una bella eredità

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FUORI LUOGO DROGHE & DIRITTI NUOVA SERIE ANNO 6 NUMERO 7/8 SUPPLEMENTO MENSILE DE IL MANIFESTO 30 LUGLIO 2004 IN EDICOLA L’ULTIMO VENERDÌ DEL MESE Dedichiamo gli editoriali di apertura, di Bea- trice Bassini e Max Lorenzani l’uno, di Giusep- pe Vaccari l’altro, a due recenti eventi bologne- si: la “Street rave parade” e un convegno del cartello “Non incarcerate il no- stro crescere”. Due eventi che riteniamo importanti, mentre il giro di vite sul- le droghe fa sentire i suoi effetti come dimostra la condanna del preside di Rho. Su questa sentenza proponiamo un’intervista a Giuliano Pisapia e una riflessione di Don Gino Rigoldi . Segnali positivi dall’Emilia Romagna, dove si sta sperimentando la figura del delegato sociale come spiega Gianluca Borghi , ma anche dalla Spagna, dove si registra una svolta positiva sulle droghe grazie al governo Zapatero. Ne scrive da Barcellona Gaspar Fraga. Economia delle droghe e proibizione. Non sarebbe meglio regolamentare, in maniera trasparente e sensata? L’interrogativo è po- sto da Ada Becchi , e ripreso da Claudio Cappuccino. Massimiliano Verga pre- senta invece il Rapporto mondiale 2004 sulle droghe dell’Onu. Doppia diagnosi. Continuiamo a ragionarne con Stefano Vecchio, mentre Giancarlo Castelli denuncia il progetto della Regione Lazio di rimpiazzare al- cuni Sert romani con semplici camper. Documentare, documentarsi: Grazia Zuffa presenta un reportage sui generis sulla vita nel Bronx, Giulio Marcon il Rapporto 2004 sui diritti globali, Mariel- la Orsi e Daniela Zardo la rete dei centri di documentazione. Infine, Federica Cianfriglia ricostruisce la nascita della prima legge proibizionista in Italia. IN QUESTO NUMERO fuori luogo .it Effetti mortali La proposta Fini, presentata al Se- nato e ancora nel cassetto, ha co- minciato già a manifestare i suoi ef- fetti criminogeni. Il 24 giugno un gio- vane di Vigodarzere in provincia di Padova si è suicidato perché ferma- to dai carabinieri con 3 grammi di hashish. Si chiamava Cristian Braz- zo, aveva 21 anni e faceva l’operaio. La vergogna di essere etichettato come “drogato” lo ha spinto a una tragica scelta. L’offensiva mediatica lanciata da Alleanza nazionale ha funzionato diffondendo tra i giovani l’idea di trovarsi di fronte a una leg- ge già in vigore. Abbiamo denunciato più volte che già nel ’90, subito do- po l’approvazione della scelta puniti- va, si verificarono episodi simili. Pre- pariamoci a una campagna d’autun- no per evitare nuovi morti. UNA BELLA EREDITÀ «Questa proposta di riforma sulle droghe, alternativa a quella di Fini, è importante. Siamo molto in- teressati a questo percorso che ci pare nuovo, innanzitutto perché contrasta le attuali politiche socia- li. C’è una tendenza a scaricare sugli individui atomizzati, specie sui giovani, tutte le colpe, con una logica ben lontana dall’affermazione dei diritti e delle libertà, in contrasto con le legislazioni europee e con i valori della Carta di Nizza. È giusto sottolineare che il governo fa malissimo ad accusare la ri- duzione del danno di favoreggiamento della tossicodipendenza. Così come fa malissimo a privile- giare sfacciatamente alcuni interlocutori, fra gli operatori. Questo unilateralismo è in contrasto con le tante esperienze di questi anni, ma è anche un azzardo ideologico, uno strappo. Penso che dovre- mo sostenere un nuovo patto di figure anche diverse per dare coerenza e continuità alla campagna sulle questioni sociali. Mi permetto di fare un appello all’associazionismo a misurarsi con questa pro- posta e a sostenerla». Queste le parole di Tom Benetollo, il 26 giugno 2003, alla presentazione della piattaforma contro la nuova crociata punitiva. Così lo ricordiamo.

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Fuoriluogo, numero di luglio 2004

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Page 1: Una bella eredità

FUO

RIL

UOG

ODROGHE&DIRITTI

NUOVA SERIEANNO 6

NUMERO 7/8SUPPLEMENTO

MENSILEDE

IL MANIFESTO

30LUGLIO2004IN EDICOLAL’ULTIMO VENERDÌDEL MESE

Dedichiamo gli editoriali di apertura, di Bea-trice Bassini e Max Lorenzani l’uno, di Giusep-pe Vaccari l’altro, a due recenti eventi bologne-si: la “Street rave parade” e un convegno del cartello “Non incarcerate il no-stro crescere”. Due eventi che riteniamo importanti, mentre il giro di vite sul-le droghe fa sentire i suoi effetti come dimostra la condanna del preside diRho. Su questa sentenza proponiamo un’intervista a Giuliano Pisapia e unariflessione di Don Gino Rigoldi.Segnali positivi dall’Emilia Romagna, dove si sta sperimentando la figura deldelegato sociale come spiega Gianluca Borghi, ma anche dalla Spagna, dovesi registra una svolta positiva sulle droghe grazie al governo Zapatero. Nescrive da Barcellona Gaspar Fraga.

Economia delle droghe e proibizione. Nonsarebbe meglio regolamentare, in manieratrasparente e sensata? L’interrogativo è po-

sto da Ada Becchi, e ripreso da Claudio Cappuccino. Massimiliano Verga pre-senta invece il Rapporto mondiale 2004 sulle droghe dell’Onu.Doppia diagnosi. Continuiamo a ragionarne con Stefano Vecchio, mentreGiancarlo Castelli denuncia il progetto della Regione Lazio di rimpiazzare al-cuni Sert romani con semplici camper.Documentare, documentarsi: Grazia Zuffa presenta un reportage sui generissulla vita nel Bronx, Giulio Marcon il Rapporto 2004 sui diritti globali, Mariel-la Orsi e Daniela Zardo la rete dei centri di documentazione. Infine, FedericaCianfriglia ricostruisce la nascita della prima legge proibizionista in Italia.

IN QUESTO NUMERO

fuoriluogo.itEffetti mortaliLa proposta Fini, presentata al Se-nato e ancora nel cassetto, ha co-minciato già a manifestare i suoi ef-fetti criminogeni. Il 24 giugno un gio-vane di Vigodarzere in provincia diPadova si è suicidato perché ferma-to dai carabinieri con 3 grammi dihashish. Si chiamava Cristian Braz-zo, aveva 21 anni e faceva l’operaio.La vergogna di essere etichettatocome “drogato” lo ha spinto a unatragica scelta. L’offensiva mediaticalanciata da Alleanza nazionale hafunzionato diffondendo tra i giovanil’idea di trovarsi di fronte a una leg-ge già in vigore. Abbiamo denunciatopiù volte che già nel ’90, subito do-po l’approvazione della scelta puniti-va, si verificarono episodi simili. Pre-pariamoci a una campagna d’autun-no per evitare nuovi morti.

UNA BELLA EREDITÀ«Questa proposta di riforma sulle droghe, alternativa a quella di Fini, è importante. Siamo molto in-

teressati a questo percorso che ci pare nuovo, innanzitutto perché contrasta le attuali politiche socia-

li. C’è una tendenza a scaricare sugli individui atomizzati, specie sui giovani, tutte le colpe, con una

logica ben lontana dall’affermazione dei diritti e delle libertà, in contrasto con le legislazioni europee

e con i valori della Carta di Nizza. È giusto sottolineare che il governo fa malissimo ad accusare la ri-

duzione del danno di favoreggiamento della tossicodipendenza. Così come fa malissimo a privile-

giare sfacciatamente alcuni interlocutori, fra gli operatori. Questo unilateralismo è in contrasto con

le tante esperienze di questi anni, ma è anche un azzardo ideologico, uno strappo. Penso che dovre-

mo sostenere un nuovo patto di figure anche diverse per dare coerenza e continuità alla campagna

sulle questioni sociali. Mi permetto di fare un appello all’associazionismo a misurarsi con questa pro-

posta e a sostenerla». Queste le parole di Tom Benetollo, il 26 giugno 2003, alla presentazione della

piattaforma contro la nuova crociata punitiva. Così lo ricordiamo.

Page 2: Una bella eredità

Lavoro e carcereA Milano il consiglio comunale haapprovato un ordine del giornocollegato al bilancio per sollecita-re le aziende municipalizzate adoffrire occasioni di lavoro agli exdetenuti. L’iniziativa, promossadal consigliere della MargheritaAndrea Fanzago, raccoglie le solle-citazioni ricevute dalla specialecommissione carceri istituita dalconsiglio comunale meneghino. In-fatti il comune potrebbe coinvolge-re, attraverso protocolli di intesafinalizzati all’inserimento lavorati-vo, le società municipalizzate ocontrollate (dai trasporti alla rac-colta rifiuti, dall’azienda energeti-ca a quella che si occupa dellemense scolastiche) per «promuo-vere e favorire l’inserimento lavo-rativo delle persone ex detenutenella carceri della nostra città an-che attraverso il sostegno dellerealtà che operano in questo am-bito, con percorsi protetti di ac-

compagnamento e tutoring, in col-laborazione con l’ente pubblico eprivato». Il testo dell’ordine delgiorno, che potrebbe essere repli-cato in altri comuni, è disponibileon-line: www.fuoriluogo.it

Computer e carcereLiberarsi del vecchio personalcomputer ? Acquistarne uno usatoma in grado di svolgere ancora ilsuo mestiere? Si può fare nel car-cere di Bollate dove i detenuti e laPcDet (una società informatica na-ta all’interno del carcere) hannoavviato un’interessante iniziativadi lavoro: si riciclano i computerche non si usano più, perché so-no rotti oppure obsoleti. Nulla va sprecato e tutto viene riu-tilizzato. Per sostenere questaesperienza, per informarsi nel det-taglio o semplicemente per curio-sità verso una iniziativa che con-sente ai detenuti di imparare unmestiere e di prepararsi a rientra-

re nella società, visita il sitowww.pcdet.it oppure mettiti incontatto: [email protected].

Volontari e carcereIl Gruppo Volontari Carcere è on-li-ne. Sul sito istituzionale si puòtrovare una descrizione del grup-po, l’indicazione della mission, ungiornale, un forum e informazioniinteressanti e curiose, come il pri-mo censimento dei detenuti delcarcere di Lucca, la descrizionedei progetti in atto, il racconto del-l’azione quotidiana che si svolgeattraverso la gestione della Casadi S. Francesco. Questa strutturaè in funzione da oltre 15 anni e of-fre aiuto ai detenuti “dimessi” dalcarcere e a quelli che usufruisco-no di misure alternative. Gli inter-venti offerti vanno dall’accoglien-za, all’orientamento professiona-le, all’azione rivolta al reinseri-mento nel mondo e, più in genera-le, nella società civile. Per visitare

il sito: www.gruppovolontaricarcere.tk

Distribuzione militanteChi desidera sostenere Fuoriluogopuò farlo incaricandosi della distri-buzione militante nella propriacittà. Le rese vanno ritirate pressoil distributore nei giorni immediata-mente successivi alla pubblicazio-ne in edicola (ultimo venerdì delmese), previo accordo con il distri-butore stesso. Vi invitiamo perciòa scriverci per avere l’indirizzo deldistributore di zona e la procedurada seguire per il ritiro: [email protected]. Questo valeper le tutte le città eccetto Roma,Firenze, Udine e Milano dove le re-se vengono già raccolte.

Iscrizioni a Forum droghePer il tesseramento a Forum dro-ghe a Parma ci si può rivolgere aHassan Bassi, tel. 333-6969731,oppure presso Canapaio Ducale, piazza Picelli, Parma.

fuoriluogo.it

Le lettere vanno indirizzate a:redazione fuoriluogo c/o il manifestovia Tomacelli, 146 – 00186 Romafax 0669294908e-mail: [email protected] Supplemento mensile

de il manifesto30 luglio 2004FUORILUOGOLETTERE

SVIZZERADopo lo stop del parlamento elvetico alla le-galizzazione del consumo di cannabis, un co-mitato di esponenti politici ha lanciato un’ini-ziativa per chiedere un referendum per de-penalizzare lo spinello. I promotori hannotempo fino al 20 gennaio 2006 per raccoglierele 100mila firme necessarie, ma sperano diriuscirci in tempi più rapidi. Intitolata “Peruna politica ragionevole in materia di canna-bis che protegga efficacemente la gioventù”,l’iniziativa gode dell’appoggio di un vastoventaglio di partiti e associazioni. I fautoridella depenalizzazione chiedono tra l’altroche non siano più punibili il consumo di so-stanze psicoattive della canapa indiana, ilpossesso, l’acquisto o la coltivazione dellapianta per uso personale. Spetterà allo statoprendere le “misure appropriate” per proteg-gere giovani e giovanissimi.

BRASILEIl presidente Lula da Silva ha promulgato lacosiddetta “legge dell’abbattimento”, cheautorizza ad abbattere aerei sospettati di tra-sportare droga. Sarà permesso sparare su zo-ne a bassa densità di popolazione e nelle re-gioni di frontiera, considerate possibili rottedel narcotraffico. I piloti dovranno risponde-re dei loro atti davanti a un tribunale milita-re solo in caso di “eccesso o abuso di potere”.La legge stabilisce anche procedure partico-lari per il riconoscimento degli aerei e ilpreavviso da dare ai velivoli non identificati.L’iniziativa di Lula è una risposta agli Usa,che vorrebbero avere libertà di circolazionenei cieli sudamericani per i loro aerei spia chesorvegliano le piantagioni e il traffico. Pro-prio per le pressioni americane, nel 1998 ilpresidente Cardoso, che aveva già varatouna legge simile, ne sospese l’applicazionesu pressione della diplomazia americana,che minacciava di sospendere gli aiuti a pro-grammi umanitari e antidroga. L’anno scor-so, una trentina di aerei non identificati sonostati intercettati da caccia brasiliani senza po-ter essere obbligati ad atterrare a causa del-l’assenza di una legge specifica.

STATI UNITIUn medico che operava nel campo della tera-pia del dolore nella contea di Houston, inGeorgia, è stato accusato di avere provocatola morte di sei pazienti per avere prescrittoOxycontin, metadone e altri farmaci «senzauno scopo medico legittimo». SpurgeonGreen – questo il suo nome – attualmente è apiede libero, ma è stato sospeso dall’eserciziodella professione. Green era già stato incrimi-nato per omicidio lo scorso agosto nella vici-na contea di Wayne, in seguito alla morte diun paziente, e ora rischia la condanna a mor-te. La sua è l’ultima di una serie di denunce dimedici attivi nella terapia del dolore persegu-ti per avere prescritto oppioidi e altri farmaci.La guerra all’“abuso” di farmaci su prescri-zione è infatti l’ultima crociata della CasaBianca, attraverso il suo Ufficio per la lotta al-la droga (Ondcp). Negli ultimi anni, i mediciarrestati o indagati sarebbero tra 300 e 400.

MAPPAMONDO

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Ancora la persecuzione, ancora piantine estirpate a chi usa canapaper sopravvivere dopo aver trovato un equilibrio difficilissimo. Si,perché canapa significa poter curare il proprio orto con amore e fa-tica senza pretendere né pesare su una società che non ha ancora ca-pito cosa significhi la parola disagio. Essere diversi significa essererompicoglioni. Chi si considera normale ancora non riesce a dedi-care più di qualche ora a chi viene considerato diverso e quindi per-ché perseguitare penalmente chi cerca di sopravvivere chiedendo ilminimo agli altri se non avere diritto di curare il proprio male comemeglio crede? Cosa posso fare per aiutare il padre di mia figlia agliarresti domiciliari, cranioleso e in appello per precedenti analoghi?Grazie per l’attenzione

Anna O.

