlanda; il territorio della Repubblica di Croazia;

Diritto comunitario e disciplina doganale 1.

© Wolters Kluwer Italia 33

il territorio della Repubblica italiana, ad eccezione dei Comuni di Livigno e di Campione d’Italia e delle acque nazionali del lago di Lugano racchiuse fra la sponda ed il confine politico della zona situata fra Ponte Tresa e Porto Ceresio;

il territorio del Granducato del Lussemburgo; il territorio del Regno dei Paesi Bassi in Europa; il territorio della Repubblica portoghese; il territorio del Regno Unito di Gran Bretagna34 ed Irlanda del Nord, le isole

Normanne e l’isola di Man; il territorio della Repubblica di Finlandia; il territorio del Regno di Svezia; il territorio della Repubblica Ceca; il territorio della Repubblica di Estonia; il territorio della Repubblica di Cipro; il territorio della Repubblica di Lettonia; il territorio della Repubblica di Lituania; il territorio della Repubblica di Ungheria; il territorio della Repubblica di Malta; il territorio della Repubblica di Polonia; il territorio della Repubblica di Slovenia; il territorio della Repubblica slovacca; il territorio della Repubblica di Bulgaria; il territorio della Romania. Tenuto conto della Convenzione ad esso applicabile e sebbene sia situato al di fuori del territorio della Repubblica francese, viene considerato come facente parte del territorio doganale della Comunità anche il territorio del Principato di Mona-co35. Per quanto concerne Cipro, i territori delle zone di sovranità del Regno Unito di Akrotiri e Dhekelia, quali definiti nel Trattato relativo all’istituzione della Repub-blica di Cipro36. Fanno parte del territorio doganale della Comunità le acque territoriali, le acque marittime interne e lo spazio aereo degli Stati membri e dei territori appena elenca-

34 Nonostante l’esito del referendum del giugno 2016 con il quale la Gran Bretagna ha votato per la Brexit, il Regno Unito fa ancora formalmente parte dell’Unione doganale. 35 Convenzione doganale firmata a Parigi il 18 maggio 1963 (Gazzetta Ufficiale della Repubbli-ca francese del 27 settembre 1963, p. 8679). 36 Firmato a Nicosia il 16 agosto 1960 (Regno Unito, Trattati, serie n. 4 - 1961 - Cmnd. 1252).

Manuale di diritto e pratica doganale

34 © Wolters Kluwer Italia

ti, ad eccezione delle acque territoriali, delle acque marittime interne e dello spazio aereo appartenenti a territori che non sono parte del territorio doganale della Co-munità. L’art. 3 del CDC identifica, quindi, il territorio doganale all’ingresso del quale sorge - di norma - l’obbligazione al pagamento del dazio di riferimento. Si deve tuttavia precisare che: non necessariamente, come evidenziato dallo stesso art. 3, il territorio politico

coincide con il territorio doganale; parimenti, la linea doganale non coincide con il confine politico dello Stato nel-

le ipotesi di territori extradoganali punti franchi e depositi franchi, che sono parte del territorio politico ma non di quello doganale.

1.6. L’ALLARGAMENTO AD EST

Con la conclusione del Consiglio UE di Copenaghen, il 13 dicembre 2002, è stato ufficializzato l’allargamento ad Est dell’Unione con la conseguente estensione del territorio doganale. L’allargamento ai Paesi dell’Europa Centrale ed Orientale (PECO), a Cipro, a Mal-ta e, in un prossimo futuro, alla Turchia è certamente un obiettivo storico dell’Unione Europea. Rappresenta, inoltre, un’occasione. Infatti, l’estensione dell’Unione, a oltre 100 mi-lioni di nuovi cittadini ha certamente favorito gli scambi e le attività economiche e sembra aver dato un nuovo slancio allo sviluppo e all’integrazione dell’economia europea nel complesso. L’adesione di nuovi Stati membri ha aumentato il peso e l’influenza dell’Unione sulla scena internazionale. La prima tornata di adesioni (Estonia, Lituania, Lettonia, Rep. Slovacca, Rep. Ce-ca, Cipro, Malta, Ungheria, Polonia e Slovenia), è stata registrata il 1° maggio 2004, ed ha accresciuto di oltre un quarto la popolazione europea per raggiungere i quasi 500 milioni di cittadini. È appena il caso di ricordare che l’Accordo sull’accesso dei dieci Stati membri è stato preceduto dall’inclusione degli stessi nello Spazio Economico Europeo (SEE)37. Il SEE, creato nel 1994, costituisce un singolo mercato tra gli Stati membri dell’UE ed Islanda, Lichtenstein e Norvegia. La questione principale delle negoziazioni, iniziate il 9 gennaio 2003, fu incentrata sull’aumento della contribuzione finanziaria dei Paesi SEE - EFTA per attenuare le disparità strutturali e sociali nel mercato interno “allargato”.

37 Bruxelles, IP/03/818, 10 giugno 2003.

Diritto comunitario e disciplina doganale 1.

