sconfinare numero 4 - dicembre 2006

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Kim Jong-il: bomba atomica, istruzioni per l’uso B&B: Brulc e Brancati Dalla vittoria dell’uno ai problemi elettorali dell’altro COPIA OMAGGIO Rubrika Go and Go B&B, Brulc in Brancati Tahar Ben Jelloun a Trieste Numero 4 - Dicembre 2006 Il risveglio di Napoli Fascisti su Marte Crossing the Bridge Scripta manent Pixxel Music Gotan Project Go Unicard Lisboa è muito Boa Cinema PAGINE 8 E 9 Musica PAGINE 12 E 13 PAGINA 10 E 11 Italia Broglio o son desto La riforma del SISMI PAGINE 3 E 4 Gorizia e Nova Gorica Intervista a Vittorio Brancati PAGINE 5,6 E 7 a pagina 2 Università PAGINE 15 E 16 Stile libero Cultura Glocale Demetrio Volcic De Boca Bona Marzemino e...Marzemino a pagina 4 sconfi[email protected] Direttrice: Annalisa Turel http://sconfinare.awardspace.biz/ L’editoriale Relax Il Grande Gioco 2 Storie di ordinaria burocrazia B&B come Go&Go, Brulc e Brancati come Nova Gorica e Gorizia. Due realtà gemelle in continuo confronto; due sindaci in situazioni politiche molto diverse. Dalla vittoria elettorale dell’uno nasce la necessità di osservare che cosa stia affrontando l’altro. Mirko Brulc, sindaco uscente di Nova Gorica, ha appena affrontato la nuova tornata elettorale che l’ha confermato alla guida della sua città. Il leader dei socialdemocratici ha battuto, al ballottaggio del 12 novembre, il liberalsocialista Crtomir Špacapan. Si è trattato di una sfida tutta interna alla sinistra in cui paradossalmente sembra aver giocato un ruolo decisivo la destra. Infatti poco prima dello secondo turno la SD ha raggiunto un accordo a livello nazionale con il partito di centro destra, dando un decisivo apporto alla vittoria. Nel 2002 Brulc e Špacapan si erano già affrontati ed allora era quest’ultimo a dover difendere la carica. Brulc vinse con vantaggio di soli 400 voti. A metà novembre la situazione si è ripresentata a parti invertite. Questa volta a scontrarsi erano due legislature vissute dai cittadini di Nova Gorica. Il mandato dell’uno contro quello successivo dell’altro. La sentenza è stata chiara. Brulc ha vinto con un vantaggio di circa 2200 voti, ottenendo il 58% delle preferenze. Alla notizia del successo del collega Nell’immaginario collettivo, parlare di guer- ra fredda è come riferirsi a qualcosa di lon- tano, di estinto. Gli avvenimenti che han- no caratterizzato quel periodo sembrano irreali, quasi governati da una logica a noi sconosciuta. Eppure, ogni giorno che passa, ogni nuova notizia di politica internazionale sembra estratta da quel passato periodo, svelan- done sempre più chiaramente i segreti retroscena. Tutto ciò è testimoniato dalla sopravvivenza della Corea del Nord, uno degli stati creati pro- prio all’inizio della Guerra Fredda, che ancora mantiene le sue barriere ideologiche contro il resto del mondo. Questa nazione ha avuto ori- gine alla fine della Seconda Guerra Mondia- le: dopo la resa del Giappone, le forze alleate, schierate al di sotto del 38° parallelo, rifiuta- rono di riconoscere legittimo il Governo Prov- visorio della Repubblica di Corea, in esilio in Cina sin dal 1940, perchè fondamentalmente filo-sovietico. Questa decisione fece si che, nel giro di pochi anni, una armata comunista, so- stenuta da URSS e Cina, preparasse una cam- pagna militare per portare sotto la bandiera di Pyongyang la Corea del Sud, sostenuta invece dagli Stati Uniti. L’armistizio venne firmato nel 1953, ma non si arrivò mai ad un trattato di pace. La storia nucleare della Corea del Nord, ha inizio nel 1985, quando ratifica il Trattato di non Pro- lifeazione Nucleare (TNP): esso prevedeva per Pyongyang il divieto di creare testate atomiche e l’apertura degli impianti alle ispezioni dell’AIEA. Nel 1989, attraverso foto satellitari, gli Stati Uni- ti scoprirono un sito nucleare vicino alla città di Yongbyon: questo fece sorgere il sospetto che in quella località i nordcoreani stessero compien- do i primi passi per costruire la bomba atomica. Nel 1992 gli ispettori dell’AIEA entrarono per la prima volta nel paese e ispezionarono il sito, ma durante la missione venne loro impedito più vol- te di controllare che le scorie (al plutonio) pro- dotte non venissero riciclate per scopi militari. Alla minaccia di Pyongyang di voler uscire dal TNP, si aprì un tavolo di trattative che portò alla creazione, nel 1994, di un trattato con gli USA chiamato “Agreed Framework”. La Corea del Nord dichiarava di rinunciare al suo programma nucleare al plutonio e alle sue centrali di energia, in cambio della costruzione di due reattori LWR (Light Water Reactor) – finanziati quasi intera- mente da Giappone e Corea del Sud- che non producono scorie riciclabili per scopi militari. È la politica locale la pro- tagonista di questo numero di Sconfinare. A pochi mesi dal rinnovo dell’amministrazio- ne comunale la città è infatti in fermento: da un lato l’av- vio delle opere pubbliche che caratterizza i periodi di fine mandato e che ha trasformato Gorizia in un grande cantiere, dall’altro la bagarre politica sulla ricandidatura o meno del sindaco uscente, Vittorio Bran- cati. Senza dimentica il fatto- re transfrontaliero, visto che da qualche settimana anche Nova Gorica è andata a ele- zioni riconfermando alla gui- da dal Comune Mirko Brulc. Verranno portati avanti, dun- que, i progetti transfrontalieri messi in cantiere dai due pri- mi cittadini? Avrà un peso la vittoria di Brulc sull’esito del- le Comunali a Gorizia? Ce lo siamo chiesti: ecco le ragioni dell’analisi politica proposta in queste pagine e dell’inter- vista al sindaco Brancati, che non poteva non toccare anche il tema dell’università a Gori- zia, delle sue potenzialità e del suo possibile sviluppo futuro. Annalisa Turel VOLČIČEV 56’ MED STALINOM IN KRUSČEVIM

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Relax Università VOLČIČEV 56’ MED STALINOM IN KRUSČEVIM Go Unicard Lisboa è muito Boa Stile libero Rubrika Go and Go Il Grande Gioco 2 Storie di ordinaria burocrazia Marzemino e...Marzemino Italia B&B, Brulc in Brancati Demetrio Volcic Fascisti su Marte Crossing the Bridge Tahar Ben Jelloun a Trieste Pixxel Music Gotan Project Broglio o son desto La riforma del SISMI Numero 4 - Dicembre 2006 Intervista a Vittorio Brancati Il risveglio di Napoli PAGINE 15 E 16 PAGINE 3 E 4 a pagina 2

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Page 1: Sconfinare numero 4 - Dicembre 2006

Kim Jong-il: bomba atomica, istruzioni

per l’uso

B&B: Brulc e Brancati Dalla vittoria dell’uno ai problemi elettorali dell’altro

COPIA OMAGGIO

Rubrika Go and Go

B&B, Brulc in Brancati

Tahar Ben Jelloun a Trieste

Numero 4 - Dicembre 2006

Il risveglio di Napoli

Fascisti su Marte Crossing the Bridge

Scripta manent

Pixxel MusicGotan Project

Go UnicardLisboa è muito Boa

Cinema

PAGINE 8 E 9

Musica

PAGINE 12 E 13PAGINA 10 E 11

ItaliaBroglio o son destoLa riforma del SISMI

PAGINE 3 E 4

Gorizia e Nova GoricaIntervista a Vittorio Brancati

PAGINE 5,6 E 7

a pagina 2

Università

PAGINE 15 E 16

Stile libero

Cultura GlocaleDemetrio Volcic

De Boca BonaMarzemino e...Marzemino

a pagina 4

[email protected]: Annalisa Turelhttp://sconfinare.awardspace.biz/

L’editoriale

RelaxIl Grande Gioco 2

Storie di ordinaria burocrazia

B&B come Go&Go, Brulc e Brancati come Nova Gorica e Gorizia. Due realtà gemelle in continuo confronto; due sindaci in situazioni politiche molto diverse. Dalla vittoria elettorale dell’uno nasce la necessità di osservare che cosa stia affrontando l’altro. Mirko Brulc, sindaco uscente di Nova Gorica, ha appena affrontato la nuova tornata elettorale che l’ha confermato alla guida della sua città. Il leader dei socialdemocratici ha battuto, al ballottaggio del 12 novembre, il liberalsocialista Crtomir Špacapan. Si è trattato di una sfida tutta interna alla sinistra in cui paradossalmente sembra aver giocato un ruolo decisivo la destra. Infatti poco prima dello secondo

turno la SD ha raggiunto un accordo a livello nazionale con il partito di centro destra, dando un decisivo apporto alla vittoria. Nel 2002 Brulc e Špacapan si erano già affrontati ed allora era quest’ultimo a dover difendere la carica. Brulc vinse con vantaggio di soli 400 voti. A metà novembre la situazione si è ripresentata a parti invertite. Questa volta a scontrarsi erano due legislature vissute dai cittadini di Nova Gorica. Il mandato dell’uno contro quello successivo dell’altro. La sentenza è stata chiara. Brulc ha vinto con un vantaggio di circa 2200 voti, ottenendo il 58% delle preferenze. Alla notizia del successo del collega

Nell’immaginario collettivo, parlare di guer-ra fredda è come riferirsi a qualcosa di lon-tano, di estinto. Gli avvenimenti che han-no caratterizzato quel periodo sembrano irreali, quasi governati da una logica a noi sconosciuta. Eppure, ogni giorno che passa, ogni nuova notizia di politica internazionale sembra estratta da quel passato periodo, svelan-done sempre più chiaramente i segreti retroscena.Tutto ciò è testimoniato dalla sopravvivenza della Corea del Nord, uno degli stati creati pro-prio all’inizio della Guerra Fredda, che ancora mantiene le sue barriere ideologiche contro il resto del mondo. Questa nazione ha avuto ori-gine alla fine della Seconda Guerra Mondia-le: dopo la resa del Giappone, le forze alleate, schierate al di sotto del 38° parallelo, rifiuta-rono di riconoscere legittimo il Governo Prov-visorio della Repubblica di Corea, in esilio in Cina sin dal 1940, perchè fondamentalmente filo-sovietico. Questa decisione fece si che, nel giro di pochi anni, una armata comunista, so-stenuta da URSS e Cina, preparasse una cam-pagna militare per portare sotto la bandiera di Pyongyang la Corea del Sud, sostenuta invece dagli Stati Uniti. L’armistizio venne firmato nel 1953, ma non si arrivò mai ad un trattato di pace.La storia nucleare della Corea del Nord, ha inizio nel 1985, quando ratifica il Trattato di non Pro-lifeazione Nucleare (TNP): esso prevedeva per Pyongyang il divieto di creare testate atomiche e l’apertura degli impianti alle ispezioni dell’AIEA.Nel 1989, attraverso foto satellitari, gli Stati Uni-ti scoprirono un sito nucleare vicino alla città di Yongbyon: questo fece sorgere il sospetto che in quella località i nordcoreani stessero compien-do i primi passi per costruire la bomba atomica. Nel 1992 gli ispettori dell’AIEA entrarono per la prima volta nel paese e ispezionarono il sito, ma durante la missione venne loro impedito più vol-te di controllare che le scorie (al plutonio) pro-dotte non venissero riciclate per scopi militari. Alla minaccia di Pyongyang di voler uscire dal TNP, si aprì un tavolo di trattative che portò alla creazione, nel 1994, di un trattato con gli USA chiamato “Agreed Framework”. La Corea del Nord dichiarava di rinunciare al suo programma nucleare al plutonio e alle sue centrali di energia, in cambio della costruzione di due reattori LWR (Light Water Reactor) – finanziati quasi intera-mente da Giappone e Corea del Sud- che non producono scorie riciclabili per scopi militari.

È la politica locale la pro-tagonista di questo numero di Sconfinare. A pochi mesi dal rinnovo dell’amministrazio-ne comunale la città è infatti in fermento: da un lato l’av-vio delle opere pubbliche che caratterizza i periodi di fine mandato e che ha trasformato Gorizia in un grande cantiere, dall’altro la bagarre politica sulla ricandidatura o meno del sindaco uscente, Vittorio Bran-cati. Senza dimentica il fatto-re transfrontaliero, visto che da qualche settimana anche Nova Gorica è andata a ele-zioni riconfermando alla gui-da dal Comune Mirko Brulc. Verranno portati avanti, dun-que, i progetti transfrontalieri messi in cantiere dai due pri-mi cittadini? Avrà un peso la vittoria di Brulc sull’esito del-le Comunali a Gorizia? Ce lo siamo chiesti: ecco le ragioni dell’analisi politica proposta in queste pagine e dell’inter-vista al sindaco Brancati, che non poteva non toccare anche il tema dell’università a Gori-zia, delle sue potenzialità e del suo possibile sviluppo futuro.

Annalisa Turel

VOLČIČEV 56’ MED STALINOM IN KRUSČEVIM

Page 2: Sconfinare numero 4 - Dicembre 2006

Sconfinare Dicembre 2006 2Mondo

31 novembre

3 novembre - RUSSIA E GEORGIAIl gigante russo Gazprom ha deciso di raddoppiare - da 110 a 230 dollari ogni mille metri cubi - il prezzo delle forni-ture di gas alla Georgia nel 2007. Il governo georgiano ha reagito minacciando di mettere il veto sull’ingresso della Russia nel Wto. I due paesi sono ai ferri corti dopo l’arresto a fine settembre a Tbilisi di quattro funzionari russi accusa-ti di spionaggio che erano stati liberati dopo alcuni giorni.

30 novembre - CUBAI festeggiamenti per l’ottantesimo compleanno di Fidel Castro si stanno svolgendo senza il leader maximo. Ha compiuto ottant’anni lo scorso 2 ago-sto, ma la ricorrenza è stata rimandati alla settimana del 2 dicembre, cin-quantesimo anniversario dello sbarco rivoluzionario di Castro. Il presidente ha disertato per problemi di salute.

28 novembre - TURCHIABenedetto XVI ha cominciato la sua storica visita in Turchia. Dopo le polemiche causate dal suo discorso sull’islam dello scor-so settembre, il Papa si presenta alla sua prima visita ufficiale in un paese musulmano. Il premier turco Recep Tayyip Erdogan ha dichiarato che ora il Papa appoggia l’ingresso di Ankara nell’Unio-ne europea. Il Vaticano è stato meno diretto, spiegando che Bene-detto XVI incoraggia «l’integrazione» della Turchia con l’Europa.

10 novembre - CIADDa ormai sette giorni le tribù arabe e quelle non arabe si combattono violentemente in due regioni orientali del Ciad, Salamat e Ouaddai. Il bilancio provvisorio è di cir-ca 400 morti, centinaia di feriti e migliaia di sfollati. In questa parte del Paese gli scontri etnici sono sempre avve-nuti, soprattutto per l’accesso ai pascoli o alle fonti d’ac-qua. Ora il governo di N’djamena accusa il Sudan di aver esportato la crisi del Darfur all’interno delle sue frontiere.

9 novembre - STATI UNITIAlle elezioni di midterm vittoria del partito democratico. Netto lo scarto di voti al Congresso dove i rappresentanti democratici sono ora 227 (prima del voto erano 201) contro i 195 repubblicani (erano 231). Più equilibrata la sfida al senato dove il partito democratico ha 51 rappresentanti contro i 49 dei repubblicani. Poche ore dopo la bocciatura elettorale il Segretario della Difesa Donald Rum-sfeld, l’architetto della guerra in Iraq, ha presentato le dimissioni.

13 novembre - CONGO La Commissione elettorale indipendente ha procla-mato il capo di stato uscente Joseph Kabila vincitore del secondo turno delle elezioni presidenziali nella Repubblica Democratica. Kabila ha ottenuto il 58,05 per cento dei voti, contro il 41,95 per cento del suo rivale Jean-Pierre Bemba. La Corte suprema di giu-stizia ha ufficializzato i risultati il 30 novembre dopo aver valutato il ricorso dello stesso Bemba per brogli.

17 novembre - FRANCIA Ségolène Royal, 53 anni, ha vinto le primarie dei socialisti francesi e sarà la candidata del partito alle presidenzia-li del 2007. Royal ha ottenuto il 60,62 per cento dei voti degli iscritti al parti-to, contro il 20,83 per cento di Domini-que Strauss-Kahn e il 18,54 per cento di Laurent Fabius. Royal sfiderà il can-didato della destra Nicolas Sarkozy.

Vecchie dittature sopravvivonoKim Jong-il: bomba atomica, istruzioni per l’uso

Nel frattempo Usa e Corea del Sud, si impegna-vano a soddisfare il bisogno energetico di Pyong-yang con forniture di petrolio. Il 31 Agosto 1998, la Corea del Nord lanciò un missile Taepodong-1, per mettere in orbita un satellite televisivo. Il sospetto (tuttora esistente) da parte della comu-nità internazionale, è che fosse in realtà il test di un Missile Balistico Intercontinentale (ICBM). Il missile sorvolò il Giappone che, risentito, ri-tirò immediatamente 1 mld di aiuti economici destinati alla costruzione dei due reattori LWR.Con il governo Bush, i toni si fecero più accesi e, inevitabilmente, la situazione peggiorò. Nel giro di poco tempo la Corea del Nord espulse gli ispettori AIEA e riaprì la centrale nucleare di Yongbyon per iniziare la produzione di armi nucleari. Per tutto il 2003 numerose provocazio-ni si registrarono sia da parte degli Stati Uniti sia da parte della Corea del Nord. Allo stesso tempo si diede inizio ad una serie di incontri, definiti “Colloqui a sei”, che vedevano partecipi Stati Uniti, Repubblica Popolare Cinese, Fede-razione Russa, Corea del Sud, Giappone e Corea del Nord. Solo nel settembre 2005 la Corea del Nord, in cambio di reali aiuti economici e ma-teriali, promise di abbandonare “ogni genere di programma nucleare”. Ma gli accordi così lenta-mente stipulati erano destinati ad avere vita bre-ve. Nei successivi incontri infatti i rappresentanti Nordcoreani rimettevano in discussione quanto approvato e deciso precedentemente, facendo oscillare i fragili equilibri fino ad allora costrui-ti. Si trattava di fatto di un “prendere tempo” di Kim Jong-il, il leader Nordcoreano, finalizzato a mostrare le sue reali intenzioni. Il 4 e 5 luglio 2006, infatti, il mondo registrò il lancio di 7 missili di varie tipologie, tra i quali i Nodong-2 (capaci

di colpire in tutto il Giappone) e il Taepodong-2 (con una gittata stimata di almeno 4000 km).Nelle ore immediatamente successive al lancio, l’allora Primo Ministro Giapponese Junichi-ro Koizumi ordinò l’inizio di pesanti sanzioni economiche per la Corea del Nord, vietando persino i voli passeggeri. Il Ministro dell’Agri-coltura annun-ciò inoltre che il Giappone avrebbe interrotto gli aiuti alimentari e che sarebbero presto entrate in vigore strettissime limita-zioni al commer-cio tra i due paesi. Le elezioni tenu-tesi in Giappone il 26 settembre hanno segnato la vittoria del li-berale Shinzo Abe, che durante i suoi prece-denti incarichi di governo ha sempre mante-nuto la linea dura contro la Corea del Nord. La sua prima prova importante è arrivata il 9 ot-tobre, quando Pyongyang ha annunciato di aver appena effettuato il suo primo test nucleare, no-tizia in seguito confermata dal governo Statuni-tense (pare invece che la Cina fosse stata avver-tita dell’esperimento con 20 minuti di anticipo). La comunità internazionale, con forti critiche e condanne, si è immediatamente mossa contro la

Corea del Nord, facendo approvare cinque gior-ni dopo una mozione dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU, per inasprire le sanzioni contro Pyon-gyang. Più tardi, il governo giapponese ha indi-cato di ritenere che, sul piano giuridico, il paese avrebbe diritto alla dotazione di un “minimo”

deterrente ato-mico, pur ribadendo l’at-tuale politica di totale rifiuto del-le armi nucleari. Il Giappone, si pone in un conte-sto politico–geo-grafico molto dif-ficile: sia perchè vede la minaccio-sa presenza della Corea del Nord, sia perchè si tro-va a fare i conti quotidianamen-te con potenze economiche (e nucleari) quali la

Cina, la Russia e l’isola di Taiwan. Può conta-re su un forte appoggio, in tutti i campi, degli Stati Uniti e di ottime relazioni internazionali con tutte le altre potenze, su un’economia molto sviluppata, capace di resistere alla vicina Cina. L’unica cosa che rende il Giappone insi-curo e incapace di affrontare con decisio-ne questa ennesima crisi generata da Kim Jong-il, è la sua mancanza di un appara-to militare forte e adeguato alla nazione. Possiede una costituzione fortemente pacifista,

dove si rinuncia per sempre all’uso delle armi, e si regola la creazione di una “Forza di Au-todifesa Giapponese (JSDF)”, che non ha mai ingaggiato un vero combattimento ed è stata impiegata in alcune operazioni di peacekee-ping internazionale. Attualmente conta circa 250 mila unità, ma è dotata di armi e attrez-zature fortemente difensive. Nonostante non sia proibito dalla costituzione, la popolazione giapponese, ha da subito espresso il suo odio e disgusto per le armi nucleari e deciso di non adottarle mai. Viene però considerata come una potenza “capace del nucleare” e potreb-be, dato il suo livello tecnologico, sviluppare un’arma in poco tempo, se le condizioni po-litiche dovessero richiederlo. Ed è grazie a questo non-divieto della sua costituzione, che il governo giapponese ha espresso la possibi-lità di iniziare un programma nucleare, a se-guito dell’evolversi della crisi nordcoreana. Il Giappone-potenza nucleare non sarebbe gradito né agli Stati Uniti né alla Russia, ma il governo Abe è intenzionato a ridare al Giap-pone il ruolo di guida del continente asiatico, in quanto seconda potenza industriale mondiale.La situazione potrebbe risolversi già nel corso di dicembre, con la ripresa dei colloqui a sei; ma gli osservatori non escludono nemmeno un peggioramento della crisi, in quanto sem-bra che la Corea del Nord si stia preparando ed abbia anche informato il governo cinese, di voler effettuare almeno altri tre test nucleari.Purtroppo sembra che la lezione della Guerra fredda, dei cinquanta anni di terrore nuclea-re non siano bastati al mondo. Forse perchè lontani dalla Cortina di Ferro Europea, sia il Giappone sia la Corea del nord, sembrano non aver accumulato l’esperienza propria del-le nazioni del vecchio continente. Ma sopra-tutto sembra che dovremo ancora fare i conti con dittature e regimi che tristemente scandi-scono tempi e modi delle crisi internazionali.

