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Aut. Trib. Trieste n. 977 del 13 gennaio 1998 - Poste Italiane S.p.A. Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (convertito in Legge 27.02.2004 n. 46) Art. 1, Comma 2, DVB TS Anno XLIII - n. 195 - OTTOBRE 2018 Trimestrale inviato gratuitamente a Soci e Sezioni A.N.A. PORT PAYEE - TASSA RISCOSSA - TAXE PERCUE - TAX PAID 6 9 26 CENTENARIO DELLA FINE DELLA GRANDE GUERRA IN QUESTO NUMERO Museo del Risorgimento 2 Cento anni fa 3 Cosa rimarrà del Centenario 6 Com’era... com’è 9 I soldati di Franz Joseph 14 Il 97° I.R. Reggimento 17 La caserma “Beleno” 20 Reggimento Tagliamento 22 Ricordi di naja 24 Lettere al Direttore 25 Telecomunicazioni FVG 26 I calci del Mulo 28 La Barcolana dei record 30 L’indecente proposta svizzera 31 Fieno in baita 32

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Aut. Trib. Trieste n. 977 del 13 gennaio 1998 - Poste Italiane S.p.A.Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (convertito in Legge 27.02.2004 n. 46) Art. 1, Comma 2, DVB TS

Anno XLIII - n. 195 - OTTOBRE 2018 Trimestrale inviato gratuitamente a Soci e Sezioni A.N.A.

PORT PAYEE - TASSA RISCOSSA - TAXE PERCUE - TAX PAID

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26

CENTENARIODELLA FINE DELLA

GRANDE GUERRA

IN QUESTO NUMEROMuseo del Risorgimento 2Cento anni fa 3Cosa rimarrà del Centenario 6Com’era... com’è 9I soldati di Franz Joseph 14Il 97° I.R. Reggimento 17La caserma “Beleno” 20Reggimento Tagliamento 22

Ricordi di naja 24Lettere al Direttore 25Telecomunicazioni FVG 26I calci del Mulo 28La Barcolana dei record 30L’indecente proposta svizzera 31Fieno in baita 32

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LUGLIO 20182

Il Civico Museo del Risorgimento ed il Sa-crario Oberdan (via XXIV maggio, 4) sono stati affidati, con apposita convenzione, alla Lega Nazionale di Trieste.Gli orari di apertura sono i seguenti: gio-vedì, venerdì, sabato e domenica dalle ore 10:00 alle ore 17:00.Per informazioni e prenotazioni di visite guidate, rivolgersi alla Lega Nazionale: 040.365343, [email protected] .

Sono arrivati i bollini per il 2019

Sezione: € 25,00Circolo Culturale: € 10,00

Vi ricordo che si può pagare:• in contanti in sede;• sul c/c postale 12655346• intestato a A.N.A. Sez. Trieste;• nel negozio Ottica Buffa (via Giulia 13)• nel negozio Calzaturificio Colia (via Imbriani 6)

MUSEO DELRISORGIMENTO

TESSERAMENTO 2019

L’ALPIN DE TRIESTETrimestrale dell’A.N.A.

Sez. M.O. Guido Corsi - TriesteFondato nel 1976 dal prof. Egidio Furlan

RedazioneVia della Geppa, 2 - 34132 TRIESTETel. 3475287753 - Fax 040662387

E.mail: [email protected](per gli articoli: [email protected])

Il giornale è on-line nel sito www.anatrieste.it

Direttore Responsabiledott. Dario Burresi

Comitato di RedazioneDario Burresi, Livio Fogar, Giovanni Nieri,

Matteo Racchi, Giuseppe Rizzo

Correzione bozzeGiuliana Magnarin

Hanno collaborato a questo numeroGiuliano Bianchi, Michele Corbelli,

Lido Incardona, Vittorio Leschi, Claudio Susmel, Vittorio Tranquillini e … Titivillo.

Secondo quanto si credeva nel Medioevo, Titivillo era un diavoletto malizioso e dispet-toso che si divertiva e far commettere errori di ortografia ai monaci amanuensi che, chiu-si nei loro conventi, passavano le giornate a ricopiare pazientemente in bella calligrafia

antichi testi e libri. Poiché il diavoletto Titivillo non man-ca mai nella redazione di questo giornale, abbiamo ben pensato che meriti a pieno diritto di essere menzionato tra i nostri più assidui collaboratori.

Fotocomposizione e stampaLuglioprint - Trieste

AVVISO A CHI DESIDERAINVIARE ARTICOLIPER IL GIORNALE

L’alpino Matteo Racchi è incaricato di raccogliere gli articoli che ci vengono inviati

per la pubblicazione, perciò vi prego di inviare i vostri articoli

direttamente a lui all’[email protected]

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L’ALPIN DE TRIESTE 3

Un evento sfortunato: la Rivoluzione di Rus-sia permise alla Germania di distogliere trup-

pe dal fronte orientale e rivolgerle contro l’Italia.Una grave disobbedienza: il generale Capel-

lo disobbedì agli ordini di Cadorna che gli aveva ordinato di disporre la 2a Armata a difesa in previ-sione dell’offensiva austro-tedesca.

Una serie di errori italiani: il generale Bado-glio lasciò inspiegabilmente indifeso un setto-re tra la 2a e la 3a Armata e la sua artiglieria non sparò (altrettanto inspiegabilmente) neppure un colpo. Il cedimento del XXVII Corpo d’Armata (di Badoglio) ed il ponte di Caporetto fatto inoppor-tunamente saltare causarono la perdita dell’inte-

CENTO ANNI FADA CAPORETTO A VITTORIO VENETO

Soldati italiani prigionieri dell’esercito austriaco in quel di Caporetto.

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ro IV Corpo d’Armata del generale Cavaciocchi che restò isolato e fu totalmente perso1.

La nuova tattica militare tedesca: agilità ed infiltrazioni di piccoli reparti ed aggiramenti al posto dei tradizionali scontri frontali di massa.

Queste furono alcune delle cause (forse le prin-cipali) del disastro della 2a Armata a Caporetto.

Pur malridotta, però, la 2a Armata arretrò conti-nuando a combattere eroicamente, permetten-do così alla 3a Armata di arrivare pressoché intatta al Piave2.

Il comandane della 4a Armata generale de Ro-bilant, all’ordine di Cadorna di ritirarsi lungo il Piave fino al Grappa, rispose orgogliosamente che i suoi alpini non li avrebbe potuto smuovere nessuno dalla Dolomiti. Ma… evidentemente a quei tempi era di moda disobbedire a Cadorna! Solo su insistenza del Comandante Supremo e con notevole ritardo de Robilant iniziò la ritirata, e ciò gli costò la perdita della sua retroguardia (oltre 9.000 uomini) ad opera degli Alpenjaeger del Wuerttemberg del capitano Rommel a Lon-garone. A carico di de Robilant non venne preso alcun provvedimento disciplinare. Per una disob-bedienza di questo tipo il generale sabaudo Gi-rolamo Ramorino fu fucilato nel 1849.

I reparti inglesi e francesi accorsi in aiuto rimase-ro fermi a sud del Garda e sul Po in previsione di un eventuale ulteriore tentativo di resistenza sul Mincio qualora gli italiani non fossero riusciti a te-nere. Infatti, qualora gli austro-germanici fossero riusciti a dilagare nella pianura padana, l’Italia sa-rebbe stata sconfitta e gli imperiali avrebbero po-tuto aggredire la Francia dal confine militarmente sguarnito del Piemonte. Solo quando si vide che il fronte teneva, dapprima gli inglesi ed un mese dopo anche i francesi accorsero in prima linea sul Piave e sul Grappa.

A noi si affiancarono anche una Legione di vo-lontari cecoslovacchi ed una di romeni.

Nella primavera del 1918 lo sforzo bellico aveva fatto crollare la situazione economica della Ger-mania e soprattutto dell’Austria: la popolazione austriaca soffriva la fame3. Inoltre le relazioni tra Austria e Germania si erano deteriorate, in modo particolare quando si venne a sapere dei tentativi

segreti del K.u.K. Carlo di ottenere una pace sepa-rata con l’Italia.

L’offensiva austriaca di metà giugno era quindi un disperato tentativo con un duplice scopo: to-gliere definitivamente l’Italia dallo scenario bellico ed impossessarsi delle risorse alimentari della pia-nura padana, ma il valido servizio di spionaggio italiano ed un’attenta ricognizione aerea aveva-no permesso ai nostri comandi di conoscere nel dettaglio le intenzioni nemiche, comprese la data e l’ora dell’attacco. Dapprima l’intenso e preciso fuoco delle nostre artiglierie e poi il contrattac-co rintuzzarono l’offensiva nemica infliggendo pesanti perdite in quella che è passata alla Sto-ria come la “battaglia del solstizio”4 e che pose i presupposti per la successiva offensiva italiana di ottobre con lo scopo di ricacciare gli invasori che ancora occupavano il Friuli e parte del Veneto.

Il 24 ottobre l’esercito italiano iniziò sul Grappa e sul Piave quella che fu chiamata la Battaglia di Vittorio Veneto.

OTTOBRE 2018

4 novembre 1918. Termina la battaglia di Vittorio Veneto.

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5L’ALPIN DE TRIESTE

Agli italiani si affiancarono anche la 10a armata inglese del generale Cavan e la 12a francese del generale Graziani.

Si trattava di armate miste, con una predomi-nante componente italiana ed i compiti dei due generali erano rappresentativi. Lo cito a benefi-cio di coloro che tendono ad enfatizzare la par-tecipazione alleata ai combattimenti e sminuire quella italiana.

C’era inoltre un reggimento statunitense che ci era stato promesso per la primavera del 1919 (!) ma che aveva anticipato il suo arrivo riuscendo a partecipare alla battaglia.

Nelle ultime fasi del conflitto, oltre ai volontari cecoslovacchi e romeni, vollero dare aiuto ai vin-citori anche altre etnie slave che facevano parte dell’impero austro-ungarico.

