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Rischi e caratteristiche di qualità igienico-sanitaria degli impianti natatori La legionellosi in Italia nel 2003. Rapporto annuale Metodi online: i metodi analitici di riferimento per le acque destinate al consumo umano Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale 70% DCB - Roma Volume 17 Numero 10 Ottobre 2004 ISSN 0394-9303 Risultati preliminari dello studio QUADRI (Qualità dell’assistenza alle persone diabetiche nelle regioni) Le infezioni invasive da Haemophilus influenzae: la situazione italiana dal 1998 al 2003 Bollettino Epidemiologico Nazionale Inserto BEN

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Rischie caratteristiche di qualità igienico-sanitariadegli impianti natatori

La legionellosi in Italia nel 2003.Rapporto annuale

Metodi online:i metodi analitici di riferimento per le acque destinateal consumo umano

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Volume 17Numero 10

Ottobre 2004

ISSN 0394-9303

Risultati preliminari dello studio QUADRI

(Qualità dell’assistenza alle personediabetiche nelle regioni)

Le infezioni invasive da Haemophilus influenzae:

la situazione italiana dal 1998 al 2003

BollettinoEpidemiologico Nazionale

Inserto BEN

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Not Ist Super Sanità 2004; 17 (10) © Istituto Superiore di Sanità

Notiziariodell ’ Istituto Superiore di Sanità

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SommarioGli articoli

Rischi e caratteristiche di qualità igienico-sanitaria degli impianti natatori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3La legionellosi in Italia nel 2003. Rapporto annuale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8Metodi online: i metodi analitici di riferimento per le acque destinate al consumo umano . . . . . . . . . . 14

Le rubriche

“Nello specchio della stampa” . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17“Visto... si stampi” . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19

Bollettino Epidemiologico Nazionale (Inserto BEN)

Risultati preliminari dello studio QUADRI (Qualità dell’assistenza alle persone diabetiche nelle regioni) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . iLe infezioni invasive da Haemophilus influenzae: la situazione italiana dal 1998 al 2003 . . . . . . . . . . . . iii

Istituto Superiore di SanitàPresidente: Enrico Garaci - Direttore generale: Sergio Licheri

Viale Regina Elena, 299 - 00161 RomaTel. 0649901 - Fax 0649387118

e-Mail: [email protected] - Sito Web: www.iss.itTelex 610071 ISTSAN I

Telegr. ISTISAN - 00161 RomaIscritto al n. 475/88 del 16 settembre 1988.

Registro Stampa Tribunale di Roma© Istituto Superiore di Sanità 2004

Numero chiuso in redazione il 7 ottobre 2004Stampa: Tipografia Facciotti s.r.l. - Roma

Direttore responsabile: Enrico GaraciRedattore capo: Paola De Castro

Redazione: Carla Faralli, Anna Maria Rossi, Giovanna MoriniProgetto grafico: Eugenio Morassi

Impaginazione e grafici: Giovanna MoriniFotografia: Bruno Ballatore, Luigi Nicoletti, Antonio Sesta

Distribuzione: Patrizia MochiVersione online (www.iss.it):

Simona Deodati, Giovanna Morini

L’Istituto Superiore di Sanitàè il principale ente di ricerca italiano per la tutela della salute pubblica.

È organo tecnico-scientifico del Servizio Sanitario Nazionale e svolge attività di ricerca, sperimentazione, controllo, consulenza, documentazione e formazione in materia di salute pubblica.

L’organizzazione tecnico-scientifica dell’Istituto si articola in Dipartimenti, Centri nazionali e Servizi tecnico-scientifici

DipartimentiAmbiente e Connessa Prevenzione Primaria

Biologia Cellulare e NeuroscienzeEmatologia, Oncologia e Medicina Molecolare

FarmacoMalattie Infettive, Parassitarie ed Immunomediate

Sanità Alimentare ed AnimaleTecnologie e Salute

Centri nazionaliCentro Nazionale di Epidemiologia, Sorveglianza e Promozione della Salute

Centro Nazionale per la Qualità degli Alimenti e per i Rischi AlimentariCentro Nazionale Trapianti

Servizi tecnico-scientifici Servizio Biologico e per la Gestione della Sperimentazione Animale

Servizio Informatico, Documentazione, Biblioteca ed Attività Editoriali

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Lucia Bonadonna, Giancarlo Donati e Rossella Briancesco

Dipartimento di Ambiente e Connessa Prevenzione Primaria, ISS

Riassunto - Il rischio più rilevante associato alla frequentazione degli impianti natatori è quello legato alla dif-fusione di patologie trasmesse attraverso acqua e superfici infette. Esso è prevalentemente correlato alla contami-nazione di origine fecale, ma le tipiche condizioni ambientali e gli stessi bagnanti forniscono un contributo non tra-scurabile alla diffusione di batteri, virus e parassiti. Se si considerano poi i rischi generici, si osserva che, più spes-so che in altri ambienti di vita, la frequenza di incidenti che causano traumi, lesioni e annegamenti è abbastanzaelevata e probabilmente sottostimata. Un’adeguata manutenzione degli impianti, i controlli dei parametri micro-biologici e chimico-fisici e le regole basilari di comportamento per i bagnanti possono contribuire a ridurre il rischioper la salute degli utenti.

Parole chiave: acqua, impianti natatori, rischio igienico-sanitario

Summary (Health risks and hygienic quality of swimming pools) - Other than injuries associated with swim-ming-related activities, drowning accounts for a significant percentage of accidental deaths in swimming pool.Nevertheless the risk of illness or infection associated with swimming pools is the most significant and has beenlinked to faecal contamination of the water, to presence of bathers responsible of spreading microrganisms and tosurface contamination. Effective management options and adequate behaviour of the bathers can help to mini-mize and reduce the detrimental health consequences associated with the use of recreational water environments.

Key words: health risk, swimming pool, water [email protected]

l Piano Sanitario Nazionale 1998-2000aveva tra i suoi obiettivi quello di pro-muovere la pratica di attività fisico-spor-tive tra la popolazione. Di fatto, in que-

sti ultimi anni, è aumentato in Italia ilnumero di persone che esercitano rego-larmente un’attività sportiva nel tempolibero o che comunque praticano unosport per il recupero della salute psico-fisica.

È bene comunque considerare chegli impianti sportivi rappresentano am-bienti dove la struttura stessa, le condi-zioni microclimatiche e le attività che visi svolgono possono, in modo significativo, condizio-nare la salute e il benessere degli utenti.

In particolare, l’uso di impianti sportivi come le pi-scine può rappresentare una condizione di rischio se siosserva che, più spesso che in altri ambienti di vita, lafrequenza di incidenti che causano traumi, lesioni e

annegamenti è abbastanza elevata e pro-babilmente sottostimata. In Italia, nonesistono tuttavia dati epidemiologici chepossano fare riferimento in modo speci-fico a incidenti rilevati in impianti na-tatori. Più in generale, tali eventi si rea-lizzano con un’incidenza legata all’etàdei bagnanti e al grado di gestione degliimpianti. È dimostrato che maggiore èil numero di assistenti ai bagnanti mi-

nore è il rischio di incidenti che si possono conclude-re in modo drammatico. Il controllo da parte di adul-

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Rischi e caratteristiche di qualità igienico-sanitaria

degli impianti natatori

Le piscine possono essere veicolo

di diffusione di patologie

“ “

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ti può, infatti, limitare il rischio di subire lesioni o dimorire per annegamento, tipico dell’età infantile. I gio-vani, tuttavia, sono statisticamente più a rischio deibambini e il consumo di alcool è un fattore frequen-temente associato a morte per annegamento o a espe-rienze di annegamento concluse con un salvataggio.Per questa fascia di età non si devono poi trascurare glieventi che possono causare lesioni agli arti, alla testa oalla colonna vertebrale dovuti a pavimentazione sdruc-ciolevole e a comportamenti non idonei (corsa lungoil bordo della vasca, entrata in acqua inmodo incauto, caduta in acqua inciam-pando sul bordo). In età più avanzata so-no soprattutto le crisi cardiache il fatto-re scatenante i decessi per annegamento.

Oltre ai rischi generici, sono co-munque i rischi igienico-sanitari quelliche assumono una rilevanza sanitaria de-terminante se si considera che la salu-brità dell’ambiente è influenzata non so-lo dalla presenza di un elevato numero di impianti tec-nologici (trattamento e riscaldamento dell’acqua e del-l’aria), ma anche dalle caratteristiche di qualità delleacque e dal numero di fruitori dell’impianto.

In questo contesto, il recente Accordo tra il Ministe-ro della Salute, le Regioni e le Province Autonome diTrento e di Bolzano (1) costituisce un importante tra-guardo nella definizione dei requisiti minimi igienico-sa-nitari, tecnici e gestionali degli impianti natatori. La nuo-

va normativa, nata anche dal contribuito dell’Istituto Su-periore di Sanità, riproduce, in forma più organica e coe-rente, l’Atto di Intesa del 1992 (2) che, sospeso da alcu-ni anni, era stato disatteso anche perché complesso e mol-to articolato. Nell’attuale legislazione, rispetto alla pre-cedente, sono state apportate modifiche sostanziali che ri-guardano sia gli aspetti gestionali, sia gli aspetti relativiai controlli igienico-sanitari. In particolare, per quanto ri-guarda i controlli microbiologici delle acque, sono statisostituiti o, addirittura, eliminati parametri microbiolo-

gici più tradizionali e inseriti altri più si-gnificativi, maggiormente idonei a carat-terizzare la qualità di questo tipo di acquee a segnalare il rischio potenziale o realeper la salute dei bagnanti.

Le vasche degli impianti natatori, perle loro caratteristiche di ambienti circo-scritti, rappresentano siti dove il rischiopiù rilevante è quello di carattere micro-biologico. Le acque di piscina possono in-

fatti rappresentare una via di trasmissione di infezioni emalattie sostenute da microrganismi che, in condizioniambientali favorevoli, possono sopravvivere e moltipli-carsi (Tabella). Gli stessi utenti possono essere i respon-sabili del deterioramento della qualità igienica delle ac-que, come, d’altra parte, una cattiva gestione e una scar-sa manutenzione dell’impianto e dei sistemi tecnologicipossono favorire il mantenimento di condizioni idoneeallo sviluppo microbico e alla trasmissione di infezioni.

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Notiziariodell ’ Istituto Superiore di Sanità

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Una nuova normativastabilisce i requisitiminimi di salubrità

delle acque di piscina

“ “Tabella - Agenti infettivi potenzialmente riscontrabili negli impianti natatori

Categoria Agente Origine Trasmissione

Virus enterici Adenovirus Fecale Ingestione/inalazioneEpatite A virus Fecale IngestioneNorwalk virus Fecale Ingestione/inalazioneEchovirus Fecale Ingestione/inalazione

Virus non enterici Molluscipoxvirus Superfici infette ContattoHuman Papilloma Superfici infette ContattoVirus

Batteri non enterici Legionella Aerosol (ambientale) InalazionePseudomonas spp Ambientale, bagnanti ContattoStaphylococcus spp Bagnanti, superfici ContattoMycobacterium marinum Superfici infette ContattoFunghi e Lieviti Ambientale, superfici Contatto

Batteri enterici Shigella Fecale IngestioneEscherichia coli O157 Fecale IngestioneSalmonella Fecale Ingestione

Protozoi patogeni Giardia Fecale IngestioneCryptosporidium Fecale IngestioneNaegleria fowleri Aerosol (ambientale) InalazioneAcantamoeba Aerosol (ambientale) Inalazione

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Il rischio infettivo associato all’immersione in acquedi piscina viene prevalentemente correlato alla conta-minazione di origine fecale legata alla diffusione di bat-teri, virus e parassiti, sebbene l’acqua in entrata nellavasca natatoria debba avere le caratteristiche di quali-tà di acqua destinata al consumo umano (assenza diindicatori di fecalizzazione e di patogeni).