© Wolters Kluwer Italia 35

La coesione economica e sociale dell’UE è divenuta infatti una sfida ancor più im-portante a seguito dell’allargamento del 2004. Islanda, Lichtenstein e Norvegia (anche conosciuti come “Paesi SEE - EFTA”) sono stati invitati a contribuire, nella prospettiva di un aumento dei costi che gli Stati membri della UE avrebbero sostenuto per realizzare e finanziare l’allargamento, nonché considerando i vantaggi che gli stessi Paesi SEE - EFTA avrebbero ricevuto accedendo ad un mercato allargato, con circa 75 milioni in più di consumatori. È stato stabilito che i Paesi SEE - EFTA avrebbero contribuito con 600 milioni di euro, in un periodo di cinque anni, al meccanismo finanziario del SEE per attenua-re le disparità sociali ed economiche nei dieci nuovi Stati membri ed in Portogallo, Spagna e Grecia. I fondi sono stati destinati a progetti rivolti ad aree come l’ambiente, l’utilizzo e la gestione ottimale delle risorse, il patrimonio culturale, la gestione delle risorse umane e l’assistenza sanitaria e pediatrica (ciò, in base ai se-guenti valori distributivi, basati sulla combinazione dei parametri ricchezza e popo-lazione: Grecia 5,71%; Spagna 7,64%; Portogallo 5,22%; Cipro 8,09%; Repubblica Ceca 8,09%; Estonia 1,68%; Ungheria 10,13%; Lituania 4,50%; Lettonia 3,29%; Malta 0,3%; Polonia 46,80%; Slovenia 1,02%; Slovacchia 5,39%). La Norvegia si è impegnata a fornire, inoltre, 567 milioni di euro, sempre in cinque anni, grazie a uno strumento finanziario bilaterale, che è strettamente coordinato con il meccani-smo finanziario del SEE, ma mirato a facilitare l’integrazione dei nuovi Stati mem-bri nel mercato interno. Durante le negoziazioni, una delle priorità, specialmente per Islanda e Norvegia, è stata la necessità di fissare i criteri per la continuazione del commercio di prodotti marini con i Paesi aderenti anche dopo l’allargamento. I risultati generali delle negoziazioni hanno permesso di trovare soluzioni soddi-sfacenti anche per ciò che concerne, nella fase di transizione, i prodotti agricoli, i prodotti agricoli lavorati e gli accordi speciali del Lichtenstein in merito alla libera circolazione delle persone. Ad oggi, anche a seguito del recente ingresso di Bulgaria e Romania - dal 1° gen-naio 2007 - e della Croazia - dal 1° luglio 2013 - in punto di diritto doganale, si de-ve registrare che il macroterritorio comunitario è davvero un esempio di completa armonizzazione, sostanziale e procedurale. Il risultato evidente, come peraltro già fu in passato con i primi processi di integra-zione che portarono all’embrione dell’unione doganale, è rappresentato dall’abolizione di ogni ostacolo e la circolazione delle merci ne ha positivamente risentito. Tutte le amministrazioni dei nuovi Paesi membri sembrano aver positivamente ammortizzato la nuova dimensione comunitaria con riflessi sulla semplificazione dei rapporti commerciali. Restano, purtroppo, tuttora non ancora armonizzate,

Manuale di diritto e pratica doganale

36 © Wolters Kluwer Italia

tutte le tematiche relative alla gestione dei rapporti fiscali intracomunitari con rife-rimento alla normativa IVA. Questa ultima, infatti, nonostante i tentativi di omo-geneizzazione per effetto delle direttive di riferimento, stenta a delinearsi come un’effettiva disciplina armonizzata, pagando ancora significativi gap in termini di applicazione sull’Europa a 27. Si auspica davvero che, come per la fiscalità dogana-le, anche in tema di IVA, il legislatore comunitario riesca a trovare adeguate solu-zioni di semplificazione ed uniformità.

1.7. LE RISORSE PROPRIE ED IL BILANCIO COMUNITARIO

Dal 1° gennaio 1968, le Comunità Europee predispongono un bilancio generale unico38, in cui è riportato lo stato delle entrate e delle uscite con riferimento al pe-riodo temporale 1° gennaio - 31 dicembre di ogni anno. Con l’entrata in vigore del Trattato di Maastricht che ha formalmente istituito l’Unione Europea (fondata sulle tre Comunità: Comunità Europea - CE, Comuni-tà Economica del Carbone e dell’Acciaio - CECA, Comunità Europea dell’Energia Atomica - Euratom), tale documento ha assunto la denominazione di bilancio ge-nerale dell’Unione Europea. Quale struttura contabile di consuntivo, il bilancio riporta - in euro - tutte le entra-te e le spese dell’Unione Europea la quale si distingue dalle altre organizzazioni in-ternazionali per una importante caratteristica, comunemente indicata come “auto-nomia finanziaria”. Prima del 1970, ogni Stato membro versava alla Comunità un contributo stabilito secondo un criterio d’imposizione percentuale. Con decisione 70/243 del Consiglio del 21 aprile 1970, fu data originaria attuazio-ne al disposto di cui al vecchio art. 201 del Trattato di Roma del 25 marzo 1957 che, testualmente, disponeva: “La Commissione studierà a quali condizioni i con-tributi finanziari degli Stati membri di cui all’art. 200, potrebbero essere sostituiti con risorse proprie e in particolare con entrate provenienti dalla tariffa doganale comune dopo la definitiva instaurazione di quest’ultima...”. Con la richiamata decisione fu, pertanto, introdotto un sistema di finanziamento autonomo e diretto delle Comunità Europee, che hanno avuto nel tempo la possi-bilità di disporre, quindi, di entrate indipendenti rispetto alle finanze dei singoli Stati membri e che vengono qualificate come “risorse proprie”. Nella nuova stesura del Trattato, all’art. 269, viene stabilito che “il bilancio, fatte salve le altre entrate, è finanziato integralmente tramite risorse proprie (…)”. Queste vengono indistintamente utilizzate per il finanziamento di tutte le spese ge-stite dalle Comunità, consistenti, principalmente, nei finanziamenti necessari a ga- 38 Cfr. circolare 21 giugno 1996, n. 180000 del Comando Generale della Guardia di Finanza.

Diritto comunitario e disciplina doganale 1.

