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workshop di archeologia classica

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worksh o pdi archeologia classica

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Periodico annuale

Direttore

Andrea Carandini · Emanuele Greco

Comitato scientifico

Clementina Panella (segretaria), Marcello Barbanera,Ida Baldassarre, Gilda Bartoloni, Giorgio Bejor,Jacopo Bonetto, Franco Cambi, Mariette de Vos,

Eugenia Equini-Schneider, Henry Hurst, Simon Keay,Nota Kourou, Eugenio La Rocca,

Enzo Lippolis, Alexander Mazarakis-Aenian,Dieter Mertens, Catherine Morgan, Luisa Musso,Jacopo Ortalli, Helen Patterson, Carlo Pavolini,

Fabrizio Pesando, Angela Pontrandolfo,Daniela Scagliarini, Alain Schnapp,

Stefano Tortorella, Andrew Wallace-Hadrill,Mark Wilson-Jones, Patrizio Pensabene,

Renato Peroni, Lucia Saguì, Edoardo Tortorici,Monika Verzar, Giulio Volpe

Redazione

Emanuele Papi (segretario), Paolo Carafa, Fausto Longo

Segreteria di redazione

Maria Teresa D’Alessio (segretaria),Dunia Filippi, Annalisa Polosa

*

«Workshop di Archeologia Classica» is a Peer-Reviewed Journal.

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workshopdi archeologia classica

Paesaggi, costruzioni, reperti

Annuario internazionalediretto da Andrea Carandini

e Emanuele Greco

6 · 2009

pisa · romafabrizio serra editore

mmix

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Amministrazione e abbonamentiFabrizio Serra editore®

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Autorizzazione del Tribunale di Pisa n. 15 del 15 settembre 2004Direttore responsabile: Fabrizio Serra

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SOMMARIO

Rosario Maria Anzalone, Gestione delle risorse idriche e depositi di consacra-zione di cisterne: il caso di Himera 9

Marcello Barbanera, Dikaios eros? 53Luigi Finocchietti, Il distretto tarantino in età greca 65Giada Fatucci, La Curia Iulia. Una proposta di ricostruzione 113Fabiola Fraioli, Domus tardo-repubblicane di Roma tra Velia e Carinae 123Daniela Bruno, Una basilica sul portico delle Danaidi 137Maria Cristina Capanna, Il complesso severiano del Quirinale 157

recensioni

Alexandre Grandazzi, Alba Longa, Histoire d’une legende (befar 2009) (MarcoPacciarelli) 165

discussioni

Timothy Peter Wiseman, A Historian of a certain English type 175Fausto Longo, Ricercatore universitario? No, professore a basso costo pre-pensiona-

bile. Riflessione sullo stato giuridico dei ricercatori 179Marcello Barbanera, Cronache da un altro mondo (dal nuovo) 195

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RICERCATORE UNIVERSITARIO?NO, PROFESSORE A BASSO COSTO

PRE-PENSIONABILE*riflessione sullo stato giuridico dei ricercatori

Fausto Longo**

uanta confusione regna all’interno e all’esterno del mondo universitario sullafigura del ricercatore istituita dal dpr 382 del 19801 che ne definiva i compiti in

maniera molto netta. Al ricercatore si chiedeva di contribuire allo sviluppo della ricerca scientifica universitaria assolvendo a compiti didattici integrativi dei corsi diinsegnamento ufficiali. L’attività didattica del ricercatore era in sostanza limitata alleintegrazioni dei corsi curriculari, alle esercitazioni e alla sperimentazione di nuove modalità di insegnamento. Il ricercatore, sulla base di questa legge, poteva inoltre partecipare agli esami di profitto solo come cultore della materia e seguire le tesi dilaurea, ma non gli era consentito di partecipare alle discussioni in qualità di relatore.

L’introduzione di questa figura, del tutto nuova nel panorama universitario inter-nazionale (e lo è tuttora), forse, almeno nelle intenzioni del legislatore, avrebbe do-vuto costituire il cardine dell’innovazione, ma di fatto finì solo per siglare una sepa-razione inconcepibile nel mondo accademico tra ricerca e didattica, una separazioneche ben presto avrebbe mostrato limiti sostanziali. D’altra parte tutti sappiamo comedidattica e ricerca siano strettamente correlate dal momento che quest’ultima è allabase della trasmissione del sapere; allo stesso tempo la didattica, quella che fa leva sull’interazione con gli studenti, consente di stimolare e far progredire la ricerca.

Sin dal 1980, in effetti, i ricercatori non si sono mai dedicati solo alle attività di ricerca, così come avviene nel caso di alcuni istituti o centri di studio, ma sono statiampiamente inseriti dai propri docenti di riferimento, vale a dire i professori titolaridella cattedra, nella didattica, seppure non in maniera ufficiale. Gli specialismi dei singoli ricercatori spesso si prestavano ad integrare i corsi monografici delle vecchie

* L’idea di scrivere questo articolo nasce dalle discussioni e dalle riflessioni maturate insieme agli amicie colleghi del Coordinamento dell’Università di Salerno; in particolare ringrazio Libero Sesti Osséo, Giu-seppe Caputo, Francesca Dell’Acqua e Stefano Grazzini per aver letto e discusso con me il testo.

** Ricercatore dal 2004 della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Salerno (Coordinamento diAteneo).

1 Oltre a definire il ruolo del ricercatore questa legge consentì, attraverso un giudizio di idoneità, ai pro-fessori incaricati stabilizzati, assistenti e tecnici laureati, che erano stati reclutati in gran fretta e senzaun’adeguata selezione dopo il decreto Malfatti – D.L. 580/1973 –, di essere inquadrati nel ruolo di professo-ri associati, mentre ai contrattisti e agli assegnisti nel ruolo di ricercatore. Come sottolineato da F. Sylos eS. Zapperi, Lo tsunami dell’università italiana, in www.lavoce.info del 23 gennaio 2006, l’invecchiamento deidocenti universitari italiani è il risultato della 382/1980 e più in generale della politica universitaria effettua-ta negli anni ’70 quando si diede avvio alla liberalizzazione degli accessi alle facoltà introdotta nel 1969. Suquesti aspetti rinvio all’articolo di L. Sesto Osséo, Da onda a onda: la crisi dell’università, in Materiali 2, 2009,in corso di stampa.

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lauree quadriennali con un efficace risultato anche sulla didattica; peccato però chespesso non si trattava di semplici esercitazioni o di sperimentazione di nuove modalità diinsegnamento, ma di vere e proprie sostituzioni, parziali o anche integrali, del profes-sore titolare della cattedra.

A distanza di dieci anni dalla legge 382 il ruolo del ricercatore fu leggermente ride-finito dalla riforma Mattarella (Legge 341/1990, art. 12) che da questo momento in poipermetteva ai ricercatori confermati, ma solo con il loro consenso, di ottenere in affida-mento supplenze di corsi e moduli che tuttavia non avrebbero dovuto dare diritto adalcuna riserva di posti a concorso. La legge consentiva inoltre ai ricercatori di esserecomponenti nelle commissioni di esame di profitto e relatori di tesi di laurea al paridei professori di i e di ii fascia.

Negli anni ’90 il mondo dell’università cominciava ad acquisire maggiore consape-volezza dei problemi della società e cercava di aprirsi alle esigenze del mondo del la-voro aumentando e diversificando la qualità dell’offerta formativa. In questa fase i ri-cercatori, ai quali veniva evidentemente riconosciuta una certa capacità innovativa eduna grande professionalità, cominciano ad essere coinvolti nella didattica. Questocoinvolgimento aumentò ulteriormente dopo l’introduzione della riforma Berlin-guer (Legge 210/1998) che sanciva la suddivisione del vecchio corso di laurea in uncorso di base di primo livello e in un corso specialistico di secondo livello (il cosiddetto3 + 2).1 L’ampliamento dell’offerta formativa determinò, come conseguenza, l’aper-tura di nuovi corsi di laurea,2 quelli della specialistica – oggi magistrale –, con il ri-sultato di un quasi totale ‘utilizzo’ dei ricercatori nelle attività didattiche per far fron-te ai nuovi insegnamenti.

