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CAMMINA MENTE DI ANTONIO GREGOLIN IL MONDO DEI CAMMINATORI - I CAMMINATORI DEL MONDO Exposition 2016

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CAMMINAMENTEDI ANTONIO GREGOLIN

IL MONDO DEI CAMMINATORI - I CAMMINATORI DEL MONDO

Exposition 2016

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CAMMINAMENTE

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CAMMINAMENTESCARPE, STORIE, STRADE, PELLEGRINI E CAMMINATORI

Prima esposizione Nazionale dedicata al Cammino2016 - Anno Nazionale dei Cammini istituito dal MIBACT

Direttamente dall’esperienza della mostra Terra nelle Scarpe di Antonio Gregolin, CamminaMente è un’esposizione che racconta la scoperta del mondo dei Camminatori che scelgono la strada come esperienza di vita. Un microcosmo fatto di grandi avventure, di esperienze personali lontane dai clamori mediatici. C’è chi compie l’impresa e chi invece completa un pellegrinaggio; chi cammina per i deserti, montagne e lande ghiacciate. Come c’è chi torna sulle orme dei pellegrini di un tempo, chi fugge da una terra ostile. L’oggetto simbolo è la scarpa, che per un camminatore resta il compagno più fedele di ogni viaggio.

Le scarpe sono state donate da grandi camminatori, da atleti di fama internazionale, ma anche da chi, in silenzio, ha percorso migliaia di chilometri per un fine intimo e personale.

Scarpe che diventano oggetto di memoria e

rappresentazione dell’esperienza vissuta. Scarpe che “parlano” e raccontano una storia.

Il percorso espositivo si articola in tre sezioni, all’interno delle quali si sviluppa un filo narrativo che descrive le esperienze personali di circa 60 grandi camminatori internazionali, che hanno fatto dei loro percorsi una ragione di vita, per scelta o per necessità.

L’esposizione si compone principalmente della “Collezione privata Gregolin” di calzature originali

di grandi Camminatori, di strutture espositive dedicate, di immagini e materiale scenografici, di oggetti storici, reperti, testi e immagini.

Premessa

“Non è una mostra di scarpe… È invece la rappresentazione umana del Cammino, l’atavica necessità della ricerca e della scoperta, l’irrefrenabile bisogno di un traguardo che non ci sarà mai, perché il vero traguardo è l’esperienza stessa del Cammino”.

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A chi si rivolge

CAMMINAMENTE

L’esposizione è rivolta ad un pubblico eterogeneo; famiglie, scolaresche, a tutte le persone che vogliono conoscere storie di passione, di fede o di speranza, ma anche ad amanti del tempo libero e del turismo.

Sia dal punto di vista concettuale che espositivo, i contenuti e i componenti della mostra si possono combinare in vari modi, a seconda delle diverse esigenze di spazi e/o allestimenti. I curatori della mostra sono a disposizione per un’eventuale progettazione condivisa di un adattamento della mostra ad ogni situazione specifica.

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Sezioni tematiche

La mostra si sviluppa in 3 sezioni, che possono occupare una superficie da 100 a 300 mq a seconda della caratteristica ubicativa e dell’area espositiva, nonché del numero di scarpe esposte:

SEZIONE 1 - Grandi Camminatori; la testimonianza di camminatori che hanno percorso migliaia e migliaia di

chilometri, in solitaria. Scarpe consunte, a brandelli, tracce di un’esperienza unica di percorso fisico e dell’anima.

SEZIONE 2 - Camminatori dello spirito; l’esperienza della devozione, dei sentieri antichi calcati dai pellegrini odierni, l’intima necessità di traguardi spirituali vissuti con incrollabile fede. Scarpe leali, che sono state compagne indispensabili al ricongiungimento con il Sacro.

CAMMINAMENTE

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CAMMINAMENTE

Un mondo che ha scelto di spostarsi a piedi

“In un momento come il nostro, dove sempre più persone sembrano tornare a camminare”, spiega Antonio Gregolin, giornalista e artista curatore della mostra che da anni raccoglie scarpe, “bisogna alimentare la coscienza su ciò che facciamo. Attraverso il cammino, piccolo o grande che sia, scopriamo noi stessi. E’ una ritualità antica e una terapia per molti mali moderni, come mi hanno detto tutti i camminatori che ho incontrato per chiedere le loro

scarpe. Alla sorpresa iniziale per la richiesta di avere le loro scarpe, molti di quelli che sono atleti di fama internazionale, ma anche semplici camminatori, c’è stata l’adesione totale per il valore educativo della proposta”.

SEZIONE 3 - I cammini forzati della Storia; invisibili strade della speranza, tragedie inenarrabili e quasi sempre anonime e sconosciute. Scarpe lacerate, brutte, pezzi di plastica, cuoio o stoffa che raccontano la disperazione umana.

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Le scarpe esposte

Sono molte le scarpe esposte: da Jean Beliveau, il camminatore da Guinness dei Primati nel 2011 che ha percorso il giro del mondo a piedi a Francisco Sancho, un pellegrino spagnolo

che ha camminato in tutta Europa. Da Giovanni Bruttomesso, vicentino che è andato a piedi da Canterbury a Gerusalemme a Carla Perrotti, che ha percorso 6 dei maggiori deserti del mondo fino a Mike Soppelsa, partito dalla Malesia e arrivato in Italia coprendo 27 mila chilometri.

Mattia Miraglio è un giovane torinese che sta percorrendo 50mila chilometri attraverso i cinque continenti e finirà il suo viaggio tra 5 anni. Matteo Bassi è un anziano signore che nel 1971 compì a piedi l’attraversata Roma-Tokyo in meno di 400 giorni; per questa impresa venne insignito

dall’imperatore del Giappone del titolo di Samurai. Ci sono anche le “scarpe” di Tom Perry, il vicentino conosciuto per camminare scalzo sui vulcani di mezzo mondo e quelle di Nives Meroi, la donna friulana degli 8mila; celebre alpinista è tra le poche al mondo ad aver ormai raggiunto le 14 vette più alte del

pianeta. E poi ancora quelle di Angela Seracchioli, pellegrina sulle tracce di San Francesco, di Marco Berni vincitore dell’IditaRod in Alaska, di Michele Pontrandolfo e di Roberto Ghidoni, camminatori estremi.

CAMMINAMENTE

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Le scarpe esposte

CAMMINAMENTE

Ci sono poi scarpe senza nome, ma che rappresentano storie della speranza e della disperazione come gli antichi sandali francescani o le “Scarpe di Sarajevo”, appartenute alla su-perstite della guerra in Bosnia nel 1993. E ancora le “Scarpe dell’Esodo” provenienti dal Magazzino 18 di Trieste in testimo-nianza dell’esodo istriano-dalmata. Le Scarpe della Grande Guerra e quelle della Transumanza Ciociara, i mocassini orig-inali dei nativi americani (le più antiche, del 1850 circa).

Ci sono poi le scarpe di chi viaggia con la creatività, l’arte e la fantasia, come quelle di Ermanno Olmi, Marco Paolini, Moni Ovadia ed Emilio Salgari e di chi invece racconta storie tragi-camente vere, quelle degli inviati di guerra Toni Capuozzo ed Ettore Mo. Quelle di veri campioni di coraggio come Alex Zanardi.

E ancora molte altre scarpe: semplici oggetti di uso comune che raccontano storie incredibili.

Scarpe di profughi - Lampedusa

Ettore Mo - Tony Capuozzo

“Cioce”

Mocassini indiani del 1800

Marco Paolini

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CAMMINAMENTECAMMINAMENTE

Parlano di Camminamente

• TGUNO

• TGUNO SPECIALE

• RAI 3

• TVA VICENZA

• ANTENNATRE

GEO > https://www.goo.gl/7zc4Io

TG UNO > FB/TerraNelleScarpe

TG UNO SPECIALE > FB/TerraNelleScarpe

TG TRE > FB/TerraNelleScarpe

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� Niente moda, ma solo storia. Quella delle scarpee degli uomini che s’intreccia fino a diventareuna mostra originale, presentata a Villaga nel Vi-

centino nella sala sociale fino al 5 agosto, dalle 18 alle24. “Terra nelle scarpe: il tempo delle scarpe. La storiadegli uomini” è la nuova creazione, a metà tra arte estoria, del poliedrico artista Antonio Gregolin, di Mon-tegaldella, che firma l’anteprima di Villaga e annunciadi completare il lavoro nei circuiti nazionali cui la mo-stra è al vaglio. Scarpe vissute che diventano soggettie spunti di riflessione storica e contemporanea. Un’in-tuizione questa che non ha precedenti se consideriamoche tra i pochi artisti che nel tempo hanno ritratto“scarpe vecchie” c’è Vincent Van Gogh, con la sua ce-leberrima serie di tele sul tema. Quadri ripresi succes-sivamente dal filosofo Heidegger, che a metà del No-vecento dedicò un suo trattato proprio alle vecchiescarpe di Van Gogh.