© Wolters Kluwer Italia 37

rantire il perseguimento degli obiettivi previsti nel quadro delle singole “politiche comunitarie”. Le “risorse proprie” sono costituite dalle entrate provenienti da: prelievi, supplementi, importi supplementari o complementari, importi o ele-

menti addizionali ed altri diritti fissati o da fissare dalle istituzioni delle Comuni-tà sugli scambi con i Paesi non membri nel quadro della Politica Agricola Co-mune, nonché contributi ed altri diritti previsti nell’ambito dell’organizzazione comune nei mercati nel settore degli zuccheri;

dazi delle tariffa doganale comune ed altri diritti fissati o da fissare sugli scambi con Paesi non membri;

altri tributi eventualmente previsti nel quadro della politica comune, confor-memente ai dettami contenuti nei Trattati istitutivi.

Fra le voci sopra indicate assumono particolare importanza i prelievi agricoli e i dazi doganali. I primi rappresentano le forme d’imposizione che colpiscono i prodotti agricoli originari dei Paesi non aderenti all’Unione, all’atto dell’importazione nel territorio di uno Stato membro ed assolvono, di fatto, una funzione compensativa, al dupli-ce scopo di “allineare” i prezzi di tali prodotti con quelli del mercato interno e di apportare correttivi alle fluttuazioni dei prezzi che intervengono su scala mondiale. I dazi doganali, invece, vengono applicati all’atto dell’importazione nel territorio della Comunità di ogni altro genere di merce proveniente da un Paese extracomu-nitario, inserito nella tariffa doganale d’uso integrata. Più in generale, tanto i prelievi quanto i dazi sono riscossi non solo in occasione delle operazioni di importazione, ma in tutti i casi in cui i prodotti in questione vengano destinati, all’interno dell’Unione, ad uno dei regimi doganali previsti dal Codice Doganale Comunitario. Entrambi sono tecnicamente qualificati dalla legislazione nazionale - l’art. 34 del TULD - “diritti di confine”, rientranti nella più ampia categoria dei “diritti dogana-li”, la cui riscossione è demandata, in relazione alle operazioni doganali, ai funzio-nari dell’Agenzia delle Dogane. Per quanto concerne le altre risorse proprie, diverse dai dazi e dai prelievi: i supplementi, gli importi supplementari o complementari, gli importi o gli ele-

menti addizionali e gli altri diritti fissati o da fissare dalle istituzioni europee re-lativamente agli scambi con i Paesi non membri nel quadro della Politica Agri-cola Comune, assolvono, sostanzialmente, alle stesse funzioni dei “prelievi”, ma sono caratterizzati da una maggiore tendenza “protezionistica” del mercato interno, con riferimento a particolari prodotti. Anche tali importi rientrano, quindi, nel contesto dei diritti doganali la cui ge-stione, sul piano interno, è demandata alle dogane;

Manuale di diritto e pratica doganale

38 © Wolters Kluwer Italia

i contributi e gli altri diritti previsti nell’ambito dell’organizzazione comune dei mercati nel settore degli zuccheri, consistono in una particolare forma di prelie-vo che grava sulla sovrapproduzione di tale prodotto e dell’isoglucosio. In Italia, vengono riscossi dall’Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura - AGEA - per il successivo versamento alle casse comunitarie, previa detrazione forfetaria del 10% degli importi a titolo di spese amministrative e di riscossione. Il complesso delle entrate comunitarie rappresentate dai prelievi agricoli, dagli importi supplementari sopra definiti, dai dazi doganali e dai contributi sullo zucchero, viene comunemente indicato con l’espressione “risorse proprie tradi-zionali”, a dimostrazione dell’importanza storica di tali componenti nell’ambito del sistema di finanziamento autonomo dell’Unione;

gli altri tributi eventualmente istituiti conformemente alle disposizioni dei Trat-tati istitutivi delle Comunità Europee, costituiscono, invece, una categoria “re-siduale” o “aperta”, potendo ricomprendere ogni altra forma di finanziamento diretto dell’Unione, purché compatibile con le disposizioni dei predetti Trattati.

In questo contesto, vale la pena di ricordare, la richiamata decisione 70/243 ri-comprese fra le “risorse proprie”39 comunitarie quelle provenienti dall’imposta sul valore aggiunto, ottenute mediante l’applicazione di un tasso percentuale applicato ad una base imponibile determinata in modo uniforme per gli Stati membri, se-condo norme comunitarie. La decisione 85/257/CEE, Euratom del Consiglio del 7 maggio 1985 - modificata, da ultimo, dalle disposizioni dell’Atto Unico Europeo - ha determinato nella misu-ra dell’1,4% il limite, per ogni Stato membro, dell’aliquota applicata all’imponibile in materia di imposta sul valore aggiunto. Il sistema delineato ha subìto profonde modifiche a partire dal 1988, allorquando le Istituzioni comunitarie, in vista del completamento del Mercato Unico Europeo - all’epoca previsto entro il 31 dicembre 1992 - hanno avvertito la necessità di do-tare le Comunità di entrate sulle quali fare stabile affidamento per garantire il pieno funzionamento delle politiche comuni. Con la decisione del Consiglio 88/376/CEE, Euratom del 24 giugno 1988, che non ha variato le regole concernenti le “risorse proprie tradizionali”, sono state apportate profonde innovazioni a quelle rientranti nella categoria “aperta” degli “altri tributi”. In sostanza, affluiscono al bilancio della Comunità, oltre ai prelievi agricoli e ai da-zi doganali le entrate provenienti dall’applicazione:

39 Si veda al riguardo “il meccanismo delle risorse proprie” su: http://europa.eu/legislation_summaries/budget/l34011_it.htm

Diritto comunitario e disciplina doganale 1.