Diego Pinna.

Può spiegare brevemente il conte-nuto del “Trattato di non prolifera-zione nucleare” entrato in vigore nel 1970?Che efficacia ha avuto negli anni?Alla fine degli anni ‘60 si ritiene, soprattutto sull’onda della crisi mediorientale del ’67, che vi sia un effettivo rischio di proliferazione degli armamenti nucleari da parte delle potenze vinci-trici del secondo conflitto mondiale. Sulla base di tutto questo si mette a punto un trattato che viene firmato nel 1968 il quale impegna chi fir-ma a non trasferire e a non ricevere tecnologia e materiali idonei alla realizzazione di armamenti nucleari. Ci sono due considerazioni obbligatorie e immediate: la prima è il difficilissimo limite di demarcazione fra nucleare civile (centrali, pro-pulsori di mezzi di trasporto) e il nucleare per uso militare. Nel momento in cui si è in grado di far funzionare correttamente una centrale atomica non ci sono problemi a realizzare una bomba atomica. La seconda è che il trattato ha anche la volontà non dichiarabile ma ben soli-da di cercare di fermare l’azione nucleare trop-po autonoma di Cina e Francia, che proprio in quel periodo hanno preso entrambe le distanze: la prima dall’Unione Sovietica, la seconda dal dispositivo Nato. Non ritengo che possa aver avuto un’efficacia reale, perché chi era già

potenza nucleare è rimasta tale, chi non aveva la minima intenzione di diventarlo se n’è guardato bene. Chi cercava di dotarsi di armi nucleari vi è sicuramente riuscito ed infatti siamo entrati in un’era di nuova e sicura proliferazione. C’è oggi un numero importante di Paesi che, senza di-chiararlo, verosimilmente hanno armi atomiche.In relazione ai recenti test nucleari effettua-ti dalla Corea del Nord, vorremmo avere la sua opinione: quali ripercussioni politi-che hanno avuto a livello internazionale? Qual era l’obiettivo concreto della Corea?E’ chiaro che, trattandosi di una forma di dittatu-ra, le sue scelte politiche sono percepite con più timore, a livello internazionale, rispetto a quelle dei Paesi democratici. Io non credo minimamen-te che la Corea del Nord intenda realmente uti-lizzare l’arma atomica in maniera sconsiderata, non ha alcun senso logico. Si tratta di uno stato in estrema difficoltà economica, cercherà di far pesare sul piatto degli aiuti internazionali la sua disponibilità al disarmo. Anche se tutto è avve-

nuto fuori da un contesto di minaccia e di crisi, non dimentichiamo che alcuni Paesi dell’ex Unione Sovietica detentori di potenziale nucleare, hanno utilizzato quest’ultimo come merce di scambio per aiuti economici. E’ sicuramente vero che le potenze dell’area vivono con inquietudine tutto questo, ma sanno che il rischio non è così reale.Il governo giapponese ha recentemen-te affermato di non escludere la pos-sibilità di dotarsi di ordigni nucleari per scopi difensivi: che cosa ne pensa?Il Giappone non avrebbe sicuramente problemi di natura tecnologica a dotarsi di un sistema nuclea-re a scopo difensivo, né credo che l’attuale scena-rio internazionale possa minimamente opporsi a questo. Ma credo che tali dichiarazioni vogliano fungere semplicemente da deterrente verso un Paese molto vicino come la Corea, portatore di vecchi rancori a causa del Protettorato impostole dal Giappone nel periodo che va dal 1910 al 1945. Tutto questo è il segnale grave di come ci sia una situazione di inquietudine e destabilizzazio-

ne: se l’unico Paese che ha patito veramente un attacco atomico e ha sempre guardato con assoluto disprezzo questo settore può pensare di dotarsi di quel tipo di armi, è evidente che ci sono delle tensioni da non sottovalutare.Quali sono i Paesi che intrattengono rela-zioni migliori con la Corea? Quale ruolo potrebbero assumere nei confronti del-la Corea riguardo a queste tematiche?L’unico Paese in grado di condizionare pesan-temente la Corea è la Cina. Innanzitutto per l’evidente vicinanza geografica (a separarli c’è solo il fiume Yalu), in secondo luogo perché sta diventando velocemente un’ enorme poten-za economica e commerciale ed in fine perché presenta una qualche apparenza di comunismo, anche se sappiamo tutti che sostanzialmente non lo è. Credo inoltre che la Cina abbia il “rubi-netto” di tutti gli approvvigionamenti principa-li della Corea, sono cioè gli unici che hanno la possibilità di indirizzare la politica coreana. Se il mondo occidentale saprà agire intelligentemen-te con la Cina, essa diventerà probabilmente il controllore naturale dello scenario nord-coreano.

Monica Muggia Athena Tommasini

LA COREA E LA QUESTIONE NUCLEARE

Abbiamo chiesto un’opinione al professor Georg Meyr, docente di Storia delle relazioni internazionali del corso di laurea in Scienze Internazionali e

Diplomatiche.

CONTINUA DALLA PRIMA

1 novembre

Page 3: Sconfinare numero 4 - Dicembre 2006

Sconfinare2006 Dicembre 3Italia

La riforma del SISMIServizi, tra sicurezza e legalità

Broglio o son desto? Viaggio tra chi ‘conta’ in democrazia

17 novembreStudenti e ricercatori scendono in piazza in tut-ta Italia, per protestare contro i tagli alla ricer-ca previsti nella nuova finanziaria. Il segreta-rio della CGIL, Guglielmo Epifani, sgombra il campo da ogni possibile equivoco, affermando che si tratta di uno sciopero contro il governo.

19 novembreLa finanziaria viene approvata dalla Camera, sen-za il ricorso alla fiducia. La legge passa con uno scarto di 60 voti. Berlusconi la definisce la “peg-giore finanziaria della storia”. La legge sarà sotto-posta all’esame del Senato fra il 12 e il 21 dicem-bre. Il voto definitivo è atteso entro natale. Non è esclusa a priori la possibilità di porre la fiducia.

26 novembreNel corso del suo intervento a un convegno di Mon-tecatini, Berlusconi si sente male. Prontamente soc-corso, lascia la sala sulle sue gambe. Alla sera, si reca all’ospedale San Raffaele di Milano, dove rimane un paio di giorni in osservazione. Viene dimesso in tem-po per partecipare alla manifestazione del 2 dicembre.

1 novembre

31 novembre

30 novembreProdi annuncia l’intenzione di difendersi dall’ac-cusa di legami fra col Kgb, presentando una querela per diffamazione. Il suo principale accusatore, Scara-mella, braccio destro del presidente della commissio-ne Mitrokhin Paolo Guzzanti, era già al centro delle cronache, essendo stata la persona con cui Litvinenko aveva pranzato il giorno del suo avvelenamento.

29 novembreUnione in grande difficoltà nelle commissioni al Senato. La com-missione finanze non riesce ad esprimere un parere sulla finanziaria, con 13 voti contro 13. La maggioranza viene addirittura battuta nel-le commissioni difesa e salute. Nel primo caso, i rappresentanti del-l’Unione lasciano l’aula per protestare di fronte all’ennesimo volta-faccia del presidente Di Gregorio. In commissione salute, si crea una convergenza fra Cdl e moderati dell’Unione, che silura la proposta del ministro Turco di raddoppiare la dose personale tollerata di cannabis.

periodico regolarmente registrato presso il Tribunale di Gorizia in data 20 maggio

2006, n° di registrazione 4/06.

Direttrice ResponsabileAnnalisa Turel

Editore e PropietarioAssid

“Associazione studenti di scienze internazionali e diplomatiche”.

A.S.S.I.D.Sconfinare non è il giornale ufficiale dell’Assid nè identifica la sua posizione politica, in quanto è semplicemente la libera espressione di alcuni suoi membri che costituiscono il Comitato di redazione.

RedazionePaola Barioli, Andrea Bonetti, Marco Bran-dolin, Pieranna Brisotto, Edoardo Buonerba, Elisa Calliari, Davide Caregari, Giulia Cra-gnolini, Allan Francesco Cudicio, Emmanuel Dalle Mulle, Nicoletta Favaretto, Antonino Ferrara, Michela Francescutto, Francesco Gallio, Davide Goruppi, Ian Hrovatin, Isabel-la Ius, Davide Lessi, Andrea Luchetta, Mat-tia Mazza, Monica Muggia, Luca Nicolai, Arianna Olivero, Agnese Ortolani, Leonetta Pajer, Federico Permutti, Massimo Pieretti,Diego Pinna, Giulia Pizzini, Federi-ca Salvo, Bojan Starec, Eva Stepan-cic Rodolfo Toè, Athena Tomasini.

Se vuoi contattare la redazione scrivi a [email protected] oppure digita http:\\sconfinare.awardspace.biz

...Sconfinare...

Ad essere onesti, un dvd come quello di Deaglio lo si aspettava da mesi. Almeno da quando il Berlusca aveva monopolizzato la scena post-elettorale paventando brogli da sottoregime sovietico. Cioè, sia chiaro, era stato bello immaginare torme di scrutatori comunisti che, fra un bambino in tecia e un esproprio proletario, sbianchettavano come pazzi le schede del Nostro. Ci aveva lasciato la speranza che almeno una parte dei duri e puri fosse sfuggita alla banca o alla cattedra, e ci desse dentro come nemmeno nei magnifici ’70. Un po’di vita, insomma. Ahinoi, l’Infallibile ci aveva visto male. La realtà è ben più grigia: i folli nemici della democrazia altro non erano che bancari disillusi e professori frustrati. Altro che colpo di stato, al limite colpo apoplettico. Per cui, era inevitabile che, prima o poi, l’accusa si ritorcesse contro l’Inquisitore. Anche perché è forse il caso di sottolineare un piccolo particolare. E cioè che a dirigere le operazioni di voto non c’era Trotskji, ma quel cattolico tutto d’un pezzo che è il bel Pisanu. Questo non vuol dire che sia valida l’accusa di Deaglio, per effetto di un contrappasso mai così appropriato. Diciamo che, agli occhi di un profano, la risposta dei bolscevichi ha tutt’altra

consistenza, per una serie di elementi. A partire dal catto-sardo, passando per il black-out dei risultati nella notte elettorale, senza trascurare la miracolosa rimonta del centro-destra, che nemmeno a Lourdes avevano saputo prevedere. Poi, queste non sono altro che idee buone per una discussione da bar. E io sono più che prevenuto.E’chiaro che ognuno di noi sarà maggiormente propenso a credere ad una particolare versione. E che, nella stragrande maggioranza dei casi, questa scelta si sposerà d’ incanto con i propri pregiudizi. La conseguenza di tutto ciò non può che essere l’impossibilità di giungere ad una conclusione condivisa. Perché, tanto, qualsiasi pronunciamento nascerà con un vizio di fondo insanabile: l’assoluta mancanza di fiducia. Se non sono i giudici comunisti, saranno i servizi deviati.Ma è proprio qui che sta il nocciolo del problema. Chi conta, in democrazia? Chi vota o, piuttosto, chi conta i voti? Conta il contatore o conta il contato? E il contato si fida del contatore?Mi pare ovvio che questa fiducia sia venuta meno qualche era geologica fa. Ma, forse, mai come ora la situazione s’è fatta ingarbugliata. Siamo arrivati al paradosso delle cifre militanti, all’opinabilità

della matematica. Non credo che ci sia una sola persona in grado di cavalcare i milioni di dati, in aperta contraddizione, con cui scudieri e stallieri fortificano le posizioni dei rispettivi boss.Può darsi che la causa di tutto ciò sia la perenne overdose di informazioni in cui viviamo. Ma il punto è un altro. E cioè, come superare questa situazione. Perché è ovvio che un governo formatosi ignorando l’accusa più grave non potrà che essere mutilato. Non sembra, finora, che la classe politica abbia recepito questa necessità. L’unica iniziativa vagamente sensata in tale direzione è la decisione di Amato di sospendere la sperimentazione del voto elettronico. Nell’attesa, ovviamente, che qualche modernista insorga in nome del progresso.Ma quello che veramente inquieta, almeno secondo me, è l’atteggiamento del centro-sinistra. Voglio dire, nel giro di sei mesi, è passato dall’accusa di aver truccato le elezioni, alla condizione di potenziale vittima di un colpo di stato. Ce ne sarebbe abbastanza per allarmarsi, credo. O, quantomeno, per cercare di normalizzare la situazione, e costringere al silenzio chiunque dubiti della legittimità del

risultato. A destra come a sinistra. E invece, finora, non s’è andati oltre a qualche timido balbettio sconnesso, teso a non scontentare la piazza, ma nemmeno a compromettere la salute di Berlusconi. Non una presa di posizione forte. Non dico accusando aprioristicamente la Cdl. Ma nemmeno chiedendo una verifica rigorosa dei risultati. E’confortante quanto un tg di Fede, per un elettore dell’Unione, sentire che certe richieste sono avanzate da Bondi e Cicchitto, mentre Bertinotti seda e tranquillizza. Perché, delle due l’una: o siamo di fronte ad una cazzata colossale, che può ritorcersi in primo luogo contro lo stesso centro-sinistra, e allora non si spiega l’inerzia dell’Unione. Oppure, i nostri paladini si trovano all’interno di un sistema che non fa comodo nemmeno a loro smascherare; in fin dei conti, se così fosse, non sarebbe lo stesso sistema che li ha finora legittimati?Ma insomma, forse non è il caso di farsi troppe illusioni. Del resto, ricordiamolo, siamo davanti a gente che trova appassionante sapere come la pensa la signora Fassino sulla droga.

Andrea Luchetta

Durante l’ultima settimana sono finalmente state comunicate le nuove nomine per gli organi di intelligence dello Stato italiano(SISMI, informazioni e sicurezza militare; SISDE, informazione e sicurezza democratica; CESIS, comitato di coordinamento). Il cambiamento è più legato allo scandalo del rapimento Abu Omar(l’imam sequestrato in Italia nel febbraio 2003 in connivenza con la CIA) che all’effettivo avvicendarsi del colore politico del governo italiano con le elezioni di aprile 2006. L’intero caso è al centro dell’attenzione dei media fin dall’apertura da parte della procura di Milano di un’indagine sulla legittimità del sequestro e della raccolta di dati sul soggetto, che ne ha permesso la cattura ed il trasferimento forzato in Egitto. Le nuove cariche hanno dovuto caratterizzarsi, quindi, come “neutre”, fuori dai giochi politici, con tanto di apprezzamento delle parti politiche e delle cariche istituzionali. Per il vero, anche i predecessori dei nuovi vertici si configuravano come personalità di altissimo profilo e comprovata professionalità(il curriculum dello stesso Pollari, ex capo SISMI, ne è una prova lampante). Sono proprio l’enfasi mediatica ed il giudizio politico espresso dai giornali che, a nostro avviso, evidenziano la prospettiva errata che il dibattito su un piano più popolare ha assunto. Il SISMI “È chiamato ad assolvere tutti i compiti informativi e di sicurezza per la difesa sul piano militare dell’indipendenza e dell’integrità dello Stato da ogni pericolo, minaccia o aggressione. Svolge compiti di controspionaggio, comunica al Ministro della Difesa e al CESIS tutte le informazioni ricevute o comunque in suo possesso, le analisi e le situazioni elaborate, le operazioni compiute e tutto ciò che attiene alla

sua attività”. Difendere con efficacia sul piano militare e su quello dell’indipendenza uno Stato è faccenda quantomai delicata e complessa; la stessa inclusione nella definizione dei compiti di controspionaggio è un accenno alle attività al limite della costituzionalità che proprio per difendere quel regime costituzionale, l’organo compie. In questo senso, e con l’incalzante richiesta di una riforma dei Servizi, l’opinione pubblica esprime un giudizio operativo sulle vicende conosciute, e chiede di fatto più garanzia, esplicata con una maggiore conoscenza del lavoro del SISMI e delle sue forze. Il nostro giudizio sul primo punto, ovvero sull’incostituzionalità delle operazioni nel caso Abu Omar, è conforme a quello della stampa in generale: come non condannare la raccolta

illegale di dossier su un privato incensurato, e favorirne(se non effettuarne) poi il sequestro e l’estradizione(in località tuttora sconosciuta)? La violazione dei principi fondamentali dei diritti dell’uomo è evidente, e la brutalità dell’azione compiuta appare straordinaria anche per i servizi segreti. Tuttavia, riteniamo che alla base vi sia un fraintendimento e una generalizzazione eccessiva del recente(e sicuramente riprovevole) caso montato alla ribalta. Il principio operativo degli organi di estrema sicurezza legittima questi(di necessità pratica) a muoversi al limite del rispetto delle libertà individuali e personali, proprio per garantire a tutta la cittadinanza di uno Stato la sicurezza che, spesso si dimentica, non è solo quella visibile tramite le pattuglie di Polizia lungo le strade. Per la stessa definizione(illegale, anticostituzionale, lesiva) del crimine, un intervento nel rispetto di tutti i diritti del cittadino non può che essere curativo,e per questo tardivo, mentre un’efficace opera di prevenzione deve, in questo ambito, informarsi alle modalità del male da prevenire(fintanto che rappresentano i canali comunicativi, d’informazione).

Alla luce di questa definizione, una riforma dei servizi segreti che incentrasse la sua opera sul maggiore controllo mediatico o istituzionale di questi tradirebbe il suo preposto scopo di garanzia sulla trasparenza delle procedure e dei metodi. I funzionari del SISMI si troverebbero, al contrario, ad avere a che fare con un’aumentata complessità del lavoro, percepibile in termini effettivi unicamente come un diminuito standard di sicurezza per il maggior numero di cittadini.

Davide Caregari, Riccardo Dalla Costa

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Sconfinare Dicembre 2006 4Gorizia

1 ottobre 31 ottobre

Intervista a Vittorio Brancati

IRISAllarme per il “buco” nel bilancio di Iris. I conti della multiservizi isontina sono in rosso per oltre un milione di euro. Comuni della pro-vincia di Gorizia e Iris si stanno dando da fare per ripianare il debito: possibili aumenti sulle bollette in vista per i cittadini dell’Isontino.

BENZINAGorizia in subbuglio per la futura abolizione della benzi-na di zona franca. Dal primo gennaio l’Unione europea sem-bra intenzionata a tagliare le agevolazioni per l’acquisto del carburante in tutta la regione. Preoccupati delle conseguen-ze i gestori delle pompe di benzina sono pronti allo sciopero.

RIFIUTIContinua la polemica sul nuovo sistema di raccol-ta differenziata dei rifiuti. Si è appena conclusa una petizione che ha portato a raccogliere 1.200 firme di cittadini a favore del ripristino dei cassonetti strada-li. I contenitori andrebbero a sostituire – secondo le in-tenzioni dei firmatari – l’attuale sistema porta a porta.

LAVORI PUBBLICINovità sul fronte della circolazione stradale. La nuova rotonda di ingresso alla città dal ponte 8 Agosto avrebbe dovuto mettere la parola fine sugli ingorghi nelle ore di punta. La realtà dei fatti, almeno nei primi giorni di apertura, è stata ben diversa.