Per il resto, le scarpe hanno continuato a subire ildestino di sempre: essere usate, dimenticate e poi but-tate. Neppure i detti popolari ancora in voga rendonogiustizia. Così, quello che si propone l’artista è «la-sciare raccontare la storia proprio alle scarpe». Dopole precedenti mostre, “Occhi di terra”, lo spettacolomusicale Voci di terra che sta girando l’Italia, ora è ilmomento di “Terra nelle scarpe”, che completa la tri-logia artistica di Gregolin, conosciuto per la sua sensi-bilità ambientale che mai come in questa occasione di-

venta un’intuizione contemporanea. «Le scarpe – spie-ga – restano, al di là delle firme e mode, lo strumentoquotidiano con cui noi camminiamo su questa terra.Le nostre idee camminano con le nostre scarpe». Lascarpa come oggetto, ma anche scultura: «Si ha l’im-pressione che ammirando le decine di scarpe esposte –spiega ancora Gregolin – queste sussurrino parole estorie. Il loro valore è forse un’eredità che ho acquisitodall’essere figlio di un ciabattino. Mio padre e miononno hanno fatto per una vita i scarpari a Montegal-della. Morti loro, è scomparsa anche una tradizionepaesana e familiare. Fin da piccolo ho visto scarpeovunque in casa. Scarpe da riparare, con suole apertecome bocche, cucite poi dalle mani artigiane di papà enonno». Ecco spiegata l’originale contaminazione cheha fatto nascere la singolare esposizione.Non a caso il percorso espositivo partedalla “genesi delle forme”, dallo stessobanchetto originale da scarparo che haereditato con tutti gli attrezzi del mestiere:«È difficile spiegare – aggiunge Grego-lin – cosa ci sia di artistico in un paio discarpe vecchie e dismesse. La cosa piùistintiva e primitiva, se le si guarda conocchi diversi, è la plasticità del tempo chele rende forme scolpite e scultoree, vistoche le scarpe portano il peso degli uomini, ne tratten-gono e ne rilasciano lo spirito sotto forma di libertà».

Ma Gregolin sa andare oltre l’arte per l’arte, fino asconfinare nel sociale e contemporaneo. Esposte sonouna ventina di scarpe di personaggi della cultura espettacolo nazionali e internazionali che hanno raccol-to la proposta, dal veronese David Larible, consideratoil clown più famoso del mondo, ad Alessandro Zanar-di, il pilota che ha perso le gambe; da Moni Ovadia,attore e cantore delle tradizioni ebraiche, a Toni Zar-pellon, pittore delle cave di Rubbio. Fino all’arcinotoMarco Paolini. Ma Gregolin annuncia che altre scarpe

stanno per arrivare e azzarda dei nomi: da ErmannoOlmi a Celentano, come quelle dell’astronauta PaoloNespoli. «Tutte figure che hanno un legame specialecon la terra». Lo stesso vale per le scarpe di un soldatoaustriaco conservate nel ghiaccio del Lagorai per qua-rant’anni. Gli zoccoli dei contadini de L’albero deglizoccoli di Olmi. Come pure le “scarpe dello spirito”una delle sezioni più interessanti, che raccoglie le cal-zature “storiche” degli uomini di fede. «Mi sono spin-to fin dentro i nostri monasteri e conventi – spiegaGregolin – e ho scoperto “frati ciabattini”, monache diclausura “calzolaie”, ognuno con una tipologia di scar-pe particolari. Alcune di queste oggi introvabili. Scar-pe che sanno d’incenso, preghiera e umiltà. Ho trovatole babbucce in fili d’oro usate per la liturgia dai mona-

ci armeni dell’isola di San Lazzaro a Ve-nezia. Ma anche i sandali di un modernopellegrino di Santiago de Compostela. Ela ricerca continua…». L’anteprima diVillaga, organizzata in collaborazione conl’amministrazione comunale e la pro lo-co, è affiancata qui a un’estemporanea dipittura dedicata al frate-artista CesarioCrivellaro, nativo del paese e scomparsoprematuramente, che ha lasciato mirabilitele.

Originale anche l’idea di mettere su ogni scarpauna farfalla, concessa dalla Butterfly Arc di Monte-grotto, quale simbolo dell’anima: «In fondo – conclu-de l’artista – le scarpe rappresentano una metafora del-la nostra esistenza. Queste scarpe non sono cose morteo da buttare come si vorrebbe credere. Raccontano lavita e noi stessi!». Non a caso sono attese delle scarperaccolte in uno dei barconi di disperati che sbarcano aLampedusa: «Questa è la realtà – conclude Gregolin –spesso di queste persone non rimane che le loro scarpeabbandonate. Scarpe di disperazione che sono l’unicosegno della loro disperata esistenza».

MOSTRA Antonio Gregolin presenta un’originale rassegna di calzature di personaggi anonimi e famosi

L’anima dentro le scarpe

L’iniziativa è ancora in itinere: accanto

ai sandali dei monacie ai calzari

dei clandestini di Lampedusa ci sonoquelli di Marco Paolini

e Moni Ovadia

�cu

ltura

20 � arte&storia LA DIFESA DEL POPOLO5 AGOSTO 2012

Parlano di Camminamente

CAMMINAMENTE

• Il Corriere del Veneto• Avvenire• Il Messaggero di S. Antonio• Il Giornale.it• Il Gazzettino• Il Mattino di Padova• Il Giornale di Vicenza• Camminare• L’eco di Bergamo• Shopping Milano-Roma• Tecnica Calzaturiera• Fashion.Leonardo.it• La Voce dei Berici• La Difesa del Popolo

A VILLAGA UNA MOSTRA CURIOSA

Le scarpe, il camminodell’uomoDaPaolini alle vergini eremite

di Vera Mantengoli� VENEZIA

A qualcuno non piace cal-do.Iriflessi del solesui ca-nali che tanto hanno ispi-

rato l’animo di artisti, come peresempio quello di William Tur-ner, sono stati una vera preoccu-pazioneperchifacevadelpalloreun simbolo di nobiltà. In una cit-tàcomeVeneziailriverberodellalucesull’acqua rischiava di scalfi-reilbiancoredelvolto,provocarerughe,masoprattuttoannerirelapelle, trattoper l’epoca tipico del-le classi inferiori. Insomma, vaderetro sole. Il fastidio doveva esse-re tale da spingere qualcuno a in-ventare un parasole da viso inmodo da proteggere le nobildon-ne durante le attraversate sulleimbarcazioni. Sembra infatti chele ricche signore usassero unaspecie di specchio tondo, provvi-sto di manico, realizzato con unalente verde, colore caratteristicodel vetro veneziano, ricavato daun materiale ancora misterioso.Martedì 7 alle 18 al Museodell’Occhiale di Pieve di Cadoresarannovisibiliperlaprimavoltacinque esemplari (sugli otto co-nosciuti) dei cosiddetti «Vetri daGondola o Vetri da Dama», espo-stiallamostra«PararseiOcinellaVenezia del ’700», a cura di LauraZandonella, su progetto dell’otti-co veneziano Roberto Vascellarie in collaborazione con l’Assop-to,aperta finoal 30 novembre. Fi-no a poco tempo fa l’unico esem-plare in questione visibile (un al-troè nellacollezione privata di In-grid e Werner Weismueller) ap-partenevaalla collezione del desi-gner di occhiali Pierre Marly,esposta aParigi al «Musée desLu-nettes et Lorgnettes», attualmen-te chiuso. Il patrimonio, acquista-to da Essilor, vive oggi al «MuséedesLunettes»nellaregioneJuraaMorez, la capitale degli occhialifrancese. Il nome dell’antico mu-seo non era comunque casuale.La prima persona che nominaquestibizzarrioggetti iniziandoasolleticare la curiosità dei colle-zionistiè stata infatti MadameAl-

fred Haymann, una nobildonnafrancese nata a Parigi nel 1844,autrice di un libro intitolato ap-punto Lunettes et Lorgnettes deJadis, edito da J. Leroy nel 1911(300 copie stampate, 40 rimastein circolazione). È in questo fa-moso libro che la signora inseri-sce per la prima volta al mondouna stampa con la raffigurazionedi un «vetro da gondola o vetroda dama», descrivendolo come:«Occhiale da gondola con vetroverde per preservare la vista dalriverbero.Venezia,XVIIIsec.».Forse madame ne possedeva

uno, ma non è stato mai ritrova-to. Gli altri cinque esemplarihanno una storia non da meno.Qualche mese fa il collezionistamilanese Luca Maioli riesce adacquistare la sezione vetri colo-rati di una collezione tedesca dilenti, in vendita. Tra vetri azzur-ri, viola, gialli e rossi, appaionoanche cinque esemplari di «ve-tro da gondola», di cui uno pic-colo, destinato con molte pro-babilità a un bambino, tutti ri-gorosamente realizzati in vetroverde. Grazie al supportodell’Assopto l’ottico Roberto