L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha affron-tato con particolare attenzione il problema della qua-lità microbiologica di acque a uso ricreazionale met-tendo in evidenza la complessità della valutazione del-le loro caratteristiche igienico-sanitariee rilevando come, in questo tipo di ac-que, casi ed epidemie siano spesso asso-ciati alla diffusione di virus enterici, lacui presenza non è segnalata sulla basedei controlli di qualità effettuati di rou-tine sulle acque. In particolare, risulte-rebbe evidente che Adenovirus, virusdell’epatite A, Norwalk virus ed Echovi-rus possono essere rilevati in acque di pi-scina sottoposte a inadeguati trattamenti di disinfe-zione, anche se, per tempi di contatto adeguati, unaconcentrazione di 0,4 mg/l di cloro residuo, in teoria,sarebbe sufficiente a eliminare le forme virali. Tutta-via, la presenza di sostanza organica nell’acqua e feno-meni di adesione e agglomerazione, con l’aumento del-la cloro-richiesta, possono ridurre la frazione di clororesiduo disponibile, annullando il potere disinfettan-te. D’altra parte, sono comunque facilmente riscon-

trabili negli impianti natatori virus di origine non en-terica, quali il Molluscipoxivirus e lo Human Papillo-ma Virus (HPV), agenti rispettivamente del Molluscocontagioso e delle verruche plantari.

Parte degli episodi segnalati e documentati di infe-zioni acquisite in piscina sono tuttavia, più frequente-mente, attribuibili a forme batteriche. Batteri enterici,quali Escherichia coli O157:H7, alcune specie appar-tenenti al genere Shigella e diversi sierotipi di Salmo-nella sono stati ritenuti responsabili di casi ed epidemieassociati a immersioni in acque di piscina in cui il trat-tamento dell’acqua risultava inadeguato.

Oltre alla cattiva manutenzione dell’impianto e atrattamenti di disinfezione insufficienti, altri fattoripossono favorire la presenza di microrganismi nelle ac-que di piscina. Temperatura dell'acqua, presenza in so-spensione di secrezioni nasali e orofaringee, materialigrassi e squame cutanee provenienti dalla pelle dei ba-gnanti sono elementi che costituiscono una protezio-ne nei confronti della clorazione per tutti gli organismisospesi nell’acqua, risultando, quest’ultima, più con-taminata in superficie. In questo ambito, è segnalata lapresenza di batteri di origine non fecale che, apparte-nenti a gruppi e specie notoriamente più resistenti aitrattamenti di disinfezione, sono rilasciati nelle acquedagli stessi bagnanti. Alcuni di questi microrganismi,patogeni e patogeni opportunisti, sono rilevabili, qua-si costantemente, durante i controlli igienico-sanitaria cui sono sottoposte le acque, rappresentando un ri-schio di trasmissione delle cosiddette water-wash dis-eases. Essi possono essere responsabili di follicoliti, af-fezioni oftalmiche, cutanee, auricolari e delle prime vierespiratorie. È il caso ad esempio, di microrganismi ap-partenenti ai generi Pseudomonas e Staphylococcus. Tut-tavia, se un’adeguata concentrazione di disinfettante

residuo resta l’elemento chiave per con-trollare P. aeruginosa, le altre specie sonopiù regolarmente rilevabili anche per laloro comunque maggiore concentrazio-ne nell’acqua. Problemi di diffusione se-condaria di questi batteri sono spesso se-gnalati in associazione ai filtri dell’im-pianto dove i microrganismi sono in gra-do di mantenersi e moltiplicarsi. Proce-

dure di controlavaggio dei filtri, da eseguire a deter-minata frequenza da parte del gestore dell’impianto,sono in questo caso d’obbligo.

L’altro gruppo di microrganismi di norma rilevabi-le nelle acque di piscina è quello degli stafilococchi. Èdimostrato che il loro numero in queste acque è cor-relato al numero di bagnanti. L’uomo è veicolo di al-meno tre specie clinicamente importanti: S. aureus, S.epidermidis e S. saprophyticus: gli ultimi due hanno unbasso grado di patogenicità e l’uomo è l’unica riserva

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L. Bonadonna, G. Donati, R. Briancesco

Insufficientitrattamenti

di disinfezionefavorisconola presenza

di microrganismi

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di S. aureus. Un’adeguata inattivazione di S. aureus puòessere raggiunta mantenendo i livelli di cloro residuolibero al di sopra di 1 mg/l e con la regolare disinfe-zione dei filtri durante le pratiche di controlavaggio. Adifferenza di Pseudomonas, gli stafilococchi non si mol-tiplicano generalmente nell'acqua. Chiare evidenzehanno dimostrato che l’uso della cuffia e la doccia pri-ma dell'immersione nella vasca possono ridurre il rila-scio di stafilococchi nell'acqua e la con-taminazione può essere ridotta anchemantenendo un alto livello di igiene suipavimenti e sulle superfici dell'impianto.

Spesso sono proprio le superfici adia-centi alle vasche (pavimenti e rivesti-menti murari) uno dei punti critici diquesti impianti. Possono, infatti, esserefonte di diffusione di infezioni cutaneee delle mucose se si considera che la pre-senza di Mycobacterium marinum, responsabile del gra-nuloma dei nuotatori, è molto diffusa, come anchequella di funghi e lieviti come Trichophyton, Epider-mophyton floccosum, Rhodotorula e Candida.

Tra i diversi microrganismi potenzialmente rile-vabili negli impianti natatori è da segnalare la Le-gionella. Solo la Germania ne prevede la determina-zione in questo tipo di acque. In Italia sono stati se-gnalati alcuni casi di legionellosi in individui che sierano bagnati in acque di piscina 5-15 giorni primadella manifestazione della malattia, anche se non èstata dimostrata una diretta correlazione tra l'acqui-sizione della malattia e la frequentazione dell’im-pianto. I rischi legati alla presenza di Legionella ne-gli impianti natatori possono comunque essere le-gati, più che alla presenza del microrganismo nelleacque della vasca, alla sua residenza nell’impiantoidraulico e alla sua diffusione attraverso aerosolizza-zione dalle docce e dai rubinetti (3). La presenza diamebe può comunque favorirne l’amplificazione,anche perché negli impianti non è difficile rinveni-re amebe, soprattutto del genere Acantamoeba, invirtù dell’elevata resistenza delle cisti alla disinfezio-ne.

Negli ultimi anni, dagli Stati Uniti, dalla GranBretagna e dalla Germania, sono giunte segnalazionidi infezioni legate alla presenza dei protozoi Giardiae Cryptosporidium in acque di piscina. La presenza diCryptosporidium in acque di piscina in Italia è statarecentemente segnalata solo in acque di piscine sco-perte (4). Il punto critico della presenza del parassitain queste acque è la straordinaria resistenza alla di-sinfezione delle oocisti, le forme infettive: solo con-dizioni non raggiungibili per nessun impianto, 30mg/l di cloro a pH 7,25 per 240 minuti, potrebberoinattivare il 99% delle oocisti. Più efficace sarebbe l’u-

so del processo di ozonizzazione, ma limiti per lastruttura, per i costi e l’impossibilità di disporre diuna frazione residua di disinfettante, fanno sì che que-sto tipo di trattamento sia poco praticato. La preven-zione della diffusione del protozoo nelle acque in va-sca deve prevedere una rimozione meccanica effet-tuata mediante filtrazione dell’acqua di ricircolo che,come è anche stato dimostrato dall’analisi delle acque

di controlavaggio dei filtri (4), sembraun trattamento sufficientemente effica-ce nel trattenere le oocisti.

Nelle piscine, l’uso di disinfettanti abase di cloro comporta come conse-guenza la formazione di composti orga-noclorurati, soprattutto trialometani,principali sottoprodotti della clorazione.La loro volatilità fa sì che essi si ritrovi-no nell’aria degli impianti e, permanen-

do, vengano inalati dai frequentatori delle piscine. Laloro concentrazione varia in funzione di diversi fatto-ri, tra loro interagenti, quali la ventilazione, la tempe-ratura dell’acqua e la quantità di precursori presenti.Nelle piscine coperte, per la loro caratteristica di am-biente confinato, la concentrazione di cloroformio, ilpiù noto dei trialometani e di cui si conosce l’effettocancerogeno (5), potrebbe raggiungere valori ancheelevati. Un recente studio (6) ha messo in evidenza chela concentrazione di trialometani totali, misurata in al-cune piscine italiane, era tuttavia ben al di sotto del li-mite di 50 mg/m3 d’aria proposto dall’American Con-

Notiziariodell ’ Istituto Superiore di Sanità

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Le superfici adiacenti alle vasche

possono veicolareinfezioni cutanee

“ “

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ference of Governmental Industrial Hygienists (AC-GIH) (7). Alcuni dati hanno comunque stabilito unarelazione diretta tra i valori di cloroformio nel plasmae nell’aria alveolare dei nuotatori, e i suoi livelli nel-l’acqua e nell’aria, il numero e l’età di nuotatori e l’in-tensità del nuoto.

In un più generale disegno di salvaguardia e tuteladella salute dei frequentatori di piscine e per il mante-nimento di buone condizioni igienico-sanitarie degliimpianti è fondamentale la divulgazione di regole com-portamentali e di principi educativi per tutti i fruito-ri: l’uso delle docce e il passaggio nella vaschetta di-sinfettante netta-piedi prima dell’immersione in vascae l’impiego della cuffia e di scarpe idonee potrebberogià costituire un buon punto a favore. Tuttavia, ancheadeguati controlli da parte del responsabile della ge-stione dell’impianto, con particolare attenzione alle ca-ratteristiche chimico-fisiche dell’acqua, in relazione amisure di concentrazione di cloro residuo, pH e tor-bidità, nonché alla verifica dei punti critici per la va-lutazione dell’efficienza del funzionamento dello sfio-ro perimetrale e del sistema di ricircolo e la puntualepulizia dei filtri, può ridurre e mantenere ragionevol-mente contenuto il rischio legato alla fruizione di que-sti impianti. Il monitoraggio dei parametri microbio-logici a intervalli di tempo appropriati, pur non ga-rantendo la sicurezza assoluta in termini di rischio, for-nisce comunque informazioni sufficienti sull'adegua-tezza delle misure adottate.

Riferimenti bibliografici

1. Accordo 16 gennaio 2003. Accordo tra il Ministero dellaSalute, le Regioni e le Province Autonome di Trento e diBolzano sugli aspetti igienico-sanitari per la costruzione, lamanutenzione e la vigilanza delle piscine ad uso natatorio.Gazzetta Ufficiale Serie generale n. 51 (Suppl. ordinariodel 3 marzo 2003).

