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COME ALLA CORTE DI FEDERICO II OVVERO

PARLANDO E RIPARLANDO DI SCIENZA

THE MARS SCIENCE LABORATORY EXPERIENCE 9 di David L. Bish I MARZIANI COME METAFORA 11 di Corrado Calenda CURIOSITY SU MARTE 13 di Giuseppe Longo LE RISORSE DELLA GEOLOGIA 15 di Alessio Langella IL RUOLO DEL GEOLOGO 17 di Piergiulio Cappelletti

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Gli articoli degli incontri si trovano all’indirizzo

www.comeallacorte.unina.it

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David L. Bish Haydn Murray Chair of Applied Clay Mineralogy al

Dipartimento di Scienze geologiche dell’Indiana University,

David L. Bish è co-investigator di CheMin, strumento per

diffrazione e fluorescenza ai RX supolveri che consente di

identificare e quantizzare i minerali presenti nel suolo e nelle

rocce di Marte, con particolare riguardo alla presenza di

acqua nella formazione, deposizione e alterazione dei

minerali.

Bish ha iniziato a lavorare al progetto nel 1990, dopo che,

assieme ad altri due scienziati, David Blake (Nasa Ames

Laboratory) e David Vaniman (Los Alamos National

Laboratory), ha avuto l'idea di sviluppare una versione in miniatura di un diffrattometro RX che potesse

essere inviato su di un altro pianeta. Altri scienziati si sono uniti al team e CheMin è stato sviluppato con

successo, vincendo un prestigioso premio R&D 100 nel 1999.

Più in generale, la ricerca di Bish ruota su disidratazione e reidratazione di silicati idrati e solfati-cloruri in

condizioni simulate della superficie di Marte; misure sperimentali di termodinamica dell’acqua in minerali

idrati; determinazioni sperimentali di proprietà di superficie di minerali argillosi; importanza di argille e

zeoliti per applicazioni sui rifiuti radioattivi; determinazione di strutture cristalline di minerali con metodi

a diffrazione di RX e di neutroni.

Bish ha pubblicato vari libri ed è stato autore e co-autore di 194 pubblicazioni e 348 abstracts. È stato

insignito di numerosi premi e ha ottenuto molte cariche di primo piano in società specialistiche.

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COME ALLA CORTE DI FEDERICO II The mars Science Laboratory Experience

Centro di Ateneo per la Comunicazione e l’Innovazione Organizzativa Università degli Studi di Napoli Federico II

THE MARS SCIENCE LABORATORY EXPERIENCE David L. Bish Haydn Murray Chair of Applied Clay Mineralogy Indiana University at Bloomington, IN, USA

Mars Science Laboratory (MSL), una

delle più ambiziose missioni interplanetarie mai

intraprese, ha iniziato il suo viaggio verso Marte

a Novembre 2011, ed è atterrato nel Gale Crater

la notte del 5 agosto 2012. Il Gale Crater è

occupato dal M. Sharp al centro, con un’altezza

circa tre volte più grande di quanto sia profondo

il Gran Canyon. Il cratere contiene una spessa

sezione di rocce sedimentarie stratificate, datate

miliardi di anni di età. MSL è alla ricerca di prove

dell’esistenza di ambienti che possano essere

stati favorevoli alla vita nel passato, e trasporta

dieci strumenti sul rover Curiosity o al suo

interno. Tra questi, ci sono una vasta gamma di

telecamere con analizzatori chimici, di radiazioni

e di condizioni metereologiche. Curiosity

comprende anche una strumentazione (SAM,

Sample Analysis at Mars) per l'analisi chimica

dei gas presenti nell'atmosfera, nei terreni e

nelle rocce di Marte e uno strumento (CheMin,

Chemistry and Mineralogy) per individuare e

quantificare i minerali nei suoli e nelle rocce,

utilizzando una tecnica nota come Diffrazione ai

raggi X. La Diffrazione ai raggi X è una tecnica

decisamente consolidata sulla Terra, che utilizza

però strumenti di laboratorio molto più grandi,

ed è in grado di fornire identificazioni dei

minerali più accurate di qualsiasi altro metodo

precedentemente utilizzato sul pianeta rosso.