LA POLIZIA NELL’ORTO

GONNELLARISPONDE

GRAZIEPER L’AIUTOGentile redazione, vi comu-nico che sarei molto orgo-gliosa di sostenervi. Tutti igiorni leggo il manifesto.Fuoriluogo poi, lo aspettocon grande desiderio. Atten-do una vostra risposta perconoscere l’indirizzo di undistributore sia a Napoli chea Salerno (in quanto abito ametà strada tra le due, incostiera amalfitana). Sincericomplimenti per il giornale.

Simona Puglia

UNA SENTENZATERAPEUTICANella zona di Orvieto si staassistendo in questi giorniad una vera e propria guer-ra al coltivatore di canna-bis, e nello stesso tempouna parte della magistratu-ra che lavora al tribunale lo-cale sembra aver preso co-scienza del fenomeno dellacannabis terapeutica. Unmio cliente, che è stato col-to in flagranza di coltivazio-ne di oltre 370 piante dicannabis, è stato scarcera-to in sede di convalida del-l’arresto, con riferimentoall’uso personale terapeuti-co della sostanza, che gliha consentito di uscire dal-la dipendenza da eroina edi superare crisi epilettichedovute a un intervento chi-rurgico alla testa. In sededibattimentale, di fronte al-la richiesta del Pm di cin-que anni di reclusione, ilgiudice, dopo tre ore di ca-mera di consiglio, ha inflittouna pena di un anno e 4

mesi di reclusione con tuttii benefici di legge. Nellamotivazione della sentenzasi legge tra l’altro che il giu-dice crede alla tesi difensi-va dell’uso terapeutico, manon può pervenire ad asso-luzione per la sussistenzadi un quadro normativo chenon lo consente. Chiaro in-vito al legislatore perchéadegui la norma alla situa-zione reale. Altro che leggeFini...

Fausto Cerulli – avvocato

ORDINARIEPERSECUZIONICiao a tutti, volevo chiedervicome funziona: il 12 giugnosono stato fermato dai ca-rabinieri e mi hanno trovatomarijuana, un paio di canne.Ho dichiarato che non eramia (è la verità), purtroppol’hanno trovata nel mio mar-supio sotto la Vespa. Co-munque mi hanno segnala-to e applicato l’articolo 103Dpr 309/90. Vorrei saperea cosa vado incontro, sonoincensurato. Ah, siccomedevo fare la visita medicaper quanto riguarda il milita-re, ho un trauma cranico, mihanno mandato all’ospeda-le militare. Comporta qual-cosa per il congedo?Comunque complimenti peril vostro sito è davvero inte-ressante e strutturato inmodo perfetto, grazie peraverci pensato. Spero di ri-cevere una vostra rispostaal più presto perché l’8 set-tembre 2004 ho la visitamedica.

Ciro – Napoli

Cara Anna, ricordo pochi anni fa la tragedia di Marco Ciuffreda, morto do-po una crisi di astinenza mal-trattata nel carcere di Regina Coeli. Lui eraincensurato, non era un pericolo per la sicurezza interna o esterna. Eppu-re nei suoi confronti si scatenò la macchina repressiva sino a provocarne lamorte. Lo scorso maggio il governo Berlusconi ha presentato il famigeratodisegno di legge Fini sulle droghe che, se malauguratamente dovesse pas-sare, andrà ulteriormente a colpire giovani tossicodipendenti consumatoridi canapa. I detenuti nelle carceri italiane crescono. Da gennaio aumenta-no di ben 200 unità al mese. Molti di loro sono stranieri e tossicodipen-denti. L’indultino è oramai morto e sepolto. I tossicodipendenti superanonelle prigioni delle grandi città il 40% della popolazione detenuta. Nume-ri impressionanti che rendono il carcere, sempre più, qualcosa di non defi-nibile, a metà tra una comunità coatta e un lazzaretto. L’Ue ha messo inrete un documento, il cosiddetto “Green Paper”, per individuare strategiecomuni dirette ad armonizzare i sistemi sanzionatori dei singoli statimembri. Tre le aree di crimini che più spaventano il legislatore europeo visono il terrorismo, le mafie, il traffico di droghe. Non c’è traccia in questodocumento di un tentativo di individuare nuove strategie non repressivenei confronti del vasto arcipelago di consumatori, venditori, acquirenti didroghe. Non c’è traccia di quanto oramai i grandi istituti di ricerca socia-le affermano in molti paesi europei, ossia che il primo buco si fa in carcere.Non è facile chiedersi che fare nel tuo caso. Ovviamente ci si augura cheuna nuova e sensibile giurisprudenza, fondata sul buon senso e sul rispet-to dei diritti fondamentali, dia un segnale inequivoco alle forze di polizia:ossia combattete il crimine, ma quello vero.

Patrizio Gonnella

Page 3: Una bella eredità

3Supplemento mensilede il manifesto30 luglio 2004 FUORILUOGOEDITORIALI

Fuoriluogomensile di Forum Droghenuova serie anno 6, numero 7/8chiuso in redazione il 24/07/04supplemento de il manifestodel 30/07/04

Direzione:Grazia ZuffaCecilia D’EliaCoordinamentoredazionale:Marina [email protected]:Beatrice Bassini, Claudio

Cappuccino, LeonardoFiorentini (webmaster)Enrico Fletzer, Lucio GamberiniPatrizio GonnellaGiovanni NaniSusanna RonconiSergio SegioMaria Gigliola Toniollo

Comitato editoriale:Stefano Anastasia, Andrea Bianchi, Giorgio Bignami, Giuseppe Bortone, Gloria Buffo, Massimo Campedelli,Stefano Canali, Giuseppe Cascini,

Luigi Ciotti, Maria GraziaCogliati, Peter Cohen,Antonio Contardo, Franco Corleone, PaoloCrocchiolo, Daniele Farina,Matteo Ferrari, Andrea Gallo, Maria Grazia Giannichedda,Betty Leone, Franco Maisto, Luigi Manconi,

Patrizia Meringolo, Toni Muzi Falconi, Mariella Orsi, Livio Pepino,Tamar Pitch, Anna Pizzo,Toy Racchetti, ErsiliaSalvato, Nunzio Santalucia, Luigi Saraceni, Uwe Staffler,Stefano Vecchio,Maria Virgilio

Direttore responsabile:Maurizio BaruffiSegreteria di redazione:tel. e fax 066789959 0669294908E-mail: [email protected] grafico:Andrea MattoneDisegni: Onze

Impaginazione:Sagp, RomaSito web: www.fuoriluogo.itRealizzato col contributo diLeonardo Previ e SaraSecomandi di Methodos s.p.a.Editore: Forum Droghe

c/o Crs via Nazionale 75, 00184 RomaE-mail: [email protected]. n. 25917022Pubblicità: Poster pubblicità s.r.l.via Tomacelli, 146 00186 Romatel. 06/68896911fax 06/68308332

Stampa: Sigraf spa, via Vailate 14Calvenzano (Bg)Registrazione:Trib. Roma: n. 00465/97 del 25/7/97Iscrizione al Registronazionale della Stampa:n. 10320 del 28/7/00

Un eventoproprio per tutti

La caricadi Pezzotta

L’EFFETTO DELLE BUGIERaccontate una bugia e vi crederanno.Raccontatene due, e probabilmente vi an-drà ancora bene. Raccontate una bugiadietro l’altra, e alla fine qualcuna si rive-lerà clamorosamente tale, e da allora nes-suno vi crederà più nemmeno quando di-rete la verità. Non pensate solo al pastoredella favola, mangiato dal lupo quandoarrivò per davvero. Pensate ai famosi 3B,Bush Blair Berlusconi.Un politico accorto queste cose dovrebbecapirle, e si dice che fu Abraham Lincolnad ammonire i colleghi: «Potete inganna-re tutti una volta, e qualcuno sempre. Manon potete ingannare tutti sempre». Maquesto, la maggior parte dei proibizioni-sti sembrano non averlo ancora capito.Credono di far bene paragonando le dro-ghe (di cui in genere sanno pochissimo, eper carità, non vogliono sapere di più) amostri assassini, e raccontando storie ter-rificanti al fine di spaventare le possibilivittime e tenerle lontane dalle tentazioni.Purtroppo così facendo hanno ottenutol’effetto contrario, perché non solo OscarWilde, ma moltissimi altri possono resi-stere a tutto eccetto che alle tentazioni.Cosicché la propaganda antidroga è ser-vita soprattutto a mettere milioni di pulciin milioni di orecchi, e a far immaginare edesiderare chissà che frutto proibito.Le “droghe” sono state usate da uomini edonne di tutto il mondo lungo tutta la storiaconosciuta, e non possiamo quindi vederequest’uso solo sotto il profilo della patolo-gia, della devianza o della trasgressione. Sulfatto che, usate male, le droghe possano farmale, non si discute: e per questo tutti i po-poli e i gruppi sociali hanno sempre svilup-pato le loro regole, formali e informali, pertenerle sotto controllo. Per millenni le dro-ghe non sono state viste da nessuno comeproblema sociale: al massimo, in casi rari,come problema individuale.Il problema sociale è nato quando qual-che raddrizzatore del legno storto dell’u-manità ha pensato di poter cancellare uncostume diffuso, se non universale, impo-nendo a tutti una sola, semplice regola:«questo d’ora in poi è proibito». E si è in-gigantito quando i suoi seguaci, pur dinon ammettere l’errore, hanno deciso diperseverare ad ogni costo, anche con leesagerazioni e le bugie. È in questo modoche si è riusciti brillantemente a trasfor-mare il problema di pochi in un problemadi tutti. Per la precisione, in un problemamondiale (politico, sociale e sanitario) diprima grandezza.

a cura di claudio cappuccino

PERCHÉ SONOANTIPROIBIZIONISTA

BEATRICE BASSINI E MAX LORENZANI

Un’altra estate calda in Emilia Romagna. Tanti eventi e, uni-co nel suo genere, come ogni anno, l’8ª edizione della streetrave parade antiproibizionista organizzata dal Livello 57,che con 32 camion e 10 unità di strada complessive e unafolla danzante di circa 150mila persone ha attraversato la

città di Bologna dai Giardini Margherita fino al Parco di Villa Angelettidove a fatica si è dissolta verso le otto del mattino di domenica 4 luglio.

L’appuntamento è stato preceduto dalle 5D (cinque dimensio-ni): un ricco programma di tavoli tematici, dalle nuove informazioni econsapevolezze sullo stato dell’arte della psichiatria, alla mobilitazionecittadina contro la legge Fini, allo studio dei diversi stati di coscienza.Inoltre proiezione di filmati antipro quasi inediti: in particolare ringra-ziamo il regista Paolo Vari per la presentazione del film Fame chimica.Tuttavia quest’anno è accaduto qualcosa di importante e inedito, per al-cuni versi un po’ inaspettato, riguardo all’evento street parade: l’uscitadal sommerso di molti attori.

1. Stavolta il Livello ha invitato a uscire proprio tutti, anche i con-sumatori che forse a cittadini e operatori piacciono di meno, quelli abi-tuati a nascondersi nei bagni delle discoteche, ad accontentarsi quandoi locali chiudono l’acqua nei bagni, a negare contro ogni evidenza il con-sumo. Proprio queste persone si è ritenuto avessero più bisogno di dia-logo e di informazione e nell’includerle si è andati oltre stereotipi e pre-giudizi da cui nessuno è immune.

2. Si è riaffermata la collaborazione con l’Osservatorio epide-miologico di Bologna che anche quest’anno ha intervistato numerosiconsumatori e presenterà probabilmente in autunno i risultati della ri-cerca.

3. Con grande piacere di tutti hanno partecipato a questa edi-zione gli operatori sociali, i servizi del Comune, la Regione. La street2004 ha rappresentato anche un rito iniziatico per il neonato coordina-mento delle unità di strada della Regione Emilia Romagna per predi-sporre al meglio interventi di riduzione dei rischi in eventi di questaportata.

4. I giornalisti e la stampa sono riemersi dall’indifferenza dimo-strata negli scorsi anni per l’evento e dall’attesa dello scoop dell’ultimaora su eventuali vittime.

5. I cittadini. Alcuni sono usciti dai gusci delle loro case seppureper protestare, mobilitarsi, organizzare comitati, altri hanno partecipa-to sorridendo e rilasciandoci interviste. Non parevano scocciati né ter-rorizzati.

Il Livello 57 ha ringraziato da subito la città di Bologna e oggi forsepuò dire solamente “Scusate il disturbo” perché l’allegria era con-tagiosa e ha fermato un po’ la città, perché gli invitati erano tanti ehanno lasciato molti tappeti erbosi indubbiamente sporchi. La lot-ta per una nuova politica in tema di droghe è una battaglia di ci-

viltà nel rispetto di tutto e di tutti. Nessuna guerra in corso e, anzi, spe-riamo in una sempre maggiore collaborazione col territorio affinché siaprano nuove forme di dibattito ed organizzazione.

Nessun dorma… nessuno faccia finta di niente. I consumi sonoquelli che avete visto dopo secoli di repressione e proibizionismo. Aquesto punto possiamo solo ridurre i danni. Grazie a pratiche come il te-st rapido delle sostanze abbiamo avuto la possibilità di capire un po’ dipiù cosa circola nel mercato illegale. Il Livello 57 promuove tenacemen-te queste pratiche perché rappresentano il modo più potente per coin-volgere i ragazzi in un consumo più consapevole, perché in questo mo-do si influenza in modo determinante il mercato illegale delle droghe esoprattutto perché si incide pragmaticamente sulla loro vita quotidiana.

Si ringraziano operatori, politici, registi, relatori delle 5D, citta-dini e chiunque abbia partecipato.

È stata una grande festa. Al prossimo anno. n

Dedicato a Giancarlo ArnaoGIUSEPPE VACCARI*

Agli inizi degli anni ‘80, un’espressione molto usa-ta per indicare il destino di chi consumava so-stanze stupefacenti era: «stanno entrando neltunnel della droga». Con tale immagine si volevaevocare un percorso al buio, una viscida strada

verso il basso, di fatto senza ritorno. Una metafora carica difatalismo con al centro la sostanza in quanto tale, una speciedi tabù primordiale: è la sostanza che è impura e chiunque latocca ne viene contaminato, irrimediabilmente! Quanto im-pegno, quante energie dedicate da migliaia di operatori, intel-lettuali, ricercatori, negli ultimi trent’anni per rompere quel-l’immagine così fuorviante (e che una certa politica perbenistaod a forte impronta ideologica aveva fatto propria). Una duris-sima lotta per rompere il fatalismo che ne derivava (il drogatoè irrecuperabile!), invalidando in tal modo ogni progetto di re-cupero e per sconfiggere i fautori del “tanto peggio tanto me-glio” (dalla droga si esce solo dopo aver “toccato il fondo”!, ecarcere, malattie, degrado sociale, abbrutimento personalepaiono condizioni quasi auspicabili per avviare un programmadi recupero). Contro tutto ciò già dieci anni fa era nato un mo-vimento: “educare e non punire” era lo slogan che li accomu-nava e che felicemente dava il senso di un impegno prioritario:mettere al centro la persona, le sue relazioni, la sua condizionesocio-economica, e far cogliere che l’uso di sostanze psicoattivesi intreccia con tutto ciò. Anni di duro lavoro che avevano co-minciato a produrre una nuova cultura. Dalla droga si può usci-re!, il semplice consumo può anche farsi compatibile con i pro-pri quotidiani ritmi di vita!, è la dipendenza che fa problema.