2. Atto di Intesa tra Stato e regioni relativo agli aspetti igie-nico-sanitari concernenti la costruzione, la manutenzionee la vigilanza delle piscine ad uso natatorio. Gazzetta Uf-ficiale Serie generale n. 32 (Suppl. ordinario, n. 39, del 17febbraio 1992).

3. Leoni E, Legnani PP, Bucci Sabattini MA, et al. Prevalen-ce of Legionella spp. in swimming pool environment. WatRes 2001;35(15):3749-53.

4. Bonadonna L, Briancesco R, Magini V, et al. Ricerca diprotozoi nelle acque di piscina in Italia: risultati di un’in-dagine preliminare. Ann Ig (in corso di stampa).

5. International Agency for Research on Cancer - IARC.Chlorinated drinking-water. Chlorinated drinking water;chlorination by products; some other halogenated com-pounds; cobalt and cobalt compounds. IARC monographson the evaluation of the carcinogenic risk of chemicals tohumans, 52. Lyon. International Agency for Research onCancer 1991;45:141.

6. Fantuzzi GU, Righi E, Predieri G, et al. Occupational ex-posure to trihalomethanes in indoor swimming pools. SciTotal Env 2001;257:264-5.

7. American Conference of Governmental Industrial Hygie-nists - ACGIH. Threshold limit values for chemical sub-stances and physical agents and biological exposure indi-ces for 1997. Cincinnati, OH. American Conference ofGovernmental Industrial Hygienists, 1997.

Not Ist Super Sanità 2004; 17 (10) © Istituto Superiore di Sanità 7

L. Bonadonna, G. Donati, R. Briancesco

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a legionellosi in Italia è una malattia sog-getta a obbligo di notifica nella classe II(DM 15 dicembre 1990), ma dal 1983 vie-ne anche sorvegliata da un sistema di se-

gnalazione che raccoglie in un Registro nazionale infor-mazioni più dettagliate circa la possibilefonte di infezione, il quadro clinico e l'ac-certamento eziologico di ogni caso. Datoche i due tipi di segnalazione possono pro-venire da fonti indipendenti, alla fine diogni anno i casi identificati nel Registronazionale vengono confrontati con i datidisponibili dalle notifiche. Per i pazienti dicui non è pervenuta la scheda di segnala-zione dettagliata, viene fatta richiesta agliuffici regionali competenti. Le ulteriori informazioni ri-cevute vengono quindi inserite nel Registro nazionaledella legionellosi dell'Istituto Superiore di Sanità (ISS).

Le schede di sorveglianza devono essere inviate siaal Dipartimento di Prevenzione del Ministero dellaSalute sia all’ISS e un’ulteriore verifica della comple-tezza dei dati viene effettuata mediante un confron-to tra le schede pervenute alle due istituzioni. Tutta-

via, nonostante la ricerca attiva dei ca-si mancanti e il confronto tra le fonti,il numero totale dei casi è sottostima-to, sia perché a volte le schede richiestenon vengono inviate, sia perché spessola malattia non viene diagnosticata.

I casi di legionellosi diagnosticati inpazienti stranieri che potrebbero averecontratto l'infezione in Italia vengono re-gistrati dal programma di sorveglianza

internazionale facente capo all’European WorkingGroup on Legionella Infections (EWGLI) e segnalati aparte.

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Notiziariodell ’ Istituto Superiore di Sanità

L

Maria Cristina Rota1, Maria Luisa Ricci2,Maria Grazia Caporali1 e Stefania Salmaso1

1Centro Nazionale di Epidemiologia, Sorveglianza e Promozione della Salute, ISS2Dipartimento di Malattie Infettive, Parassitarie ed Immunomediate, ISS

Riassunto - Nel presente rapporto vengono analizzati i dati relativi ai casi di legionellosi diagnosticati nel2003 e notificati al Registro nazionale della legionellosi, istituito presso l’Istituto Superiore di Sanità. Com-plessivamente sono pervenute 617 schede di sorveglianza relative ad altrettanti casi di legionellosi. Di questicasi, 571 sono confermati e 46 sono presunti. L’andamento della malattia nel 2003 è quindi sovrapponibile aquello del 2002 e le caratteristiche dei pazienti sono molto simili a quelle degli anni precedenti in termini dirapporto maschi/femmine, distribuzione per età, occupazione lavorativa, ecc. Nel 90% dei casi l’agente re-sponsabile della patologia è stato Legionella pneumophila sierogruppo1.

Parole chiave: legionellosi, Italia, anno 2003, epidemiologia

Summary (Legionellosis in Italy. Annual report 2003) - In this report data regarding cases of legionellosis di-agnosed in the year 2003 in Italy and notified to the National Surveillance System are analysed. Overall, 617cases were notified, of which 571 confirmed and 46 presumptive. The characteristics of the patients are verysimilar to those reported in the previous years in terms of male/female ratio, age-specific distribution, occu-pation, etc. Legionella pneumophila serogroup 1 was responsible for the disease for 90% of the cases.

Key words: legionellosis, Italy, year 2003, epidemiology [email protected]

La legionellosi in Italia nel 2003.Rapporto annuale

Il Registro nazionaledella legionellosi

è operativo dal 1983

“ “

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Not Ist Super Sanità 2004; 17 (10) © Istituto Superiore di Sanità 9

OBIETTIVI DELLA NOTIFICA OBBLIGATORIA

A livello locale la notifica obbligatoria permette al-le ASL di effettuare le indagini epidemiologiche e am-bientali per identificare l’esposizione al rischio, di iden-tificare eventuali altri casi associati alla stessa esposi-zione e di prendere le misure di controllo più appro-priate.

A livello nazionale, la notifica obbli-gatoria permette di rilevare la frequenza,il trend, le principali caratteristiche epi-demiologiche della malattia e di identi-ficare eventuali cluster.

A livello internazionale, l’obiettivoprincipale della notifica è quello di iden-tificare casi raggruppati che hanno avutola stessa esposizione durante un viaggioal fine di permettere un appropriato in-tervento di controllo.

In questo rapporto vengono presentati i risultatidell’analisi delle schede di sorveglianza relative ai cit-tadini italiani pervenute al Registro nazionale della le-gionellosi presso l’ISS durante l’anno 2003. Vengonoinoltre presentati i risultati relativi ai turisti stranieriche hanno soggiornato e, verosimilmente, acquisitol’infezione in Italia nello stesso anno.

REGISTRO NAZIONALE DEI CASI DI LEGIONELLOSI

Si ricorda che per “caso confermato” si intendeun’infezione acuta delle basse vie respiratorie con se-gni di polmonite focale rilevabili all’esame clinico e/oun esame radiologico suggestivo di interessamentopolmonare, accompagnata da uno o più dei seguentieventi:• isolamento di Legionella spp da materiale organico

(secrezioni respiratorie, broncolavaggio, tessutopolmonare, essudato pleurico, essudato pericardi-co, sangue);

• aumento di almeno 4 volte del titolo anticorpalespecifico verso Legionella pneumophila sierogruppo1 (Lp1), rilevato sierologicamente mediante im-munofluorescenza o microagglutinazione tra duesieri prelevati a distanza di almeno 10 giorni;

• riconoscimento dell’antigene specifico solubile nel-le urine.Per “caso presunto” si intende un’infezione acuta

delle basse vie respiratorie con segni di polmonite fo-cale rilevabili all’esame clinico e/o esame radiologicosuggestivo di interessamento polmonare, accompa-gnata da uno o più dei seguenti eventi:• aumento di almeno 4 volte del titolo anticorpale

specifico, relativo a sierogruppi o specie diverse daLp1;

• positività all’immunofluorescenza diretta con anti-corpi monoclonali o policlonali di materiale pato-logico;

• singolo titolo anticorpale elevato (=>1:256) versoLp1.Nel 2003 sono pervenute all’ISS 617 schede di

sorveglianza relative ad altrettanti casi di legionel-losi, di cui 571 confermati e 46 presunti. Inoltre,

95 casi (15%) hanno avuto la confer-ma della diagnosi da parte del Dipar-timento di Malattie Infettive, Parassi-tarie ed Immunomediate dell'ISS a se-guito dell’invio di campioni clinici odi ceppi di Legionella isolati.

Il 72% dei casi è stato notificato datre sole regioni (Lombardia, Piemonte eLazio), il rimanente 28% è stato notifi-cato da 14 regioni e 2 Province Autono-

me; 2 regioni non hanno notificato alcun caso di le-gionellosi (Tabella 1).

Analizzando la distribuzione dei casi (esclusi quel-li nosocomiali) per data di inizio dei sintomi, si evi-denzia un picco di incidenza nei mesi estivi-autun-nali, in linea con quanto riportato in letteratura (Fi-gura 1).

Nel 30% dei casil’agente responsabile

è Legionellapneumophilasierogruppo 1

“ “

Tabella 1 - Casi di legionellosi notificati in Italia per re-gione in ordine geografico da Nord a Sud nell’ultimotriennio

Casi notificatiRegione 2001 2002 2003

Piemonte 61 96 72Valle D’Aosta 4 8 3Lombardia 122 244 288Provincia Autonoma di Bolzano 0 1 1Provincia Autonoma di Trento 4 6 4Veneto 10 67 35Friuli-Venezia Giulia 4 5 4Liguria 9 17 11Emilia-Romagna 38 42 30Toscana 22 57 48Umbria 1 2 6Marche 4 1 4Lazio 29 65 83Abruzzo 1 0 -Molise 0 0 -Campania 2 4 4Puglia 9 17 6Basilicata 0 3 7Calabria 0 1 2Sicilia 3 0 5Sardegna 2 3 4

Totale 325 639 617

M.C. Rota, M.L. Ricci, M.G. Caporali et al.

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Notiziariodell ’ Istituto Superiore di Sanità

Not Ist Super Sanità 2004; 17 (10) © Istituto Superiore di Sanità10

Le caratteristiche dei pazienti sono molto simili aquelle degli anni precedenti; l’analisi in base alla di-stribuzione per età dimostra che il 70% dei casi ha su-perato i 50 anni e che l’età media dei pazienti è di 59anni, con un range compreso tra 13 e 99 anni. Il 71%dei casi di legionellosi è di sesso maschile e il rapportomaschi/femmine è 2,4:1.

Per ogni caso viene anche registrata l'occupazio-ne lavorativa, al fine di individuare eventuali attivi-tà associabili a maggior rischio di malattia. Questodato tuttavia non è disponibile nel 12% dei casi. Trai casi per cui questa informazione è nota, si registra-no il 50% di pensionati, il 17% di operai, l’11% diimpiegati, il 6% di liberi professionisti, il 5% di ca-salinghe, l’1% di studenti e il 10% di altre categoriedi lavoratori (Tabella 2).

FATTORI DI RISCHIO E POSSIBILI ESPOSIZIONI

Un’esposizione a rischio nei 10 giorni preceden-ti l’inizio dei sintomi è stata riportata dal 34,6% deisoggetti. Dei 617 casi notificati, 76 (12,3%) erano

stati ricoverati in ospedale o in clinica, 113 casi(18,3%) avevano pernottato almeno una notte inluoghi diversi dall’abitazione abituale (alberghi, cam-peggi, case private) nelle due settimane precedentil’insorgenza dei sintomi, 20 casi (3,2%) avevano fre-quentato piscine e 5 casi (0,8%) avevano effettuatocure odontoiatriche nelle due settimane precedentil’inizio dei sintomi.