Un aspetto che spesso viene sottovalutato è il deleterio effetto psicologico della vittoria italiana che minò la resistenza della Germania (che pur non aveva partecipato né alla Battaglia del Solsti-

zio né a quella di Vittorio Veneto). Secondo alcuni storici e, come affermò il generale tedesco Erich Ludendorff nelle sue memorie, senza il crollo di Vienna la Germania molto probabilmente avreb-be potuto resistere ancora per alcuni mesi.

Quest’anno, a 100 anni da quegli eventi, abbia-mo spesso rievocato la Grande Guerra ed in que-sti giorni ne stiamo festeggiando la fine ed il ritor-no della pace. Recentemente a Trieste si è svolto un importante raduno Italo-austriaco per la pace, e per i primi giorni di novembre sono previste varie iniziative, commemorazioni e cerimonie. Il Presidente della Repubblica, che il 4 novembre verrà a Trieste, visiterà anche il Sacrario di Redipu-glia, anche se quel sacrario è chiuso perché sono in corso importanti lavori di manutenzione. Sup-pongo che, trattandosi della visita del Presiden-te della Repubblica, in qualche modo qualcuno provvederà a renderlo almeno temporaneamen-te e parzialmente agibile; ma mi sorge spontanea una domanda: chissà chi è che ha deciso di chiu-dere per lavori il nostro più importante sacrario proprio nell’anno del centenario della fine della Grande Guerra?

Bur

Note:

1. Sorprendentemente a fine guerra Cavaciocchi e Cadorna ver-ranno ingiustamente incolpati della disfatta di Caporetto, mentre Badoglio, che assieme a Capello ne fu il principale responsabile, farà carriera affiancando il generale Diaz fino alla fine della guer-ra e diventando poi Capo di Stato Maggiore Generale delle Forze Armate. Successivamente Capello cadrà in disgrazia e finirà in car-cere per 10 anni per altri motivi.

2. Il generale Cadorna venne sostituito dal generale Diaz solo dopo che le nostre truppe si furono attestate sul Piave e sul Grap-pa. Proprio sul massiccio del Grappa si rivelarono particolarmente utili per la difesa le strade militari che Cadorna aveva fatto previ-dentemente costruire quattro anni prima..

3. Molti triestini che, come me, hanno una certa età certamente ricordano i racconti dei loro genitori o nonni sulla fame sofferta dalla popolazione negli ultimi mesi di guerra. Non tutti i giorni c’e-ra qualcosa da mettere a tavola, ed a Trieste ai morti per la febbre spagnola si aggiungevano i morti per la fame e gli stenti.

4. Le nostre perdite per la battaglia del solstizio ammontarono a 90.000 uomini, quelle austriache a 150.000. Gli austriaci, che in al-cuni punti erano riusciti a passare il Piave, si ritirarono terrorizzati, oltre che per l’intenso e preciso bombardamento delle nostre arti-glierie, anche per l’impeto incontenibile dei nostri arditi che erano diventati un vero incubo per i soldati di von Boroevic.

4 novembre 1918. Termina la battaglia di Vittorio Veneto.

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OTTOBRE 20186

COSA RIMARRÀ DI QUESTO CENTENARIO

“... CHE QUESTI MORTI NON SIANO MORTI INVANO!”

Ci avviamo alla fine di questo Centenario della Grande Guerra, il primo conflitto di massa e in-

dustrializzato della storia, la guerra che causò oltre 7 milioni di caduti su tutti i fronti, il primo conflit-to ad essere entrato nella memoria di famiglia per tutte le nazioni europee che vi parteciparono.

Da questa immane tragedia uscirono ridise-gnati i confini delle nazioni europee. Gli Imperi secolari di Austria-Ungheria e Ottomano si dissolsero sui campi di bat-taglia, l’Impero Tedesco crollò divenendo un crogiolo di idee estremiste da cui nacque una delle peggiori barbarie del 900, il Nazionalsocialsmo, l’Im-pero russo visse una rivoluzio-ne che lo trasformò in una del-le dittature più feroci. L’Italia, insieme a Francia e Inghilter-ra ed in minima parte gli Usa uscirono vincitori, pagando un tributo di sangue spaventoso per noi Italiani ed Europei.

Ma cosa ha significato per l’Italia e per gli Italiani tutto questo? Per la nostra nazione, tutto questo ha rappresentato tante cose: abbiamo ampia-mente dimostrato sia sulle pietraie insanguinate del Carso come sulle vette delle Dolomiti fin sulle rive del Piave che eravamo un popolo unito pron-to a superare le beghe interne per un fine comu-ne e per il sogno di un Italia unita con Trento e Trieste italiane. Per queste due città tanti, giovani

universitari, artisti, scrittori, poeti e musicisti si ar-ruolarono volontari nelle file dell’Esercito Italiano.

Quasi duemila erano triestini, istriani e trentini, e quando veniva dato l’ordine di attaccare, erano tra i primi a uscire dalla trincea gridando “Avanti Savoia”. Molti di essi caddero sul campo di batta-glia, oppure caduti nelle mani del nemico venne-

ro impiccati come traditori Uno di questi fu l’insegnante

triestino Guido Corsi, ufficiale degli Alpini, che cadde in bat-taglia a Cima Valderoa nel di-cembre del 1917

Per le classi meno colte di zone d’Italia più lontane (nelle campagne l’analfabetismo era molto diffuso) spesso Trento e Trieste non significavano mol-to, erano solo due punti sulla carta geografica nel nome dei quali erano stati mandati nel peggior mattatoio che la Sto-ria ricordi. Ma non si tirarono indietro neppure loro. Tutti fe-

cero il loro dovere. Erano contadini, pastori e ope-rai nati nella durezza della vita di fine ottocento e cresciuti nella miseria, arruolati perlopiù in fante-ria, l’Arma Regina della Battaglia. Umili ed ignoti eroi, il cui sacrificio è rappresentato in tantissimi monumenti e dei sacrari di Redipuglia, Oslavia, Caporetto, Monte Grappa, Tonale e Asiago

A questo punto mi pongo una domanda, siamo degni di loro? Siamo degni del sacrificio dei no-

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L’ALPIN DE TRIESTE 7

stri avi? Io non so. Siamo diventati un paese diviso politicamente da vecchie e sepolte ideologie, sia-mo divisi geograficamente e siamo sempre pron-ti a criticare e parlare male della nostra Nazione. Forse, riscoprire quel piccolo soldato di fanteria, che un secolo fa con il suo estremo sacrificio fece grande la nostra Patria, quel piccolo fante che di fronte all’Italia e agli Italiani di oggi diventa un gigante dallo sguardo severo come la statua del Fante di Gorizia, o come il Sacrario di Redipuglia, dove riposano centomila soldati d’Italia A Redipu-glia riposa, oltretutto, anche mio bisnonno Borto-lo, umile fante del 124° rgt, Brigata “Chieti” morto a 24 anni, a seguito delle ferite mortali riportate durante l’assalto del 10 novembre 1915 a San Mar-tino, lasciando mia bisnonna vedova a 21 anni e con due bambini.

Altrettanto severo è l’antico campo di battaglia, sopra Redipuglia, sull’altipiano carsico che oggi è pieno di colori, di versi di uccelli, ma basta sof-fermarsi un attimo, e si sente ancora il peso della

guerra, le trincee affiorano nuovamente come cicatrici perenni e insieme a loro la sensazione portata dal gelido vento carsico, che fa rivivere nell’immaginazione i bombardamenti di artiglie-ria, i fanti italiani che si ammassano lungo i cam-minamenti per uscire all’assalto e i fanti austriaci dall’altra parte che si preparano a respingerli. Sembra di vedere le nude pietre del Carso coper-te di sangue, di morti e feriti durante gli assalti dei fanti italiani contro le trincee austriache, bloccati dal massiccio fuoco di sbarramento.

Purtroppo temo che finite le Celebrazioni di questo Centenario, il Carso, l’Isonzo e gli altri luo-ghi della memoria torneranno al silenzio gravo-so di prima. Redipuglia tornerà nella sua requie austera meta di pochi pellegrini, non più sotto i riflettori dei media o dei politici di turno.

Ed allora penso sia doveroso (soprattutto per noi Alpini) continuare a portare gli studenti sui campi di battaglia, parlare di quella Storia per far entrare nuovamente nella mente e nell’animo

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8 OTTOBRE 2018

degli Italiani che la loro indi-pendenza non è scontata e che disprezzare ed insultare l’Italia è l’atto più misero e codardo che si possa fare.

Concludo questa mia rifles-sione, con un augurio e speran-za che gli Italiani tornino a sen-tirsi prima di tutto Italiani senza distinzioni di colore politico, ma con amore per la propria Na-zione, lo stesso amore che han-no gli altri popoli europei per la propria Patria, e che i luoghi della memoria, e primo fra tutti Redipuglia, tornino ad avere il rispetto ed il decoro dovuto.

Infine un pensiero a tutti i nostri Caduti della Grande Guerra. Noi non vi abbiamo dimenticato, vivete ancora nel cuore dei vostri pronipoti e di tutti gli Italiani che ancora si emozionano davanti al Tricolore. Eravate partiti obbedendo alle leggi

del Regno d’Italia come picco-li fanti contadini; con il vostro sacrificio vi siete elevati a silenti sentinelle di pietra, maestose e severe nell’additare agli Italiani chi sono realmente

Non mi resta che citare una frase del discorso del Presiden-te Abramo Lincoln degli Stati Uniti d’America alla fine della sanguinosa battaglia di Getty-sburg nel luglio del 1863 du-rante la guerra civile americana “che noi qui solennemente si prometta che questi morti non sono morti invano”. Ricordiamo

queste parole perché, se pensassimo che i nostri bisnonni e i loro coetanei siano morti invano sui campi di battaglia, allora noi non saremmo degni di chiamarci Italiani!