Vascellari, ne acquista uno, fat-to di legno decorato con la clas-sica lacca veneziana, raffiguran-te una donna con un cesto pie-no di fiori. È lungo circa 30 cm elargo 18.

A questo punto entra in cam-po lo spirito curioso di RobertoVascellari che già qualche tem-po fa aveva richiamato l’atten-zione su un particolare paio diocchiali, ancora una volta vene-ziani, chiamati «Occhiale Gol-doni», muniti delle stesse lentiverdi. Siamo nel Settecento, iraggi UV vengono scoperti nel1870. Impossibile che se ne sa-pesse perfino l’esistenza. Eppu-re, grazie all’esperienza, gli otti-ci di quel periodo avevano pro-babilmente capito che le lentiverdi, fabbricate solo a Venezia,non recavano danni agli occhi.Come mai proprio le verdi? Co-sì, per curiosità, Vascellari pro-va a mettere le lenti verdi vene-ziane sotto lo spettrofotometroe rimane altamente stupito diquello che vede. Le lenti verdeveneziane riparano con gran-dissima precisione dai raggiUV, addirittura quelle degli «oc-chiali Goldoni» superano quel-le prodotte da Giuseppe Rattinel 1956 per la spedizione di Li-no Lacedelli sul K2. Si informacontattando il Maestro VetraioGianni Moretti e il ricercatorepadovano Sandro Zecchin finoalla Stazione Sperimentale delVetro di Murano, diretta da Ro-berto Falcone, che confermache questa caratteristica è datadalla presenza del ferro nel ma-teriale, ma più di questo nonpuò dire, almeno fino a quandonon si analizzi un frammento dilente verde. Quelli da collezio-ne non si possono usare, ma cisarebbe una sola possibilità chesi trova al Museo Correr. Qui,nell’archivio, c’è un occhiale aforbice con lenti verdi rotto, manessuno ha ancora chiesto ilpermesso. Si potrebbe svelareuna curiosità che appartiene al-la storia veneziana e, fanno sa-pere, basterebbe una scheggiadi soli tre millimetri…

di Barbara Codogno� VILLAGA (VICENZA)

Una mostra dedicata alle scar-pe fa immediatamente pensarealle tante shoes addicted e legail nobile manufatto - la scarpapiù antica data 3.500 a.C - oggiannoverato tra gli accessorizes,più al mondo della moda che aquello della storia. Il processodi spettacolarizzazione delleimmagini ha trasformato l'og-getto in status, in simbolo. Losa bene la regista Julie Benarsache nel suo docufilm “God savemy shoes” l'anno scorso ci haraccontato le morbose liaisonsche legano star e vip al fetici-smo icononico ed erotico dellascarpa. Il cinema non è immu-ne da questo connubio che,nella maggior parte dei casi, de-clina feticisticamente nel bino-mio scarpa – morte. Basti pen-sare a “Tacchi a spillo” di Almo-dovar o a “La morte cammina

con i tacchi alti” di Ercoli. Le fa-vole ci riportano invece in unadimensione mitica: se Mercu-rio viaggiava con le sue scarpet-te alate alla protagonista delMago di Oz basta sbattere i tac-chi per volarsene via. C'è ovvia-mente un aspetto ideologico le-gato alla scarpa: ce lo ricorda ilfilm “Scarpe grosse” ( e comesuggerisce il proverbio: cervel-lo fino) di Dino Falconi anchese l'icona per eccellenza delloscarpone rimane legata all'indi-menticabile Chaplin che lascarpa addirittura se la mangia.Non è un caso e ce lo spiega be-ne Primo Levi: «Quando c'è laguerra, a due cose bisogna pen-sare prima di tutto: in primoluogo alle scarpe, in secondo al-la roba da mangiare; perché chiha le scarpe può andare in giroa trovar da mangiare». E se perSavino le scarpe sono lo spec-chio dell'anima, per l'oralità“fra dire e il fare si consumano

molte scarpe” e soprattutto at-tenti a chi vuol “farti le scarpe”.Senza citare i numerosi artistiche hanno trasposto su tela lescarpe, a partire dal 1400 conDomenico di Bartolo. A seguireBosch, Bruegel il Vecchio, VanGogh, Dalì. Insomma, le basiartistiche, psicologiche e socio-logiche per parlare del signifi-cante scarpa ci sono tutte. Gra-zie ad Antonio Gregolin - eclet-tico uomo d'arte, di parola e dipensiero (potremo definirlo uncreativo se la parola non fosseabusata) – ora c'è il presuppo-sto per arrivare a un significatoaltro e alto della scarpa. Che al

di là della moda e del glamouraffonda le sue radici sentimen-tali nella terra ovvero nei luo-ghi fisici, ma anche emozionalie psichici, che le scarpe hannosegnato e percorso. Nella salaSociale di Villaga, nel vicenti-no, fino ad oggi possiamo vede-re “Terra nelle scarpe: il tempodelle scarpe” una mostra shoesin progress. Una mostra checamminerà da sola: i prossimipassi li farà infatti verso Pado-va, Belluno, Verona. Gregolin,nipote e figlio di ciabattini, hasubito il fascino della scarpa finda piccolo. Deve averne respi-rato a fondo l'odore del cuoio,

della para, della colla: «Fin dapiccolo ho visto scarpe ovun-que in casa. Scarpe da riparare,con suole aperte come bocche,cucite poi dalle mani artigianedi papà e nonno». L'idea non èquella di raccogliere soltanto lescarpe di personaggi famosiperché quella di Gregolin non èl'ennesima bulimia feticista. Ipersonaggi noti ci sono, ovvio,ma le loro scarpe raccontanoqualcosa di speciale come lescarpe di Zanardi il pilota se-gnato da un tragico incidente eche ora con le scarpe e con ilcamminare ha cambiato radi-calmente il suo rapporto. Stan-

no per arrivare le scarpe di Ol-mi (cfr. L'albero degli zoccoli) eci sono quelle di Moni Ovadia.Ci sono le scarpe del veroneseDavid Larible, il clown più fa-moso del mondo. Stanno perarrivare quelle di Celentano edell’astronauta Paolo Nespoli.In mostra ci sono le scarpe diun soldato austriaco conserva-te nel ghiaccio del Lagorai perquarant’anni e Gregolin ha bus-sato alla porta di monasteri econventi dove ha scoperto“frati ciabattini”e monache diclausura “calzolaie”, ognunocon una tipologia di scarpe par-ticolari. Alcune di queste oggiintrovabili: «Scarpe che sannoancora d’incenso, preghiera eumiltà. Ho trovato le babbuccein fili d’oro usate per la liturgiadai monaci armeni dell’isola siS.Lazzaro a Venezia. Ma anchei sandali di un moderno pelle-grino di Santiago de Composte-la». Ultima scoperta le pianelleusate da un ordine monasticofrancescano tra i più rigidi,quello delle Vergini EremiteFrancescane. Scarpe mai usci-te dal convento. E le ciabatte diPaolini: «Quelle che mettequando va nel campo, quellecon cui cammina sulla terra».Non ci saranno purtroppo quel-le di Rigoni Stern, che sono sta-te gettate via tutte.