Nel periodo agosto-ottobre 2003 è stato inol-tre identificato un focolaio epidemico che ha co-involto 15 soggetti residenti nel IX municipio del-la città di Roma, dovuto alla contaminazione del-la torre di raffreddamento di un esercizio com-merciale.

Il 58,5% dei pazienti affetti da legionellosi presen-tava altre patologie concomitanti, prevalentemente ditipo cronico-degenerativo e neoplastico.

La Figura 2 illustra la distribuzione dei casi in ba-se alla potenziale esposizione all’infezione.

Infezioni nosocomialiNel 2003 i casi nosocomiali segnalati sono stati 76

(12,3% dei casi totali notificati), di cui il 54% di ori-gine nosocomiale certa e il 46% di origine nosocomialeprobabile. La regione Piemonte ha notificato 23 casi(30,3% del totale), la regione Lombardia 25 casi(32,9% del totale), la Toscana 11 casi, il Lazio 6 casi,la Provincia Autonoma di Trento e il Veneto 3 casi cia-scuno, la Basilicata e la Sicilia 2 casi ciascuno, la Ligu-ria un caso.

In Piemonte e in Toscana due ospedali hanno no-tificato rispettivamente 19 e 6 casi di legionellosi diorigine nosocomiale possibile o confermata; in tutti glialtri ospedali si sono verificati casi singoli o piccoli clu-ster (2-3 casi).

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2001

2002

2003

Figura 1 - Casi di legionellosi notificati per mese di inizio dei sintomi nel triennio 2001-2003

Tabella 2 - Distribuzione percentuale dei casi per occu-pazione

Tipo di occupazione %

Pensionati 50Operai 17Impiegati 11Casalinghe 5Professionisti 6Studenti 1Altre categorie di lavoratori 10

continua

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RISULTATI PRELIMINARI DELLO STUDIOQUADRI (QUALITÀ DELL’ASSISTENZA

ALLE PERSONE DIABETICHE NELLE REGIONI)

Programma di Formazione in Epidemiologia Applicata (PROFEA)*

per il Gruppo QUADRI**

La qualità dell’assistenza e la gestione integratasul territorio della malattia diabetica è ritenuta unacondizione fondamentale per un’efficace prevenzio-ne delle complicanze e il miglioramento della qualitàdi vita dei pazienti. Gran parte degli studi realizzati inItalia in materia sono limitati a soggetti che frequen-tano i centri diabetologici o i medici di famiglia ehanno coperto aree geografiche limitate (1, 2). Lostudio QUADRI si propone di analizzare il problemautilizzando il punto di vista del paziente.

Obiettivi dello studio erano di descrivere le carat-teristiche socio-demografiche del campione, la fre-quenza delle complicanze e i relativi fattori di rischio,i modelli di assistenza e di follow-up clinici realizzatidalle strutture preposte, l’aderenza alle linee guida inuso in Italia, le conoscenze sulla malattia e le misurecomportamentali e terapeutiche intraprese daipazienti stessi per controllare la malattia oltreché laloro percezione sulla qualità dell’assistenza erogata eil grado di informazione sui propri diritti.

È stata condotta un’indagine campionaria, condisegno di tipo trasversale (di prevalenza) in 21 regio-ni italiane. La popolazione in studio è costituita dasoggetti inclusi nelle liste di esenzione ticket per dia-bete di età compresa fra i 18 e i 64 anni. Il campio-namento è stato effettuato con metodo casuale sem-plice, direttamente sulle liste di esenzione ticket, nelleregioni più piccole e secondo il cluster survey designdell’Organizzazione Mondiale della Sanità, nelle piùpopolose, selezionando 30 distretti con il metododella probabilità proporzionale alla popolazione. Larilevazione dei dati è stata effettuata attraverso unquestionario standardizzato somministrato tramiteintervista diretta.

Per l’elaborazione delle domande e l’analisi sonostate prese come riferimento le linee guida AMD(Associazione Medici Diabetologi), SID (SocietàItaliana di Diabetologia), SIMG (Società Italiana diMedicina Generale) (3), integrandole con altre racco-mandazioni basate su evidenze.

A settembre 2004, l’indagine è stata completatain 20 delle 21 regioni e Province Autonome, con uncampione costituito da 3 116 persone. È stato intervi-stato il 79% dei titolati, con una percentuale di rim-piazzi pari al 21%. I rifiuti sono stati pari al 7%. Tragli intervistati, il 57% erano maschi, l’età mediana eradi 54 anni, il 41% aveva meno di 7 anni di istruzione.

Nel 28% dei casi la diagnosi di diabete era stataeffettuata prima dei 40 anni; per il 72% la malattiadurava da 5 anni o più.

Per la maggioranza (64%) il principale erogatoredi cure era il centro diabetologico, seguito dal medi-co di medicina generale - MMG (29%). La terapia piùcomune (60% dei casi) era con antidiabetici orali dasoli; il 26% faceva uso di insulina o insulina + anti-diabetici orali.

Il 30% aveva sofferto di almeno una complicanza;le più frequenti erano la retinopatia diabetica (19%della popolazione: dal 7% di Trento fino al 30% dellaSardegna) e le complicanze cardiovascolari (13%: dal7% della Basilicata al 30% del Lazio). In questapopolazione, relativamente giovane, poco rappresen-tate invece erano le complicanze renali (4%), ictus(3%) e amputazioni (1%). Quasi uno su cinque erastato ricoverato nell’ultimo anno (19%: dal 14%Liguria al 27% Basilicata).

Molti pazienti avevano fattori di rischio cheaumentavano le complicazioni e la mortalità fra i dia-betici: il 54% del campione riferiva di avere iperten-

Inserto BEN - Not Ist Super Sanità 2004; 17 (10) © Istituto Superiore di Sanità

Sorveglianze nazionali

Inserto BENBollettino Epidemiologico Nazionale

i

(*) Programma di Formazione in Epidemiologia Applicata(PROFEA): Valerio Aprile (Puglia); Sandro Baldissera (Friuli-Venezia Giulia); Angelo D’Argenzio (Campania); SalvatoreLopresti (Calabria); Oscar Mingozzi (Emilia-Romagna);Salvatore Scondotto (Sicilia); Nancy Binkin, Alberto Perra eYllka Kodra (Centro Nazionale di Epidemiologia, Sorveglianzae Promozione della Salute - Istituto Superiore di Sanità)(**) Gruppo QUADRI: Marina Maggini e Bruno Caffari (CentroNazionale di Epidemiologia, Sorveglianza e Promozione dellaSalute - Istituto Superiore di Sanità); Coordinatori regionali:Vincenza Cofini (Abruzzo); Giuseppe Montagano (Basilicata);Peter Kreidl (Bolzano); Maurizio Marceca (Lazio); ClaudioCulotta (Liguria); Angela Bortolotti (Lombardia); CristinaMancini (Marche); Giovanni di Giorgio (Molise); Roberto Gnavie Silvia Bellini (Piemonte); Adolfo Archangeli (Toscana); PirousFateh Mogadem (Trento); Carlo Romagnoli e Fabrizio Straci(Umbria); Carlo Orlandi (Valle D’Aosta); Stefano Brocco eFederica Michieletto (Veneto)

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sione arteriosa, il 16% non era in terapia. Il 44% rife-riva di avere il colesterolo alto, il 47% non era in tera-pia. Il 38% fumava al momento della diagnosi e il25% fumava ancora al momento dell’intervista.

Solo il 28% del campione aveva un indice dimassa corporea normale; il 40% era sovrappesomentre gli obesi erano il 32%. Il 27% del campionein studio non svolgeva alcuna attività fisica.

Il 32% riteneva appena sufficiente o cattivo il pro-prio stato di salute. L’insoddisfazione era più altanelle regioni del sud e nelle persone con più bassilivelli di scolarizzazione.

Per quanto riguarda l’Informazione, l’educazionee i comportamenti delle persone con diabete, solo 50diabetici su 100 hanno dichiarato di conoscere l’im-portanza del controllo giornaliero dei piedi, essenzia-le per prevenire il “piede diabetico”; tra questi, solola metà (54%) esegue l’auto-ispezione giornaliera.

Solo il 69% dei pazienti, in cura con farmaci, hadichiarato di aver ricevuto consiglio su cosa fare incaso di una possibile crisi ipoglicemica.

Quasi tutti i pazienti fumatori attuali (90%) hannoricevuto il consiglio di smettere di fumare, tuttavia il26%, valore simile alla popolazione generale, conti-nua a fumare.

Il 72% dei pazienti in studio ha un eccesso dipeso: quasi tutti (l’85%) sanno di esserlo, il 98% haricevuto consiglio di dimagrire ma soltanto un pazien-te su due (52%), sta facendo qualcosa per perderepeso (dieta, attività fisica, farmaci). Il 98% dei pazien-ti ha ricevuto informazione riguardo l’importanza del-l’osservanza di adeguate abitudini alimentari.

Nonostante l’86% abbia ricevuto delle informa-zioni sull’importanza dell’attività fisica regolare, cheha effetti benefici sul controllo della glicemia e di altrifattori correlati con il diabete (ipertensione, controllolipidico, controllo del peso), solo il 52% svolge un’at-tività fisica abituale ed efficace (almeno 3-4 volte allasettimana per almeno 30 minuti).

Un altro risultato importante dello studio è lamancanza di aderenza alle linee guida. Si ritieneappropriato, sulla base di linee guida nazionali eInternazionali, che ogni paziente effettui almenoogni sei mesi una visita medica con esame dell’appa-rato cardiovascolare e degli arti inferiori, faccia ognianno un esame del fondo oculare e la vaccinazioneantinfluenzale, e ogni quattro mesi la determinazio-ne dell’emoglobina glicosilata. Per i soggetti trattaticon insulina è previsto l’autocontrollo glicemico pluri-quotidiano. Inoltre, le linee guida suggeriscono chetutti i pazienti, oltre i 40 anni o con almeno un fatto-re di rischio cardiovascolare, assumano regolarmentel’acido acetilsalicilico (ASA). I risultati dello studioQUADRI dimostrano che meno della metà (49%) deipazienti ha fatto almeno una visita approfonditadall’MMG o dal centro diabetologo nell’ultimo seme-stre. Nell’ultimo anno solo il 59% ha effettuato unesame del fondo oculare e il 42% ha ricevuto la vac-cinazione anti-influenzale. Negli ultimi quattro mesi

l’emoglobina glicosilata (calcolata sul 67% dellasotto-popolazione che conosce l’esame) è stata ese-guita nel 66% dei diabetici. Il 62% dei diabetici intrattamento insulinico pratica l’autocontrollo glicemi-co domiciliare almeno una volta al giorno. Tra i sog-getti a rischio cardiovascolare, solo il 23% assumeASA come prevenzione primaria. Globalmente, irisultati mostrano che solo il 5% del campione realiz-za tutti i controlli (n. 8) nel tempo e frequenza previ-sti, il 50% ne realizza fra 5 e 7, il 42% dei pazientifra 1 e 4, e il 3% non fa controlli di nessun tipo sugli8 considerati essenziali dalle linee guida per il con-trollo della malattia e la prevenzione delle complica-zioni.