Michele Corbelli

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9L’ALPIN DE TRIESTE

Sul fronte del passo Rolle, il Maggior Generale Ferrari, Comandante dell’omonimo “Nucleo”,

aveva individuato nell’altura della Cavallazza e nel passo Colbricon i punti deboli del sistema di-fensivo austro-ungarico: diede così inizio il 21 lu-glio 1916 all’attacco che portò dapprima alla pre-sa di questi due obiettivi ed in serata anche alla conquista del Colbricon orientale (foto 1 - cima con lapide)1, monte che chiude ad est la catena del Lagorai.

L’offensiva continuò ma si infranse contro cima Stradon, ultima gibbosità della cresta che scende dal Piccolo Colbricon. 

Per una maggiore comprensione della zona in cui si svolsero gli scontri si può esaminare la foto 2 scattata dalla Cavallazza Grande: i monti sulla sinistra (che fronteggiano cima Valcigolera e Punta Ces, non visibili) sono nell’ordine la cima Ceremana, il Colbricon occidentale e l’attiguo orientale, seguono poi nel mezzo il vallone che

COM’ERA... COM’ÈCOLBRICON - CEREMANA

2Da cima Cavallazza Grande.

Cima Colbricon orientale con lapide.

1

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10 OTTOBRE 2018

sale all’omonima sella (Grunen Sattel) e quindi la punta del Piccolo Colbricon (che rimase sempre in mano agli Imperiali) la cui cresta digrada fino alla cima Stradon (visibile dietro l’asta della croce); il passo Colbricon invece si trova sotto, tra la Ca-vallazza Grande e il Colbricon orientale.

Ancor più evidente la catena interessata in foto 3, ripresa dalla cima Valcigolera, cioè da sud: la forcella Ceremana (3), il Colbricon occidentale (2) e orientale (1). Da questo lato si susseguirono vari tentativi per occupare la forcella Ceremana, ma senza successo: solo una volta i Bersaglieri quasi la raggiunsero ma intercettati dai difensori do-vettero ritirarsi; impresa considerevole se si pen-sa che proprio sul rovescio della stretta forcella,

opportunamente trincerata, stazionava, a pochi metri di distanza, un presidio A.U. insediato nei baraccamenti di foto 4. Quello che stupisce è l’esiguo spazio utilizzato per la costruzione degli alloggi, che sfruttavano cenge o ripiani artificiali e che erano quasi uno sull’altro. Dalla sconnes-sa pietraia come si presenta ora (foto 5), a prima vista non è facile immaginare che si tratti dello stesso posto. Ma a venire in aiuto per l’identifi-cazione, oltre al profilo dei monti in lontananza, tra cui, con cielo limpido, comparirebbe anche la Marmolada (foto 6), è determinante soprat-tutto la parete con spigolo squadrato di roccia (diedro) inglobato nel piccolo complesso di ca-supole presso la caverna, segnato dalla freccia

F. Ceremana e i Colbricon da c. Valcigolera. Baraccamenti austriaci di forcella Ceremana col diedro.

3

5 6Baraccamenti A.U. di forcella Ceremana, oggi.

4

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11L’ALPIN DE TRIESTE

(vedi foto 4 e 5). In foto 7 stesso soggetto, ma in veste invernale, con la truppa schierata, forse per Messa da campo: non sono ancora presenti alcune baracche che si notano a sinistra in foto 4, quindi la foto è precedente al 1917. 

Nella parte alta della val Ceremana, sotto il lato sud-ovest della cima del Piccolo Colbricon, era posizionata una sezione di obici da monta-gna orientati contro i due Colbricon: nella foto

Il primo nucleo dei baraccamenti;nella foto 4 il presidio presenta più costruzioni.

7Una batteria di obicisotto Piccolo Colbricon.

8

8 si vede un pezzo Skoda da 7,5 cm. avente sullo sfondo le cime Bragarolo che si trovano subito ad ovest delle cime Ceremana; foto 9 oggi.

Fallirono pure i rinnovati attacchi alle Buse dell’Oro (sotto cima Stradon) e al Piccolo Col-bricon in corrispondenza della Grunen Sattel: la foto 10 indica l’indifendibile punto avanzato rag-giunto il 4 agosto 1916 dai Bersaglieri sulla sella, sotto le rocce, a fianco della conca erbosa che col disgelo si riempie d’acqua.

Ma il 2 ottobre del 1916 anche il Colbricon occi-dentale cadde in mano italiana: le truppe piuma-te, emulando le imprese degli Alpini, ne salirono lo strapiombante versante sud e vinsero l’osti-nata resistenza dei difensori, che si arroccarono 100 m. più in basso verso ovest (lato Ceremana)

La stessa zona della foto 8 come si presenta oggi.

9

La posizione raggiunta dai Bersaglieri il 4 agosto 1916.

10

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12 OTTOBRE 2018

protetti da una crestina (foto 11 d’epoca con la trincea di collegamento con il Piccolo Colbricon lungo la sella, e foto 12 attuale). 

La cima, la cui parte terminale si protende nel vuoto come un trampolino (foto 13) rivelò ben presto grosse carenze dal punto di vista difensi-vo: poteva essere raggiunta dai rincalzi solo per l’impervia parete sud e la teleferica costruita nel frattempo non riusciva a garantire il trasporto della gran quantità di materiali necessari per il consolidamento della posizione. Quest’ultima era attraversata da una trincea costruita già da-gli Imperiali che scendeva verso ovest (e quindi ben esposta ai tiri della citata batteria di obici) fino alla prima selletta sottostante; era scavata nella roccia con tratti coperti da legno (foto 14) o da tettoie metalliche ondulate i cui resti sono presenti sul posto. Oggi nella parte alta essa si presenta come in foto 15.

Colpito dall’artiglieria nemica, il debole presidio della cima soccombette nella notte tra il 3 ed il 4 novembre del 1916 al terzo attacco da parte au-stro-ungarica. I Bersaglieri riuscirono tuttavia ad attestarsi dietro due delle tre guglie che spiccano scure tra la neve in foto 16, a sinistra, immediata-mente al di sotto della cima del Colbricon occi-dentale. Dal momento che tale posizione (chiama-ta ‘ironicamente’ Montecarlo) era molto esposta e che un’azione diretta contro la cima avrebbe com-portato grosse perdite, il Comando italiano decise di ricorrere alla guerra sotterranea preparando una galleria per mina fin sotto la guglia più occidentale (Dentino del Colbricon) rimasta in mano nemica, che infatti il 12 aprile 1917 fu devastata dallo scop-pio. La si vede nelle foto 16 e 17 d’epoca in alto a sinistra della cima indicata dalla freccia, prima della deflagrazione, mentre ora (foto 18 e 19) si presen-ta come una gobba circondata da un ammasso di macigni e pietrame (foto 20 scattata dalla cima). Una ventina di difensori persero la vita. I Bersaglieri però non mossero all’attacco; si continuò invece a scavare la roccia per altre due mine, ma neanche queste dettero l’effetto sperato.

Soltanto la disfatta di Caporetto porterà ad un drastico cambiamento della situazione con l’ab-bandono dei territori così aspramente contesi.

Trincea austro-ungarica sotto la cima Colbricon occidentale.

11

14Trincea coperta in cima.

Foto 16: la prima guglia (Dentino del Colbricon) a sinistra sot-to la cima sarà fatta saltare. A destra (17), il Dentino indicato.

16 17

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13L’ALPIN DE TRIESTE

Per fortuna tutta la zona coinvolta nella guerra, malgrado qualche immancabile cicatrice, non ha perduto la sua naturale bellezza (foto 21).

Giuliano Bianchi

Note

1. Discordanti le versioni sulla data della conquista del Colbricon orientale: 21 luglio da parte dei Bersaglieri secondo alcuni storici, come Bettega in “Soldati contro montagne” e Girotto in “La lunga Trincea”, mentre sulla lapide posta in cima allo stesso è riportato il 26 agosto (da parte degli Alpini del Feltre).

Veduta odierna alla foto 11.

12Cima del Colbricon occidentale.

13

15La trincea che scende verso ovest dalla cima.

Effetto mina: ciò che resta del Dentino.

20

Pale di S. Martino e laghetti Colbricon,a destra la Cavallazza Grande.

21Due vedute contemporanee del Colbricon, dove si nota l’as-senza del Dentino.

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14 OTTOBRE 2018

I SOLDATI DELLE PROVINCE MERIDIONALI DI FRANCESCO GIUSEPPE

 WALTER SCHWARZ SCRISSE: “L’ESERCITO AUSTRO-UNGARICO, PARTÌ VERSO  LA SUA ULTIMA GUERRA E NON TORNÒ MAI PIÙ

INDIETRO: NON CI FU PIÙ ALCUNA PATRIA”

ASSEGNAZIONE AL REGGIMENTO

All’atto della mobilitazione generale i distretti di reclutamento del Küstenland - Litorale Austriaco (Grado, Monfalcone, Trieste, località costiere dell’I-stria, isole del Carnaro, Fiume) reclutarono per la Kaiserliche und Königliche Kriegsmarine (Imperiale e Regia Marina da Guerra - K.u.K. Kriegsmarine) e per il Kaiserliches und Königliches Heer (Imperia-le e Regio Esercito - K.u.k. Heer), in quest’ultimo

ambito unitamente ai distretti di reclutamento della Bassa Craina, di Gorizia e Gradisca, del Car-so, dell’Istria interna (Küstenlandisch-Krainisches). Conseguentemente furono incorporati dei soldati appartenenti alle diverse etnie: italiani (friulani, giu-liani, istriani, fiumani); sloveni (delle Valli dell’alto e medio Isonzo e del Vipacco, del Carso e dell’Istria interna); croati (dell’Istria interna e della costa istria-na) nonché un’esigua aliquota di tedeschi, unghe-resi, céchi e bosniaci.

La Caserma Grande di Trieste.

