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Un Natale ( 1 982) Per Cloria D unph) ' Anzi t utto un breve p ro logo a ULObiogra fi co. Mia madre . do nn a d'inte ll igenza eccezionale, era la più bella ragazza dell'Alabama. Lo di cevan o tu tt i ed era ve ro; e a sedici ann i sp osò un uomo d'affari di VC lllot to che ve niva da una buona famigli a di New Orl ea ns. Il matr im o ni o dur ò un anno. Mia mad re era troppo giovane per essere madre o moglie; cm an che tr op po ambi ziosa - voleva a ndare a ll 'u ni ve rsità e far- si una posizione. Lasciò quindi il marito e m i affi alle cu- re della sua num erosa fa migli a, ne ll 'Al aba ma. Negli anni success ivi , e ra raro che vedessi u no dei miei ge nitori. Mio padre era occ up ato a New O rl ea ns e mia ma- d re , do po essersi laureata, slava face nd o caniera a New York. Per me , non era una situazione sgradevole. Stavo be- n iss imo dov' ero . Avevo u na q ua ntità di pa ren li affeuuosi, zii e zie, cugini e cugine, e in pa rli co lare unll cu gi na, una don na anziana, bianca di cape ll i e l egger me nt e claudi ca n- te, che si chiamava Soo k. Mi ss Sook Faul k. Avevo an ch e altri amici, ma la mia m igl i ore amica era di certo le i. Fu Sook c he mi rdccontò di Ba bbo Natale, della sua barba flu ente , del suo vestito rosso, de ll a sua str id ul a sli tta piena di regali, e io le cred evo, come cred e"o ch e lUtto fosse la volon- di Dio, o de l Signore, come Lo chiamava se mp re Soo k. Se inciampavo o cadevo da cava llo o pre nde,ro un grosso pesce al rusce ll o - be', le cose be ll e co me que ll e b rutte erano sem- pre la vo lontà d el Si gnore. Fu qu esto che disse Sook anche qu ando le ani da New O rl ca ns la tC 1Tibil e notizia: mio p a- dr e voleva che an dassi a passar e il Nat ale co n lui. 32 1 .' ..

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amiche fidate che gli avrebbero offerto uno sfogo ma senza mai passa re il limite .

.. Be' .. , sospirò ... Non possiamo fame una colpa a Christi­ne. Kenyon Rutheford è un magnifico parOto ... Ma la sua me nte correva, frugavd come le fiamme che vib r.t\'<\Ilo tra i ceppi: un nome a colmare il vuo to. Al ice Combs: dispo nibi­le, ma troppo insulsa. Charlo lte Finch: tro ppo ricca, e Geor­ge si sellliva castrato dalle do nne - e d agli uo mini, qualllo a questo - più ricche d i lui . fo rse la Ellison? La soignée signo­ra Ellison che si trovava a Haiti per oltenere un rdpido di­vo rzio ...

.. Non aggrolt..:"u e la fronte ...

.. Non l'aggrolto.>>

.. Significa solo altro silicone, al tre parcelle di Ore n­treich. Preferi rei le m ghe. Non ha importanza di chi sia la co lpa. Tutti noi, a volte , ci abbandon iamo laggiù , sotto i grand i cicl i, senza mai capire il perché."

Un 'eco, caverne risonan ti:]aime Sanchez e Ca rlos e An­ge lita; Hulga e Freddy Feo e IV01)' Hun te r e il signo r Schmidl; il d otto r Ben tsen e George, George e lei, il dOllo r Be n tsen e Mar)' Rh inelander. ..

Lui died e una piccola stretta alle loro d ila intrecciate, le fece alzare il mento cercando i suoi occhi. Si portò la mano d i lei alle labbra e ne baciò il palmo.

.. Ti amo, Sarah ...

.. Anch' io li amo." Ma il toCCO nelle sue labb ra, la minaccia insita, la fece ro

irrigidi re. Senti, al piano di sotto , il On tin n io dell 'arge n teria sui vassoi; An na e Margaret stavano salendo con la cena.

