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Come ogni anno l’Archivio di Stato partecipa con entusiasmo ai gran-

di eventi della Notte dei Musei.

Per la Notte 2015 si è deciso di proporre un percorso documentario che raccon-

ti (in un ideale collegamento con Expo) in maniera non esaustiva ma per cam-

pioni la storia della città attraverso le sue iniziative merceologiche.

Partendo dal racconto di Folchino Schizzi nel volumetto Tre giornate del conte

Folchino Schizzi (1824) in cui narra della sua visita alla Fiera di Cremona da poco

attivata, si snoderà il cammino lungo le varie e ricche esposizioni che anche a

Cremona si allestivano nel corso dell’Ottocento.

Si ricorderà quindi la grande Esposizione agricola tenutasi a Cremona nel 1863

quindi quella del 1880 con l’incendio del padiglione appositamente costruito in

piazza Roma.

Accanto alle fiere si ricorderanno alcune feste particolarmente significative: su

tutte le Feste di maggio con i commercianti in prima linea.

Le intraprendenti aziende cremonesi e gli istituti di beneficenza partecipavano

però anche alle più importanti esposizioni internazionali: il ricordo quindi del-

l’esposizione di Londra del 1879 in cui erano stati esposti ad esempio i violini di

Enrico Ceruti, oppure la partecipazione, a Milano, nel 1881 degli Asili infantili

con materiale significante l’attività svolta.

In tutte le manifestazioni fieristiche i cremonesi comunque ottenevano sempre

grandi risultati e medaglie e diplomi.

Certamente non è stato possibile affrontare e sviluppare l’argomento in modo

esaustivo, ma come sempre queste piccole mostre vogliono far conoscere tutto

il patrimonio documentario conservato in Archivio di Stato ma anche dimostra-

re come esso possa parlare in ogni momento.

Angela Bellardi

Direttore Archivio di Stato di Cremona

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Copertina: progettazione grafica di Silvia Corbani

Fiera, Festa ed Expo: produrre che spettacolo!

di Nicola Arrigoni

Tempo e spazio convivono nel termine fiera, termine che si richiama allafesta come occasione fuori del quotidiano di ritrovarsi e riconoscersi, unritrovarsi che nel contesto urbano ha un suo spazio, un suo luogo depu-tato, un’architettura della festa appunto, ma che in questo caso è fiera,qualcosa che sembra collimare con ciò che alla festa è opposto: il lavo-ro, il produrre e al tempo stesso il mostrare ciò che si è prodotto.Quest’ambiguità di senso del termine fiera che sa di festa e al tempo stes-so di chiusura – festosa sì – del lavoro e del produrre trova una sua par-ticolare suggestione antropologica se messa in relazione con il contestourbano, con l’evolversi del termine e delle modalità di fare fiera e, per-ché no, fare festa. Laddove la «festa è un istituto sociale in cui si scam-biano e si condividono i beni simbolici di diversa origine e natura e in cuisi solennizzano particolari momenti della vita culturale e collettiva. Inessa, il fatto comunicativo per lo più si realizza concedendo largo spazioalle espressioni di un immaginario, che sovente si incanala nelle formedel ludico e dello spettacolare, e che a sua volta trova luogo soltantoentro i termini di uno ‘spazio’ e di un ‘tempo’ ideologizzati come ecce-zionali e sacri»1. In questo senso la fiera sembra coniugare festivo e quo-tidiano, sembra unire in sé la gioia dello spreco proprio della festa maanche – nell’abbondanza del mostrare – lo spettacolo del fare, del pro-durre che è frutto di fatica, che nell’evoluzione del fare fieristico divienespettacolo di chi fa, mostra merceologica ma anche esposizione del lavo-ro della comunità, sacralizzazione del lavorare, festa della società cheproduce. E allora la fiera rischia di essere un ossimoro non privo di fasci-no con cui dobbiamo fare i conti in una società condannata a produrre pervivere o sopravvivere.

Dalla festa alla fiera: il tempo

Fiera e festa mantengono (insieme al termine sagra) nelle loro rispettiveetimologie la comune caratteristica di un momento collettivo ecceziona-le, fuori dal tempo ordinario, vissuto nel segno dell’abbondanza: «Il lati-no arcaico usò festum (e festa al plurale) per ‘gioia pubblica, giubilo, bal-doria’, e feria - ae per ‘astinenza dal lavoro in onore degli dei’. Da feriaderivò fiera, ‘mercato, esposizione di prodotti commerciali’. Sagra (da

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sacer) in origine festa che commemorava la consacrazione di una chiesa,divenne poi la più laica solennità con fiera e mercato»2. Il richiamo allediverse etimologie non è fine a se stesso, ma vuole sottolineare la naturafestosa di quelle manifestazioni spesso di carattere prima agricolo e mer-ceologico, poi industriale, commerciale e per fino culturale che sonostate le fiere campionarie. Lontane dalle antiche origini sacrali, di cuioggi mantengono un flebile ricordo le esposizioni di carattere merceolo-gico che si richiamano ad un santo e spesso al patrono del paese o dellacittà, le fiere dei nostri giorni hanno invece la loro origine ‘laica’ nellafilosofia del lavoro e del profitto, seguita alla rivoluzione industriale eall’ascesa della borghesia. La rottura delle tradizioni e della solidarietàrurali da un lato e dall’altro la duplice contrapposizione lavoro/festa eproduzione/ozio contribuirono al discredito dell’istituto della festanell’Europa dei lumi prima e poi industriale e borghese. «Si può dire chenella storia dell’Europa moderna, mondo delle feste e mondo della pro-duzione siano proceduti di pari passo, ma in senso inverso, e le prime sisiano ridotte in maniera esattamente proporzionale all’avanzata dellaseconda; così come d’altronde, l’affermarsi dei sistemi di governo asso-lutistici collaborò (...) alla riduzione delle feste, per ragioni che vannodall’incremento della produzione alla necessità di controllo dei governa-ti. (...) Ma è con l’illuminismo che la guerra alle feste viene fortementedichiarata, nel nome della Ragione e delle esigenze dello sviluppo eco-nomico e produttivo»3. Un passaggio determinante questo e che per certiversi ancora oggi fa sentire i suoi effetti, anzi di questi effetti si avvertela degenerazione, il passaggio dell’esigenza di produrre per vivere allapiù preoccupante condanna a vivere per produrre, una trasformazioneche ha portato a mutare il tempo della festa in tempo libero, libero dallavoro ma da questo deciso, tempo che oggi rischia di essere non più‘tempo libero’ ma ‘tempo vuoto’, laddove l’identità dell’io si misura inbase a ciò che fa, meglio il fare è l’essere e allora l’ozio e il tempo libe-ro rischiano di segnare una mancanza d’essere, il vuoto dell’anima. Tuttociò ha la sua origine remota nel XVIII secolo, ma se fino a buona partedel XIX secolo l’orizzonte è quello fiducioso del progresso e della pro-duzione industriale, a ridefinire l’orizzonte è poi nel XX secolo, lo stra-potere della tecnologia, il produrre per produrre, il mezzo che diventafine. «Dal ‘700 con il nascere dell’età moderna caratterizzata dall’affer-marsi della borghesia mercantile, le grandi feste urbane entrano in crisi

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attaccate polemicamente da laici e religiosi e infine soppresse. Il nuovospirito efficientista proprio della morale capitalista vedeva nelle feste unostacolo al libero esercizio dell’attività lavorativa per le classi subalter-ne»4. Ma la borghesia trionfante pur predicando l’avvento dell’utile edella ragione del lavoro si vide costretta, per far digerire le ineguaglian-ze sociali, a riproporre dei riti di spreco collettivo, di cui, senza alcundubbio le fiere fanno parte. A questo contesto si riferisce il fenomeno del-l’invenzione della tradizione, dove per invenzione della tradizione «siintende un insieme di pratiche, in genere regolate da norme apertamenteo tacitamente accettate, e dotate di una natura rituale o simbolica, che sipropongono di inculcare determinati valori o norme di comportamentoripetitive nelle quali è automaticamente implicita la continuità col passa-to. Di fatto, laddove è possibile, tentano in genere di affermare la propriacontinuità con un passato storico opportunamente selezionato»5. Il pro-cesso di invenzione si sviluppa tenendo presenti due punti fondamentali.In primis viene creato un sistema simbolico-rituale che si pone subitocome momento forte di identificazione, capace di mettersi in contrastocon i continui cambiamenti ed innovazioni del mondo moderno. In que-sta prospettiva l’esigenza di una nuova cerimonialità assume la funzioneimportantissima di orientare in modo appropriato, in ogni nuova situa-zione, i comportamenti, i punti di riferimento, il linguaggio, i valori diuna socialità sradicata che nella struttura rigida del nuovo cerimonialeindividua un fattore chiave in grado di ricreare e produrre nuove collet-tività e identità. Creata una struttura simbolico-cerimoniale che si vor-rebbe immobile e immutabile all’interno di un assetto sociale in continuatrasformazione, nasce l’esigenza di un’auctoritas che giustifichi e rendacredibile la ‘novità’. Da qui il ricorso al passato, ad una tradizione che sivorrebbe scaturita dagli albori della storia, in grado di conferire credibi-lità e continuità l’invenzione operata dalla società, intenta ad affievolireil senso di radicamento che la pervade. In questa dialettica fra un presentee passato prossimo alla ricerca di identità e un passato, una tradizionestorica, accuratamente selezionati, si inserisce l’invenzione della tradi-zione, in cui passato e presente convivono, in cui le vocazioni produttivedi un territorio finiscono con trovare la loro messinscena in un tempo ein uno spazio ben definiti, il tempo della fiera. La fiera mostra il faredella comunità, il ben-essere della collettività e lo fa – nelle invenzioniottocentesche delle prime manifestazioni fieristiche – legando le iniziati-

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ve merceologiche a quanto il territorio produce e necessita di promuove-re. E il prodotto – sia questo agricolo prima, industriale e commercialepoi – fa mostra di sé, è occasione per fare festa con divertimenti di piaz-za, spazi interamente dedicati alla manifestazione che segnano la separa-tezza della fiera dal resto del contesto urbano, così come la festa si dif-ferenzia dal quotidiano.