La grande maggioranza dei cittadini (circa l’80%)ritiene che i servizi abbiano orari adeguati, i localifacilmente accessibili e puliti, non si apprezzano diffe-renze significative fra i locali degli MMG e i centri dia-betologici. Circa il 90% della popolazione diabetica èsoddisfatta dell’atteggiamento degli operatori sanita-ri che sono cortesi e disponibili, pronti all’ascolto echiari nelle spiegazioni. Anche in questo caso il giudi-zio è sovrapponibile sia per i medici generali che per icentri diabetologici. Per quanto riguarda l’organizza-zione complessiva dei servizi, oltre l’80% dei pazienticon diabete ne è soddisfatto. Si evidenzia comunqueche nei centri diabetologici di alcune Regioni un terzodei diabetici deve aspettare più di un’ora prima perottenere una prestazione, nonostante oltre l’80% deicentri lavori “su prenotazione”.

Un efficace controllo della malattia diabetica nonpuò avvenire senza il coinvolgimento attivo delpaziente. L’educazione all’autogestione del diabete el’osservanza di comportamenti sani rappresenta unaspetto centrale di qualsiasi strategia terapeutica.

L’analisi dei dati dello studio QUADRI ha indicatoaree dove è necessario migliorare, rispettivamente,l’informazione o l’educazione dei pazienti, per indur-re opportuni cambiamenti nei comportamenti.

È necessario garantire l’informazione laddove leconoscenze sono apparse scarse: emoglobina glicata,controllo dei piedi, gestione dell’ipoglicemia, cono-scenza del sovrappeso.

Invece è necessario rimodulare le forme dellacomunicazione rispetto ai corretti stili di vita: no-nostante l’informazione sia diffusa (più del 90% èinformato su fumo, controllo del peso, corretta atti-vità fisica e alimentazione ponderata), i comporta-menti reali dimostrano l’inefficacia degli attuali inter-venti educativi.

Un altro risultato importante dello studio è l’in-completa aderenza alle raccomandazioni della buonapratica clinica, per cui bisognerebbe introdurre inter-venti quali l’implementazione delle linee guida conmetodi di provata efficacia (audit e feedback, remin-der, ecc.), approcci innovativi per la gestione integra-ta della malattia (disease-management, case-mana-gement) e il monitoraggio dei più rilevanti indicatoridi aderenza alle linee guida (4).

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Riferimenti bibliografici

1. Rapporto Sociale Diabete 2003. Associazione MediciDiabetologi. Onlus, 2003. Disponibile all’indirizzo:www.infodiabetes.it/diabetologia/rapp_diabete2003/Rapporto_Sociale_Diabete_2003.pdf

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3. PNGL - Piano Nazionale Linee Guida. Banca dati lineeguida, diabete mellito, sintesi metodologico-clinica dellelinee guida analizzate. Disponibile all’indirizzo:www.pnlg.it/db/diabete/

4. American Diabetes Association. Standards of medical carefor patients with diabetes mellitus. Diabetes Care2003;26(Suppl. 1):1-18. Disponibile all’indirizzo: http://care.diabetesjournals.org/cgi/reprint/26/suppl_1/s33.pdf

LE INFEZIONI INVASIVE DA HAEMOPHILUS INFLUENZAE:

LA SITUAZIONE ITALIANA DAL 1998 AL 2003

Marta Ciofi degli Atti1 e Marina Cerquetti2per il Gruppo di studio per la sorveglianza

delle malattie invasive da Haemophilus influenzae*1Centro Nazionale di Epidemiologia,

Sorveglianza e Promozione della Salute, ISS2Dipartimento Malattie Infettive Parassitarie

ed Immunomediate, ISS

L’Haemophilus influenzae (Hi) è un bacillo gram ne-gativo di cui l’uomo è l’unico ospite. La presenza diuna capsula polisaccaridica consente di suddividere iceppi di Hi in non capsulati (anche noti come non ti-pizzabili) e capsulati, questi ultimi classificati a loro vol-ta in 6 sierotipi (a-f). I ceppi non capsulati sono ospitiabituali delle prime vie respiratorie e causano rara-mente malattie invasive, che sono sostenute inveceprevalentemente da Hi di tipo b (Hib). In epoca pre-vaccinale, le infezioni invasive da Hib colpivano so-prattutto i bambini fino a 5 anni d’età, e la meningite

era il quadro clinico più frequente nei Paesi industria-lizzati (60% circa dei casi). Prima dell’introduzione diprogrammi vaccinali su larga scala, il tasso di inciden-za annuale delle infezioni invasive da Hib nei bambinifino a 5 anni di età riportato dai Paesi dell’Europa oc-cidentale variava da 8 a 52 casi per 100 000 per anno(1), con un trend decrescente da nord a sud. In Italia,dati ottenuti da varie fonti stimavano incidenze di 8-10 casi per 100 000 bambini < 5 anni (2).

Per monitorare le infezioni invasive causate da qua-lunque sierotipo di Hi, dal 1997 è in vigore in sette re-gioni italiane (Piemonte, Veneto, Liguria, Toscana,Campania, Puglia e Provincia Autonoma di Trento) unostudio basato sui laboratori ospedalieri di microbiolo-gia. La popolazione residente in queste regioni costi-tuisce il 42% della popolazione italiana totale(24 008 000), e comprende il 43% dei bambini italia-ni fino a 5 anni di età (1 135 000).

Viene definito come caso di infezione invasiva da Hiun paziente con malattia clinicamente compatibile (me-ningite, sepsi, epiglottite, cellulite, artite settica, ecc.) ac-compagnata da isolamento di Hi da un sito normalmentesterile (liquor cerebrospinale, sangue, versamenti in ca-vità chiuse), o positività per la ricerca di antigeni capsu-lari di tipo b nel liquor (test di agglutinazione al lattice).

I microbiologi ospedalieri che confermano la dia-gnosi in laboratorio segnalano i casi al centro di Coor-dinamento Regionale e al Centro Nazionale di Epide-miologia Sorveglianza e Promozione della Salute del-l'Istituto Superiore di Sanità (ISS), compilando unascheda di notifica individuale che include informazio-ni sulle manifestazioni cliniche, sullo stato vaccinale esui metodi di laboratorio con cui è stata effettuata ladiagnosi. I ceppi isolati vengono inviati per la confer-ma e la tipizzazione al laboratorio di riferimento na-zionale, presso il Dipartimento di Malattie InfettiveParassitarie ed Immunomediate dell’ISS.

Il numero di infezioni invasive da Hi viene integra-to annualmente con i dati provenienti dalla sorve-glianza delle meningiti batteriche, escludendo i dupli-cati. I tassi di incidenza vengono calcolati utilizzandocome denominatore i dati di popolazione forniti dal-l’Istituto Nazionale di Statistica.

I risultati degli anni 1998-2003 mostrano una pro-gressiva diminuzione delle infezioni invasive da Hi, pas-sate da 84 casi nel 1998 a 24 nel 2003 (Tabella). Tale di-minuzione è attribuibile alla riduzione delle infezioni daHib, che nell’arco dei 6 anni considerati mostrano undecremento di circa 9 volte. Come atteso, la larga mag-gioranza dei casi di tipo b si sono verificati in bambini< 5 anni (83%; età mediana: 1 anno), e il decrementoin questa fascia di età è ancora più marcato di quantoosservato sul totale dei casi. In numeri assoluti, infatti,si è passati da 63 casi nel 1998 a 5 nel 2003, mentre l’in-cidenza è diminuita da 5,5/100 000 a 0,6/100 000; que-sti importanti risultati sono attribuibili alla diffusione del-la vaccinazione, la cui copertura nel secondo anno di vi-ta è aumentata dal 20% nel 1996, all’87% nel 2003(Figura) (3). Per quanto riguarda il quadro clinico, la dia-

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(*) Gruppo di studio per la sorveglianza delle malattie invasiveda Haemophilus influenzae: Stefania Salmaso e Patrizia Carbo-nari, Centro Nazionale di Epidemiologia, Sorveglianza e Promo-zione della Salute (Istituto Superiore di Sanità); Paola Mastran-tonio, Maria Giufré e Rita Cardines, Dipartimento di Malattie In-fettive, Parassitarie ed Immunomediate (Istituto Superiore di Sa-nità); Angela Ruggenini Moiraghi, Stefania Orecchia, AnnalisaCastella e Carla Zotti (Regione Piemonte); Valter Carraro, IoleCaola e Anna Calì (Provincia Autonoma di Trento); Giovanni Gal-lo (Regione Veneto); Pietro Crovari, Cristina Giordano, Pietro Ti-xi e Marina Lemmi (Regione Liguria); Paolo Bonanni, Alessia To-mei, Patrizia Pecile, Emanuela Balocchini e Lucia Pecori (Regio-ne Toscana); Renato Pizzuti e Vittorio Pagano (Regione Campa-nia); Salvatore Barbuti e Maria Chironna (Regione Puglia)

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gnosi più frequente è stata la meningite (78%), mentrela letalità è stata dell’1,6%. Inoltre, 7 dei 168 casi di Hibriguardavano bambini precedentemente vaccinati, di cui5 con una sola dose e due con due dosi.

Il numero delle infezioni invasive causate da ceppi di-versi dal b è invece pressoché stabile negli anni (nel pe-riodo 2000-2003, 10 casi in media per anno). La mag-gioranza di questi casi è dovuta a ceppi non capsulati,ma sono stati osservati anche casi dovuti a ceppi capsu-lati di tipi diversi dal b (tipo e ed f) (4). Contrariamentea quanto osservato per l’Hib, le infezioni invasive da cep-pi diversi dal b hanno colpito soprattutto pazienti di etàavanzata (età mediana: 62 anni), causando spesso pa-tologie diverse dalla meningite (38%), quali sepsi (32%)e polmonite (17%). La letalità, inoltre, è circa 10 volte piùelevata di quanto osservato per l’Hib (17%).

In conclusione, i risultati di questo studio di sor-veglianza hanno consentito di valutare l’impatto del-la vaccinazione anti-Hib, introdotta nel calendariovaccinale nazionale nel 1999, e di identificare per laprima volta in Italia casi di infezioni invasive causatida ceppi di Hi diversi dal b. In futuro, sarà impor-tante continuare a monitorare la frequenza di que-ste infezioni, nonché le malattie invasive da Hib in-sorte in pazienti vaccinati. Infatti, i casi di malattia in

individui vaccinati si verificano raramente, ed è im-portante monitorarne con attenzione la frequenzae le caratteristiche cliniche.

Riferimenti bibliografici

1. Ciofi degli Atti ML, Cerquetti M, Tozzi AE, et al. Haemo-philus influenzae invasive disease in Italy: 1997-1998. Eu-ropean Journal of Clinical Microbiology & Infectious Disea-ses 2001;20(6):436-7.

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4. Cerquetti M, Ciofi degli Atti ML, Cardines R, et al. Invasivetype E Haemophilus Influenzae disease in Italy. Emerging In-fectious Disease 2003; 9(2):258-61.