.. Anch ' io ti amo .. , ripeté con finta sonnolenza , e con si­mulato languore and ò a chiudere i tendaggi. Dispiegale, quell e sete pesan ti celavano il fiume bu io e le imbarcazion i illuminate, così velate dalla neve da risultare eteree come in un disegno giapponese di una notte di invern o .

«George.» Una supplica urgente prima che le irlandesi si presentassero reggendo in abile equi librio le loro o fferte: .. Ti prego, tesoro . Ci verrà in men te qualc uno ».

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Un Natale ( 1982)

Per Cloria D unph)'

Anzi tutto u n breve prologo aULObiografi co. Mia madre. donna d ' inte lligenza eccezionale, era la più bella ragazza dell'Alabama. Lo dicevano tutti ed era ve ro; e a sedici anni sposò un uomo d 'affari di VClllo tto che veniva da una buona famiglia d i New Orleans. Il matrimo nio durò un anno. Mia mad re era troppo giovane per essere mad re o mogl ie; cm anche tro ppo ambiziosa - voleva andare all 'uni ve rsità e fa r­si una posizione. Lasciò quindi il marito e mi affidò alle cu­re della sua numerosa famiglia, ne ll 'Alabama.

Negli anni successivi , e ra raro che vedessi uno d ei miei ge nitori. Mio padre era occupato a New O rleans e mia ma­d re, dopo essersi laureata, slava face ndo can i e ra a New York. Per me, non era una situazione sgrad evole. Stavo be­n issimo dov'ero. Avevo u na q uan tità d i paren li affeuuosi, zii e zie, cugin i e cugine, e in parlicolare unll cugi na, una d on na anziana, bianca di capell i e leggerme nte claudican­te, che si chiamava Sook. Miss Sook Faulk. Avevo anche altri amici, ma la mia migl iore amica era di certo le i.

Fu Sook che mi rdccon tò d i Babbo Natal e, della sua barba fluente, del suo vestito rosso, della sua strid ula sli tta pie na di regali, e io le credevo, come crede"o che lUtto fosse la volon­tà di Dio, o del Signore, come Lo chiamava sempre Sook. Se inciampavo o cadevo da cavallo o prende,ro un grosso pesce al ruscello - be', le cose bell e come quell e brutte erano sem­pre la volontà d el Signo re. Fu questo che disse Sook anche quando le anivò da New O rl cans la tC1Tibile notizia: mio pa­dre voleva che andassi a passare il Natale con lui.

32 1 .' ..

Piansi. Non volevo andare. Non ero mai usci to da q uella piccola e isolata ciuadina dell'Alabama, circondata da fOl'e­Sle e fallorie e fiumi. Non mi ero mai addormentato senza che Sook mi passasse le dita tra i capelli e mi desse il bacio della buonanotte. Per di più avevo paura degli estranei e mio padre era un estraneo. Lo avevo visto diverse volte, ma ne avevo un ricordo confuso: non sapevo,proprio quale fos­se il suo aspetto. Ma, come disse Sook: «E la vololllà del Si­gnore. E ch issà, Buddy, forse vedrdÌ la neve ,. .

La neve! Prima che io sapessi leggere per mio conto, Sook mi aveva le tto mo lte slori e, e in quasi tulle pareva ci fosse un mucchio di neve. Turbinosi, abbaglianti fiocchi da fiaba. Era una cosa che sognavo spesso; una cosa magica e miste­riosa che avevo voglia di vedere e sentire e toccare. Natu ral­mente non mi era mai accaduto e non era mai accaduto nemmeno a Sook: come sa rebbe stato possibile. vivendo in un posto caldo come l'Alabama? Non so come mai pensasse che avrei potuto vedere la neve a New Orleans, che è anco­ra più calda. Ma non ha importanza. Cercava solo di inco­raggiarmi ad affrontare il viaggio.

Avevo un vestito nuovo. Avevo, appuntato al I;svolto, un cartoncino con il mio nomè e indirizzo. Nel caso mi fossi perso. Perché, vedete, dovevo \'Ìaggiare solo. In pullman. E tu lti pensavano che con quell'etichetta sarei stato al sicuro. TutLi tranne me. lo cro spaventato a morte; e arrabbiato. Fu­ribondo con mio padre, q uell'estraneo, che mi costringcva ad andarmene da casa e a star lontano da Sook per Natale.