Dalla festa alla fiera: lo spazio

La questione dello spazio urbano non è meno interessante di quella lega-ta al tempo per tentare di leggere quale ‘spazio’ appunto sia riservato allafiera nella vita della città e delle comunità. Fiere e mercati hanno nelleloro origini la piazza come luogo deputato, una piazza che poi si famondo, destinata ad esplodere ed espandersi, ma non a cambiare disenso: hortus conclusus all’interno del quale si mostrano la capacità diprodurre, i sogni di benessere e opulenza della comunità sia questa loca-le o universale. La definizione della fiera/mercato ha una sua ragioneurbanistica nell’atto fondativo delle stesse città, «il tessuto urbano nascee si sviluppa non tanto a causa della concentrazione della popolazione odi attività di produzione fisica dei beni, quanto in funzione della quanti-tà e della varietà degli scambi commerciali. Lo sviluppo del commercio,cioè, condiziona quello socioeconomico e, conseguentemente, quellodemografico. Non è un caso dunque che le città siano generalmente sortedove era più facile svolgere attività di tipo commerciale»6. Che si trattidell’agorà greca o del forum romano, che si tratti delle prime botteghe incui l’aspetto produttivo e quello di vendita erano strettamente legati, chesi tratti della nascita di spazi della città dedicati a particolari mercanzie eprofessioni o di mercati ‘specifici’ che diedero nome alle piazze: piazzadelle erbe o piazza del pesce per esempio: l’attività commerciale e mer-cantilistica disegna a suo modo la città e soprattutto diviene occasione discambi e incontri intra ed extra moenia, dentro e fuori la città. In questosenso non è priva di suggestione l’interpretazione offerta da HenriPirenne nel descrivere il suo innestarsi nella città medioevale della clas-se mercantile: «Assai presto, lo spazio che città e borghi potevano offri-re a questi nuovi venuti, sempre più numerosi e ingombranti a mano amano che la circolazione si intensificava, non bastò più a contenerli. Imercanti furono dunque costretti a uscire fuori delle mura e a edificareaccanto al vecchio borgo un borgo nuovo o, per impiegare l’espressione

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che allora lo indicò con grande esattezza, un ‘sobborgo’ (foubourg), valea dire un borgo esterno (forisburgus). Così accanto alle città ecclesiasti-che o alle fortezze feudali, nacquero agglomerati mercantili»7. E’ nellosviluppo degli scambi commerciali e nella definizione di una nuova clas-se di homines novi dediti al commercio che trovano la loro evoluzione lefiere che inizialmente «come i mercati dell’antichità, radunavano vendi-tori e compratori soltanto in occasioni di particolari feste religiose (concadenza generalmente annuale o semestrale) e si svolsero per lo più inprossimità delle chiese. In breve tempo, però, le fiere, pur continuando aconservare il loro fondamentale carattere di momento ludico e di diver-timento, diventarono delle manifestazioni continuative dotate di unavalenza di rilievo nell’economia a base agraria dell’Europa, non qualisingole entità a se stanti, ma in quanto punti di un circuito mercantile pre-determinato con cadenze fisse. (…) Se dunque i mercati svolsero essen-zialmente una funzione utile agli abitanti delle città per il loro approvvi-gionamento di beni, le fiere rappresentano il primo canale di collega-mento tra mercanti europei, tra la città e la campagna, tra le zone di pro-duzione e quelle di commercializzazione e consumo»8.Quanto osservato permette di trarre alcune ipotesi suggestive. Da un latol’attività commerciale e mercantilistica trova inizialmente il suo cuorenel centro della città ma ben presto sente l’esigenza di definire un pro-prio spazio separato, quel fuori dal borgo che dà vita a quartieri com-merciali e a una nuova classe borghese, del borgo appunto. Allo stessotempo i mercati, ma soprattutto le fiere divengono occasioni di scambicommerciali e culturali, occasioni che sotto il segno cadenzato del tempoche ricorre rappresenta un momento di confronto e incontro ben oltre iristretti confini urbani e regionali, se non nazionali. E’ il delicato passag-gio fra XV e XVI secolo che avvia questa sorta di espansione e interna-zionalizzazione dei commerci e dei mercanti, i cui frutti e l’espansione sicoglieranno appiano nel XIX secolo9. Ed è fra XVIII e XIX secolo che –soprattutto in Francia e a Parigi – nascono i primi passages vere e pro-prie gallerie commerciali, come quella voluta dal duca D’Orléans nel1786 nei giardini del Palais Royale, una sorta di anticipazione deimoderni centri commerciali10. Come dire l’aumento di beni prodotti edefinizione degli spazi di spettacoloarizzazione della merce sono così untutt’uno che va di pari passo con l’evoluzione da un’economia rozza e disussistenza ad un economia di carattere industriale e capitalista, caratte-

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rizzata dalla produzione di oggetti standardizzati e immessi sul mercatosenza la certezza di alcuna commessa, quindi bisognosi di essere mostra-ti, esposti, resi visibili nei negozi con le prime vetrine, in spazi pensati adhoc e in tempi e occasioni come le fiere appunto. Spazi separati e tempifestosi caratterizzano anche le fiere campionarie che si spostano alla peri-feria della città, con architetture effimere che definiscono l’area fieristi-ca come parte separata ma festosa rispetto agli spazi urbani del quotidia-no. Nel perimetro della fiera – che prende spesso la denominazione dicampionaria – trovano spazio non solo le merci, campioni standardizza-ti di una massiccia produzione di beni, ma anche occasioni ludiche, lafiera è tempo di spettacoli, i teatri lavorano a pieno ritmo, gli intratteni-menti popolari: lotterie e corse di cavalli o divertimenti affini sono unacostante. In molti casi anche la cadenza cronologica delle fiere si sgan-cia da ricorrenze patronali o sacre per scegliere periodi che si legano piùa fasi dell’anno produttivo, come la fine del raccolto per le fiere campio-narie in ambito agricolo. La fiera diventa fra l’800 e il ‘900 motivo diorgoglio, assume a livello locale il valore simbolico di un progresso pro-duttivo e di una rappresentazione del benessere e della produttività di cuila classe borghese va fiera e che intende festeggiare nel quartiere separa-to della fiera, con tutti i codici simbolici atti a fare del tempo del prodot-to un tempo festoso, lo spettacolo della merce.