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Comitato editoriale BEN

Nancy Binkin, Paola De Castro, Carla Faralli, Marina Maggini, Stefania Salmaso

e-Mail: [email protected]

Tabella - Numero di infezioni invasive da Haemophilus influenzae, per anno e sierotipo. Studio di sorveglianza delleinfezioni invasive da Hi (1998-2003)

AnniSierotipo 1998 1999 2000 2001 2002 2003

Tutti gli Hi* 84 64 40 31 19 24Hib 69 44 21 17 9 8Hi non capsulati/non tipizzabili 11 7 7 7 5 10Hi capsulati, sierotipi diversi dal b 0 0 4 3 0 1

(*) Inclusi i casi in cui non è noto il sierotipo

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ann

i

Anni

0

1

2

3

6

4

5Copertura vaccinaleIncidenza

Figura - Incidenza (casi per 100 000 bambini nelle sette regioni considerate) delle infezioni invasive da Hib, nei bambi-ni fino a 5 anni di età, e copertura vaccinale entro i 2 anni (i dati di copertura vaccinale sono riferiti all’intero territo-rio nazionale). Il dato di copertura vaccinale non è disponibile per il 1999

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M.C. Rota, M.L. Ricci, M.G. Caporali et al.

segue

L’età media dei casi nosocomiali è 63 anni, signifi-cativamente superiore a quella dei casi comunitari. Ipazienti erano ricoverati per patologie prevalentemen-te di tipo cronico-degenerativo (30%), neoplasie(35,8%), trapianti di organo (5,6%), malattie infetti-ve e altro (28,6%).

L'esito della malattia è noto per il 48,7% dei casi.Il tasso di letalità tra i casi nosocomiali è stato del37,8%, superiore in modo statisticamente significati-vo a quello dei casi acquisiti in comunità (Tabella 3).

Durata del ricovero ed esito della malattiaLa durata del ricovero ospedaliero è nota per il 51%

dei casi. Esclusi i casi nosocomiali, la durata del rico-vero è stata in media di 14 giorni, con un range com-preso tra 0 e 66 giorni.

L’esito della malattia è noto per il 56,7% dei pa-zienti; di questi nell’87,5% dei casi vi è stata guarigio-ne o miglioramento, mentre nel 12,5% dei casi il pa-ziente è deceduto. In Tabella 3 è riportata la letalità to-tale e dei casi comunitari e nosocomiali, mentre in Ta-bella 4 è riportato il numero di decessi per fascia d’etàe per esposizione.

TerapiaLa terapia somministrata durante il ricovero è no-

ta nel 97,9% dei casi. I macrolidi sono gli antibiotici

più frequentemente utilizzati (75,8%), seguiti dai fluo-rochinolonici (50,8%) e dalle cefalosporine (30,5%).Nella maggior parte dei casi sono stati utilizzati due opiù antibiotici in associazione.

Criterio diagnosticoNella Tabella 5 vengono riportati i casi in base al

metodo principale di diagnosi e agli eventuali altrimetodi diagnostici. Il metodo diagnostico più fre-quentemente utilizzato è stato la rilevazione del-l'antigene solubile urinario di L. pneumophila(86,1%), seguito nell’8,9% dei casi dalla sierologia(2,3 % sieroconversione e 6,7% singolo titolo anti-corpale elevato), nel 4,2% dei casi dall’isolamentodel microrganismo da materiale proveniente dal-l’apparato respiratorio e nello 0,6% dei casi dallaPCR o immunofluorescenza diretta, mentre in uncaso (0,2%) il metodo diagnostico non è stato spe-cificato. Solo nel 9% dei casi è stato utilizzato più diun metodo diagnostico.

Occorre far presente che in alcune fasi dell’infe-zione l’antigene solubile non è rilevabile nelle uri-ne. È inoltre da considerare che l’utilizzo solo deltest dell’antigene solubile urinario fa sì che le pol-moniti dovute a specie o sierogruppi non ricono-sciuti da questo metodo non vengano diagnostica-

Figura 2 - Distribuzione percentuale dei casi per poten-ziale esposizione all’infezione

0,8%

65,4%18,3%

12,3%

3,2%

Ospedale

Struttura recettivaCure odontoiatriche

AltroPiscine

Tabella 3 - Letalità (%) dei casi notificati

Casi Letalità (%)

Comunitari 9,3Nosocomiali 37,8

Totale 12,5

Tabella 4 - Numero di decessi per fascia d’età e per espo-sizione

Fascia Decessi Decessid’età casi comunitari casi nosocomiali

n. (%) n. (%)

< 20 0 0 1 10020-29 0 0 0 030-39 1 4,5 1 5040-49 3 1,8 1 33,350-59 3 7,8 2 33,360-69 8 13,8 1 11,170-79 8 13,5 4 5080+ 7 19,2 4 50

Totale 30 14

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Notiziariodell ’ Istituto Superiore di Sanità

12 Not Ist Super Sanità 2004; 17 (10) © Istituto Superiore di Sanità

te. Pur riconoscendo l’utilità di tale test, è pertantonecessario utilizzarne anche altri (coltura e/o siero-logia).

Agente eziologicoNel 90% dei casi l’agente responsabile della patolo-

gia è stato Lp1 (isolamento del microrganismo, 25 casi,e/o antigenuria, 531 casi). È tuttavia da tenere presenteche il test dell’antigene urinario può occasionalmente ri-conoscere l’antigene solubile di alcuni sierogruppi non-1 di L. pneumophila. Nel restante 10% dei casi diagno-sticati sierologicamente, pur trattandosi di L. pneumo-phila è più difficile stabilire il sierogruppo di apparte-nenza perché non viene comunicato il tipo di antigene(monovalente o polivalente) utilizzato.

Infine, in un caso è stata isolata L. pneumophila sie-rogruppo 7.

SORVEGLIANZA INTERNAZIONALE DELLA LEGIONELLOSI NEI VIAGGIATORI

La fonte di informazioni relative ai pazienti stra-nieri che hanno probabilmente acquisito l'infezione inItalia è il programma di sorveglianza europeo EWGLI,coordinato dal Communicable Disease SurveillanceCentre (CDSC) dell’Health Protection Agency (HPA)di Londra.

L’EWGLI segnala all'ISS i casi di legionellosi chesi sono verificati in viaggiatori stranieri che hanno tra-scorso un periodo in Italia, riportando informazionisulle strutture ricettive in cui hanno soggiornato i pa-zienti e che potrebbero rappresentare le fonti dell'in-fezione. Il Centro Nazionale di Epidemiologia, Sor-veglianza e Promozione della Salute dell'ISS provve-de, a sua volta, a segnalare i casi al Dipartimento diPrevenzione del Ministero della Salute e ai responsa-bili dei Servizi di Igiene Pubblica delle ASL di com-

petenza, che hanno il compito di attivare l'indagineambientale ed epidemiologica presso le strutture in-dicate. Il Ministero della Salute provvede a sua voltaa informare gli Assessorati regionali alla sanità.

In caso di cluster (due o più casi che abbiano sog-giornato presso la medesima struttura recettiva chesi verifichino in un periodo di due anni), l’Orga-nizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e tutti iPaesi partecipanti alla rete di sorveglianza vengonoimmediatamente informati. Le autorità sanitarie delPaese in cui si è verificato il cluster hanno il doveredi intervenire tempestivamente e il referente colla-

Tabella 5 - Casi per metodo di diagnosi

Metodo Altri metodi diagnostici (in aggiunta al metodo principale)di diagnosi principale

n. di casi Rilevazione Sierologia: Sierologia: PCR*antigene urinario sieroconversione singolo titolo

elevato

Isolamento 26 17 1 3 1Rilevazione dell’antigene urinario 531 - 8 27 1Sierologia: sieroconversione 14 - - - -Sierologia: singolo titolo elevato 41 - - - -Immunofluorescenza diretta 2 - - - -PCR 2 - - - -Non noto 1 - - - -

Totale 617

(*) Polimerase Chain Reaction

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boratore EWGLI deve informare entro sei settima-ne il Centro di Coordinamento sulle misure di con-trollo intraprese.

I casi che si verificano in cittadini italiani che han-no viaggiato in Italia o all’estero vengono invece noti-ficati dall’ISS all’EWGLI. Nel caso in cui la possibilefonte di infezione è una struttura recettiva straniera,l’EWGLI provvede a informare le autorità sanitarie delpresunto Paese d’infezione.

Casi in turisti stranieri e italiani in ItaliaConsiderando complessivamente sia i turisti

italiani sia quelli stranieri, nel 2003 sono stati no-tificati all’ISS 204 casi di legionellosi associata aiviaggi.

I casi in turisti italiani sono stati complessiva-mente 113, di cui il 70% avevano soggiornato in al-bergo, il 17% in una casa privata, il 4,5% in cam-peggio e il rimanente 8,5% in altre strutture. Lamaggioranza dei turisti italiani ha viaggiato in Ita-lia, solo nell’11% dei casi è stato effettuato un viag-gio all’estero.

I casi di legionellosi verificatisi in turisti stranieriche hanno visitato l’Italia e notificati all’ISS dall’EW-GLI sono stati complessivamente 81. I Paesi di prove-nienza sono riportati in Tabella 6.

ClusterNel 2003 sono stati notificati dall’EWGLI 20

cluster associati con altrettante strutture recettiveitaliane che hanno coinvolto complessivamente 49turisti di cui 21 italiani e 28 stranieri. In tutte que-ste strutture sono state effettuate indagini epide-

miologiche e ambientali che hanno portato all’isola-mento della Legionella nel 95% dei casi. In 16 strut-ture recettive la concentrazione di L. pneumophilaera superiore a 103 UFC/L.

In tutti gli alberghi risultati positivi sono statemesse in atto idonee misure di controllo che han-no portato alla negativizzazione dei successivi pre-lievi.

CONCLUSIONI E RACCOMANDAZIONINel 2003 sono stati notificati all’ISS complessi-

vamente 617 casi di legionellosi e viene quindi con-fermato l’incremento del numero di casi registratonel 2002. Come ogni anno i casi segnalati al Regi-stro nazionale sono stati confrontati con i dati di-sponibili dalle notifiche obbligatorie (Sistema Infor-matizzato Malattie Infettive - SIMI) e questo con-fronto ha permesso di identificare 61 casi (pari cir-ca al 10% del totale) che non erano stati segnalati alregistro con l’apposita scheda di sorveglianza. In se-guito alla richiesta agli uffici regionali competentisono state recuperate 49 schede di sorveglianza. L’in-cidenza della legionellosi in Italia nel 2003 è quindipari a 10,9 casi per milione di popolazione, molto si-mile all’incidenza complessiva europea che è pari acirca 10 casi per milione.

La percentuale di casi di legionellosi nosocomiale edi casi di legionellosi associata ai viaggi è rimasta in-variata rispetto al 2002, mentre risulta aumentato ilnumero di cluster, anche se di piccole dimensioni, as-sociati con queste due esposizioni.

I 20 cluster di legionellosi associati con altrettan-ti alberghi riportati nel 2003, rappresentano una mi-naccia per un’industria come il turismo che è moltosensibile ai rischi per la salute. Considerando inoltreche il 95% delle strutture recettive è risultato positi-vo all’indagine ambientale avviata immediatamentedopo la notifica di cluster, è ovvio che la valutazionedel rischio e le conseguenti misure di controllo do-vrebbero essere intraprese non solo in risposta a uncluster ma su base routinaria per prevenire numero-si casi di malattia.

Interventi preventivi dovrebbero essere adottatianche nelle strutture di ricovero al fine di ridurre ilnumero di casi nosocomiali, che, in particolare nel2003, hanno presentato una letalità molto elevata(37,8%), con alcuni decessi anche nelle fasce di etàpiù basse.