B&B: Brulc e Brancati Dalla vittoria dell’uno ai problemi elettorali dell’altro

Vittorio Brancati, sindaco uscente di Gorizia, esponente della Margherita, è pronto ad affrontare una nuova campagna elettorale. Forte della rielezione del collega europeista Brulc a Nova Gorica, ma indebolito dalle diatribe interne al partito, ci ha spiegato come intende affrontare questa nuova sfida. Signor Sindaco, quanto conta in una città come Gorizia l’appartenenza ad un partito politico? E quanto invece il diretto rapporto sindaco cittadino?Per quanto il movimento politico sia importante, senza dubbio prevale il rapporto sindaco cittadino. E ciò comporta onori e oneri: da un lato la gratificazione di rispondere alle esigenze della piazza, dall’altro la diretta responsabilità nei confronti della stessa.Paradossalmente il suo partito sembra essere diventato più una fonte di divisione che un collante ideologico? Come pensa di risolvere queste divisioni interne?L’obiettivo è quello di recuperare la parte maggioritaria della Margherita. Anche se sarà difficile recuperare il cento per cento dei suoi rappresentati. Intendo lavorare fino all’ultimo per ricostituire la nostra unità ma, come si dice, per sposarsi bisogna essere in due, lo sforzo quindi deve essere reciproco.E riguardo alla moda delle primarie?Non è questione di mettermi in discussione. L’ho già fatto quattro anni fa quando detti

le dimissioni dalla vice presidenza della Provincia per partecipare alle primarie e ottenere la candidatura per questo mandato. Se i cittadini vorrano rinnovarmi la loro fiducia lo faranno direttamente alle comunali senza passare per la moda dell’ultimo periodo. Vale poi il protocollo nazionale Ds-Margherita che non prevede la necessità delle primarie in caso il candidato sia sindaco uscente. E, infine, ne deriverebbe un messaggio politico di sfiducia da parte della maggioranza nei confronti della stessa amministrazione che, visti i risultati positivi, non ha ragione d’esistere.A proposito di messaggi politici: a Nova Gorica Brulc ha vinto nonostante le critiche per un’ “attenzione eccessiva” alla politica transfrontaliera. Lei che spazio intende darle in campagna elettorale e che risposta s’attende?Io e Brulc viviamo la stessa situazione: a lui viene imputato di aver svenduto Nova Gorica agli italiani e io sono criticato d’aver svenduto Gorizia agli sloveni. Tuttavia spero che la sua vittoria sia il frutto anche della condivisione della politica transfrontaliera. Non è una questione di destra o di sinistra quanto piuttosto il voler offrire una comune prospettiva di sviluppo, attraverso due direttive. Sul versante culturale va recuperata

la storia di questo territorio, il suo essere punto d’incontro e dialogo tra popoli. Sul piano economico, con la caduta del confine, è mutata la nostra posizione: dal trovarsi ai margini dei rispettivi stati alla centralità nell’Europa. Dobbiamo sfruttare fino in fondo questa possibilità predisponendo piani di sviluppo che valorizzino il territorio. Faccio qualche esempio. Il nostro territorio si contraddistingue per le sue interessantissime risorse ambientali, enogastronomiche e culturali, tuttavia molte di esse si sviluppano a cavallo del confine, basti pensare all’Isonzo; pertanto è necessario impostare dei percorsi turistici comuni. Ancora più concretamente: abbiamo raggiunto un accordo con il comune di Sempeter per allegerire il traffico che verrà richiamato dal nuovo centro commerciale in via Terza Armata, scaricandola sull’autostrada slovena. Tanto più che tra circa un anno la Slovenia entrerà in Schengen (con la libertà di passaggio di individui e merci tra i due paesi, ndr).E’ un progetto che va avanti ma la mia preoccupazione è che una vittoria del centro destra riporti un clima di contrapposizione.Tornando alla cultura, quanto si parla di università in campagna elettorale?Molto. E’ uno degli argomenti più importanti e personalmente ne ho sempre parlato.

Perché a noi pare di cogliere un distacco tra città e università? Bisogna distinguere tra istituzioni e cittadini. L’università è stata l’ultima grande scelta a livello istituzionale, fatta nella metà degli anni ’80 per cercare di risolvere una situazione economica difficile e dare alla città una prospettiva di sviluppo. E’ stato un investimento di milioni e milioni di euro, ma è un progetto che deve coesistere con la realtà cittadina anche se non sempre la convivenza è tranquilla. Posso capire che a certi cittadini dia fastidio la ressa nei fini settimana nella zona del teatro Verdi ma è una cosa positiva che la città attiri così tanti giovani. D’altro canto anche gli universitari dovrebbero sforzarsi a prendere parte nelle numerose attività culturali che la città offre, per un miglioramento reciproco dei rapporti.E continuando sui distacchi: cos’ha da dirci riguardo alla polemica con il direttore del nostro Polo Universitario, il dottor Gabassi?Mi sono opposto alla nomina di Gabassi a membro del Consiglio della Fondazione Cassa di Risparmio più per una questione di correttezza che di territorialità. Tuttavia mi sono rimesso alla decisione del Ministero, considero pertanto chiusa la questione.

Davide LessiEmmanuel Dalle Mulle

Vittorio Brancati si è dimostrato soddisfatto. Ha ricordato come “con Brulc abbiamo lavorato in maniera molto intensa vivendo momenti emotivamente straordinari”, ma non si è pronunciato sulle ragioni del risultato, salvo ipotizzare l’apprezzamento dell’elettorato sloveno per la collaborazione tra le due amministrazioni. Ognuno tira acqua al suo mulino ed è un’operazione legittima, soprattutto in campagna elettorale. Una campagna ancora agli inizi, dove le candidature non sono nettamente definite, ma nella quale il sindaco deve cominciare ad affrontare alcuni spinosi problemi. Così mentre a Nova Gorica si alzano i calici, a Gorizia ci si mette al lavoro, o almeno di dovrebbe. Secondo un’indagine IPR Marketing, comparsa sul Sole 24 Ore, se si fosse votato a novembre Brancati avrebbe raggiunto solo il 47% delle preferenze e quindi non sarebbe stato rieletto. Certo si tratta di indagini che lasciano il tempo che trovano, tuttavia ci sono due elementi da chiarire. Il primo è che rispetto al 2002 Brancati a perso il 3% e a tutt’oggi non

sarebbe confermato; il secondo rivela che rispetto alla medesima indagine condotta nel 2004 egli ha conquistato un netto 7%. In uno scenario di simile incertezza l’unità politica sarebbe necessaria. La sinistra sembra averlo capito, ma non riesce a realizzarla. Infatti la storica frattura all’interno della Margherita (partito di cui Brancati fa parte) sembra ancora lontana da una felice ricomposizione. Da quando a metà legislatura il primo cittadino rimosse due assessori, perché temeva uno spostamento della leadership a destra, il partito si è scisso in un gruppo avverso all’attuale sindaco e coalizzato attorno alla segreteria comunale e provinciale ,con i rispettivi responsabili Moretti e Sansoni, e in un gruppo stretto attorno a lui, rappresentato dal gruppo consigliare e da alcuni circoli come il “Medeot”. Entrambi chiedono unità, visto che nel 2002, senza divisioni, vinsero per soli 26 voti. Tuttavia non riescono a trovare una via d’uscita all’empasse che li attanaglia. Risulta esemplare in tal senso la recente

polemica sulle primarie. Il primo gruppo rivendica la loro necessità, appoggiandosi sulle parole del leader nazionale Rutelli secondo il quale “…è corretto che a scegliere il candidato sindaco sia il territorio…”; il secondo sottolinea i buoni risultati dell’amministrazione e ricorda l’informale investitura rilasciata dallo stesso Rutelli all’attuale sindaco per cui non vi sarebbe motivo di ricorrere ad una consultazione popolare. Probabilmente la questione si risolverà al congresso comunale di gennaio, nel frattempo però, benché Brancati possa vantare il largo appoggio delle altre forze di sinistra (Ds, Sdi, Cittadini per il Presidente, PdCI, Italia dei valori, RC e Unione slovena), le divisioni interne al suo partito potrebbero creare ambiguità favorevoli alla destra. Oltre alle diatribe politiche poi bisognerebbe affrontare i problemi reali, sui quali va impostata la campagna elettorale. Innanzitutto c’è il settore dei lavori pubblici, al quale certo non giova la recente accusa di lentezza operativa: 8 importanti cantieri

in programma per il 2006 devono ancora aprire, tra cui i lavori di piazza Vittoria. In secondo luogo c’è il problema Iris. L’azienda municipale, di cui il comune di Gorizia è il principale azionista con il 32%, ha chiesto ai comuni che possiedono le quote 647 mila euro per ripianare un deficit di 2,6 miliardi accumulato in due anni e che già l’anno scorso ammontava a 1,7 milioni di euro. Infine il comune, assieme alla provincia, dovrà cercare di sciogliere i malumori di artisti e uomini di cultura locali che si sono scagliati contro quella che hanno definito una politica “delle mostre in scatola”, ovvero la tendenza ad offrire eventi acquistati dall’esterno, privi di qualsiasi legame con Gorizia, svalutando così il lavoro degli artisti locali. Insomma la campagna elettorale è cominciata e se la destra non se n’è accorta, la sinistra e Brancati dovrebbero capirlo, risolvendo velocemente le proprie diatribe interne e dedicandosi alla soluzione concreta dei problemi cittadini, sempre che vogliano ancora una volta alzare il calice col collega Mirko Brulc.

Emmanuel Dalle Mulle

CONTINUA DALLA PRIMA

Dal confine alla centralità in Europa

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Sconfi nare2006 Dicembre 5Università

Vademecum della nuova carta universitaria realizzata dal Consorzio per lo sviluppo del polo goriziano

...per tutto il resto c’è GoUnicardGo!Pronti, go! Parte bene GoUnicardGo, la nuova card multi-servizi ideata per chi studia e insegna nell’università a Go-rizia. Dopo un mese dalla cerimonia di presentazione in Comune, le copie di-stribuite hanno già superato quota 110 e le richieste continuano ad aumentare.La nuova tessera, ideata dal Consorzio per lo Sviluppo del Polo Goriziano, andrà a sostituire le vecchie carte plastifi cate. Sostituzione di forma, visto che la nuova card si contraddistingue per la resistenza a prova di portafoglio. Ma anche, e so-prattutto, di sostanza: diversamente dalle precedenti, non si limiterà a fornire sconti negli esercizi commerciali del capoluogo isontino, presenti grazie ad una collabora-zione con ASCOM e ConfCommercio, ma svilupperà il concetto di “multi-servizio”. Nella teoria del presidente Nicolò Fornasir e dei suoi collaboratori al Consorzio c’è la volontà di “realizzare un modello nuovo di sinergia tra pubblico e privato che rilanci la centralità della popolazione universitaria”. In pratica i possessori della card, studenti e anche docenti, potranno usufruire di due tipi d’agevolazioni: in primis gli sconti presso gli esercizi convenzionati (cartolerie, libre-rie, case editrici, copisterie, negozi d’ottica e studi fotografi ci, bar, gelaterie, pasticcerie, catering, ristoranti, rosticcerie, gastrono-mie, negozi d’abbigliamento e d’oggettisti-ca da regalo, gioiellerie, parrucchieri, centri benessere, profumerie…carrozzieri, mecca-

nici e gommisti!); secondo e di nuovo tipo, sono le agevolazioni sui servizi culturali, sportivi e di trasporto, nonché su altre atti-vità per il tempo libero. Ecco alcuni esempi di queste “agevolazioni del secondo tipo”: agli sportivi è data la possibilità di andare in piscina e di praticare tennis a prezzi conve-

nienti e si prefi gura l’ipotesi di ingressi “via card” al palazzetto del basket, dove gioca la Nova; agli acculturati biglietti a tariffa ridot-ta nei cinema, nei musei e nei teatri; ai pen-dolari l’opportunità, concessa tramite una convenzione con l’APT di Gorizia, di utiliz-zare gli autobus del servizio notturno gratui-

tamente; e, dulcis in fundo, al popolo del-l’aperitivo lo spritz ad un terzo del prezzo. Per ricordare a tutti, soprattutto a quelli dell’aperitivo, quali esercizi aderiscono all’iniziativa si provvederà, di qui a poco, all’affi ssione di etichette con impresso il logo della GoUnicardGo. Un simbo-lo destinato, per stessa volontà dei suoi creatori, a divenire parte dell’immagina-rio collettivo degli universitari goriziani. Stando ai numeri la reazione di que-sti non si è fatta attendere. In molti, sia dell’università di Udine che di Gorizia, hanno affollato l’uffi cio multi-ente di re-lazioni con il pubblico in via Garibaldi.Ma un punto interrogativo ancora c’è: gli studenti sloveni della nuova sede del Poli-tecnico di via Croce. Pur studiando a tutti gli effetti a Gorizia, questi non rientrano nella “popolazione universitaria gorizia-na”. Che fare quindi? E’ sempre diffi cile unire le due comunità, italiana e slovena, soprattutto quando si a che fare con la bu-rocrazia e il coordinamento di istituzioni spesso diverse. Tuttavia, nei disegni dei creatori della “multi-servizi” si è lasciato spazio anche ad un’eventuale dimensione transfrontaliera che vedrebbe un ricono-scimento incrociato tra la GoUnicardGo e una sua simmetrica carta universitaria slo-vena. Un altro tentativo d’abbattere le re-stanti barriere fra Gorizia e Nova Gorica.

Davide LessiMarco Brando

Fronte e retro della nuova carta universitaria

Martedì 7 novembre, ore 15.00. Univer-sità degli Studi di Trieste.Trovare parcheggio è anche più diffi ci-le di quanto non sia nei giorni comuni.Un convulso movimento di persone, te-lecamere, forze dell’ordine e macchine d’ordinanza prelude all’inaugurazione dell’ottantatreesimo anno accademico.Nell’accaldata Aula Magna al terzo pia-no di piazzale Europa, traboccante di per-sone come solo in speciali occasioni si vede, regna una trepidante attesa per l’ar-rivo del Magnifi co Rettore e del Mini-stro per le Politiche Giovanili e le Attività Sportive, l’onorevole Giovanna Melandri.Inseguiti dalle irreprensibili hostess pren-diamo posto: i più organizzati e pun-tuali, seduti; gli altri, e molti, in piedi.Ci sono il coro dell’Università, il gruppo dei goliardi con il tradizionale cappello, rappre-sentanti degli studenti, del personale tecnico - amministrativo, senato accademico e pro-fessori. Le autorità, fra cui il sindaco di Trie-ste, Di Piazza e il presidente della regione, Illy, sono presenti numerose ed in prima fi la.Sfi lano i Presidi di Facoltà ed i rappresen-tanti delle altre Università. Assente di ri-lievo, il rettore uscente, Domenico Romeo.Alla speaker che annuncia “il Magnifi -co Rettore, prof. Francesco Peroni” segue un’inusuale standing ovation. “Una cosa mai vista ad una cerimonia di questo ge-nere”, secondo le spettatrici più esperte.

E l’ovazione si ripete, per ben due volte.Sono gli studenti i più entusiasti. Gli stes-si studenti che il neo - eletto rettore rin-grazierà e ricorderà quali primi sostenitori della sua candidatura e quale risorsa pre-ziosa, meritevole di particolare attenzione.Così inizia un discor-so che rivela da subito un deciso programma d’azione per i prossimi tre anni: riforma della didattica nel segno della professionalità e della razionalizzazio-ne; collaborazione con gli enti locali al fi ne di migliorare i moltepliciaspetti della vita universitaria; cen-tralità degli studen-ti e valutazione dell’operato dell’ateneo da parte di soggetti esterni ad esso; so-stegno alla ricerca, anche se in un pe-riodo di evidenti diffi coltà fi nanziarie.Questi, alcuni dei principali aspetti di un discorso che unisce realismo politico a sani ideali di meritocrazia e collaborazione.“Fate che”, dirà in conclusione del suo inter-vento il prof. Peroni, citando un discorso di Aldo Moro, “la vita pulsi dentro - l’università

-, che la società con i suoi interrogativi vi si rifl etta, che i problemi della diffi cile convi-venza umana vi siano compresi ed affrontati.Gli interventi a seguire, del rappresentan-

te del personale tecnico - ammini-strativo, dott.ssa Giuliana Masci, e del presidente del Consiglio degli Studenti, dott.ssa Gisella De Rosa, manifestano fi du-cia e speranze nel nuovo dirigente.Pur senza omettere le numerose ne-cessità ed esigenze dei 23000 studenti dell’ateneo giu-liano, la neo dot-toressa De Rosa

ribadisce l’appoggio dell’organo da essa rappresentato al rettore ed auspica un dia-logo ed una collaborazione sempre più profi cui con i vertici dell’Università.“Il più giovane rettore d’Italia sostenu-to dai giovani”. Questa, una delle prime considerazioni del Ministro Giovanna Melandri, che condivide con il rettore il medesimo primato, tra i ministri in carica, e che rimarca l’interesse del governo ver-

so le nuove generazioni, riconoscendone il rilevante apporto alla comunità locale.Un discorso lungo ed articolato, il suo, che, da una generale considerazione sul-l’impossibilità di colmare il ritardo storico accumulato con una sola fi nanziaria, giun-ge ad una presentazione più completa del programma economico in discussione in parlamento (sostegno al precariato, bonus fi scale di 2.600 € per gli studenti fuori sede, prestiti bancari agevolati e quant’altro).Nel corso della cerimonia viene, in fi ne, conferita la laurea ad honorem in inge-gneria ambientale e del territorio al prof. Adolfo Josè Melfi , Rettore Emerito del-l’Università Statale di São Paulo (Brasile).Resta di questa giornata la chiarezza d’in-tenti e l’attenzione del Rettore Peroni, come altresì dimostra la presenza di quest’ultimo il 17 novembre scorso all’inaugurazione del ciclo conferenziale presso il polo goriziano.In questo “piccolo mondo nel qua-le completamente quello grande si ri-fl ette”, riprendendo il pensiero do Aldo Moro riportato dal prof. Peroni, speria-mo davvero di poter “fare che questa pic-cola società sia un ponte verso la vita”.

Valentina Collazzo

Vademecum

GoUnicardGo è reperibile gra-tuitamente, esibendo il proprio

libretto universitario, presso l’uffi cio multi ente di relazioni

con il pubblico (URP) in via Garibaldi 7.

Lo sportello dell’URP è aperto: lunedì, mercoledì e venerdì

dalle ore 11 alle 13.

Con la card verrà consegnata la guida “L’università vive la città”

dove si possono trovare utili informazioni sulla realtà

universitaria goriziana, oltre all’elenco dei soggetti privati e

gli enti pubblici aderenti.