Con la proposta Fini si ripiomba indietro di trent’an-ni. Si torna al tunnel della droga, si torna al saltonel buio per centinaia di migliaia di persone, gio-vani in particolare, che delle diverse sostanze (ac-comunate in un unico calderone di proibizione as-

soluta con un’operazione totalmente antiscientifica) fannouso con una certa frequenza. Per questo le principali orga-nizzazioni e associazioni di operatori, di professionisti, diutenti che operano nel campo delle dipendenze, nonché unlargo schieramento di soggetti sociali (oltre 50 sigle che van-no dai sindacati a tutto il terzo settore, ecc.) si sono ritrovatecompatte attorno al documento “Non incarcerate il nostrocrescere”, formando un cartello vastissimo di contrapposi-zione totale alla proposta del governo.

Un cartello che ha già promosso tre eventi a caratterenazionale: Napoli, Firenze e Bologna. L’iniziativa bolognese,che si è tenuta ai primi di luglio, ha dato due segnali forti:

• l’Europa va in direzione opposta, la punizione delconsumo di fatto non è più considerata una strada utile;

• l’allarme per questa inqualificabile proposta di leg-ge comincia ad andare oltre il mondo degli addetti ai lavori.Savino Pezzotta, segretario generale della Cisl, ne è stato effi-cace testimone, dichiarandosi per una contrapposizionefrontale a questa, nel parlamento e nel paese.

Interessante infine che questo convegno abbia segui-to di pochi giorni l’ultima “Street Rave Parade” di Bologna,dalla fortissima impronta antiproibizionista. Dal dialogo fraquesti due mondi può derivare una nuova spinta per la bat-taglia antipunitiva. n

*Responsabile progetto tossicodipendenze. Dipartimento Welfare.Direzione Nazionale Ds

Page 4: Una bella eredità

M a r i n a I m p a l l o m e n i

Bruno Dagnini, preside del liceo scientifico Majorana a Rho, è stato condannato a 20mesi di reclusione per favoreggiamento e agevolazione dolosa all’uso di sostanzestupefacenti. La sua colpa? Avere preferito alla repressione la prevenzione e il dia-logo con gli studenti. Eppure non dobbiamo stancarci di ripetere che, grazie a unreferendum, in Italia il consumo di droghe non è più reato dal 1993. Ne parliamocon il difensore di Dagnini, l’avvocato Giuliano Pisapia.

Quali comportamenti attribuiti al preside Dagnini sono stati ritenuti determinanti perla condanna?

Le motivazioni della sentenza non sono ancora state depositate e, quindi, non rie-sco a spiegarmi sulla base di quali emergenze processuali si possa essere giunti a

una simile decisione. Anche in quanto vi erano, in atti, le deposizioni testimoniali di numerosissimi in-segnanti nonché documentazione interna alla scuola che dimostravano una particolare attenzione diDagnini di fronte al problema droga. Nel capo di imputazione gli si contestava di «consentire o comun-que tollerare» e di «omettere deliberatamente di denunciare all’autorità giudiziaria» il consumo di ha-shish all’interno dell’istituto.

Questa condanna costituisce un precedente particolarmente preoccupante, dato che l’uso di cannabis èmolto diffuso tra i giovani, e dunque nelle scuole. Dobbiamo forse aspettarci che siano inquisiti tutti ipresidi e i professori?Innanzi tutto è preoccupante che un preside sia stato condannato non solo in mancanza di pro-

ve rispetto al fatto che lo stesso abbia mai assistito a episodi di consumo di stupefacenti all’interno delsuo istituto, ma anzi in presenza di numerosi elementi processuali che dimostravano una sua particola-re sensibilità al problema. Basti far presente che, da un’indagine effettuata all’interno delle scuole mila-nesi, è risultato che, in tutte, una significativa percen-tuale di studenti fumava “spinelli”; una analoga in-dagine, fatta dopo circa un anno, ha dimostrato chenel liceo Majorana, il consumo era diminuito rispettoalle altre scuole. Il fatto che uno studente possa assu-mere sostanze stupefacenti per uso personale nonimplica certo che abbia “acquistato” o “ceduto” lospinello a scuola. L’uso personale non è reato e, quin-di, non vi è obbligo per il professore o il preside di de-nuncia all’autorità giudiziaria.

Se si stabilisce il principio che i professori e ipresidi rispondono di agevolazione dolosa anche so-lo per essere venuti a conoscenza – magari per voci di corridoio – del fatto che, all’interno dell’Istitutoscolastico, qualche ragazzo fuma uno spinello, certo tutti i professori e i presidi delle scuole italiane ri-schiano l’incriminazione, con le conseguenze facilmente intuibili.

La condanna di Dagnini appare dettata da una concezione puramente repressiva del ruolo dell’inse-gnante...Le politiche repressive non hanno mai dato risultati positivi, tanto meno nella lotta all’uso di stu-

pefacenti e, al contrario, hanno determinato un grave aumento dei tossicomani, dei reati connessi allatossicodipendenza, dei morti per droga e un rafforzamento della criminalità organizzata. L’insegnantenon è un guardiano, ma una persona che trasmette il suo sapere, una figura spesso fondamentale nellavita di un adolescente.

Sarebbe assurdo pensare di risolvere il problema del consumo eccessivo di droghe stabilendo ilprincipio secondo cui un ragazzino che fuma uno spinello deve essere denunciato alle autorità. Si tor-nerebbe indietro di decenni, vanificando il lavoro della comunità scientifica mondiale. Il rischio delle po-litiche repressive è quello di isolare, emarginare. Un ragazzo isolato ed emarginato è un ragazzo che dif-ficilmente si integrerà nella società.

A suo parere, presidi e professori che si accorgano che gli studenti “fumano” a scuola, magari nei bagni,come dovrebbero comportarsi?Fumare uno spinello non è reato. Un ragazzo che fuma a scuola deve essere seguito con mag-

giore attenzione e tatto, coinvolgendolo in attività didattiche, culturali, sportive, sociali, approfondendola sua situazione personale, psicologica e famigliare, parlandone, quando è opportuno, con i genitori e,soprattutto, capendo se è un episodio sporadico. La scuola dovrebbe attivarsi e far intervenire l’autorità,nei casi in cui dei veri e propri spacciatori o “pusher” tentano di entrare a scuola per vendere droga.

La proposta Fini prevede l’obbligo per i professori di segnalare alle famiglie gli studenti che fumano ma-rijuana. Che effetto avrà questa legge nel mondo della scuola, se sarà approvata?Spero che non sia approvata perché sarebbe un vero disastro. L’errore è quello di generalizzare.

Ogni ragazzo è diverso, fuma per ragioni diverse, viene da una famiglia diversa. A volte parlarne con igenitori può essere deleterio, altre volte utile. Trasformare la scuola in un luogo di restrizione e control-lo non servirebbe certo a combattere il fenomeno del crescente consumo degli spinelli (i ragazzi li fu-merebbero altrove!) ma snaturerebbe completamente la funzione della scuola, non più luogo di ap-prendimento dove coltivare interessi e relazioni umane, ma luogo di punizione dal quale fuggire.

Presenterete appello? Cosa vi aspettate?Sì, presenteremo appello non appena saranno depositate le mo-

tivazioni della sentenza. Se le norme di legge contestate al Dagnini ver-ranno interpretate e applicate correttamente dal punto di vista giuridi-co, non potrà altro che giungersi a una sentenza di assoluzione perché ilfatto non sussiste. n

D o n G i n o R i g o l d i

Per chi, come noi di Comunità Nuova, è abituato alavorare e collaborare con presidi e professori nellescuole superiori pubbliche e private di Milano eprovincia, la condanna del preside Dagnini è stataun evento sorprendente e poco comprensibile omeglio, purtroppo comprensibile.Dagnini, fin dall’inizio del suo arrivo al Majorana,aveva chiesto, realizzato e ripetuto progetti di pre-venzione del consumo di sostanze, di educazionesessuale, di educazione alla legalità e su altri temi

di interesse per i giovani, e tutto questo in stretta collaborazione con iservizi pubblici e con diverse associazioni del non-profit. Nella nostraesperienza di operatori della prevenzione che vedono ogni anno circaduemila giovani, questo dirigente è sempre stato uno dei più disponibi-li e sensibili. Posso tranquillamente aggiungere che ancora oggi molti in-segnanti e diversi dirigenti scolastici sono così poco competenti in edu-cazione e così scioccamente ideologici da credere che una minaccia dipunizione o meglio la punizione secondo un’interpretazione letterale dileggi o regolamenti, sia il miglior metodo per sradicare comportamentidevianti.

Sicuramente a Rho, la prevenzione e il dialogo per evitare il con-sumo di cannabis, comportamento purtroppo ormai endemico tra ado-

lescenti e giovani lombardi, sono stati affidati soprattuttoa interventi educativi, a progetti di informazione e di pre-venzione anche secondaria; probabilmente meno al con-trollo e alla sorveglianza di qualche luogo che poteva es-sere diventato una sorta di santuario del consumo intra-scolastico. Mi pare di ricordare che la sorveglianza diquanto succede a scuola sia in primo luogo compito degliinsegnanti e degli organismi di governo scolastici, non so-lo del dirigente scolastico.

La nostra scuola pubblica è sicuramente una buo-na scuola, ovviamente e purtroppo con le sue eccezionimeno positive. La competenza più necessaria è quella del-

la capacità di una buona relazione con i giovani, il che ovviamente nonsignifica permissivismo. Relazione è un dialogo sincero e pulito tra per-sone che mantengono sempre il proprio ruolo ma non hanno paura dimettere in campo i propri sentimenti e le proprie convinzioni e fanno ditutto per attivare un dialogo con gli adolescenti, anche su alcuni lorocomportamenti trasgressivi. Sicuramente un atteggiamento autoritario èpiù chiaro, viene condiviso da diversi genitori che confidano che la scuo-la possa fare quello che a loro non riesce in casa. Se poi dei genitori o de-gli insegnanti appartengono a qualche movimento autoritario e con mo-rale sicura, un insegnante dialogante è quanto meno sospetto.

Per quanto riguarda il consumo di cannabis, ci si è messa anchela incompetente proposta Fini sulla droga dove con grande enfasi si con-fida che una decisa minaccia di punizione possa prevenire o almeno dis-suadere gli adolescenti dal consumo delle droghe. Ma veniamo alla con-danna del dirigente Dagnini.

Quello che si vede a occhio nudo è che dei giudici si sono incari-cati di spiegare e applicare una loro idea di educazione. Hanno trattatoun educatore come fosse un carabiniere o un poliziotto con automaticodovere di denunciare fatti o sospetti di contravvenzione alle leggi. Sequesta modalità – che con l’educazione non c’entra pressoché nulla – do-vesse affermarsi, sarebbe un vero disastro. Certamente il Pm e la Gupdevono essere dei giovani zelanti magistrati. A leggere i loro provvedi-menti, chi si intende di educazione si sente in dovere di invitarli a fare illoro mestiere e di ricordare la uguale dignità di altre professionalità. Nonposso resistere alla tentazione di ricordare loro la saggezza antica di chiscrisse: «Summa lex, summa iniuria».

Un educatore non cambia il nome alle cose. Un reato, un cattivocomportamento, una prevaricazione devono essere chiamati con il loronome. Ma l’educazione si fonda su di un rapporto di fiducia, sul dialo-go, anche sul rimprovero e sul castigo, ma a passare dal castigo o dalrimprovero alla denuncia penale ce ne passa anche se non può essereesclusa. Se i dirigenti scolastici come i professori ricavassero dalla con-danna di Dagnini che il loro compito educativo è strettamente collatera-le con le forze di polizia, saremmo al disastro educativo e a una drasticariduzione di conoscenza, e quindi di controllo attivo, dei comportamen-ti giovanili. n

4 Supplemento mensilede il manifesto

30 luglio 2004FUORILUOGOLEGGEE ORDINE

SENTENZA DI RHO, PARLA L’AVVOCATO GIULIANO PISAPIA

REATI IMMAGINARI

FL Storie di (stra)ordinariarepressione su: www.fuoriluogo.it

L’EDUCAZIONEMISCONOSCIUTA

L’uso personale è depenalizzato, e per docenti e presidi non c’è obbligodi denuncia all’autorità giudiziaria

Page 5: Una bella eredità

5Supplemento mensilede il manifesto30 luglio 2004 FUORILUOGOITALIA

MONDO

GIANLUCA BORGHI*

Esiste una complessità individuale,che attraversa la separatezza tra luo-go di lavoro e i luoghi esterni di vita,le esternalità negative prodotte dallarisultante di tutte queste interazioni

sono diverse e non sempre vengono riconosciu-te, accolte e trattate positivamente. L’idea di in-trodurre la figura del Delegato sociale negli am-bienti di lavoro risponde a un bisogno percepitoda un numero crescente di attori sociali. Unasperimentazione in tal senso, promossa dai sin-dacati Cgil–Cisl–Uil dell’Emilia-Romagna, fi-nanziata dal Fondo sociale europeo, ha portatoa formare circa 190 delegati, presenti su tutto ilterritorio regionale. Ora, con un protocollo d’in-tesa siglato dai sindacati confederali con la Re-gione, stanno prendendo forma nuovi scenari direte, che prevedono ad esempio di fornire glistrumenti necessari per svolgere un utile ruolodi collante tra il singolo caso e i servizi presentinel territorio e le varie realtà, associazioni ecce-tera, espressione della società civile. È impor-tante sapere riconoscere un problema di tossico-dipendenze, fornire indicazioni sulle risorse di-sponibili per affrontarlo con l’idea di non esseresoli, con l’idea di non essere annegati in un ma-re d’indifferenza. Ciò vale per contrastare l’etili-smo, il disagio psichico e valeanche nella direzione di cercaredi trovare, o inventare, risposteutili per favorire il benessere:pensiamo ai problemi abitativi,ma anche a soggiorni per adole-scenti, a momenti conviviali,particolarmente importanti peri cittadini extracomunitari, manon solo, per favorire lo svilup-po di una dimensione multicul-turale. Le aziende, pubbliche oprivate, è ragionevole pensareche trarranno beneficio da que-sta presenza del delegato socia-le, innanzitutto perché è unaforma di tutela del capitale sociale, di cui sem-pre di più si evidenzia l’importanza, perché inrealtà è corretto parlare di economia delle rela-zioni, come di un profilo indispensabile che puòprodurre più qualità e sostenibilità. Penso cheanche il mondo imprenditoriale, a partire dallecomponenti più illuminate, scenderà in campoper rimuovere le patologie organizzative che af-fliggono psicologicamente e materialmente i di-pendenti, spesso per sottovalutazione o per rigi-dità verso i cambiamenti possibili, organizzati-vi, ma innanzitutto culturali, che creano o man-tengono separatezze tra il momento della pro-duzione e il tempo del non lavoro. Si può parla-re di attività di inclusione, di prevenzione, piùsemplicemente si può parlare dell’idea di darecorpo al desiderio di felicità che è proprio diogni persona, di tornare a parlare di “noi” e nonpiù in termini di “io”. Queste sono frontiere daesplorare senza timore, per le potenzialità di ge-nerare senso di appartenenza e di reciprocità, dicui l’insieme del tessuto sociale ha un grande bi-sogno. Una persona è più ricca quanto più navi-ga nelle belle relazioni. n

*Assessore alle Politiche sociali della Regione Emilia-Romagna

G a s p a r F r a g a *B A R C E L L O N A

Il governo del Partito popolare di Aznar, che negli ultimi quattro anni (dal 2000 al 2004) aveva vantato la maggio-ranza assoluta in parlamento, ha messo in campo in Spagna una politica sulle droghe aggressiva e basata sulla re-pressione. Il ministro dell’Interno del Partito popolare, Angel Acebes, aveva insediato il 15 dicembre scorso unacommissione di esperti in diverse discipline (psichiatri, psicologi, farmacologi e sociologi), finanziata dal governo,che avrebbero dovuto lavorare con un gruppo di giuristi e magistrati. La commissione aveva l’obiettivo di giusti-ficare dal punto di vista giuridico un decreto legge per chiudere riviste come Cañamo, grow shops, associazioni an-tiproibizioniste, con l’accusa di “apologia del consumo di cannabis” fra gli adolescenti e i giovani. Il governo in-tendeva anche mettere fuorilegge i semi di cannabis (legali in Spagna) in base alla Convenzione Onu del 1961.Tutta questa campagna che minacciava la libertà di espressione e di consumo, diritti costituzionalmente sanciti inSpagna, è finita nel nulla dopo la sconfitta di Aznar alle elezioni, ma aveva fornito lo spunto per la “Encuesta esco-

lar 2002” del Piano nazionale sulle droghe. Questa campagna mirava ad allarmare l’opinione pubblica, in particolare i geni-tori e gli educatori, sostenendo che l’età media in cui si inizia a consumare cannabis è 14 anni e 7 mesi. Curiosamente e coninsistenza una campagna analoga si è replicata poche settimane dopo in altri paesi dell’Ue. In Germania la rivista Der Spiegel(28 giugno 2004), oltre a pubblicare un reportage di 13 pagine, mostra in copertina un fotomontaggio con una ragazzina cheentra a scuola con un enorme spinello acceso, simulando scherzosamente, ma con accenti allarmistici, l’usanza di inizio annoscolastico in Germania, dove gli alunni sono soliti scambiarsi dei regali.