Era un viaggio di seicentocinquanta chilometri, più o mc­no. La prima felmata fu a Mobile. Lì cambiai pullman (' continuai a viaggiare all 'infinito attraverso terre paludose c lu ngo il mare, finché non arrivammo in una rumorosa ciu;ì tintinnante di tram e stipata di pericolosi ind ividui con fac­ce da stranieri.

Era New Orleans. E all ' improvviso, mentre scendevo dal pullman, un uomo

mi prese lnl.le braccia e mi strinse a sé fino a togliermi il fia­to; rideva e piangeva - un uomo alto e di bell'aspetto che d -

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deva e piangev.1. Disse: .. Non mi riconosci? Non riconosci il tuO papà? ..

Ero senza parole. Non aprii bocca fino a quando, mentre eravamo su un t..'lxi, gl i chiesi: "Dov'è? ..

«Casa nostra? Non è lontana ...... «Non la casa. La neve." «Quale neve?,. "Pensavo che qui ci fosse un mucchio di neve.» Mi guardò in modo strano, ma poi si mise a ridere. «A

New Orleans non c'è mai stata la neve. Che io sappia. Ma ascolta. Lo senti il tuono? Sla ce rtamente per piovere!"

No n so che cosa mi spaventasse di più, se il tuono, gli sfri­golanti zig-zag d ei fulmini che a esso seguirono - o mio pa­dre. Quella sera, quando andai a letto, stava ancora pioven­do. Dissi le mie preghiere e ch iesi di poter presto tornare a casa da Sook. Non sapevo come avrei fa tto ad addormentar­mi non essendoci Sook a darmi il bacio della buo nanotte. In effetti non riuscivo a donnire e così cominciai a chieder­mi cosa mi avrebbe portato Babbo Natale. Volevo un coltel­lo con il manico di madreperla. E una grande scatola di puzzle. Un cappello da cowboy con rela tivo lazo. E un fuci­le ad aria compressa per sparare ai passeri. (Diversi anni d~ po, quando ebbi un fucile ad aria compressa, sparai a un lo rdo e a una quaglia; e non dimenticherò mai il dispiacere che provai, il rincrescimento; non ho mai più ammazzato nessuno e ogni pesce che prendevo lo ributtavo in acqua. ) E volevo una scaLOla di pastelli. E sop rattutto una radio, ma sapevo che questo e ra impossibile: non conoscevo neanche dieci persone che avessero una r.1dio. Non dimenLicate che c'era la Crisi e che nel Profondo Sud erano rare le case for· nile di radio o di frigorifero.

Mio padre li aveva entrambi. Pareva che avesse tutto -un 'auto con il sed ile posteriore ribaltabile, per non parlare di una vecchia e gr.1ziosa casetta rosa nel QuarLiere France­se, con balconi di fen'o battuto e un giardino interno a pa­tio, colorato di fiori e ri n frescato da una fontana a forma di si rena. Aveva anche una mezza dozzina, direi anzi una dozzi-

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na inteni, di amiche. Come mia madre, mio padre non si (' l ,I risposato; ma avevano entrambi ammiratori risoluti e, vole" ti o nole nti, finirono poi per lipercorrcre il cammino du' porta all'altare - mio padre, di fatlo, lo percorse sei volte.

Vedete dunque che doveva avere fàscino; e di futlo sembl ,i \<l affascinare quasi tutti - o meglio, lUtti ll<lnne me. Questo perché mi meueva in imbarai'..lo, trascinandomi sempre qua (' là per farmi conoscere i suoi amici, limi quanti, dal suo Ixll i

ch iere al barbiere che lo mdeva ogni giorno. E, natumhncnl(', tutte le sue amiche. Ma c'em anche di peggio: non faceva chI' abbmccianni e bacianni c fare i miei elogi. Mi \'ergognmo moltissimo. lo ero un autentico mgazzo di campagna. CredI' vo in Gesù e dicevo fedelmente le mie preghiere. Sapevo ciI(' Babbo Natale esisteva. E a casa, nell 'Alabama, non ponavu mai le scarpe, se non pe r andare in chiesa, inverno o estate.