Ringraziamenti

Gli autori sono grati a tutti coloro (Direttori sanitari,Responsabili dei Servizi di Igiene Pubblica, Medici ospedalie-ri) che hanno collaborato inviando le schede di sorveglianza, icampioni biologici, i ceppi di Legionella isolati.

Tabella 6 - Casi di legionellosi in turisti stranieri pre-sumibilmente infettatisi in Italia per Paese di prove-nienza

Nazione n. turisti

Austria 2Belgio 1Danimarca 3Francia 10Germania 13Inghilterra 16Irlanda 2Macedonia 1Norvegia 3Olanda 13Scozia 1Spagna 2Svezia 6Svizzera 8

Totale 81

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nticipando la pubblicazione nella serieRapporti ISTISAN dell’Istituto Superioredi Sanità (ISS), alcuni metodi analitici perle acque destinate al consumo umano so-

no stati inseriti nel sito dell’ISS all’indirizzohttp://www.iss.it/sitp/aqua/docu/index.html, all’inter-no dell’area scientifica Ambiente. Leprocedure di analisi si riferiscono aiparametri chimici e microbiologici aisensi del DLvo n. 31 del 2 febbraio2001 (Allegato). Le metodiche riporta-te rappresentano i metodi di riferimen-to ufficiali per i controlli che i laborato-ri italiani devono effettuare in base al so-pra citato decreto, entrato in vigore allafine del 2003.

Il DLvo n. 31/01, attuazione della Direttiva Euro-pea 98/83/CE, definisce i criteri per la valutazione del-la qualità delle acque destinate al consumo umano. Ri-spetto alla normativa precedente (DPR 236/88), ap-

paiono sostanziali modifiche nei principi di valutazio-ne, nei parametri e nei metodi per la loro determina-zione.

L’Allegato III del decreto fornisce le specifiche perl’analisi dei parametri e definisce, per alcuni dei para-metri chimici, le caratteristiche di prestazione. Per la

determinazione dei parametri microbio-logici le procedure analitiche fanno rife-rimento a norme ISO, anche se, all’art. 7comma 5, la Direttiva Europea98/83/CE fornisce agli Stati Membri lapossibilità di affiancare ai metodi di rife-rimento stabiliti, metodi aggiuntivi "al-meno equivalenti", da utilizzare in alter-nativa a quelli indicati dalla legge.

Al fine di elaborare in modo omoge-neo i metodi analitici per le acque destinate al consu-mo umano, già dal 1995 era stata istituita una Sotto-commissione di studio presso il Ministero della Salutenell'ambito del Comitato Permanente di Studio (CPS)

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Notiziariodell ’ Istituto Superiore di Sanità

14

A

Massimo Ottaviani e Lucia Bonadonna

Dipartimento di Ambiente e Connessa Prevenzione Primaria, ISS

Riassunto - I metodi analitici per l’esame della qualità delle acque destinate al consumo umano sono pre-sentati sul sito dell’ISS all’indirizzo http://www.iss.it/sitp/aqua/docu/index.html, prima della loro stampa sullaserie Rapporti ISTISAN editi dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS). Le procedure di analisi riportate rappresen-tano i metodi di riferimento ufficiali per i controlli che i laboratori italiani devono effettuare in base al DLvo n.31/01 entrato in vigore alla fine del 2003.

Parole chiave: acqua, analisi, metodi

Summary (Online methods: the analytical reference methods for water intended for human consumption) - Theanalytical methods for water intended for human consumption are now present on the web sitehttp://www.iss.it/sitp/aqua/docu/index.html. They will be published in the Rapporti ISTISAN series by the Isti-tuto Superiore di Sanità and have to be considered the reference methods for the controls to be made on thebase of the Decree n. 31/01 come into force at the end of 2003.

Key words: water, analysis, methods [email protected]

Metodi online: i metodianalitici di riferimento per le acque destinate

al consumo umano

Nel sito dell’ISS sono accessibili

le procedure di analisirelative alle acque

destinateal consumo umano

“ “

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M. Ottaviani, L. Bonadonna

sulle acque. La Sottocommissione ha coinvolto sia gliesperti dell'ISS e del Ministero, sia gli esperti e i tec-nici appartenenti a differenti istituzioni nazionali (Uni-versità, Consiglio Nazionale delle Ricerche, AgenzieRegionali per la Prevenzione e l'Ambiente, Aziende Sa-nitarie Locali, Aziende Acquedottistiche). Nel 1997 enel 2000 la Sottocommissione di studio ha stilato rac-colte di metodi (Rapporti ISTISAN97/8 e 00/14, parte I e parte II) per ladeterminazione dei parametri inseritinel DPR 236/88. Dal 2001 i lavori del-la Sottocommissione sono stati indiriz-zati all’elaborazione e stesura dei meto-di analitici per i parametri inclusi nelDLvo n. 31/2001. Nel 2003 la Sotto-commissione, ampliata e riorganizzata,è stata costituita come Commissione Permanente sul-le Acque.

Nell’ambito della Commissione, il ruolo dell’ISS,in particolare del Reparto delle Acque Interne - Di-partimento Ambiente e Connessa Prevenzione Prima-ria - si integra, in un più ampio contesto, con le fun-zioni assegnate allo stesso Istituto dal DLvo 31/01 (art.5 e 11) quale organo di controllo sui metodi e le pro-cedure adottate dai laboratori territoriali preposti aicontrolli sulle acque.

A tal fine, parallelamente all’elaborazione dei me-todi analitici, particolare considerazione viene attribuitaalle attività finalizzate all’assicurazione della qualità dei

dati analitici. In questo ambito sono in corso di diffu-sione le linee guida per la valutazione dei metodi chi-mici e microbiologici relativamente alle caratteristichedi prestazione stabilite dal suddetto decreto. Sempre daparte del Reparto delle Acque Interne sono stati elabo-rati e resi disponibili i criteri e i metodi da utilizzarenelle procedure di controllo di qualità per le attività

analitiche finalizzate alla valutazione diconformità delle acque destinate al con-sumo umano secondo quanto dispostodal DLvo 31/01. Nell’ambito della Com-missione Permanente sulle acque - Grup-po Metodi Biologici e Microbiologici -l’ISS ha anche organizzato uno studiocollaborativo, coordinato dalla responsa-bile del Gruppo, tra laboratori accredita-

ti. Lo studio è stato finalizzato all’individuazione di va-lide alternative al metodo ISO 9308-1 indicato per laricerca di coliformi ed Escherichia coli e stabilito dallalegislazione; per esso erano infatti sorti dubbi sulla suaidoneità all’uso per la determinazione dei due parame-tri in acque destinate al consumo umano risultando ne-cessario procedere a verifiche analitiche. La sperimen-tazione ha quindi dimostrato che, rispetto al metodo diriferimento ISO 9308-1, il metodo “Defined Substra-te Technology” (DST) (Colilert 18) è migliore per ilparametro coliformi ed equivalente per il parametro E.coli (risposta in un'unica soluzione). Analogamente, ilmetodo che utilizza il terreno colturale mEndo AgarLes per la determinazione dei coliformi si è dimostra-to "migliore" rispetto allo stesso metodo di riferimen-to. Entrambi i metodi, alternativi quindi a quello ri-portato nella norma ISO 9308-1, sono, al pari degli al-tri metodi microbiologici indicati nel DLvo 31/01, me-todi ufficiali di riferimento per la determinazione sia diE. coli sia dei coliformi (il DST) e per il parametro co-liformi (mEndo Agar Les).

Le procedure e i metodi elaborati vogliono essereuno strumento applicativo di riferimento utile alla pia-nificazione e all’armonizzazione delle procedure anali-tiche per tutte le strutture che operano nel settore delcontrollo della qualità delle acque destinate al consu-mo umano. Per tale motivo, nella stesura dei metodidi analisi per i parametri chimici, sono state selezio-nate le tecniche strumentali maggiormente utilizzatedalle strutture operanti nel campo del controllo dellaqualità delle acque. Nel caso dei parametri microbio-logici inseriti nell’Avvertenza del DLvo 31/01, e per iquali era disponibile più di una procedura analitica, èstato proposto più di un metodo, ciascuno elaboratoanche in funzione delle nuove acquisizioni tecniche escientifiche e degli aggiornamenti segnalati in ambitointernazionale (APHA, EPA, DWI) o inseriti nelle li-nee guida dell'OMS.

Il metodo “DefinedSubstrate Technology”

è migliore per il parametro

coliformi

“ “

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Allegato - Metodi analitici di riferimento per le acque destinate al consumo umano ai sensi del DLvo 31/2001

Parte I: metodi microbiologici (accessibili da http://progetti.iss.it/Ambiente/ffff/ffff.php?id=45)

• Determinazione degli enterobatteri patogeni: Shigella

• Lineamenti di tecniche analitiche nella microbiologia ambientale

• Campionamento e conservazione dei campioni microbiologici

• Conteggio delle colonie su agar a 22° e 37°C

• BPL: analisi microbiologica delle acque

• Determinazione degli enterococchi

• Determinazione di Aeromonas Spp.

• Determinazione di cisti di Giardia ed oocisti di Cryptosporidium

• Determinazione di Clostridium Perfringens

• Determinazione di batteri coliformi a 37°C

• Determinazione di Escherichia coli

• Determinazione dei funghi

• Determinazione dei nematodi a vita libera

• Determinazione di Pseudomonas Aeruginosa

• Determinazione degli enterobatteri patogeni: Salmonella

• Determinazione degli stafilococchi patogeni

• Determinazione degli enterobatteri patogeni: Vibrio

• Attrezzature di base per le analisi microbiologiche delle acque

• Determinazione delle alghe

Parte II: metodi chimici (accessibili da http://www.iss.it/sitp/aqua/docu/index.html)

• Determinazione dei cationi Calcio, Litio, Magnesio, Potassio, Sodio. Metodo per cromatografia Ionica

• Determinazione del boro. Metodo spettrofotometrico previa reazione con Azometina H

• Determinazione del boro. Metodo spettrofotometrico previa reazione con Curcumina

• Determinazione dei cianuri totali. Metodo spettrofotometrico con pirazolone piridina

• Determinazione degli Idrocarburi Policiclici Aromatici (IPA). Metodo per GasCromatografia con rivelazione a ionizzazione di fiamma e gascromatografia accoppiata alla spettrometria di massa

• Determinazione dei residui di prodotti fitosanitari (antiparassitari). Estrazione in fase solida C-18 (SPE) e analisi gascromatografica con rivelatori selettivi

• Calcolo della quantità potenzialmente massima di Cloruro di Vinile in acqua derivante da materiali polimerici

• Calcolo della quantità potenzialmente massima di acrilammide in acqua derivante da flocculanti poliacrilammidici

• Calcolo della quantità potenzialmente massima di Epicloridrina in acqua derivante da flocculanti poliamminici e da resine epossidiche

• Determinazione del calcio con metodo titrimetrico all'EDTA

• Determinazione della durezza totale con metodo titrimetrico all'EDTA

• Determinazione del residuo fisso a 180° con metodo gravimetrico

• Determinazione dei solfati con metodo turbidimetrico

• Determinazione dei solidi indisciolti con metodo gravimetrico

• Determinazione del bromato mediante cromatografia ionica

• Determinazione dei cloruri mediante titolazione

• Determinazione dei nitriti (azoto nitroso) con metodo spettrofotometrico

• Determinazione del benzene mediante gascromatografia

• Determinazione della conduttività elettrica con metodo conduttometrico

• Determinazione dell'epicloridrina con metodo GC-MS e GC-ECD

• Misura della Temperatura

• Determinazione dell'acrilammide con metodo gas cromatografico

• Determinazione dell'ossidabilità al pemenganato. Metodo titrimetrico

• Determinazione del pH

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Not Ist Super Sanità 2004; 17 (10) © Istituto Superiore di Sanità 17

Istituto Superiore di Sanità (ISS) ha coor-dinato la parte italiana del primo studio in-ternazionale sui disturbi psichici comuni co-me ansia e depressione, uno screening pro-

mosso dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e dal-l’Università di Harvard che ha coinvolto più di 60 000persone in tutti i Paesi del mondo.