Dopo l’attentato di Madrid, che ha causato 192 morti e centinaia di feriti, le elezioni del 14 marzo hanno riconsegnatola guida del paese ai socialisti, sotto la guida di Rodriguez Zapatero. Con il nuovo primo ministro e il suo governo riprendo-no fiato le speranze di una ripresa della lotta contro l’ingiusta e inefficace politica proibizionista sulle droghe. Le speranze sifondano sul fatto che Zapatero ha affidato posizioni chiave a politici progressisti – il ministro dell’Interno e quello della Giu-stizia, il Procuratore generale dello stato dell’Anticorruzione. Inoltre, accogliendo la richiesta degli antiproibizionisti, egli haaffidato il Piano nazionale antidroga al ministero della Salute e del Benessere Sociale guidato da Elena Salgado. Con il prece-dente governo, il Piano era invece di competenza del ministero degli Interni, e puntava più alla repressione dell’offerta e del-la domanda che alla riduzione del danno. Comunque, la ministra Salgado ha subito dichiarato: «il consumo di cannabis è giàdepenalizzato in Spagna, e da lì non ci muoviamo». Ciò significa che non sarà attuata alcuna depenalizzazione della coltiva-zione, della produzione e della vendita, come invece chiedono centinaia di migliaia di coltivatori e consumatori spagnoli che

vorrebbero una regolamentazione capace di ordinare e controllare, con garanzie sulla qualità e sul prezzo,l’attuale mercato nero dove si riforniscono circa il 10% degli spagnoli, cioè i consumatori di hashish e ma-rijuana.

Non bisogna dimenticare che fu proprio il partito socialista, quando era al governo nel 1992, ad ap-provare l’infausta “ley Corcuera” (legge ordinaria 1/92 per la sicurezza nelle città), tuttora in vigore. Questalegge sanziona amministrativamente – non penalmente – con una multa di 300 euro la detenzione di so-stanze illecite (sempre che si dimostri che sono per il consumo personale) in luoghi o trasporti pubblici. Og-gi, con i socialisti al governo, gli antiproibizionisti rivendicano con maggiori ragioni l’opposizione alla “leyCorcuera”, che penalizza soprattutto i giovani. Questi, per non pagare la multa, devono sottoporsi a un pe-riodo di disintossicazione, a fronte di una “intossicazione” inesistente per quanti vengono puniti per deten-zione di cannabis, cioè la stragrande maggioranza. Nel 2003, in applicazione di questa legge, sono state com-minate 66mila sanzioni. Nonostante questo, l’uso terapeutico della canapa (su modello dell’Olanda, dove lacannabis è disponibile nelle farmacie) richiesto dai governi autonomi dell’Andalusia, dei Paesi baschi e del-la Catalogna insieme ai derivati sintetici del Thc in pastiglie (Nabilone), è già quasi una realtà accettata dalgoverno centrale spagnolo.

Un altro punto è quello sollevato già da sei annidal governo autonomo dell’Andalusia che sta ormai procedendo con ilsuo progetto, sempre contrastato dal governo Aznar, di somministrazio-ne di eroina ai tossicomani cronici. Così la somministrazione controllataper uso medico di eroina, che già avviene in Svizzera e in Olanda, dopoun periodo di prova di due anni è ora codificata – come i programmi didistribuzione del metadone a mantenimento – e approvata dal ministerodella Salute del nuovo governo. Per ora il Pepsa, questo il nome del pro-gramma sperimentale messo a punto dall’Università di Granada, è un’e-sperienza assolutamente positiva, che migliora la qualità della vita deglieroinomani. Inoltre, in tre mesi di trattamento, i reati commessi dai pa-zienti sottoposti al Pepsa si sono ridotti di 4,04 volte, vale a dire 3,86 vol-te in più rispetto al gruppo di controllo a cui viene somministrato il me-tadone. In cifre assolute, i reati contro la proprietà commessi dai pazientiin trattamento con eroina sono scesi da 26 a 2. Inoltre lo stato di salute fi-sica di questi stessi pazienti è migliorato più di quattro volte, la loro salu-te mentale è migliorata di due volte e il rischio di contrarre il virus Hiv èdi quasi quattro volte inferiore. L’età media dei pazienti del Pepsa superai 37 anni, più del 50% vive con la propria famiglia, uno su quattro è senzacasa, il 90% è di sesso maschile e più del 50% aveva problemi con la giu-stizia all’inizio del trattamento. Fra di loro il 97% presenta patologie dacontagio (epatite B, Hiv o Aids), uno su quattro soffre di disturbi psichicie il 70% ha iniziato con l’eroina quando aveva meno di 19 anni. La loro di-pendenza dura mediamente da 19 anni, nonostante abbiano tentato me-diamente di disintossicarsi per circa 13 anni. n

* Direttore della rivista spagnola Cañ[email protected]

Il Pepsa, programma sui trattamenti con eroina dell’Universitàdi Granada, sta dandorisultati assolutamentepositivi migliorandola qualità della vita degli eroinomani

Svolta nelle politiche sulle droghe nella Spagna a guida socialista

FORZA ZAPATERONuovi scenari

collettivi

IL PROSSIMONUMERO DI FUORILUOGOSARÀ IN EDICOLA CON IL MANIFESTOVENERDÌ 24 SETTEMBRE

Auguriamo a tutti buonevacanzeFU

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Page 6: Una bella eredità

6 Supplemento mensilede il manifesto

30 luglio 2004FUORILUOGOECONOMIADELLE DROGHE

A d a B e c c h i

Il tema del traffico di stupefacenti ha persomolto peso nel dibattito rispetto a quello chegli veniva attribuito qualche tempo fa, e que-sto non sembra essere accaduto solo comeconseguenza dell’apparizione sulla scenamondiale di un nuovo temibile nemico, il ter-rorismo fondamentalista. Già prima del set-tembre 2001 era agevole constatare che l’enfa-si con cui il tema era trattato, andava sceman-do.

Fino ai primi anni ‘90, i trafficanti di stupefacentierano regolarmente presentati come il nemico pubbliconumero uno del mondo “civile”. Il presidente Bush se-nior utilizzava spregiudicatamente l’argomento per con-solidare l’egemonia degli Stati Uniti in America Latina.In Europa, in Italia soprattutto, si poneva l’accento sullacoincidenza tra criminalità organizzata e trafficanti dinarcotici, sulla ricchezza che le cosche così accumulava-no, sui costi che l’economia subiva a causa della loro in-filtrazione in attività legali. Da un lato, si tendeva ad am-pliare la gamma dei comportamenti da punire (fino a in-trodurre da noi, con la legge Vassalli-Russo Jervolino,pene per i consumatori, con una norma successivamen-te cancellata da un referendum). Dall’altro, si usavano lerelazioni con i traffici per definire i confini di un nuovoordinamento geopolitico: i paesi cattivi da un lato (Co-lombia, Cina, Myanma come capofila), i buoni dall’altro.Una specifica branca delle Nazioni Unite, l’Office onDrugs and Crime (Odc), promuoveva programmi di sra-dicamento della coca, del papavero e della cannabis.

Perché questa tensione è andata scemando? La

I vincoli del mercato illegale

Le ragioni della caduta di tensio

REGOLACLAUDIO CAPPUCCINO

Immaginate che dall’oggi al domani, tutti i paesi decida-no che non si devono più produrre o commerciare tessu-ti di cotone. Che cosa succederebbe nell’economia mon-diale?I produttori di cotone si troverebbero di colpo a non aver

più sbocchi commerciali per il loro raccolto. I commercianti dicotone non potrebbero più vendere i loro stock, e dovrebberoinventarsi un tipo diverso di commerci. I fabbricanti di mac-chine per la raccolta, per la filatura e per la tintura del cotone,o di telai per la tessitura, si troverebbero di colpo con impiantisenza valore, e senza più clienti. I produttori e i commerciantidi tessuti di cotone, di coloranti per il cotone, di detersivi per illavaggio del cotone dovrebbero anche loro mettersi a fare altrecose. I lavoratori di tutte queste industrie si troverebbero di col-po senza lavoro e senza reddito.

Questa è naturalmente un’ipotesi assurda. Ma può ser-virci a capire come un grosso e improvviso cambiamento in unsettore economicamente importante farebbe immediatamentesaltare tutta una serie di equilibri economici consolidati, con ri-percussioni a catena, a breve e a lungo termine, su tutti gli altrisettori. L’improvvisa scomparsa del reddito monetario legatoal mercato del cotone si ripercuoterebbe a catena su tutti gli al-tri mercati. In poco tempo si comprerebbero meno scarpe e me-no televisori, meno vestiti e meno automobili, meno elettrodo-mestici e forse anche meno alimenti e altri generi di prima ne-cessità. Si richiederebbero meno servizi, dai trasporti alle curemediche, dai servizi scolastici a quelli bancari. Non parliamodei beni e servizi non essenziali.

Anche se il mercato del cotone non è certo una voce do-minante dell’economia mondiale, il risultato di una sua im-provvisa caduta determinerebbe un gravissimo sconvolgimen-to dei mercati. Certamente una gravissima recessione, da cui ilmondo non si riprenderebbe per decenni. Forse persino delleguerre.

Bene, questa specie di «inerzia dell’economia», o di re-sistenza al cambiamento, è uno dei problemi finora più trascu-rati dagli antiproibizionisti. Almeno da quelli che pensano che,abrogando le leggi repressive sulle droghe, un sacco di proble-mi sarebbero miracolosamente risolti. Purtroppo non è così.

Secondo ipotesi attendibili, il mercato illegale della dro-ga costituisce ogni anno circa l’8-10% del valore delcommercio totale mondiale, il che vuol dire che la dro-ga muove più denaro del petrolio, dell’acciaio, del-l’automobile. Come si sa, pecunia non olet, e le leggi eco-

nomiche non distinguono fra i mercati legali e quelli illegali. Iprimi hanno vincoli e vantaggi che i secondi non hanno, e vi-ceversa. Ma è tutto qua. Gli equilibri economici, e quelli geo-politici che li accompagnano, sono un unico intreccio, un’uni-ca rete. Il crollo del reddito (illegale, certo, ma non per questomeno reale) ai molti livelli della catena che va dal piccolo pro-duttore afghano o colombiano di papavero o coca all’ultimospacciatore di strada di Roma o di New York (passando per idiversi livelli di medi, grossi e grossissimi operatori esatta-mente come avviene per qualunque bene o servizio legale), siripercuoterebbe su tutti gli altri mercati, illegali e legali. Il ri-sultato sarebbe una scossa recessiva spaventosa all’intera eco-nomia mondiale, probabilmente assai più grave di quella cheabbiamo ipotizzato per il cotone.

Tagliare alla radice il mercato illegale delle droghe conuna semplice operazione di «legalizzazione», ovvero con la can-cellazione di colpo delle leggi che vietano la produzione e il com-mercio delle droghe, è purtroppo una mossa improponibile a li-vello globale. Questo naturalmente non vuol dire che non si pos-sa più uscire dai guasti del proibizionismo. Vuol solo dire che,dopo averlo portato avanti fino al punto a cui siamo arrivati, nonse ne può più uscire con una soluzione facile e indolore, con uncolpo di spugna che semplicemente lo cancella, ma che si devo-no progettare soluzioni più complesse e graduali. n

ECONOMISTIIn un lungo articolo pubblicato nel primo numero (aprile 2004)

della rivista Economic Journal Watch, dal titolo “DoEconomists Reach a Conclusion?”, Mark Thornton cerca di dareun quadro il più possibile ampio della posizione degli economistiamericani sulla politica della droga. Presentiamo qui di seguitoalcune delle più interessanti citazioni degli economistiantiproibizionisti.

Robert J. Barro: «...la proibizione delle droghe ricreative fa salire iprezzi, stimola le attività illegali, ha solo modesti effetti suiconsumi, e impone costi inaccettabili in termini di aumento dellacriminalità, aumento del numero dei carcerati, deterioramentodelle relazioni con i paesi fornitori di sostanze illegali. Un’ideamigliore sarebbe di mantenere intatte l’attuale regolamentazionedel tabacco - che include sostanziose ma non inaccettabili tassee divieto della vendita ai minori - e applicarla anche alle drogheattualmente illegali».

Barro, Robert J. 1997. Getting It Right: Markets andChoices in a Free Society. Cambridge, MA: MIT Press.

Gary S. Becker: «Legalizzare le droghe non è certo una panacea,ma eliminerà la maggior parte dei profitti e della corruzione delnarcotraffico. (...) Il gettito fiscale ottenuto con forti tasse sulledroghe potrebbe essere usato per trattare i tossicodipendenti eper educare i giovani sugli effetti dannosi di molte sostanze».

Becker, Gary S. 2001. “It’s Time to Give Up the War onDrugs”. Business Week, 17 settembre.

Page 7: Una bella eredità

Supplemento mensilede il manifesto30 luglio 2004 FUORILUOGO

one sul tema del traffico di stupefacenti

AZIONI OCCULTErisposta più ovvia sarebbe nella constatazione che laguerra ha avuto successo, che il consumo di droga si èridotto, che il traffico è divenuto meno profittevole, chemolte aree sono passate ad altri tipi di colture. Ma que-sto sembra essere solo fino a un certo punto vero.

I dati rivolti a quantificare offerta e domanda so-no – come tutte le fonti serie dichiarano – molto lacu-nosi. Il che è inevitabile nel caso di un mercato proibito.Con l’eccezione degli Stati Uniti in cui il consumo didroga è incluso in un’indagine campionaria, il numerodei consumatori è generalmente ricavato dal numero(spesso non affidabile) di coloro che ricevono tratta-menti di disintossicazione e da stime dell’offerta basatesui quantitativi didroga sequestrati.L’Odc (Executive Re-port del 2003) parla di200 milioni di consu-matori a scala mon-diale, di cui 14 milio-ni di oppio-eroina, 14di cocaina, 163 di de-rivati della cannabis,34 di anfetamine e 8di ecstasi.