Per questi ultimi farà riferimento il portale del Consorzio:

www.consunigo.it

A tagliare il nastro del nuovo anno accedemico anche il ministro Giovanna MelandriCome ad un concerto: apertura da standing ovation

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Sconfi nare Dicembre 20066Università

ERASMUS ERASMUS

Lisbona, il piccolo gioiello del Portogallo, giace su sette colli, come la città eterna. Ed è proprio in fronte al fi ume Tejo, tra il quartie-re dell’Alfama e il Bairro Alto che il quartiere della Baixa, tesse la suo tela regolare di ruas. In questi pochi passi, si cela il cuore pulsan-te di Lisbona, città marina e fl uviale, moder-na e antica, ricca e povera allo stesso tempo. Dalla sommità del suo colle, Il castello di São Jorge veglia sull’inestricabile groviglio di vicoli che percorrono l’Alfama. Ancora oggi la scalata al castello è una fatica Erculea che può tuttavia essere ricompensata dall’improvviso aprirsi di un miradouro (belvedere) che sveli dall’alto i segreti di questo antico labirinto. Le strette viuzze si ar-rampicano tortuose, celando gelosamente le tanto famose ceramiche dipinte nei toni dell’azzurro, meglio conosciute come Azulejos. Ad ogni passo una escada (scalinata) irregolare, un beco (vico-lo), una travessa (traversa) offrono il ritratto della Lisbona eterna, cresciuta apparentemente senza

piano urbanistico, e in cui il tempo sembra esser-si fermato. Solo camminando in Alfama si può comprendere la passione che lega Saramago alla sua città e che riempie le sue descrizioni ispirate. Scendendo ai piedi del colle si accede al piano-ro della Baixa. Quando il terremoto e il conse-guente incendio del 1755 devastarono la città, il Marquês de Pombal si prese cura della rico-struzione di Lisbona e la Baixa cambiò radical-mente il suo aspetto. Quella che oggi è la zona commerciale e turistica per eccellenza fu pensata come un reticolo perfettamente geometrico di strade che si sviluppa attorno ad un asse centrale: la Rua Augusta. Per evitare che un incendio di tale proporzioni si potesse ripetere, le vie furono costruite di dimensioni piuttosto ampie per di-stanziare maggiormente gli edifi ci. E nonostan-te lo scandalo provocato, le parole del Marquês de Pombal si sarebbero rivelate profetiche: “un giorno queste strade saranno ritenute strette”. Ed effettivamente pur essendo mastodonti in

confronto ai vicoli della città vecchia, queste ruas non sono che delle formiche se parago-nate agli Champs-Élysées, o a Oxford Street. Ma il vero gioiello della Baixa è senza dubbio la Praça do Comercio che si apre improvvisa-mente fronteggiando il Tejo, e che per le festi-vità ospita l’albero di Natale più alto d’Europa. Spalle all’Alfama si sale un nuovo colle e, attraverso Chiado, si raggiunge il Bairro Alto. Questo è il quartiere che non dorme mai e in cui la vita notturna è pullulante. Nei suoi vi-coli si riversa ogni sera una fi umana vociante che i piccolissimi locali non sono in grado di contenere. Allora la folla si riunisce in capan-nelli in strada rendendo quasi impossibile il passaggio. Questo è il luogo ideale per ascol-tare le note appassionate del Fado o per gode-re tranquillamente dello spettacolo di luci che si specchiano nel Tejo e capire da dove nasce quel sentimento di nostalgia e amore tipica-mente portoghese, conosciuto come saudade. Francesco Gallio

Lisboa è muito boa Innamorarsi in 3 quartieri

Raccontare Lisbona è scrivere della diffi coltà di associare un colore ad un’armonia o della necessità di descrivere ogni momento, ogni cambiamento, ogni percezione, perchè, si, niente merita di essere dimenticato, eritrovarsi davanti ad un foglio bianco e non riuscire a fermare il fl usso ma nemmano a materializzarlola luce di una candela e una goccia di vino rosso che cade sul foglio... e’ l’inizio del racconto...Lisbona si colora di ocra quando al Katakumba vengono intonate le prime note dal sassofonista che stringe la chiave del più intenso sorriso notturnoè seppia nel momento in cui alzi gli occhi dal libro prescelto e ti rendi conto che l’aria sa già di tramontoed è in bianco e nero quando dopo una giravol-ta con l’ombrello in mano, un cavaliere ti accompagna dentro al “bar dei pazzi e dei sognatori” e in quel momento ti senti cosi retro’...sentirsi accecati al risveglio in spiaggia e correre verso l’oceano e cadere rialzarsi tremare mai colori i rifl essi e la forza delle onde ti regala-no un nuovo grande giornocerco di fotografare ogni attimo, ogni variazio-ne, digerire la diversità del tempo lisboeta, lento, estremamente lento e rilassato, immergermi nel turbinio di input che mi confondonolasciarsi trascinare senza nemmeno il tentativo di aggrapparmi ad un ramo, ma sapere che sono io che intreccio i fi li mentre scivolo giu dall’elettrico nel momento del rientro a casa...il regalo di questa citta e’ proprio la sensazio-ne, in fondo, di riuscire a far tutto questo, a farlo tuo. Laurina

La Signora si è messa in tiro. Nella prepara-zione dell’evento, forse perchè i portoghesi stes-si conoscono i loro ritmi, ci si è presi un pò in anticipo. Il Natale, questo evento, si è presentato nella mente della gente, forse anche un pò nei portafogli di chi la città la vive, con un pò di an-ticipo. Il 25 di ottobre, per l’esattezza, si comin-ciavano a montare queste palle colorate un pò dappertutto, con l’incertezza degli occhi scruta-tori se si stesse organizzando una parata omoses-suale o magari la più vicina festa dei Santi. Santi un pò contemporanei. Invece, come le formiche in periodo estivo, i lisboneti si preparavano al Natale, alle onde di turisti, mascherando la città dietro milioni di luci, lucette, lampadine. Angeli, croci e stelle. In ogni piazza e nelle vie. Un mese dopo, a uno preciso dal compleanno più famoso del mondo, si sono accese le candeline. Dietro, la volontà di illuminare, di far risplendere di co-lori forti la città, perchè per due mesi bisognerà coprire di un manto di velluto la malinconia, il malessere. Perchè in fondo non è un pò l’imma-gine di ognuno quella che viene fuori dal tutto? diffi cile argomento da far capire a certe persone. Ma è il fermento che invece tiene alto il valore di quei dieci milioni spiccioli di portoghesi. Ma non c’è tempo di sospirare, non c’è tempo...che tutto risplenda! fi no al giorno, ma che in fi n dei conti non si può chiamare più giorno, ma sta-gione. Allora cos’è un Natale spalmato per due mesi? un cadavere sotto ad uno scialle di cache-mire. L’occasione di ritrovo non è più dietro una tavola imbandita, ma nei reparti di un grande supermercato o dietro un massacro alimentare. Mi sembra che quest’onda continui a fare vitti-me, mi chiedo se nonostante il tanto parlare non fi nisca anch’io inevitabilmente, per farne parte. Lisbona si è spaccata in due in un mese, sottraen-dosi in tutto ciò che ha potuto salvaguardare fi -nora. L’estetica vince sull’etica. Vado alla ricerca allora di ambienti piccoli. Non mi hanno mai de-luso. E una volta di più, i miei occhi non faranno più caso a tanto barlume. La Signora è pronta.

Dodo Buonerba

Ero entrato a far parte della Komuna da pochi giorni, quando una bella sera con alcuni amici siamo andati alla ricerca dell’Hot Clube; rino-mato Jazzclub in Praca da Alegria, dove è solita l’esibizione di spettacolari jam-session non solo dei musicisti locali, ma anche delle stelle del Jazz, le quali, dopo concerti in sale e stadi affollate dalle masse si rifugiano benvolentieri in postacci con pareti scure, tavoli rotondi ed il solito bari-sta scortese fumatore incallito, per prolungare la notte fi no al mattino. Ebbene, qui inizia la storia. Quella sera stavo assistendo ad una jam spet-tacolare, come ne ho sentite poche, segno che i musicisti fra di loro si conoscevano come le proprie tasche. Il perchè l’ho capito subito dopo, durante l’intervallo, quando mi sono sta-ti presentati i coinquillini mancanti all’appello. La Komuna è una casa storica in una zona sto-rica, sopra la downtown lisboeta, di fronte alla casa di Camoes. Ci hanno vissuto in tanti; jaz-zisti tedeschi, fadisti giapponesi, artisti di ogni genere, studenti erasmus azoriani, lavoratori del sociale asociali. In quattro anni ci hanno vissuto circa un centinaio di persone provenienti da tutte le parti del mondo, distribuite tra i due piani che formano la Komuna. Quante persone vi siano passate per un cafesinho, per una festa oppure per provare l’ultima sambinha prima del concerto, è un dato incerto. Tutti però hanno lasciato una loro traccia, che sia una frase su una parete o una goccia di vino sul vecchio pavimento in legno.

Attualmente la casa si trova in uno stato di continuo degrado fi sico; piogge monsoniche in più stanze e invasioni di insetti in cerca del Lebensraum ideale, per non parlare della con-stante minaccia del crollo di un palazzo vicino. Il proprietario è un mistero e risulto tra i pochi fortunati che sono riusciti a vederne l’ombra. L’affi tto passa attraverso il classico fruttivendolo sotto casa che funge anche da fonte di informa-zioni del quartiere, ma questa è un’altra storia. Per quanto riguarda regolamenti vari e turni di pulizie, nella Komuna non esistono; tutto è basato sul senso di responsabilità ed il rispet-to verso gli altri, di ogni singolo Komunard. Questioni aperte vengono discusse tra un bic-chiere e l’altro nelle riunioni, festosamente an-nunciate sulla bacheca nel corridoio accanto a depliant di Yoga misto con Flamenco e fusio-ni di Tablas indiani e Appenzeller Hackbrett.In questo periodo la Komuna è abitata da 14 persone provenienti da 17 nazioni diverse, di-stribuite sulla Komuna de baixo e la Komuna de cima. Lo spirito di ospitalità portoghese induce però sempre a tenere un ospite in casa, che sia il senzatetto che passa per farsi la barba o il viag-giatore cronico non ancora pronto per tornare alle proprie radici, la porta è constantemente aperta.Bene, visto che il tempo sta migliorando e oggi è domenica, mi recherò in spiaggia ad aspetta-re l’onda giusta. Buon proseguimento a tutti.

La signora si è mossa

dal corrispondenteStefan Festini Cucco

La Komuna

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Sconfinare2006 Dicembre 7Cultura Glocale

Una tranquilla serata dei primi giorni di novembre mi trovavo a Gorizia con un ami-co, a sorseggiare un aperitivo e scambiare due parole. Tra una chiacchiera e l’altra, è balzata fuori la folle proposta di seguir-lo in una misteriosa intervista: in breve mi sono ritrovata catapultata, dalla fredda plastica delle pareti del gazebo di un bar, al caldo tepore di una piccola stufa, in una casa non lontano dal centro di Morteglia-no, un paesotto in provincia di Udine. La proprietaria della rustica e accogliente abitazione era Lussia di Uanis, una poe-tessa di lingua friulana. Mi sono lasciata incantare dalla musica vagamente folk in sottofondo e, con la complicità del clima familiare e di un bicchiere di buon vino, mi sono calata nel ruolo di interessata ascolta-trice della storia di una donna che ha vis-suto, da protagonista, uno dei periodi cul-turali più floridi di Udine e zone limitrofe. Sollecitata dalle numerose domande del suo intervistatore, l’artista ha preso a rac-contarci della crisi d’identità che ha avuto a trent’anni e di ciò che aveva come unico punto fermo: il suo nome –Lucia (in friula-no “Lussia”)- e il posto da dove proveniva, il luogo che le aveva dato i natali –Ioan-nis (in friulano “Uanis”). A quell’età lei si era trovata a voler andare via dalle piccole realtà rurali del basso Friuli, per cercare, nella cittadina di Monfalcone, qualcuno che la accettasse per la persona smarri-ta che si sentiva. Decise di vivere da sola, con il suo primogenito, lontana da quella famiglia che non credeva in lei e non la so-steneva. In terra monfalconese conobbe chi

le avrebbe aperto gli occhi sulla sua vita: Raffaele Lazzara; egli era un amico, artista anche lui, che apprezzava i quadri di Lus-sia, ma ancor più la sua poesia. E la ap-prezzava a tal punto da portare il plico dei fogli a Marco Tribaldi, quello che all’epo-ca –si parla di fine anni ’80- era uno dei punti fermi della scena poetica, letteraria, musicale del movimento culturale friulano, che aveva sede a Udine, in Via Volturno. Le opere di Lussia colpirono anche quest’ul-timo, che, con un biglietto che la poetessa ancora conserva, la invitò a prendere parte al progetto culturale succitato, denominato “Osmiz”. Lussia però vi entrò nel momen-to in cui tale corrente già aveva raggiunto l’apogeo e si stava lentamente sfumando in altre collaborazioni. Nonostante ciò, quel-lo che lei ricorda del suo primo impatto, fu una sensazione di meraviglia, che la lasciò letteralmente senza fiato: la sede era un luogo in cui poter esporre le proprie crea-zioni, soprattutto figurative, e un punto di partenza per le numerose iniziative teatra-li, musicali, letterarie che si promanavano nell’intero triveneto; una dimostrazione del fervore culturale era la stampa periodica della rivista che recava il medesimo nome dell’associazione. In breve tempo il movi-mento si sfaldò, eppure qualcosa della tre-pidazione poetica era rimasto tra chi aveva condiviso tale esperienza: non terminarono infatti le cooperazioni tra artisti ormai di-ventati amici. Lussia ne richiama solo qual-cuna: un falò del 5 gennaio con letture di brani, programmi radiofonici di commenti letterari –un’innovazione per il periodo-,

mostre di scultura e pittura, viaggi di scam-bio culturale all’estero. Ed è proprio dopo una di queste spedizioni che Lussia scrive un racconto, il titolo del quale, composto da un gioco di parole con un termine friulano caduto in disuso, diede il nome a un nuovo progetto culturale per quegli artisti ancora volenterosi di gettarsi nella scena del Nord-Est: i Trastolons (che, piuttosto di una tra-duzione forzata, preferisco legare all’imma-gine del moto rapido delle nuvole in cielo). Nuovamente riparte la carovana artistica, con feste, manifestazioni, falò, dischi, libri; il tutto ovviamente senza altra pubblicità che il passaparola delle persone. Ma Lussia si stacca dal gruppo degli artisti, decide di voler proseguire i suoi progetti da sola e, per spiegarcelo, cita, sempre in friulano, il suo illuminante motto: “Vado dritta lungo la mia strada storta”. Ora lei è tornata a vivere in terra udinese, con i suoi due figli, e lavora ancora nel campo creativo: scri-ve testi teatrali, gli ultimi sulle due guerre mondiali viste dagli occhi delle donne e delle persone anziane del territorio locale, le sofferenze patite da gente di frontiera, ma anche le piccole gioie che si riescono a vivere nonostante tutt’intorno infuri la battaglia; collabora attivamente nei dischi e nelle performance live di amici musicisti, per citarne uno, Fabian Riz; partecipa a un gruppo di musica elettronica, nel quale re-cita brani (si chiamano “Scheletriche e ele-triche poetiche”); lavora nelle scuole ele-mentari della zona, proponendo spettacoli e laboratori in lingua friulana, con l’intento di mantenere viva l’identità locale con le sue

tradizioni, ma allo stesso tempo stimolando ogni bambino a perseguire la diversità che contraddistingue ogni realtà della regione, a non perdere il legame con le proprie radici. Dunque, ho vissuto da spettatrice un’inter-vista informale e a tratti buffa, che mi ha fatto aprire gli occhi su una ricchezza cul-turale che difficilmente sarei riuscita ad im-maginare in quella che tutti, compresi pa-recchi giovani del luogo, vedono come una terra sterile e povera dal punto di vista del-le spinte artistiche. Forse, per alcuni tratti, non può essere che così, ma sicuramente sotto la scorza di questo freddo Friuli c’è una vivacità fuori dal comune da scoprire.

Michela Francescutto

Pochi saprebbero raccontare i difficili as-sestamenti del regime sovietico nel 1956. I suoi complicati esercizi d’equilibrio sul filo d’una democratizzazione di facciata, spacciata come de-stalinizzazione. L’asce-sa di Nikita Krusčev. Le crisi polacca e un-gherese. L’incespicare di un totalitarismo che cerca di completare la sua muta, che stenta nonostante le trasformazioni formali a normalizzare la propria vita ancor oggi.In quei giorni corrispondente da Mo-sca per la Rai era Demetrio Volčic.

La sua voce riverberava nelle trasmissioni radio, ed oggi torna a farlo. Perché la sua nuova fatica, “1956 – Krusčev contro Sta-lin”, è proprio la trasposizione di quelle sue cronache radiofoniche. Essa, pertanto, “si interessa principalmente al linguag-gio: a come le parole, improvvisate nel racconto orale, debbano essere rese per iscritto”. Non si tratta semplicemente d’un mero resoconto, bensì di una vera espe-rienza di vita arricchita da aneddoti e cu-riosità, narrati da una delle personalità di

spicco del panorama culturale goriziano.Gli spunti offerti dalla presentazione, av-venuta al Consiglio Provinciale di Gorizia, trascendono gli anni cinquanta per diveni-re attuali: il rapporto complicato tra demo-crazie e totalitarismi, il presunto obbligo d’intervenire a tutela della società civile quando questa è vittima di abusi da parte dello stato, la nostra indifferenza e spes-so il nostro cinismo. Volčic, interrogato su questo argomento, cerca di rispondere con diplomazia, glissa, ma non riesce comunque a celare una critica ai “calcoli” cui i Governi devono sottostare, ingoiando a cuor leggero i crimini ancora commessi da Cina e Russia. E ancora: quali sono gli obblighi, gli sfor-zi che una già rachitica Unione Europea è tenuta a sostenere nei confronti dei paesiche dall’esperienza delle democrazie popo-lari sono usciti? Il tema non è semplice e l’autore evita, prudentemente, di schierarsi. Meglio ritornare alla storia. Quella finita. Quella che si può solo raccontare, sperando di non essere contestati. Quella che ci illu-de di essere oggettiva. La Storia dei Morti. Ma i quesiti che dobbiamo risolvere, giorno per giorno, a ben guardare sono sempre gli stessi. E l’autore, nella sua presentazione, lo intuisce: passato e presente si fondono,

in una memoria che si adatta benissimo all’oggi. A chi chiede un’opinione sugli avvenimenti odierni, Volčic risponde in-direttamente, tornando sul più solido ter-reno di ciò che è già stato e che ormai si sta raffreddando. Ma la lezione che ne emerge non ha una data di scadenza. In fon-do, verrebbe da dire, l’uomo non cambia.

Rodolfo Toè

Il 1956 di Volcic tra Stalin e KrusciovIl giornalista goriziano nato a Lubiana riscrive le sue cronache radiofoniche

Alla scoperta di una sconosciuta realtà poetica friulanaIncontro con un’artista locale

“Volcic è due cose soprattutto: un uomo di formato e un gran

poliglotta, di lingue e culture” (Adriano Sofri)

Il libroAutore: Demetrio VolcicTitolo: 1956. Krusciov contro StalinEditore: SellerioCollana: Alle 8 della seraAnno: 2006Prezzo: 10.00 Euro

L’Europa a GoriziaEstoni, bulgari, austriaci, sloveni, unghe-resi e italiani: un gruppo di 30 giovani uniti dal desiderio di buttare giù i muri tra gli stati, dalla voglia di stupire chi è convinto che l’Unione Europea sia solo un utile (o dannoso) sistema economico, dall’entusia-smo di chi ama le proprie origini ma che non ha paura di guardare oltre il giardino di casa. Sarà proprio Gorizia, dal 3 al 10 gennaio, ad accoglierli per una settimana di attività in comune, nelle strutture della Caritas di via Vittorio Veneto. Sono i ra-gazzi dell’associazione Diagonalpeadria (studenti al secondo anno Sis) i diretti or-ganizzatori di questo scambio dalla tema-tica intensamente legata al valore di queste terre: il confine come realtà quotidiana per i giovani. Dietro un titolo fresco e accatti-vante, Jumping in Europe, si chiederanno insieme cosa cambia per le nazioni che ora stanno accedendo in Europa, comparando strumenti e modelli di vicinato per giovani di aree di confine. Sarà una settimana di giochi, dibattiti, conferenze, visite di pia-cere e incontri con i responsabili Isig, volta a creare un intreccio di intense relazioni nel gruppo: è proprio con questo intento che la Commissione Europea, tramite la Dg Istru-zione e cultura, promuove i progetti ideati da associazioni giovanili europee. Si trat-ta del Programma Gioventù attivo già dal 1996, e per la prima volta in Gorizia potrà svolgersi un’attività del genere grazie al finanziamento che il sottoprogramma per la cooperazione transfrontaliera (presente solo in Friuli Venezia Giulia e in Veneto) di solito destina ad obiettivi di mercato: questa la migliore dimostrazione di come l’Unione Europea comincia a non fare più paura, di come il processo d’integra-zione sociale e culturale stia diventando un bisogno sentito da ogni generazione.