Expo, la fiera è universale

A livello internazionale le grandi Expo sono chiamate a rappresentarequanto di meglio la cultura positivista, il saper fare imprenditoriale samettere in atto, in occasione dell’Expo cambia il volto delle città, si hal’obiettivo di mostrare il meglio del mercato, il meglio della tecnologia,il meglio dell’intrattenimento con l’obiettivo e la volontà di indicare lavia del futuro prossimo venturo. «Fin dalle sue prime edizioni nel XIXsecolo le Esposizioni Universali (EXPO) furono un evento intimamentecorrelato allo sviluppo della società contemporanea, funzionando qualestatico palcoscenico per mettere in mostra il progresso delle scienze, glisviluppi della tecnologia, la trasformazione dell’abitare, la crescita dellecittà. Secondo la ricostruzione storica adottata dal Bureau Internationale

des Expositions, organismo regolatore della materia, l’Inghilterra fu ilprimo paese ad ospitare questi grandi eventi nel 1851, con la Great

Exhibition of the Works of Industry of all Nations che vede la partecipa-

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zione di 25 paesi ed è visitata da oltre 6 milioni di visitatori ma va allaFrancia il credito della concezione delle prime esposizioni. Già nel 1798infatti, Parigi organizza l’Exposition publique des produits de l’industrie

Française, che è di fatto uno strumento nuovo per promuovere il paese ela sua identità nazionale, proponendo alla società nuove idee, nuovi valo-ri di progresso, nuove regole economiche e coinvolgendo un grande pub-blico. Con il passare degli anni si delineano i caratteri fondamentali del-l’evento che diventa strumento efficace di diffusione dell’educazione, dicooperazione tra nazioni e istituzioni che vi prendono parte, di innova-zione e quindi di sviluppo internazionale»11. Con le grandi Expo fra XIXe XX secolo gli stati nazionali definiscono non solo le proprie identitàproduttive ma mostrano il loro volto migliore, costruiscono la loro iden-tità, cercano di mostrare il meglio per differenziarsi dagli altri e in quel-la differenza marcare la loro unicità. Siamo nel campo di quell’invenzio-ne della tradizione che nelle Expo celebrò una sua messa in opera in unperenne oscillare fra recupero del passato e magnificenza del presente innome dell’invenzione di un futuro possibile, destinato a compiersi sottoil segno della fiducia nel progresso, nella tecnologia e nel produrre indu-striale. Per questo le grandi Expo ebbero bisogno di luoghi deputati,«pertanto venivano rapidamente create delle città effimere che erano poialtrettanto velocemente demolite, perché dovevano durare il tempo dellacomunicazione. Nell’implosione e nell’esplosione stava la loro vita: e, aben guardare, anche la loro forza»12. La sfida di Expo 2015 promette difungere da cartina di tornasole al senso del rito fieristico, un rito che ogginon racconta più di uno scenario identitario ma in un certo qual modorischia di divenire autoreferenziale, ovvero la testimonianza in atto, inmostra delle potenzialità produttive di un comparto sempre più specifico– le fiere tematiche sempre più specializzate – in cui l’aspetto festivotrova sempre meno spazio, in cui il coinvolgimento della città è sempremeno presente se non in termini quantitativi sull’afflusso di visitatori el’indotto economico che deriva dalle manifestazioni fieristiche.

Alla fiera dello spettacolo della tecnica

A ben rappresentare la trasformazione delle expo internazionale ma allafin fine anche delle manifestazioni fieristiche tout cour è quanto scriveWalter Benjamin in Parigi capitale del XIX secolo: «Le esposizioni uni-versali trasfigurano il valore di scambio delle merci; creano un ambito il

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cui loro valore d’uso passa in secondo piano; inaugurano una fantasma-goria in cui l’uomo entra per lasciarsi distrarre. L’industria del diverti-mento gli facilita questo compito, sollevandolo all’altezza della merce.Egli si abbandona alle sue manipolazioni, godendo della propria estra-niazione da sé e dagli altri…»13. Quanto Walter Benjamin scrive riferen-dosi alle grandi esposizioni universali della seconda metà dell’Ottocentopuò, in un certo qual modo, essere esteso alla trasformazione urbanisticae antropologica delle fiere e soprattutto a quei modelli di fiera perma-nente che sono i centri commerciali, vere e proprie città nelle città finoal punto di imitarne e riprodurne l’aspetto in nome di una iperrealtà dellamerce e dello shopping14. Non è un caso che i quartieri fieristici – rinno-vati e ipertecnologizzati – si siano spostati sempre più al di fuori del con-testo urbano, spesso a ridosso di tangenziali e sbocchi autostradali perpoter godere di una maggiore raggiungibilità. Si veda la fiera di Milano.Alla fruibilità della struttura è inevitabile affiancare un’analisi funziona-le del manifestarsi della fiera. Non c’è più alcuna necessità di immedesi-mazione fra città e fiera, o meglio il punto di riferimento della fiera èextra moenia, la centratura è sul prodotto e sulla merce mostrata, lo sce-nario delle utenze è quello indistinto dell’addetto ai lavori, ma anchedelle comunità formali e informali che si muovono intorno a bisogni piùo meno indotti: si pensi alle manifestazioni fieristiche legate al turismo oalla moda, oppure ai prodotti tecnologici o anche ad auto e moto. Non c’èprodotto materiale o immateriale che non abbia la sua fiera. I legami conla città si concretizzano nell’appoggio alle strutture ricettive e nel rispec-chiamento delle peculiarità produttive che la manifestazione fieristicamostra ed espone, ma anche questo non è più una stretta necessità chevincola l’ideazione e il successo delle manifestazioni fieristiche.L’orizzonte delle fiera è oggi più che mai un orizzonte tecnico, uno spa-zio separato, in cui ad essere protagonisti sono i prodotti, le tecnologie adessi correlate, tutti gli aspetti funzionali ad esercitare la seduzione neiconfronti di una merce – anche servizi – che si mostra in tutta la sua‘potenza’, in tutta la sua forza seduttiva, in attesa che un nuovo progre-dire della produzione la renda obsoleta per una nuova fiera in grado dichiamare a raccolta gli addetti di quel prodotto. In questo senso il pro-dotto diviene un prodotto mondo che ha come referente solo il propriosé e il suo potenziamento. In tutto ciò la comunità urbana scompare perlasciare il passo – nello spazio e tempo separati della fiera – alla comu-

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nità di adepti del prodotto, fruitori e prodotti a loro volta della coazioneal fare e produrre di un mondo che esiste per ciò che consuma. Nella fierasi celebra allora questo culto del produrre e accrescere e migliorare i pro-dotti senza fine in un perenne qui ed ora colorato, seduttivo, festoro…fieristico.

1 C. GALLINI, voce, Festa, in A. ATTISANI, a c. di, Enciclopedia del Teatro del ‘900, Feltrinelli,Milano, 1980, p. 416.2 A. FALASSI, Feste, teste, tempeste, in A. FALASSI, a c. di, Le tradizioni popolari in Italia. La festa.

Electa, Milano, 1988, p. 9.3 F. CARDINI, I giorni del sacro, Il libro delle feste, Editoriale Nuova, Milano, 1983, pp. 74-77: 4 V. LANTERNARI, Festa. Carisma. Apocalisse, Sellerio, Palermo, 1983, p. 36.5 E. J. HOBSBAWM, Introduzione: come si inventa una tradizione, in E. J. HOBSBAWM-T. RANGER, ac. di, The invenction of tradition, 1983, tr. it., L’invenzione della tradizione, Einaudi, Torino, 1987,pp. 3-4.6 V. CODELUPPI, Lo spettacolo della merce. I luoghi del consumo dai passages a Disney World,Bompiani, Milano, 2000, p. 35.7 H. PIRENNE, Storia economica e sociale del Medioevo, Newton Compton, Roma, 1997, p. 68.8 V. CODELUPPI, Lo spettacolo della merce, cit., p. 38.9 Ibi, p. 39.10 Ibi, pp. 45–58.11 A. GASPERI, EXPO e società, un rapporto profondo: dallo sviluppo industriale allo sviluppo

sostenibile, in www.vademecumexpo2015.com12 V. CODELUPPI, Lo spettacolo della merce, cit., p. 61.13 In Diario. Expo, «La Repubblica», 8 aprile 2008, p. 39.14 Cfr F. ERBANI, I Superluoghi. I nuovi simboli nella città che cambia, in “La Repubblica”, 31 otto-bre 2007, p. 43; G. RITzER, La religione dei consumi. Catedrali, pellegrinaggi e riti dell’iperconsu-

mo, Il Mulino, Bologna, 2005; V. CODELUPPI, Il potere della marca. Disney, McDonald’s, Nike e

altre, Bollati Boringhieri, Torino, 2001; V. CODELUPPI, Il potere del consumo, Bollati Boringhieri,Torino, 2003; M AUGé, Disneyland e altri non luoghi, Bollati Boringhieri, Torino, 1999; M. AUGé,Rovine e macerie. Il senso del tempo, Bollati Boringhieri, Torino, 2004.