Il lavoro del MSL prevede che si utilizzi come

unità di tempo la durata media del giorno solare

di Marte, della durata di 24h, 39 minuti (il

cosiddetto sol). Quindi, se vai al lavoro oggi alle

8.00, e ti ritrovi ad andare al lavoro alle 20.00 in

un paio di settimane. Il nostro lavoro con

Curiosity prevede l’invio dei comandi al rover (ci

vogliono circa 14 minuti per mandarli dalla Terra

a Marte) e la ricezione dei dati di ritorno con le

misure, ogni giorno.

Le prime foto del MSL hanno mostrato

una serie di rocce vulcaniche, assieme a quelle

che sembrano essere rocce sedimentarie che

suggeriscono l'esistenza di acqua nel passato. Al

contrario dei risultati precedenti, le analisi

dell'atmosfera non hanno rivelato prove

convincenti della presenza di gas metano. Tale

gas può avere una varietà di origini, tra cui

quella vulcanica e quella biologica, e la sua

assenza ha importanti implicazioni nella ricerca

per la vita.

La strumentazione CheMin ha recente-

mente analizzato un campione di suolo marzia-

no, proveniente da una duna e si è rivelato

essere molto simile ai terreni presenti sui fianchi

del vulcano Mauna Kea alle Hawaii. A differenza

di alcune rocce conglomeratiche analizzate da

Curiosity poche settimane fa, datate diversi

miliardi di anni e che sono coerenti con presenza

di acqua, il suolo analizzato da CheMin è

rappresentativo di processi geologici decisa-

mente più recenti. L'identificazione dei minerali

nelle rocce e nei suoli è fondamentale per

l'obiettivo della missione di valutare le condizioni

ambientali del passato, in quanto ogni minerale

registra le condizioni in cui si è formato. La

composizione chimica di un minerale o di una

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roccia fornisce solo informazioni mineralogiche

ambigue, come nell'esempio del diamante e

della grafite, che hanno la stessa composizione

chimica ma strutture e proprietà sorprendente-

mente differenti. Finora, i materiali che Curiosity

ha analizzato sono in linea con le nostre idee

iniziali riguardo ai depositi del Gale Crater,

registrando un passaggio da un ambiente umido

ad uno secco. Le rocce più antiche, come i con-

glomerati sopracitati, suggeriscono una presenza

di acqua che scorre, mentre i minerali presenti

nel suolo, più giovane, sono in linea con

un'interazione limitata con acqua.

Curiosity trascorrerà i prossimi due anni

viaggiando attraverso la superficie del Gale

Crater in cerca di testimonianze della presenza

di acqua e ambienti che possano essere stati

ospitali per le forme di vita.

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I MARZIANI COME METAFORA Corrado Calenda Professore di Filologia italiana Università degli Studi di Napoli Federico II

Marte e i marziani sono quasi sempre,

per noi, una metafora. È difficile pensare

veramente agli altri pianeti (e, tradizionalmente,

soprattutto a Marte) come la meta agognata di

un viaggio spaziale, di un viaggio che, un giorno,

sarà davvero possibile effettuare con strumenti

tecnologici adeguati, serie motivazioni scientifi-

che, obiettivi di conoscenza. Tanto è vero che,

almeno negli esiti più recenti, da Marte si arriva:

non si va su Marte.

Almeno al livello dell’immaginario

letterario e cinematografico, Marte è una sorta di

costruzione artificiosa della nostra fantasia,

un’entità abitata da esseri variamente concepiti

e raffigurati (i “marziani”), le cui intenzioni sono

in grado di produrre, più che altro, motivate

inquietudini. Nel cinema, gli alieni (i “marziani”)