© Wolters Kluwer Italia 39

di un’aliquota uniforme per tutti gli Stati membri, sull’imponibile IVA determi-nato anch’esso in modo uniforme per gli Stati stessi, secondo regole comunita-rie. Le risorse provenienti dall’IVA vengono introdotte dalla decisione del 21 aprile 1970 per integrare le risorse proprie tradizionali, che più non bastano a finan-ziare il bilancio comunitario. Dopo una serie di rinvii giustificati dalla necessità di garantirne l’armonizzazione, questa terza categoria di risorse, assai comples-sa, viene attuata per la prima volta nel 1980 e risulta dall’applicazione di un’aliquota a un imponibile uniforme. Nel periodo 1988-1994, l’imponibile è li-vellato al 55% del Prodotto Nazionale Lordo (PNL) degli Stati membri; dal 1995, è limitato al 50% del loro PNL per gli Stati membri il cui PNL pro capite è inferiore al 90% della media comunitaria. Tra il 1995 e il 1999, tale livellamento viene progressivamente esteso e si applica ora a tutti gli Stati membri in via progressiva. La decisione del 1970 fissa l’aliquota massima di prelievo all’1% di un imponi-bile determinato. La seconda decisione “risorse proprie” del 7 maggio 1985 porta l’aliquota all’1,4% dal 1° gennaio 1986, in coincidenza con l’adesione di Spagna e Portogallo. L’incremento doveva servire a finanziare i costi dell’allargamento. La quarta decisione “risorse proprie” del 31 ottobre 1994 predispone invece un ritorno progressivo all’aliquota dell’1% nel periodo 1995-1999, motivato da esigenze di equità;

di un’aliquota - da determinarsi nel quadro delle procedure di bilancio, tenuto conto di tutte altre entrate - sulla somma dei Prodotti Nazionali Lordi di tutti gli Stati membri, definiti secondo norme comunitarie (c.d. “quarta risorsa”).

Queste ultime sono state impartite con la Direttiva 89/130/CEE, Euratom del 13 febbraio 1989 del Consiglio, in base alla quale il Prodotto Nazionale Lordo a prez-zi di mercato di ciascun Stato membro, deve essere calcolato sommando al Pro-dotto Interno Lordo a prezzi di mercato, i redditi da lavoro dipendente, quelli da capitale ed impresa ricevuti dal resto del mondo e sottraendo al valore così ottenu-to i flussi corrispondenti versati a Paesi extra-UE. Le istituzioni comunitarie sono nuovamente intervenute nella materia, apportando ulteriori modifiche al sistema di finanziamento delle risorse proprie. È stato, infatti, riscontrato come la struttura delle risorse proprie delineata dalla menzionata decisione 88/376, fosse particolarmente penalizzante per i Paesi meno prosperi - Portogallo, Spagna, Irlanda e Grecia - in quanto per questi ultimi - che, in generale, destinano gran parte del loro Prodotto Nazionale Lordo al consumo - l’imponibile IVA è risultato maggiore rispetto a quello di altri Stati economicamen-te più prosperi. In tale ottica, il Protocollo sulla Coesione Economica e Sociale al Trattato istituti-vo dell’Unione Europea ha affermato l’intenzione di “tener maggiormente conto

Manuale di diritto e pratica doganale

40 © Wolters Kluwer Italia

della capacità contributiva dei vari Stati membri nel sistema delle risorse proprie e di esaminare, per gli Stati membri meno prosperi, i mezzi di correzione degli ele-menti di regressività esistenti nell’attuale sistema”. Sulla base di tali indicazioni, in sede di Consiglio Europeo di Edimburgo del di-cembre 1992, sono state apportate notevoli innovazioni in materia di finanze co-munitarie; a partire dall’1 gennaio 1995, il sistema è quindi basato sulle seguenti ri-sorse proprie: risorse proprie tradizionali (prelievi agricoli, contributi zucchero e dazi dogana-

li): immutate; risorse IVA: il massimale dell’aliquota uniforme è passato, progressivamente,

dall’anno 1995 all’anno 1999, dall’1,4% all’1%. Per i Paesi meno prosperi (Spa-gna, Portogallo, Irlanda e Grecia) l’effetto regressivo dell’IVA è stato ridotto limitandone l’apporto al 50% del proprio PNL. Per gli altri Paesi, la limitazione è stata graduale passando dal 55% al 50% nel periodo 1995-1999. Secondo quanto stabilito nel corso del Consiglio europeo di Berlino (24-25 marzo 1999) il suddetto tasso è passato allo 0,75% nel 2002 e allo 0,5% nel 2004 ad oggi, ali-quota massima al livello attuale, armonizzata e livellata.

risorsa complementare PNL: immutata. Contestualmente, sono stati fissati i massimali delle risorse proprie in percentuale dei PNL di tutti i Paesi della Comunità Europea per gli anni dal 1993 al 1999, co-me segue: 1993: 1,20%; 1994: 1,20%; 1995: 1,21%; 1996: 1,22%; 1997: 1,24%; 1998: 1,26%; 1999: 1,27%. Le modifiche sopra illustrate sono state sancite con decisione 94/728/CEE, Eura-tom del Consiglio del 31 ottobre 1994, abrogata (fatta salva la lett. b)) dalla deci-sione 2000/597/CE, Euratom del Consiglio del 29 settembre 2000 che ha adegua-to i massimali espressi come percentuale del PNL. Con la nuova decisione, il massimale delle risorse proprie è stato mantenuto all’1,27% (per il periodo 2000-2006) del PNL dell’UE. L’ampliamento ai nuovi membri ha reso necessario un adeguamento delle prospettive finanziarie. In sostanza, con le misure decise dal Consiglio di Edimburgo (sostanziale blocco in valore assoluto delle risorse tradizionali quali prelievi e dazi, riduzione della quo-ta di risorse proprie commisurata all’IVA), si è deciso di attribuire una maggiore ri-levanza alla risorsa complementare PNL. La decisione attuale sulle risorse proprie

Diritto comunitario e disciplina doganale 1.