I “vetri da gondola”primiocchiali da soleInventati a Venezia, hanno lenti verdi e riparano dai raggi UV

�� Si chiamano «Occhiali Goldoni»perché, a quanto pare, il comme-diografo ne faceva uso, almeno daquanto scriveva un famoso colle-zionista, Fritz Ratschuler, a propo-sito di una stampa nella quale af-ferma essere raffigurato «Goldonicon occhiale veneziano in cornocon le aste». Della stampa non si sapiù nulla, ma rimane ancora un’al-tra possibilità, un quadro intitola-to L’ingegnere, di autore anonimo.Chi lo ha visto dice che rappresentisicuramente Carlo Goldoni con gliocchiali appoggiati sul tavolo. Finoa poco tempo fa si pensava che fos-se nella Collezione Safilo di Pado-va, ma adesso si sa che è alla BancaPopolare di Vicenza che, nonostan-te le ripetute richieste, non ne haneppure fornito una fotografia.

Ma POPVI DICE NO

Oltre la bulimiafeticista della moda

ecco quelle di OlmiAlex Zanardi, MoniOvadia e dei frati armeni

STORIA E SCIENZA »NACQUERO NEL ’700

I cosiddetti “Occhiali Goldoni”, anche questi dotati di lenti di vetro verde veneziano antiriflesso

Non è unospecchio maun occhialeparasoleLousavano ledame ingondola perripararsi dairiflessi del solesull’acquaRiparavagli occhi maanche la pelleche dovevarimanerebianca

Le babbucce di Marco Paolini . A destra le pianelle delle suore eremite

IL MATTINO DOMENICA 5 AGOSTO 2012 40

A VILLAGA UNA MOSTRA CURIOSA

Le scarpe, il camminodell’uomoDaPaolini alle vergini eremite

di Vera Mantengoli� VENEZIA

A qualcuno non piace cal-do.Iriflessi del solesui ca-nali che tanto hanno ispi-

rato l’animo di artisti, come peresempio quello di William Tur-ner, sono stati una vera preoccu-pazioneperchifacevadelpalloreun simbolo di nobiltà. In una cit-tàcomeVeneziailriverberodellalucesull’acqua rischiava di scalfi-reilbiancoredelvolto,provocarerughe,masoprattuttoannerirelapelle, trattoper l’epoca tipico del-le classi inferiori. Insomma, vaderetro sole. Il fastidio doveva esse-re tale da spingere qualcuno a in-ventare un parasole da viso inmodo da proteggere le nobildon-ne durante le attraversate sulleimbarcazioni. Sembra infatti chele ricche signore usassero unaspecie di specchio tondo, provvi-sto di manico, realizzato con unalente verde, colore caratteristicodel vetro veneziano, ricavato daun materiale ancora misterioso.Martedì 7 alle 18 al Museodell’Occhiale di Pieve di Cadoresarannovisibiliperlaprimavoltacinque esemplari (sugli otto co-nosciuti) dei cosiddetti «Vetri daGondola o Vetri da Dama», espo-stiallamostra«PararseiOcinellaVenezia del ’700», a cura di LauraZandonella, su progetto dell’otti-co veneziano Roberto Vascellarie in collaborazione con l’Assop-to,aperta finoal 30 novembre. Fi-no a poco tempo fa l’unico esem-plare in questione visibile (un al-troè nellacollezione privata di In-grid e Werner Weismueller) ap-partenevaalla collezione del desi-gner di occhiali Pierre Marly,esposta aParigi al «Musée desLu-nettes et Lorgnettes», attualmen-te chiuso. Il patrimonio, acquista-to da Essilor, vive oggi al «MuséedesLunettes»nellaregioneJuraaMorez, la capitale degli occhialifrancese. Il nome dell’antico mu-seo non era comunque casuale.La prima persona che nominaquestibizzarrioggetti iniziandoasolleticare la curiosità dei colle-zionistiè stata infatti MadameAl-

fred Haymann, una nobildonnafrancese nata a Parigi nel 1844,autrice di un libro intitolato ap-punto Lunettes et Lorgnettes deJadis, edito da J. Leroy nel 1911(300 copie stampate, 40 rimastein circolazione). È in questo fa-moso libro che la signora inseri-sce per la prima volta al mondouna stampa con la raffigurazionedi un «vetro da gondola o vetroda dama», descrivendolo come:«Occhiale da gondola con vetroverde per preservare la vista dalriverbero.Venezia,XVIIIsec.».Forse madame ne possedeva

uno, ma non è stato mai ritrova-to. Gli altri cinque esemplarihanno una storia non da meno.Qualche mese fa il collezionistamilanese Luca Maioli riesce adacquistare la sezione vetri colo-rati di una collezione tedesca dilenti, in vendita. Tra vetri azzur-ri, viola, gialli e rossi, appaionoanche cinque esemplari di «ve-tro da gondola», di cui uno pic-colo, destinato con molte pro-babilità a un bambino, tutti ri-gorosamente realizzati in vetroverde. Grazie al supportodell’Assopto l’ottico Roberto

Vascellari, ne acquista uno, fat-to di legno decorato con la clas-sica lacca veneziana, raffiguran-te una donna con un cesto pie-no di fiori. È lungo circa 30 cm elargo 18.

A questo punto entra in cam-po lo spirito curioso di RobertoVascellari che già qualche tem-po fa aveva richiamato l’atten-zione su un particolare paio diocchiali, ancora una volta vene-ziani, chiamati «Occhiale Gol-doni», muniti delle stesse lentiverdi. Siamo nel Settecento, iraggi UV vengono scoperti nel1870. Impossibile che se ne sa-pesse perfino l’esistenza. Eppu-re, grazie all’esperienza, gli otti-ci di quel periodo avevano pro-babilmente capito che le lentiverdi, fabbricate solo a Venezia,non recavano danni agli occhi.Come mai proprio le verdi? Co-sì, per curiosità, Vascellari pro-va a mettere le lenti verdi vene-ziane sotto lo spettrofotometroe rimane altamente stupito diquello che vede. Le lenti verdeveneziane riparano con gran-dissima precisione dai raggiUV, addirittura quelle degli «oc-chiali Goldoni» superano quel-le prodotte da Giuseppe Rattinel 1956 per la spedizione di Li-no Lacedelli sul K2. Si informacontattando il Maestro VetraioGianni Moretti e il ricercatorepadovano Sandro Zecchin finoalla Stazione Sperimentale delVetro di Murano, diretta da Ro-berto Falcone, che confermache questa caratteristica è datadalla presenza del ferro nel ma-teriale, ma più di questo nonpuò dire, almeno fino a quandonon si analizzi un frammento dilente verde. Quelli da collezio-ne non si possono usare, ma cisarebbe una sola possibilità chesi trova al Museo Correr. Qui,nell’archivio, c’è un occhiale aforbice con lenti verdi rotto, manessuno ha ancora chiesto ilpermesso. Si potrebbe svelareuna curiosità che appartiene al-la storia veneziana e, fanno sa-pere, basterebbe una scheggiadi soli tre millimetri…

di Barbara Codogno� VILLAGA (VICENZA)

Una mostra dedicata alle scar-pe fa immediatamente pensarealle tante shoes addicted e legail nobile manufatto - la scarpapiù antica data 3.500 a.C - oggiannoverato tra gli accessorizes,più al mondo della moda che aquello della storia. Il processodi spettacolarizzazione delleimmagini ha trasformato l'og-getto in status, in simbolo. Losa bene la regista Julie Benarsache nel suo docufilm “God savemy shoes” l'anno scorso ci haraccontato le morbose liaisonsche legano star e vip al fetici-smo icononico ed erotico dellascarpa. Il cinema non è immu-ne da questo connubio che,nella maggior parte dei casi, de-clina feticisticamente nel bino-mio scarpa – morte. Basti pen-sare a “Tacchi a spillo” di Almo-dovar o a “La morte cammina