L’impiego non più saltuario dei ricercatori nelle attività didattiche fondamentaliportò lentamente alla ‘scomparsa’ della figura definita dalla legge del 1980. Alle uni-versità tutto sommato questa situazione risultava alquanto comoda perché rendevapossibile la moltiplicazione dei corsi di laurea mediante l’utilizzo di ricercatori comeprofessori a basso costo o di docenti a contratto come professori a bassissimo costo. Tutta-via il ricercatore a tempo indeterminato, restando fermo l’obbligo di contribuire allaricerca scientifica e lo stipendio equiparato alle sue originarie funzioni, nell’ultimo de-cennio si è ritrovato ad avere carichi di lavoro del tutto simili (ma in qualche caso an-che superiori) a quelli di un professore ordinario o associato, a danno della ricerca edi quei compiti stabiliti a suo tempo dalla legge del 1980 che ne definiva lo stato giu-ridico. Nello stesso tempo ai compiti di natura didattica via via si andavano aggiun-gendo anche compiti organizzativi interni alla Facoltà come la partecipazione a nu-merose commissioni che non hanno mai costituito ufficialmente titolo di merito perl’avanzamento di carriera.

1 La riforma disegnata da Berlinguer (laurea triennale, biennio specialistico e crediti formativi), le cui linee guida erano state dettate da un’apposita commissione presieduta da Guido Martinotti, fu poi confer-mata e puntellata dal successivo Ministro Zecchino e infine ripresa dal Ministro Moratti. Molti dei dannicausati dalla riforma Berlinguer si devono alla rapidità con la quale fu varata; la riforma fu fatta passare trale maglie della finanziaria del 1998 in modo da evitare una discussione parlamentare che ne avrebbe rallen-tato l’approvazione. La commissione Martinotti aveva tuttavia avvisato il Ministro che non era possibile realizzare una riforma così complessa in pochi mesi.

2 Dall’a.a. 2000/2001 il numero dei corsi di studio è passato da 3234 a 5734, un aumento che è dipeso dall’avvio generalizzato delle lauree specialistiche: dati Cnvsu del miur – dicembre 2008.

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D’altra parte già a partire dalla fine degli anni ’80 diversi interventi legislativi ave-vano talmente modificato le mansioni e lo schema retributivo di questa figura daconferirle caratteristiche giuridiche e funzionali non molto diverse da quelle deiprofessori. Ed in effetti con la Legge 158/1987 si agganciavano le retribuzioni dei ri-cercatori a quelle degli ordinari e degli associati mentre con le Leggi 168/1989 (art.16, comma 2) e 127/1997 (artt. 104 e 106) i ricercatori ottennero, con gli ordinari egli associati, la paritetica rappresentanza rispettivamente nel Senato Accademico Integrato e nel Consiglio Universitario Nazionale. Successivamente con la Legge4/1999 le mansioni didattiche furono estese anche ai ricercatori non confermati efu abolita la precedenza di ordinari e associati rispetto ai ricercatori nell’assegna-zione delle supplenze. Sulla base di tali interventi legislativi diverse sigle sindacali eassociazioni di categoria nel 1999 richiesero l’approvazione di una legge che istitui-va la terza fascia docente; approvato dal Senato il progetto di legge non completòmai l’iter parlamentare.

L’anomalia non sfuggì neppure al Ministro Moratti che, durante il secondo gover-no Berlusconi (2001-2005), nel porre mano all’ennesima riforma universitaria, tentò diridefinire la figura del ricercatore. Con la Legge 230 del 2005, di cui non sono mai sta-ti emanati i regolamenti attuativi, venne sancita l’abolizione del ricercatore universi-tario a tempo indeterminato sostituito dal ricercatore precario, vale a dire da una nuova figura assunta a tempo determinato. Con le nuove disposizioni i vecchi ricer-catori diventavano figure ad esaurimento per le quali si auspicava il passaggio a pro-fessore associato, tramite giudizio di idoneità nazionale; tuttavia lo Stato prevedevain deroga che i bandi per il loro reclutamento potevano essere pubblicati fino al 30 set-tembre 2013. In realtà la figura del ricercatore a tempo determinato non rappresentòuna novità dal momento che era stata già istituita da una Circolare Ministeriale del 17marzo 1997 a firma del Ministro Berlinguer che attribuiva alla figura del ricercatore atempo determinato compiti di ricerca del tutto confrontabili con quelli del persona-le di ruolo ma con programmi temporanei e non permanenti.

La Legge 230 inoltre stabiliva che nel frattempo tutti i ricercatori, che con il loroconsenso ottenevano dalle facoltà l’affidamento di corsi e moduli curriculari, avreb-bero ricevuto il titolo di professore aggregato, fermo restando l’inquadramento e iltrattamento giuridico ed economico.

Come ha chiarito Giovanni Cordini, professore ordinario di Diritto Pubblico Com-parato all’Università di Pavia e già presidente del Comitato Nazionale Universitario(cnu), ne conseguiva che: a) la qualifica di professore aggregato era attribuita direttamen-te dalla legge a coloro che si trovavano nelle condizioni indicate e non doveva essere richiestadal singolo (ricercatore, assistente o tecnico laureato); b) le Università e le strutture didattichenon conferivano questo titolo (ma potevano accertare solo la sussistenza dei requisiti previstidal legislatore) e non dovevano, in nessun caso, effettuare delle valutazioni di merito; c) le Uni-versità, al più, potevano stilare e aggiornare un elenco dei docenti che si trovavano nella con-dizione indicata dalla legge, al fine di una pura e semplice ricognizione delle posizioni indivi-duali, dato che la qualità di professore aggregato si perdeva, ove veniva a cessare il corso o ilmodulo di insegnamento; d) l’amministrazione universitaria, sulla base della documentazio-ne di cui era in possesso (dunque senza richiedere alcuna certificazione) poteva determinare lasussistenza dei requisiti previsti dalla legge e attestarli negli atti curriculari di ciascuno degliaventi diritto.

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Conseguenza della Legge 230 fu che gli Atenei avrebbero dovuto costituire e ag-giornare ogni anno accademico un elenco dei professori aggregati sulla base della do-cumentazione fornita dalle Facoltà (affidamenti, contratti e supplenze ai ricercatori,agli assistenti del ruolo ad esaurimento e ai tecnici laureati che rientravano nell’ap-plicazione dell’articolo 1, comma 11 della legge). Inoltre il titolo di professore aggre-gato veniva attribuito dalla legge (e non dagli Atenei come qualcuno ha creduto erronea-mente di dedurre) per cui sarebbe stata sufficiente la semplice ricognizione dellaposizione giuridica individuale rivestita dal ricercatore, dall’assistente del ruolo adesaurimento o dal tecnico laureato che soddisfaceva le condizioni di legge. Ciascunavente titolo, dunque, avrebbe potuto richiedere all’amministrazione il semplice ri-conoscimento dello status di professore aggregato per il periodo in cui rivestiva talequalifica. Tuttavia in alcune università, dove i ricercatori hanno chiesto la formaliz-zazione del titolo in base alla legge 230, le amministrazioni hanno risposto che in as-senza di un regolamento interno non poteva essere rilasciata alcuna ‘certificazione’.

Anche in questo caso il titolo di professore assegnato dalla legge non costituisce unanovità dal momento che una serie di pareri della Cassazione1 e del Consiglio di Sta-to2 così come un parere del cun,3 richiesto esplicitamente dal miur, avevano già datempo chiarito che tutti coloro i quali avevano dalle Facoltà affidamenti e supplenzesono professori limitatamente al periodo dell’incarico o della supplenza.