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La Fiera di Cremona, semel in anno valet insanire

di Nicola Arrrigoni

«Fare festa è, nella generalità dei casi, come porsi dinanzi allo specchio, ricer-care se stessi e la propria identità, ritrovare le garanzie teorico - culturali attea riconfermarla con forza in un ambito comunicativo e comunitario che è con-

ditio sine qua non, e strumento precipuo del ritrovare se stessi e del recupera-re un equilibrio già sentito come precario. Infatti questo bisogno di ritrovare ericonfermare periodicamente la propria identità è il corrispettivo psicologicodella condizione di precarietà che accompagna le più correnti fasi della vitaordinaria, e di cui l’uomo assume coscienza attraverso il cumulo delle espe-rienze e delle attività giornaliere».1

Piace partire da questa affermazione per raccontare della Fiera diSettembre di Cremona e della cronaca che ne fece Folchino Schizzi nelvolume Le tre giornate del conte Folchino Schizzi2, un volume che rac-conta di questo rispecchiamento, per quanto mediato da una sorta di ‘dis-tacco’ aristocratico. Nella Fiera settembrina della prima metà dell’800festa e occasione commerciale si intrecciano. La manifestazione di cuiFolchino Schizzi è cronista e narratore privilegiato dice di un progetto oforse speranza di sviluppo commerciale della città come osserva lo stes-so Schizzi: «si è più volte trattato dai Principi che vi avevano e hannoinfluenza per accordare la libera navigazione del fiume Po; ove un taleprogetto si effettuasse, la fiera di Cremona non muterebbe interamented’aspetto? Non adiverrebbe la nostra una città commerciale? Questa pro-vabilissima futura circostanza rende sempre più ragionato il progettodella fiera, e torna viepiù a onore di chi saviamente lo produsse».3

La fiera settembrina si tenne per la prima volta, come afferma il LuigiClementi, il 9 settembre 1820: «Fu aperta per la prima volta la nostrafiera per quindici giorni consecutivi dal Podestà conte Ludovico Schizzi,essendo stata concessa dall’Imperatore Francesco I l’anno 1818»4. Adessa erano affidate le speranze di rilancio commerciale della città, spe-ranze nate dai progetti di libera navigazione sul Po, proclamati nel 1815,ma mai realizzati; come ben documenta Folchino Schizzi. La fiera fin daiprimi anni si caratterizzò soprattutto per il commercio al dettaglio da unlato e dall’altro per l’esposizione e vendita di bovini, cavalli da tiro eovini. A fianco degli aspetti commerciali comparivano i divertimenti cheper quindici giorni animavano la zona del pubblico passeggio e di porta

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San Luca. Giocolieri e domatori si esibivano nel recinto della fiera, men-tre la sera venivano allestiti spettacoli nei teatri cittadini. A fornire una fedele descrizione della fiera e del clima festoso che lacaratterizzava, almeno nei primi anni, è la cronaca letteraria del conteFolchino Schizzi:

«Due grandiosi archi indicano il principio e la fine del recinto, ove trovasicento e più botteghe di legno, uniformemente costrutte, che fiancheggiano lalunga e larga via. La fiera ha nel suo principio una piazza che serve ad uso deicasotti pei funamboli e per altri consimili divertimenti. Un casino il qualesorge vicino alla piazza è destinato alla residenza municipale incaricata divegliare pel buon ordine della fiera. (...) Poco da quel casino discosto havvi ungrandioso e comodo caffè, al quale mi recai direttamente coll’idea di far cola-zione. Dato addio a quelli che mi erano vicini, partii dal Caffè, feci una scor-sa sulla fiera, dando alla sfuggita un’occhiata alle diverse botteghe, tra le qualiin quel giorno più delle altre erano frequentate quelle delle modiste, giacchéle nostre signorine disponevanoi loro ornamenti per il ballo che doveva avereluogo la sera».5

Il racconto letterario del conte Folchino Schizzi dà conto di una città infesta, racconta del passeggio fra i casotti della fiera. Ed è lo stesso contecon moglie e la sua piccola Giulietta che si concede il piacere di passeg-giare in fiera fra attrazioni di animali esotici e non solo:

«Ci dirigemmo prima di tutto a fare una visita all’elefante. (...) Al momentodel nostro arrivo il custode dell’elefante cominciava a farlo travagliare. Ad unsuo cenno quell’animale raccoglieva il fazzoletto e lo ritornava al padrone,batteva con un grosso martello la terra, levava il turacciolo ad una bottiglia etrangugiava il vino, ed operava altre cose di simil fatta (...). Ci recammo all’al-tro casotto che gli stava vicino e nel quale erano raccolte molte bestie feroci.Entrati, e ricevuti al suono di una disarmonica piva, prima di ogn’altro si èofferta al nostro sguardo la serie delle scimmie, tra le quali si distingueva unabellissima scimmia cappuccina. Veniva in seguito la iena, solitaria, taciturna,selvatichissima. (...) Quindi fermò i nostri occhi un bell’orso bruno che stavavicino al lupo. (...) Scorrendo avanti abbiamo veduto altre belve di non moltopregio dopo la quale si offrì al nostro sguardo una bella serie di pappagalli. Laraccolta però più che mediocre (...), la ristrettezza del locale ove le fiere eranoraccolte, un certo fetore che soffocava ci consigliarono ad abbandonare prestoil nostro esame».6

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Nel raccontare l’ostinazione con cui il conte si impone di frequentare ipadiglioni della fiera c’è senza dubbio una posa letteraria, un distaccoaristocratico nei confronti di una manifestazione ‘popolare’ che pure ilcronista blasonato avverte come importante occasione per la città, al dilà dell’aspetto puramente festivo e delle attrazioni esotiche riunite neicasotti della fiera. E non è un caso che Folchino Schizzi prosegua la suacronaca e visita scrivendo:

«Seguendo il mio proponimento di passare tutta quella giornata sulla fiera,risolvetti di tornarvi al dopo pranzo. Io vi ho trovato appena giunto una folladi gente che andava ognor crescendo, e che offriva allo sguardo un passeggioda capitale. Se non fosse stata una specie di ostinazione la mia di volere adispetto , dirò così, della mia inclinazione trovarmi in quel giorno in mezzo atanta gente, sarei ritornato dopo pochi momenti alla mia casa, oppure avreifatta una passeggiata per vie meno frequentate. Urtato mille volte arrivai all’e-stremo confine della fiera che sull’imbrunire presentava un amenissimo colpod’occhio giacchè le botteghe incominciavano ad essere artificialmente illumi-nate, e quei lumi misti alle piante che ombreggiavano la via producevano ungratissimo effetto. L’ora era già molto avanzata, e veramente voleva ricondur-mi a casa onde dispormi all’accademia e al ballo; ma volli prima visitare perl’ultima volta il Caffè. In realtà anch’esso era assai bello e piacevole soggior-no. Più di cinquata signore erano colà sedute tutte vagamente ornate, e festo-samente chiacchierando ingannavano il fuggente caldo del giorno con delica-ti rinfreschi».7

La prima delle tre giornate del volumetto si conclude con la serata dan-zante presso la Società Filarmonica si cui Folchino Schizzi fu segretario,fasta che si tenne nel palazzo del marchese Daniele Ala Ponzone, eredeCattaneo, specifica il conte, una festa che si protrasse fino alle cinque dimattina e così si conclude la lunga giornata alla fiera di settembre: «ondenon tardai a recarmi alla mia casa per ivi seppellire nel sonno tutte lereminiscenze di una lunga giornata, del quasi tutto passata a contraddi-zione di me setsso. Ma una volta all’anno non è lecito insanire? Ed oh!Bella insania, perché prodotta dalla compiacenza d’un giorno utile per lafiera alla mia patria, e per concorso di varj divertimenti gradito al fior de’miei concittadini»8. Insomma quella giornata passata in fiere sembraessere una follia che il conte si concede, al di là del suo ruolo istituzio-nale, quasi a saggiare l’umore, le speranze e i sogni della sua città. Lafiera così come è descritta dal conte Schizzi trova conferma anche nelle

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memorie dell’orefice Luigi Clementi che per l’anno 1834 annota:«In set-tembre per la fiera di quest’anno venne un serraglio di fiere e fu questala prima volta che si vide entrare nella gabbia il domatore e scherzarefaciendo giuochi con fiere»9. Così come è descritta cessò di esistere nel1848, o meglio registrò una battuta d’arresto.Solo nel 1863 la fiera settembrina riaprì i battenti, ma con caratteristichedifferenti da quella della prima metà del secolo. Fu privilegiata l’esposi-zione del bestiame e in particolare dei cavalli da tiro e si abolirono i ban-chi per la vendita al dettaglio. La fiera mantenne comunque il suo aspet-to di festa popolare offrendo divertimenti di piazza, il tiro al piccione, lacorsa dei cavalli, la lotteria, i fuochi artificiali, insieme agli spettacoliteatrali al Concordia e alle feste danzanti al teatro Ricci, inaugurato nelgiugno del 1860.Ed è sempre il Clementi che in rapidi ma significativi accenni, descrivel’atmosfera che caratterizzava la Fiera settembrina, nella sua ripresapostunitaria.

«8 settembre 1864. In tempo della fiera sulla piazza del Castello vi fu la corsadei biroccini e il giorno 10 abbruciarono la macchina col fuoco del Bengala.(...)5 settembre 1874. Andò in scena al Teatro della Concordia l’opera -ballo Don

Carlos per sole dodici sere e l’ultima fu il 27 corrente, oltre agli altri diverti-menti per la fiera annuale, cioè il tiro al piccione, la corsa dei biroccini, e i fuo-chi artificiali sulla piazza Roma e la lotteria. La fiera di Cremona facevasi findai tempi di Flavio Vespasiano e venne nuovamente concessa nell’anno 1818dall’imperatore Francesco I e continuò fino al 1848 e da quest’anno in poi ilMunicipio di Cremona non pensò mai a farla risorgere, ora il 1864 tornò arisorgere. (...)14 settembre 1875. In occasione della fiera, tiro al piccione ed illuminazionedel nuovo giardino. Fiera del bestiame, fiera di beneficenza nel cortile delle excaserme di San Domenico, corse di cavalli. Al Teatro della Concordia l’ope-ra-ballo “L’Africana”; il 16 fuochi d’artificio sul Torrazzo, il 17 corse di caval-li con premio, il 18 concerto musicale delle due bande cittadine e militari nellocale interno della fiera, il 19 lotteria della fiera. In questi giorni di fiera nellaplatea e sul palcoscenico del Teatro Ricci vi fu un museo anatomico di HenriDessort, più la Inquisizione con i suoi strumenti di martirio e di tortura in ceradi grandezza naturale, cosa d’orrore divisa in 39 gruppi soltanto quelli tor-mentati che all’ingiro occupavano tutta la platea e il museo anatomico sul pal-coscenico.