con i tacchi alti” di Ercoli. Le fa-vole ci riportano invece in unadimensione mitica: se Mercu-rio viaggiava con le sue scarpet-te alate alla protagonista delMago di Oz basta sbattere i tac-chi per volarsene via. C'è ovvia-mente un aspetto ideologico le-gato alla scarpa: ce lo ricorda ilfilm “Scarpe grosse” ( e comesuggerisce il proverbio: cervel-lo fino) di Dino Falconi anchese l'icona per eccellenza delloscarpone rimane legata all'indi-menticabile Chaplin che lascarpa addirittura se la mangia.Non è un caso e ce lo spiega be-ne Primo Levi: «Quando c'è laguerra, a due cose bisogna pen-sare prima di tutto: in primoluogo alle scarpe, in secondo al-la roba da mangiare; perché chiha le scarpe può andare in giroa trovar da mangiare». E se perSavino le scarpe sono lo spec-chio dell'anima, per l'oralità“fra dire e il fare si consumano

molte scarpe” e soprattutto at-tenti a chi vuol “farti le scarpe”.Senza citare i numerosi artistiche hanno trasposto su tela lescarpe, a partire dal 1400 conDomenico di Bartolo. A seguireBosch, Bruegel il Vecchio, VanGogh, Dalì. Insomma, le basiartistiche, psicologiche e socio-logiche per parlare del signifi-cante scarpa ci sono tutte. Gra-zie ad Antonio Gregolin - eclet-tico uomo d'arte, di parola e dipensiero (potremo definirlo uncreativo se la parola non fosseabusata) – ora c'è il presuppo-sto per arrivare a un significatoaltro e alto della scarpa. Che al

di là della moda e del glamouraffonda le sue radici sentimen-tali nella terra ovvero nei luo-ghi fisici, ma anche emozionalie psichici, che le scarpe hannosegnato e percorso. Nella salaSociale di Villaga, nel vicenti-no, fino ad oggi possiamo vede-re “Terra nelle scarpe: il tempodelle scarpe” una mostra shoesin progress. Una mostra checamminerà da sola: i prossimipassi li farà infatti verso Pado-va, Belluno, Verona. Gregolin,nipote e figlio di ciabattini, hasubito il fascino della scarpa finda piccolo. Deve averne respi-rato a fondo l'odore del cuoio,

della para, della colla: «Fin dapiccolo ho visto scarpe ovun-que in casa. Scarpe da riparare,con suole aperte come bocche,cucite poi dalle mani artigianedi papà e nonno». L'idea non èquella di raccogliere soltanto lescarpe di personaggi famosiperché quella di Gregolin non èl'ennesima bulimia feticista. Ipersonaggi noti ci sono, ovvio,ma le loro scarpe raccontanoqualcosa di speciale come lescarpe di Zanardi il pilota se-gnato da un tragico incidente eche ora con le scarpe e con ilcamminare ha cambiato radi-calmente il suo rapporto. Stan-

no per arrivare le scarpe di Ol-mi (cfr. L'albero degli zoccoli) eci sono quelle di Moni Ovadia.Ci sono le scarpe del veroneseDavid Larible, il clown più fa-moso del mondo. Stanno perarrivare quelle di Celentano edell’astronauta Paolo Nespoli.In mostra ci sono le scarpe diun soldato austriaco conserva-te nel ghiaccio del Lagorai perquarant’anni e Gregolin ha bus-sato alla porta di monasteri econventi dove ha scoperto“frati ciabattini”e monache diclausura “calzolaie”, ognunocon una tipologia di scarpe par-ticolari. Alcune di queste oggiintrovabili: «Scarpe che sannoancora d’incenso, preghiera eumiltà. Ho trovato le babbuccein fili d’oro usate per la liturgiadai monaci armeni dell’isola siS.Lazzaro a Venezia. Ma anchei sandali di un moderno pelle-grino di Santiago de Composte-la». Ultima scoperta le pianelleusate da un ordine monasticofrancescano tra i più rigidi,quello delle Vergini EremiteFrancescane. Scarpe mai usci-te dal convento. E le ciabatte diPaolini: «Quelle che mettequando va nel campo, quellecon cui cammina sulla terra».Non ci saranno purtroppo quel-le di Rigoni Stern, che sono sta-te gettate via tutte.

I “vetri da gondola”primiocchiali da soleInventati a Venezia, hanno lenti verdi e riparano dai raggi UV

�� Si chiamano «Occhiali Goldoni»perché, a quanto pare, il comme-diografo ne faceva uso, almeno daquanto scriveva un famoso colle-zionista, Fritz Ratschuler, a propo-sito di una stampa nella quale af-ferma essere raffigurato «Goldonicon occhiale veneziano in cornocon le aste». Della stampa non si sapiù nulla, ma rimane ancora un’al-tra possibilità, un quadro intitola-to L’ingegnere, di autore anonimo.Chi lo ha visto dice che rappresentisicuramente Carlo Goldoni con gliocchiali appoggiati sul tavolo. Finoa poco tempo fa si pensava che fos-se nella Collezione Safilo di Pado-va, ma adesso si sa che è alla BancaPopolare di Vicenza che, nonostan-te le ripetute richieste, non ne haneppure fornito una fotografia.

Ma POPVI DICE NO

Oltre la bulimiafeticista della moda

ecco quelle di OlmiAlex Zanardi, MoniOvadia e dei frati armeni

STORIA E SCIENZA »NACQUERO NEL ’700

I cosiddetti “Occhiali Goldoni”, anche questi dotati di lenti di vetro verde veneziano antiriflesso

Non è unospecchio maun occhialeparasoleLousavano ledame ingondola perripararsi dairiflessi del solesull’acquaRiparavagli occhi maanche la pelleche dovevarimanerebianca

Le babbucce di Marco Paolini . A destra le pianelle delle suore eremite

IL MATTINO DOMENICA 5 AGOSTO 2012 40

L'INTERVISTA di Lorenzo Parolin

Lacopertinadellibro autobiograficodi Olmi, editoda Rizzoli

CULTURA&SPETTACOLITelefono 0444.396.311 Fax 0444.396.333 | E-mail: [email protected]

Dopoil cinemae irelativiriconoscimenti(Palmad’oroa

Cannes eLeoned’oroaVenezia, solo per citare imaggiori)ErmannoOlmi, 81anni, sceglie laparola scrittaper raccontarsi. Lo fagiocandosui contrasti che“L’Apocalisse èun lieto fine.Storiedellamiavita edelfuturo” (Rizzoli editore),lascia intuire giàdal titolo.«Unaraccoltadimemorie -

ha spiegato ieri aBassano,alla libreriaPalazzoRoberti -chenonvuole in senso strettoessereun romanzo. Piuttostounmosaicodei ricordi: quellicheemergonodaunavita».Edalla vita trasformata inracconto il registadi“L’Alberodegli zoccoli” e“Centochiodi”, natoaBergamonel 1931, ha lasciatoemergere i temi sui quali siincardina la suapoetica:amoreperunmondo, quellocontadino, chenonc’èpiù, lasemplicità comevalore, laricercadelle emozioni legateai gesti quotidiani.

Nel titolo lega la fine dellastoria, l’Apocalisse, a unmessaggio di speranza: comenasce questo abbinamento?Èarrivatoquasi pergenerazione spontanea,considerando il periododitrasformazioniprofondeedolorose che stiamovivendo.Nonscopro io la crisi che ciattraversa adiversi livelli. Allafatica ealla sofferenza legata

al cambiamentohovolutoperòassociareunmessaggiodi riscatto. In fondol’Apocalisse, cheimpropriamenteinterpretiamocomeprocessodistruttivo, ha il propriocuorenel finale in cuidolore efatica si trasformano inqualcosad’altro. Vogliocredere, quindi, chedopo lelacrime, siapronta la serenitàperchése la sofferenzaaprisse laporta soloaunosconfortopermanentesarebberoguai seri.

Questa visione del futuro, cheguida un libro di memorie, èlegata in particolare a sueesperienze personali?Direidi sì, anche se tendoaprecisare chementre scrivevononpensavo in senso strettoaun’operadinarrativa,piuttostoauna speciedimosaico. Sonoarrivato aunpuntodella vita in cui si cercadimettere inordine i ricordi(e considerate che iononamoparticolarmente conservarecimeli delmiopassato) e,percorrendoa ritroso la lineadellapropria esistenza, èpossibile scoprire cheanche iframmenti apparentementepiùquotidiani contengonounascintilla chepuòaccendere l’emozione.