Era una verd tortum fars i trascinare qua e là per le str:1C](o di Ne\\' Orleans con quelle scarpe con i lacci streui, c<l l<l(' come l'inferno, pesanti come il piombo. Non so dire co!> .• fosse peggio - se le scarpe o il cibo, A casa ero abituato .il pollo fritto e ai cavoli ricci e ai fagioli americani e al pane ch mais e ad altre buone cose. Ma i ristorallli di Ne\\' Orlean~l Non dimenticherò mai la mia prima ostrica, fu come se 1111 scivolasse in gola un brUlto sogno; passarono decenni p l i ma che ne ingoiassi un'altra. In quanto poi alla piccante CII cina creola - mi bastava pensarci perché mi venisse il brII ciore di stomaco. No, grazie, io desideravo con tutto il cuo­re biscOlli appena usciti dal forno e latte appena munto d; tI le vacche e melassa faua in casa appena versata dal secchio.

II mio povero padre non aveva idea di quanto fossi infeli ce, un po' perché non glielo avevo mai falto capire, né tali ­lO meno glielo avevo mai detto; e un po' perché, nonOSl'W­te le proteste di mia madre, era duscito ad avermi legal ­mente in custodia per quelle vacanze di Natale.

Mi diceva: «Dimmi la verità. Non ti piacerebbe venire a vi­vere qui con me a Ne\\' Odeans?,.

"Non posso,,, .. Come non puoi? ,.

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«Mi manca Sook, mi manca Queenie; è una piccola rat ler­ne!; una bufTa best.iola . Ma noi le vogliamo bene."

Diceva allora: «E a me non vuo i bene?" lo d icevo «Sì,., Ma in verità, a pane Sook e Queenie e

qualche cugino e la fotografia della mia bella mamma accan­to alletto, io non avevo idea di cosa significasse \'oler bene.

Lo scoprii presLO. Il giorno prima di Natale, mentre pas­seggiavamo in Canal SU'ee t, mi fermai di botto, ipnotizzato da un oggetto magico, esposto nella vetrina di un grande negozio d i gioe'ltloli. Era un aereo giocattolo abbasta~z~ grande per pOlercisi sedere e pedalare come su una biCI­cle tta. E.a verde con un 'elica rossa, Ero convinto che, peda­lando con sufficiente energia, avrebbe decollalo e preso il volo! Come sarebbc stato bello! Mi p:1rev--J. di vedere i miei cugini bloccati a terra mentre io volavo tra le nuvole, E va' a parlare di verde! Risi; e risi e risi, Era la prima volta che fa­cevo qualcosa ehe facesse piacere a mio padre, anche se lui non sapeva che cosa mi fosse sembrato così buffo.

Quella sera preg-ai che Babbo atale mi portasse l'aero­plano,

Mio padre aveva già comprato l'albero e insieme passava­mo molto tempo nei grandi magazzini a scegliere oggetti con cui decorarlo. Poi feci uno sbaglio. Misi sotto l'albero una fotografia di mia madre. Non appena la vide, mio pa­dre si sbiancò e cominciò a tremare. lo non sapevo che fare. Ma lui sì. Aprì un armadietto e tirò fuori un bicchiere alto e ulla bottiglia. Riconobbi la bottiglia perché nltti i miei zii dell'Alabama ne avevano molte come quella. Whisky di con­trabbando del periodo proibizionista. Riempì il bicchiere e lo bevve quasi d'un fiato, Dopo di che fu come se la fotogra­fia fosse sparita.

E così aspettavo la vigilia e l'arrivo, sempre eccitante, del grasso Babbo Natale. Naturalmente, non avevo mai viSlO uno stridulo gigante con il ventre gonfio e un pesante sacco sul­le spalle piombar giù dal camino ed elargire allegramente la propria generosità sotLO un albero di Natale. Mio cugino BiI1y Bob, che era una carogna di naneroltolo con un cer-

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vello come un pugno d i ferro, di ceva che erano tutte fesse­rie, che q ue lla creatura prop ri o non esislCva.