La successiva riforma Mussi del 2007 non intervenne sui ricercatori, ma indiretta-mente sancì, in maniera definitiva, l’equiparazione dei ricercatori ai docenti di i e iifascia. Mussi si preoccupò di riformare le classi di laurea di i e ii livello, di ridurre ilnumero degli esami e di bloccare la proliferazione dei corsi di laurea. Per raggiunge-re questo obiettivo rese obbligatoria la copertura degli insegnamenti con almeno il50% dei docenti.4 Tuttavia la stragrande maggioranza dei corsi di laurea sarebbe sta-ta cancellata se non si fosse ricorso all’ennesimo stratagemma, vale a dire quello diconsiderare i ricercatori al pari dei docenti. Esito ultimo della riforma fu lo sbloccodelle assunzioni dei ricercatori ai quali, in maniera implicita, si chiedeva di andare a

1 Con parere nº 1742 del 1985 la Cassazione estese l’uso del titolo di professore ai docenti a contratto aisensi degli artt. 25 e 100 del DPR 382/1980, ma limitatamente al periodo di insegnamento.

2 Con sentenza nº 870 del 1991 la Cassazione, a sezioni riunite, ha ritenuto che possono utilizzare il tito-lo di professori universitari di ruolo, i professori a contratto e coloro ai quali è assegnato un insegnamentouniversitario, limitatamente al periodo di insegnamento per le due categorie.

3 Con parere del 20/7/2000 il cun ha sostenuto che il titolo di professore spetta ai professori universita-ri di ruolo e può essere esteso ad altro personale universitario limitatamente al periodo di effettivo svolgi-mento dei corsi ottenuti per affidamento dagli organi collegiali delle strutture didattiche.

4 Si legge nel Nono Rapporto del Cnvsu del miur – dicembre 2008 –, p. 35: «La stragrande proporzione dicrediti è oggi coperta da docenti e ricercatori universitari. Infatti, la proporzione di crediti coperti da do-centi di ruolo di uno stesso ateneo è del 76,5%, quella coperta da docenti esterni all’ateneo ma appartenentia ruoli universitari è dell’8,2%, mentre quella coperta da docenti esterni all’ateneo non appartenenti a ruo-li universitari è del 15,3%. In realtà esaminando i dati per gruppo di facoltà, riportati nella tabella 1.37 per glia.a. dal 2001/02 al 2005/06 e nella tabella 1.38 per l’a.a. 2006/07 [le tabelle sono quelle inserite nel rapporto delCnvsu -NdA], è facile costatare che, sia la proporzione degli insegnamenti ai quali sono attribuiti 4 crediti formativi, che quella degli insegnamenti coperti da docenti e ricercatori universitari, sono molto differentia seconda dei gruppi di laurea, segno di una forte variabilità di scelte differenti. Ad esempio, la coperturadei crediti è affidata alla docenza extra-accademica per il 33,4% nelle facoltà di Architettura, il 30,8% Scienzemotorie, il 28,4% a Sociologia ed il 22,5% a Medicina e Chirurgia. Tale proporzione è minore, invece, neicorsi di studio delle altre discipline».

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coprire i corsi curriculari di molti atenei. Il ricorso ai professori a contratto (quelli abassissimo costo per intenderci) era stato infatti fortemente ridimensionato dalla nuo-va regolamentazione dei corsi di laurea.1 La scelta da parte del miur di conteggiareanche i ricercatori come docenti a tutti gli effetti per l’ottenimento dei requisiti mini-mi per l’attivazione dei Corsi di Studio delle università, costituiva l’ennesima con-traddizione dal momento che i ricercatori universitari, sulla base dell’attuale statogiuridico, possono anche non accettare l’affidamento di corsi di insegnamento e li-mitarsi solo alle attività didattiche integrative così come è stabilito dalla legge382/1980 e dalle successive modifiche. Con la riforma Mussi quasi tutti i ricercatori ela grande maggioranza degli assistenti fuori ruolo, indipendentemente dalle propriecapacità didattiche (e scientifiche) hanno ricevuto in affidamento insegnamenti cur-riculari; in molte facoltà tali affidamenti vengono inclusi entro i carichi didattici ed as-segnati senza alcuna accettazione formale da parte dell’interessato ma attraverso undiscutibile silenzio/assenso. Allo stesso tempo non si può ignorare come questa ine-vitabile apertura della docenza ai ricercatori, purtroppo solo raramente giovanissi-mi,2 tutto sommato non abbia dequalificato la didattica – come qualcuno ha soste-nuto; in molti casi l’apertura ai ricercatori ha portato ad un miglioramento dovutoalla presenza di alcuni giovani brillanti, pienamente inseriti nella ricerca internazio-nale, che hanno contribuito non poco, con la loro competenza, ad un’offerta didatti-ca altrimenti impossibile da proporre, specialmente nelle lauree specialistiche.

Va inoltre aggiunto come il regolamento sul reclutamento di ricercatori e profes-sori della riforma Mussi, basato su merito e valutazione (che avrebbe dovuto porre fi-ne ai concorsi localistici), è rimasto al vaglio della Corte dei Conti; pertanto per i con-corsi si ritornò alle regole del ’98 che hanno inevitabilmente favorito nuovamentecooptazione e localismo.

Con l’ultimo governo Berlusconi si è tornati a mettere mano alla riforma del si-stema universitario e lo si è fatto partendo dal taglio imposto alle università da unalegge finanziaria3 che ha comportato una riduzione di oltre un miliardo di euro trail 2009 e il 2012 del fondo di funzionamento ordinario (ffo). Il taglio era giustifi-cato dalla necessità di riformare il sistema ritenuto ormai al tracollo finanziario acausa dell’indebitamento di numerosi atenei che hanno gestito l’autonomia, asse-gnata loro dalla legge 537/1993, in maniera del tutto irresponsabile. Invece di av-viare una riforma globale che portasse ad un miglioramento effettivo dell’univer-sità, possibile solo con un incremento delle risorse finanziarie, e con un vero eproprio processo organico di cambiamento condiviso dal mondo accademico e dal-le istituzioni, finalizzato unicamente alla realizzazione di un sistema nazionale sta-tale meritocratico e di qualità, il governo è intervenuto mortificando tutto il mon-do universitario. Già prima dei tagli dell’ultima finanziaria le risorse investitenell’Università erano tra le più basse d’Europa: lo 0,6% del pil a fronte di una me-dia europea dell’1,1%.4

1 Nel 2006 il personale docente non di ruolo era composto da ben 42242 unità, quasi il doppio dei ricer-catori in servizio nello stesso anno. 2 Sull’età media dei ricercatori si veda la nota 1 a p. 185.

3 Legge 133/2008: disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabiliz-zazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria.

4 Dati ufficiali dell’ocse riferiti al 2005: Rapporto ‘Education at Glance 2008’.

una riflessione sullo stato giuridico dei ricercatori 183

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Nel mese di novembre del 2008 il governo è nuovamente intervenuto con una de-cretazione d’urgenza (D.L. 180/2008)1 per bloccare i concorsi universitari già banditi,per fissare nuove regole sul reclutamento dei professori e ricercatori e per correggerein molti punti, ma in maniera grottesca, la precedente Legge 133. Il mondo dell’uni-versità (dalla crui2 alle associazioni di categoria3) e la straordinaria mobilitazione stu-dentesca dell’autunno scorso avevano chiesto di non tagliare i finanziamenti dal mo-mento che era seriamente a rischio il futuro dell’università pubblica. Il governo,invece, si è limitato a piccoli interventi correttivi come la riduzione del taglio finan-ziario per il periodo 2009-2012 da un miliardo a poco meno di 700 milioni di euro e auna pasticciata riforma sul reclutamento. Con i tagli il governo si è allontanato dallamedia degli altri Paesi europei e dalla prospettiva di aumento di risorse, così come fis-sato dagli accordi di Lisbona, di cui l’Italia è indegna firmataria. Tale accordo impe-gnava i Paesi europei a raggiungere progressivamente un investimento nella ricercapari al 3% del pil.