Arianna Olivero

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Sconfinare Dicembre 2006 8Musica

LE RECENSIONI

Avere l’idea di qualcosa e doverla cambiare perchè l’opposto ti investe. Avere la percezio-ne di una musica, che fino ad allora era rima-sta lo sfondo e che, nonostante tutto, nel suo essere sfondo, dimora essenziale. Non sono un masticatore di musica, ho bisogno del tem-po anche in questo. E’ una lenta digestione del tutto, per poi arroccarsi dietro note sicure. I Gotan Project sono sempre stati lì, nel forte del mio computer, ma ho continuato imperterrito a collocarli nello sfondo, perchè il mio cervello era saturo di molta commer-cialità: vomitava tutto ciò che non era conosciuto. Certe musiche però si ri-presentano, bussano alla porta, diventano tue solo quando si condivide con queste un’esperienza. I Cd di nuova generazione, così uguali e perfetti, così “democratici”, puzzano di sterilità. I loro ascol-tatori non sono figli di questa musica, ma sono i pazienti di un’ane-stesia. Si riscopre allora, nel mondo di una ca-pitale, la musica, non per forza legata a nomi, ma a persone, luoghi, colori, odori, quartieri. Si sentono ritmi nuovi, se ne rispolvera qual-cuno di passato. Nei mille colori e nelle mil-le lettere dei cartelloni pubblicitari, tra mille sorrisi e mille bastonate, l’occhio ricade sul nome: Gotan Project, Lisboa, 26 de novembro. Non credo poter mai essere magnanimo con la musica elettronica. Si possono rinchiudere i Gotan Project in questa? Mi sembra di viag-

giare su delle note che non sono altro che ricer-ca, la quête infinita di un lavoro che parte dalla musica come soggetto e non come oggetto da torturare per il masochismo elettronico. Un pò in controtendenza a quel minimalismo da cate-na di produzione in cui spesso mi sembra ci si voglia annegare. Ricercare nel passato il futuro, effettuare ricerca musicale attraverso gli stru-menti di sempre, ma non nelle strade di sempre:

nell’avvicinamento e non più nel distanziamento di culture musicali. L’effetto può essere divino. Lo è stato, almeno per una se-rata. Lo è stato, attraverso effetti visivi sorprendenti. Nella voce solista. Nella ricerca, già più lontana e forse per questo più spiaz-zante, di un rap elettroni-co. Il corpo più leggero, la mente in uno stato di eccitazione emotiva. Poi tutto si spegne, si rimane lì, molti ritmi nella men-te, forse solo uno. Quello

che basta alla musica per compiere il suo ob-biettivo: far star meglio, anche senza di essa.Da tre giorni mi risuona nel-la testa il solito motivo...”en el mun-do havrà un lugar...”. Esto es todo. Dodo Buonerba

3 dicembre – Milano – Alcatraz4 dicembre – Padova – Palasport5 dicembre – Roma – Teatro Tendastriscewww.gotanproject.com

Se mi chiedeste qual è un disco che vale la pena acquistare per fare un regalo, po-trei elencarvene abbastanza perché pos-siate avere un ampio margine di scelta. Se l’acquisto dovesse riguardare, invece, le sole colonne sonore di film, e se i gusti del destinatario fossero molto esigenti, la scelta diventerebbe molto più interessante. Partendo dal presupposto che dovrete fare un regalo indimenticabile, e che il vostro amico è un esperto, dobbiamo purtroppo escludere le splendide, ma ahimè troppo note, soundtracks di film quali Pulp Fic-tion, Trainspotting, Vanilla Sky, Easy Ri-der, Lost in Translation, Zabriskie Point (sì, proprio quella interamente incisa dai Pink Floyd!) e quant’altro. A questo punto po-tete fidarvi di me. Ho qualcosa che fa per voi. Un consiglio insolito, ma prezioso.Nel 2001 è uscito “E morì con un felafel

in mano”, dell’australiano Richard Lowen-stein, un film squisitamente folle e surreale che, nonostante abbia vinto il New York In-dependent Filo & Video Festival e numero-si altri premi, è rimasto sconosciuto ai più. Ebbene, la colonna sonora di questo film, che vi consiglio spassionatamente, è qual-cosa di eccezionale, che sospenderà anche i più spietati critici musicali. Un melange di piccoli capolavori presenti e passati, un mix di rock, pop, musica etnica e melodica, che rispecchia quel collage di vicende bizzarre, frasi sconclusionate e angosce esistenziali che è il film. Una colonna sonora strepitosa, proprio perché pasticciata come la trama e come lo stesso felefel (piatto mediorientale a base di verdure e salsa di yogurt avvolto in una tortilla, con l’aspetto di un involtino), elemento emblematico del film. Si passa così dalla mitica Golden Brown degli Stranglers,

ai divertenti ritmi folk di Goran Brecovic, dall’inconfondibile voce di Nick Cave che sussurra la sua splendida Into my arms, alla sensazionale Run on di Moby, dall’ico-na rock The passenger alle melodie di Les Négrettes Vertes. Una successione di brani di ottima scelta, interrotta piacevolmente qua e là dagli imperdibili dialoghi del film. Un piccolo gioiello, insomma. Va ricorda-ta, inoltre, la presenza de La Dolce Vita di Nina Rota, splendido omaggio a Fellini, e l’indimenticabile California Dreaming. Per finire, il brano più sconosciuto, che è forse il più bello ed emozionante: Drive dei Pa-radise Motel. E’ probabilmente l’essenza di questa colonna sonora, ma anche del film stesso. Immaginatevi un Noah Taylor ste-so a terra, supino, il capo contro la porta chiusa, in esilio dal mondo, che si è appena fatto scappare l’unica persona che dava un senso alla sua vita. Nell’aria, una melodia dolce e malinconica, e la voce di Merida Sussex (la cantante dei Paradise Motel) che gli sussurra: Who’s gonna pick you up when you fall? Who’s gonna pay attention to your dreams? You can’t go on thinking nothing’s wrong. Who’s gonna drive you home tonight?. Da restarne incantanti. Non mi resta che sperare che possiate segui-

re il mio consiglio d’acquisto. Fatemi sapere, in ogni caso, se è stato un regalo azzeccato e se il vostro amico ha apprezzato la scelta. Agnese Ortolani

P.S. Per qualsiasi reclamo o protesta per fallimento o fiasco totale del vostro regalo, potete sfogarvi inviando una mail a [email protected]. La leggerò perso-nalmente.

Manifestazione di tutto rispetto mercoledì 29 Ottobre a Gorizia. Pixxel Music, que-sto il suo nome, si proponeva di indagare le nuove frontiere della video arte, analiz-zando come si sono sviluppate e come si svilupperanno le interconnessioni tra immagini e musica. Per tutta la giornata, infatti, si sono svolti workshop e incontri al cinema Vittoria, nei quali si è parla-to, per esempio, di colonne sonore e storia dei videoclip, argomenti molto interessanti per gli addetti ai lavori. Per noi studenti, in-vece, la vera ciliegina sulla torta è stata la notte “alternativa” al Fly, Serata che, spon-sorizzata in maniera massiccia da una forte campagna pubblicitaria, si proponeva di far ballare orde di giovani impazziti sui ritmi di Scuola Furano e DJ Spiller, e di farli diverti-re con i video de I Ragazzi della Prateria e di PUTCH1, montati a ritmo di musica: un in-versione di tendenza rispetto al solito, dove è la musica ad accompagnare l’immagine.Quindi una serata diversa dalla solite “da Fly”, soprattutto perché hanno suonato gli Scuola Furano, due DJ Marco Busolini e Bo-rut Viola, nati e cresciuti a Gorizia, che pur partendo da questa città un po’ isolata dal punto di vista musicale, sono riusciti a far-si strada e a farsi conoscere da un pubblico

sempre più vasto. Prodotti dall’instancabile Riotmaker, etichetta friulana indipendente e piena di amore che ha tra i suoi gioiellini anche i più conosciuti Amari, gli Scuola Fu-

rano hanno già pro-dotto diversi brani ed è da poco scari-cabile dal loro sito il pezzo “With the head in the sky”.La musica non ha affatto deluso le aspettative, i ra-gazzi hanno sapu-

to scaldare il pubblico mixando in modo esemplare loro pezzi con ritmi più cono-sciuti, senza mai stonare. Anche I Ragzzi della Prateria con i loro video hanno sapu-to accompagnare in maniera esemplare la musica proponendo immagini molto anni ’80 che ben si confacevano ai ritmi degli Scuola Furano. Certo, in una serata dove coprotagonista era l’immagine qualche schermo in più ci sarebbe dovuto essere.Unica nota dolente, FLUX, il media pat-ner della manifestazione goriziana in quei giorni stava poco bene, o meglio, in TV il canale non era visibile e in in-ternet il sito stava venendo ricostruito.Poco male, comunque, per una manifesta-zione che ha saputo portare in una città spen-ta una sferzata d’energia e di novità, anche grazie ai ritmi di due suoi cittadini illustri. Marco Brandolin

Gli Scuola Furano a Pixxel MusicUn mix d’immagini e musica a Gorizia

“He died with a felafel in his hand”Ovvero la colonna sonora che cercavi

Gotan Project -Lunático-

Rumori lontani, echi. Improvvisamente partono congas, timbales e bonghi. Ritmo e volume sal-gono e con essi la tensione. Poi, tutt’un tratto, lo scoppio delle altre percussioni. Gli archi ini-ziano il loro trillo lontano, ma teso e piuttosto acuto; i corni e gli strumenti gravi caricano l’aria di ansia e paura. C’è un cattivo che si aggira per la jungla: ha già colpito. Forse ancora colpirà…Sembra la descrizione di un triller, vero? E invece è una traccia della colonna sonora di “Tarzan”, il cartone animato firmato Walt Disney uscito nelle sale di tutto il mondo nel 1999. Anzi, ad esser precisi è “Two worlds”, la canzone scritta da Phil Collins e da lui non solo cantata in più di venti lingue diverse, ma addirittura suo-nata: sue sono la batteria e molte percussioni che si sentono nella versione originale. Un omaggio alla sua passione e allo strumento che, ai tempi dei “Genesis”, l’ha reso famoso in tutto il mondo. “Two worlds” (in italiano titola “Se vuoi”), è una canzone speciale, dal messaggio profondo e forse per questo più adatto a questo periodo dell’anno, in cui ognuno esce dalla propria rou-tine per guardare là dove la vita è spesso violata. Rappresenta bene l’esordio del film, il momento tragico in cui il cucciolo d’uomo Tarzan perde mamma e papà e un dolce gorilla femmina perde il proprio piccolo a causa dello stesso nemico. Da questo tragico evento, infatti, proprio come recita la canzone, due mondi si toccheranno e scopriranno che, a dispetto di quanto progres-so e pregiudizi dicano o facciano, le diversi-tà possono ancora convivere pacificamente. E che dire di “You’ll be in my heart” (in italiano

“Sei dentro me”)? Altra canzone del film, forse più celebre, uscita dalla penna di Phil Collins e Mark Mancina (quest’ultimo ha creato gran parte della colonna musicale), momento in cui una mamma scopre che può essere tale anche nei confronti di un figlio che non ha il suo stesso aspetto…Meno note sono invece “Son of man” (“In tuo figlio”), in cui un cucciolo cercherà di conqui-stare l’affetto di un padre che non si sente più tale e “Strangers like me” (“Al di fuori di me”), che accompagna l’avvicinamento fra due ani-

me tanto simili quanto in apparenza lontane.Forse vi sarà già capitato di ascoltare una colonna sonora prima di aver visto il film a cui essa fa da cornice. A me capita spesso ed è andata così anche con questa colonna sonora, che credo sia speciale non solo per le tematiche che toccano canzoni e film in sé, ma anche per il collegamento con l’eso-tico che scatta appena si sentono le prime battute. Se non avete visto il cartone animato, beh, vi consiglio di guardarlo, soprattutto ora che è quasi Natale e tutti hanno voglia di sentir-si più buoni. Se già l’avete visto guardatelo di nuovo e ascoltate bene le canzoni. Sco-prirete che, in fondo, parlano di tutti noi.

Ius Isabella

Dalla jungla un messaggio per NataleCon Phil Collins l’unione di tribale e melodia per creare

l’emozione

“...E’ il tuo cuore che ti sta parlando. Se vuoi, lo sentirai. Lascialo decidere,

non ti deluderà....”Se vuoi, P. Collins

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Sconfinare2006 Dicembre 9Scripta manent

I libri più letti a GoriziaRomanzi

Grisham CoronaTamaroPamukLudlumAllendeRuiz Zafon

MondadoriMondadori

RizzoliEinaudiRizzoli

FeltrinelliMondadori

Saggistica

PansaVespaAugias, PesceAlesinaMafai

La grande bugiaL’Italia spezzata

Inchiesta su GesùGoodbye EuropaDiario italiano

Sperring KupferMondadoriMondadori

RizzoliLaterza

Fonte:Libreria Antonini

“ E’ dura rimanere indietro. Aspetto Henry senza sapere dov’è e se sta bene. E’ dura essere quella che rimane”: inizia così la storia di Clare, innamorata di un uomo che scompare in continuazione lasciandola sola ad aspettare il suo ritorno. Fino a qui, la loro sembrerebbe una storia d’amore più o meno simile a molte altre, se non fosse per un particolare: Henry DeTamble non lascia Clare per sua volontà, semplicemente scompare senza poter far nulla per impedirlo e si ritrova a viaggiare nel tempo, catapultato improvvisamente nel suo futuro o nel suo passato. I medici la chiamano “cronoalterazione”, una malattia che Henry non può controllare: in un momento qualsiasi della giornata il tempo può rapirlo, sottrarlo alle sue occupazioni quotidiane, trasportarlo e lasciarlo completamente nudo di fronte ad un divertito se stesso bambino o ad un Henry adulto che lo fissa con aria interrogativa. I viaggi sono frequenti, passato e futuro si inseriscono continuamente nel suo presente frammentandolo, sconvolgendolo, ma c’è una cosa , una cosa soltanto capace di resistere al frenetico e casuale movimento delle lancette: Clare.“E Clare, sempre Clare. Clare la mattina, assonnata (…) Clare che legge con i capelli sparsi sullo schienale della sedia (….) La voce bassa di Clare nel mio orecchio, spesso. Odio trovarmi dove lei non è, quando lei non c’è. E invece me ne vado sempre, e Clare non mi può seguire.”Clare è l’amore di Henry, la bambina che a soli sei anni si trova davanti quell’uomo di trentasei, nudo come un verme, in piedi in mezzo al giardino di casa ed, invece di scappare a gambe

L’Associazione produttori, consumatori, intermediari nonchè profittatori dichiara aperta la stagione natalizia.Meno male che rimangono questi santi pilastri, anche nel nuovo calendario 2007, per la precisione all’altezza della semper vigoris mammella della Loren. Come ogni anno bisogna fare vittime, così come nella stagione della caccia, e allora libri, tutti in fila!! si comincia da voi... eh sì! perchè in fondo, quale regalo migliore di un buon libro per Natale? vi rispondo io: nessuno! anche il libro, ahimè, diviene vittima del tanto blaterato consumismo, perchè la top ten è un pò come la ciambella di salvataggio per gli annegati nelle liste dei regali. Si va in libreria ormai con un bel carrellino, si sceglie da uno scaffale uno di quei bei thriller di cui tanto si parla, ma non si sa perchè se ne parla, però è bello, lucido e soprattutto rilegato! Scrivendo la mia letterina quest’anno chiederò che, per favore, si lasci il regalo di un libro a chi, da una parte, conosce i libri, dall’altra, conosce le persone alle quali li si stanno regalando. Il libro rimane uno dei tanti tasselli che si costruiscono nel puzzle di una relazione, qualsiasi essa sia. Riunisce la persona che lo regala, quella che lo riceve e tutto ciò che comporta la lettura di questo. Affascinati, abbindolati, cediamo al nome e agli andamenti del mercato perchè è facile, veloce, parfois economico. Non si ricada per l’ennesima volta nella critica della

Poesia. Una parola intrigante, carica di significato, dolcemente riempita di emozioni, di aggettivi che la qualificano. Cos’è la poesia? Cosa la rende tale da essere considerata un magico punto d’incontro tra gli uomini? Questa la domanda centrale della conferenza svoltasi a Trieste il primo dicembre presso la Scuola Superiore di lingue moderne per Interpreti e Traduttori. Questa la domanda a cui ha risposto poeticamente Tahar Ben Jelloun, scrittore franco-marocchino, noto soprattutto per il suo impegno contro il razzismo. Tutto è stato meravigliosamente facile: ascoltare l’autore parlare di poesia, immergersi in quella dimensione, comprenderla. È stato tutto così piacevolmente normale senza quell’inquietudine iniziale che assale chiunque si cimenti con essa.Poesia è magia, incanto. È amore e violenza nel medesimo istante. Essa è testimonianza, è secondo la definizione utilizzata da Pavese, l’espressione della condizione umana. La si ritrova in quel grido disperato perfettamente riconoscibile della sofferenza. Nel grido dei poeti francesi della Resistenza, come René Char “ J’ai difficulté de me rencontrer dans le fil de l’évidence”. Essa rappresenta l’uscita dall’isolamento, dall’emarginazione. Dov’è la poesia? Al di là del visibile. Impalpabile, ma c’è. Se ne sta in disparte con aria fintamente distaccata ma sempre pronta a catturare ognuno e a portarlo nel mondo del poeta sofferente, del poeta allegro, del poeta malinconico. Quel mondo così stranamente somigliante a quello reale

Audrey NiffeneggerLa moglie dell’uomo che

viaggiava nel tempo

Grande offerta svuoto tutto! Anche la testa…

Parlando di poesia con Tahar Ben Jelloun…

Il porto sepolto

Vi arriva il poetaE poi torna alla luce con i suoi canti

e li disperde

Di questa poesia mi resta

quel nulla d’inesauribile segreto

G. Ungaretti

perché la poesia si configura come una traccia, come un passaggio che regge il pesante emblema del mondo universale. Ben Jelloun mette in evidenza l’importanza di questa dimensione. La necessità di staccarsi da un’ottica che presuppone il limite dell’identità e delle diverse culture e civilizzazioni, sottolineato con notevole insistenza dal mondo occidentale. Il dovere di non interpretare in modo erroneo la condizione umana, di evitare la definizione

e la catalogazione per sfuggire ad una generalizzazione e caricatura delle stesse culture. La poesia non delimita. La poesia è soltanto un’umile rivelazione dell’umano. Essa è mezzo di comunicazione universale. Non sopporta la debolezza ed è per questo che si annuncia con vitalità, con vigore. Non si serve di mezzi termini, perché

odia l’ipocrisia. Il poeta non ha ispirazione. O scrive o non scrive. Esprime i suoi disagi, le sue gioie viscerali e ugualmente diventa portavoce del pathos dell’umanità. Chi è il poeta? Ruolo difficile da definire. Non è un saggio. Non fa parte della schiera dei “sani”. Ma è colui che aggiunge alla propria vita un po’ di eccentrica follia, sperimenta il proprio io, sfida insistendo il mondo irreale della parola a cui non sa resistere…L’autore accompagna il pubblico in questo mondo, lo fa citando poeti, riportando testi e afferma con forza l’elemento distintivo della dimensione poetica: “l’endourance”. La poesia resiste al tempo; al tempo incalzante, incurante della pausa, della riflessione, della tranquillità. La poesia si oppone al nuovo valore del mercato economico; non è distrutta dalla diffidenza e dall’indifferenza

dell’editore. L’imperativo categorico di Ben Jelloun è “la poesia deve continuare”. Ed essa silenziosamente continua. Continua nelle note dei cantautori, nelle notti di due cari amici che timidamente leggono Prévert. Continua nella volontà dei traduttori di rendere accessibile il testo poetico a tutti. Permane nel sogno di molti, nell’anima di alcuni, nella penna di altri. Resta scritta violentemente in una pagina di appunti strappata che scivola delicatamente da un quaderno…cade a terra, viene raccolta, letta e portata via dall’io bisognoso che da lungo tempo cercava l’espressione delle sue parole incompiute.

Nicoletta Favaretto

solita e solida casa editrice, produttrice di interessi politici! Non che la causa non sia anche sua, ma le concorrenti non hanno ritardato un minuto ad accodarsi sulla stessa scia piuttosto di boicottare e continuare a diffondere cultura. Meglio tutti ignoranti, salvando qualche piccolo ratto che ancora sopravvive, e viva il Natale che dura due mesi! e allora sgrano gli occhi davanti a pile enormi di libri identici, rimontandoli in un albero...di contenuto fecale; culturalmente parlando. Colpa del consumo, che però non deve essere lasciato a se stesso. Si intimidisce, si instupidisce, crede a tutto. Così, si pretende molte volte da una persona, che non legge neanche le indicazioni di un medicinale, di ingurgitare una bella storia di omicidio con tanto di inchiesta e scene di sesso, o una bella storia di bambina che cresce orfana e si da alla prostituzione. Grazie per il realismo, ogni tanto me ne dimentico! Si mandano così fuori stampa altri autori che, vista l’attuale concorrenza, forse ne sarebbero solo che contenti. Il bel rilegato diventa ottimo contenuto della nuova libreria, riempita finora solo di splendenti cornici d’argento e, se il libro risulta fino, ottimo rimedio per l’immancabile tavolino ballante made in Svezia. Sembrerebbe non siamo più in guerra; in caso di magra, la prefazione la si potrà sempre leggere al bagno. Appesa ad un chiodo.

Dodo Buonerba

levate urlando, gli procura degli abiti e qualcosa da mangiare e poi inizia a contare i giorni che la separano dalla sua successiva apparizione. Tutto quello che possiede è un quadernetto e delle date, intervallate da giorni, mesi , a volte persino anni di silenzio: Henry tornerà, prima o poi, forse per darle il primo bacio, quando ormai nel presente di baci ne hanno consumati a migliaia, forse per fare l’amore con lei per la prima volta, quando nel suo presente sono già sposati da tempo. L’intero

libro si snoda così come una specie di diario a due voci, un susseguirsi di episodi accaduti in momenti fra loro lontani ma assemblati in modo da acquisire coerenza e fluidità. Le prime pagine possono risultare un po’ difficili, ma, una volta entrati nel meccanismo, si viene assorbiti completamente dalla storia. Una storia strana, un po’ ingarbugliata, ma dolce e mai banale, la storia di un amore che nasce e cresce in circostanze surreali, ma, dietro la componente fantastica, fa trasparire tutti gli elementi di cui

è composto l’amore, quello vero. Alla fine del libro ciò che rimane è proprio la straordinaria semplicità di un amore che a prima vista di semplice ed ordinario non ha proprio nulla: “Mi fa paura l’idea di perderti” dice Henry ad un certo punto e Clare divertita “Come potresti perdermi? IO non vado da nessuna parte!” “Mi preoccupa l’idea che tu ti possa stancare della mia inaffidabilità e lasciarmi” “Non ti lascerò mai” risponde Clare “Anche se tu mi lasci sempre”.