© Wolters Kluwer Italia 41

estende al bilancio dell’UE l’applicazione del sistema europeo dei conti nazionali del 1995 (SEC 95), nel quale la nozione di Prodotto Nazionale Lordo (PNL) è so-stituita da quella di Reddito Nazionale Lordo (RNL). Con la nuova decisione, il PNL è quindi sostituito dal RNL per quanto concerne le risorse proprie. Per man-tenere tuttavia immutato l’importo delle risorse finanziarie messe a disposizione delle Comunità, il massimale delle risorse proprie in percentuale del RNL dell’UE è stato adattato ed equivale ora all’1,24% del RNL dell’UE. La risorsa RNL risulta dall’applicazione a una base imponibile, rappresentante la somma dei redditi nazionali lordi ai prezzi di mercato, di un’aliquota da fissare ogni anno nel quadro della procedura di bilancio ed è funzione dello scarto fra le spese e la somma di tutte le altre risorse di bilancio. La risorsa RNL costituisce la chiave di volta in quanto non solo finanzia la maggior parte del bilancio, ma de-termina anche il livellamento dell’imponibile IVA, la ripartizione del finanziamento della compensazione britannica e il massimale dell’importo globale delle risorse che la Comunità può percepire. Le risorse proprie sono accreditate ogni mese all’Unione dagli Stati membri su un conto “risorse proprie” acceso dalla Commissione, di norma presso la banca cen-trale nazionale. Le risorse proprie tradizionali sono iscritte ogni mese, man mano che vengono riscosse. Le risorse IVA e RNL, invece, sono messe a disposizione della Commissione il primo giorno feriale di ogni mese, nella misura di un dodice-simo dell’importo previsto nel bilancio comunitario. Per il fabbisogno specifico delle spese agricole, tuttavia, la Commissione può chiedere agli Stati membri di an-ticipare di uno o due mesi nel primo trimestre l’iscrizione delle somme previste come risorse IVA e/o RNL. Le risorse proprie tradizionali, inoltre, hanno subìto ulteriori modifiche e limita-zioni, per effetto del negoziato denominato “Uruguay Round”, la cui formale sti-pulazione è avvenuta nell’ambito della Conferenza di Marrakech del 15 aprile 1994. Questo Accordo - al quale l’Unione Europea ha partecipato unitariamente, attra-verso la Commissione - ha previsto, tra l’altro: l’istituzione dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC), avente spe-

cifiche attribuzioni per la vigilanza sul rispetto dell’intesa, la tutela delle regole di mercato e lo sviluppo degli scambi internazionali;

una disciplina uniforme del commercio dei prodotti agricoli, essenzialmente fondata sulla conversione in “dazi” dei principali tipi di ostacoli “paratariffari” ancora esistenti e sulla progressiva riduzione dei relativi importi nella misura del 36% in sei anni, nonché sul parallelo contenimento dei sussidi all’esportazione.

L’accertamento delle risorse proprie è demandato alla responsabilità degli Stati membri conformemente alle disposizioni legislative ed amministrative nazionali.

Manuale di diritto e pratica doganale

42 © Wolters Kluwer Italia

A seguito dell’accertamento e della concreta riscossione, gli importi relativi vengo-no iscritti “a credito”, da parte di ogni Stato, su apposito conto aperto a tale scopo, a nome della Commissione, presso il Dicastero del Tesoro o l’Organismo da esso designato. Un cenno a parte meritano le imposizioni sulla produzione di carbone e di acciaio che erano contemplate dall’art. 50 del Trattato CECA40 e definite annualmente con apposite decisioni della Commissione. Si trattava, infatti, di risorse comunitarie - di entità relativamente modesta - che non facevano parte del “bilancio generale dell’Unione Europea”, in quanto con-fluivano nel “bilancio operativo CECA”, caratterizzato da profili di specialità e au-tonomia. Le citate imposizioni - c.d. “prelievi CECA” - erano destinate a finanziare gli in-terventi in favore dell’industria carbonifera e siderurgica, comprese le connesse misure sociali. Da ultimo, si deve segnalare che è stato varato “L’Accordo interistituzionale sulla disciplina di bilancio e la sana gestione finanziaria”, concluso tra il Parlamento eu-ropeo (PE), il Consiglio e la Commissione il 2 dicembre 201341. L’Accordo con-tiene il quadro finanziario per il periodo 2014-2020 per dare attuazione alla disci-plina di bilancio. L’Accordo è inteso inoltre a migliorare lo svolgimento della pro-cedura annuale di bilancio e la cooperazione interistituzionale in materia di bilan-cio.

1.7.1 L’imposizione doganale

La nozione di diritto doganale è estremamente ampia e comprende tutti quei diritti che la doganale è tenuta a riscuotere in forza di una legge, in relazione alle opera-zioni doganali., di talché essa ricomprende ogni prestazione pecuniaria conseguen-te all’avverarsi di un fatto comunque rilevante per l’attività di dogana, ivi compresi i fatti che abbiano ad interessare le strutture organizzativo-amministrative della Pubblica amministrazione e per i quali il legislatore abbia previsto l’adempimento in dogana di una prestazione pecuniaria42.

40 Il Trattato CECA è scaduto il 23 luglio 2002. Con decisione n. 2002/595/CE del 19 luglio 2002, dei rappresentati dei governi degli Stati membri, riuniti in sede di Consiglio, i diritti e gli obblighi sorti a seguito degli Accordi internazionali conclusi dalla CECA sono assunti dalla Comunità Europea. 41 GUUE, 2013/C 373/01. 42 S. Fiorenza, “Dogana e tributi doganali”, in Digesto discipline giuridiche. Sezione commerciale, Vol. V, Milano, 1990, pag. 122.

Diritto comunitario e disciplina doganale 1.