sono una torbida minaccia (ricordate, tra i film

più recenti, Independence day o La guerra dei

mondi?) che quasi sempre nasconde (ma questo

fin dai tempi della “guerra fredda”) ansie,

conflitti e timori legati alla realtà del nostro

pianeta. In primo luogo citerei il rapporto

ambivalente con l’”altro” in ogni accezione

possibile; ma poi, e soprattutto, la confusa

intuizione dell’esistenza di pericoli infinitamente

superiori a ogni sistema di difesa o, in

alternativa, la sfiducia in coloro ai quali quei

sistemi sono affidati. Quest’ultimo punto mi pare

quello che, in un capolavoro del regista

americano Tim Burton (Mars attacks! del 1996),

ha conosciuto la più sorprendente e geniale

variante, su cui sarà il caso di riflettere. Qui

l’arrivo dei marziani è una rumorosa,

stravagante, parodica invasione di esseri

improbabili esemplati su una celebre raccolta di

“figurine” degli anni Sessanta: volgari

violentissimi, bugiardi, dunque inequivocabil-

mente “cattivi” che occorrerebbe eliminare senza

esitazione. Di contro, la galleria dei personaggi

dell’establishment cui sarebbe affidata la

salvezza del genere umano viene rappresentata

(da un cast stellare di attori) come totalmente

subalterna all’ideologia del politically correct:

inetti, cerimoniosi, votati fatalmente all’autoan-

nientamento.

Contrariamente alla tradizione, gli alieni,

invece di essere liquidati e combattuti come

veramente “diversi” e malintenzionati, sono

trattati come ospiti cui accordare fiducia

nonostante la loro palese e clamorosa

inaffidabilità, la loro mostruosa inclinazione alla

più distruttiva violenza, il loro conclamato

spregio di ogni regola. La salvezza della terra

sarà affidata a un’umanità irregolare, variegata,

senza schemi precostituiti e senza pregiudizi.

Insomma, diffidenza e ostilità manifestano la

nostra incapacità di accogliere e capire l’”altro”;

ma tolleranza e “buonismo” documentano la

precarietà dei sistemi di difesa di cui possiamo

disporre. Il rapporto coi “marziani” incarna le

incertezze delle nostre risorse identitarie, il

conflitto, a cui ci sentiamo sempre più esposti,

tra integrazione e auto-conservazione.

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CURIOSITY SU MARTE Giuseppe Longo Professore di Astrofisica Università degli Studi di Napoli Federico II

Associato di ricerca California Institute of Technology

La notte del 5 agosto, un robot con le

dimensioni di una Panda, si è posato sulla

superficie di Marte dopo avere eseguito una

manovra di atterraggio talmente complessa da

far tremare le vene anche ai super esperti della

NASA e del Jet Propulsion Laboratory

californiano. A seguire i media, il Curiosity -

questo il nome del robot - è andato lì per

riscoprire per la venticinquesima volta in dieci

anni l’acqua su Marte e per studiare l’esistenza

passata o presente di forme di vita elementare.

Chiunque segua con un minimo di attenzione le

vicende scientifiche ha da tempo capito che

queste sono solo motivazioni di facciata che

servono a rendere più appetibili ai contribuenti

ed ai politici i costi spesso straordinariamente

alti di certi esperimenti o missioni spaziali.

Fa nulla, i tempi sono quelli che sono e,

in un mondo sempre più indifferente al dantesco

“fatti non foste a viver come bruti ma per seguir

virtute e canoscenza”, la conoscenza non è più

una ragione alta e sufficiente ed occorre

arrampicarsi sugli specchi per trovare

improbabili collegamenti tra le ricerche di base e

le banalità del quotidiano. Ed ecco quindi che

anche il Curiosity, concepito per cercare una

risposta ad alcuni dei molti problemi ancora

aperti sulla natura di Marte, è stato venduto ai

media e dai media come l’ennesima macchina

per cercar “marziani”. Ed è un peccato dato che

ciò nasconde al pubblico il fatto straordinario

che, ancora oggi e malgrado la sua vicinanza alla

Terra, Marte è ancora un mistero in gran parte

irrisolto.

Prendiamo ad esempio le sue

dimensioni. Marte è piccolo -ce ne vorrebbero un

po’ più di otto per fare la massa della Terra- e

ciò implica che il suo interno dovrebbe già

essersi interamente raffreddato, rendendo la

superficie del pianeta fredda e inerte come

quella della Luna. E allora, come si spiega che su

Marte si trova un altopiano, la Grande Sirte,

costellato da vulcani di dimensioni

inimmaginabili, primo tra tutti il Monte Olimpo

che con i suoi ventisei chilometri di altezza

supera di ben tre volte il Monte Everest,

coprendo un’area maggiore di quella della Sicilia

(il monte Etna a suo confronto è poco più di un

foruncolo).