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15L’ALPIN DE TRIESTE

All’epoca, l’Impero Austro-ungarico era diviso in Cisleitania (Austria) e Transleitania (Ungheria): gli uomini abili della Cisleitania venivano chiamati alle armi e arruolati nell’Imperial e Regio Esercito (Kaiseriliche und Königliche Heer - K.u.K. Heer), i so-prannumerari della Cisleitania assegnati all’Impe-rial Regio Esercito Nazionale Austriaco (Kaiseriliche Königliche Landwher - k.k. Landwher) quelli del-la Transleitania nell’Esercito Nazionale Ungherese (Magyar Kiràli Hondvédség più brevemente Kön-iglich Ungarisch Honvéd - K.U. Honvéd)  i riservisti, richiamati in caso di guerra, nell’Imperial Regia Mi-lizia Territoriale (K.K. Landsturm) oppure nella cor-rispondente Landsturm ungherese (Magyar kiràlyi Népfölkelök – M.K. Népfölkelök).

L’Esercito imperiale era composto da soldati ap-partenenti a 11 nazionalità diverse: austriaci, un-gheresi, boemi, slovacchi, polacchi, ruteni, rumeni, italiani, sloveni, croati, bosniaci; le lingue d’uso nelle Unità e nei singoli reparti erano diverse e spesso plurime: la lingua per i comandi, die Komandospra-che, in tedesco o ungherese; la lingua di servizio, die Dienstsprache, in tedesco o ungherese; la lin-gua d’uso nei singoli Reggimenti, die Regiments-sprache  quella o quelle maggiormente parlate (da almeno un quinto della truppa); le lingue ufficiali erano 9: la tedesca, l’ungherese, il céco, il polacco, il rumeno, il ruteno, l’italiano, lo sloveno, il croato).

All’atto della mobilitazione,(luglio 1914), il Co-mando dell’Imperiale e Regio 97° Reggimento, il I e il II Battaglione erano di stanza a Belowar-Bjelo-var, il IV a Carlstadt-Karlovac (Croazia) vennero fatti affluire a Trieste per unirsi al III Battaglione accaser-mato in città. La composizione etnica del 97° era la seguente: 45% sloveni comprendenti gli sloveni triestini, 25% croati, 22% italiani, 8% tedeschi, céchi, bosniaci; secondo altre fonti la percentuale di sol-dati di nazionalità italiana nel 97° era pari al 50-60%: un terzo nei tre dei quattro Battaglioni (I, II, IV), un maggior numero nel III. L’Imperiale Regio 5° Reggimento di fanteria Landwehr “Pola” (Landwe-rinfanterieregiment Nr.5 “Pola”, unità di copertura della piazzaforte di Pola era composto: secondo una fonte dal 45% di sloveni, 22% di serbo-croati, 20% di  italiani e 8% altri, e da un’altra dal 50% di italiani, 30% di sloveni e 20% di croati.

DEMOGHELA

Il Reggimento fu ingiustamente soprannomina-to Demoghèla (corruzione di démoghela, diamo-cela … a gambe, scappiamo): nel 1955 il maggior generale della riserva Artur Brosch, al tempo capi-tano del 97°, redisse un Memoriale per ristabilire la verità sulle calunnie di vigliaccheria e di tradi-mento attribuite al Reggimento e rivendicare l’o-nore militare dei soldati e soprattutto degli ufficiali. L’autore del rapporto affermò che il Reggimento von Waldstätten e i reparti boemi vennero eletti a capro espiatorio per la battaglia perduta a Leo-poli, dove fu arrestata l’offensiva austriaca e messa in rotta l’Armata asburgica che perse quasi l’intera Galizia e oltre 250.00 soldati tra morti, feriti e pri-gionieri (furono fatti prigionieri dai russi 2.600 uffi-ciali e 117.00 uomini di truppa).

Le accuse infamanti attribuite al 97°, che nel cor-so dei combattimenti subì perdite pesantissime (1 comandante di battaglione e 8 ufficiali morti, 5 feriti, oltre 70 sottufficiali e circa 1.000 soldati tra morti e feriti), vennero diffuse dagli ufficiali nazio-nalisti tedescofili avversi alle minoranze in ispecie italiana e céca. Gli italiani da loro erano denominati Katzelmacher (fabbricatori di gatti ovvero buoni solo … a figliare) o verfluchter Irredenter (male-detti irredenti).

Il 6 gennaio 1916 alla testa di ponte di Zaleszyki il comandante del VII Corpo d’Armata il generale di cavalleria Freiherr von Pflanzer-Baltin, in occasio-ne di una sua ispezione al Reggimento insultò e oltraggiò nella maniera molto grave il 97° e il suo corpo ufficiali. La prima domanda del comandan-te del Corpo d’Armata al comandante del Reggi-mento, il tirolese Gheri: «Dunque quanti disertori ha lei?» risposta «Non lo so quanti siano».

Iniziò quindi la rivista al Reggimento e fatti pochi passi: «Lei Gheri venga qui. Questo è un reggimen-to? Questo è un mucchio di porci» poi soggiunse «Guardi un po’ l’aspetto di questa gente, questo è uno scandalo…». Passato in rassegna   tutto lo schieramento gli diede «l’ordine» di schierare gli ufficiali e gli alfieri al centro dello schieramento. Quando l’ordine fu eseguito così si espresse: «Io non posso accogliere la presentazione degli uffi-

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16 OTTOBRE 2018

ciali prima che il reggimento non sia meglio pre-sentato. Io vi disabituerò a disertare», seguirono un’orgia di oltraggi che non si erano mai sentiti e terminò con le parole: «Qualora il reggimento pre-sto non cerchi di migliorare io vi suddividerò fra i miei reggimenti ungheresi, perché gli ungheresi vi uccidano, le ulteriori misure che io prenderò le apprenderete presto». Si voltò e abbandonò, assie-me al seguito, il Reggimento con un breve saluto: «Sputare dovrei su un simile corpo d’ufficiali! Ver-gogna lurida! Al diavolo!» e infatti sputò.

Il colonnello comandante Gheri si fece sostitui-re nel comando del Reggimento dal comandante di Battaglione più anziano, il maggiore Giraldi, di Pirano (Istria), cavaliere dell’ordine di Leopoldo e pluridecorato.

Il 7 gennaio Giraldi fece segretamente interve-nire a una riunione gli ufficiali in servizio attivo del Reggimento, nel suo breve discorso dichiarò: «Ognuno sa cosa ci è accaduto ieri in occasione dell’ispezione. Nel ricordo dei nostri camerati ca-duti non possiamo tollerarlo. Io sono pronto quale temporaneo comandante ad interim del reggi-mento di sollevare una protesta al comando su-periore d’Armata da parte del Corpo Ufficiali. Chi è d’accordo? Chi è contrario?»

Copia della protesta giunse segretamente alla Corte di Vienna. Il corpo degli ufficiali del Reggi-mento, superate le minacce di gravissimi provve-dimenti, qualora non avessero recesso dalla prote-sta, ebbero, pur con le particolari modalità, le scuse formali del comandante del VII Corpo d’Armata.

LA PREGHIERA DEL DEMOGHELA

O Signor che dal cielo tutto vedie che in Galizia, poca vita concedifa che Comandante Leonarduzzil’anima calda un poco si rintuzzi.Fa che a lui vada l’Angelo tutelarea dir che la sua gente faccia sfamarese non lo vuoi far tu, con caldi invitilo farem noi, andando in Russia, tutti uniti!

Dalla Galizia, 1916

DECORAZIONI

Alla data del 17 marzo 1918 ai componenti del 97° risultano concesse le seguenti decorazioni:

- Medaglie d’oro al Valor Militare 14;

- Medaglie d’argento al Valor Militare di Prima Classe 215;

- Medaglie d’argento al Valor Militare di Seconda Classe 587;

- Medaglie di bronzo al Valor Militare 2.237;

- Croci d’Argento al Merito con Corona e nastro della Medaglia al Valore 35;

- Croci d’Argento al Merito con nastro della Me-daglia al Valore 169;

- Croci di Ferro al Merito con Corona e nastro del-la Medaglia al Valore 23;

- Croci di Ferro al Merito con nastro della Meda-glia al Valore 169.

Gen. Vittorio Leschi

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17L’ALPIN DE TRIESTE

IL 97° IMPERIAL REGIO REGGIMENTO

I SOLDATI DI NAZIONALITÀ ITALIANA DELLE PROVINCE MERIDIONALI SUL FRONTE AUSTRO-RUSSO,

IN GALIZIA E SUI MONTI CARPAZI

Con la mobilitazione generale proclamata a fine luglio 1914 i cittadini di lingua italiana, suddi-

ti dell’Impero Austro-ungarico, furono arruolati e incorporati nel Kaiserliche und Königliche Infante-rie Regiment Feldzeugmeister Georg Freiherr von Waldstätten Nr.97 detto “Triestino” (97° Imperial Regio Reggimento di Fanteria – K.u.K. Infanterie-regimet) inquadrato nella 2. Armee, 3. Korps Ko-mando di Graz, 28. Infanterie Division di Laibach (Liubljana, Lubiana), 55. Infanterie Brigade “Triest” (K.u.K. Infanterieregimet Nr.87 e K.u.K. Infanteriere-gimet Nr.97), nel Kaiserliche Königliche Landwehr Infanterie Regiment Nr.5 “Pola” (5° Imperial Regio

Reggimento di Fanteria Nazionale Austriaco - K.K. Landwehrinfanterieregiment Nr.5 “Pola”), rideno-minato k.k. Landschützen Infanterie Regiment Nr.5, inquadrato nella XXII Landweher Division; al-cune aliquote, inoltre, vennero assegnate ai reparti di cavalleria, di artiglieria, del genio e nelle riserve.  