© Wolters Kluwer Italia 43

Da tale constatazione, la dottrina fa discendere che nel genus dei diritti doganali si annoverano prestazioni pecuniarie aventi diverse caratteristiche e, fatta eccezione per taluni diritti43 (definiti di confine), non necessariamente di natura tributaria. È il DPR 23 gennaio 1973, n. 43 (Testo unico delle leggi doganali - TULD) a di-stinguere tra diritti doganali e diritti di confine. In particolare, l’art. 34 del TULD considera diritti doganali tutti quei diritti che la dogana è tenuta a riscuotere in forza di una legge, in relazione alle operazioni do-ganali. Fra i diritti doganali costituiscono diritti di confine i dazi all’importazione e quelli all’esportazione, i prelievi e le altre imposizioni all’importazione o all’esportazione previsti dai regolamenti comunitari e dalle relative norme di appli-cazione. La distinzione tra dazi e diritti consiste principalmente nella circostanza che i dazi hanno come presupposto l’importazione e/o l’esportazione definitiva ed hanno assolto storicamente una funzione regolativa dei flussi commerciali tra gli Stati, al fine di agevolare o proteggere i mercati nazionali, mentre i diritti connessi con l’espletamento delle operazioni doganali - diritti di magazzinaggio, di statistica e vi-sita sanitaria, sui servizi amministrativi - pur potendo assolvere indirettamente le funzioni proprie dei dazi doganali, trovano il loro presupposto nell’esistenza di uno specifico servizio reso all’operatore commerciale. Al riguardo, giova rilevare che, secondo un principio codificato in sede GATT, ogni onere relativo ad un servizio imposto da uno Stato all’atto o in dipendenza di un’operazione di importazione o esportazione, deve essere limitato all’ammontare del costo del servizio reso e non può rappresentare una protezione indiretta dei prodotti nazionali o un’imposizione di natura tributaria (art. 8 GATT, 1994). Rientrano nella nozione dei diritti doganali, in quanto dovuti in occasione del compimento di un’operazione doganale, anche le imposte indirette sul consumo, quali l’imposta sul valore aggiunto e le accise, applicate all’atto dell’importazione dei beni da un Paese terzo. I dazi doganali possono essere commisurati al valore (dazi ad valorem) oppure alla quantità (dazi specifici). I dazi ad valorem sono ormai di generale applicazione, men-tre i dazi specifici, commisurati alla quantità o alla misura dei beni, hanno più rara applicazione. Questi ultimi sono rappresentati da un valore fisso riferito all’unità di misura pre-vista e rappresentano uno strumento considerato iniquo, in quanto colpisce indi-scriminatamente sia l’oggetto di limitato valore che lo stesso bene ad elevata mani-fattura.

43 Quali, ad esempio, i dazi di importazione e quelli di esportazione, i prelievi e le altre imposi-zioni all’importazione o all’esportazione, i diritti di monopolio, le sovrimposte di confine, non-ché ogni altra imposta o sovrimposta di consumo a favore dello Stato.

Manuale di diritto e pratica doganale

44 © Wolters Kluwer Italia

È opinione comune che i dazi doganali rientrino nella generale classificazione delle imposte indirette di consumo, in quanto essi sono traslati economicamente sul consumatore.

1.8. L’ORGANIZZAZIONE MONDIALE DELLE DOGANE - OMD

L’Organizzazione Mondiale delle Dogane44 (World Customs Organization - WCO) è nata per evoluzione del Customs Co-operation Council nel 1952. È un organismo in-tergovernativo indipendente preposto a potenziare l’efficienza e l’efficacia delle amministrazioni doganali. Ad oggi, l’OMD rappresenta 179 amministrazioni doganali nel mondo che con-trollano circa il 98% del commercio globale. L’OMD, come centro globale di exper-tise doganale, è l’unica organizzazione internazionale con specifica competenza nel-le materie doganali che si definisce come “la voce della comunità doganale inter-nazionale”. L’organo di governo dell’OMD è il Consiglio che si affida alla competenza ed alle prerogative del Segretariato e ad una serie di comitati tecnici per compiere la pro-pria missione. Il Segretariato comprende oltre 100 funzionari internazionali, esperti e personale di supporto di diverse nazionalità. L’OMD è il luogo nel quale i delegati delle amministrazioni nazionali dei diversi Paesi Membri hanno modo di scambiare le loro diversificate esperienze. L’OMD offre ai suoi membri molteplici opportunità di interscambio attraverso Convention ed altri strumenti internazionali, come l’assistenza tecnica ed i servizi di training forniti sia direttamente dal Segretariato sia, in ogni caso, con la sua partecipazione. Il Segretariato, altresì, supporta attivamente i suoi Membri nelle loro attività per modernizzazione ed evoluzione delle rispettive amministrazioni doganali. Oltre al ruolo vitale giocato nello stimolare la crescita del legittimo commercio in-ternazionale, non va dimenticato che l’OMD svolge una funzione cruciale nella lotta alle attività illecite. Attraverso l’OMD le diverse amministrazioni doganali nel mondo hanno l’opportunità di confrontarsi e di costruire proficui rapporti di partnership.

44 www.wcoomd.org.

Diritto comunitario e disciplina doganale 1.