L’8 gennaio 2009 il D.L. 180 è divenuto Legge dello Stato (L. 1/2009), ancora unavolta senza una seria discussione con il mondo dell’Università e senza un dibattito par-lamentare che avrebbe potuto produrre ulteriori, e soprattutto significativi, corretti-vi. Anche se l’on. Gelmini ha sempre ribadito che lei è disponibile al dialogo, il go-verno ha di fatto evitato il dibattito parlamentare e soffocato con il voto di fiducia ocon la decretazione di urgenza emendamenti e rettifiche avanzate da parlamentari dientrambi gli schieramenti.

Sempre nel corso del mese di novembre del 2008 il governo ha anche presentatole linee guida per l’Università, che sono subito apparse in palese contraddizione conla legislazione messa in atto in questi ultimi mesi. Ed in effetti anche se nel capitolosul reclutamento e sullo stato giuridico dei docenti (D. 6) si dice esplicitamente cheoccorre «ripensare il ruolo dei ricercatori universitari, il cui stato giuridico non è al-lineato alla funzione che la gran parte di essi effettivamente svolge nelle università»,il governo non ha fatto assolutamente nulla per superare l’anomalia dello stato giu-ridico del ricercatore. Con l’ultimo intervento legislativo del 9 gennaio 2009 il Go-verno ha confermato la rimodulazione del turnover giustificandolo come una neces-sità per favorire il ricambio generazionale.4 Chiaramente si è trattato solo di pura esemplice demagogia. Le università hanno bisogno di professori, non di ricercatori-docenti! Possiamo forse sostituire un professore ordinario o associato che va in pen-sione con un ricercatore (e non è detto che questo sia un giovane!) le cui funzioni fis-sate per legge sono differenti? La soluzione proposta dal governo, dunque, non portaad un reale ricambio generazionale (questo si ottiene favorendo l’accesso per i gio-

1 D.L. 180/2008: Disposizioni urgenti per il diritto allo studio, la valorizzazione del merito e la qualità del siste-ma universitario e la ricerca.

2 Si veda ad esempio la mozione approvata dalla Conferenza dei Rettori in data 23 ottobre 2008:http://www.crui.it/HomePage.aspx?ref=1635.

3 flc-cgil, cisl, uilpa-ur, afam, ugl, snals, cisal, andu, apu, adi, cnru.4 Per le università che sono entro i parametri di spesa rispetto al Fondo di Funzionamento Ordinario la

Legge 1/2009 ha previsto un allentamento del turnover dal 20 al 50% della spesa del personale dell’anno pre-cedente ma con un ulteriore vincolo: almeno il 60% delle risorse liberate deve essere riservato all’assun-zione di ricercatori e al massimo il 10% deve essere riservato ai professori ordinari.

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vani a tutti livelli accademici)1 in realtà mira solo a risparmiare attraverso la sostitu-zione di professori associati e ordinari che guadagnano di più con docenti-ricercato-ri che guadagnano molto di meno.2 A ciò si aggiunga che lo slogan Fuori i baroni dal-l’università, che ha accompagnato l’approvazione in legge del D.L. 180, è tanto fortequanto poco credibile: basti pensare che nelle prossime commissioni di concorso, chesaranno effettuate con regole al limite della praticabilità e, per giunta, anche costose(si pensi alle elezioni suppletive che ne conseguiranno), saranno esclusi i ricercatorie gli associati.3 Va inoltre ribadito che il nuovo sistema del sorteggio, ferma restan-do l’assurda persistenza dei concorsi locali, certamente metterà in crisi i precedentiaccordi tra i professori, ma allo stesso tempo creerà i presupposti per nuovi accordisenza di fatto cambiare nulla in tema di cooptazione; anzi il rischio è quello di peg-giorare la situazione.4 È stato da più parti rilevato come il numero dei professori or-dinari in diversi settori scientifici disciplinari non è sufficiente per coprire quello ri-chiesto per ogni singolo concorso determinando il ricorso a professori di aree affinila cui competenza non è assolutamente specifica per il settore in esame, con tutte leconseguenze che questo provocherebbe in termini di correttezza della valutazione.Ed ancora la scelta non motivata di lasciare fuori i ricercatori e gli associati afferential settore specifico del singolo concorso dalle prossime commissioni non solo rischiadi avere commissari non competenti sorteggiati da aree affini, ma è anche in palesecontraddizione con lo slogan del Ministro e del Governo che vuole mettere fuori i‘baroni’, vale a dire i professori ordinari che abusano del loro potere,5 dall’universi-tà. In realtà escludendo associati e ricercatori dalle commissioni, il governo ha finito

1 Nell’ultimo Rapporto sullo Stato del Sistema Universitario (dicembre 2008), p. 3, viene denunciata l’ele-vata età di ingresso per ciascuna fascia. Inoltre sempre nell’ultimo rapporto si segnala come l’età media deiprofessori e dei ricercatori non solo è molto elevata ma cresciuta negli ultimi 10 anni nonostante i nume-rosi concorsi. Più precisamente in questi ultimi 10 anni i docenti con meno di 35 anni sono passati da 2914(5,8%) a 2768 (4,5% del totale), mentre quelli con età superiore a 65 anni sono passati da 3431 (6,9%) a 6999(11,3% del totale).

Quella che segue è l’età media dei singoli livelli di docenza dal 1998 e al 2008: ordinari 58,7 → 59,6; asso-ciati 52 → 52,8; ricercatori 44 → 45,2. Complessivamente la media è passata da 50,8 a 52 anni. La geronto-crazia è comunque uno dei mali della società italiana, un male che si accompagna sempre al rifiuto del me-rito come è noto e come è stato ribadito da R. Abramavel, Meritocrazia. 4 proposte concrete per valorizzare iltalento e rendere il nostro paese più ricco e più giusto, Milano, Garzanti, 2008, in partic. p. 172 e sgg. e p. 250.

2 Cfr. P. Ostellino, Il nuovo, pericoloso slogan: risparmiare, «Il Corriere della Sera», 17.01.2009, p. 36 anche senell’articolo Ostellino si riferiva essenzialmente al prepensionamento coatto dei ricercatori per cui cfr. infra.

3 Per le critiche si veda G. Martinotti, in Corriere della Sera, 9 novembre 2008; D. Checchi, Commissari percaso, su www.lavoce.info, 14 novembre 2008; B. Gentili, Il bluff della riforma delle commissioni, in Il foglietto, nº42, Usi/RdB-Ricerca, 25 novembre 2008. Non condivisibile è invece l’editoriale di F. Giavazzi, Chi ha pauradel sorteggio, pubblicato sul «Corriera della Sera», 11 novembre 2008 perché si limita ad elogiare il nuovo si-stema senza esaminare a fondo le terribili conseguenze di questa pasticciata ‘soluzione all’italiana’.

4 Se accadeva spesso che il vincitore già designato era nella maggioranza dei casi il migliore possibile conil nuovo sistema questo potrebbe non accadere.

5 Molti di questi abusi sono denunciati nel lavoro di D. Carlucci, A. Castaldi, Un Paese di Baroni, Mi-lano, ChiareLettere, 2008. Il volume è un vero e proprio atto di accusa del sistema universitario italiano che,in ogni caso, non può essere ridotto solo ed esclusivamente ad un concentrato di abusi di potere, favori, log-ge e truffe. La questione etica è senza dubbio un aspetto fondamentale della riforma del sistema che prima opoi dovrà essere affrontato in maniera seria; allo stesso tempo va ribadito che la stragrande maggioranzadei dipendenti dell’università, dal personale non docente, ai ricercatori e ai professori lavorano in manieraseria e responsabile pur con regole assurde e quei limiti finanziari che tutti conosciamo. Occorre ricordareall’opinione pubblica che i ricercatori e i professori in Italia sono 61865 (dati dicembre 2008).