Tra i ricordi della sua carrieraci sono anche gli anni dellaboratorio “Ipotesi Cinema” aBassano. Torna spesso con lamemoria a quel periodo?(Ride)Possodireunacosaper

laquale penserannochevoglia ingraziarmi i lettori?ABassanomi sentoa casa.Tra l’’82e gli anniNovantariuscimmoacreareun luogodi formazione, anzi una“cucina”nella quale, i giovani,potevano incontrare coetaneidi tutto ilmondoe ipiùanziani, com’ero io,ricevevanonuova linfadallacuriositàdegli allievi. Chedire?È statobellissimoenonèstato facile pensaredidovermettere fine aquell’esperienza.Nel ricordo,però, voglio conservare solo imomenti luminosi.

Ha citato l’interazione traallievi e maestri. Quantoconsidera importante ildialogo tra le generazioni?Piùche importantedireifondamentale, e qui entra ingioco lamia esperienzadiretta. Sonostato educatodamianonnamaterna, unadonna intelligente cheavevaimparatoda sola a leggere escrivere.Ricordo comesimetteva in relazione conglialtri e, ripensandolaoggi,capisco chenonmihainsegnatosolo “delle cose”ma“adapprendere le cose””.

I ritmi e le scadenze dellaquotidianità, però, non aiutanole relazioni…Certo cheno. Intendiamoci,gli asili nidoe i servizi perl’infanzia sonoutili,maquantoperdono inostrinipoti, privati della possibilitàdi crescere con i genitoridei

lorogenitori? Inostri vecchiportavanoavantiun’economiadipovertà (bendiversadallamiseria) eognigiornomettevano inpraticalamoltiplicazionedeipani edeipesci. Crediamodavverochenonservapiù?Dobbiamotornarea imparare il sensodel limite, anchenelleemozioni enella costruzionedei sentimenti. Epoi, bastacon idivertimentipreconfezionati: apartiredaipiùpiccoli, recuperiamo ilgustoper la scoperta, chepernoi esseriumani èunanecessità.

Dalla scoperta al sogno: nelfinale il libro lascia spazio alladimensione onirica. È perallontanarsi dalle brutturedella realtà di oggi?Il sogno, come l’ho sempreinteso, è sorpresa e la capacitàdiprovaremeraviglia è il saledellanostra vita.Diconseguenza,nonèuna fugadalla realtàmaè laporta checipermettedi andareoltre lecontraddizionidelle nostregiornatearricchendonedisignificato imomenti che lecompongono.Auguroa tuttidi riuscire a sognare.•

© RIPRODUZIONERISERVATA

Dobbiamotornareaimparareilsensodellimite,bastaconilpreconfezionatoERMANNOOLMIREGISTA E SCRITTORE

Nonscoproiolacrisicheciattraversa,maallafaticavoglioassociareilriscatto

Nella Galleria d’Arte-Bunkerdi Caldogno si inaugura oggialle 16.30, la personale “Presa-gi” della pittrice padovanaPa-trizia Da Re, che dipinge adolio su tela raffinate composi-zionidai toniaccesi,dove il co-loredaliberoprotagonistadia-loga in armonia con una lineachegenerapresenzeaggettan-ti dal fondo, per venire incon-tro a chi guarda, creando pae-saggi interiori in continuo di-venire, dove la formaha lami-suradellaprofondità.QuelladiPatriziaDaReèpit-

tura colta, dalla coerenza stili-sticapersonale,chesiservedel-la lucepermostrare le passatevisioni della mente: qua e làemergono guizzi di una tintasempre controllata, dove ilgiallofreme, il rossoavanzadapassionale protagonista asso-luto, il blu profondodella not-

te è intento a scovare le figureoniricheeaspingerlefuoridal-le anse dei nostri mulinantipensieri.In ogni opera c’è una linea

chevolteggia, fluisceeallegge-risce una pittura complessa eautentica, che sgorgacomeat-to d’amore sulla tela. La mo-stra a villa Caldogno è curatadaMarifulviaMatteazziAlber-ti:resteràapertafinoal17mar-zo, il sabato e la domenica10-19.•

LAMOSTRA/1.Daoggifino al17 marzo

IpresagidiDaReSicolorailbunkerdivillaCaldogno

Toscana: Chianti e San Gimignano 23/24 marzo € 190Pasqua nelle Marche 29/3 – 01/04 € 445Lombardia e Bernina Express 02/06 aprile € 650Pellegrinaggio a Medjugorie 06/10 aprile € 330Viterbo e dintorni 11/14 aprile € 410Sanremo e Costa Azzurra 12/14 aprile € 335Toscana: Val d’Orcia 12/14 aprile € 375Alto Lazio: Rieti, Greccio e Cittaducale 12/14 aprile € 280Uzbekistan: la Via della Seta 12/19 aprile € 1.550Tour della Sicilia 14/21 aprile € 990Tour Turchia e Cappadocia 20/27 aprile € 1.190Ciociaria e Roma 24/29 aprile € 775Meravigliosa Budapest 25/28 aprile € 445Etruria e Tuscia 25/28 aprile € 355Bosnia Erzegovina e Croazia 07/11 maggio € 420Polonia e Varsavia 08/15 maggio € 945

Praga “città d’oro” 16/19 maggio € 440Roma e Castelli 18/23 maggio € 780Pellegrinaggio a Lourdes (aereo) 17/20 maggio € 670Grecia Classica con Meteore 18/25 maggio € 870Tour delle 3 Capitali del Nord 19/25 maggio € 1.880Tour della Sardegna 23/29 maggio € 990Grand Tour della Sicilia (aereo) 25/31 maggio € 990Soggiorno mare a Madhia (Tunisia) 27/5 - 10/6 € 1.070Torino, Regge Sabaude e Langhe 30/5 - 02/6 € 425Bulgaria: la festa delle rose 31/5 – 07/6 € 1.150Crociera Grandi Città del Baltico 08/15 giugno € 1.625Soggiorno mare a Rodi 08/22 giugno € 1.300Soggiorno mare a Kos 08/22 giugno € 1.230Bretagna e Normandia 12/19 giugno € 1.100Soggiorno mare a Silvi Marina 15/29 giugno € 970Helsinki e Baltici 29/6 - 06/7 € 1.470

GT18517

ERMANNOOLMI,REGISTA

Lameravigliacisalvanell’Apocalissechestiamovivendo

Ilsaluto delpubblicoadOlmi ieriaBassano. FOTO CECCON

Unateladi PatriziaDa Re

La pittrice padovanapropone raffinatecomposizioni acceseanche di guizzi onirici

Una fusione armoniosa, chepuòprodurreoggettiveramen-te corrispondenti allapersonache li chiede o a chi li riceve. Èilpoteredellagrafologia, cheèal centrodiuna seriedi incon-tri organizzati all’atelier labo-ratorio di gioielleria di Adeli-na Scalzotto, in piazza Matte-otti 7 a Vicenza. In collabora-zione con Rossana Agnolin,psicologa della scrittura, con-sulente tecnico del Tribunaledi Vicenza, presidente dell’as-sociazione culturale Il Faro diCaldogno, si parlerà di grafo-gioielleria.La grafologia è una tecnica

che vuole dedurre alcune ca-ratteristiche psicologiche diunindividuoattraversol'anali-si della sua scrittura. La tecni-casiavvalediunmetodoscien-tifico maturato attraverso

scuolediverse(francese, italia-na, tedesca) edha almenoduesecoli di vita.La Scalzotto disegna gioielli

di forte ispirazione etnica edal senso plastico e condurràalcune prove col pubblico. Ec-co il programma degli incon-tri: oggi 3 marzo ore 17 Storiadella Scrittura; il 14 aprile ore17Psicologiadellascrittura,si-stema grafico e mancinismo;il 12 maggio ore 17 Pensiero esentimento: grafia e gioiello;il 21 giugno ore 18 Sensazioneed Intuizione: grafia e gioiel-lo; il22settembreore18Dialo-go tra scrittura e gioiello colcoinvolgimento dei parteci-panti.Il 24 novembre ore 17 siterrà la lezione conclusiva.Ingressoliberoconposti limi-

tati. Adesioni all’indirizzomail [email protected]