Secondo i da-ti, si sarebbe di fronte a un declino del numero dei con-sumatori delle cosiddette droghe pesanti negli StatiUniti e della sola eroina in Europa occidentale. Al con-trario, aumenterebbe la loro diffusione nei paesi del-l’Europa orientale, dell’Asia centrale, dell’America La-tina. Per i derivati della cannabis, le anfetamine, l’ecsta-si, si assisterebbe ad un aumento generalizzato del nu-

mero dei consumatori. A questi contraddittori trend dal lato della do-

manda, corrisponderebbe una marcata concentrazionedelle colture dal lato dell’offerta. Nell’offerta di oppio siavrebbe ormai una netta prevalenza dell’Afganistan(ma le fonti Usa parlano di importanti coltivazioni delpapavero in America Latina), e in quella di cocaina del-la Colombia che, mantenendo la sua specializzazionenella raffinazione, avrebbe sviluppato al suo internonuove piantagioni per sostituire quelle eliminate in Bo-livia e Perù.

Dal punto di vista dell’organizzazione dei traf-fici la Colombia mantiene la sua supremazia sul merca-

to della cocaina; iltraffico di eroina ver-so l’Europa continuaanalogamente ad es-sere egemonizzatoda turchi (si dice: dietnia curda) che si av-valgono per il tra-sporto e lo spaccio dibande basate in paesibalcanici o di africani(nigeriani, maghrebi-ni).

La situazione italiana sarebbe caratterizzata dauna sostanziale stabilità del consumo, con una lieveflessione per l’eroina, e un analogamente lieve incre-mento per la cocaina ed i derivati della cannabis. Nel-l’organizzazione dei traffici il quadro non risulta modi-ficato, nonostante processi e condanne. La droga arrivain Italia per iniziativa dei trafficanti internazionali e dei

loro corrieri, e viene fondamen-talmente spacciata da maghre-bini, ma la criminalità autocto-na (la ‘ndrangheta prima di tut-to) mantiene il controllo delladistribuzione all’ingrosso.

Poiché questi sono i da-ti ufficiali, si dovrebbe osserva-re che la caduta della tensionepuò solo avere come motiva-zioni i rassicuranti trend delconsumo negli Stati Uniti(Drug Enforcement Admini-stration – Dea, The evolution ofthe drug threat: the 1980s through2002, 2004, e The White House,National drug control strategy,marzo 2004), da un lato, ed isuccessi registrati con le ade-sioni alla “causa” di molti pae-si, già cattivi, dall’altro. Peccatoche l’Afganistan, dopo unadrammatica caduta delle colti-vazioni di papavero durante ilconflitto militare del 2001, ab-bia immediatamente riconqui-stato le posizioni perdute, sup-plendo alla contrazione dell’of-ferta di eroina proveniente daltriangolo d’oro indocinese.

In ogni caso non solo glistupefacenti non hanno prio-rità rispetto al terrorismo fondamentalista. Ma la stradaimboccata qualche decennio fa è ritenuta foriera di buo-ni risultati. In realtà, il quadro che le agenzie presenta-no, mette in luce alcuni aspetti che può essere interes-sante annotare.

Il primo è proprio nella direzione di rotta se-gnalata dalle trasformazioni dell’offerta, che in partico-lare in coincidenza con i gruppi colombiani, ma non so-

Walter Block: «Questo articolo sostiene lalegalizzazione di droghe come la marijuana, lacocaina e l’eroina. Sostiene che non ci sonoproblemi di mercato per giustificare la proibizione diqueste sostanze, e che non esiste nullanell’economia positiva che impedisca di legalizzarele droghe. Al contrario, un mercato libero per lamarijuana e le altre sostanze favorisce il benessereeconomico».

Block, Walter. 1996. “Drug Prohibition andIndividual Virtue”. Review of Political Economy8(4): 433-436.

Mary M. Cleveland: «Le politiche che stigmatizzano eimprigionano i consumatori di droghe danneggiano igiovani e i consumatori problematici invece di aiutarli(...) Le astrazioni della “proibizione” o“legalizzazione” hanno poco a che fare con icomportamenti e i bisogni di persone disturbate. (...)[La guerra alla droga] non è la causa dei problemifamiliari e sociali che mettono i giovani a rischio, masottrae risorse e attenzione ai programmi educativi eterapeutici che potrebbero aiutarli. (...) Combinatacon un ridimensionamento della guerra alla droga, la“legalizzazione” può aiutare a limitare l’accessocasuale alle droghe, e facilitare l’accesso altrattamento dei consumatori problematici».

Cleveland, Mary M. 1998. “Downsizing the DrugWar and Considering ‘Legalization’: An Economic

Perspective”. How to Legalize Drugs, ed.Jefferson Fish. Northvale, NJ: Jason Aronson,Inc., 547-577.

William Davis: «Gli attuali tentativi di eradicare ledroghe illegali sembrano in realtà creare i fenomeniche dovrebbero correggere».

Davis, William. 1998. “Consequences of IllegalDrug Control”. Southwestern Journal ofEconomics 2(1): 165-178.

Milton Friedman: «Legalizzare le droghesimultaneamente ridurrebbe il livello di criminalità eaumenterebbe la qualità dell’applicazione dellalegge. Potete immaginare una qualunque altramisura altrettanto efficace nel promuovere la leggee l’ordine? Con le droghe, come con altre cose, lapersuasione e l’esempio sono molto più efficacidell’uso della forza per cambiare gli altri a nostraimmagine».

Friedman, Milton. 1972. “Prohibition andDrugs”. Newsweek, 1 May: 104.

David R. Henderson: «Sono contro la guerra alladroga. Sono per la legalizzazione delle droghe la cuivendita e il cui uso sono oggi illegali. (....) La maggiorparte dei problemi che la gente considera causatidalle droghe, in realtà non sono causati dalle droghein sé, ma dalle leggi sulla droga. (...) La via

moralmente corretta di prevenire l’uso di droghe è dipersuadere le persone, non di imprigionarle».

Henderson, David R. 1991. “A HumaneEconomist’s Case for Drug Legalization”. U.C.Davis Law Review 24(3): 655-676.

Robert Higgs: «La guerra alla droga è una bruttacosa, e l’opposizione cresce, soprattutto fra i giudici,che vedono da vicino la sua futilità. (...)Abbandonando questa costosa, donchisciottescacrociata, le autorità potrebbero dedicare più tempo aproteggere vite e beni, e liberarci da una intollerabileusurpazione dei nostri diritti naturali, che includono ildiritto di decidere come usare - abusare - dei nostristessi corpi».

Higgs, Robert. 1995. “The Vietnam War and theDrug War”. Freedom Daily, August: 33-36.

Randall G. Holcombe: «Un argomento a favore dellalegalizzazione è che la maggior parte dei dannicausati dall’uso di droghe ricreative vengono dalfatto che le droghe sono illegali, non dal fatto chesono ‘droghe’. Ciò implica che per minimizzarequesti danni, si dovrebbero instaurare mercaticompletamente liberi e aperti per le droghe».

Holcombe, Randall G. 1995. Public Policy andthe Quality of Life: Market Incentives versusGovernment Planning. Westport CT: GreenwoodPress.

Daniel Klein: «Un ampio fronte di ricerca e di opinioneha accusato [la guerra alla droga] di essere la causadi un aumento di criminalità di strada, crimineorganizzato, adulterazione di sostanze, corruzionedella polizia, congestione dei tribunali esovraffollamento carcerario. La proibizione delledroghe crea un campo di battaglia che la societànon può controllare».

Klein, Daniel. 1993. “Crusade Against Drugs IsTesting Our Sensibilities”. The Los AngelesTimes (Orange County ed.), 15 March: 11.

Jeffrey A. Miron e Jeffrey Zwiebel: «Al netto di tutto, leprove esistenti suggeriscono che i costi sociali dellaproibizione delle droghe sono molto più grandi deisuoi benefici».

Miron, Jeffrey A., and Jeffrey Zwiebel. 1995.“The Economic Case Against Drug Prohibition”.Journal of Economic Perspectives 9(4): 175-92.

Thomas Sowell: «La cosa migliore sarebbeammettere che noi non siamo Dio, che nonpossiamo vivere le vite degli altri o salvare personeche non vogliono essere salvate, e cancellare iprofitti delle droghe decriminalizzandole. Questo èciò che distrusse i gangsters dei liquori illegali dopol’abrogazione del Proibizionismo».

Sowell, Thomas. 1989. “Decriminalize Drugs”.San Francisco Examiner, 18 settembre.

Nonostante la proibizione, una qualche regolamentazione esiste per tenere i mercati sotto controllo. Perché allora non mutare regime?

I AMERICANI A CONFRONTOcontinua a pagina 8

a cura di Cla. Ca.

STATI UNITI

LA BUROCRAZIAANTIDROGALa Dea ha origine (come la stes-sa agenzia tiene a precisare)con il proibizionismo anti-alcol.L’emendamento che introduce-va la proibizione fu approvatonel 1917, il Volstead Act nel1919. Così cominciò l’era delproibizionismo che si sarebbeformalmente conclusa nel1933. Fino al 1927 la responsa-bilità della politica proibizionistafu affidata al Dipartimento deltesoro (Capone – si sa – fu arre-stato per evasione e frode fisca-le). Nel 1927 fu creato il Bureauof Prohibition che nel 1930 di-venne Bureau of Narcotics (sem-pre nell’ambito del Dipartimentodel tesoro). Il Bureau of Narco-tics divenne nel 1968 Bureau ofNarcotics and dangerous drugse passò al Dipartimento dellagiustizia, ed infine nel 1973Dea. Un ruolo cruciale ebbe inquesta vicenda Harry Anslinger,capo del Bureau of Narcoticsdal 1930 al 1962.

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Page 8: Una bella eredità

Supplemento mensilede il manifesto

30 luglio 2004FUORILUOGOECONOMIADELLE DROGHE8

M a s s i m i l i a n o V e r g a

Sul finire di giugno, in occasione dellaGiornata internazionale contro l’abuso didroga ed il traffico illecito, è stato presen-tato il World Drug Report 2004, enfatica-mente definito come «un altro contributodell’Unodc (United Nations Office onDrugs and Crime) per comprendere il pro-blema della droga nel mondo». Questavolta l’Unodc – ex Unodccp (United Na-tions Office on Drug Control and Crime Pre-

vention) – ha fatto le cose in grande, pubblicando addirittu-ra due volumi di circa 200 pagine ciascuno sull’uso (anzi:abuso), sulla produzione e sul traffico di droghe illegali.Tuttavia, anche se non è una novità di questo Report, moltacarta e poca sostanza.

Per quanto riguarda i consumi di droghe illegali, ilrapporto è categorico: dopo l’epidemia registrata negli ul-timi cinquant’anni, la diffusione dell’abuso di droghe èstata finalmente contenuta. Gli abusers, cioè chi ha fattouso di droghe proibite negli ultimi 12 mesi, sono al mondocirca 185 milioni. La sostanza “più abusata” è la cannabis,con oltre 150 milioni di estimatori. Seguo-no le Ats (amphetamine-type stimulants)con 38 milioni, gli oppiacei (eroina, morfi-na e oppio) con 15 milioni e la cocaina, con13 milioni. In percentuale, gli abusers sonocirca il 3% della popolazione mondiale (il4,7% della popolazione con età compresatra 15 e 64 anni), così suddivisi: 2,3% can-nabis, 0,5% Ats, 0,1% ecstasy, 0,2% cocai-na, 0,2% eroina. Come sottolinea il Rap-porto, inoltre, molti abusers consumanopiù di una sostanza. Vale a dire, appren-diamo che anche l’Unodc conosce il feno-meno della poliassunzione, anche se tirain ballo il discorso soltanto per giustifica-re il fatto che la somma dei valori relativialle singole sostanze differisce dal totaledei consumi illeciti. Un buon modo periniziare...

Vere o false che siano le cifre indicate, dall’analisi“in profondità” sui consumi emergono sostanzialmentedue aspetti. Il primo è che raramente si parla di “uso di dro-ga”. I consumatori, infatti, sono tutti abusers. Una definizio-ne dall’evidente connotazione morale: “abuso” non signifi-ca “uso eccessivo”, ma soltanto “uso cattivo”, cioè “sba-gliato”. Il secondo aspetto, invece, tocca la delicata questio-ne della raccolta dei dati. La metodologia impiegata per lastesura del Rapporto è sconcertante, alla pari della spiega-zione fornita. Valga un solo esempio. Nelle Note metodo-logiche si spiega la scelta dell’indicatore «almeno una vol-ta negli ultimi 12 mesi» quale «compromesso tra la preva-lenza lifetime (almeno una volta nella vita) e il cosiddettocurrent use (almeno una volta nell’ultimo mese)». Come?Da un lato affermando che il valore lifetime non è significa-tivo – e fin qui, nulla da eccepire: poco importa se una per-sona di 50 anni ha fumato marijuana quando ne aveva 20.Tuttavia, da un altro lato, affermando anche che il valore«almeno una volta nell’ultimo mese» è certamente più pre-ciso, ma «richiede di ricorrere a campioni molto grandi peressere significativo e quindi comporta costielevati». In altre parole, l’Unodc preferisce in-vestire il proprio denaro altrove, certo nonnella ricerca. Una via di mezzo per rispar-miare e per continuare a non capire nulla deimodelli reali di consumo. Appunto, meglio

chiamare tutti abusers: è più pratico, veloce e meno costoso.Da notare che, nel presentare quello che viene definito un“approccio olistico” al problema della droga, proprio l’U-nodc lamenta la mancanza di dati precisi, soprattutto neipaesi in via di sviluppo.

Sempre nella parte sui consumi, il Report apre ancheuna finestra sul rapporto tra l’uso di droga e la diffusionedell’Hiv/Aids. L’Unodc lancia l’ennesimo allarme: soltan-to nel 2003, l’Aids ha ucciso tra i 2,5 e i 3,5 milioni di perso-ne. Ed una delle cause dell’epidemia continua ad essere«l’uso di siringhe non sterili», un fenomeno che colpisce «inparticolare l’Europa dell’Est, l’Asia Centrale ed il Sud Estasiatico». Si tratta di un allarme condivisibile, non c’è dub-bio. Peccato però che non si spenda neanche una parola infavore delle pratiche di riduzione del danno, anche “mini-maliste”, quali appunto la promozione dell’uso di siringhesterili tra i consumatori. Così come è disarmante il silenziosulle injecting rooms, delle quali implicitamente si riconoscel’efficacia, ma delle quali sarebbe un’eresia parlare bene.

Sul versante della produzione, stando al Rapporto,ci sono buone notizie. Per quanto riguarda l’oppio, la pro-duzione mondiale è quasi la metà di quella registrata 10 an-ni fa. Ma è cambiata la distribuzione geografica delle aree

produttive. Così, se in Birmania e Laosla produzione continua a diminuire, haripreso fiato quella afgana, che da solacopra circa l’85% della produzione mon-diale. Vale a dire, ecco un’altra prova delnoto effetto “materassino di gomma”,che tuttavia l’Unodc liquida con l’invitodi Costa – il successore di Arlacchi – a«prendere seriamente in considerazioneil problema dell’oppio in Afghanistan».Anche in questo caso, un buon esempiodi analisi «in profondità del problemaglobale della droga»...