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Dal 13 al 20 settembre 1876. Nell’occasione della fiera vi furono continuidivertimenti. Corse di cavalli, “I lituani”, opera-ballo, tiro ai piccioni, concer-to musicale nel giardino illuminato di piazza Roma. Fiera di bestiame, corsadi biroccini, corse di fantini, corse delle bighe, e concerto in piazza Cavourcon illuminazione. Il 20 settembre si tenne la lotteria con premi in piazzaCavour. In questo mese sul baluardo della fiera a San Luca fecero vedere unserraglio di fiere, un elefante, otto leoni, sei tigri, una pantera, due leopardi,quattro iene, quattro orsi, un bisonte, due zebre, due canguri, due pellicani,cinquanta scimmie, due serpenti e molti pappagalli della proprietaria vedovaPianet. Più sul piazzale di San Luca fecero vedere una piovra, pesce dimare».10

L’appuntamento tradizionale della fiera di Cremona costituisce l’esem-pio lampante dello sforzo di una città di celebrare la propria identitàattraverso l’esaltazione ed esposizione dei suoi prodotti. In occasionedella fiera ai frutti dell’economia agricola si affiancano le attrazioni ludi-che. Si dà vita così ad una festa che coinvolge l’intera cittadinanza in unacornice di proposte spettacolari che mettono apparentemente in ombra ilcarattere commerciale dell’appuntamento per affidare allo ‘svago’ l’im-magine di un benessere che è inevitabilmente frutto della nuova operosi-tà borghese. E se il luogo deputato per la fiera vera e propria era la zonaintorno a San Luca e il Vecchio Passeggio (l’attuale viale Trento eTrieste), col consolidarsi dell’appuntamento settembrino a mettersi infesta fu l’intera città. Piazza Roma con i suoi giardini fu la cornice deiconcerti bandistici e delle lotterie pubbliche, la zona di piazza Castello fudeputata alle corse di cavalli ed infine al teatro Concordia andava inscena la stagione lirica.11

Dal racconto letterario del conte Folchino Schizzi, alle memorie dell’o-refice Luigi Clementi, la Fiera di Cremona rappresenta un’occasione incui la città operosa, produttiva, affamata di futuro si mette in mostra, siespone coniugando otium e negotium, facendo del tempo della fiera untempo festivo ma con concreti ripercussioni sul quotidiano, a cui lanuova società borghese non può certo rinunciare.

1 V. LANTERNARI, Festa. Carisma. Apocalisse, cit., pp. 27-28. Cfr. anche, F. JESI, La festa.

Antropologia. Etnologia. Folklore, Rosemberg-Sellier, Torino, 1977, p. 178: «La festa coinvolge unacollettività, la afferra come una mano che la prenda e la chiuda, e al tempo stesso accade in una col-lettività, dentro di essa, nascendo con moto centrifugo che si propaga dal punto della collettività più

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lontano dai suoi bordi estremi. Caratteristica della festa (...) è la sua caratteristica di determinare uncentro nella collettività: di rendere attuale nella collettività il punto latente più ai suoi bordi. In que-sto senso la festa è radicamento della collettività nel suo intimo, fondazione della collettività».2 F. SCHIzzI, Le tre giornate del conte Folchino Schizzi, Dalla Società Tipografica de’ Classici,Milano, 1824.3 Ibi, p. 6-7.4 L. CLEMENTI, Memorie di cose successe in Cremona in diverse epoche, BSLC. Ripr. fac. sim.ms. XIX sec., appartenente al Museo Civico di Cremona, I quadernone 1832, pp. 17-195 F. SCHIzzI, Le tre giornate del conte Folchino Schizzi, cit., p. 7 - 106 Ibi, pp. 12-177 Ibi,, pp.17-18. Cfr. anche L. CLEMENTI, Memorie di cose, cit. I quad. 1832, pp. 17-19. Cfr. ancheC. BERTINELLI SPOTTI-M. T. MANTOVANI, Cremona, momenti di storia cittadina, Ed. Comune diCremona, Cremona, 1985, pp. 235-237.8 Ibi, pp. 20-21.9 L. CLEMENTI, Memorie di cose, cit., II quad. 1850, p. 10.10 Sulla ripresa nel 1864 della fiera sono significative le cronache riportate da L. CLEMENTI,Memorie di cose, cit. III quad. 1876, pp. 93-110.11 Per gli spettacoli durante la fiera, cfr. F. M. LIBORIO, La scena della città. Rappresentazioni sce-

niche nel Teatro di Cremona 1748-1900, Editrice Turris, Cremona, 1995.

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LA FIERA DEL 1821

1.Schizzi Folchino, Le tre giornate del conte Folchino Schizzi amministra-

tore attuale della Congregazione della Carità di Cremona e segretario

della Società Filarmonica, Milano, dalla Società Tip. de’ ClassiciItaliani, 1824

2.Richiesta del Podestà Folchino Schizzi al Consiglio Comunale diCremona per lo stanziamento di una somma destinata allo spettacolo tea-trale da tenersi in occasione della Fiera.Cremona, 14 maggio 1821ASCr, Comune di Cremona, Congregazione Municipale, b. 304

“Al Consiglio Comunale di CremonaUno spettacolo teatrale in tutte le Fiere è il principale elemento, che oltre di rico-noscersi necessario sotto le viste politiche per trattenere alla sera i forastieri, chevi accorrono, ne chiama un maggior concorso, dal che ne avviene un maggiorvantaggio alle Città, ove sono istituite, e riescono anche più brillanti.A quest’oggetto sì importante si riconobbe nello scorso anno indispensabile lacostituzione d’una dote a chi assume lo spettacolo teatrale, e graziosamenteanche i Condomini del Teatro si prestarono di buon grado a sifatto ulteriore pesopregravati peraltro d’altre pesi ne verrebbero a risentire troppo aggravio, sedovessero anche in quest’anno sostenere eguale peso, e su questo riflesso ilMunicipio non può attendersi la loro adesione.In questo stato di cose il Municipio medesimo, che ben si avvede quanto sii pergravare uno spettacolo teatrale onde mantenere in fiore un’istituzione sì utile alPaese, ha posto occhio sui mezzi, che potessero essere addottati dal Comunesenza portare un nuovo aggravio agli abitanti.Si è fatto riflesso, che le tasse addizionali attualmente in corso sui generi di con-sumazione possono approssimativamente presentare un prodotto bastevole acostituire l’anzidetta dote per quest’anno. Dal conto che si subordina risulta cheil verosimile ricavo in quest’anno proveniente dal ramo, di cui è menzione, puòessere di £. 100070, e siccome a far fronte alle altre spese non occorrono se non£. 87350.65.6 da prelevarsi in questa pubblica gravezza, così avanzerebbero £.12713.34.4, dalle quali quando venisse continuata la percezione del sovradazionella vigente misura il Comune potrebbe valersi per l’assegno dell’accennatadote per lo spettacolo teatrale.

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Prima però di invocare l’autorizzazione dall’I. R. Governo di continuare la per-cezione di detto sovradazio nella misura in corso, questa Congregazione trovanecessario di sottoporre al voto del Consiglio Comunale la proposizione per ledi lui deliberazioni.Siccome peraltro non è meno opportuno lo stabilire una massima anche per l’av-venire in questo particolare oggetto, così questo Municipio propone pure a code-sto medesimo Consiglio, che nei conti preventivi dei vegnenti anni sia calcolatala somma che approssimativamente possa occorrere sull’esempio di ciò, cheriessirà di concretare per la prossima Fiera.

Schizzi Pod.”