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per favorire i ‘baroni’ che si voleva mettere al bando e che ora saranno gli unici adessere pienamente coinvolti nel prossimo meccanismo di reclutamento e a dettare leproprie condizioni (e – come abbiamo visto – non è detto che queste siano miglioririspetto al passato!).1

Insomma l’on. Ministro ha messo mano ad una riforma che ancora tace sullo statogiuridico del ricercatore. Si tratta di una situazione al limite della tolleranza ancheperché nei primi mesi del 2009 è giunta la beffa. Alcune università (Federico II di Na-poli, Genova, Siena, Perugia, Firenze, Verona ed altre ancora), per far fronte ai taglidel governo stabiliti dalla legge finanziaria 133 e dal successivo D.L. 180 (oggi legge1/2009), avvalendosi dell’art. 72, comma 11 della Legge 133, hanno avviato le proce-dure per il pensionamento coatto anticipato dei ricercatori che hanno raggiunto i 40 annidi anzianità contributiva, pensionamento da cui sono invece esentati professori ordi-nari e associati.2 Tale norma avrebbe permesso addirittura il pensionamento di ricer-catori che hanno meno di 60 anni, ma raggiungono l’anzianità contributiva previstain quanto hanno riscattato, a proprie spese, gli anni di laurea ed eventuali altri servi-zi. L’emendamento, approvato dalla Camera dei Deputati e confermato dal Senato,3ha scongiurato questa ipotesi dal momento che per 40 anni di anzianità contributivaora si intendono solo gli anni di servizio realmente compiuti entro l’amministrazio-ne pubblica. Occorre qui ribadire che il problema non è nell’età di pensionamento,sulla quale si potrebbe discutere (e qualcuno ha già cominciato a farlo),4 quanto piut-tosto nell’irresponsabilità di alcuni atenei di non aver considerato i ricercatori al paridei docenti; questi sono stati equiparati agli amministrativi nonostante buona partedel carico didattico sia oggi sostenuto dai ricercatori che, in virtù della riforma Mo-ratti e dei regolamenti del miur, sono riconosciuti di fatto professori.

Ma allora che fare di fronte a questa incredibile incongruenza e al silenzio dellastampa le cui inchieste, spesso incapaci di fare distinzioni,5 hanno spesso gettato solofango sul mondo universitario appoggiando indirettamente (ma forse anche diretta-mente) un governo che, anziché investire nell’università, come accade negli altri Pae-si europei, e avviare una riforma globale dell’intero sistema, ha effettuato tagli de-qualificanti e interventi frammentati che alla fine hanno aumentato la confusione

1 Una ferma contrarietà alle nuove regole del sorteggio è stata denunciata anche dal Coordinamento Na-zionale delle Conferenze dei Presidi di Facoltà in una lettera inviata al Ministro Gelmini il 10 novembre 2008.

2 Lo scorso 20 gennaio a Roma in un’affollata assemblea del Coordinamento dei Ricercatori dell’Uni-versità ‘La Sapienza’ di Roma, il Rettore Luigi Frati, contrariamente a quanto stava accadendo in altre Uni-versità, assicurava che non avrebbe dato avvio ai prepensionamenti dei ricercatori previsti dall’art. 72 dellalegge 133, uniformando il trattamento con le due fasce dei professori che, come noto, sono esclusi dal prov-vedimento assieme ai magistrati. La scelta del Rettore Frati è indubbiamente corretta e coerente, ma allostesso tempo dimostra come gli atenei ormai agiscano in maniera del tutto autonoma e schizofrenica su temi che dovrebbero essere affrontati da una Legge dello Stato.

3 L’emendamento (n. 5.36 del 11 febbraio 2009) è stato presentato dagli on.li deputati Miotto, Livia Turco,Sbrollini, Murer, Pedoto. Nell’emendamento è stato chiesto di sostituire al comma 3 le parole «dell’anziani-tà massima contributiva di 40 anni» con «dell’anzianità massima di servizio effettivo di 40 anni». L’emenda-mento non è stato più modificato dal Senato che ha approvato la legge nella seduta del 25 febbraio del 2009.

4 Cfr. G. Caputo, L’Università delle cattedre grigie, su www.lavoce.info, 16 gennaio 2009.5 Nonostante i mali del sistema i ricercatori italiani restano tra i più preparati come dimostra una classi-

fica di merito stilata dalla rivista Nature nel 2004 e calcolata sulla base del rapporto tra investimenti ricevu-ti e qualità delle pubblicazioni sulle principali riviste internazionali: D. A. King, The Scientific Impact of Nations, «Nature», 430, 15 luglio 2004.

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nell’Università italiana? Non si può ad esempio tollerare che il prof. Roberto Perottinel suo libro sull’Università truccata includa le lamentele sulla mancanza di risorse tra ifalsi miti dell’università italiana o che, senza porsi alcun problema dello stato giuridicodel ricercatore, inserisca quest’ultimo tra i docenti di ruolo nel calcolo del rapportotra studenti/docenti in Italia come se non ci fosse una differenza giuridica (non solodi stipendio!) con i professori associati e ordinari.1

Davanti allo sfascio del sistema universitario è possibile fare qualcosa di concreto?I ricercatori universitari in Italia sono 24.438 all’interno di un corpo docente costi-

tuito da 61.685 unità.2 Attualmente i ricercatori coprono più del 35%3 dei corsi uni-versitari e rappresentano oggi una risorsa fondamentale per la realizzazione della ri-forma dell’ordinamento didattico. Allo stato attuale la confusione che esiste tra ilruolo definito dalla legge del 1980 e la prassi penalizza fortemente i ricercatori il cuistato giuridico appare del tutto anomalo e incoerente con i reali compiti che esso svol-ge. L’impiego massiccio dei ricercatori nella didattica costa meno alle università; machi governa gli atenei dovrebbe sapere che in questo modo lo Stato non investe piùnei giovani e nella ricerca e, inevitabilmente, si contribuisce a tagliare le gambe al nostro Paese. Né il Governo, né la crui, né gli stessi decenti – nella maggior parte incomprensibilmente lontani da qualsiasi impegno civico – hanno sufficientementeriflettuto su questi aspetti e sulle irrimediabili conseguenze.

Molti sostengono che l’unica soluzione sia di riconoscere ai ricercatori la terza fa-scia di docenza dal momento che insistere su una suddivisione tra professori e ricer-catori universitari appare cosa superata dall’evidenza.4 Io credo che invece sia il casodi ridefinire le due fasce di docenza esistenti – se non addirittura ridurle ad una – e tra-sformare i ricercatori in una figura a contratto: in sostanza avere giovani ricercatoriche, con più risorse, un adeguato stipendio e senza carichi didattici, si dedichino allaricerca dimostrando capacità e competenza per poter avanzare nella carriera accade-mica.5 Per questi ricercatori giovani (davvero) non sarebbe più necessario fissare i

1 R. Perotti, L’università truccata. Gli scandali del malcostume accademico. Le ricette per rilanciare l’università,Einaudi, Torino, 2008, p. 35 e sgg.

2 I dati citati sono ripresi dal Nono Rapporto sullo Stato del Sistema Universitario – Cnvsu del miur – dicem-bre 2008, p. 68. Nel corso degli ultimi 10 anni (1998-2008) il numero dei professori ordinari e dei ricercatoriè aumentato mentre il numero dei professori associati è rimasto costante. Questo ha oggi determinato unacomposizione quantitativa dei ruoli della docenza per qualifica a ‘clessidra’ in luogo di quella a ‘piramide’,ma con alcune differenze da ateneo ad ateneo. Sulla situazione all’estero cfr. A. Fuggetta, L’Università ha isuoi miti. Da sfatare, in www.lavoce.info, 3 dicembre 2008.