Paola Barioli

Innocente: una storia veraI fantasmi di pietraAscolta la mia voceIl mio nome è rosso

Codice Altman Inés dell’anima miaL’ombra del vento

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Sconfinare Dicembre 2006 10Cinema

LE RECENSIONI

Voto: 9Nazione: FranciaFilm di AnimazioneRegista: Michael OcelotDurata: 95’

Azur e Asmar

Voto: 9-Nazione: USACast: Robert Downey Jr. Val Kilmer Michelle MonaghanDurata: 102’

Kiss Kiss Bang Bang

Harry Lockhart (Robert Downey Jr.) è un ladruncolo newyorchese che si im-buca ad un’audizione per sfuggire alla polizia, si aggiudica la parte e viene spedito a Hollywood prima ancora di capire cosa gli stia succedendo. Essen-do il film un poliziesco la produzione decide di fargli accompagnare l’inve-stigatore privato “Gay” Perry (Val Kil-mer) nelle sue indagini, per aiutarlo ad entrare nella parte. Nella prima notte di lavoro i due incappano però in un ca-davere nascosto, e qualcuno cerca di incastrare Harry per l’omicidio. A com-plicare le cose arriva Harmony (Micelle Monaghan, la vera rivelazione del film), la ragazza di cui Harry era innamorato al liceo, che lo crede un vero detective e gli chiede di indagare sul suicidio della sorella. L’intreccio noir è standard, con i due casi che si riveleranno collegati, ma fortunatamente il regista (già crea-tore della serie Arma Letale) ne è con-sapevole e usa l’impianto del noir per raccontare una commedia brillante, dai dialoghi straordinari. Tutti i clichè sono al loro posto, ma nessuno va come do-vrebbe, dalla scena della roulette russa a quella in cui l’eroe difende l’onore della ragazza. I personaggi sono straor-dinari, a cominciare dall’adorabile fal-lito Harry, la cui voce narrante dirige il film confondendosi, riavvolgendo intere scene e discutendo col pubblico. Ma la cosa migliore di questo gioiello di film è che non insulta l’intelligenza dello spettatore con rallentamenti a beneficio dei più ottusi: la storia procede a ritmo serrato, fino alla resa dei conti finale. Luca Nicolai

Il genere del film di animazione in questi ultimi anni si rivolge sempre più anche al pubblico adulto Ed è questo anche il caso di “Azur e Asmar” del francese Michel Oce-lot, nonostante la semplicità dei disegni e la vivacità dei colori possano ingannare. La storia, ambientata in epoca medievale, si sviluppa in due scenari diversi. La prima parte si svolge in Francia presso la corte di un nobile, padre di Azur. Questi è un bam-bino biondo con gli occhi azzurri che viene svezzato dalla nutrice Jenane, originaria del Marocco, e che trascorre la sua infanzia con il figlio di lei, Asmar. I due bambini diven-tano amici, ma il padre di Azur, che marca in ogni occasione le differenze sociali cer-cando di porre una barriera tra i due, decide di separarli: il francese viene mandato in città per gli studi, Asmar e sua madre invece vengono scacciati e devono tornare nel pro-prio Paese. Passano gli anni e Azur cresce nel ricordo della nutrice e delle leggende da lei raccontate: decide quindi di partire per il Marocco alla ricerca della fata dei Jinn, ma qui si scontra subito con la realtà locale e con i pregiudizi che la caratterizzano. E’ come se i ruoli si capovolgessero: ora infatti è Azur che rappresenta lo straniero e i suoi occhi azzurri sono giudicati portatori di ma-locchio, tanto che egli si finge cieco. Ritrova la nutrice e Asmar, che però non ha dimenti-cato l’umiliazione subita a causa del padre di Azur. I due, dapprima quasi nemici, partono per la stessa avventura e progressivamente riacquistano la loro complicità e riescono a raggiungere la leggendaria fata: il problema è chi la dovrà sposare? Essi vengono infatti giudicati di pari valore. Questa fiaba moder-na, attraverso la forza delle immagini e il messaggio in essa contenuto, aiuta a riflette-re: non bisogna basarsi sul pregiudizio, ma cercare di conoscere le persone per quello che sono e non per quello che rappresentano. Lisa Cuccato

Crossing the Bridge

Voto: 9Nazione: Germania/TurchiaCast: Alexander BackeRegista: Fatih AkinDurata: 90’

Questo film-documentario del regista tur-co-tedesco Fatih Akin propone un viaggio ad Istanbul attraverso la sua musica e le di-verse sonorità che la compongono. Nel suo lavoro è accompagnato da Alexander Hacke, bassista del gruppo tedesco d’avanguardia Einsturzende Neubauten, affascinato dalla vitalità artistica turca già in occasione della composizione delle musiche per il film “La sposa turca”. Istanbul viene spesso denomina-ta come “ponte tra occidente ed oriente”, sia per la sua posizione geografica a cavallo tra Europa ed Asia, che per le vicende storiche di cui è stata protagonista nel corso dei secoli. E proprio per questi motivi racchiude in sé una molteplicità di culture che spesso riesco-no ad amalgamarsi tra loro, ma che a volte non riescono a trovare una vera integrazione nella società. Ciò vale naturalmente anche in ambito artistico, dove , accanto alla musica tradizionale e di derivazione “occidentale”, le diverse influenze creano sound innovativi grazie alla contaminazione tra stili. Si passa dal liuto saz di Orhan Gencebay al clarinetto dello zingaro Selim Sesler; dalla voce della cantante curda Aynur, ostacolata fino a poco tempo fa proprio per la sua appartenenza et-nica, a quella di Müzeyyen Senar, legata alla musica classica orientale; da Erwin Koray, precursore del rock turco moderno, all’hip hop di protesta di Ceza. Il tutto è accompagnato da scorci di Istanbul e interviste alle persone, in cui emerge ancora una volta la commistione di culture e mentalità in una città e in una na-zione che tuttora non trova una collocazione ben definita. Una parte vorrebbe infatti legar-si all’Unione europea, mentre l’altra vorrebbe mantenere intatte le proprie tradizioni senza intromissioni occidentali. Il dibattito resta an-cora aperto, anche per la difficile convivenza tra gli eccessi dell’islamismo e la volontà di modernità. Credo che il film possa aiutare a capire meglio il popolo turco e a conoscere i diversi punti di vista in una nazione in conti-nua evoluzione politica e sociale; naturalmen-te ciò non è esaustivo ma va accompagnato al-l’apertura verso questa cultura abbandonando i pregiudizi e la diffidenza che hanno accom-pagnato la storia umana nell’ultimo periodo. Lisa Cuccato

Fascisti su Marte

Voto: 8Nazione: ItaliaCast: Corrado Guzzanti Marco Marzocca Lillo Petrolo Andrea SalernoDurata: 100’Si presenta come parodia dei cinegiornali dell’istituto Luce questo brillante film che immagina la conquista negata ai fascisti sul pianeta rosso, “bolscevico traditor”. Un manipolo di fedelissimi, guidati dal gerar-ca Barbagli al grido di “ o Marte o morte “, si reca sul pianeta per fascistizzarlo. La grande impresa si rivela ampiamente spe-ricolata: agli uomini manca il cibo e ben presto lo spirito: non c’è nemico né ci sono strabilianti risose, nulla di nulla. Ma il fa-scista, come Barbagli continua a ripetere ai suoi, “ non si arrende” neanche di fron-te al nulla: ”vincere e vinceremo”, questa l’unica certezza del gruppo. Si crea così uno stato fascista, corredato delle varie or-ganizzazioni e si riesce persino trovare dei nemici, talmente presuntuosi questi “anglo-sassi” “omosassuali”, da non proferire ver-bo, tanto da costringere i conquistatori ad inventarsi il nome“mimimmi” per definirli. La mente dello spettatore che guarda il deserto di Marte non può che correre al-l’impresa etiopica, come la Madonna del manganello non può non ricordare i Patti Lateranensi, o la spiga richiamare la celebre battaglia del grano. Marte, coperto da motti fascisti più o meno ortodossi, è dunque il simbolo dell’Italia del Ventennio in tutti i suoi aspetti ma è anche lo specchio dell’Ita-lia odierna, con i suoi vizietti mai affievoliti e la scarsa lungimiranza di alcune scelte po-litiche. Ora come un tempo c’è da riflettere sull’Italia, sulle figure di quelli che Gadda chiamava “istrioni millantatori”che domi-nano le scene politiche. Guzzanti concede spazio anche ai cruenti campi di prigionia, ricordino questi i campi di concentramento nazisti o le torture di Abu Grahib; non man-cano nemmeno le carte con la rappresenta-zioni dei terribili “mimimmi” su carte da gioco, che rimandano all’analogo metodo usato negli ambienti militari americani per far riconoscere ai soldati in Iraq i nemici più rilevanti sulla scena internazionale. Un film di satira dalla portata ampia che la-scia un sorriso amaro allo spettatore sulla Storia già scritta, su quella da riscrivere e su quella che si scrive di giorno in giorno. Giulia Cragnolini

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Sconfinare2006 Dicembre 11Stile libero

Lotta contro la criminalità organizzataIl risveglio di Napoli

Questa è solo una nota a piè di pagina a tre anni della mia vita. Una minuzia. Un atto do-vuto. Questa è la mia dichiarazione d’amore.Certo: non riuscirà a comprendermi chi, pur-troppo, ha un’unica casa. Chi rientra ogni fine settimana, fuggendo Gorizia. Gorizia la buia. Gorizia la piovosa. Gorizia che muore.Ed io, del resto, non sarò capace di spiega-re cosa invece spinge me e molti altri a ri-manere. Di confessare che una delle ragioni per cui fatico a considerare l’ipotesi di una specialistica altrove è proprio questo posto.Mi piacerebbe parlarvi dei lunghi pome-riggi di sole e delle risate sulle rive del-l’Isonzo. Delle mattine fredde e luminose d’inverno in cui ci si tira la neve in faccia.Mi piacerebbe parlarvi delle notti. Quelle di fe-sta, trascorse insieme fino a vedere il mattino. O quelle che scivolano via veloci, rese più brevi dal vino bevuto in compagnia di pochi amici, con le loro voci che si uniscono a quella del vento che soffia fuori della finestra – e che può continua-re anche in eterno, per quanto te ne importa. Mi piacerebbe parlarvi delle ore di lezione snobbate scherzando nelle ultime file. Degli appunti che non ho mai preso. Delle lezio-ni saltate per andare al mare. Di quanto qui sembra caldo maggio dopo tanti mesi di gelo. Di come riescano a farti girare la testa le ra-gazze che incroci per la strada, o nei corridoi dell’Università, con il loro modo di camminare.Vorrei parlarvi della birra scura, avvolgente e morbida, che ti accoglie e riscalda nelle sere di pioggia al bar, quando la partita di calcio è terminata. Di quella stanchezza che non riesce comunque a cancellare la voglia di rimanere insieme. Di rimanere uniti ancora per un po’.Mi piacerebbe riuscire a descrivere quell’af-fetto particolare che nasce spontaneo per i compagni che condividono le tue fatiche. Che ti stanno accanto nelle prove più difficolto-se. Il cameratismo che si sviluppa quando chi ti sta di fronte è rimasto con te così a lun-go da parerti un fratello. Da parerti te stesso.Mi piacerebbe raccontarvi di quando sei malato ed i tuoi compagni di corso ti accompagnano all’ospedale, ed aspettano con te. Anche tutta la notte, se è necessario. Vorrei raccontarvi di chi ti cede la propria giacca per renderti il freddo più lieve. Di chi ti offre da bere perché ha appena su-perato un esame impegnativo grazie al tuo aiuto.Vorrei raccontarvi di chi ti dà ospitalità nel-la propria casa, e di chi viene nella tua anche se a separarle ci sono centinaia di chilome-tri di strada. Vorrei dirvi della tristezza che ti si incolla addosso quando capisci che non rivedrai per molto tempo persone che consi-deri importanti, partite per il loro Erasmus.Vorrei potervi far capire i motivi che ho per scrivere queste parole. Per abbozza-re, sorridendo alle immagini di questi gior-ni, una mia dichiarazione d’amore. Alla mia famiglia. Alla mia casa. A Gorizia.

Rodolfo Toè

Heimat

Attraverso lo spunto del film “Trainspotting” si è parlato, la sera di giovedì 1 dicembre, di droga, minori e droga e della realtà locale di Gorizia. La serata, ospitata dal “Punto Giovani”, è stata organizzata dal nascente gruppo giovani che si sta formando in seno alla sezione provinciale dell’Unicef, ed è la seconda di una serie di tre, dal titolo “Children’s Rights”, che si concluderà giovedì 12 dicembre con la proiezione del film “American History X” di Tony Kaye, sul tema del razzismo. Presente all’incontro(come quello di dicembre, aperto a tutti gli interessati) in qualità di esperto, Massimiliano Ortolan, capo della Squadra Mobile della Polizia di Gorizia, ha presentato il rapporto delle forze dell’ordine col problema del consumo e del traffico di stupefacenti, nello specifico del contesto Goriziano. Il dibattito è stato di informazione, grazie all’apporto di Ortolan, ma anche di confronto e di condivisione di conoscenze ed esperienze. La coordinatrice della serata è stata Anna Maria Verbi, segretaria del Comitato Provinciale per l’Unicef di Gorizia. Questi incontri vogliono essere un modo per far conoscere ai giovani presenti nella zona le attività del gruppo, che sono incentrate appunto sull’informazione, sulla sensibilizzazione e su opere di beneficenza a favore degli obiettivi Unicef; già un buon numero di volontarie tra gli studenti in Gorizia partecipa con entusiasmo a queste iniziative.

Davide Caregari

Children’s rightI diritti dei mino-

ri nella rassegna del gruppo Unicef di

Gorizia

Come accade ogni anno, si inizia a pensarci già a novembre: basta il primo freddo pungente, la prima nebbia e già la mente si proietta verso l’estate successiva sognando di scappare dall’inverno il più in fretta possibile. Nei mesi seguenti, però, si viene catturati da una routine quotidiana sempre più fitta e frenetica ed in un momento ci si ritrova ad inizio luglio, sfiniti dalla sessione d’esami e dal caldo insopportabile, con un bisogno immenso di partire e andare lontano, non importa dove. Era ormai metà luglio quando mi sono decisa: è stato un attimo, l’impulso del momento, compilare la domanda d’iscrizione trovata sul sito dell’Alliance Française e trovarsi con un biglietto aereo per Parigi e dentro di me soltanto impazienza e confusione. Perché, per quanto lo si desideri con tutto se stessi, partire non è mai semplice: c’e sempre qualcosa dentro di noi che ci trattiene, u n ’ a m i c i z i a , un problema, un amore, un dolore, molto spesso lo stesso che ci spinge ad allontanarci. Questa volta è stato diverso da tutte le altre: non partivo con amici né in gruppo per un viaggio studio, partivo da sola, per un mese, senza altri punti fissi che un indirizzo, Boulevard S. Jourdan n° 7, ed uno zaino pieno di dizionari e libri di grammatica francese con in testa l’idea che l’ostacolo più grande sarebbe stato quello della lingua e lo sforzo più impegnativo quello di imparare vocaboli e coniugazioni.Dall’aeroporto d’Orly alla Citè Universitarie ci vuole circa un quarto d’ora, il che vuol dire 15 minuti di conversazione con un tassista che ancora non lo sapeva e forse non lo saprà mai, ma aveva una responsabilità enorme: era la prima persona con cui parlavo, stava a lui farmi sentire a casa nonostante il mio francese alquanto incerto oppure tacere e creare quel clima d’imbarazzo e tensione che può far rimpiangere persino la

La Parigi che non si dimenticaspiaggetta di Jesolo dove la gente la conosci da una vita, le conversazioni non sono mai troppo impegnative e l’accento più strano in cui puoi imbatterti è quello mestrino. Per fortuna, il “mio” tassista era un uomo simpatico, ebreo con origini tunisine, immigrato in Francia da una ventina d’anni, l’esempio perfetto di come molto spesso, in questa Francia multirazziale e a volte contraddittoria, le differenti culture, lingue, religioni e credenze che nella società e nelle banlieues finiscono per scontrarsi violentemente confluiscono invece in un unico individuo mescolandosi in un’armonia perfetta, portando ognuna un piccolo tassello che si incastra con gli altri formando figure e personalità ricche e mai banali.La mia avventura nella Ville Lumière è cominciata così, come per tutti i turisti, per

poi trasformarsi invece in qualcosa di completamente diverso: alla fine del mese ormai c o n o s c e v o ogni via, ogni negozio del mio quartiere; la sera uscivo per fare la spesa al supermerca to all’angolo, mi fermavo a fare due chiacchiere con il portiere,

mi sentivo a casa. In meno di trenta giorni si era già innescato quello strano, meraviglioso meccanismo che ci aiuta a trasformare un luogo sconosciuto e anonimo in un pezzetto di noi, come quando da bambini piangevamo prima di partire per il campo scout o per la vacanza studio e poi ci ritrovavamo a sperare che l’esperienza potesse non finire mai.La sera prima della partenza l’ ho passata in veranda, chiacchierando con una trentina di ragazzi e ragazze da tutto il mondo che erano diventati i miei compagni di viaggio per quattro intense settimane. Insieme avevamo frequentato i corsi, spiegandoci a vicenda le stranezze dei nostri paesi e delle nostre genti, insieme

eravamo usciti tante sere, un po’ provati dalle giornate intense, ma felici di poter pique-niquer ai piedi della Tour Eiffel o di poter condividere una bottiglia di Beaujolais con i ragazzi della coperta accanto guardando le proiezioni del cinéma en plein air. Insieme avevamo superato i primi giorni in cui non riuscivamo a dire una parola senza consultare il nostro fido Becherelle e le sue provvidenziali coniugazioni, e insieme avevamo poi capito che stavamo costruendo qualcosa che andava ben al di là di costruzioni grammaticali o regole d’accento. Per un attimo le nostre storie si erano incrociate e sovrapposte, donandosi qualcosa a vicenda: è stato proprio questo il fulcro di tutta l’esperienza, questo saper di aver creato una piccola “casa”, seppure temporanea, un rifugio dove ognuno ha potuto migliorare non soltanto il proprio livello di francese ma anche e soprattutto la conoscenza di se stesso, dei propri sogni e del proprio percorso.

Paola Barioli

Chi pensava che i giovani d’oggi fossero, come dire , “spenti” si sbagliava. Chi pensava che contro i mali del nostro secolo non ci fosse un rimedio,beh,forse interpretava in chiave troppo negativa il nostro mondo. Sono una diciottenne, italiana , del sud , e ci tengo a precisare questo particolare non per mera vanità, ma per introdurre un argomento che mi sta molto a cuore : la criminalità organizzata . Questa “crepa” nel nostro tessuto nazionale(presente in particolare nel meridione) esiste da anche troppo tempo e, poco alla volta , ha logorato “alla base” le famiglie , le imprese , le soprattutto intorno alla Campania), in quanto la città di Napoli è diventata di recente un vero e istituzioni , la politica . In Italia questo fenomeno assume vari nomi di regione in regione, ma gli “ingredienti” sono pressoché gli stessi: prepotenza, arroganza, frode, corruzione, violenza e chipiùnehapiùnemetta. Ultimamente si è parlato tanto di camorra (fenomeno che si sviluppa soprattutto intorno alla Campania), in quanto la città di Napoli è diventata di recente un vero e proprio set da film western: sparatorie, omicidi, minacce … Insomma se prima la situazione era difficile da sopportare, ora è insostenibile. Ma qualcosa si sta muovendo, anche se in maniera cauta. I giovani napoletani sono

scesi in piazza per raccontare a tutto il paese, le loro storie: racconti di quartiere, di vite in costante pericolo. Nel servizio de “Le Iene” del 14/11/2006, sono stati intervistati tanti ragazzi, i quali hanno parlato del loro contatto (più o meno diretto) con la camorra e son saltate fuori tante situazioni, all’apparenza banali, ma che dovrebbero indurci a riflettere. In certe zone della città, i giovani in scooter sono obbligati a guidare senza casco affinché possano essere riconosciuti dai “piccoli boss”. Una cosa simile accade in certi paesini siciliani, dove, se sei “forestiero”, controllano la targa della tua auto per capire se puoi essere un infiltrato o figlio di qualcuno che appartiene alle forze dell’ordine! Oppure(sempre in Sicilia) non solo la maggior parte dei negozianti è costretta a pagare il “famoso” pizzo, ma si devono pagare pure i posteggiatori per poter parcheggiare sulle strisce bianche(che non sono a pagamento)! Ebbene non è anche questa una forma di mafia?Direi proprio di si, dato che se non paghi son capaci anche di distruggerti la macchina! Certe situazioni sono proprio assurde. Ma normali. La vera follia è rendere queste assurdità normali. Fortunatamente, anche in Sicilia la mentalità sta cambiando: a Palermo cento negozianti hanno detto “no” al pizzo e oltre 1500

palermitani si sono offerti di dar loro una mano acquistando nei loro negozi…Questo è un grande passo avanti, impensabile fino ad una decina di anni fa. A Napoli sono state organizzate tante conferenze per sensibilizzare la gente e soprattutto i più giovani, che rappresenteranno la Campania , anzi l’Italia del futuro. Accanto a queste azioni collettive vi sono anche azioni individuali, come quella di Roberto Saviano , napoletano ventisettenne, collaboratore dell’ “Espresso” e ricercatore presso l’ Osservatorio sulla Camorra e l’Illegalità. Autore di articoli interessanti concernenti il fenomeno camorristico e di vari libri di successo come “Gomorra” , ha subito varie minacce da parte di boss e clan : a causa di questo suo attivismo ( e coraggio ) adesso si trova sotto protezione della scorta. Una vita segnata, la sua . Tutto questo porta inevitabilmente sconforto, rabbia, delusione. Ma se anche il suo impegno “piccolo ed insignificante” è servito a “smuovere le coscienze” , allora la criminalità organizzata non ha ancora vinto. E non vincerà mai finché ci saranno persone disposte a sacrificare anche “una vita normale e tranquilla” per perseguire un ideale. Non lasciamoli soli!