INCONTRI.All’atelier Scalzottooggialle 17

GioiellopersonalizzatoLodisegnalagrafologia

Arriva a Milano, nell’ambitodel Salone internazionale Mi-cam e Mipel che si tiene dal 5al 7 marzo (ore 10-19), la mo-stradelvicentinoAntonioGre-golin intitolata “Terra nellescarpe”. Si trattadiunaraccol-tadi scarpedi persone famoseenonchiamate adiventare te-stimoni di un messaggio persalvare la Terra. La mostra sitiene a palazzo Isimbardi, se-de della Provincia di Milano.«Dalle scarpe - diceva ForrestGump nell’omonimo film - sipossono capire molte cose diuna persona»: ecco perchèGregolin ha raccolto una set-tantina di paia di scarpe dellospirito, scarpe comuni come

oggettidamuseo, scarpediat-tori comeMarcoPaolini eMo-ni Ovadia, scarpe di sportivicomeAlexZanardieNivesMe-roi. «Non ho pensato ad unamostra feticistica - spiega l’ar-tista -maaqualcosache sposal’arte con l’utilità, che diventaidentità culturale».Ci sonoglizoccoli della cultura contadi-nacantatadaErmannoOlmi;le scarpe da cava dell’alloragiovane Mauro Corona, oggiaffermatoscultore, scalatoreescrittoredimontagna; le scar-pe consumate dei reporter co-me Ettore Mo e Toni Capuoz-zo, lescarpedeisoldatiaustria-ci e italiani e quelle dei depor-tati.•

LAMOSTRA/2.Laraccoltadel vicentinoAntonioGregolincon idonidivip, attorie sportivi

TerranellescarpealsalonediMilano

Inmostralescarpe ela kippahdi lanadi MoniOvadia

GV11482 GV11482

IL GIORNALE DI VICENZADomenica 3 Marzo 2013 55

L'INTERVISTA di Lorenzo Parolin

Lacopertinadellibro autobiograficodi Olmi, editoda Rizzoli

CULTURA&SPETTACOLITelefono 0444.396.311 Fax 0444.396.333 | E-mail: [email protected]

Dopoil cinemae irelativiriconoscimenti(Palmad’oroa

Cannes eLeoned’oroaVenezia, solo per citare imaggiori)ErmannoOlmi, 81anni, sceglie laparola scrittaper raccontarsi. Lo fagiocandosui contrasti che“L’Apocalisse èun lieto fine.Storiedellamiavita edelfuturo” (Rizzoli editore),lascia intuire giàdal titolo.«Unaraccoltadimemorie -

ha spiegato ieri aBassano,alla libreriaPalazzoRoberti -chenonvuole in senso strettoessereun romanzo. Piuttostounmosaicodei ricordi: quellicheemergonodaunavita».Edalla vita trasformata inracconto il registadi“L’Alberodegli zoccoli” e“Centochiodi”, natoaBergamonel 1931, ha lasciatoemergere i temi sui quali siincardina la suapoetica:amoreperunmondo, quellocontadino, chenonc’èpiù, lasemplicità comevalore, laricercadelle emozioni legateai gesti quotidiani.

Nel titolo lega la fine dellastoria, l’Apocalisse, a unmessaggio di speranza: comenasce questo abbinamento?Èarrivatoquasi pergenerazione spontanea,considerando il periododitrasformazioniprofondeedolorose che stiamovivendo.Nonscopro io la crisi che ciattraversa adiversi livelli. Allafatica ealla sofferenza legata

al cambiamentohovolutoperòassociareunmessaggiodi riscatto. In fondol’Apocalisse, cheimpropriamenteinterpretiamocomeprocessodistruttivo, ha il propriocuorenel finale in cuidolore efatica si trasformano inqualcosad’altro. Vogliocredere, quindi, chedopo lelacrime, siapronta la serenitàperchése la sofferenzaaprisse laporta soloaunosconfortopermanentesarebberoguai seri.

Questa visione del futuro, cheguida un libro di memorie, èlegata in particolare a sueesperienze personali?Direidi sì, anche se tendoaprecisare chementre scrivevononpensavo in senso strettoaun’operadinarrativa,piuttostoauna speciedimosaico. Sonoarrivato aunpuntodella vita in cui si cercadimettere inordine i ricordi(e considerate che iononamoparticolarmente conservarecimeli delmiopassato) e,percorrendoa ritroso la lineadellapropria esistenza, èpossibile scoprire cheanche iframmenti apparentementepiùquotidiani contengonounascintilla chepuòaccendere l’emozione.

Tra i ricordi della sua carrieraci sono anche gli anni dellaboratorio “Ipotesi Cinema” aBassano. Torna spesso con lamemoria a quel periodo?(Ride)Possodireunacosaper

laquale penserannochevoglia ingraziarmi i lettori?ABassanomi sentoa casa.Tra l’’82e gli anniNovantariuscimmoacreareun luogodi formazione, anzi una“cucina”nella quale, i giovani,potevano incontrare coetaneidi tutto ilmondoe ipiùanziani, com’ero io,ricevevanonuova linfadallacuriositàdegli allievi. Chedire?È statobellissimoenonèstato facile pensaredidovermettere fine aquell’esperienza.Nel ricordo,però, voglio conservare solo imomenti luminosi.

Ha citato l’interazione traallievi e maestri. Quantoconsidera importante ildialogo tra le generazioni?Piùche importantedireifondamentale, e qui entra ingioco lamia esperienzadiretta. Sonostato educatodamianonnamaterna, unadonna intelligente cheavevaimparatoda sola a leggere escrivere.Ricordo comesimetteva in relazione conglialtri e, ripensandolaoggi,capisco chenonmihainsegnatosolo “delle cose”ma“adapprendere le cose””.

I ritmi e le scadenze dellaquotidianità, però, non aiutanole relazioni…Certo cheno. Intendiamoci,gli asili nidoe i servizi perl’infanzia sonoutili,maquantoperdono inostrinipoti, privati della possibilitàdi crescere con i genitoridei

lorogenitori? Inostri vecchiportavanoavantiun’economiadipovertà (bendiversadallamiseria) eognigiornomettevano inpraticalamoltiplicazionedeipani edeipesci. Crediamodavverochenonservapiù?Dobbiamotornarea imparare il sensodel limite, anchenelleemozioni enella costruzionedei sentimenti. Epoi, bastacon idivertimentipreconfezionati: apartiredaipiùpiccoli, recuperiamo ilgustoper la scoperta, chepernoi esseriumani èunanecessità.

Dalla scoperta al sogno: nelfinale il libro lascia spazio alladimensione onirica. È perallontanarsi dalle brutturedella realtà di oggi?Il sogno, come l’ho sempreinteso, è sorpresa e la capacitàdiprovaremeraviglia è il saledellanostra vita.Diconseguenza,nonèuna fugadalla realtàmaè laporta checipermettedi andareoltre lecontraddizionidelle nostregiornatearricchendonedisignificato imomenti che lecompongono.Auguroa tuttidi riuscire a sognare.•

© RIPRODUZIONERISERVATA

Dobbiamotornareaimparareilsensodellimite,bastaconilpreconfezionatoERMANNOOLMIREGISTA ESCRITTORE

Nonscoproiolacrisicheciattraversa,maallafaticavoglioassociareilriscatto

Nella Galleria d’Arte-Bunkerdi Caldogno si inaugura oggialle 16.30, la personale “Presa-gi” della pittrice padovanaPa-trizia Da Re, che dipinge adolio su tela raffinate composi-zionidai toniaccesi,dove il co-loredaliberoprotagonistadia-loga in armonia con una lineachegenerapresenzeaggettan-ti dal fondo, per venire incon-tro a chi guarda, creando pae-saggi interiori in continuo di-venire, dove la formaha lami-suradellaprofondità.QuelladiPatriziaDaReèpit-

tura colta, dalla coerenza stili-sticapersonale,chesiservedel-la lucepermostrare le passatevisioni della mente: qua e làemergono guizzi di una tintasempre controllata, dove ilgiallofreme, il rossoavanzadapassionale protagonista asso-luto, il blu profondodella not-

te è intento a scovare le figureoniricheeaspingerlefuoridal-le anse dei nostri mulinantipensieri.In ogni opera c’è una linea

chevolteggia, fluisceeallegge-risce una pittura complessa eautentica, che sgorgacomeat-to d’amore sulla tela. La mo-stra a villa Caldogno è curatadaMarifulviaMatteazziAlber-ti:resteràapertafinoal17mar-zo, il sabato e la domenica10-19.•