3.Richiesta del Podestà Folchino Schizzi alla Delegazione del Condominiodel Teatro della Concordia per l’allestimento di uno spettacolo da tener-si in occasione della Fiera.Cremona, 24 luglio 1821ASCr, Comune di Cremona, Congregazione Municipale, b. 304

“Alla Delegazione del Condominio del Teatro della Concordia in CremonaRiflettendo questo Municipio, che uno spettacolo teatrale è il principale ele-mento delle Fiere di tutte le Città d’Italia, sentito il voto del Consiglio Comunalesubordinò alla Competente Superiorità la rimostranza onde essere dall’I. R.Governo autorizzato a disporre per un tale oggetto una somma di £. …Il lodato I. R. governo medesimo Suo rispettato dispaccio 11 andante si è degna-to di approvato [sic], che venga accordato al Teatro un sussidio di £. 12/milaonde abilitarlo ad attivare un conveniente spettacolo per la prossima Fiera.Questo Municipio, mentre con soddisfazione le accenna una tale approvazioneGovernativa, si sollecita a pregarLa di occuparsi d’accordo col Podestà, il qualeè rivestito delle facoltà, che sono all’uopo, onde possa aver effetto l’accennatospettacolo.Affidato lo stesso Municipio alle premure, che ha mai sempre dimostrata code-sta Delegazione nelle diverse circostanze pubbliche, non dubita punto anche deldi Lei deciso interessamento in questa, che riguarda tanto davicino il pubblicovantaggio, qual è di vedere prosperare uno stabilimento ottenuto dalla SovranaBeneficenza, e che col tratto avvenire sarà per essere di una non lieve risorsa alComune.Coglie il Municipio quest’occasione per attestarLe i sensi della più vera stima.

Schizzi Pod.”

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ESPOSIZIONE AGRARIA DEL 1863

La nascita e la diffusione delle Esposizioni agrarie nella prima metà delXIX secolo, che si moltiplicheranno in misura notevole nel secondoOttocento, rappresentò un momento decisivo nella storia delle manife-stazioni espositive e un’innovazione importante nella diffusione delleconoscenze agrarie.La Società Agraria di Lombardia si propose, attraverso l’organizzazionedi congressi e di esposizioni di prodotti agricoli, di attirare l’attenzionesui problemi dell’agricoltura italiana permettendo da un lato agli agri-coltori di manifestare le loro difficoltà e i loro problemi, e dall’altro con-sentendo la conoscenza dei nuovi ritrovati della scienza agraria.Il 17 dicembre 1862, pochi mesi dopo la costituzione della Società, fudeliberato di tenere il suo primo congresso a Cremona, dal 9 al 17 set-tembre, al Teatro Filodrammatico. In questa occasione si discusse, oltreche dei problemi inerenti alla pratica agricola, anche della necessità diistituire una istruzione agraria nelle scuole elementari, la cui assenza siriteneva costituisse un fattore di ritardo nel processo di miglioramentodell’agricoltura italiana. Dalla discussione derivò la proposta di istituiredelle cattedre ambulanti per impartire lezioni serali e domenicali ai con-tadini, proposta che fu attuata dalla Società a partire dal 1864 in varielocalità della Lombardia.La Società Agraria di Lombardia, contemporaneamente al CongressoAgrario, organizzò anche una Esposizione agraria alla quale concorserotutte le province lombarde, e che prevedeva 69 concorsi a premi da asse-gnare ai migliori espositori. Il concorso ebbe per oggetto la pubblicazio-ne di memorie, le tecniche di costruzione di macchine agricole, l’appli-cazione di moderne tecniche di coltura e di tutto ciò che potesse favorireil progresso dell’agricoltura lombarda. Contemporaneamente e congiun-tamente alla Esposizione Agraria ebbe luogo una Esposizione Industrialee Artistica della Provincia.

4.Avviso a stampa della Commissione Provinciale della organizzazione aCremona di un Congresso generale della Società Agraria di Lombardia,seguito da una Esposizione Agraria e da una Esposizione Industriale, datenersi nel settembre 1863.

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Cremona, 9 maggio 1863ASCr, Comune di Cremona, Giunta Municipale, b. 184

5.“Programma pei concorsi ai premi assegnati dalla Società Agraria diLombardia” in occasione del Congresso tenuto a Cremona.Milano, 15 febbraio 1863ASCr, Comune di Cremona, Giunta Municipale, b. 184

6.Invito del Comune di Cremona rivolto ai cittadini perché mettano a dis-posizione dei visitatori appartamenti e stanze ammobiliate, essendoinsufficienti i pubblici alberghi.Cremona, 22 agosto 1863ASCr, Comune di Cremona, Giunta Municipale, b. 184

7.Denuncia della guardia municipale Ottavio Gualazzi circa persone che“pretendevano entrare [alla Fiera] con biglietto già stato adoperato e cheportavano già i fori stati praticati dai rispettivi incaricati, aduccendo diaverli aquistati della Caffettiera al locale della Fiera …”.Cremona, 16 settembre 1863ASCr, Comune di Cremona, Giunta Municipale, b. 184

8.Invito rivolto dalla Giunta Municipale di Cremona agli albergatori dellacittà perché presentino le tariffe dei prezzi praticati in occasionedell’Esposizione e si impegnino a tenerle esposte nei loro locali.Cremona, 30 agosto 1863ASCr, Comune di Cremona, Giunta Municipale, b. 184

9.Dichiarazione dell’albergatore Pavesi Domenico circa l’impossibilità dicomunicare il prezzo di alloggio delle stanze, tutte a più letti, e disponi-bilità di stabilirlo per singole personeCremona, 9 settembre 1863ASCr, Comune di Cremona, Giunta Municipale, b. 184

10.Prezzi praticati dall’Albergo del Cappello per il soggiorno nelle stanze,variabili a seconda delle condizioni.Cremona, [settembre 1863]ASCr, Comune di Cremona, Giunta Municipale, b. 184

11.Elenco dei prezzi praticati da Francesco Generali, esercente di un’osteriacon alloggio in Corso Porta Venezia

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Cremona, [settembre 1863]ASCr, Comune di Cremona, Giunta Municipale, b. 184

12.Lista dei prezzi delle vivande praticati in vari alberghi e ristoranti diCremona in occasione della Esposizione (Albergo d’Italia, Alla Fontana,Trattoria Milazzo, Albergo del Pozzo, Trattoria del Teatro diurno Ricci,Albergo del Cappello, oste Fiocchini Antonio)Cremona, [settembre 1863]ASCr, Comune di Cremona, Giunta Municipale, b. 184

13.“Solenne distribuzione dei premj stati aggiudicati dal giurì” della Società

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Agraria di Lombardia a conclu-sione del Congresso edell’Esposizione Agraria del1863.Cremona, 17 settembre 1863ASCr, Raccolta Risorgimento, b. 3,fasc. 13

14.Elenco dei premi decretati a con-clusione dell’EsposizioneIndustriale ed Artistica della pro-vincia di Cremona del 1863.Cremona, 17 settembre 1863ASCr, Comune di Cremona,Raccolta Risorgimento, b. 3, fasc. 13

Si segnalano nell’elenco i nomina-tivi del fisico Luigi Ciniselli, assegnatario di un premio straordinario per unritratto a olio di Giuseppe Garibaldi; di Enrico Ceruti fabbricatore di violini, diGiovanni Bergamaschi pittore, medaglie d’oro; di Andrea Ratti fabbricatore ditorrone e mostarda, di Angelo Motta cesellatore, di Giovanni Cadolini ideatoredi un modello di chiusura idraulica, medaglie d’argento.

15.“Prospetto delle spese erogate dal Consorzio agrario di Cremona in occa-sione dell’Esposizione nel settembre 1863 colla somma di £. 7000 rice-vute dalla Deputazione Provinciale … in data 2 Maggio 1863 assegnatain premii e in spese per accogliere degnamente il primo CongressoAgrario secondo la deliberazione del Consiglio Provinciale”.Cremona, 10 agosto 1864ASCr, Provincia, b. 267

16.Diploma con medaglia d’argento rilasciato ad Angelo Motta per “averpresentato all’Esposizione diversi oggetti diligentemente cesellati”.Cremona, 17 settembre 1863ASCr, Comune di Cremona, Raccolta Risorgimento, b. 8, fasc. 15/2

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17.Diploma rilasciato a Gaspare Trecchi per “saggi fotografici presentaticome dilettante”.Cremona, 17 settembre 1863ASCr, Comune di Cremona, Raccolta Risorgimento, b. 12, fasc. 172