Anche la produzione di cocaina èdiminuita (-30% rispetto al 1999), men-tre per la cannabis l’Unodc si limita adaffermare che «non esistono indicazionisufficienti per stabilire l’entità della pro-

duzione globale», anche perché la cannabis viene coltivatain più di 140 paesi del mondo. Chissà, forse anche sul bal-cone del vostro vicino di casa...

Per quanto concerne infine il traffico illecito, ancheil Report 2004 non rinuncia al noto ritornello sull’impor-tanza dei sequestri: «la quantità di droghe illegali seque-strate è aumentata sempre più negli ultimi dieci anni».Nella logica del Rapporto, questo significa più efficacia epiù efficienza. Con uno slogan: «più sequestri, meno dro-ga in circolazione». In realtà, soltanto all’Unodc sfugge cheè vero esattamente il contrario: se aumenta la quantità didroga sequestrata è proprio perché c’è più droga in circo-lazione.

Insomma: il Report 2004 è l’ennesima pubblicazionedi facciata. Perfino quando riconosce che gli obiettivi delleConvenzioni internazionali – eliminare l’abuso e «consen-tire l’uso di sostanze psicoattive soltanto per scopo medicoe di ricerca scientifica» – sono ancora lontani. Proprio laquestione dell’uso medico di droghe (si pensi alla cannabiso all’uso di morfina nella terapia del dolore) meriterebbe in-fatti ben altri approfondimenti, oltre che un severo esame

di coscienza.Ma le speranze di un cambia-

mento di rotta sono davvero poche enon resta che ingoiare un’altra pillolaamara. Rigorosamente lecita, s’inten-de. n

Presentato il Rapporto mondiale sulle droghe 2004 dell’Unodc

MOLTA CARTAPOCA SOSTANZA

Fra le cause dell’epidemiaAids, si denuncia l’uso di siringhe non sterili specie nell’Europa dell’Est e inAsia. Ma non una parola a favore delle pratiche di riduzione del danno, anche le più “minimaliste”

FL World Drug Report 2004 nella sezione “documenti”: www.fuoriluogo.it

lo con questi, tende ad assumere i caratteri – alme-no per le droghe pesanti (il segmento più profitte-vole) – di un sistema oligopolistico, di volta in vol-ta investito da spinte competitive, ma sostanzial-mente collusivo. A questa idea sembrerebbe aderi-re anche la polizia italiana che parla di «un mercatoillecito degli stupefacenti» che «potrebbe essereprogressivamente controllato da operatori macro-criminali» (ministero degli Interni, Dipartimento dipubblica sicurezza, Relazione al Parlamento sull’atti-vità delle forze di polizia, e sullo stato dell’ordine e dellasicurezza pubblica nel territorio nazionale, 2002). Que-sto sistema è in grado di evolversi sotto il profilodelle tecnologie utilizzate (per la raffinazione, per iltrasporto, per il riciclaggio dei proventi), delle ca-pacità di inserirsi nei flussi del mercato globalizza-to riducendo i rischi, ed infine della capacità di cor-rompere.

Il secondo consta del fatto che, guardandola documentazione prodotta dalle agenzie anti-dro-ga, ci si trova di fronte ad una contraddizione lam-pante tra la proibizione (cui quasi tutti i paesi han-no almeno nominalmente aderito) e la regolazione.Le leggi proibiscono, ma una qualche forma di re-golazione è indispensabile per tenere i mercati sot-to controllo, monitorarne il funzionamento. Ele-menti di questa regolazione sono non solo le mo-dalità usate per far emergere il consumo, ma so-prattutto le modalità con cui si entra in contatto conil mondo dei traffici e si comminano le previste san-zioni. Ed è probabilmente la forma di regolazioneprevalente quella che permette le trasformazionidell’offerta appena commentate.

Come può un mercato essere nello stessotempo proibito e regolato? Non sarebbe meglio –anche per limitare la discrezionalità delle burocra-zie antidroga – optare per l’abbandono della proi-bizione e per l’adozione di una regolazione appro-priata (ad esempio dal punto di vista della tuteladel consumatore, che nel regime vigente è in balìadei trafficanti)? Nessuno, per ora, sembra porsiquesta domanda.

L’Odc sulla proibizione sorvola, e, pro domosua, avanza la curiosa teoria secondo la quale il con-sumo dipende dall’offerta. Sarebbe cioè provatoche di fronte alla contrazione dell’offerta di uno stu-pefacente (su cui appunto veglia l’organizzazione),il consumo arretra. Il che è possibile, ma occorre-rebbe nello stesso tempo chiedersi a quali sostituti iconsumatori si rivolgano.

Molto più netta è invece la posizione degliStati Uniti che attribuiscono i segnali positivi del-l’attuale fase proprio al proibizionismo, e si affan-nano a controbattere le pressioni che, in vari stati,giocano in favore della legalizzazione. Si veda adesempio il pamphlet pubblicato dall’Office of na-tional drug control policy sulla marijuana (WhatAmericans need to know about marijuana – 2000).

Secondo la Casa bianca, negli Stati Uniti visono 119.820 mila consumatori di alcolici, 61.136mila di sigarette, e “solo” 19.522 mila di stupefa-centi proibiti. I dipendenti (non dicono come hannofatto a stimarli – sarà l’indagine campionaria?) sonorispettivamente 16.272 mila, 38.700 mila e 5.338 mi-la (il che dimostrerebbe che il massimo di dipen-denza è provocato dal tabacco). Alla proibizionespetta il merito di un numero “così basso” di con-sumatori di stupefacenti: se fosse abbandonata quelnumero lieviterebbe fino a raggiungere le soglietoccate dagli altri fenomeni. Di nuovo i processi disostituzione non sono presi in considerazione.

Chissà se verrà, prima o poi, il momento incui certo non le burocrazie anti-droga, ma la politi-ca deciderà di porsi il problema di una regolazionepiù sensata.

Ada Becchi

REGOLAZIONI OCCULTEcontinua da pagina 7

Page 9: Una bella eredità

9Supplemento mensilede il manifesto30 luglio 2004 FUORILUOGODOPPIA

DIAGNOSI

APPUNTI PER UNA DIAGNOSI RISPETTOSA DELL’UNICITA’ DEL SOGGETTO

S t e f a n o V e c c h i o *

Il mondo dei consumi di droghe e delle sostanze psicoattive si è negli ultimianni fortemente diversificato. È sempre più difficile formulare una immagineunivoca del tossico o del consumatore, mentre d’altra parte i modi di consu-mare e di soffrire insieme, si sono moltiplicati. Anche se non è possibile sta-bilire una corrispondenza consumi di droghe/sofferenza (si pensi ai consumicollegati con il loisir notturno) è però vero che, da un po’ di tempo, molte “sto-rie tossiche” si sono intrecciate con esperienze di sofferenza particolarmenteintense. La bagarre terminologica che si è sviluppata per cercare di dare sen-so a queste storie: se si debba parlare di doppia diagnosi o di comorbilità, ri-schia di avvitarsi su se stessa e di sottrarre piuttosto un senso. Di fatto parla-

re di doppia diagnosi significa mettere in evidenza la nostra ignoranza di fronte a un fe-nomeno che non può non essere unitario nella persona, mentre parlare di comorbilità tos-sico-psichiatrica (e non solo psichiatrica) significa ammettere che ledue modalità di diagnosi e i due saperi in generale devono provare adialogare per incontrare le persone e per comprendere cosa provano,cosa sentono e in cosa ci chiedono aiuto.

Ma prima ancora di porci il problema di come classificare odefinire, è opportuno capire e cioè chiarire a noi stessi la natura e i ca-ratteri di questa sofferenza tossica (come preferisco chiamarla), cerca-re di afferrarla così come ci appare immediatamente (senza media-zioni) attraverso i nostri sguardi semplici ma esercitati di operatoridei servizi… prima che queste esistenze si dissolvano nel mare delledispute classificatorie o delle psicopatologie, dei riduzionismi bio-psico-socio…

Partiamo dal disorientamento (o se si preferisce dal carattere“perturbante”) che proviamo al cospetto del tossico-folle: cosa accadea una persona che vive contemporaneamente un’esperienza di con-sumo di sostanze psicoattive e una esperienza folle? L’aspetto inedi-to sta in questo: in apparenza il fenomeno sembrerebbe riducibile o auna tossicodipendenza o a una malattia mentale. In realtà quando si incontra quella per-sona ci si accorge che non è né l’una né l’altra e né tutte due insieme ma qualcosa di nuo-vo, di inedito che noi non dobbiamo avere la pretesa o la presunzione di conoscere già.Ciò che possiamo fare è utilizzare gli elementi della nostra cultura dell’incontro per ini-ziare a descrivere (co-descrivere tra operatori dei due sistemi di servizi e tra operatori edutenti, per quanto è possibile), scambiarsi punti di vista, riflessioni, nella consapevolezzadel carattere evolutivo, provvisorio e pragmatico di questa operazione. In tal modo si ri-cercherà l’aspetto inedito di quella sofferenza e la domanda di aiuto e le richieste di rela-zioni che eventualmente esprime.

È singolare e significativo co-me in tutta la discussione che si è svi-luppata sull’argomento sia stato com-pletamente ignorato il pensiero diFranco Basaglia per il senso che harappresentato di liberazione non solodei matti dal Manicomio ma anche deinostri pensieri dalle gabbie di culturechiuse ed autoreferenziali.

«Ed è per questo che la dia-gnosi psichiatrica ha assunto il signi-ficato di un giudizio di valore, di unetichettamento… Ciò significa che ilmalato è stato isolato e messo tra parente-si dalla psichiatria, perché ci si potesse oc-cupare della definizione astratta di unamalattia, della codificazione delle for-me, della classificazione dei sintomi,senza temere possibili smentite daparte di una realtà che, in questo mo-do veniva ad essere negata. Ora, som-mersi sotto un castello di entità mor-bose, etichettamenti, definizioni, sia-mo costretti a mettere fra parentesi la“malattia” come classificazione nosogra-fica se si vuole riuscire a vedere in faccia ilmalato e il suo disturbo reale» (FrancoBasaglia). L’avvertimento di Franco

Basaglia ci deve accompagnare e aiutare a non ricadere nell’errore di riprodurre mecca-nismi di esclusione di nuova sofferenza. Ma proprio quelle riflessioni ci spingono a uti-lizzare gli elementi della nostra cultura di operatori per procedere per interrogativi inte-si come gli elementi di base per procedere a chiarire l’inedito del fenomeno. Indico alcu-ne di queste domande possibili:

Cosa accade nell’incontro tra una dinamica psichica che allenta i nessi psico-esisten-ziali e li disgrega ed una dinamica che li ricostituisce nella sua relazione reiterata (o provvi-soria) con l’effetto di una sostanza stupefacente? Tra il farsi corpo della droga ed il dis-farsidella follia? Tra due stati modificati di coscienza (entrambi contraddizioni non ospitate dal-la ragione dominante e perciò ritenute non conoscibili di per sé) che danno luogo a una nuo-va dinamica psico-esistenziale (sociale-interpersonale) che si costituisce e ri-costituisce nel-l’incontro tra due esperienze di sofferenza. L’interazione continua tra i due processi, cioè,quali formazioni di esistenza costituisce, quali mondi fonda?

Come accade nella psiche-esistenza, così anche nei saperi e nei sistemi di servizi ènecessario adottare un approccio unitario rispettoso dell’autonomia e spe-cificità del fenomeno che si esprime, appunto, in modo unitario nella per-sona. Una comorbilità può risultare dalla combinazione diversa di elemen-ti (tipologia di sostanze, tipologie del consumo, precedenti psichiatrici, sto-ria di tossicodipendenza, fase del ciclo della vita, famiglie multiproblemati-che…) sempre considerando la “interpretazione unica” del soggetto prota-gonista che non recita nessun copione precostituito. Ogni persona raccontauna nuova “teoria” della comorbilità. Questo aspetto misterioso rappre-senta anche il fascino del nostro lavoro.

La dia-gnosi, seguendo questo percorso, si sviluppa continua-mente attraverso (dia) un processo di conoscenza (gnosis) di brani dellastoria di quella persona con la quale si prova a ricostituire il senso ed i si-gnificati che il consumo assume nell’intreccio con una psicopatologia. Al-l’interno di questo stile può diventare stimolante anche reinterrogare lecategorie nosografiche e psicopatologiche (nei diversi dialetti nei qualivengono declinate).

La diagnosi deve saper riflettere sulla gravità dei casi, sulla loromultiproblematicità. Una diagnosi orientata all’intervento deve considerare le risorse a di-sposizione (quelle della persona e quelle dei due sistemi di servizio implicati). Questo ap-proccio può essere considerata una sfida per i due sistemi di servizi: Salute Mentale e Tos-sicodipendenze (e consumi di sostanze in generale) ai nostri saperi, alle nostre concezioniorganizzative, alle nostre pratiche operative e discorsive diverse, divergenti in alcuni casi econvergenti in altri. n

*Psichiatra, direttore Dipartimento farmacodipendenze Asl Na1

G i a n c a r l o C a s t e l l iR O M A

Sulle droghe la Regione Lazio fa unacosa di destra. Fedele al principioche quello della tossicodipendenza,più che una questione sanitaria, è unproblema di ordine pubblico, tira

fuori dal cilindro i camper anti-droga: unitàmobili al posto dei Sert «da posizionare inzone lontane da scuole e centri abitati». Lenuove strutture ambulatoriali a quattro ruo-te distribuiranno il metadone ai tossicodi-pendenti, riceveranno gli utenti per colloquicon psicologi e assistenti sociali, pianifiche-ranno piani di recupero e, insomma, svolge-ranno tutta l’attività che quotidianamenteviene portata avanti dal personale sanitarionei Sert della città. Una soluzione, spieganogli assessori regionali a Sanità e politiche so-ciali, Marco Verzaschi e Maria Teresa Formi-sano, che si è resa necessaria «per le protestedella cittadinanza destate dalla presenza dialcuni Sert». Il riferimento, nemmeno troppo

velato, è alle strutture di via Fornovo, XVIImunicipio e via Casilina (quartiere Giardi-netti), VIII municipio. In particolare il primo,nel municipio che è un piccolo feudo eletto-rale di An, è da anni nell’occhio del ciclonedegli uomini del partito di Fini. «I residentisono alla disperazione per la criminalità au-mentata nella zona – aveva chiosato appenapochi giorni prima il vice-presidente delConsiglio comunale, Fabio Sabbatani Schiu-ma di An –, rinnovo all’assessore Verzaschil’invito a utilizzare unità mobili di strada perla distribuzione del metadone, unica soluzio-ne in grado di evitare lo stazionamento ditossicodipendenti, spacciatori e microcrimi-nalità in genere». No anche alla soluzioneproposta di aprire il Sert nel vicino ospedaleoftalmico di piazzale degli Eroi perché «trop-po vicino a una parrocchia, al centro anzianie a due scuole ma anche perché creerebbe glistessi problemi alla cittadinanza». «Per que-sta gente la tossicodipendenza è soltanto unproblema di ordine pubblico – ribatte Giulia

Rodano, consigliere regionale Ds – ormainon si può parlare neppure di semplice tute-la sanitaria. E poi, non è vero che quel Sert dàfastidio. Vi si rivolgono fasce sociali tra le piùdisparate, dall’emarginato al disoccupatoma, anche, il professionista e l’operaio. Tienein cura circa 500 persone. Come faranno ausufruire di servizi per mezzo di un camper?Noi lo difenderemo con le unghie e con i den-ti». Stesso discorso per il servizio tossicodi-pendenti di via Casilina, nel quartiere Giar-dinetti, dove alcuni mesi fa venne ucciso untabaccaio durante una rapina. A finire in car-cere fu un tossicodipendente da cocaina, unoche abitava nella zona. Nel mirino, anche inquesto caso, il Sert per il quale si pensò im-mediatamente alla chiusura. Adesso, invece,arriveranno i camper. Alla Regione Laziopuntualizzano: «Questa soluzione deve esse-re condivisa dagli enti locali e, in particolare,dai Municipi». Tutti quelli che permetteran-no il transito di questa singolare processionesul proprio territorio. n

Cosa accade a chi vive allo stesso tempo un’esperienza di consumo e una di follia? Il fenomeno può sembrare riducibile o a una dipendenza o a una malattia mentale, in realtà non è né l’una né l’altra, né ambedue insieme

SOFFERENZE TOSSICHEUNA SFIDA AI SERVIZI

CAMPER DI CONCENTRAMENTO

Page 10: Una bella eredità

ciatori fanno errori stupidi... i pali vanno in cerca di ragazze invece di fiutare i po-liziotti in borghese... alcuni si fumano il guadagno o si prendono un anticipo e poinon riescono a venir fuori dai debiti. Per la maggioranza, vivere in grande rimaneun sogno, e anche quelli che ci riescono non sono solo senza scrupoli o calcolatori,sono anche fortunati».