«Un corno ,. , diceva. «Uno che crede in Babbo Natale può anche credere che un mul o è un cavallo .»

Q uesta d iscussio ne si svolse nella piccola p iazza del tribu­nale. lo dissi: .. Babbo Natale esiste perché ciò che lui fa è la volon­tà di Dio e la volontà di Dio è sempre In ve'l'ilw..

E BiIly Bob, dopo aver spu tato per te rra, si al\omanò: .. Sc', sembra pro prio che c 'è capitaLO tra i p iedi un altro pred icatore .. .

Giuravo sempre a me stesso che la vigilia d i Natale no n mi sarei addonnemaLO; volevo sentire la danza saltellan te delle renne sul tetto e fa rmi troV"are ai pied i del camino per stri nge re la mano a Babbo Natal e. E in questa parti colare vi­gilia, mi sembrava che no n ci fosse niente d i più facile che stare sveglio.

Nella casa di mio pad re c'erano u'e piani e se tte stanze, molte delle qual i enormi , specie le tre che portavano al pa­tio: un salo tto, una sala da p ranzo e una sala da «musica» per quell i che avevano voglia di ballare e di dive nirsi e d i giocare a carte. I due pia ni superiori erano guarniti di bal­coni e ai loro ghirigo ri d i ferro verde scuro s' il1lrecciavano buganvillee e ondeggianti viticci d i fo rmiconi scarlatti -piante, queste, simi li a lucerto le con rosse li ngue guizzanti . Era di quelle case che fanno la miglior figura se han no pavi­menti laccati e un po ' di vimin i qua, un po' di velluto là. Sa­rebbe stato possibile scambiarla per la casa d ' un ricco; ma era, più precisamen te, la casa di un uomo con una passione pe r l'eleganza. Per un povero (ma felice) ragazzo scalzo del­i' Alabama era un mistero come potesse appagare questo suo desiderio.

Non lo era pe rò per mia madre che, dopo essersi laurea­ta, stava sfruttando al massimo le sue grazie di bella sudist..'l e nello stesso tempo si impegnava per trovare a New Yo rk un fidanzato veramente adatto, in grado cioè di offrirle ap­partamenti in Sutlon Piace e pel licce di zibellino. No. le ri­sorse di mio padre le erano ben note, anche se a esse non

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fece ma i alcun cenno se non molti anni do po, quando da un pezzo si era procurat..'l. fili di perle da far risple ndere in­to rno all a sua gola avvolta nell 'ermellino.

Era ven ut..'l a trovanni in un collegio snob del New England (dove la mia rett..'l era pagata dal suo ricco e generoso mal'i­to) e qu i qualcosa che le dissi la fece in fllliare; urlò: .. Oawe­ro no n sai come fa a vivere così bene? A noleggiare yaclll e a fa re crocie re nelle isole greche? Sono le sue mogli! Pensa a tutta la lunga se rie. Tutte vedove. T utte ricche. Mol to licche . E tutte mo lto più vecch ie di lui. Troppo ,"ecch ie perché un giovane equilibrato po tesse sposarle. E per questo che sei il suo unico figlio. Ed è per questo che io non avrò mai un al­tro figlio - ero u'oppo giovane per ave r bambini, ma lui era una bestia, mi d istrusse, mi rovinò .. . ,.

Nidi gigolo, danza gigolo che per q/.USto sei pagato ... Luna, luna di Miami ... Per me è lo. prima volta, ti pn~,1Q sii gentile ... Ehi, si­gnore me lo darebbe una 11Ioneta ~ ... Ridi "rigalo, danz.a gigolo che per questo sei pagato ...

Mentre lei parl ava (e io ce rcavo di non ascoltarl a perché, dicendomi che la mia nasci ta l'aveva d istrutta, e ra lei a di­struggere me), mi risuonavano in men te quest.e canzonette o altre dello stesso gene re. Mi aiu tavano a no n sen tirla e mi ric hiamavano alla memoria la strana, indimenticabile festa che mio padre aveva dato a New O rleans q uella vigili a d i Natale.