Dall’agosto 1914 al gennaio 1918 il 97° Reggi-mento venne impiegato sul fronte russo in Galizia e sui Carpazi, successivamente in Ucraina:

L’11 agosto 4.300 uomini del 97° partirono dalla Stazione centrale di Trieste per la Galizia centrale (Žydaczòw) per raggiungere poi, al di là del fiume Dniester (18 agosto 1914), la linea del fronte russo. Al termine di estenuanti marce il Reggimento venne schierato ad est di Leopoli (Lemberg, Lwòw, L’vov), la capitale della Galizia (22 agosto 1914). Il battesi-mo del fuoco lo ricevette nella prima battaglia di Leopoli presso Krasne-Gliniany (26 e 27, 29 agosto). Il 26 e il 28 le forze austro-ungariche, pur in inferio-

rità numerica, attaccarono lo schieramento russo: l’attacco venne respinto. Contrattaccati e sconfitti dagli zaristi sul fiume Zlota Lipa, gli austro-ungarici furono costretti, dopo aver subito gravissime per-dite, a ritirarsi. Si riorganizzarono parzialmente sulla linea del fiume Gniła Lipa; ma nonostante la forte resistenza opposta sulla nuova linea difensiva al reiterato attacco russo furono costretti a ritirarsi su Leopoli (29-30 agosto), prendendo schieramento a ovest di Leopoli sulla linea del fiume Wereszyca.  Il 3 settembre i russi entravano a Leopoli lasciata in-difesa. La seconda battaglia di Leopoli fu combat-tuta a Grodek-Rawa Ruska (6-11 settembre 1914),

Mappa della Galizia.

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18 OTTOBRE 2018

che vide le truppe austro-ungariche, che avevano subito altissime perdite, nuovamente sopraffatte costrette a ripiegare in disordine per presidiare con un piccolo esercito di 130.000 uomini la fortezza di Przemys’l1 sul fiume San  e con il grosso delle truppe arretrare per stabilizzarsi su un’ulteriore li-nea difensiva posta a ovest di Leopoli sui Carpazi.  

Le operazioni invernali del 1914-1915 russe lungo il fronte carpatico misero a dura prova la resistenza fisica e morale delle truppe austro-ungariche non avvezze, come quelle russe, cosacche e circasse, alle basse temperature di un inverno inclemente, ai disagi, alle privazioni e alla fame, dovuti all’ineffi-cienza logistica.

Il 97° Reggimento nella prima e nella seconda battaglia di Leopoli subì tali perdite (il 70% degli effettivi) da essere ritirato dal fronte e inviato in Un-gheria per la sua ricostituzione con l’inserimento di reclute diciannovenni. Per alleggerire la pressione in Galizia gli austriaci, appoggiati dai tedeschi, lan-ciarono un’offensiva nei Carpazi (16 gennaio 1915) e con una manovra avvolgente, ad Augusto (17 gennaio 1915), riuscirono a distruggere la X Arma-ta russa.

Il 97° rientrato in linea venne schierato sui Carpa-zi, presso Zdynia (28 gennaio 1915) e nella regio-ne del Kis-Kurima (8 e 9 febbraio 1915). Sui Carpazi nella così detta Dosinastellung (posizione Dosina)

il 97° fu posto alle dipendenze del XXV Corpo Ba-varese della riserva (maggio 1915).

L’Infanterie Regiment Landwehr Nr.5 “Pola”, di guarnigione alla piazzaforte di Pola, pur essendo considerata formazione della riserva venne trasfe-rita al fronte carpatico partecipando dal 24 agosto 1914 alle due battaglie di Leopoli e rimanendo per tutta la durata della campagna invernale operan-do con i reparti delle Brigate della 28. Infanterie Di-vision. Si distinse, in particolare, dopo la battaglia di Gorlice.

Il 22 marzo 1915 la fortezza di Przemys’l si arrese per fame agli assedianti zaristi. I russi liberi di di-sporre di nuove forze sferrarono nei Carpazi un consistente attacco. Con la grande battaglia, detta di Pasqua (2-4 aprile 1915), riuscirono a occupare il crinale dei Beschidi e, penetrando nei Carpazi sel-vosi, a entrare in Ungheria e interrompere le linee ferroviarie di collegamento tra la Galizia e la Buco-vina. Il 5 aprile sui Carpazi il Prager Hausregiment Nr.28 (Infanterieregiment boemo) presso Zborò si arrese senza combattere facilitando lo sfonda-mento russo.

La 2a Armata tedesca, rinforzata da divisioni au-stro-ungariche, riuscì a impedire l’occupazione di Czernovitz, la capitale della Bucovina, e con la bat-taglia di Gorlice (2 maggio 1915) attaccando, nel settore Gorlice-Tarnow, le truppe tedesche riusci-

Soldati del 97° Reggimento.

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19L’ALPIN DE TRIESTE

rono a travolgere l’Armata zarista, liberare la for-tezza di Przemys’l e successivamente Leopoli (20 giugno). La battaglia segnò la fine della potenza militare russa: Il 22 giugno l’avanzata tedesco-au-stro-ungherese si mosse in direzione di Brest Li-towsk e il 13 luglio dell’alto Bug e della Vistola.

Nella notte tra il 31 dicembre e il 1° gennaio 1916 il 97° Reggimento venne fatto improvvisamente allontanare dalla posizione e trasferito, quale riser-va, a Zaleszyki. Sosterrà ancora i combattimenti a Toporoutz e Rarancze (fine gennaio 1916) e l’ulti-mo presso Terescheny-Prevorokie (9 agosto 1917).

Dopo l’armistizio di Brest Litowsk (5 gennaio 1918) il Reggimento von Waldstätten opererà in Ucraina, contro i bolscevichi presso Razdelnaja (Ra-djelnaja) ed entrerà con i primi reparti a Odessa; il 5° Landwehr verrà impegnato in Romania.   

Il 23 maggio 1918, nella Caserma di Radkesberg (Gornja Radgona) nell’Unter Steiermark - Stiria infe-riore oggi Slovenia, soldati riservisti italiani e slove-ni del 97°, convinti della prossima fine della guerra, si rivoltarono al grido di viva l’Italia e viva la Slavia. Il moto venne soffocato nel sangue. Prima che l’Im-peratore intervenisse a far cessare le esecuzioni capitali emesse dal tribunale militare, due italiani e sei sloveni vennero fucilati.

Un solo Battaglione di marcia del 97°, il X Mar-schbattailon, fu inviato sul fronte italo-austriaco, dove partecipò, nel settore Sei Busi-Monte San Mi-chele, alla seconda battaglia dell’Isonzo.

 È da tener presente che nei reparti schierati sul fronte italiano non erano presenti soldati delle province meridionali che portavano un cogno-me italiano perché considerati politicamente in-fidi «politischunverlassich», ma solo i combattenti con il cognome tedesco, slavo, bosniaco, greco, ebreo. Da ricordare che in queste terre di fron-tiera, per cinque secoli soggette agli Absburgo, per i ripetuti incroci di sangue verificatisi, o per cultura, non sempre esisteva, e tuttora non esiste, una relazione tra il cognome e la nazionalità di appartenenza: austriaci e slavi con cognomi italia-ni; italiani con cognomi tedeschi, slavi, greci, ebrei (Brunner, Strehler, Weiss, Oberdan, Slataper, Stu-parich, Costantinides, dalla Porta Xidias, Michel-staedter, ecc.).

IL TRAVAGLIATO RITORNO IN PATRIADEI SOLDATI DI NAZIONALITÀ ITALIANAPRIGIONIERI DEI RUSSI

Circa 900 soldati giuliani e 1.600 trentini caduti prigionieri e internati nei gulag russi furono recu-perati dalla missione militare italiana in Siberia e inquadrati, dopo il giuramento di fedeltà, nella Le-gione Redenta di Siberia dell’Esercito Italiano. Alla fine del conflitto attraversarono la Russia e la Sibe-ria fino a Vladivostok, mantenendo la divisa sino alla fine del 1919. Solo nei primi mesi del 1920 riu-scirono, direttamente o attraverso la Cina, per mez-zo della Concessione Italiana di Tientsin, (via mare, poiché la via occidentale era preclusa a causa della guerra civile russa in atto) a fare ritorno in Italia.

Dal libro di Roberto Todaro2 si trascrivono i versi scritti in un libretto di appunti di un soldato scono-sciuto del K.u.K. Infanterieregiment Nr. 97, nato nel Comune di Duino-Aurisina (Trieste), caduto com-battendo in Galizia:

Se un giorno torneròvoglio che tu mi dia un ciclaminocolto o a Percedol o a Slivia.S’è di marzo appena o febbraiouna primula pallida in seno tenuta a scaldare.Se torno nel pieno dell’invernoil fiore del tuo sorriso.Ma se non torno, un ricordod’amore soltanto, e presto dimenticasenza rimpianto.

Gen. Vittorio Leschi

Note:

1. La fortezza di Przemys’l era costituita da un anello di forti esterni presidiati da 22 battaglioni di Landsturm (17 opere principali di cui 5 corazzate e 19 intermedie di cui 7 corazzate, dotate di 956 pezzi d’artiglieria di vario calibro) posto in una circonferenza di 45 Km e da una seconda cinta continua di opere in terra aderenti alla cit-tà per una circonferenza di 15 Km. La fortezza costituiva l’anello più importante di piazzeforti costruite in Galizia dagli austro-ungheresi. Ne facevano parte Cracovia, le fortificazioni della linea San-Dniester e le opere della città di Leopoli (nel complesso modeste), una serie di barriere successive aventi il compito di sbarrare al nemico le stra-de che adducevano alla Galizia occidentale e ai passi dei Carpazi, le porte dell’Ungheria.

2. R. Todaro Dalla Galizia all’Isonzo storia e storie dei soldati triestini nel-la grande guerra, p.149, Gaspari editore, Udine, 2006.

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20 OTTOBRE 2018

BELENO

La Caserma di Rozzol denominata Kaserme K.K. Landwehr (Kaiserliche Königliche Landwehr -

Caserma dell’Imperial Regio Esercito Nazionale Austriaco) venne eretta, su progetto esecutivo del 1889, a iniziare dall’aprile 1892, completata nello stesso mese del 1900 per alloggiare i repar-ti della Landwehr. Dal 1893 vi ebbero sede il K.K. 72. Battaillon Landwehr e l’I.R. Comando Distret-tuale della Leva in Massa con a disposizione gli annessi magazzini. Dal 1896 l’I.R. Comando del K.K. 5. Regiment Landwehr con il 1. Battaillon e l’I.R. 5. Comando Distrettuale di Completamento della Landwehr. Nel luglio 1918 la Caserma venne ceduta in proprietà al Comune di Trieste.