Così è per Boy George, il grosso spacciatore, che nel suo periodo d’oro pri-ma di finire in prigione arriva ad essere a capo di un “giro” di 400.000 dollari la set-timana; e si compra una Bentley truccata alla James Bond, che sparge chiodi e ben-zina per seminare i poliziotti. Ma lo spregiudicato Boy George, che punisce con lamorte un grave sgarro pur di salvarsi il business (e la vita), è lo stesso che costrui-sce dal nulla il suo impero, lanciando sul mercato la sua “marca” di eroina di buo-na qualità, stando “sul pezzo” tutto il santo giorno, controllando di persona le suerivendite al minuto, pagando i suoi “impiegati” con puntualità e mostrandosi per-fino generoso con chi si comporta “lealmente”. Un padrone, intelligente e illumi-nato, della propria impresa, ancorché illegale. Perché l’universo deviante è assaipiù simile a quello “normale” di quanto non si creda: è la lezione del sociologo

americano T. Merton, degli anni ‘40, ancora vera, parrebbe.La famiglia. Quando la narrazione si interrompe, Coco ha

29 anni e cinque figli da tre uomini diversi. Jessica entra in pri-gione a 23 anni, madre di tre bambini. Si può bollare il tutto conuna sola frase, “ghetto family”, e leggere la promiscuità sessualee la mancata pianificazione familiare come facce del degrado. Sipuò, ma a prezzo di non vedere che queste famiglie sono moltomeno “casuali” di quanto non appaia a prima vista. Nel mondodi Coco, concetti come “un futuro da costruire” o “realizzazionepersonale” assumono coloriture differenti. Essere incinta signifi-ca fare qualcosa di importante per sé, anche a sedici o diciassetteanni. Perché i figli sono un patrimonio di affetti, a volte un’offer-ta d’amore al proprio compagno, quasi sempre un modo perproiettarsi in un futuro, che si spera migliore. «I figli cementanoil matrimonio», diceva una volta un vecchio adagio, borghese eperbenista. Nel mondo di Coco, in assenza di sacramenti, i figlicementano in primo luogo i rapporti fra donne, fra madri e figlie,

sorelle e amiche: compagne tutte nella dura lotta quotidiana, disposte con natura-lezza a prendersi cura dei figli di colei che per qualche ragione non ce la fa più. Avolte per sempre, come Milagros, destinata a diventare madre “di fatto” delle duefiglie di Jessica.

«La cosa più brutale dell’esser povero è la consapevolezza di non esserenessuno», dice ancora l’autrice. È vero, e niente ci obbliga a sapere qualcosa di que-sto mondo invisibile. Ma, alla fine delle quattrocento pagine del libro, possiamopensare con lei: “Meno male che adesso so”. n

10 Supplemento mensilede il manifesto

30 luglio 2004FUORILUOGODOCUMENTAZIONE

G r a z i a Z u f f a

Il libro di Adrian Nicole LeBlanc Random Family/Famiglie casuali (Scribner,New York, 2003) desta una profonda impressione in chi lo legge. Tanta neha destata in me, da convincermi a scriverne per i lettori di Fuoriluogo no-nostante il volume non sia tradotto in italiano. Ma vale lo sforzo della let-tura in lingua inglese, tanto è originale l’opera, sotto diversi aspetti. Aco-minciare dall’argomento, la vita nel ghetto del Bronx, o, come recita elo-quentemente il sottotitolo, “Love, drugs, trouble and coming of age in theBronx”: un libro sulla povertà e sui poveri “invisibili alla cultura domi-nante”, secondo le parole della stessa autrice. Adrian Nicole LeBlanc èuna giornalista, eppure il libro non ha niente a che vedere con una in-

chiesta giornalistica. Non è un reportage “sul Bronx”, ma uno sguardo “dalBronx”: l’autrice ha lavorato per dieci anni nella comunità portoricana del quar-tiere, passando molto tempo con i suoi personaggi, seguendo la loro vita passopasso. Ne è scaturito un racconto “vero” di persone “vive”, che sembra un ro-manzo per lo sforzo di rappresentare i personaggi dall’interno, allascoperta del loro modo di sentire e vedere il mondo. Il mondo comeappare dal Bronx appunto, un panorama assai diverso dalla pro-spettiva mainstream di Manhattan.

In un’intervista rilasciata ad una emittente radiofonica, Le-Blanc narra un episodio che illumina l’incomunicabilità dei duemondi: siamo in un tribunale e un ragazzo compare di fronte al giu-dice in una camicia a grandi dollari stampati, per rispondere del-l’accusa di spaccio. La LeBlanc giornalista sa che quell’abbigliamen-to apparirà al giudice come una sfida (“sono spacciatore e come talemi vesto”). Ma la LeBlanc, osservatrice – partecipante della cultura“altra”, sa che al contrario il giovane sta cercando di fare bella figu-ra nel suo capo più elegante. “Meno male che io lo so”, pensa l’au-trice in quel momento.

Anche i personaggi principali del libro potrebbero essere vistiattraverso quegli occhi di giudice: Boy George sarebbe lo spacciatore,la bellissima Jessica la sua amante e complice; Cesar, fratello di Jessica,il giovane “deviante” che affonda sempre più nella palude del crimine e del carcere;e Coco, la vera protagonista, l’adolescente pluriragazza-madre che vive sui sussidi so-ciali. E invece LeBlanc ci racconta storie differenti, con ritratti sfumati, presi da milleangolature, assai lontani dai più comuni stereotipi. Tra i tanti, evocati per contrastonel libro, ne scegliamo alcuni.

La droga. È il regno consolidato dei luoghi comuni, in bianco o nero. Lospacciatore è il Big Enemy, il delinquente senza scrupoli che si arricchisce sul“drogato”, vittima della sostanza, o, a seconda dei gusti, della emarginazione.Quanto ai trafficanti, appartengono tutti al “crimine organizzato”, alle varie ma-fie, vecchie o nuove.

Random Family ci racconta inve-ce i tanti volti della droga. C’è la droga(tanta cocaina) per far festa in compa-gnia, oppure da fumare in solitudine,per meglio fronteggiare lo squallore ela fatica della vita quotidiana. Ne usanoanche le donne, su cui ricade il peso ditenere insieme le famiglie a continuo ri-schio di dissoluzione (e ricomposizionein forma inedita): così è per Lourdes, lamadre di Jessica e Cesar. Ma il lasciarsiandare nel “tunnel della droga” è unlusso che difficilmente nel Bronx ci sipuò permettere, tanto meno se sei unadonna. Così i periodi più duri, in cui sifuma troppa cocaina, cedono il passo aquelli migliori: magari è l’incontro conun nuovo partner che riesce a portareun po’ di soldi a casa, a rasserenare l’o-rizzonte e a dissipare i fumi troppospessi della droga.

Ne esce a pezzi anche la rappre-sentazione del mondo criminale cheruota intorno alla droga. Su questo LeBlanc si permette uno dei rari commen-ti in prima persona: «Il gioco del trafficoè molto meno sofisticato e organizzatodi come è descritto dai media. Gli spac-

DROGHE, AMORE E POVERTÀUNO SGUARDO DAL BRONX

L’autrice del volumeAdrian Nicole LeBlancha lavorato per diecianni nella comunitàportoricana e narrastorie vere, di personereali, alla scoperta diun mondo invisibile

M a r i e l l a O r s i * e D a n i e l a Z a r d o * *

Non molti sono al corrente dell’e-sistenza di una risorsa di docu-mentazione e aggiornamentosulle dipendenze, quale i Centristudi e documentazione che, in

varie realtà regionali, sono stati istituiti negliultimi anni e che sono attualmente collegatiin una rete nazionale denominata Acadìa(Alcol, comportamenti di abuso, dipendenzee Aids). La rete riunisce i centri esistenti nelleRegioni Emilia-Romagna, Toscana, Umbria eMarche, insieme al Gruppo Abele di Torino,il cui Centro Studi – nato nel 1975 – ha costi-tuito per anni l’unica risorsa del settore.

A livello europeo, la tradizione deicentri studi è già molto radicata, tanto che al-cune nazioni, fin dagli anni ‘80, hanno iden-tificato in uno o più centri il riferimento isti-

tuzionale del settore, sia per professionisti, ri-cercatori e operatori, sia per i policy-makers.Citiamo tra i più importanti Toxibase in Fran-cia, DrugScope in Inghilterra e il Trimbos In-stitute in Olanda.

Fin dal 1988 alcuni centri europeihanno dato vita a un’associazione denomi-nata Elisad (European Association of Libra-ries and Information Specialists on Alcoholand other Drugs), allo scopo di confrontaresaperi, metodologie ed esperienze nel campodell’informazione su alcol e droghe in Euro-pa e nel mondo, favorendo gli scambi pro-fessionali attraverso il lavoro di rete e l’inte-razione tra i suoi membri. In particolare, lacooperazione tra centri permette di acquisiredocumentazione scientifica, sia cartacea cheon-line, a volte difficile da reperire per i cen-tri di piccole dimensioni, stimolare l’uso ditecnologie per la gestione dell’informazione

e favorire lo sviluppo di politiche intese a fa-cilitare la diffusione di informazioni affidabi-li su consumo e abuso di sostanze in Europa.

Al fine di migliorare le buone prassinel settore e garantire un aggiornamento del-le metodologie e delle tecnologie tra gli ope-ratori addetti all’informazione, Elisad orga-nizza ogni anno un incontro su un tema spe-cifico, a cui vengono invitati – oltre ai re-sponsabili dei diversi centri membri dell’as-sociazione (attualmente circa 50, provenientida Austria, Belgio, Finlandia, Francia, Ger-mania, Grecia, Inghilterra, Irlanda, Italia,Norvegia, Olanda, Portogallo, Rep. Ceca,Spagna, Svezia, Svizzera e Ungheria, e daAustralia, Canada, Israele, Stati Uniti) – an-che professionisti, ricercatori universitari efunzionari istituzionali del paese ospitante.

Particolare rilevanza ha il collega-mento della rete con l’Osservatorio europeosulle droghe di Lisbona (Emcdda), che inviaun suo rappresentante a ciascun incontro peroffrire e ricevere input sulla realtà dei diversipaesi e sulle tendenze in atto.

Il prossimo incontro si terrà a Firenzedal 21 al 23 ottobre 2004, e sarà organizza-

RETI ITALIANE ED EUROPEEPER CHI VUOLE SAPERNE DI PIÙ

Page 11: Una bella eredità

Supplemento mensilede il manifesto30 luglio 2004 FUORILUOGODOCUMENTAZIONE

Presentato il Rapporto 2004 sui diritti globali: più di mille pagine di analisi, commenti, cronologie, fatti, statistiche

UNA CHINA SCIVOLOSA11

G i u l i o M a r c o n *

Il Rapporto sui diritti globali del 2004(realizzato dall’Associazione So-cietàINformazione e promosso da Cgil,Arci, Antigone, Cnca e Legambiente ecurato da Sergio Segio) è nello stessotempo un ottimo spaccato sociale, eco-nomico e politico su dove va l’Italia e unefficace ed utile strumento per chi quoti-dianamente lavora per i diritti e la soli-darietà. Più di mille pagine di analisi,

commenti, cronologie, fatti, statistiche – e tanto al-tro – che fanno il punto sulle varie declinazioni deidiritti nel nostropaese e nel mon-do: diritti econo-mico-sindacali, di-ritti sociali, i dirittiumani, civili e po-litici, i diritti globa-li ecologici ed am-bientali.

Il quadroche ne esce non ècerto incoraggiante: minacce e rischi si addensanosu di noi, e non solo per la spirale guerra-terrorismoche ormai dal 2001 ha portato l’intero pianeta su unachina pericolosissima. Aricordarlo è Guglielmo Epi-fani nella prefazione al Rapporto, quando affermache «in questi ultimi dodici mesi lo stato generale deidiritti è in realtà peggiorato»: dall’attacco al welfarealle conseguenze nel mondo delle politiche neolibe-riste fino alle controriforme su temi di grande rile-vanza civile e democratica, il quadro si è effettiva-mente e pesantemente offuscato.

In questi anni ci sono state due offensive, unadi carattere materiale e reale e l’altra di carattere sim-bolico e culturale. La prima ha portato ad una cre-scente privatizzazione di pezzi significativi del wel-fare, alla precarizzazione del lavoro e delle sue tute-le, alla riduzione della spesa sociale, all’alienazione

dei beni comuni in merci; ha portato – come ha ricor-dato Sergio Segio nell’introduzione, «al discountdelle privatizzazioni e al supermarket del welfare».La seconda offensiva ha derubricato i diritti a bisognio – ancora peggio – ad opportunità e ha negato la in-derogabilità dei diritti a favore del loro carattere op-zionale subordinata alla funzione (di lavoratore, pa-gatore di tasse, ecc.) esercitata nella società. Ha ri-dotto i cittadini a clienti di servizi e il welfare a mer-cato sociale.

L’operazione è stata quella di scorporare ladimensione politica e giuridica della cittadinanzada quella sociale, facendo diventare quest’ultima“a geometria variabile”. Purtroppo la derubrica-

zione dei diritti so-ciali non è affare solonazionale, ma ri-guarda le nuove isti-tuzioni europee: lastessa “carta dei di-ritti” dell’Unione Eu-ropea – nonostante iltitolo – è più che lariaffermazione di di-ritti inderogabili una

delimitazione dell’accesso a diritti per noi da sem-pre fondamentali: dall’assistenza alla salute, dall’i-struzione alla previdenza. La stessa Costituzioneeuropea, più che essere una vera costituzione – contanto di principi e diritti costituenti della nuova en-tità europea – è appunto un documento politico-programmatico che costituzionalizza i principi e ivincoli di Maastricht.

Il Rapporto fa il punto su una miriade diaspetti dei diritti conquistati o disattesi: da quelli deidetenuti ai richiedenti asilo, da quelli dei disabili aidisoccupati, dai senza casa ai consumatori, e ovvia-mente a quelli dei cittadini senza aggettivazione.Contiene dati, schede, informazioni utili e sistematein modo non noioso ed efficace (anche se la prossi-ma volta prevedere un indice analitico renderebbeancora più fruibile la guida). Attraverso una serie di

“parole chiave” viene proposta un’opera di alfabe-tizzazione di termini e concetti che ricorrono nel di-battito politico (e in quello delle organizzazioni so-ciali), nella letteratura specialistica e nella legislazio-ne: governance, sussidiarietà, empowerment, flessi-bilità, geocomunità, abolizionismo, securitarismo,sex workers, adozione mite, ricongiungimento fa-miliare, bilancio partecipativo, mutamenti climatici,impronta ecologica e altre decine di termini edespressione note o meno conosciute.