Il pa lio era pieno d i candele e anche le tre stanze che a esso conducevano. Quasi tutti gli invitati si erano raccolti nel salo uo , do"c il fievole fuoco del caminetto faceva lucci­ca re l'albero; altri invece ballavano nella sala da musica e nel patio al suono d i un grdmmofono a manovella. lo , do po esse re stato p resen tato agli invitati ed essere stato oggetto di mo lti complimenti, ero stato mandato d i sopra; ma dall a terrazza davanti alla porta a velli della mia c;unera potci os­SClvare l' in tera festa c guardare tu tte le coppie che ballava­no. Vidi così mio padre fare un giro d i valze r con una gra­ziosa signOl-d, inLOrno allo stagno che circondava la fon tana a fo rma di sire na. Lei e ra effettivamente graziosa e indossa-

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va un diafano vestito argentato che splendeva alla luce dell e candele; ma era \'ecchia - aveva almeno dieci ann i p iù di mio padre, che ne aveva allora trentacinque.

Mi resi improvvisamente con lo che mio padre era di gran lunga il più giovane dei presenti . Nessuna delle signore, per q uan to affasci nante, aveva un'età inferiore a quella della snella danzatrice di valzer con il flu tluallle vestito argen ta­lO. Lo stesso \aleva anc he per gli uomini, molti dei q uali fu­mavano fragl-,lflti sigari Avana; per almeno metà, erano tal­mente vecch i da poter essere i pad l-i di mio padre.

Poi vidi qualcosa che mi fece sussultare. Mio padre e la sua agile partner erano a lTivati danzando in una nicchia oscurata da formiconi scarlatti; e si stavano abbracciando baciando. Ero così sorpreso, cosi mmbbialo, che corsi in ca: mera mia, mi buttai su l letto e nascosi la testa sono le coper­te. Cosa pOle\rd volere il mio giovane e aUraente pad re da una vecch ia come quella? E perché tutta quella gente non se ne tornava. a casa e non dava modo a Babbo Natale di ra­re il suo ingresso? Rimasi svegl io per o re ad ascoltarli anda­re via, e quando mio padre disse arrivederci per l'ultima volta, lo udii salire le scale e aprire la mia pona per guardar­mi; ma io finsi di dormire.

Accaddero diverse cose che mi tennero sveglio tutta la notte. Prima di tuno i passi, il rumore di mio padre che coro reVd su e giù pe r le scale, respirando a fatica. Dovevo scopri­re che cosa stava combinando. Mi nascos i qui ndi su l balco­ne, tra le buganvillee. Godevo da lì di una visione totale del salotto e dell'albero e del caminetto dove ancora ardeva un pallido fuoco. E \'cdevo anche mio padre. Stava strisciando intomo all'albero per sistemare una piramide di pacchi. Av­VOlli in carta pUl"purea e rossa e dorata e bianca e azzu rra, frusciavano ogni volta che lui li spostava. Mi gimva la lesta perché ciò che vedevo mi costringeva a riesaminare ogni co­sa. Se quei regali erdno desti nati a me, em ovvio che no n era stalO il Signore a ordinarli né Babbo Natale a conse­gnarli; no, erano doni comprati e impacchettali da mio pa­dre . In altre parole, il mio sporco cuginetto Billy Bob e gli

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altri sporchi mgazzin i del suo stampo non aVe,rdl10 menti lO quando mi p rendevano in gi ro e mi dicevano che Babbo Natale non es iste. Ma il pcnsiero che più mi angosciava era questo: anche Sook sapeva la verità e mi aveva melllilO? No, Sook non mi avrebbe mai mellli lO. Lei credeva! Solo che -be', anche se aveva passato i sessan ta, SOllO certi aspelti era rimasta una bambina, alme no quanlO ero un bambino io.

Continuai a guardare fi nché mio padre non ebbe sbriga­lO tulte le sue incombenze e spen lO le poche candele che e mno ancora accese. Po i aspcttai per essere sicu ro che fosse a lello e profo ndamente addormentato. Scesi allora in pun­ta d i piedi in salollo, che ancora punava di gardenie e di si­gari Avana.