3 Il dato è vecchio di alcuni anni. Anche se in aumento questa cifra non dovrebbe discostarsi molto dalvero: cfr. in proposito M. Merafina, La figura del ricercatore Universitario e il ddl Moratti sullo stato giuridicodei Professori Universitari, www.dsi.uniroma1.it/~cencia/ottoproposte/merafina.pdf.

4 Sempre nel Nono Rapporto del Cnvsu del miur – dicembre 2008 – a p. 3 viene segnalata «la sostanzialeincoerenza che ha assunto – nel tempo – la distinzione in fasce, rispetto ai presupposti che l’avevano giu-stificata. Di fatto, la docenza è oggi concepita come una carriera articolata in livelli (stipendiali e solo in par-te funzionali, con un modestissimo rilievo in questi aspetti di quelli relativi ad insegnamento e ricerca) e nel-la quale si scorre spesso senza una reale competizione (ma in ragione, fondamentalmente, di criteri legatialla anzianità)».

5 Credo che nella sostanza si possa condividere quanto è stato a suo tempo sostenuto da Angelo Pane-bianco sul «Corriere della Sera» del 20 gennaio 2004 (L’Università tenta la svolta) in cui si commentava il pro-getto di riforma Moratti. Il sistema che si propone qui non è quello brutale della precarizzazione del postodi ricercatore, così come presente nella legge Moratti, ma piuttosto un sistema basato sulla tenure track an-glosassone, vale a dire un periodo di prova (4-5 anni) da svolgere nell’ambito di un progetto con obiettivi

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requisiti scientifici minimi stabiliti di recente dal cun dal momento che i commissaridovrebbero valutare le potenzialità dei futuri giovani ricercatori non i risultati di unaricerca che è appena agli inizi; tali requisiti, unitamente alla qualità della didattica (va-lutazione degli studenti), dovrebbero piuttosto essere utilizzati per la progressione dicarriera come anche per l’elezione alle cariche accademiche (direttore di dipartimen-to, di scuole di specializzazione e di dottorato, presidente di aree didattiche, preside,rettore), per l’accesso ai finanziamenti del miur (prin, firb, farb, ecc.) e soprattuttoper l’inserimento in tutti i tipi di commissioni di concorsi.

Se questa riforma possibile divenisse realtà cosa accadrebbe dei ‘vecchi’ ricercatori?Questi potrebbero lentamente essere assorbiti mediante concorso dalla (o dalle fasce)di docenza o essere un ruolo ad esaurimento a cui assegnare, a pagamento, eventua-li carichi didattici. Non si tratta ovviamente dell’unica soluzione possibile; in ogni ca-so occorre poter riflettere attentamente sui ruoli della docenza con l’obiettivo di mi-gliorare la ricerca e rendere efficace la didattica.

Per smuovere il mondo accademico, per costringerlo seriamente a riflettere sulla ri-forma universitaria nel suo complesso e per modificare lo stato giuridico dei docentioccorre che i ricercatori escano definitivamente allo scoperto e raccolgano intorno asé tutti i professori che vogliono distinguersi da coloro che sono colpevoli della crisidel sistema universitario e che oggi sperano di cavarsela con soluzioni che non risol-veranno i problemi. Io ritengo che si debba continuare a credere nell’Università pub-blica, a riconoscere ad essa un ruolo fondamentale per lo sviluppo sociale, politico edeconomico; è per questo che i ricercatori non vogliono essere coinvolti e danneggiatida una crisi che non gli appartiene. Piuttosto vogliono dare un contributo sostanzialealla riforma del sistema universitario, rifiutando ogni meschina forma di mediazionee di convenienza e insistendo su alcuni principi fondanti dell’università: dimensionepubblica, diritto d’istruzione, libertà d’insegnamento e ricerca, rifiuto delle discrimi-nazioni.1 La Legge 341/1990 (ma anche le successive modifiche) prevede che i ricerca-tori diano il consenso allo svolgimento di attività didattica frontale (compresi i corsi inaffidamento e quelli – molto rari – a pagamento). Se oggi una buona parte dei ricer-catori decidesse di dedicarsi esclusivamente alla ricerca e attenersi ai compiti previsti dal-la legge riconsiderando l’opportunità di continuare generosamente a fornire il proprio (edevidentemente inutile) apporto alla didattica e a tutti gli altri impegni accademici (se-dute di laurea, sedute di esame e commissioni di qualsiasi genere), il sistema universi-tario italiano collasserebbe mettendo in evidenza tutta l’anomalia di un sistema cheoggi deve moltissimo proprio alla figura del ricercatore-docente.

Perché dunque non utilizzare l’unico vero strumento legittimo per dare una seriaspinta di rinnovamento dell’università italiana? Partecipare al processo di trasforma-zione del sistema universitario si può fare anche ponendo l’accento sullo stato giuri-dico dei ricercatori così in palese contraddizione con le funzioni che effettivamente

definiti in maniera chiara; solo una volta raggiunti gli obiettivi, verificati da un’apposita commissione, si ot-terrebbe il passaggio alla fascia di professore. Come per il mondo anglosassone dovrebbe esistere il divietoper le Università di assumere un proprio laureato o dottore di ricerca se non dopo un periodo di studio cer-tificato lontano dal proprio ateneo; un tale regolamento garantirebbe una mobilità che gioverebbe enor-memente al sistema universitario italiano.

1 La forza di questi principi è ribadita nel bell’articolo di L. Sesto Osséo, Da onda a onda: la crisi dell’uni-versità, «Materiali», 2, 2009, in corso di stampa.

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svolgono. Rinunciare al carico didattico non previsto per legge può indurre tutti gli orga-ni accademici e il Governo a cambiare rotta. Moltissimi ricercatori si sono già dichia-rati disponibili ad una scelta di questo tipo.1 Non si tratterebbe di uno sciopero, madi una scelta di coerenza. I ricercatori possono e devono far capire quanto il sistemasia malato e come questo governo si sia affidato solo a slogan vuoti senza essere ca-pace di trovare la soluzione ai veri problemi del mondo universitario.

I ‘professori a basso costo’ possono e devono partecipare al processo di riforma perun’università meritocratica e di qualità partendo dalla nuova definizione dello statogiuridico di una figura che deve essere totalmente ridisegnata.

Mentre questo articolo era in bozze un emendamento governativo (luglio 2009) ha difatto reintrodotto il pensionamento forzoso dei dirigenti, del personale ausiliario e anche dei ricercatori universitari. Qualche giorno dopo in alcune università i Consi-gli di Amministrazione e i Senati Accademici hanno immediatamente deliberato chei dipendenti, ad esclusione dei professori di i e ii fascia, in possesso dell’anzianità massima contributiva di 40 anni, saranno collocati a riposo. In sostanza il ricercatore, utilizzato come professore per aumentare l’offerta didattica con costi bassi al quarantesimo anno di contributo tornerà ad essere un semplice ricercatore da mandare in pensio-ne, ovviamente sempre per far tornare i conti non certo per altre ragioni. È forse inquesta becera operazione economica, congegnata dal governo ed avvallata dai retto-ri, il futuro delle università italiane? Quando le università affiancheranno al rigore eco-nomico una capacità progettuale che vada oltre i semplici conti di bottega?

Appendice

Legge 382/1980

- Art. 1 - Ruolo dei professori universitari e istituzione del ruolo dei ricercatoriComma 1. Il ruolo dei professori universitari comprende le seguenti fasce:a) professori straordinari e ordinari;b) professori associati.Comma 2. Le norme di cui ai successivi articoli assicurano, nell’unitarietà della funzione

docente, la distinzione dei compiti e delle responsabilità dei professori ordinari e di quelli associati, inquadrandoli in due fasce di carattere funzionale, con uguale garanzia di libertà didattica e di ricerca.