© Wolters Kluwer Italia 45

1.9. RIFERIMENTI NORMATIVI

Normativa comunitaria • il Reg. Delegato UE n. 2015/2446 (RD), della Commissione del 28 luglio 2015, che integra il Reg. UE n. 952/2013 in relazione alle modalità che specificano alcune disposizioni del CDU; • il Reg. di Esecuzione UE n. 2015/2447 (RE) della Commissione del 24 novembre 2015, recante modali-tà di applicazione di talune disposizioni del Reg. UE 952/2013 che istituisce il CDU; • il Reg. delegato n. 2016/341 della Commissione del 17 dicembre 2015 (rettificato dal Reg. UE n. 2016/398 della Commissione dell’8 aprile 2016) che integra il Reg. UE n. 952/2013 per quanto riguarda le norme transitorie relative a talune disposizioni del Codice Doganale dell’Unione nei casi in cui i pertinenti sistemi elettronici non sono ancora operativi e che modifica il Reg. delegato UE 2015/2446 della Com-missione; • Reg. UE n. 952/2013 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 9 ottobre 2013 che istituisce il Codice Doganale dell’Unione; • Reg. CEE 450/08 del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 aprile 2008, che istituisce il Codice Doganale Comunitario (Codice Doganale Aggiornato); • Reg. CEE 2454/93 della Commissione del 2 luglio 1993, che fissa talune disposizioni d’applicazione del Reg. CEE 2913/92 del Consiglio che istituisce il Codice Doganale Comunitario, e successive modifica-zioni. • Reg. CEE 2913/92 del Consiglio del 12 ottobre 1992, che istituisce il Codice Doganale Comunitario, e successive modificazioni; Successive modifiche • Reg. CE 214/07 della Commissione del 28 febbraio 2007, recante modifica del Reg. CEE 2454/93 che fissa talune disposizioni d’applicazione del Reg. CEE 2913/92 del Consiglio che istituisce il Codice Do-ganale Comunitario; • Reg. CE 1875/06 della Commissione del 18 dicembre 2006, che modifica il Reg. CEE 2454/93 che fissa talune disposizioni d’applicazione del Reg. CEE 2913/92 del Consiglio che istituisce il Codice Doganale Comunitario; • Reg. CE 1792/06 della Commissione, del 23 ottobre 2006, che adegua un certo numero di regolamenti e decisioni in materia di libera circolazione delle merci, libera circolazione delle persone, politica di concor-renza, agricoltura (normativa veterinaria e fitosanitaria), pesca, politica dei trasporti, fiscalità, statistiche, politica sociale e occupazione, ambiente, unione doganale e relazioni esterne, a motivo dell’adesione della Bulgaria e della Romania; • Reg. CE 402/06 della Commissione dell’8 marzo 2006, recante modifica del Reg. CEE 2454/93 che fis-sa talune disposizioni d’applicazione del Reg. CEE 2913/92 del Consiglio che istituisce il Codice Dogana-le Comunitario; • Reg. CE 215/06 della Commissione dell’8 febbraio 2006, recante modifica del Reg. CEE 2454/93 che fissa talune disposizioni d’applicazione del Reg. CEE 2913/92 del Consiglio che istituisce il Codice Do-ganale Comunitario e recante modifica del Reg. CE 2286/03; • Reg. CE 883/05 della Commissione del 10 giugno 2005, che modifica il Reg. CEE 2454/93 che fissa ta-lune disposizioni d’applicazione del Reg. CEE 2913/92 del Consiglio che istituisce il Codice Doganale Comunitario; • Reg. CE 837/05 del Consiglio del 23 maggio 2005, recante modifica del Reg. CEE 2454/93 della Com-missione che fissa talune disposizioni d’applicazione del Reg. CEE 2913/92 del Consiglio che istituisce il Codice Doganale Comunitario; • Reg. CE 648/05 del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 aprile 2005 che modifica il Reg. CEE 2913/92 del Consiglio che istituisce un Codice Doganale Comunitario; • Reg. CE 60/04 della Commissione del 14 gennaio 2004 recante misure transitorie nel settore dello zuc-chero in seguito all’adesione della Repubblica ceca, dell’Estonia, di Cipro, della Lettonia, della Lituania, dell’Ungheria, di Malta, della Polonia, della Slovenia e della Slovacchia; • Reg. CE 2286/03 della Commissione del 18 dicembre 2003 recante modifica del Reg. CEE 2454/93 che