Il Rapporto mette giustamente in evidenzail ruolo avuto dal movimento sindacale, dai movi-menti sociali, dalle campagne, dalle organizzazio-ne nella promozione di diritti, di solidarietà, di unwelfare per tutti. Non possono mancare in questocontesto le valutazioni positive del ruolo avuto daimovimenti dei Forum sociali e dai movimenti perla pace. Il compianto Tom Benetollo ricorda inun’intervista data a Morbello per il Rapporto il le-game tra movimenti sociali e movimento per la pa-ce: «È stretta la connessione tra guerra, diritti, wel-fare. Lottando contro la guerra si argina anche l’at-tacco ai diritti. Si difende lo stato di diritto, la de-mocrazia, ma si erge anche uno scudo per l’insiemedei diritti». È questa anche l’ispirazione del lavorodella campagna “Sbilanciamoci!” – citata nel Rap-porto – impegnata sulla finanziaria, e più in gene-rale sulle politiche economiche, che ha messo inevidenza la stretta correlazione tra politiche econo-miche neoliberiste e deregulation dei diritti. Che giu-stamente il Rapporto definisce «globali»: sempremeno ha infatti senso la distinzione tra diritti uma-ni e diritti sociali, diritti alla pace e all’ambiente ediritti alla sicurezza sociale. La sfida è quella di unfuturo comune, condiviso in cui si costruiscano in-sieme un welfare internazionale, una protezioneglobale dell’ambiente,una pace per tutto il pia-neta. La sfida dei dirittiglobali. n

*Presidente Lunaria FL Le altre recensioni su: www.fuoriluogo.it

to dal Cesda (Centro studi e documentazionesulle dipendenze e l’Aids – Dipartimento di-pendenze dell’Asl di Firenze), in collabora-zione con i centri aderenti alla rete Acadìa. Iltema dell’incontro sarà “Consumo di droga estili di vita problematici: tendenze e rappre-sentazioni sociali” (ulteriori informazionipossono essere acquisite attraverso il sitoweb www.elisad.org).

Nel maggio 2003, anche in Italia i re-sponsabili dei Centri di documentazione sul-le dipendenze hanno sentito la necessità dicreare un coordinamento nazionale, che èstato promosso da: Rete Cedro.net (RegioneToscana), www.retecedro.net; Centro studi,documentazione e ricerche Gruppo Abele,www.centrostudi.gruppoabele.org;Dip&doc (Regione Emilia-Romagna), www.stradanove. net/dipdoc; Centro Studi AslAncona, www.asl7.marche.it/siamo/biblio-teca; Agenzia Sedes (Regione Umbria),www.sedes.it. Il sito di Acadìa è ospitato dal-la Regione Emilia-Romagna e può essereconsultato all’indirizzo: http://www.regio-ne.emilia-romagna.it/tossicodipendenze/dipdoc/ acadia.htm.

La rete italiana nasce allo scopo di ot-timizzare risorse e competenze dei Centri didocumentazione e delle reti regionali di Cen-tri che si occupano di dipendenze patologi-che, per favorire aggiornamento e formazio-ne continua dei professionisti nel settore eper promuovere l’accessibilità al vasto patri-monio documentale raccolto. Sisegnalano alcuni prodotti dispo-nibili per tutti (gratuitamente) checostituiscono preziose risorse a li-vello nazionale per studiosi e pro-fessionisti del settore. La rete to-scana (ReteCedro) ha realizzatoun Opac (“On-line Public AccessCatalogue”) che attualmente rag-gruppa circa quindicimila docu-menti, tra i quali molta documen-tazione grigia, disponibile pressoi centri (www.cesda.net, www.al-colonline.org, www.cedostar.it,www. cesdop.it).

La rete Dip&Doc della Re-gione Emilia-Romagna pubblicamensilmente una newsletter, cheinforma sulle pubblicazioni più

recenti e significative in tema di dipendenzepatologiche e sugli eventi (incontri, convegnie corsi di formazione) a livello regionale e na-zionale.

Il Centro studi del Gruppo Abele ge-stisce la principale collezione di pubblicazio-ni sulle dipendenze, oltre che su altre rile-

vanti tematiche sociali, catalogati e raccoltinella banca dati consultabile su internet (ol-tre 50.000 schede bibliografiche) e contribui-sce all’aggiornamento degli operatori ancheattraverso la diffusione delle riviste Anima-zione sociale e Narcomafie, edite dal GruppoAbele.

L’agenzia Sedes, che costi-tuisce a livello italiano una delleprincipali agenzie per la promo-zione e l’educazione alla salute, ladocumentazione, l’informazione ela promozione culturale in ambitosocio-sanitario, si è recentementecollegata con la rete Acadìa inquanto, su incarico del ministerodel Lavoro e delle Politiche socialie in collaborazione con altre regio-ni, gestisce il sito www.informa-droga.it, che raccoglie la docu-mentazione ufficiale nel settoredelle dipendenze, oltre a numero-si materiali su corsi di formazionee prevenzione primaria.* Cesda** Centro Studi Gruppo Abele

Un quadro allarmante del nostro paese e del mondo, e non solo per la spirale guerra-terrorismo

Vien i avant i padano

«La vicenda della Cap Anamur crea un precedenteche rischia di essere devastante per l’Italia», ha di-chiarato il leghista Roberto Castelli. Mai quanto lasua nomina a Guardasigilli, viene da dire. «Che giu-dizio si sente di dare sul caso Tremonti?», gli hachiesto ad esempio un giornalista. Risposta: «Nonlo ho seguito». Detto da un ministro, non c’è male.La domanda giusta sarebbe stata «Ma lei è vera-mente un ministro?».

( m a r a m a l d o )

Page 12: Una bella eredità

12 Supplemento mensilede il manifesto

30 luglio 2004FUORILUOGOL’ARTICOLO

F e d e r i c a C i a n f r i g l i a

In Italia, nel febbraio del 1923, viene ap-provata la legge recante i «Provvedi-menti per la repressione dell’abusivocommercio di sostanze velenose aventiazione stupefacente», un atto normativoprimo in assoluto nel suo genere in am-bito nazionale. Fino a quel momento, in-fatti, le uniche disposizioni che discipli-navano la vendita e il consumo delledroghe erano contenute in alcuni artico-

li del codice penale Zanardelli del 1890, e in un Te-sto Unico delle leggi sanitarie risalente al 1907.

L’assunzione di oppio, cocaina, cannabis ederivati inizia ad essere considerata pericolosa soloagli inizi del XX secolo, prima di allora – in Italia co-me nel resto d’Europa – l’assunzione di sostanzestupefacenti non era considerato un problema so-ciale, differentemente dall’alcool. L’alcol rappre-sentava una piaga per la morale della collettività,appariva come una delle cause prime della conflit-tualità operaia. Prima con le leggi contro il com-mercio dell’alcol, poi con quelle contro il commer-cio delle droghe, lo Stato si prefiggeva unprogramma di moralizzazione, al fine dicombattere le abitudini irregolari dei“degenerati”, e le conseguenze socialiche tali abitudini potevano provocare.

Così, la legge del 1923 si presenta-va anche come uno strumento di “igienesociale”, che tramite pene detentive e pe-cuniarie intendeva ripristinare nei con-sumatori delle sostanze psicotrope, gliadeguati principi etici dell’epoca, di al-lontanarli dalla lussuria, dal vizio e dal-l’ozio (reputate cause prime delle tossi-codipendenze).

Tra l’Ottocento e il Novecento iderivati dell’oppio, della coca e dellacannabis non erano denominati “droghe” o “so-stanze stupefacenti”, ma “veleni”, “spezie”. Infatti,nei primi testi di legge che ne disciplinavano lavendita, venivano accomunati ad altre sostanze divario genere, mediche ed alimentari, spesso perciòci si trovava di fronte a definizioni molto generiche.

Negli articoli del Codice penale Zanardelli –il 320 e il 321 – si prevedevano pene quali la reclu-sione e multe per coloro che «vendevano sostanzepericolose per la salute senza che l’acquirente fosseconsapevole di tale pericolo». Si punivano poi ivenditori che «somministravano sostanze differen-ti in qualità ed in quantità da quelle stabilite nellericette». Ovviamente questi articoli non riuscironoa costituire un freno efficace contro il commercio il-lecito di droghe, non solo a causa delle definizionimolto vaghe di «sostanze pericolose», ma anche esoprattutto perché il consumatore era informatodegli effetti della sostanza che acquistava, di conse-guenza veniva a mancare l’elemento delittuosodella frode, indispensabile per l’applicazione dellalegge.

Nel Regio decreto approvante il testo unicodelle leggi sanitarie (1° agosto 1907), il legislatore siera posto l’obiettivo di colmare alcune lacune delcodice penale, disciplinando la coltivazione, la ven-dita e il commercio di diversi farmaci; le sostanzepsicotrope venivano denominate «veleni» ed eranomenzionate nel titolo dedicato all’esercizio delleprofessioni sanitarie e affini.

L’articolo 61 di questo Testo Unico, dispo-neva che i farmacisti dovevano trattenere e conser-

vare le ricette originali, annotando in esse il nomedelle persone per le quali erano state preparate lecomposizioni (prescritte obbligatoriamente da me-dici, chirurghi o veterinari) e dandone una copia alcliente nel caso la richiedesse. Per i trasgressori ditali regole era prevista una multa di 100 lire.

L’articolo 62 imponeva ai venditori di con-segnare quei «veleni» solo a persone ben cono-sciute o a coloro che potevano accertare la propriaidentità con un certificato in cui venivano precisa-ti oltre che al nome ed al cognome, anche la pro-fessione, nel caso comportasse il consumo di que-ste sostanze.

In un apposito registro si annotavano lequantità e la qualità di stupefacenti vendute, la ti-pologia, il giorno della vendita, le generalità com-plete degli acquirenti, compresi domicilio e profes-sione. Tale registro infine doveva essere esibito al-l’autorità nel caso lo richiedesse.

Per infrazioni a questa prescrizione, la san-zione era molto gravi: oltre ad una multa era previ-sta la sospensione dalla professione fino a tre mesi.

In ambito internazionale invece gli StatiUniti e alcuni stati d’Europa, nel 1912, firmavano

all’Aja la Convenzione internazionale dell’oppio,mentre in Italia il dibattito politico ha inizio neglianni ‘20 (è nel ‘22 che si sottoscrive la convenzionesull’oppio) dall’esigenza di elaborare un’appositalegge (approvata appunto nel 1923) diretta a disci-plinare il commercio degli stupefacenti, vista l’ina-deguatezza del Testo Unico e del codice penale Za-nardelli.

Così nel giugno del ’21, l’allora presidentedel consiglio e ministro dell’interno Giovanni Gio-litti e il ministro di giustizia Luigi Fera, presentanoil disegno di legge recante i «Provvedimenti per larepressione dell’abusivo commercio di sostanzevelenose aventi azione stupefacente», a cui poihanno fatto seguito: la relazione dell’ufficio centra-le del Senato nel luglio ‘21; la discussione e l’ap-provazione nell’agosto del ’21; la presentazione al-la Camera nell’agosto del ’21; la discussione alla ca-mera nel febbraio ’23 ed infine l’approvazione nelfebbraio dello stesso anno.

La legislazione italiana intendeva colpiresoprattutto i venditori illegali che potevano venirea contatto con i tossicomani e non coloro che usa-vano sostanze psicoattive per motivi medici. L’o-biettivo era quello di disciplinare e non vietare il con-sumo e la vendita delle droghe, affinché avvenissesempre sotto prescrizione medica e solo in caso direale bisogno. Le disposizioni normative riguarda-vano farmacisti, droghieri e fabbricanti di prodottichimici, rivenditori usuali di tali sostanze, al fine dipunire tutti i commercianti abusivi.

Le pene previste erano la detenzione, il pa-

gamento di una multa e la pubblicazione per inte-ro della condanna su un giornale locale di ampia ti-ratura, a spese del reo, al fine di screditare la suacondotta immorale. Altri provvedimenti erano lasospensione dai pubblici uffici e l’inapplicabilitàdell’articolo 423, per la sospensione della pena.

I politici di tutti gli schieramenti parlamen-tari sottolineavano la necessità di provvedimentiseveri ed esemplari per limitare il diffondersi deicasi di morfinismo e cocainismo.

Il senatore Nicola Badaloni chiedeva rigidicontrolli sull’importazione e sulle produzioni in lo-co, controlli governativi nelle fabbriche, nei deposi-ti di prodotti chimici, nei piccoli rivenditori e nellefarmacie, oltre alla sorveglianza dei locali di ritrovodei cocainomani.

Questi ultimi erano considerati dai politicidei “centri di infezione”, gestiti da “ingordi specu-latori” che agivano “a danno della gioventù ine-sperta”, e i gestori di tali luoghi, oltre ad essere pas-sibili delle pene appena elencate, subivano anche ilsequestro delle sale e degli arredi.

I senatori riconoscevano alla stampa partedelle responsabilità del diffondersi del fenomeno

dei cocainismo. Battista Grassi diceva: «iosento il dovere di raccomandare ai giornali-sti che siano parchi il più possibile nel darnotizie intorno al cocainismo. Purtroppo igiovani e le donne attingono da queste noti-zie la curiosità di provare quelle nuove sen-sazioni che loro si lasciano intravedere, e sei loro temperamenti sono deboli, questo è ilprimo passo sulla via del vizio. Io perciò ar-disco pregare i giornalisti di tener presenteche, in questi casi, il silenzio è d’oro. Se essisi atterranno a questa massima, certamentecontribuiranno ad impedire la diffusionedegli stupefacenti molto più di quello chepotrà la nostra legge».

L’onorevole Angelo Tonello chiede-va che fossero colpiti anche quei giornali che, nellequarte pagine o nelle loro cronache, pubblicizzava-no questi luoghi di ritrovo.

Sono i parlamentari stessi a confrontare ilconsumo di droghe con l’alcolismo, sentendosiprotagonisti di una “crociata” contro l’immoralità.Due erano i punti in comune tra l’alcolismo e la tos-sicomania: l’ampiezza del consumo e le conse-guenze sociali.

Proprio Giolitti, al momento di presentare ildisegno di legge, ribadiva che l’uso di queste so-stanze arrecava un «perturbamento morale causa-to dalla smodata ricerca del piacere […] diffonden-do fra le classi più abbienti e più proclivi all’ozio edai godimenti con grave ed evidente pericolo per laintegrità fisica ed intellettiva degli individui».

Rari invece i parlamentari che denunciava-no l’eccessiva severità della legge del ’23, ribaden-do l’importanza della cura e del reinserimento so-ciale. Carlo Gallini alla Camera e Ferdinando Caz-zamalli al Senato richiedevano che alcune pene ve-nissero tolte o mitigate, proponendo l’istituzionedi luoghi di cura appropriati (negli anni ’20 ci sipoteva disintossicare solo nei manicomi, e solo ipiù fortunati potevano rivolgersi a delle case di cu-ra) e la stesura di programmi riabilitativi per i tos-sicomani.

Tali proposte però non sono state accolte,così l’inizio del proibizionismo si caratterizza per ilsuo tratto punitivo, e per l’assenza di provvedi-menti rivolti alla prevenzione e alla disintossica-zione. n

Come nacque la prima normativa italiana per la repressione del commercio di stupefacenti

La legge del 1923 si presentavacome uno strumento di igiene

sociale per adeguare i consumatoriai principi etici di quell’epoca

L’ALBA DELLA PROIBIZIONE