Mi sede tti lì pensando: .. Adesso dovrò essere io a d ire la ve ri tà a Sook». Una rabb ia, una stlana malizia saliva no a spi­rale dentro di me: non erano rivolte contro mio padre, an­che se alla fin e fu lui che ne rimase vi ttima.

Q uando venne l'alba, esaminai i cartell ini altaccali ai vari pacchi . Dicevano tutti .. Per Buddy". T utti tran ne uno, su cui era scritto ", Pe r Evangel ine,.. Evangeline e ia un 'anziana donna d i colore che bevevd Coca-Cola dalla mattina alla se­ra e pesava centotren ta ch ili; era la governan te d i mio padre - e gli faceva anche da mamma. Decisi d i aprire i pacch i. Era la mattina di Natale e io ero sveglio, e allo ra perché no? Non mi prenderò la b riga d i descrivere ciò che conteneva­no: nient'altro che camicie e maglioni e altre sq uallide cose della stessa specie. 11 solo regalo che apprezZ<'li fu una pisto­Ia a capsule di grdn classe. Mi venne in mente che sarebbe stato dive rtente svegliare mio padre sparando. Fu ciò che fe­ci. Bang. Btmg. Bang.

Si precipitò fuori della sua camera, con gli occh i stralunati. Bang. Bang. Bang. .. Buddy - cosa diavolo stai facendo?,. Bang. Bang. Bang . .. Smettila! » Risi. «Guarda, papà. Guarda che cose meravigliose mi ha

portato Babbo Nata le."

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Ormai calmatosi, el1lrò in salotto e mi abbracciò: "Ti pia­ce quello che ti ha portato Babbo Natale?,.

Gl i sorrisi . E lui sorrise a me. Ci fu un lungo momento di tenerezza, che andò distJ'utto quando io dissi: «Sì, ma luco­sa mi regali, papà?,. Il suo sorriso svanì. I suoi occhi si re­strinsero insospeuili - pensava, era chiaro, che io ce rcassi d i fare il furbo. Ma poi arrossì, come se si vergognasse d i pen­sare ciò che stava pensando. Mi accarezzò la testa, tossì c disse: "Bc', avevo pensato d'aspcu. .. ·ue per lasciarti sceglie re lIna cosa che volevi. Non c'è niente d i particolare che tu de­sideri?»

Gli ricorda i l'aeroplano che avevamo visto nel negozio di giocattoli di Canal Street. Il suo viso s'afflosciò. Oh, sì, si ri­cordava benissimo dell'aeroplano e di quanto era caro. Il giorno dopo tuttavia, mi trovai seduto in quell'aeroplano a sognare che stavo salendo in cielo, mentre mio padre riem­p iva un assegno per u n commesso tutto contento. Si era di­scussa l'ipotesi di spedire l'apparecchio in Alabama, ma io fui irremovibile - insistetti per ponarmelo dietro sul pu ll­man che avrei preso quel pomeriggio alle due. Il com messo risolse la questione telefonando alla società dei pullman, c la risposta fu che non avrebbero avuto difficohà a sistemare la faccenda.

Ma non mi ero ancora liberato di New Orleans. II p roble­ma era una grdnde fiaschetta d'argento di whisky d i con­trabbando; forse fu a causa della mia panenza, ma sta di fat­lO che mio padre aveva bevuto tutto il giorno e, mentre an­davamo alla stazione dei pullman, mi spaventò afferrando­mi un polso e sussurrando con voce aspra: " lo non ti lascio partire. Non posso permetterti di tornare da quella famiglia di malti in quella vecchia casa di matti . Guarda come ti han­no ridotto. Un ragazzo di sei anni, quasi seue, che parla d i Babbo Natale! E tutta colpa loro, di tune quelle vecchie zi­telle inacidite con le loro Bibbie e i loro ferri da calza e d i quegli zii sempre ubriachi. Ascoltami, Buddy. Dio non esi­ste! Babbo Natale non esiste!» Mi stava stringendo il polso con tanta farla da farmi male. «Cene volte, Dio mio, penso

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che tua madre e io, lutti e due, dovremmo ammaz7..arci per aver permesso che succedesse questo ... " (Lui non si ammaz­zò mai, ma mia madre sì: imboccò trenta anni fa la strada del Seconal.) «Dammi un bacio. Ti prego. Ti prego. Dammi un bacio. Di' al tuo papà che gli vuoi bene.,. Ma io non po­tevo parlare, Mi te .'rorizzava l'idea di perdere il pullman. Ed ero preoccupato per il mio aeroplano, legato con una cingh ia alleltO del taxi. «Dimmi: Ti voglio bene. Dimmelo. Ti prego, Buddy. Dimmelo.,.