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ESPOSIZIONE INDUSTRIALE ED ARTISTICA DEL 1880

Sulla scia degli intenti manifestati dalla Esposizione del 1863, conti-nuarono le manifestazioni rivolte alla presentazione delle novità piùrilevanti in campo agricolo, ma anche nel settore più ampiamente indu-striale e artistico. Nacque, così, nel 1879 l’idea di programmare, per ilsuccessivo anno, una Esposizione Industriale-Artistica che affiancasseil Concorso Agrario Regionale, già previsto per il 1880. L’evento fuorganizzato dalla Deputazione Provinciale e dalla AmministrazioneComunale che stabilirono che esso venisse affidato a una commissionedi sette membri, tutti appartenenti a Provincia, Comune e Camera diCommercio. Questo fu il “Comitato Ordinatore della MostraIndustriale-Artistica 1880”, che ebbe sede presso la Camera diCommercio e fu presieduto da Pietro Rizzi.Tra i numerosi problemi che il Comitato dovette affrontare non certa-mente secondario fu quello di una sede idonea ad accogliere la impo-nente manifestazione. La scelta finale, culmine di una serie di svariatediscussioni, cadde sulla proposta di costruzione di un edificio in legno,appositamente eretto per l’Esposizione, a nord dei giardini in PiazzaRoma. Il palazzo fu ultimato nell’agosto 1880 e subito consegnato alComitato Ordinatore. Le cronache giornalistiche lo descrivono congrande enfasi: “I visitatori troveranno una disposizione logica - sem-plice dei locali - senza troppi giri e rigiri: tre ampii saloni al pian terre-no e tre al piano superiore, collegati da un terzo salone - due tettoie ele-ganti - quattro cortiletti a giardino. L’intero edificio è in legno: i dadidi sostegno in muratura. Al piano terreno le tre sale sono divise da unafila di eleganti colonnette di sostegno: quelle della sala di mezzo (la piùvasta) sono in ghisa, di un disegno svelto e grazioso … Al piano supe-riore invece l’armatura sostiene il soffitto. Le tappezzerie sono dei piùsvariati e graziosi colori. Alle finestre in alto si ammirano tendine sciol-te di paglia - al basso tende di tela. Lo scalone è comodo, largo e inadatta posizione nella galleria centrale, in cui vi sarà pure servizio dicaffè. Una elegantissima scala a chiocciola in ghisa servirà a renderepiù comoda la circolazione. A mezzo dello scalone un amplissimo spec-chio rifletterà la folla che salirà al piano superiore. I tre corpi di fab-bricato che … si avanzano verso il giardino, verranno poi riuniti da unatettoia che si sta costruendo, … e che attraversa i due cortili laterali e i

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due giardinetti. L’entrata del palazzo è alla destra … l’uscita alla sini-stra. L’apertura che appare segnata nel corpo principale servirà per l’in-gresso di S. M. il Re, se verrà a visitare la Mostra. Gli oggetti di deco-razione sono in zinco, le colonnette e l’elegante ringhiera e balaustradello scalone in ghisa …” (“Interessi Cremonesi”, 22 agosto 1880).Questa opera grandiosa rappresentava il centro dei preparativi che fer-vevano in tutta la città e che accompagnavano le manifestazioni piùsvariate che si allestivano. A due settimane dalla apertura dellaEsposizione il palazzo conteneva già alcune delle opere destinate aessere esposte.Nella notte fra il 29 e 30 agosto 1880 Cremona fu colpita da un violentouragano e i lampi provocarono un enorme incendio che, abbattendosisull’edificio in legno, lo distrusse completamente.Angosciante la descrizione riportata dalla stampa dell’epoca: “La nottedel 29 al 30 Agosto del 1880 rimarrà memorabile negli annali dellaStoria di Cremona. In quella notte orribile, temporalesca, uno spaven-tevole incendio distrusse uno degli edifici più simpatici, più elegantiche fossero stati costruiti nella nostra città: l’edifizio destinatoall’Esposizione Industriale-Artistica … Alle 4 ¼ del mattino si svilup-parono le prime fiamme; alle 5 ½ il fabbricato era completamentedistrutto … Era uno spettacolo orrendo. Una colonna di fuoco della lar-ghezza di circa cento metri si stendeva sovra il gruppo di case che cir-condano il Teatro Ricci … suscitando negli abitanti di queste un pani-co indescrivibile. Tizzoni ardenti, pezzi grossissimi di cartone incatra-mato accesi volavano al di sopra delle dette case trasportati dalla furiadel vento, ad una distanza enorme, cadendo poi sui tetti … Intanto inpoco più di mezz’ora distrutto il grandioso palazzo, cui riuscì inutileogni tentativo per salvarlo almeno in qualche parte … L’interoComitato Ordinatore della Mostra e le Autorità Municipali e governa-tive erano sul luogo al primo annunzio dell’incendio … L’ampio fab-bricato tutto avvolto nelle fiamme non permetteva di accedere interna-mente; sicchè si dovette assistere col cuore straziato allo sfasciarsi diun fabbricato che ogni cittadino cremonese guardava con una certacompiacenza” (“Corriere di Cremona”, 31 agosto 1880).E ancora: “Quell’opera d’arte così splendidamente riuscita, quel fruttodi tanta operosità, di tanto buon volere, che avrebbe fatto ammirare aiforestieri l’iniziativa e lo slancio della nostra città, mezz’ora dopo era

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diventato una spaventevole fornace … Non v’è bisogno di dire che que-sta inaspettata disgrazia pubblica fu sentita da tutti i cittadini come unasciagura domestica. Famiglie intere, d’ogni ceto, non curanti del tempoche imperversava uscirono di casa all’alba, per persuadersi co’ propriocchi del disastro, a cui si rifiutavano di prestar fede” (“InteressiCremonesi”, 30 agosto 1880).Si temette inizialmente che, dopo il disastro, la Mostra Industriale-Artistica non si potesse più svolgere; invece, superato il disorienta-mento iniziale, il Comitato Ordinatore si mise subito alla ricerca di unanuova sede, che fu individuata nei locali delle Scuole Comunali di viaPlasio, subito messi a disposizione dalla Amministrazione Comunaleper i lavori di adattamento e sistemazione al nuovo ruolo.L’inaugurazione della Mostra venne fissata per il 13 settembre e gliespositori, in segno di solidarietà con la città, continuarono nei pochigiorni dell’allestimento, a inviare i loro prodotti perché fossero siste-mati nei locali.La grande Esposizione poteva finalmente avere inizio.

18.Regolamento a stampa del Concorso Agrario Regionale di Cremonaindetto dal Ministero dell’Agricoltura come manifestazione collateralealla Esposizione del 1880.Cremona, 14 luglio 1879ASCr, Comune di Cremona, 1868-1946, b. 565

19.Manifesto a stampa della Esposizione Industriale Artistica promossadalla Camera di Commercio, con il Comune e la Provincia di Cremona,come manifestazione collaterale alla Esposizione Agraria del 1880.Cremona, 1 gennaio 1880ASCr, Comune di Cremona, 1868-1946, b. 565

20.Regolamento a stampa della Esposizione Industriale Artistica della pro-vincia di Cremona.Cremona, 8 marzo 1880ASCr, Comune di Cremona, 1868-1946, b. 565

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21.Manifesto a stampa con il programma dettagliato delle manifestazioni diinaugurazione della Esposizione Industriale Artistica, della Mostra didat-tica della Provincia di Cremona, dal 12 al 22 settembre, e delle manife-stazioni e spettacoli collaterali.Cremona, 2 settembre 1880ASCr, Comune di Cremona, 1868-1946, b. 565

22.Manifesto inaugurale a stampa della Esposizione Industriale Artistica diCremona.Cremona, 6 settembre 1880ASCr, Comune di Cremona, 1868-1946, b. 565

Esposizione Industriale Artistica del 1880 - L’incendio del padiglione

23.Manifesto a stampa con l’annuncio del Sindaco di Cremona del trasferi-mento della sede espositiva nel Palazzo delle Scuole di via Plasio.Cremona, 1880ASCr, Comune di Cremona, 1868-1946, b. 565

“Cittadini!I vortici del fuoco distrussero stamane in un attimo l’ammirabile edificio diPiazza Roma che, dopo essere costato molto spendio d’ingegno e di denaro, for-mava giustamente l’orgoglio dei Cremonesi. L’opulenza, il lusso, la leggiadriavedevamo già darvisi convegno a decoro di questa nobile Città, quando unascintilla secondata da gran fiamma fece disparire ogni cosa come un’illusione difantasia.Sarebbe demenza non rimpiangere con amarezza la bella opera perduta: ma è daforti non accasciarsi e cercar pronto rimedio alla sciagura.Niuno di quelli che, desideravano il bene della Città, niuno di quelli, che nutri-vano la legittima aspirazione di associare il bene proprio al comune, creda ancheun solo istante che la Mostra abbia a perigliare.La vostra Giunta già postasi d’accordo col Comitato Ordinatore, confortata pergenerosa offerta di cooperazione dalle Autorità e Rappresentanze locali e perfi-no da lontani Membri del Consiglio Provinciale (che telegrafaronsi disposti adaiutare la Città) Vi annunzia essersi già trovato di collocare la Mostra Industriale

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ed Artistica in guisa, che nulla sarà alterato né nell’ordine, né nel numero dellesposizioni, né nel tempo prefisso.Il Palazzo Comunale delle Scuole in Via Plasio è l’edificio in cui la Giunta e ilComitato riconobbero perfetta idoneità a contenere la Mostra e son già inco-minciati i lavori di apprestamento.Queste notizie furono pur celermente diramate fuor di paese allo scopo di toglie-re l’allarme degli Espositori e far sì che niente abbia a mancare come se nientefosse avvenuto.In tal persuasione ognuno pensi al disastro soltanto per accendersi a contribuiremoralmente o materialmente affinchè la Mostra riesca quello splendido istitutodi civiltà che tutti ci siamo imposti nell’ideale.Cremona dal Palazzo Municipale 30 agosto 1880La Giunta Municipale: Archinti, Biazzi, Ciniselli, Podestà, Sacchi - Carinisegretario generale”