Comma 3. I professori universitari di ruolo adempiono ai compiti didattici nei corsi di lau-rea, nei corsi di diploma, nelle scuole speciali e nelle scuole di specializzazione e di perfezio-namento.

Comma 4. Possono essere chiamati a cooperare alle attività di docenza professori a con-tratto, ai sensi del successivo art. 25.

Comma 5. È istituito il ruolo dei ricercatori universitari. Non è consentito il conferimentodi incarichi di insegnamento.

- Art. 32:Comma 1. I ricercatori universitari contribuiscono allo sviluppo della ricerca scientifica uni-

versitaria e assolvono a compiti didattici integrativi dei corsi di insegnamento ufficiali. Tra ta-

1 Da tempo i ricercatori di molte università hanno proposto di non offrire più il proprio apporto alla didattica. Così si sono espressi molti ricercatori nei coordinamenti di molti atenei; è il caso, ad esempio, diVerona denunciato nell’articolo di Giulio Mazzilli sul «Corriere del Veneto» del 28 gennaio 2009, p. 13.

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li compiti sono comprese le esercitazioni, la collaborazione con gli studenti nelle ricerche at-tinenti alle tesi di laurea e la partecipazione alla sperimentazione di nuove modalità di inse-gnamento ed alle connesse attività tutoriali.

Comma 2. I ricercatori confermati possono accedere direttamente ai fondi per la ricercascientifica, sia a livello nazionale sia a livello locale. Essi adempiono a compiti di ricerca scien-tifica su temi di loro scelta e possono partecipare ai programmi di ricerca delle strutture uni-versitarie in cui sono inseriti. Possono altresì svolgere, oltre ai compiti didattici, di cui al pre-cedente comma, cicli di lezioni interne ai corsi attivati e attività di seminario secondomodalità’ definite dal consiglio del corso di laurea e d’intesa con i professori titolari degli in-segnamenti ufficiali. Possono altresì partecipare alle commissioni d’esame di profitto comecultori della materia.

Comma 3. I consigli delle facoltà dalle quali i ricercatori dipendono, determinano, ogni anno accademico, gli impegni e le modalità di esercizio delle funzioni scientifiche e di quelledidattiche.

Comma 4. Per le funzioni didattiche il ricercatore è tenuto ad un impegno per non più di250 ore annue annotate dal ricercatore medesimo in apposito registro. Il ricercatore è inoltretenuto ad assicurare il suo impegno per le attività collegiali negli Atenei, ove investito della re-lativa rappresentanza.

Comma 5. Le predette modalità sono definite, sentito il ricercatore interessato, dal consi-glio del corso di laurea, per quanto concerne le attività didattiche, e, per quanto concerne laricerca scientifica e l’accesso ai relativi fondi, dal Dipartimento, se costituito, ovvero dal con-siglio di istituto nel quale il ricercatore è inserito per la ricerca.

Legge 341/1990

- Art. 12 - Attività di docenzaComma 1. I professori di ruolo, a integrazione di quanto previsto dagli articoli 1, 9 e 10 del

decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382, e successive modificazioni, e dal-l’articolo 4 del decreto del Presidente della Repubblica 10 marzo 1982, n. 162, adempiono aicompiti didattici nei corsi di diploma universitario e nei corsi di cui all’articolo 6, comma 1, let-tera a), e comma 2, della presente legge. I ricercatori confermati, a integrazione di quanto pre-visto dagli articoli 30, 31 e 32 del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382adempiono ai compiti didattici in tutti i corsi di studio previsti dalla presente legge, secondole modalità di cui ai commi 3, 4, 5, 6 e 7 del presente articolo.

Comma 2. È altresì compito istituzionale dei professori e dei ricercatori guidare il processodi formazione culturale dello studente secondo quanto previsto dal sistema di tutorato di cuiall’articolo 13.

Comma 3. Ferma restando per i professori la responsabilità didattica di un corso relativo adun insegnamento, le strutture didattiche secondo le esigenze della programmazione didatti-ca, attribuiscono ai professori e ai ricercatori confermati, con le modalità di cui al decreto delPresidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382, e con il consenso dell’interessato, l’affida-mento e la supplenza di ulteriori corsi o moduli che, comunque, non danno diritto ad alcunariserva di posti nei concorsi. La programmazione deve in ogni caso assicurare la piena utiliz-zazione nelle strutture didattiche dei professori e dei ricercatori e l’assolvimento degli impe-gni previsti dalle rispettive norme di stato giuridico.

Comma 4. I ricercatori confermati possono essere componenti delle commissioni di esamedi profitto nei corsi di diploma universitario, di laurea e di specializzazione e relatori di tesi dilaurea.

Comma 5. Omissis.Comma 6. Gli insegnamenti nei corsi di laurea e di diploma sono di norma sdoppiati ogni

qualvolta il numero degli esami sostenuti nell’anno precedente, moltiplicato per il rapporto

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tra gli iscritti nell’anno in corso e gli iscritti dell’anno precedente, supera 250. Gli insegnamentisdoppiati possono essere coperti dai professori e dai ricercatori confermati per supplenza o peraffidamento.

Circolare Ministeriale del 17.3.1997

Facoltà per le Università di procedere ad assunzioni a tempo determinato. Opportunità di valersi dellamedesima facoltà per favorire l’accesso dei giovani alle attività di ricerca

In relazione a numerosi quesiti posti dalle Università al Ministero, ovvero anche informal-mente rivolti all’amministrazione da parte di Rettori e presidi di facoltà, circa la normativa ap-plicabile in materia di assunzioni di personale a tempo determinato, ritengo di dover svolge-re alcune considerazioni sia sotto l’aspetto strettamente giuridico sia con riferimento alleopportunità per le università nel momento presente.

Sotto l’aspetto giuridico, vorrei anzitutto richiamare il principio costituzionale dell’auto-nomia universitaria quale fondamento di un sistema che deve costantemente adeguare e in-ventare idonei strumenti per raggiungere obiettivi di qualità della formazione, con il solo li-mite delle leggi dello Stato che lo riguardano.

La legge 9 maggio 1989, n. 168 ha dato attuazione a tale principio prevedendo l’attribuzio-ne della personalità giuridica, il riconoscimento dell’autonomia didattica, scientifica, organiz-zativa, finanziaria e contabile agli atenei; all’articolo 6, comma 2 della legge medesima si di-spone altresì che “le università sono disciplinate, oltre che dai rispettivi statuti e regolamenti,esclusivamente da norme legislative che vi operino espresso riferimento”.

Ne deriva in linea generale una capacità di agire assai vasta, limitata dalle norme legislativepredette e preordinata alle finalità istituzionali degli Atenei.

Con riferimento più specifico alla tematica in oggetto occorre soffermarsi su due atti nor-mativi di rango primario entrati in vigore quasi contemporaneamente: il decreto legislativo 23dicembre 1993, n. 546, modificativo del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 e la legge 24 di-cembre 1993, n. 537.

In entrambi, rispettivamente all’articolo 17 (che ha modificato, tra l’altro l’articolo 36, com-ma 4, del decreto legislativo 29/93) e all’articolo 2, commi 23 e 24, si dispone il divieto alle pub-bliche amministrazioni di assumere personale a tempo determinato per prestazioni superioria tre mesi, con eccezione espressa per le istituzioni universitarie.

Tale disposizione non è stata successivamente modificata o integrata, mentre il collegato al-la finanziaria 1997 (legge 23 dicembre 1996, n. 662) ha previsto espressamente all’articolo 1,comma 46, una deroga per le istituzioni universitarie al blocco delle assunzioni nelle pubbli-che amministrazioni. Se ne può concludere che, nel quadro della capacità di agire prima indi-cata, nonché del perseguimento delle finalità istituzionali delle università e delle leggi gene-rali che regolano l’istituto del rapporto di lavoro a tempo determinato (legge 18 aprile 1962, n.230), gli atenei possono ricorrere a tale fattispecie di assunzioni.