Nel 1918 al termine del 1° Conflitto Mondiale la Caserma, denominata “Montebello”, accasermò in successione di tempo: dal 1918 l’Ospedale Mili-tare “Montebello”; dal 1922 il V° Gruppo Batterie Autocampali Contraerei e il V° Gruppo Automo-bilistico; dal 1924 il V° Gruppo Artiglieria Contra-erei e il V° Gruppo Trasporti Militari; dal 1925 il V° Centro Artiglieria Contraerei e il V° Raggrup-pamento Trasporti Militari; dal 1925 il Comando della Brigata “Casale”(1925).

Nel 1929 la Caserma rinominata “Beleno”, in memoria del Maggiore di Artiglieria M.O.V.M. Giu-seppe Beleno, divenne la Caserma sede dell’Ar-tiglieria: dal 1930 il 10° Reggimento Artiglieria Pesante; dal 1934 il 10° Reggimento Artiglieria d’Armata; dal 1938 il 10° Reggimento Artiglieria

LA CASERMA “BELENO”CENNI STORICI

della Guardia alla Frontiera “Obstacula Sternimus ad Victoriam” e il 23° Reggimento Artiglieria del Timavo; dal 1940 il Deposito del 10° Reggimento Artiglieria della Guardia alla Frontiera.

Dopo l’Armistizio (8 settembre 1943), durante l’occupazione germanica (Operationzone Adria-tisches Küstenland - Zona Operazioni del Litorale Adriatico), la “Beleno” alloggiò dal 1943 i reparti tedeschi della FLAK (Fliegerabwehrkanone – Ar-tiglieria Contraerea) e dal 1944 la Scuola di Ad-

destramento del Gruppo Artiglieria Contraerea della Guardia Civica.

Nel 1945, al termine del 2° Conflitto Mondiale, durante il periodo dell’occupazione Alleata (Al-lied Military Government 13 Corps, Allied Military Government Venezia Giulia, Allied Military Gover-nment British-United States Zone Free Territory of Trieste) dall’agosto 1945 al 26 ottobre 1954, data di cessazione della occupazione Alleata e della contemporanea costituzione del Commissariato

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21L’ALPIN DE TRIESTE

BELENO

Generale del Governo per il Territorio di Trieste, la Caserma fu sede della Scuola di Addestramento delle Forze di Polizia della Venezia Giulia, dal 15 settembre 1947 rinominate Forze di Polizia del Territorio Libero di Trieste.

Durante la reggenza del Commissariato Gene-rale del Governo per il Territorio di Trieste e dopo la costituzione della Regione Friuli Venezia Giu-lia (1963) la Caserma “Beleno” venne adibita, dal 1962 al 1987, a Scuola della Polizia di Stato per gli Allievi agenti della Pubblica Sicurezza.

Per lungo periodo fu sede del Nucleo di Prote-zione Civile della Sezione A.N.A. di Trieste.

Gen. Vittorio Leschi

Nota:In riferimento all’Articolo “I soldati delle province meridionali di Francesco Giuseppe I, Imperatore d’Austria, Re d’Ungheria, Signo-re di Trieste, nella Prima Guerra Mondiale (1914-1918)” le parti di testo o le frasi particolari copiate integralmente sono quelle rac-chiuse tra «…», generalmente scritte in carattere corsivo, con le note riportate a piè pagina.

Dello stesso autore:Gli Istituti di educazione e di formazione per Ufficiali negli Stati preuni-tari, in tre tomi (S.M.E. Ufficio Storico, 1994 e 2000); Le Milizie Triestine Secoli XVIII XIX XX - Le Milizie urbane, civiche, terri-toriali - Le Guardie civiche, nazionali, municipali - Il C.L.N. e il C.V.L., l’U.O.-DE, l’OF-KMT e la Milizia popolare - Le Forze di Polizia della Venezia Giulia in 4° di foglio (Edizioni della Laguna, 2006); La Resistenza italiana nella Venezia Giulia (1943-1945) Fonti archivisti-che (Libreria Editrice Goriziana, 2008); La Resistenza patriottica a Trieste 1943-1945, coautori Marina Catta-ruzza (autrice del saggio Alle origini della “Questione di Trieste”) Lino Felician, Fabio Forti, Vittorio Leschi (il II Capitolo: Il movimen-to nazionale sloveno (1868-1943) e la Resistenza slavo-comunista a Trieste (1943-1945)), Stelio Spadaro, (Libreria Editrice Goriziana, 2009); L’8 settembre 1943 e i volti della Resistenza a cura e con un saggio di Vittorio Leschi su Il contributo delle Forze Alleate e delle Forze Armate Italiane alla Guerra di Liberazione 1943-1945 e i Diari di Marino Colombis, Lino Felician, Giorgio Pugi e Virgilio Covacci (Li-breria Editrice Goriziana, 2010). In corso di stampa: Le Frontiere della Venezia Giulia (1866-1924) (S.M.E. Ufficio Storico).

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22 OTTOBRE 2018

A ranghi estremamente ridotti si è svolta il 26 agosto a Spignon di Pulfero la cerimonia in

ricordo dei Caduti del Reggimento Alpini Taglia-mento. Il maltempo ha certamente influito nega-tivamente sull’afflusso di partecipanti, ma per gli Alpini la causa principale è stata la concomitanza con troppi altri impegni ANA, tra cui l’importan-

REGGIMENTO ALPINI TAGLIAMENTO

LA CERIMONIA A SPIGNON DI PULFERO

te consegna del Premio Fedeltà alla Montagna a Faedis. Particolarmente esigua è stata anche la rappresentanza della Sezione di Trieste.

La pioggia ha reso necessario celebrare la Santa Messa all’interno della chiesetta del Santo Spirito in cui ci si è riparati dopo l’alzabandiera.

Un primo timido raggio di sole ha reso possi-

L’alzabandiera il 26 agosto a Spignon di Pulfero.

La Santa Messa presso la chiesetta del Santo Spirito.

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23L’ALPIN DE TRIESTE

bile il resto della celebrazione all’aperto (allocu-zione del Reggente, onore ai Caduti ed Ammai-nabandiera) e poi il tempo, finalmente messosi al bello, ha accompagnato i Triestini a Cividale, la città che più di ogni altra “dovrebbe” la sua grati-tudine a quei soldati, quasi tutti volontari, che nel 1944 e 1945 combatterono e si immolarono su quelle montagne per difenderne l’italianità.

Ho scritto “dovrebbe”, usando il condizionale, perché ormai ben pochi ricordano il valore, l’ab-negazione ed il sacrificio di quei combattenti. Ben pochi vanno a ricordarli a Spignon di Pulfero, quel paesino di soli 13 abitanti (quattro maschi e sette femmine) lassù tra i boschi dove, nella pic-cola radura davanti ai ruderi della chiesetta, i po-chi superstiti, pressoché privi di armi, munizioni e mezzi di sostentamento, decisero di sciogliere il reparto nei primi giorni di maggio del 1945.

Scesi a Cividale abbiamo avuto la gradita sor-presa di trovare la città in festa per il Palio di San Donato, ed in Piazza del Duomo abbiamo potuto assistere al “Contrasto d’Amore”, la rievocazione di un amore contrastato simile a quello di Giuliet-ta e Romeo che però, dopo cruente battaglie tra le famiglie rivali, ha un lieto fine. Le due famiglie

si riconciliano, i due innamorati si sposano ed i numerosi morti distesi in Piazza del Duomo si al-zano e vanno all’osteria!

Abbiamo poi visitato il mercatino (in tema me-dievale) ed il museo all’aperto tra cui la gabbia (in cui venivano rinchiusi ed appesi i condannati al pubblico ludibrio) di cui ha fatto una breve espe-rienza anche la non molto convinta Lucia Dandri.

Bur

Il Contrasto d’Amore a Cividale.

Il boia rinchiude Lucia nella gabbia.

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24 OTTOBRE 2018

Anche se alla Scuola Allievi Ufficiali di Artiglieria da Montagna a Foligno non avevo raggiunto

la qualifica di “allievo scelto”, superato il periodo da sergente AUC1, fui richiamato alla SAUSA come istruttore di ACS (Allievi Capi Squadra).

Alla fine del 2015 venni contattato per telefono da un certo Lucio Gava di Conegliano. “Ancora un piazzista!” pensai lì per lì. Invece no. Mi ricordai che io ero stato un suo allievo che stata cercando i suoi commilitoni dell’8° corso del 1965 a Foligno.

Chiarito l’equivoco, mi si è aperto nella mente l’album dei ricordi. Sorretto dalle mie particolari attitudini, che evidentemente non erano sfug-gite ai miei superiori, avevo fatto due servizi di picchetto, brigando per farli a ferragosto ed ai primi di novembre, notoriamente periodi di cal-ma piatta. Furbo, eh?

Nel primo turno andò tutto tranquillo e son-nacchioso finché non arrivò improvvisamente una penna bianca, un maggiore che a bruciape-lo mi domandò la situazione. Preso impreparato alla sprovvista, buttai giù dei numeri a caso ma

RICORDI DI NAJAUN UFFICIALE DI PICCHETTO FANTASIOSO

verosimili: ufficiali, sottufficiali e truppa presenti, malati, in licenza, CPR, CPS, muli, ecc. e tutto finì lì … almeno io speravo.

Invece, appena smontato dal servizio, un fami-glio del circolo ufficiali venne a dirmi che ero at-teso al bar perché il signor maggiore mi invitava a festeggiare la vincita al lotto ottenuta giocan-do i numeri che gli avevo dato. L’invito era ovvia-mente … a mie spese!

Nel secondo turno, quello di novembre, al momento della libera uscita presi il disco con la marcia e lo girai perché l’usuale lato “Armi e brio” mi pareva usurato. Sul retro non c’era l’etichetta ma lo misi ugualmente, così tutti sfilarono al suo-no dell’“US Marines Anthem”, l’inno dei Marines americani, come nei film, ma non tutti gradirono. Quella volta al circolo ufficiali brindammo a whi-sky … indovinate a spese di chi!