Per mia fortuna il taxis[a er.\ un uomo di buon cuore. Senza il suo aiuto, infatti, e senza l'aiuto di alcuni efficienti facchini e di un affabile poliziollO, non so cosa sarebbe suc­cesso quando arrivammo alla stazione. Mio padre barcolla­va al punto da non poter quasi camminare, ma il poliziotto gli parlò, lo calmò, lo aiutÒ a stare drittO, e il taxista promi­se di riportarlo a casa sano e salvo. Mio padre, però, non volle andare via prima d'aver visto i facchini caricarmi sul pullman.

Una volla salito, mi rannicchiai su un sedile e chiusi gli occhi . Sentivo uno stranissimo male. Un male opprimen te che mi doleva dappertutto. Pensai che, se mi foss i tolto le mie pesanti scarpe da città, quei mostnlosi strumenti di tor­tura, la sofferenza sa rebbe sparita. Me le tolsi, ma quel male misterioso non mi lasciò. In un certo senso, non mi ha mai lasciato; e non mi lascerà mai.

Dodici ore dopo, ero a letto a casa mia. La stanza era al buio. Sook sedeva accanto a me dondolando su una sedia a dondolo, con un rumore rasserenante quanto le onde del­l'oceano. Avevo cercato di raccontarle tutto ciò che era ac­caduto e avevo smesso solo quando ero diventato rauco co­me un cane che ha ululato troppo. Mi infilò le dita tra i ca­pelli e disse: «Ma certo che Babbo Natale esiste. Solo che non c'è nessuno che possa fare da solo luttO quello che de­ve fare lui. E allora il Signore ha distribuito i suoi compiti tra tutti noi. Per questo noi siamo tutti Babbo Natale. lo . Tti. Persino tuo cugino Billy Bob. E adesso dormi. Conta le stelle. Pensa a cose più serene. Alla neve, per esempio. Mi

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dispiace che lU non abbia potUlo vederla. Ma ora la neve Stl

cadendo attraverso le stelle ..... Le stelle sfavillarono, la neve turbinò nella mia testa; l'ultima cosa che ricordai fu la voce pacata del Signore che mi parlava di qualcosa che dovevo fare. L'indomani la feci. Andai con ~ook all'ufficio poslale e comprdi una cartolina da un ceni. E una cartolina che c'è ancora. L' hanno trovata l'anno scorso nella cassetta di sicu­rezza di mio padre dopo la sua morte. Ed ecco cosa gli ave­vo scrilto: Ciao paPà spero che lu stia bnu io sto bene e sto impa­rando (l pedalare il11lio aeroplano così svelto che I)resto sarò in dc-­lo e così tieni gli occhi aperti e sì li voglio bene Budd),.

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Truman Capote (New Orloon I 111 "1 Las Angeles 1984) è uno chl lln VIII I più originali della l etteralu~1 1 11111111 11 Il

na del Novecento. I suoi IIbd, 111111 1.1\111 da Garzanti, sono Altre vocl"ltn I. III /n (1948), L'arpa d'erba (1951), Cn/u/llt/I" ,l,I 7iffany (1958), A sangue ( "'Wl> (IIHIII) . I cani abbaiano (1976), Progll/(mt /I ,,""""

(1986), il romanzo che Capol lUI I '"" he so poco prima di moriro o p""""t Iin postumo, l'antologia Musica Il''' , 1/11'

leonti (1980) e Incontro d 'o filI" VUI1f1) . scritto nel 1943 e riemerso solu IItII '1IC11 , tra le carte abbandonate dolio i IIlInl.

nella sua vecchia casa di BrooklVIl