E che dire della Vallis Marineris? Una

valle lunga oltre quattromila chilometri, profonda

fino a sette e, in alcuni punti, così larga da

potere contenere l’Italia messa per lungo; un

immenso canyon che si formò insieme alla

Grande Sirte per poi essere successivamente

modificato da fenomeni erosivi, a testimonianza

perenne e definitiva della presenza, almeno in

certe fasi della vita del pianeta, di enormi

quantità di acqua allo stato liquido. Ma questo è

ancora nulla. Se si misura l’altezza media del

pianeta rispetto a un livello arbitrario di

riferimento, si scopre qualcosa di ancor più

straordinario: una metà del pianeta è in media 3

km più bassa dell’altra. Non solo: i terreni più

bassi sono lisci e geologicamente parlando

giovani, mentre quelli più elevati sono ricoperti

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di crateri e molto più antichi. Si pensi a

un’arancia di Sorrento, una di quelle con la

buccia spessa, cui con un coltellino sia stata

asportata metà della buccia. Marte ha lo stesso

aspetto, solo che in questo caso, a venire

“asportati” sono stati molti miliardi di metri cubi

di roccia e nessuno ha la benché minima idea di

quale “coltellino” cosmico abbia mai potuto farlo.

La sonda Curiosity è andata su Marte anche e

soprattutto per cercare di capire quale Fisica ha

governato questi processi e se nel farlo dovesse

anche scoprire l’esistenza di forme di vita,

sarebbe un risultato inaspettato e straordinario.

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LE RISORSE DELLA GEOLOGIA Alessio Langella Professore di Scienze geologiche Università degli Studi del Sannio

Presidente INZA International Natural Zeolite Association

Terremoti, vulcani, alluvioni, inondazioni,

frane, nell’immaginario collettivo rappresentano i

principali temi d’interesse geologico. Ma la geo-

logia è anche studio finalizzato alla ricerca ed

individuazione di risorse minerarie ed energeti-

che, sia convenzionali che rinnovabili. Nono-

stante il crescente interesse verso quest’ultimo

tipo di risorsa, l’incremento che ancora si

registra nel consumo di combustibili fossili

determina conseguenze in alcuni casi irreversibili

sull’ambiente. Basti pensare al rapido aumento

della concentrazione dei “gas serra” che varia

l’equilibrio termico provocando un innalzamento

della temperatura del pianeta, ma anche un

aumento del tenore di acidità delle piogge e un

peggioramento della qualità dell’aria.

Queste considerazioni non possono

prescindere dal presupposto che il reperimento e

lo sfruttamento delle risorse naturali sono di

primaria importanza per lo sviluppo della società

moderna, ma nel contempo è irrinunciabile

elaborare azioni che concorrano allo “sviluppo

sostenibile”. Lo sviluppo è sostenibile solo se le

risorse e i sottoprodotti che da esse derivano

sono sfruttate in modo razionale, tenendo

dunque conto della domanda nel mercato delle

materie prime, della disponibilità geologica, e

della salvaguardia ambientale. Il primo punto è

legato alla già citata e legittima richiesta di

sviluppo della società che comporta il consumo

di quantità sempre maggiori di sostanze naturali.

La disponibilità geologica rappresenta la

possibilità di soddisfare la richiesta di mercato

con le risorse disponibili o con quelle che si

potranno reperire senza incorrere nel pericolo di

un loro esaurimento. La salvaguardia ambientale

è sicuramente il problema di maggiore attualità

tenuto conto dell’impatto che ogni fase del “ciclo

di lavorazione della risorsa” ha sull’ecosistema.

Se si considera che la richiesta di queste risorse

è di svariate decine di miliardi di tonnellate per

anno, si capisce che l’uomo rappresenta una

“forza geologica” in grado di modellare e

determinare l’evoluzione del nostro pianeta.

È intuitivo che il problema è estrema-

mente complesso e la sua “risoluzione” richiede

il contributo di conoscenze da parte di diverse

professionalità. Tra queste è indubbio che il

geologo può svolgere un ruolo guida per le sue

competenze, dalla ricerca, allo sfruttamento, ed

il trattamento delle materie prime, al recupero

degli scarti e dei sottoprodotti delle industrie di

trasformazione, al recupero ambientale dei siti di

estrazione ed alla valutazione dell’impatto

ambientale di ciascuna fase del processo.