Peraltro, con riferimento al personale tecnico-amministrativo, essa è già prevista ai sensi delprovvedimento del Presidente del Consiglio dei Ministri 4 aprile 1996, articolo 19, regolar-mente registrato dalla Corte dei Conti.

In ordine alle finalità istituzionali delle università potrebbero pertanto darsi specifiche as-sunzioni a tempo determinato per le attività di insegnamento e di ricerca: con riferimento al-le prime tuttavia la materia è già regolata da disposizioni legislative che espressamente fannoriferimento alle università (articoli 25 e 100 del D.P.R. 382 del 1980), cui pertanto occorre con-formarsi (con la conseguenza che ogni ulteriore fattispecie al riguardo dovrà essere previstaper via legislativa). Rimane invece aperta la strada per contratti di lavoro a tempo determina-to per attività di ricerca.

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D’altra parte l’attivazione di nuovi contratti a tal fine, con particolare riguardo, all’assun-zione di giovani, appare assai opportuna per numerosi e validi motivi:

a) l’età media elevata dei ricercatori di ruolo in servizio, che riduce la freschezza, l’inventivae la vitalità nell’intraprendere strade nuove per il progresso scientifico e tecnologico del paese;

b) l’effetto negativo che l’inquadramento in ruolo e in uno stato giuridico di diritto pubbli-co, con tutte le relative garanzie e rigidità, produce sulla necessaria agilità e produttività del-le attività di ricerca;

c) l’affacciarsi sul mercato del lavoro di una generazione di laureati, tra i quali una fetta si-gnificativa in possesso del dottorato di ricerca, che hanno titoli, preparazione e energia per ri-lanciare la ricerca nazionale, con un potenziale che potrebbe essere dissipato tra lungaggini epastoie burocratiche.

d) l’urgenza per le università di avviare programmi di ricerca temporanei, anche in conven-zione con soggetti terzi, distinti da attività di ricerca a carattere permanente.

Al fine peraltro di non ripetere esperienze negative del passato si pongono all’attenzione de-gli atenei, alcune linee-guida:

a) stipulino i contratti in oggetto con riferimento ai predetti programmi di ricerca tempo-ranei, con un inizio e una conclusione certa, anche allo scopo di non dare luogo nella sostan-za a rapporti di lavoro a tempo indeterminato, con il prevedibile contenzioso che ne segue;

b) considerata la necessaria organizzazione dell’attività nei nuovi assunti nell’ambito di spe-cifici e preordinati programmi di ricerca, i rapporti di lavoro che si instaurano sono di lavorosubordinato, con relativo trattamento previdenziale e assistenziale, anche allo scopo di attira-re giovani che intendono iniziare in modo non precario una carriera lavorativa, pur nella di-sponibilità alla mobilità professionale e territoriale;

c) la qualifica del personale da assumere è quella di ricercatore a tempo determinato, concompiti di ricerca del tutto confrontabili con quelli del personale di ruolo (anche se riferiti aprogrammi temporanei e non permanenti) e con esclusione delle attività didattiche. La retri-buzione e il trattamento previdenziale e assistenziale si parametrerà pertanto alla posizioneiniziale dei ricercatori di ruolo non confermati e il contratto dovrà avere durata commisurataall’attuazione del programma. Occorrerà distinguere con chiarezza i contratti in oggetto conquelli di cui al citato Provvedimento del Presidente del Consiglio dei Ministri, 4 aprile 1996, articolo 19, comma 6 (contratti a termine per programmi di ricerca con personale tecnico fornito di laurea); conseguentemente saranno specificati i titoli di ammissione (dottorato di ricerca o titoli/preparazione/esperienze equivalenti);

d) siano previste modalità, anche assai snelle, di valutazione comparativa degli aspiranti, conpredeterminazione dei criteri di selezione, pubblicità e attenta motivazione degli atti.

Legge 230/2005

- Art. 1Comma 7. Per la copertura dei posti di ricercatore sono bandite fino al 30 settembre 2013 le

procedure di cui alla legge 3 luglio 1998, n. 210. In tali procedure sono valutati come titoli preferenziali il dottorato di ricerca e le attività svolte in qualità di assegnisti e contrattisti ai sensi dell’articolo 51, comma 6, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, di borsisti post-dottoratoai sensi della legge 30 novembre 1989, n. 398, nonché di contrattisti ai sensi del comma 14 delpresente articolo. L’assunzione di ricercatori a tempo indeterminato ai sensi del presente comma è subordinata ai medesimi limiti e procedure previsti dal comma 6 per la coperturadei posti di professore ordinario e associato.

Comma 8-10. Omissis.Comma 11. Ai ricercatori, agli assistenti del ruolo ad esaurimento e ai tecnici laureati di cui

all’articolo 50 del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382, che hanno svol-

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to tre anni di insegnamento ai sensi dell’articolo 12 della legge 19 novembre 1990, n. 341, non-ché ai professori incaricati stabilizzati, sono affidati, con il loro consenso e fermo restando ilrispettivo inquadramento e trattamento giuridico ed economico, corsi e moduli curricularicompatibilmente con la programmazione didattica definita dai competenti organi accademi-ci nonché compiti di tutorato e di didattica integrativa. Ad essi è attribuito il titolo di profes-sore aggregato per il periodo di durata degli stessi corsi e moduli. Lo stesso titolo è attribuito,per il periodo di durata dell’incarico, ai ricercatori reclutati come previsto al comma 7, ove adessi siano affidati corsi o moduli curriculari.

Comma 12-13. Omissis.Comma 14. Per svolgere attività di ricerca e di didattica integrativa le università, previo

espletamento di procedure disciplinate con propri regolamenti che assicurino la valutazionecomparativa dei candidati e la pubblicità degli atti, possono instaurare rapporti di lavoro su-bordinato tramite la stipula di contratti di diritto privato a tempo determinato con soggetti inpossesso del titolo di dottore di ricerca o equivalente, conseguito in Italia o all’estero, o, per lefacoltà di medicina e chirurgia, del diploma di scuola di specializzazione, ovvero con posses-sori di laurea specialistica e magistrale o altri studiosi, che abbiano comunque una elevata qua-lificazione scientifica, valutata secondo procedure stabilite dalle università. I contratti hannodurata massima triennale e possono essere rinnovati per una durata complessiva di sei anni. Iltrattamento economico di tali contratti, rapportato a quello degli attuali ricercatori confer-mati, è determinato da ciascuna università nei limiti delle compatibilità di bilancio e tenutoconto dei criteri generali definiti con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e del-la ricerca, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentito il Ministro per lafunzione pubblica. Il possesso del titolo di dottore di ricerca o del diploma di specializzazione,ovvero l’espletamento di un insegnamento universitario mediante contratto stipulato ai sensidelle disposizioni vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge, costituisce titolopreferenziale. L’attività svolta dai soggetti di cui al presente comma costituisce titolo prefe-renziale da valutare obbligatoriamente nei concorsi che prevedano la valutazione dei titoli. Icontratti di cui al presente comma non sono cumulabili con gli assegni di ricerca di cui all’ar-ticolo 51 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, per i quali continuano ad applicarsi le disposizionivigenti. Ai fini dell’inserimento dei corsi di studio nell’offerta formativa delle università, il Mi-nistro dell’istruzione, dell’università e della ricerca deve tenere conto del numero dei profes-sori ordinari, associati e aggregati e anche del numero dei contratti di cui al presente comma.

una riflessione sullo stato giuridico dei ricercatori 193

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composto in carattere dante monotype dallafabrizio serra editore, pisa · roma.

stampato e rilegato nellatipografia di agnano, agnano pisano (pisa) .

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Dicembre 2009(cz 2 · fg 21)