24.Avviso del Comitato Ordinatore della Mostra della accettazione a collo-care la sede espositiva in parte nel Palazzo delle Scuole Comunali di viaPlasio, in parte nei locali del Ginnasio.[Cremona, agosto 1880]ASCr, Comune di Cremona, 1868-1946, b. 565

25.Lettera al Marchese Vincenzo Stanga contenente l’autorizzazione all’a-pertura al pubblico del gabinetto fisico, situato nel palazzo di ViaPalestro, in occasione dell’Esposizione.Cremona, 26 marzo 1880ASCr, Comune di Cremona, 1868-1946, b. 568

26.Invito rivolto dal Sindaco di Cremona a partecipare ad un pranzo alpalazzo del marchese Pietro Araldi Erizzo in occasione della visita delMinistro dell’Agricoltura Luigi Miceli all’Esposizione del 1880.Cremona, 4 settembre 1880ASCr, Comune di Cremona, 1868-1946, b. 568

27.Avviso del Comune di Cremona di apertura straordinaria del Palazzo

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Municipale in occasione della Esposizione “perché tanti ospiti egregiabbiano modo di riunirsi in geniale convegno e trovino un passatemponella lettura di giornali ed effemeridi scientifiche e letterarie”.Cremona, 10 settembre 1880ASCr, Comune di Cremona, 1868-1946, b. 568

28.Lettera del Comitato della Mostra all’Intendente di Finanza di Cremonaperché consenta l’Esposizione di un esemplare della Storia di Cremona

di Antonio Campi (1582) e del codice miniato Vaticinj dei Papi.Cremona, 15 agosto 1880ASCr, Comune di Cremona, 1868-1946, b. 568

29.Lettera del Comitato dell’Esposizione al Sindaco di Cremona perchéconsenta l’Esposizione a Palazzo Pagliari di testi rari del secolo XVI e diun esemplare della Sfragistica cremonese.Cremona, 16 agosto 1880ASCr, Comune di Cremona, 1868-1946, b. 568

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LE “FESTE DI MAGGIO”

Le “Feste di Maggio”, insieme alla Fiera di Settembre, sono uno degliavvenimenti principali della città, la cui risonanza è testimoniata dainumerosi articoli apparsi sui giornali locali. Le “Feste di Maggio” richia-mano l’attenzione della città sia per le esposizioni merceologiche, sia peril ricchissimo programma di manifestazioni collaterali, di carattere varioe non solo commerciale. Iniziate nel 1889, le “Feste di Maggio” ebbero il loro maggiore risalto neiprimi vent’anni del Novecento. Furono organizzate dall’Associazionedei Commercianti che “ha deliberato di promuovere i pubblici festeggia-menti di maggio che mentre serviranno a scuotere la nostra Cremonadalle consuetudini della vita monotona, susciteranno novelle correnti direlazioni e di guadagni” (“La Provincia”, 6 marzo 1901). Oltre all’espo-sizione campionaria in Piazza Roma, furono organizzati concerti dellebande musicali della città, tiro a segno, corse al trotto, giochi pirotecni-ci, concorsi per la migliore vetrina e per il balcone meglio addobbato,nonché spettacoli teatrali al Politeama Verdi. In questo modo le “Feste diMaggio” e la Fiera di Settembre costituirono due importantissimimomenti di affermazione per la città, coinvolta non solo sotto l’aspettoeconomico, ma anche sotto quello dello spettacolo.

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30.Richiesta del Comitato Promotore delle “Feste di Maggio” al Comuneper l’elargizione di un contributo economico per sopperire alle ingentispese che comporta l’organizzazione di una tale manifestazioneCremona, 26 gennaio 1910 Comune di Cremona, Carteggio 1869-1946, b. 1779

31.Diploma di benemerenza alla Società di mutuo soccorso fra gli operai diCremona per la fattiva collaborazione prestata alle “Feste di Maggio”.Cremona, 1910Società di mutuo soccorso fra gli operai, n. 235

La Società si era distinta sempre per una vivace partecipazione alle esposizioniorganizzate tra otto e novecento. Le “Feste di Maggio” si richiamavano allepopolari celebrazioni medievali del maggio, con esposizioni d’arte e di fiori,intrattenimenti musicali

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Cremonesi alle Esposizioni di Genova, Parigi, Londra

32.Diploma rilasciato ad Angelo Motta di Cremona dal Comitatodell’Esposizione Industriale di Genova “per cartello e cornice di zincodiligentemente lavorati”.Genova, 1855ASCr, Comune di Cremona, Raccolta Risorgimento, b. 8/15.1

33.Nomina da parte della Camera di Commercio di Cremona dell’ing.Giovanni Cadolini, “deputato al Parlamento”, quale membro dellaSottocommissione per l’Esposizione Universale di Parigi.Cremona, 13 aprile 1866ASCr, Comune di Cremona, Raccolta Risorgimento, b. 3/19

Si ricorda che l’Esposizione avrebbe aperto le porte il 1° maggio del 1867.

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34.Invito del sindaco di Cremonaad Enrico Ceruti per la consegnadella medaglia d’argento asse-gnatagli dalla Commissione giu-dicante dell’EsposizioneInternazionale di Londra del1870.Cremona, gennaio 1871ASCr, Comune di Cremona 1868-1946, b. 569

Il riconoscimento era stato asse-gnato per i violini presentati all’e-sposizione.

35.Certificato della Commissione

per l’Esposizione di Londra sulla qualità dei violini presentati da EnricoCeruti, riconosciuti degni di premio.Londra, gennaio 1871ASCr, Comune di Cremona 1868-1946, b. 569

Cremonesi all’Esposizione di Milano del 1881

36.Diploma con medaglia d’oro rilasciato dal Ministero dell’Agricoltura,Industria e Commercio alla Società Operaia di Mutuo Soccorso diCremona per la partecipazione alla Esposizione Nazionale di Milano.Roma, 12 aprile 1881ASCr, Società di Mutuo Soccorso, Diplomi

37.Quadri statistici e Tavole grafiche relativi all’attività svolta dagli AsiliInfantili di Cremona e presentati all’Esposizione Nazionale di Milano del1881.ASCr, Asili Infantili, b. 14/46

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Esposizione Generale Italiana di Torino del 1884

38.Comunicazione del Ricevitore del dazio di Porta Milano sull’avvenutarestituzione della cauzione depositata da Davide Carulli per 5 casse disalami fatte uscire dalla città per la presentazione all’EsposizioneNazionale di Torino.Cremona, 1 agosto 1884ASCr, Comune di Cremona 1868-1946, b. 566

39.Diploma d’onore rilasciato alla Società Operaia di Mutuo Soccorso diCremona dalle Associazioni Operaie di Torino quale riconoscimento perla visita all’Esposizione da parte di alcuni operai cremonesi.Torino, 28 settembre 1884ASCr, Società di Mutuo Soccorso, Diplomi

40.Elenco dei cremonesi pre-miati all’EsposizioneGenerale Italiana di Torino.Cremona, 28 novembre1884ASCr, Comune di Cremona1868-1946, b. 566

Tra i premiati si segnalano: laSocietà di Mutuo Soccorso diCremona, Giovanna Bianchied Enea Sperlari per la produ-zione di torroni, DavideCarulli per “carne salata”.

41.Nulla osta del Comune allarichiesta di Davide Carulli dicopie della medaglia vinta aTorino all’Esposizione del

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1884 “per valersene a segno di reclame o ad altro scopo familiare”.Cremona, 6 gennaio 1896ASCr, Comune di Cremona 1868-1946, b. 566

Cremonesi alle Esposizioni di Londra, Torino e Milano

42.Lettera di Hamilton, vicepresidente del Comitato esecutivo e presidentedella Commissione della musica dell’esposizione internazionale diLondra per le invenzioni e la musica, al Comune di Cremona perché ven-gano sollecitati i cittadini possessori di antichi strumenti ad esporli aLondra.Londra, 12 marzo 1885ASCr, Comune di Cremona 1868-1946, b. 569

43.Diploma del Comitato operaio ricevimenti di Torino alla Società Operaiadi Mutuo Soccorso di Cremona per la partecipazione all’EsposizioneGenerale Italiana.Torino, 1898ASCr, Società di Mutuo Soccorso, Diplomi

44.Diploma rilasciato alla Società Operaia di Mutuo Soccorso di Cremonaper la partecipazione all’Esposizione Internazionale di Milano organiz-zata in occasione dell’inaugurazione del valico del Sempione.Milano 1906ASCr, Società di Mutuo Soccorso, Diplomi

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