È in un quadro così complesso che si

calano anche le ricerche di geologia planetaria

rivolte alla conoscenza della “natura geologica”

di altri pianeti.

Tali ricerche allo stato hanno una finalità

prettamente scientifica finalizzata anche ad una

più completa conoscenza del nostro sistema

solare, ma in un futuro più o meno remoto,

potranno svolgere un importante ruolo

strategico per l’individuazione e l’approvvigiona-

mento di nuove risorse che andranno ad esaurir-

si inevitabilmente sul nostro Pianeta.

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IL RUOLO DEL GEOLOGO Piergiulio Cappelletti Professore di Georisorse minerarie Università degli Studi di Napoli Federico II

Quando Luciano Gaudio, referente del

Ciclo di Conferenze ‘Come alla Corte di Federico

II’, mi ha chiesto di scrivere un breve articolo

che in qualche maniera potesse descrivere gli

interessi scientifici che mi legano a Dave Bish,

ho accettato con grande entusiasmo. Però, col

passare dei giorni mi sono trovato in difficoltà a

districarmi tra tutte le cose che si

sovrapponevano nella mia mente. E soprattutto,

in che maniera avrei potuto facilmente scindere i

rapporti professionali da quelli personali? Avrei

parlato dell’occasione nella quale ci siamo

conosciuti? Ulteriore legame che Dave ha con la

città di Napoli, in quanto il nostro primo incontro

è avvenuto in occasione della International

Conference on the Occurrence, Properties, and

Utilization of Natural Zeolites che si tenne ad

Ischia nel ’97. Oppure avrei potuto parlare del

mio lungo soggiorno nel Nuovo Messico, a Los

Alamos, nel ’99, quando Dave era a capo della

EES-1, la prestigiosa Earth and Environmental

Science Division che si occupava dello stoccaggio

dei combustibili esausti di centrali nucleari ed

altri high-level radioactive waste nel sito dello

Yucca Mountain. Oppure ancora della

collaborazione del 2009, quando feci visita a

Dave nella bellissima sede della Indiana

University at Bloomington e che ha fatto nascere

una importante collaborazione bilaterale, a

livello sia di Dipartimento di Scienze della Terra

che di Ateneo Federiciano, con una delle più

prestigiose sedi universitarie americane (non a

caso Bloomington è stata giudicata tra le Top ten

college town degli USA nel 2012).

Bene, in tutte queste occasioni, il

denominatore comune era sicuramente Dave con

la sua disponibilità (anche se devo dire che per

un periodo credo di essere diventato il suo

incubo peggiore… praticamente ero sempre a

chiedere spiegazioni nel suo studio a Los

Alamos!) e competenza ma anche il suo inusuale

percorso di geologo fuori dai canoni classici:

dagli studi sui minerali argillosi e le zeoliti quali

risorse naturali (che gli sono valsi

prestigiosissimi riconoscimenti, tra i tanti la

presidenza della Clay Mineral Society,

dell’International Natural Zeolite Association e

della Mineralogical Society of America), a quelli

sugli impieghi tecnologici di tali minerali (Yucca

Mountain Project), fino agli argomenti che lo

vedono coinvolto attualmente nelle ricerche sui

minerali e l’acqua su Marte. Last but not least, il

suo ruolo, non solo come scienziato, ma anche

come contributor di assoluta eccellenza alla

progettazione ed alla realizzazione vera e

propria di CheMin, lo strumento portatile per

fluorescenza e diffrattometria ai RX attualmente

installato sul rover Curiosity.

Quello che maggiormente mi ha colpito

di Dave e delle sue molteplici attività è il

contributo fondamentale dato all’affermazione

del ruolo del geologo, sempre in maniera

paritetica a quello di altre professionalità, anche

in contesti che solo apparentemente sono lontani

(non nel senso di Marte…) da quello che

nell’immaginario collettivo vede quasi sempre i

geologi paragonati a Cassandra o, quando va

bene, come “quelli che girano con il martello in

mano”.

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