LAMOSTRA/1.Daoggifino al17 marzo

IpresagidiDaReSicolorailbunkerdivillaCaldogno

Toscana: Chianti e San Gimignano 23/24 marzo € 190Pasqua nelle Marche 29/3 – 01/04 € 445Lombardia e Bernina Express 02/06 aprile € 650Pellegrinaggio a Medjugorie 06/10 aprile € 330Viterbo e dintorni 11/14 aprile € 410Sanremo e Costa Azzurra 12/14 aprile € 335Toscana: Val d’Orcia 12/14 aprile € 375Alto Lazio: Rieti, Greccio e Cittaducale 12/14 aprile € 280Uzbekistan: la Via della Seta 12/19 aprile € 1.550Tour della Sicilia 14/21 aprile € 990Tour Turchia e Cappadocia 20/27 aprile € 1.190Ciociaria e Roma 24/29 aprile € 775Meravigliosa Budapest 25/28 aprile € 445Etruria e Tuscia 25/28 aprile € 355Bosnia Erzegovina e Croazia 07/11 maggio € 420Polonia e Varsavia 08/15 maggio € 945

Praga “città d’oro” 16/19 maggio € 440Roma e Castelli 18/23 maggio € 780Pellegrinaggio a Lourdes (aereo) 17/20 maggio € 670Grecia Classica con Meteore 18/25 maggio € 870Tour delle 3 Capitali del Nord 19/25 maggio € 1.880Tour della Sardegna 23/29 maggio € 990Grand Tour della Sicilia (aereo) 25/31 maggio € 990Soggiorno mare a Madhia (Tunisia) 27/5 - 10/6 € 1.070Torino, Regge Sabaude e Langhe 30/5 - 02/6 € 425Bulgaria: la festa delle rose 31/5 – 07/6 € 1.150Crociera Grandi Città del Baltico 08/15 giugno € 1.625Soggiorno mare a Rodi 08/22 giugno € 1.300Soggiorno mare a Kos 08/22 giugno € 1.230Bretagna e Normandia 12/19 giugno € 1.100Soggiorno mare a Silvi Marina 15/29 giugno € 970Helsinki e Baltici 29/6 - 06/7 € 1.470

GT18517

ERMANNOOLMI,REGISTA

Lameravigliacisalvanell’Apocalissechestiamovivendo

Ilsaluto delpubblicoadOlmi ieriaBassano. FOTO CECCON

Unateladi PatriziaDa Re

La pittrice padovanapropone raffinatecomposizioni acceseanche di guizzi onirici

Una fusione armoniosa, chepuòprodurreoggettiveramen-te corrispondenti allapersonache li chiede o a chi li riceve. Èilpoteredellagrafologia, cheèal centrodiuna seriedi incon-tri organizzati all’atelier labo-ratorio di gioielleria di Adeli-na Scalzotto, in piazza Matte-otti 7 a Vicenza. In collabora-zione con Rossana Agnolin,psicologa della scrittura, con-sulente tecnico del Tribunaledi Vicenza, presidente dell’as-sociazione culturale Il Faro diCaldogno, si parlerà di grafo-gioielleria.La grafologia è una tecnica

che vuole dedurre alcune ca-ratteristiche psicologiche diunindividuoattraversol'anali-si della sua scrittura. La tecni-casiavvalediunmetodoscien-tifico maturato attraverso

scuolediverse(francese, italia-na, tedesca) edha almenoduesecoli di vita.La Scalzotto disegna gioielli

di forte ispirazione etnica edal senso plastico e condurràalcune prove col pubblico. Ec-co il programma degli incon-tri: oggi 3 marzo ore 17 Storiadella Scrittura; il 14 aprile ore17Psicologiadellascrittura,si-stema grafico e mancinismo;il 12 maggio ore 17 Pensiero esentimento: grafia e gioiello;il 21 giugno ore 18 Sensazioneed Intuizione: grafia e gioiel-lo; il22settembreore18Dialo-go tra scrittura e gioiello colcoinvolgimento dei parteci-panti.Il 24 novembre ore 17 siterrà la lezione conclusiva.Ingressoliberoconposti limi-

tati. Adesioni all’indirizzomail [email protected]

INCONTRI.All’atelier Scalzottooggialle 17

GioiellopersonalizzatoLodisegnalagrafologia

Arriva a Milano, nell’ambitodel Salone internazionale Mi-cam e Mipel che si tiene dal 5al 7 marzo (ore 10-19), la mo-stradelvicentinoAntonioGre-golin intitolata “Terra nellescarpe”. Si trattadiunaraccol-ta di scarpedi persone famoseenonchiamate adiventare te-stimoni di un messaggio persalvare la Terra. La mostra sitiene a palazzo Isimbardi, se-de della Provincia di Milano.«Dalle scarpe - diceva ForrestGump nell’omonimo film - sipossono capire molte cose diuna persona»: ecco perchèGregolin ha raccolto una set-tantina di paia di scarpe dellospirito, scarpe comuni come

oggettidamuseo, scarpediat-tori comeMarcoPaolini eMo-ni Ovadia, scarpe di sportivicomeAlexZanardieNivesMe-roi. «Non ho pensato ad unamostra feticistica - spiega l’ar-tista -maaqualcosache sposal’arte con l’utilità, che diventaidentità culturale».Ci sonoglizoccoli della cultura contadi-nacantatadaErmannoOlmi;le scarpe da cava dell’alloragiovane Mauro Corona, oggiaffermatoscultore, scalatoreescrittoredimontagna; le scar-pe consumate dei reporter co-me Ettore Mo e Toni Capuoz-zo, lescarpedeisoldatiaustria-ci e italiani e quelle dei depor-tati.•

LAMOSTRA/2.Laraccoltadel vicentinoAntonioGregolincon idonidivip, attorie sportivi

TerranellescarpealsalonediMilano

Inmostralescarpe ela kippahdi lanadi MoniOvadia

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IL GIORNALE DI VICENZADomenica 3 Marzo 2013 55

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CAMMINAMENTE

Partner di progetto

• Istituto Regionale per la Cultura Istriano – Fiumano - Dalmata

• Federazione Organismi Cristiani di Servizio Internazionale Volontario

• Ufficio Diocesano Pellegrinaggi di Vicenza

• Camminare (rivista)

Ideazione: Antonio GregolinOrganizzazione e Marketing: Achille VaccariAllestimenti: Antonio Gregolin e collaboratoriGrafica: Mauro Forlani

Crediti

I numeri di Camminamente

• Più di 60 paia di scarpe che raccontano una storia

• 9 mostre già realizzate• Più di 12.000 visitatori• Quasi 1 milione di chilometri percorsi

dalle scarpe esposte• 94 gli anni della pellegrina più anziana• Oltre 50 nazioni rappresentate dai

cammini percorsi• 150 gli anni della scarpa più vecchia• 1 scarpa dei Ragazzi del ‘99

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CAMMINAMENTE

Scheda Tecnica

Dotazione tecnica massima della mostra• 45 teche in plexiglass• 50 cartelli espositivi con il nome dei Camminatori• 15 pannelli espositivi in PVC, 200x150 cm• 50 tavole didascaliche e illustrate in PVC, 50X40 cm• 10 striscioni didattici verticali in PVC, 300x100 cm• 2 globi terracquei gonfiabili in PVC, diametro cm 200 e 100 cm• 12 tra opere pittoriche e sculture a tema• 1 tepee pellerossa a dimensione originale• 1 installazione di presentazione, diametro 200 cm• 1 striscione verticale da esterno in PVC per presentazione,

300x100 cm• 10 faretti led a braccetto

Dimensione dell’esposizione: da 100 a 300 mqAlimentazione (audio/luci): normale impianto elettrico con prese a

norma, min. 15 kw.Tempi di allestimento: due giorni.Tempi di disallestimento: un giorno.Trasporto: compreso nei costi, a nostro carico.Periodo ideale di esposizione: minimo 15 giorni.Disponibilità: su richiesta almeno 2 mesi prima.Servizi offerti e compresi nel prezzo: oltre all’allestimento e

al disallestimento della mostra è compreso il format grafico di comunicazione e supporto all’Ufficio Stampa del Comune ospitante. E’ prevedibile anche l’organizzazione di un evento di presentazione con la presenza di alcuni protagonisti.

Requisiti richiesti: si richiede un ambiente consono all’esposizione, un’area coperta di minimo 100 mq, 80 bancali (pallets) di cm 80x120, un servizio di apertura, chiusura e custodia. L’assicurazione è obbligatoria.

Informazioni e contatti: Achille Vaccari - cell. 338 8050215 - [email protected]