Federica Salvo

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Sconfinare Dicembre 2006 12De Boca Bona

Marzemino...

Anatra e rognone, il piacere di farsi accompagnare dal Marzemino

“...Versa il vino! Eccellente marzemino!...”

Anatra arrostoIngredienti per 4 persone:un’anatra da circa 1,5 kgdue foglie di allorotre foglie di salviaun rametto di rosmarinosalepepe50g di pancettaquattro cucchiai di olio50g di burroun bicchierino di brandyun mestolo di brodo (anche di dadi)

Sventrate e fiammeggiate l’anatra, poi lavatela, asciugatela bene ed introducetevi le foglie di alloro e di salvia, il rametto di rosmarino, una presa di sale e una di pepe. Avvolgete il petto con le fettine di pancetta e legate bene l’anatra per tenerla in forma durante la cottura. Disponetela in una pirofila, irroratela di olio, cospargetela di burro a fiocchetti, salatela e pepatela ancora e passatela in forno a calore vivace. Quando vedrete che la pelle inizierà a dorarsi, spruzzatela con il brandy e, dopo aver lasciato evaporare quest’ultimo, bagnate l’anatra con il brodo. Continuate la cottura per circa 1 orae 30 minuti, poi togliete le fette di pancetta e lasciate ancora l’anitra in forno per circa 30 minuti, affinché possa dorarsi anche il petto. Acottura ultimata, tagliate a pezzi l’anatra, irroratela con il fondo di cottura e servitela ben calda.

I nostri lettori gradiranno sicuramente l’interessante confronto tra il Marzemino del Trentino e quello di Refrontolo, ma non bisogna dimenticare che questo vino, oltre ad essere buono da gustare, è un gradito accompagnatore di molti piatti. Nello specifico, è il Marzemino del Trentino ad essere accostato frequentemente a piatti, più o meno pregiati, sicuramente impegnativi.Le sue caratteristiche lo rendono ideale da abbinare, oltre che ad alcuni piatti della tradizione trentina, a ricette provenienti da diverse parti d’Italia: dal nodino di vitello ai funghi al risotto con le frattaglie, dalla spalla divitello alle cipolle al pollo ai peperoni. Senza contare che in alcuni casi il Marzemino può essere anche coinvolto nella preparazione stessa della pietanza.Anchestavolta abbiamo pensato di proporvi due ricette, differenti per tempi di preparazione e materia prima, non difficili da eseguire e dalla grande soddisfazione in termini di risultato,e ovviamente unite da una comune passione per il Marzemino. Non ci resta che augurarvi un buon lavoro e soprattutto buona appetito.

Rognone trifolatoIngredienti per 4 persone:

1 rognone di vitello2 cucchiai d’olio d’oliva50g di burro3 cucchiai di Porto o Marsala½cucchiaio di farina2 cucchiaini di prezzemolo tritatosale

Tagliare il rognone in due parti eliminando la parte centrale spugnosa. Affettate i duepezzi di rognone in fettine di circa mezzo cm. Fate scaldare l’olio inun tegame (preferibilmente antiaderente) e, quando sarà ben caldo, unitevi le fettine di rognone mescolando continuamente per un paio di minuti. In un’altra padella fate schiumare il burro e, quando avrà assunto un color nocciola, mettetevi il rognone togliendolo dall’altro tegame. Cospargete con farina le fettine di rognone, mescolando bene in modo che la farina assorba il condimento. Fate cuocere ancora un paio di minuti a fiamma viva, dopodichè spruzzatevi il Porto (o Marsala), salate e aggiungete il prezzemolo. Dopo circa tre minuti, togliete il tutto dal fuoco e servite.

Il nome “Marzemino” sottende una plu-ralità di vini, tutti ottenuti nel Nord Italia a partire dal vitigno omonimo.Le origini di questo sono remote e incerte. La sua storia sembra risalire all’età romana, epoca in cui si ritiene ne sia avvenuta la dif-fusione in Carinzia. Proprio da un villaggio di queste zone (Marzimin) esso sembra aver acquisito il proprio nome. Successivamen-te, la sua presenza si è estesa alla Pianura Padana, al Trentino (portatovi dalle milizie della Repubblica di Venezia), fino ad esse-re apprezzato anche alla corte di Vienna. Oggi, le principali zone di produzione si rintracciano in Trentino, nella Vallagarina, nelle Grave del Friuli, e nel Trevigiano.Quella prodotta nei colli Conegliane-si è una particolare varietà di Marze-mino. Più propriamente, essa è deno-minata “Passito di Refrontolo”; ed è peculiare unicamente della zona di San Pietro di Feletto, Pieve di Soligo, ed ap-punto Refrontolo, rinomata per il Prosecco.Vino dal colore rosso rubino, corposo, e dall’alto contenuto alcolico (generalmente attorno ai 15 gradi) il Marzemino di Re-

frontolo si ottiene dall’uva colta prima della completa maturazione, verso metà settem-bre. Essa è lasciata sui graticci per circa un mese (la durata di questo periodo può però variare con le temperature stagionali e la piovosità, prolungandosi a volte fino a Na-tale). Una volta ottenuta la gradazione ade-guata, i suoi acini sono separati dal raspo e pigiati. Il vino è lasciato fermentare fino in primavera, con travasi mensili per eli-minarne il deposito, e quindi imbottigliato.Il Passito di Refrontolo si distingue dalle al-tre varietà di Marzemino per il gusto intenso, molto dolce, che richiama i frutti di bosco. Ideale per la conversazione, si presta altret-tanto bene ad accompagnare i dolci, come superba conclusione di un pasto. Oltre che da Papi e da Dogi del passato, le sue proprie-tà benefiche sono apprezzate dagli anziani contadini del luogo. Mozart lo ha decantato nel suo Don Giovanni (l’autore del libretto, Lorenzo Da Ponte, era nato infatti in queste zone). A Refrontolo, un monumento ne ce-lebra la bontà. Purtroppo la sua produzione è esigua, poiché la laboriosità del proces-so di lavorazione lo rende meno redditizio

rispetto al Prosecco (che rimane il vino di punta di tutte le cantine della zona).

A. B., M. P., R. T.

...e MarzeminoAnche questo articolo verte sul Marzemino. Questa non è tanto una scelta mossa dalla scarsa fantasia dell’autore o dalla

penuria dei vini su cui si potrebbe amabilmente dissertare, quanto da un preciso intento di mostrare come uno stesso vino possa assumere un carattere molto diverso in base alle zone nelle quali viene prodotto.Come i nostri più assidui lettori ricorderanno, qui non si vuol parlare astrattamente di vivande, ma cogliere il sottile legame tra un prodotto e il luogo, le tradizioni, la gente che immemore ivi abita.Qualche secolo fa, infatti, il Marzemino giunse in Trentino, nelle aree poste sulla riva destra del fiume Adige e, più precisamente, in quelle subcollinari basaltiche o argillose che rispondono al nome di Nomi, Pomaro, Isera e Mori. In Trentino, e in particolar modo nella Vallagarina, questo vitigno ha trovato le condizioni pedologiche e climatiche ideali per sviluppare al

meglio le caratteristiche organolettiche del vino e per fargli così conquistare un posto di grande rilievo nel panorama enologico di questa regione. È proprio per la sua particolare finezza che gli viene attribuito l’appellativo di “gentile”Le uve vengono lasciate macerare per 5-7 giorni con breve contatto con le bucce e poi il vino viene affinato in botti di acciaio inox e talvolta in bottiglia. Il marzemino trentino è un vino rosso rubino brillante, dal profumo delicato ed inteso che ricorda la viola mammola. Il suo sapore secco, armonico, equilibrato e gradevolmente amarognolo lo distingue nettamente dall’omonimo prodotto veneto. Il suo retrogusto fruttato unito alla corposità media lo rende un vino adatto ad accompagnare tutto il pasto. Se il Marzemino di Refrontolo è un vino dolce che si abbina perfettamente con pasticceria e dessert, la sua versione trentina è l’ideale per accompagnare primi piatti a base di sughi di carne, salumi tipici, carni bianche o pollame. Servire a 18°-20°C.

Andrea BonettiMassimo Pieretti

Rodolfo Toè

VINI A CONFRONTO

Mozart, Don Giovanni, libretto di Lorenzo da Ponte

Andrea BonettiMassimo Pieretti

Rodolfo Toè

SCHEDA TECNICA

Uve: Marzemino.Colore: Rosso rubino intenso.Profumo: Gradevole, delicato.

Sapore: Dolce, vellutato, armonico.

Temperatura di servizio: 18-20°CGradazione alcolica: 15°

Provincia di produzione: TrevisoAccostamenti: dessert

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Sconfinare2006 Dicembre 13Relax

Il gioco di Giulia Pizzini

Questa storia inizia alle dieci del mattino. Fiducioso, mi siedo a compilare la domanda Erdisu. Impugno la dichiarazione ISEE. Impiegherò venti minuti. Ne sono certo. Dopotutto sono addestrato. Non è la prima volta che m’accingo alla tenzone. Ho addirittura il mio codice fiscale sotto gli occhi. Insomma: mi sento preparatissimo!Via! Clicco su “inserimento nuova pratica”, e subito metto il nome al posto del cognome. Uhm. Forse non sarà una passeggiata. Correggo e riparto.Secondo problema: numero di matricola. Prima imprecazione: ho lasciato il libretto a Gorizia. Vabbé, c’è lo spazio informatico di ogni studente. Ma un innominato terrore mi fa vacillare. Sarò all’altezza della domanda Erdisu?Termino la prima pagina, quando squilla il telefono.“Pronto?” è B! Anch’egli sta assediando la domanda. Si è imbattuto in una bestia dalla quale non può fuggire, e che mi attende. Bisogna riportare la media dei voti ed il numero di crediti ottenuti. E non si può aggirare. Un po’ come lo stretto di Magellano.Mi chiede se conosco le modalità del calcolo, ed il valore della lode. Ed io, naturalmente, non so nulla. Lo rassicuro: “cerco in internet, poi ti richiamo”.Benissimo, rientro nel sito dell’università.

Il liceo femminile “Santa Caterina da Siena” ha organizzato una festa. È la scuola di T ed E, e non mi è difficile procurarmi un ingresso. Mentre mi reco al bar del parco che ospita la festa rifletto divertito su come solo una scuola femminile possa organizzare la propria festa annuale la sera della prima partita della Nazionale. Arrivato sul posto presento il mio invito ai due culturisti di guardia, e l’organizzatrice mi consegna un buono consumazione. Si chiama S, e ha l’aria tesa di un regista esordiente la sera della prima. I suoi occhi scuri sono gentili, e la sua scollatura sta per esplodere. Interessante. Sorrido a lei e alle sue amiche, ma prima di poter intavolare una conversazione vengo investito da T. Ha un bel vestito nuovo senza spalline, e sta aspettando che arrivi il suo ragazzo. Il suo nuovo ragazzo, G. L’ho incontrato un paio di volte, e per quanto non sia esattamente nelle mie corde è certamente meglio di L. T mi presenta due amiche: I è bassa, paffuta e olivastra, mentre M è alta e atletica, con un viso dai tratti decisi. Carina. Il vestito nero le dona molto. Scambiamo qualche parola, poi muovo verso il vivo del party. Vengo deluso: E non si vede, e la festa sembra avere difficoltà a decollare. Tutti i maschi sono in disparte, a

E da NESSUNA PARTE trovo scritto come ricavare la media. Provo a cercare nel mio profilo informatico. Sorpresa! Non posso entrare: ci sono dei problemi col server. Cominciano a gonfiarmisi le vene della testa. Ma resto ottimista. Scorgo il numero verde per l’orientamento. Numero verde! PUOI CHIEDERE QUALUNQUE COSA! E’ PERFETTO! E’ GRATIS!Naturalmente, è pure occupato. Sono le dieci e mezza. Afferro il cellulare e richiamo un paio di volte, quando…MIRACOLO! C’è una voce! Attacco, perentorio: “Mi chiedevo come…”. Silenzio. LA BATTERIA DEL CELLULARE E’ SCARICA.Prendo il telefono di casa e ricompongo il numero. OCCUPATO. Ho sprecato la mia unica occasione. Possibile che la media sia inconoscibile ai mortali? Forse esistono ancestrali quesiti irrisolvibili all’uomo. Forse davvero la cecità avvolge il nostro destino. Seguono istanti di cupo sconforto. Me la prendo un po’ con tutti quelli che mi circondano. Verso le undici (ALLA FACCIA DEI VENTI MINUTI!) compare mia nonna. Chiede se posso farle la spesa.La risposta è irriproducibile in questa sede.Torno al computer, e ritento col numero verde (per la serie: magari non sa nulla, ma almeno non pago). OCCUPATO. Mi chiedo se Joyce abbia scritto l’Ulisse mentre aspettava al telefono.Mi trastullo immaginando irruzioni alla

Il Grande Gioco 2

Storie di ordinaria burocraziaTarantino nell’università di Trieste, quando B mi richiama. E’ RIUSCITO A PARLARE CON L’OPERATORE DEL NUMERO VERDE! Lo ascolto con l’espressione di chi vede un pezzo della vera croce. Il mio salvatore mi dice: 1) che NON SERVE LA MEDIA, la calcolano “loro” (…del tutto logico! A che servono gli spazi di un questionario? Mica bisogna riempirli!). 2) che – tenetevi forte – COMUNQUE NON SI SA QUANTO VALGA UNA LODE.Per un paio di minuti imprechiamo entrambi contro la burocrazia. Precisamente, mi sa che imprecavo solo io. A quel punto però la domanda è cosa fatta. O no?Inserisco le cifre degli indicatori. DIAMINE, NON CI VANNO I SEPARATORI DELLE MIGLIAIA!Cambio i numeri, schiaccio “avanti”. Ma il computer NON VA AVANTI. Infuriato, clicco ad una velocità di “clic al secondo” tendente a +∞. E riappare la schermata iniziale. INSERIMENTO NUOVA DOMANDA ONLINE.Mi viene da piangere. A quel punto non resta che ricominciare il calvario. Termino verso mezzogiorno. Riesco ad inviare la pratica. Avrei potuto ubriacarmi per festeggiare.Ma qui scopro una novità (per me, almeno, che ho memoria cortissima). La domanda va stampata, ed inviata con raccomandata. E’ così logico! Anch’io mi faccio spedire le cartoline prima

guardare la partita su un maxischermo, mentre le ragazze ciarlano a gruppetti. In un angolo un DJ pastrocchia pessima musica. Di colpo mi rendo conto di aver fatto un grottesco errore di valutazione: non ho calcolato che T ha due anni meno di me, e che è stata bocciata due volte. L’età media di questa festa è sedici anni. Di colpo mi sento vecchio. La prima ora passa senza sussulti, mentre sorseggio la mia Pepsi e violo continuamente la regola dei tre secondi*. L’evento più rilevante della successiva mezz’ora è costituito da L che si presenta alla porta in piena crisi di gelosia da ex possessivo. I muscolosi non lo fanno entrare, ma T diventa dolorosamente consapevole dell’enorme ritardo di G. A quel punto il DJ inizia a mettere sul piatto canzoni sopportabili, e lentamente si inizia a ballare. Gestisco male la cosa, ovviamente. Mai stato un buon ballerino, e le sottigliezze del rimorchio su pista da ballo mi sono aliene. Dopo aver ballonzolato senza scopo per una decina di minuti decido che è ora di una sigaretta. Esco dal bar e trovo T in lacrime. Non c’è che dire, ha un vero dono per trovare il ragazzo sbagliato. La consolo

via mail quando i miei amici vanno in vacanza!Rassegnato, clicco su “stampa”. Il computer non stampa. Compare una schermata vuota. Il documento non viene inviato alla stampante.A quel punto mi metto a piagnucolare. Chiamo in causa la modernità, il progresso, la tecnologia, la lode-che-non-so-quanto-vale, la media che non serve, la stampante che non stampa, il computer che non computa, internet che non internetta, il libretto che è rimasto a Gorizia, la spesa che non ho fatto, il cellulare che mi è morto, abbandono tutto e metto su un po’ di musica.Che fare? Telefono a pà. “Ciao pà, ho un problema con la pratica Erdisu, se ti do i dati puoi stamparla tu in ufficio?”. Acconsente. Aspetto un attimo. E’ FATTA! ABEMUS DOMANDA!Mi metto a urlare saltellando in salotto. In preda ad una crisi di convulsioni, mi accascio al pavimento. Ho la bava alla bocca. Sto delirando. Mia nonna chiama il CSM. Mi portano via mentre sto ancora esultando e li scambio per angeli.Se questa storia ha una morale, è più o meno questa: lo sapete che un chirurgo impiega meno tempo a mettere un pacemaker di quanto ce ne vuole per compilare la domanda Erdisu?

Rodolfo Toè

al meglio delle mie possibilità, le offro un tiro, e in quel momento parte “Hot Stuff”. Mercuriale come sempre, T si illumina in volto e schizza sulla pista. La inseguo, per accertarmi che non faccia sciocchezze e per riprendermi la sigaretta. La pista è più popolata, ora, e T inizia a flirtare con quattro ragazzi insieme. Ballo con lei, la maggior parte del tempo. So che il suo è solo un gioco, per prendersi una piccola rivincita sul suo ragazzo ritardatario, ma non voglio correre rischi. Da come balla, pochi capirebbero che sta giocando. Cerco anche di ballare con qualche ragazza, ma non sembro riuscire a stabilire un contatto. Dopo qualche minuto mi rendo conto che sto venendo evitato: le ragazze fuggono da me. Ho vent’anni, i peli sul petto, gli occhi affamati. Logico che le spavento. Due bimbette alte si e no un metro e quarantacinque mi si avvicinano, una delle due trascina l’altra. La vittima mi chiede quanti anni ho. Rispondo la verità, e le vedo fuggire un istante dopo. Mi fanno tenerezza, e mi sento ancora più vecchio. Aspetto la fine della canzone e poi siedo a riposare le mie vecchie ossa. Sono accanto ad M e I, e le ascolto parlare. M parla delle poesie

macabre che scriveva alle medie e della voglia che ha di picchiare qualcuno. Sembra che abbia un delizioso lato oscuro, non troppo profondo, ma coltivato con cura sufficiente da rendere interessante una ragazza che fa venticinque ore a settimana di danza. Vorrei conoscerla meglio, ma non stasera, non dopo essere stato rifuggito da ogni ragazza presente. Ci sono cose più importanti del mio non battere chiodo: T è in crisi nera. È uscita di nuovo nel cortile, e sta piangendo. Io ed M la abbracciamo e le diciamo di non preoccuparsi. Mezz’ora dopo la partita è finita e G. si degna di arrivare. Osservo sconsolato il teatrino dell’incomunicabilità che ne segue e mi accendo un’altra sigaretta. T si fa venire a prendere da sua madre, io approfitto del passaggio e poco prima di arrivare a casa scopro che M, che contavo di rivedere, è una quindicenne. Serata persa, senza speranza.

Luca Nicolai

*una volta stabilito contatto visivo con una ragazza, bisogna andare a parlarci entro tre secondi, per non perdere il coraggio e non passare per un maniaco.

Le correzioni:Trova le sette differenze tra le due foto.Buon divertimento!!!