Vittorio Tranquillini

1. Per alcuni anni, dopo la scuola Allievi Ufficiali di Complemento si faceva un periodo di quattro mesi di Sergente AUC prima di diventare Sottotenenti.

DARWINL’EVOLUZIONE DELLA SPECIE

SAUSA Foligno1° GR. - 3° BATT. - 4a SEZ.

Ottobre 1964

C.ma PIAVE DobbiacoG.ppo ASIAGO - 30° BATT.

Maggio 1965

SAUSA FolignoIstr. ACS - 9° BATT. S.T.

Novembre 1965

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25L’ALPIN DE TRIESTEL’ALPIN DE TRIESTE

Lo studieremo a guerra finita

Caro Direttore, allego un documento incredi-bile che potrebbe passare per uno dei tanti fake copia/incolla che circolano nel web, ma disgra-ziatamente è vero!

Ho rinvenuto infatti la notizia spulciando il n. 229 di Storia Militare di ottobre 2012, rubrica “Documenti”, p.37. Spiega infatti la rivista che il documento è emerso casualmente duran-te una ricerca d’archivio e porta la data del 21 luglio 1940, ovvero dopo la conclusione delle campagne di Polonia e Francia che avevano visto l’arma corazzata tedesca impiegata con successo con tattiche innovative tali da stupire il mondo. La cosa però non dovette impressio-nare il Maresciallo Pietro Badoglio, il quale… ma qui mi fermo perché non voglio anticipare nul-la, e lascio al lettore i commenti sulla lettura di questo breve ma significativo documento.

Però, se questi erano i nostri condottieri ... c’è da stupirsi se i destini del nostro Paese fossero segnati dall’inizio?

Cordiali salutiLivio Fogar

Una rivista ricca e interessante

Caro Dario, grazie per avermi inviato il vostro giornale che leggerò con calma, ma già in una prima scorsa lo ho trovato ricco, interessante, ma anche ironico che non fa mai male e per-tanto adatto a tutti i palati oltre che a  quelli de-gli Alpini e credo questo sia il vostro obiettivo ampiamente raggiunto.

Cari salutiFranco Viezzoli

Lettereal direttore

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Sono molti i “giovani” della nostra Sezione che sono stati costretti ad emigrare in altre regioni per esi-genze lavorative, chi in Friuli, chi in Veneto chi, come Mauro Ferluga, in Piemonte, a Torino.Ed è proprio a Torino che, oltre al lavoro, Mauro ha trovato l’amore e sabato 08 settembre ha coronato il proprio sogno convolando a nozze con Giovanna Robbe, bellissima ragazza torinese.Alla cerimonia, tenutasi presso il Comune di Torino e officiata dal Sindaco Chiara Appendino, erano pre-senti in rappresentanza della Sezione Lorenzo “Lol-lo” Andriani e Giuseppe Rizzo, accompagnati dalle rispettive consorti Elisa Piscianz e Erika Pieri.A Mauro e Giovanna i nostri migliori auguri.

 Giuseppe Rizzo

MAUROE GIOVANNA

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26 OTTOBRE 2018

Tutti sappiamo che nelle attività di emergenza è fondamentale avere flessibilità e rapidità di

intervento, per non sprecare inutilmente risorse ed energie. Elemento fondamentale, al raggiun-gimento di questo obiettivo, viene svolto dai tec-nici e dagli operatori TLC (Telecomunicazioni).

Situazioni passate hanno dimostrato che è im-portante tenere in considerazione la possibilità che i normali canali di telecomunicazioni, la te-

PROTEZIONE CIVILE ANA TELECOMUNICAZIONI FVG

CHI SIAMO E COSA FACCIAMO...

lefonia fissa ma anche quella mobile (cellulari), vadano a subire disservizi parziali o totali che impediscono ogni forma di comunicazione. E’ a questo punto che entrano in gioco le TLC, crean-do in tempi brevi ed in tutte le situazioni, maglie radio più o meno complesse che hanno l’obiet-tivo di ristabilire autonomamente i contatti tra i vari attori che sono chiamati ad operare nell’e-mergenza.

La visita di una scolaresca alla centrale operativa. Corso di telecomunicazioni.

Il gruppo dei volontari del TLC (Telecomunicazioni).

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27L’ALPIN DE TRIESTE

Le maglie radio, vuoi in modalità analogica che con il tempo tenderanno a sparire vuoi in moda-lità digitale, con l’installazione di ponti radio e ri-petitori permettono di creare e stabilire dei veri e propri centri di coordinamento attivati in ambito territoriale come ad esempio, il CCS (Centro Co-ordinamento Soccorsi), COM (Centro Operativo Misto) e COC (Centro Operativo Comunale) per citarne alcuni.

In situazioni più complesse ed in aree molto più vaste vengono poi impiegati sistemi e ter-minali di tipo satellitare i quali permettono, sulle lunghe distanze, di veicolare informazioni quali dati, audio, allarmi e video.

In tutte queste attività, più o meno complesse ed articolate, oltre che a “saper fare” è necessario ed importante “sapere”.

Ed ecco che tra le nostre attività giocano un ruolo importante le esercitazioni periodiche di protezione civile svolte nei vari ambiti, ma so-prattutto la formazione capillare e continua, che rappresenta un tassello importante, ed aggiun-gerei fondamentale, nel raggiungimento dell’o-

biettivo che è quello di essere efficienti, preparati e tempestivi nel momento del bisogno.

Ecco questi siamo noi delle TLC dell’ANA, vo-lontari che hanno scelto di dedicare, parte del loro tempo libero agli altri, attraverso la passione verso quel mondo fantastico che sono le Teleco-municazioni. A Trento in occasione dell’Adunata, durante la sfilata, lo speaker ci ha definito “gli uo-mini invisibili”, volontari che non si vedono ma ci sono e lavorano con umiltà, senso del dovere, ma soprattutto con il cuore … e le loro antenne.

Lido Incardona

Installazione di un’antenna in alta montagna.

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28 OTTOBRE 2018

STULTA LEX SED LEX

Forse è soltanto una mia impressione, oppure con l’età sto diventando sempre più brontolo-ne e criticone, ma a me pare che la qualità e la capacità dei nostri uomini politici (di qualsiasi colore, al governo ed all’opposizione) si stiano sempre più deteriorando nel corso degli anni.Oppure erano scadenti ed incompetenti an-che 40 o 50 anni fa ed io non me ne accorge-vo. Non lo so.Comunque tempo fa su queste pagine ho già accennato alle leggi sulla nautica che im-ponevano particolari modifiche alle luci di bordo per poi (quando tutti ebbero apporta-to quelle modifiche) dire candidamente che – ops! – ci siamo sbagliati: non occorreva!Ed anche quando venne imposto un tipo ed una marca (!) di salvagenti che una volta mes-si in acqua ci si accorse che affondavano tra-scinando a fondo gli eventuali naufraghi.Recentemente abbiamo visto la confusione causata dal decreto che vietava l’ingresso a scuola ai bambini non adeguatamente vac-cinati, solo per realizzare troppo tardi che tale divieto è anticostituzionale per la scuo-la dell’obbligo. Si poteva applicare solamen-te per le scuole materne, ma senza la scuola dell’obbligo il decreto perdeva il 90 percento del suo effetto.Poi c’è stata la pagliacciata dei sacchetti eco-logici per la spesa, con l’obbligo di citarli negli scontrini fiscali. Una battente campagna di stampa e televisione ha inutilmente tentato di spiegare l’utilità di questo decreto.Emblematico il caso che capita regolarmente

a me quando vado in farmacia per i miei ac-ciacchi di vecchiaia: le medicine mi vengono date gratuitamente, ma il farmacista mi deve emettere lo scontrino per l’importo di un centesimo per il sacchetto ecologico.Siccome non è ammesso riutilizzare per un nuovo acquisto un sacchetto ecologico pre-cedentemente comperato, qualche maligno insinua che ci sia sotto qualche interesse a favorire amici produttori di sacchetti, ma io assolutamente non ci credo. Credo piuttosto che si tratti di incompetenza, faciloneria e su-perficialità.Parafrasando una frase attribuita a Socrate (ma Socrate non parlava in latino!) o – più cre-dibilmente – ad Ulpiano, io oserei dire “stulta lex sed lex”.Prevedendo in modo sorprendentemente esatto il futuro, nel 1871 il filosofo svizzero Hen-ri-Frédérik Amiel scriveva: “La maggiore età si abbasserà, la barriera del sesso cadrà, e la demo-crazia arriverà all’assurdo rimettendo la decisio-ne intorno alle cose più grandi ai più incapaci.”

Bur

I calci del Mulo

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29L’ALPIN DE TRIESTE

LE VELINE

Mi dispiace, ma devo tornare su questo argomento già da me trattato in passato nella rubrica “I calci del mulo”.In Italia, come in tutto il resto del mondo, accadono in continuazione fatti gravi, spesso tragici, situazioni tristi, incidenti, eccetera, ma solo pochi di essi assur-gono agli “onori” della cronaca e vengono portati a conoscenza del grosso pubblico tramite i mass me-dia. Ma chi decide cosa pubblicare e cosa no?Fatto sta che le varie tipologie di incidenti spesso avvengono a periodi. Ossia, per un certo periodo si parla insistentemente di cani che mordono persone (e bambini, che colpisce di più la pubblica sensibi-lità). Poi, in un periodo successivo sembra che ac-cadano incidenti di nautica in gran quantità. Poi è il periodo dei furti ed aggressioni, e così via. Tutto avviene a periodi.Alla fine di ogni periodo interviene lo Stato che sta-bilisce nuove norme, nuovi acquisti, nuove tasse e quella tipologia di incidenti cessa … o perlomeno i mass media non ne parlano più … e si è pronti per un nuovo periodo, nuova tipologia, nuovi acquisti obbligatori, nuove leggi, nuove tasse.Allora mi domando: esiste i Italia una regia sul tipo del Minculpòp, il famoso Ministero della Cultura Po-polare fascista? A me sembrerebbe proprio di sì. Oppure è solo una coincidenza?Se c’è una regia, stavolta l’hanno fatta grossa. I mass media quest’anno hanno cominciato a riportare notizie dapprima di cani chiusi in macchina sotto il caldo sole d’estate, poi è cominciata la tragica serie di bambini morti perché dimenticati in macchina in piena estate.Improvvisamente è comparso sul mercato un di-spositivo che “impedirebbe” di dimenticare i bam-bini in macchina, e sembra che l’acquisto sarà obbli-gatorio … e costoso.Io oso sperare che stavolta si tratti veramente di una coincidenza e che nessuno abbia voluto sfruttare si-mili strazianti tragedie a scopi commerciali usando in modo intenzionale i mass media.Lo spero proprio, ma la sicurezza non ce l’ho!