Manuale di diritto e pratica doganale

46 © Wolters Kluwer Italia

fissa talune disposizioni d’applicazione del Reg. CEE 2913/92 del Consiglio che istituisce il Codice Do-ganale Comunitario; • Reg. CE 881/03 della Commissione del 21 maggio 2003, recante modificazione del regolamento CEE 2454/93 che fissa talune disposizioni d’applicazione del Reg. CEE 2913/92 che istituisce il Codice Doga-nale Comunitario; • Reg. CE 1335/03 della Commissione del 25 luglio 2003 recante modifica del regolamento CEE 2454/93 che fissa talune disposizioni d’applicazione del Reg. CEE 2913/92 del Consiglio che istituisce il Codice Doganale Comunitario; Reg. CE 444/02 della Commissione dell’11 marzo 2002, recante modificazione del Reg. CEE 2454/93 che fissa talune disposizioni d’applicazione del Reg. CEE 2913/92 del Consiglio che istituisce il Codice Doganale Comunitario. Reg. CE 993/01 della Commissione del 4 maggio 2001, recante modificazione del Reg. CEE 2454/93 che fissa talune disposizioni d’applicazione del Reg. CEE 2913/92 del Consiglio che istituisce il Codice Doganale Comunitario; Reg. CE 2787/00 della Commissione del 15 dicembre 2000, recante modificazione del regolamento CEE 2454/93 che fissa talune disposizioni d’applicazione del Reg. CEE 2913/92 del Consiglio che isti-tuisce il Codice Doganale Comunitario; Reg. CE 1602/00 della Commissione del 24 luglio 2000, recante modifica del regolamento CEE 2454/93 che fissa talune disposizioni d’applicazione del Reg. CEE 2913/92 del Consiglio che istituisce il Codice Doganale Comunitario; Reg. CE 1662/99 della Commissione del 28 luglio 1999, recante modificazione del regolamento CEE 2454/93 che fissa talune disposizioni d’applicazione del Reg. CEE 2913/92 del Consiglio che istituisce il Codice Doganale Comunitario; Reg. CE 502/99 della Commissione del 12 febbraio 1999, recante modificazione del regolamento CEE 2454/93 che fissa talune disposizioni d’applicazione del Reg. CEE 2913/92 del Consiglio che istituisce il Codice Doganale Comunitario; Reg. CE 46/99 della Commissione dell’8 gennaio 1999, recante modificazione del regolamento CEE 2454/93 che fissa talune disposizioni d’applicazione del Reg. CEE 2913/92 del Consiglio che istituisce il Codice Doganale Comunitario; Reg. CE 1677/98 della Commissione del 29 luglio 1998, recante modificazione del regolamento CEE 2454/93 che fissa talune disposizioni d’applicazione del Reg. CEE 2913/92 del Consiglio che istituisce il Codice Doganale Comunitario; Reg. CE 1203/98 della Commissione del 9 giugno 1998, che fissa i valori unitari per la determinazione del valore in dogana di talune merci deperibili; Reg. CE 999/98 della Commissione del 12 maggio 1998, che fissa i valori unitari per la determinazione del valore in dogana di talune merci deperibili; Reg. CE 75/98 della Commissione del 12 gennaio 1998, recante modificazione del regolamento CEE 2454/93 che fissa talune disposizioni d’applicazione del Reg. CEE 2913/92 del Consiglio che istituisce il Codice Doganale Comunitario; Reg. CE 1427/97 della Commissione del 23 luglio 1997, recante modificazione del regolamento CEE 2454/93 che fissa talune disposizioni d’applicazione del Reg. CEE 2913/92 del Consiglio che istituisce il Codice Doganale Comunitario; Reg. CE 89/97 della Commissione del 20 gennaio 1997, recante modificazione del regolamento CEE 2454/93 che fissa talune disposizioni d’applicazione del Reg. CEE 2913/92 del Consiglio che istituisce il Codice Doganale Comunitario; Reg. CE 12/97 della Commissione del 18 dicembre 1996, recante modificazione del regolamento CEE 2454/93 che fissa talune disposizioni d’applicazione del Reg. CEE 2913/92 del Consiglio che istituisce il Codice Doganale Comunitario; Reg. CE 2153/96 del Consiglio del 25 ottobre 1996, recante modificazione del regolamento CEE 2454/93 che fissa talune disposizioni d’applicazione del Reg. CEE 2913/92 del Consiglio che istituisce il Codice Doganale Comunitario;

Diritto comunitario e disciplina doganale 1.

© Wolters Kluwer Italia 47

Reg. CE 1676/96 della Commissione del 30 luglio 1996, recante modificazione del regolamento CEE 2454/93 che fissa talune disposizioni d’applicazione del Reg. CEE 2913/92 del Consiglio che istituisce il Codice Doganale Comunitario; Reg. CE 482/96 della Commissione del 19 marzo 1996, recante modificazione del regolamento CEE 2454/93 che fissa talune disposizioni d’applicazione del Reg. CEE 2913/92 del Consiglio che istituisce il Codice Doganale Comunitario; Reg. CE 1762/95 della Commissione del 19 luglio 1995, recante, modifica del regolamento CEE 2454/93 che fissa talune disposizioni d’applicazione del Reg. CEE 2913/92 del Consiglio che istituisce il Codice Doganale Comunitario; Reg. CE 3254/94 della Commissione del 19 dicembre 1994, recante modifica del regolamento CEE 2454/93 che fissa talune disposizioni d’applicazione del Reg. CEE 2913/92 del Consiglio che istituisce il Codice Doganale Comunitario; Reg. CE 2193/94 della Commissione dell’8 settembre 1994, recante modifica del Reg. CEE 2454/93 che fissa talune disposizioni d’applicazione del Reg. CEE 2913/92 del Consiglio che istituisce il Codice Doganale Comunitario; Reg. CE 1500/94 del Consiglio del 21 giugno 1994, recante modificazione del Reg. CEE 2454/93 che fissa talune disposizioni d’applicazione del Reg. CEE 2913/92 del Consiglio che istituisce il Codice Do-ganale Comunitario; Reg. CE 655/94 della Commissione del 24 marzo 1994, recante modifica del Reg. CEE 2454/93 che fissa talune disposizioni d’applicazione del Codice Doganale Comunitario per quanto riguarda il Docu-mento Amministrativo Unico e i codici da utilizzare; Reg. CE 3665/93 della Commissione del 21 dicembre 1993 recante modifica del Reg. CEE 2454/93 della Commissione del 2 luglio 1993, che fissa talune disposizioni d’applicazione del Reg. CEE 2913/92 del Consiglio che istituisce il Codice Doganale Comunitario. Normativa nazionale DL 4 luglio 2006 n. 223, art. 35, comma 35, “Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all’evasione fiscale”; D.Lgs. 18 dicembre 1997 n. 472, contenente le disposizioni generali in materia di sanzioni amministrati-ve tributarie; DM 28 gennaio 1994 n. 256, contenente disposizioni sul servizio di riscontro e l’identificazione delle merci sottoposte a vincoli doganali; DM 28 gennaio 1994 n. 255, concernente i programmi e le disposizioni in materia di visita fisica delle merci nella fase dell’accertamento; DM 28 gennaio 1994 n. 254, relativo alle semplificazioni per l’entrata delle merci nel territorio doganale; DM 11 dicembre 1992 n. 548, in merito alle procedure semplificate di accertamento doganale; D.Lgs. 8 novembre 1990 n. 374, relativo al riordino degli istituti doganali ed alla revisione delle proce-dure di accertamento e controllo; Testo unico delle leggi doganali (TULD) approvato con D.P.R. 23 gennaio 1973 n. 43, e successive mo-dificazioni.