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SconfinareGo and Go

2006 DecemberIII

Gorica se pripravlja na sprejem tri-desetih mladih Estoncev, Bolgarov, Avstrijcev, Slovenev, Madžarov ter Italijanov, ki jih veže želja po rušenju zidov med narodi in državami; pri-pravljeni so presentiti tiste, ki mislijo, da je Evropska Unija koristna (ali škodljiva) izključno za ekonomski si-stem in dokazati, da je človek lahko obenem ponosen na svoje korenine ter odprt svetu in njegovim novostim. K nam bodo prispeli 3. januarja in bodo teden dni preživeli v strukturi Karita-sa, ki deluje v ulici Vittorio Veneto. Glavni pobudnik ter organizator je združenje Diagonalpeadria (v glavnem študentje 2. letnika SID-a), ki so kot glavno temo izbrali moto: meja, kot vsakdanja stvarnost mladine. S svežim in jedernatim naslovom JUMPING IN EUROPE bodo razpavljali o spre-membah, ki jih bodo doživele bodoče države članice EU. Teden bo potekal v znamenju iger, debat, simpozijev, prijetnih obiskov ter srečanj z odgo-vornimi ISIG-a. Cilj je vzpostaviti glo-boke odnose med mladimi gosti, saj je to tudi glavni namen Komisije EU, ki podpira tovrstne projekte med mladimi Evropejci. Pobuda se bo odvijala, prvič v Gorici, v sklopu mladinskega progra-ma “Programma Gioventù”, ki je akti-ven že deset let, glavno zaslugo pa nosi program za kooperacijo med mejami (prisoten le v Furlaniji Julijski krajini in Venetu), ki vse skupaj finančno po-dpira s prispevki, ki jih navadno po-sveti tržnim namenom. To je gotovo najboljši dokaz, da se EU ni treba bati in podčrtuje občuteno potrebo vseh gene-racij po socialni in kulturni integraciji.

Arianna OliveroPrevod Eva Stepančič

KOREJA IN JEDRSKO VPRAŠANJE

Ko Gre Evropa Skozi Gorico

Redki bi bili sposobni razpravlja-ti o ureditvi sovjetskega režima v letu 1956.Šibka demokratizacija pod krinko destalinizacije je bila takrat le navidezna; vzpon Nikite Krusčeva, kritično stanje Poljske ter Madžarske-spletke totalitarizma, ki še danes skuša, kljub formalnim spre-membam, potegniti račun v svoj prid.V tistih letih je bil za Rai iz Mo-skve korespondent Demetrio Volčic.

Njegov glas je takrat odmeval v ra-dijskih oddajah in se danes ponov-no vrača v knjigi “1956-Krusčev contro Stalin” (Krusčev proti Stali-nu), v kateri so zapopadene njego-ve radijske reportaže. Knjiga naj bi bila v glavnem neke vrste “jeziko-vno navodilo”, kako improvizira-ne besede zapisati črno na belo; ni pa golo pripovedovanje, marveč življenjska preizkušnja obogate-na z anekdotami in radovednostmi enega glavnih goriških kulturnikov.Predstavitev, ki je potekala v prosto-rih goriškega Pokrajinskega Sveta,se je prepletala med utrinki iz preteklo-sti in današnjimi dogodki. Razpra-vljalo se je o zapletenih zvezah med demokracijo ter totalitarizmom, če je zaščita naroda, ki ga država zlo-rablja, res dolžnost zunanjih moči, o javni brezbrižnosti in cinizmu; Volčič pa se izredno diplomatsko iz-mika tovrstnim vprašanjem. Težko pa se je brzdal, ko je potekal govor

o vseh-še ne kaznovanih-zločinih na Kitajski in v Rusiji. Nadalje-valo se je v znamenju Evropske Unije; kako se je treba obnašati do držav, ki so se komaj rešile lju-dske demokracije? Avtorju pa je le uspelo izogniti se opredelitvi pri tako pekoči tematiki. Raje se je vezal na zgodovino, tisto, ,ki se je zapečatena.Tisto, ki jo lahko le še pripovedujemo v upanju, da nas nihče ne oporeka, ki je navidez-no objektivna..zgodovino mrtvih.Volčič pa se tudi navezoval na dejstvo, da vprašanja , na katera skušamo dnevno dobiti odgovor pa ostajajo nespremenjena: pre-teklost in sedanjost se prepletata v spomin, ki se popolnoma prilagodi današnjemu času. Aktualna situa-cija se popolnoma prilagodi pre-tekli.Nauki nimajo zapadlosti, pra-vi Volčič,le človek se ne spreminja.

Rodolfo ToèPrevod Eva Stepančič

VOLČIČEV 56’ MED STALINOM IN KRUSČEVIM

Profesorja Georga Meyra, docenta zgodovine mendnarodnih odnosov na fakulteti Mednarodnih in diplomatskih ved, smo povprašali za mnenje

ki niso imele nikakršnih načrtov, da bi to postale, so se tega izogibale. Kdor se je skušal oskrbeti z jedrskim orožjem ,mu je nedvomno spelo, saj smo namreč vstopili v dobo novega in zanesljivega širjenja atomske oborožitve. Danes številne države, ki tega seveda ne jasno ne povedo, verjetno posedujejo atomsko orožje.Nal lahko izrazite svoje mnenje glede nedavnih jedrskih poskusov v Severni Koreji: kakšne politične učinke so povero na mednarodni ravni? Kateri je bil konkreten cilj Koreje? Jasno je, da mednarodna politična scena te poskuse občuti z nekoliko bojazni, v primerjavi s tistimi v demokratičnih državah. saj gre tu za obliko diktature. Mislim, da Severna Koreja resnično sploh ne namerava nepremišljeno uporabiti atomskega orožja, je nelogično. Govorimo o državi, ki se je znašla v skrajni ekonomski krizi, zato bo skušala pridobiti mednarodno podporo/pomoč za svojo pripravljenost k razoborožitvi. Čeprav se je vse to odvijalo brez groženj in krize, ne

smemo pozabiti, da so nekatere države nekdanje SZ svoje jedrsko orožje uporabile kot sredstvo za izmenjavo v zameno za ekonomsko pomoč. Nedvomno je res, da so sosednje velesile zaskrbljene nad S. Korejo, vendar se zavedajo, da ni neposrednen nevarnosti. Japonska vlada je nedavno izjavila, da ne izključuje možnosti nabave jedrskega orožja za obrambene namene: kaj menite o tem?Japonska bi, s tehnološkega vidima, zlahka izdelala ali si pridobila jedrsko orožje za obrambo, in mislim, da se temu mednarodne politične sile ne bi zoperstavile. Toda prepričan sem, da imajo te izjave zgolj zastraševalno funkcijo proti njej bližnji državi kot je Koreja, nosilki starih zamer zaradi

vsiljenega japonskega Protektorata v obdobju 1910-1945. Ta pomemben/ težek znak opozarja na nemirni in destabilizacijski položaj:če država, ki je edina v resnici doživela atomski napad in je vedno nadvse zaničevala ta sektor, premišljuje o atomskem orožju, pomeni, da obstajajo

napetosti, ki se jih ne gre podcenjevati. Katere države so v dobrih/boljših odnosih s Korejo? Katero vlogo bi lahko prevzele s Korejo v zvezi s to tematico? Edina država, ki z vso težo lahko

vpliva/ pogojuje Korejo, je Kitajska. Najprej zaradi očitne geografske bližine ( ločuje ju le reka Yalu). Drugič pa, ker naglo postaja ogromna gospodarska velesila in končno ker na videz predstavlja še nekaj komunizma, čeprav vsi vemo, da to še zdaleč ni. Mislim tudi, da ima Kitajska priliv vseh glavnih korejskih zalog, je torej edina, ki lahko usmerja korejsko politiko. Če bo zahodni svet

pametno ravnal s Kitajsko, bo ona verjetno postala naravni nadzornik severnokorejskega območja.

Monica MuggiaAthena Tomasini

Prevod Eva Stepančič

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December 2006 IISconfinareGo & Go

Goriški župan Vittorio Brancati, pripadnik stranke »Marjetica», ki se pripravlja na naslednje občinske volitve, nam je razložil, kako misli kljubovati in se pripraviti na ta boj. Močnejši zaradi zmage evropeista Brulca, a šibkejši zaradi notranjih nesporazumov.Gospod župan, po vašem mnenju, v mestu kot je Gorica, koliko je pomembno pripadati k določenim političnim strankam? Kako pomememben pa je lahko direktni stik med županom in prebivalci?Čeprav politična pripadnost igra svojo vlogo in ne gre zanemariti njene pomembnosti, gotovo pa je, da je pri tem odnos med prebivalci in županom važnejši. Seveda to pomeni ugled in obenem predstavlja določene dolžnosti: v nekem pogledu si nagrajen s tem da lahko odgovarjaš na to, kar te ljudje sprašujejo, po drugi strani pa si neposredno odgovoren do njih.Zgleda, da je vaša stranka postala vir nesporazumov in delitev namesto da bi si bila enotna in predstavljala ideološko središče. Kako ste si zamislili, da bi lahko prišli do rešitve notranjih nesporazumevanj? Naš cilj je ponovna pridobitev večjega dela «Marjetice», čeprav bo težko pridobiti nazaj vse bivše pripadnike. Strmel bom v dograditev naše enotnosti, čeprav, vsaj tako se pravi, pri poroki treba biti v dveh. Strmenje k enotnostni ne more biti enostransko, da lahko dosežemo določene rezultate, prav zaradi tega bi si želel večje sodelovanje drugih oseb, ki so s tem povezane.

Kaj pa nam lahko poveste o načinu izbire kandidatov za župana?Stvar ni v tem, da se postavim pod vprašaj. To sem že počel pred štirimi leti, ko sem odstopil vlogo podpredsednika pokrajine, da bi se lahko udeležil volitev in tako pridobil kandidaturo za ta mandat. Če prebivalci mesta me še vedno želijo kot župana, imajo možnost da me ponovno direktno izvolijo, saj ni treba iti skozi celo proceduro (t.z. «primarie»), ker sem že župan in se samo ponovno kandidiram. Velja pa tudi določitev strank DS in Marjetica, da ni treba izpeljati t.z primarie v slučaju da je kandidat že župan.Kar se tiče političnih sporočil: v Novi Gorici Brulc je zmagal, čeprav so ga močno kritizirali zaradi svoje čezmejne politike. Vi, kakšno prednost ji mislite dati in katere odgovore mislite da boste na to dobili?Brulc in jaz sva si na istem: njega obtožujejo da je prodal Novo Gorico Italijanom in mene so kritizirali, da sem prodal Gorico Slovencem. Zato upam, da je bila njegova zmaga sadež soglašanja občanov s čezmejno politiko. Ni toliko stvar levice ali desnice, temveč

nuditi vsem iste možnosti za razvoj po istih poteh: na kulturno-zgodovinskem območju in na ekonomskem. Glede prvega bi bilo nujno strmeti k pridobitvi tiste zgodovinske vloge, ki je dolgo imelo to ozemlje, ko je predstavljalo center dialoga med raznimi ljudstvi, na drugi plati pa s padcem meje se je spremenil tudi naš položaj: prej smo bili ob robu naših držav, zdaj pa smo v središču Evrope. To je zelo pomembna

vloga in moramo izkoristiti to priložnost, tako da naredimo nekaj pomembnega za našo ozemlje. Dal vam bom kak primer. Našo ozemlje ima mnoga naravna in kulturna bogastva, ki so razširjena na obeh straneh, prav zaradi tega bi morali strmeti k skupnim ciljem, med temi potenciranje turizma. Konkretno vam povem, da smo se že sporazumeli s šempetrsko občino s ciljem, da olajšamo promet, ki bo preusmerjen iz novega komercialnega centra na ulici Tretje Armade na slovensko avtocesto, saj bo

Slovenija čez leto dni vstopila v Šengen in to bo v vse večji meri olajšalo prehod ljudi in blaga.Projekt napreduje in edino, kar se bojim je to, da bi zmaga desnosredinskih strank pripeljala do ponovnega nasprotja in mrzenja.Vrnimo se zopet na temo kulture. Koliko je govora o univerzi v politični kampaniji?Mnogo, ker to je ena izmed

najpomembnejših vsebin našega programa in kar se mene tiče, sem se za to vedno potegoval.Zakaj pa se nam zdi, da je neka ločitev med univerzo in mestom?

Treba je razlikovati med ustanovami in prebivalci mesta. Univerza je bila zadnja velika izbira in to v 80tih letih, s katero se je poskušalo rešiti težavni gospodarski položaj in omogociti razvoj mesta. Za ta projekt so bili nakazani milijoni Evrov, a univerza predstavlja projekt, ki mora živeti in se soočati z mestno realnostjo, čeprav sožitje ni vedno lahko. Razumem, da nekatere prebivalce lahko motijo gneče v bližini gledališča Verdi ob koncu tedna, a treba je priznati, da je pozitivno, če mesto privlačuje toliko mladih. Po drugi strani bi morali tudi univerzitetni študentje prisostvovati mnogim kulturnim dejavnostim, ki potekajo v mestu z namenom, da se stiki izboljšajo.Za zaključek, kaj bi povedali glede spora s predstavnikom naše univerze profesorjem Gabassijem?Bil sem proti izvolitvi dr. Gabassi kot člana «Consiglio Fondazione Cassa di Risparmio» predvsem iz principa korektnosti. Seveda nisem sam odločal in s tem zaključil vso zadevo kot tudi vse osebne stike z dr. Gabassi.

Davide Lessi Emmanuel Dalle Mulle

Prevedel Samuele Zeriali

Najprej meja zdaj pa središče Evrope

med sedanjim in prejšnjim mandatom. Odločitev prebivalcev Nove Gorice je bila jasna. Brulc je premagal Špacapana za kar 2200 glasov oziroma z 58% prednosti.Ko je Vittorio Brancati izvedel za zmago Brulca, se je hitro razveselil. Razložil je, kako je vedno tesno sodeloval z Brulcem. Vsekakor, čeprav ni hotel izraziti svojega mnenja glede razlogov ki so privedli do zmage, je hipotiziral, da je k temu morda pripomoglo navdušje slovenskega volišča do sodelovanja med občinama. Brancati se tudi pripravlja na volitve, za katere niso še popolnoma odločene kandidature,vsekakor so na vrsti nekateri problemi v katere se mora župan zamisliti.Tako, medtem ko se v Novi Gorici slavi, se v Gorici zavihajo rokavi in se pripravlja na delo.Preiskava, ki jo je izvedla italijanska agencija IRP Marketing in je bila objavljena v ekonomskem dnevniku «Il

Sole 24 Ore» nam jasno pokaže, da bi Brancati, če bi volitve potekale v mesecu novembru dobil samo 47% glasov in tako ne bi bil ponovnoma izvoljen. Vsekakor kot vemo, preiskave in ankete ne predstavljajo vedno realnosti, vseeno pa sta dva elementa, ki sta vredna analize. Najprej, če primerjamo letošnje podatke s tistimi iz leta 2002 vidimo, da je Brancati izgubil kar 3% glasov in dandanes ne bi bil izvoljen. Po drugi strani pa je od leta 2004, ko je ista agencija izvedela isto preiskavo, Brancati pridobil kar 7% glasov.V takem negotovem scenariju bi bila politična enotnost neobhodno potrebna. Zgleda, da je levica to razumela, a dejansko ji ne uspe priti do enotnosti in združitve, saj se notranje delitve v «Marjetici» (Brancati pripada k tej stranki) niso še odstranile in izbrisale. Do delitve je prišlo, ko je župan približno

proti polovici mandata odstranil dva svetnika, ker se je bal, da bi se lahko vodstvo nagnilo k desnici. Stranka se je tako razdelila na dve skupini, prva nasprotuje sedanjemu županu, druga pa mu je ob strani. Obe strani hočejo enotnost, tudi ker leta 2002 so skupaj zmagali le za 26 glasov, a ne morejo se zmeniti. Primer tega spora je bila polemika za izbiro kandidatov. Prva skupina trdi, da so volitve za izbiro kandidatov izredno pomembne in to tudi, ker je nacionalni predstavnik «Marjetice» Rutelli, opomnil, da je pošteno, če prebivalci mesta lahko izberejo kandidate, ki bi se potegovali za mesto župana. Prav gotovo bo januarja prišlo do odstranitve razpok, medtem časom pa bi si moral Brancati pridobiti naklonjenost vseh levičarskih strank, saj bi lahko razpoke levice pripomogle k okrepitvi desničarskih strank.

Poleg nesporazumov bi bilo nujno razmisliti o problemih mesta samega in pri tem iskati rešitve. Najprej glede javnih del, v korist občanov, zaradi katerih je bila občina kritizirana, ker potekajo zelo počasi: 8 gradbišč, ki so bila v programu leta 2006 morajo komaj začeti, in med te spadajo dela na Travniku. Drugi problem predstavlaj občinsko podjetje Iris, katerega ima goriška občina kar 32% delnic. Podjetje pa je v obdobju dveh let na izgubi za kar 2,6 milijona Evrov. Pa še nejevolje lokalnih umetnikov, ki menijo da jih občinska uprava ne dovolj valorizira.Volitve se bližajo in pripadniki levice bi morali čim prej razumeti, da bi bilo treba najprej rešiti notranje nesporazume in probleme mesta, če hočejo ponovno nazdraviti zmago z županom Mirkom Brulcem.

Emmanuel Dalle Mulle Prevedel Samuele Zeriali

Od zmage prvega do problemov drugegaB&B, Brulc in Brancati

nadaljuje se s prve

Page 16: Sconfinare numero 4 - Dicembre 2006

Uvodnik

Rubrika Go and GoKo Gre Evropa Skozi

BREZPLNCA ŠTEVILKA Številka 3 - December 2006

na strani III na strani II

[email protected] Urednica Casopisa: Annalisa http://sconfinare.awardspace.biz/

Strani IIStrani III

B&B, Brulc in Brancati

Najprej meja zdaj pa

središče Evrope

SLOVENSKA IZDAJA

Lokalna politika je glavni predmet tokratne številke revije Sconfinare. Še nekaj mesecev in bodo na vrsti volitive za pre-novo občinske uprave in Gorica kar kipi: na eni strani začetek javnih del, kar vedno zaznamuje zadnje mesece raznih občinskih uprav in ki so spremenila Gorico v eno samo veliko gradbišče in na drugi pa razprave o možnem kandidatu za mesto župana. Bo to sedanji župan Vittorio Bran-cati? Pri vsem tem ne gre poza-biti čezmejne problematike in dejstva, da so pred kratkim po-tekale volitve tudi v Novi Gori-ci, na katerih je ponovno zma-gal župan Mirko Brulc. Ali bo to pomenilo uresničitev raznih čezmejnih projektov, ki so jih začrtala prav Brulc in Brancati? Bo Brulceva zmaga vplivala na izid volitev v Gorici? Prav zara-di tega smo posvetili to številko naše revije politični analizi do-gajanj v Gorici in Novi Gori-ci in intervijuju župana Bran-catija in seveda pri tem nismo pozabili na problematike naše univerze in njenega razvoja.

Annalisa TurelPrevedel Samuele Zriali

Od zmage prvega do problemov drugega

B&B kot Go&Go, Brulc in Brancati kot Nova Gorica in Gorica. To sta dve realnosti stalno v stiku in v stalni primerjavi; dva župana v dveh različnih političnih položajih. Po zmagi Brulca je nujno opazovati probleme Brancatija.Novogoriški župan Mirko Brulc je komaj zmagal volitve in ostane na čelu svojega mesta. Predstavnik socialdemokratov je 12. novembra v drugem krogu premagal Črtomira Špacapana pripadnika liberalsocialistične stranke. Bil je to notranji dvoboj med pripadniki levice,

izpadlo pa je, da je na teh volitvah zaigrala odločilno vlogo desnica. Res je, da prav malo pred začetkom drugega kroga je SD dosegla sporazum z desnosredinsko stranko in to je gotovo pripomoglo k zmagi Brulčeve stranke. Brulc in Špacapan sta se že spopadla leta 2002, ko je bil Špacapan tisti, ki je moral braniti mesto župana. Tedaj ga je Brulc premagal za samo 400 glasov. Tokrat pa je bilo prav obratno, saj je moral Brulc braniti svoj sedež. Bil je boj med županom in bivšim županom,

VOLČIČEV 56’ MED STALINOM

IN KRUSČEVIM

Nam lahko na kratko obrazložite vsebino ’Sporazuma o neširjenju atomske oborožitve’, ki je v veljavi od leta 1970? Kakšno učinkovitost je imela v letih? Konec šestdesetih let je marsikdo menil, predvsem zaradi srednjevzhodne krize iz leta 1967, da je obstajala resnična nevarnost širjenja atomske oborožitve s strani velesil, zmagovalk druge svetovne vojne. Zato je bil sklenjen sporazum, podpisan leta 1968, s katerim so se podpisniki obvezali, da ne bodo prenašali in prejemali tehnologije in materiala, ki je primeren za izdelavo atomskega orožja. Treba pa je upoštevati naprej naslednje: prvič, težko je določiti mejo med civilno jedrsko energijo (jedrske elektrarne, sredstva javnega prevoza) in jedrsko energijo za vojaško uporabo. Ko je človek sposoben pravilno upravljati jedrsko elektrarno, lahko brez težav izdela atomsko bombo. Drugič, sporazum želi, čeprav tega ne izrecno izraža, ustaviti preveč samosotojno atomsko delovanje Kitajske in Francije, ki sta se prav v tistem obodobju oddaljili prva od Sovjetske Zveze, druga od zveze Nato. Mislim, da sporazum ni dosti učinkoval, kajti države – atomske sile, so kot take ostale, države pa,

KOREJA IN JEDRSKO

VPRAŠANJE