Bur

I calci del Mulo

LA VERITÀ

Sino a qualche mese fa, quando in Italia od all’estero veniva tentato o compiuto un atto delittuoso tale da farne ipotizzare la natura terroristica, è innegabi-le che si cercasse di nascondere o dissimulare, sino all’ultimo, l’identità e l’etnia dell’autore, nel timore che rivelarne l’eventuale natura islamica, potesse innescare nell’opinione pubblica un atteggiamento di apprensione o di avversione all’incontrollata ac-coglienza che caratterizzava il Bel Paese.Motivo evidente: il non farlo avrebbe potuto solle-vare amare critiche al disinvolto operato e messo in dubbio la pretesa bonomia ecumenica dell’allora governo in carica. Al contrario, ora si assiste all’amplificazione della ri-levanza di fenomeni di delinquenza comune in cui siano incorse persone di altra nazionalità, in parti-colare di colore, connotandoli subito, dovunque e senza validi accertamenti, in un quadro di diffuso e allarmante razzismo.Motivo altrettanto evidente: produrre opposizione e discredito al governo in carica. Entrambi i casi risalgono ad una certa impostazione ideologica di collaudata provenienza dall’est, dove l’utilizzo distorto dell’informazione si chiama da tempo “disinformazia.”Proprio in tema di accoglienza e di razzismo, con tale tecnica del travisamento e del mendacio, una certa parte politica riuscì. - in Italia nel secondo dopo guerra - a rifiutare un minimo di accoglienza, non a dei profughi esotici a maggioranza econo-mici, ma a dei perseguitati dal regime comunista jugoslavo, trattandoli con sprezzante razzismo pur essendo dei disperati fratelli, sicuramente più italia-ni di chi li maltrattava.Quindi, quanto si ripete ora non è che un’attitudine vocazionale radicata che dispiace, ma non stupisce.

Italico Cauteruccio

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30 OTTOBRE 2018

Per oltre vent’anni gli Alpini della nostra Sezione hanno collaborato con la Società Velica di Barcola

e Grignano (SVBG) offrendo gratuitamente il trasporto degli equipaggi tra le zone di ormeggio e la segrete-ria della società organizzatrice per le iscrizioni, e più volte equipaggi alpini hanno partecipato alla regata. Nell’ambito della Barcolana del 1999 inoltre l’ANA di Trieste ha organizzato il trofeo “Alpin de Mar” tra gli equipaggi con “skipper” alpino.

Ma adesso la regata ha assunto proporzioni tali che il trasporto-equipaggi offerto dagli alpini non è più sufficiente e la SVBG si è dovuta attrezzare in modo più professionale affidando quel servizio a ditte spe-cializzate. Quest’anno la regata Barcolana ha superato il Guinness dei primati ed è diventata la regata più po-polosa del mondo, raggiungendo il numero di 2700 barche iscritte, di cui quasi 2000 arrivate al traguardo. Un numero enorme, eccessivo per il nostro piccolo

LA BARCOLANA DEI RECORDANCHE QUEST’ANNO PRESENTI GLI “ALPINI DEL MARE”

golfo al che qualcuno ha commentato ironicamente “ghe xè più barche che acqua!”.

Gli “alpini di mare” però continuano ad essere attrat-ti da questa sensazionale manifestazione sportiva ed anche quest’anno la mia imbarcazione “Trentatre” ha imbarcato quattro penne nere, tra cui l’alpino trentino Italo Viola di ottantaquattro anni (ma non li dimostra).

Lo avevamo invitato a bordo sapendo che era stato un atleta, sciatore e montanaro e che, nonostante la sua età, va ancora a sciare; ma solo durante la regata abbiamo appreso che è anche un esperto velista aven-do partecipato con risultati niente affatto disprezzabili a varie regate sul lago di Garda. Italo si è dimostrato infatti un ottimo aiuto a bordo, partecipando con ina-spettata vigoria a portare la barca sia come timoniere che come prodiere. Ed anche come “uomo di fatica” quando necessario … a ottantaquattro anni!

Bur

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31L’ALPIN DE TRIESTE

Da quando il Casinò di Campione è fallito, pare che sia l’amministrazione svizzera ad alleviare con più

servizi - registrati per altro a debito del Comune di Campione - le sofferenze economiche dei suoi abitanti.

Un deputato svizzero ha proposto l’annessione alla Svizzera del territorio del Comune italiano, interamen-te circondato dal territorio svizzero, un’enclave inglo-bata nel territorio del Canton Ticino.

Qualche sostegno svizzero all’idea dell’occupazio-ne, qualche rimostranza italiana.

Qualcuno ha affermato che essendo il Comune all’interno del territorio svizzero non sarebbe innatu-rale il passaggio di sovranità.

Si dà il caso che sia l’intero Canton Ticino all’interno del territorio naturale italiano – a sud del displuvio al-pino – e che l’assoluta maggioranza degli abitanti del Cantone siano italofoni.

Tanto chiasso per nulla oltre la frontiera di Chiasso?Chiediamoci piuttosto perché sono possibili questi

atteggiamenti così disinvolti contro la sovranità ita-liana: la polizia francese che irrompe a Bardonecchia con rude disinvoltura, il Ministro austriaco Kurtz che propone la cittadinanza austriaca a cittadini dell’Alto

Adige anche se non hanno rinunciato a quella italia-na, ed ora questo affondo dei roditori svizzeri su Cam-pione.

Contribuisce l’assoluta assenza del pensiero risor-gimentale volto al completamento dell’unità d’Italia nell’ambito dei suoi confini naturali, le Alpi e i mari.

Perché lo Stato italiano non risponde al cauto ma non ingenuo tentativo svizzero facendo la proposta di annessione del Canton Ticino all’Italia?

Replicando le argomentazioni sentite col sostenere specularmente che tutto dovrebbe avvenire natural-mente lungo un percorso democratico, con due parti che dialogano e che si danno una decina di anni di tem-po. Nessuno si sognerebbe mai di proporre una annes-sione unilaterale! Sarebbe però opportuno che italiani e svizzeri cominciassero a pensare al progetto, perché la politica è fatta anche di progetti a lungo respiro.

E di amore per la propria Patria, che in tempo di pace si difende divulgandone la storia e la geografia.

Anche in Parlamento.Claudio Susmel

Dal blog “Oblò” www.caludiosusmel.itSettembre 2018

IL GORGONZOLA PUZZA MENO DELL’INDECENTE

PROPOSTA SVIZZERAAD ALPIUM FINES

Veduta di Campione, enclave italiana inglobata nel territorio del Canton Ticino.

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FIENO IN BAITAC/C POSTALE 12655346 INTESTATO A ASS. NAZ. ALPINI, SEZ. DI TRIESTE

È vero, i soldi non fanno la felicità. Ma senza soldi la nostra sezione non va avanti.Gli introiti dei canoni sociali (i bollini) sono importantissimi, ma non sufficienti.

Gli “extra” raccolti grazie alla vostra liberalità costituiscono una vera boccata d’ossigeno.Ognuno contribuisca a portare un po’ di fieno in baita.

Comitato Organizzatore per Trofeo Furlan Euro 567,00Consiglio Direttivo pro Trofeo Furlan Euro 90,00Fam. Geniram Kraus in memoria di Sergio Dobrinz Euro 60,00Gerini Luigi pro Trofeo Furlan Euro 30,00Gregori Nevea per “L’Alpin de Trieste” in mem. di Marisa Fonda Euro 25,00Innocente Aldo pro borsa di studio G. Nobile Euro 150,00NN per il coro ANA Trieste “Nino Baldi” Euro 20,00Pastori Giorgio pro Trofeo Furlan Euro 100,00Puntin Lucio in memoria del fratello Ferruccio Euro 25,00Tagliaferro Ellade in memoria di Sergio Dobrinz Euro 50,00Vermiglio Luigi per “L’Alpin de Trieste” Euro 20,00

CIRCOLARI SETTIMANALIA causa delle nuove normative della Legge della Riservatezza (privacy) ho interrotto provvisoriamente l’invio delle solite circolari settimanali ai soci per posta elettronica. I soci e simpatizzanti che desiderano ricevere le circolari sono pregati di comunicarmi nuovamente il loro indirizzo di posta elettronica e di autorizzarmi per iscritto a detenerlo ed utilizzarlo per le suddette circolari e per eventuali altre comunicazioni riguardanti direttamente o indirettamente argomenti connessi con l’Associazione Nazionale Alpini e similari. L’autoriz-zazione, chiara, completa ed in calligrafia leggibile, mi dovrà essere consegnata direttamente o tramite la segreteria della nostra Sezione, oppure con messaggio di posta elettronica indirizzato a [email protected] .

Dario Burresi

TESTO DELLA DICHIARAZIONE LIBERATORIAIo sottoscritto … (nome e cognome) … autorizzo il sig. Dario Burresi a detenere il mio indirizzo di posta elettronica … (citare l’indirizzo) … e ad utilizzarlo per comunicazioni e messaggi riguardanti direttamente o indirettamente argomenti connessi con l’Associazione Nazionale Alpini e similari.

… (firma e data) …

IN CASO DI MANCATO RECAPITO, RESTITUIRE ALL’UFFICIO C.P.O. DETENTORE DEL CONTO PER LA RESTITUZIONE AL MITTENTE CHE SI IMPEGNA A PAGARE LA RELATIVA TARIFFA