Frutto della ricerca è stata la mappa mondiale pub-blicata per la prima volta sulla rivista internazionaleJuornal of the American Medical Association - JAMA.

Dallo studio dell’ISS, svolto da Pier Luigi Morosiniinsieme a Giovanni De Girolamo del Dipartimento diSalute Mentale ALS di Bologna, emerge con sorpresa chegli italiani sono tra i meno depressi d’Europa.

La ricerca dell’Istituto ha trovato spazio nelle paginedi oltre 25 quotidiani italiani; vi segnaliamo alcuni ar-ticoli tra quelli comparsi nelle maggiori testate: La Re-pubblica, Il Corriere della Sera, Il Sole 24 Ore, Il Mat-tino, Il Tempo, La Gazzetta del Mezzogiorno, La Gaz-zetta del Sud, Il Giornale d’Italia.

Da La RepubblicaDepressione, record degli italiani sono i meno ansiosi d’Europa3 giugno 2004

...È quanto emerge dalla prima mappa mondiale deidisturbi psichici più comuni, coordinata per la parteeuropea dall'Istituto Superiore di Sanità. Stando alle ci-fre l'11% degli italiani in qualche momento della vitaha sofferto di un disturbo dell'umore, il 10% di un di-sturbo d'ansia e circa l'1% di un disturbo da abuso daalcol. Una percentuale minore rispetto al resto d'Euro-pa dove il tasso di prevalenza degli stessi disturbi è del14% per la depressione e del 16% per l'ansia. Le don-ne, inoltre, hanno una probabilità doppia di soffrire didepressione e tripla di ansia, mentre l'abuso di alcol èpiù frequente negli uomini. Sono più a rischio i giova-ni e i single, disoccupati, casalinghe e chi vive in città.

...Lo studio, che ha coinvolto oltre 60 000 personetra America, Europa, Medio Oriente, Africa e Asia, hadisegnato un mappa dei disturbi psichici più comunie di come ad essi reagiscono i pazienti in tutto il mon-do. Il risultato è che un europeo su tre e un america-

no su due soffrono di disturbi psichici comuni. Ma lesorprese maggiori vengono dalla parte europea del pro-getto, ottenuta studiando 5 000 adulti, selezionati dal-le liste elettorali di 172 comuni.

Da Il Corriere della SeraIn Italia meno depressi che nel resto d’Europa3 giugno 2004

È giovane, single, disoccupata o casalinga e vive inuna grande città: ecco l' identikit del soggetto a rischiodepressione, malattia che colpisce l'11% degli italiani,mentre un altro 10% soffre d'ansia. Il primo studio ita-liano sui disturbi mentali, sull'utilizzo dei servizi socio-sanitari e sul consumo di psicofarmaci è stato condottodai ricercatori dell'ISS, ed è collegato a una ricerca mon-diale. Gli italiani sono fra i popoli meno depressi, la me-dia nazionale è dell'11% contro il 14% di quella euro-pea e sono anche meno ansiosi (italiani 10%, media eu-ropea 16%). Più in crisi sono gli americani, uno su duesoffre di disturbi psichici comuni, in Europa uno su tre.La percentuale, europea, di coloro che si rivolgono aiservizi socio-sanitari per depressione o ansia è del 26%ma uno su cinque non riceve alcun tipo di trattamento.

Da Il Sole 24 oreSalute mentale. In Europa gli italiani sono i meno depressi3 giugno 2004

Gli italiani sono i meno ansiosi e depressi d’Euro-pa. Secondo quanto emerge dalla prima mappa mon-diale dei disturbi psichici più comuni, coordinata perla parte europea dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS)e pubblicata sulla rivista dell’Associazione dei mediciamericani JAMA, le percentuali di coloro che soffronodi disturbi psichici comuni, come ansia e depressione,sono tra le più basse non solo a livello europeo, mamondiale. Solo l’11% degli italiani in qualche mo-mento della vita ha sofferto di un disturbo dell’umo-re, il 10% di un disturbo d’ansia e circa l’1% di un di-sturbo da abuso di alcol. Nel resto d’Europa il tasso diprevalenza degli stessi disturbi è del 14% per la de-pressione e del 16% per l’ansia.

Nello specchio della stampa

Nello specchio della stampa

A cura di Franca Romani

Ufficio Stampa, ISS

L’

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Da Il MattinoEvviva, siamo i meno depressiGli italiani sono i meno ansiosi e depressid’Europa3 giugno 2004 (richiamo in prima pagina)

...Lo studio è il primo realizzato in Italia su un cam-pione rappresentativo della popolazione. Ma quali so-no i soggetti maggiormente a rischio? Secondo lo stu-dio la depressione colpisce principalmente i giovani nonsposati, i disoccupati e le casalinghe pubblicata sulla ri-vista dell’Associazione dei medici americani JAMA.

...Condotta in Italia da Piero Morosini, dell’ISS...

...È emerso che l’11% degli italiani in qualche mo-mento della vita ha sofferto di un disturbo dell’umo-re, il 10% di un disturbo d’ansia e circa l’1% di un di-sturbo da abuso da alcol. Nel resto d’Europa il tasso diprevalenza degli stessi disturbi è del 14% per la de-pressione e del 16% per l’ansia. Le donne, inoltre, han-no una probabilità doppia di soffrire di depressione etripla di ansia, mentre l’abuso di alcol è più frequentenegli uomini. Sono più a rischio i giovani e i single, di-soccupati, casalinghe e chi vive in città.

Da Il TempoRicerca. Gli italiani meno ansiosi e depressidegli altri europei3 giugno 2004

...È quanto emerge dalla prima mappa mondialedei disturbi psichici più comuni, coordinata per la par-te europea dall'Istituto Superiore di Sanità (ISS) e pub-blicata sulla rivista dell'Associazione dei medici ame-ricani JAMA.

...Ma le sorprese maggiori vengono dalla parte eu-ropea del progetto (European Study of Epidemiologyof Mental Disorders), condotta in Italia da Piero Mo-rosini, dell'ISS, e Giovanni De Girolamo, psichiatrapresso il Dipartimento di Salute Mentale di Bologna ecoordinatore, con Morosini, del Progetto NazionaleSalute Mentale dell'ISS.

...Le donne, inoltre, hanno una probabilità doppiadi soffrire di depressione e tripla di ansia, mentre l'a-buso di alcol è più frequente negli uomini...

Da La Gazzetta del MezzogiornoPsichiatria/Ricerca: gli italiani sono i menoansiosi e depressi d’Europa3 giugno 2004

...È quanto emerge dalla prima mappa mondialedei disturbi psichici più comuni, coordinata per la par-te europea dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS) e pub-blicata sulla rivista dell’Associazione dei medici ame-ricani JAMA.

...Dallo studio emerge, inoltre, che in tutto il mon-do si ricorre poco agli interventi socio-sanitari per la cu-ra dei disturbi psichici. In Europa, per esempio, la per-centuale di coloro che si sono rivolti a una struttura sa-nitaria per ansia o depressione sono il 26% e di questi dueterzi hanno consultato un operatore dei servizi di salutementale, mentre altri si sono rivolti al medico generico.Tra quelli che hanno consultato il Servizio sanitario, 1 su5 non ha ricevuto alcun tipo di trattamento...

Da La Gazzetta del SudStudio coordinato dall’Istituto Superiore di SanitàIn Italia meno ansia e meno depressione3 giugno 2004

La percentuale degli italiani che soffrono di distur-bi psichici comuni come ansia e depressione (11%contro il 14 di media continentale), è tra le più bassenon solo a livello europeo, ma anche a livello mon-diale. Lo afferma uno studio italiano, coordinato dal-l’Istituto Superiore di Sanità.

...La parte europea del progetto, European Study ofEpidemiology of Mental Disorders, condotta in Italiada Piero Morosini, dell'Istituto Superiore di Sanità e daGiovanni De Girolamo psichiatra presso il Diparti-mento di Salute Mentale di Bologna e coordinatore,insieme a Morosini, del Progetto Nazionale SaluteMentale dell'ISS, che assegna all’Italia la palma del po-polo meno depresso...

Da Il Giornale d’ItaliaSiamo i meno depressi in Europa3 giugno 2004

...Il World Mental Health (WMH) Survey Initia-tive, promosso da Organizzazione mondiale della sa-nità e Università di Harvard ha coinvolto più di 60 000persone tra America, Europa, Medio Oriente, Africa eAsia. Lo studio italiano è stato coordinato dall’Istitu-to Superiore di Sanità. I problemi psichici comuni col-piscono un europeo su tre e un americano su due.L’11% degli italiani ha sofferto almeno una volta di unqualche disturbo dell’umore, il 10% di un disturbod’ansia e circa l’1% di un disturbo da abuso da alcol,contro una media europea del 14% per i casi di de-pressione e del 16% di ansia. Nel nostro paese la ricercaha coinvolto più di 5.000 persone, selezionate dalle li-ste elettorali di 172 comuni.

...Le donne hanno una probabilità doppia di sof-frire di depressione e tripla di ansia, mentre l’abuso dialcol è più frequente negli uomini. Inoltre sono più arischio i giovani e non sposati, i disoccupati, le casa-linghe e gli abitanti delle città...

Le rubriche del

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fatali. Questo è un problema che regolarmente affrontiamonoi ricercatori quando interagiamo con i media di massa,sempre desiderosi di sensazionalismi. Infine, merita unamenzione l’etica deontologica che consideri l’oggettività e disovente la limitatezza di un singolo studio sperimentale, chenon va dunque spacciato magnificandone i risultati e la loroportata (soprattutto terapeutica), ma è anche importanteche i sistemi di valutazione della ricerca scientifica non pre-mino facili sensazionalismi a discapito dello sforzo diligentedei ricercatori più saggiamente interessati al progressometodologico e conoscitivo di base...

Dalla Prefazionedi Enrico Alleva e Nadia Francia

Indice dei contributi

SIBIL: uno strumento italiano per il reperimento dell’infor-mazione in bioetica - Adriana Dracos

Bioethics in Germany: debates and infrastructure - Dirk Lan-zerath

Le strutture di documentazione in Italia nel settore dellabioetica: un’indagine su realtà e prospettive - Maurella Del-la Seta e Cinzia Sellitri

Problematiche etiche in un’istituzione scientifica - LauraGuidoni

Thesaurus italiano di bioetica (TIB) - Claudia Navarini e Eli-sabetta Poltronieri

La ricerca dell’informazione bioetica sulla base di dati SIBIL- Scilla Pizzarelli e Mirko Di Benedetto

Diritto e “bioetica d’inizio vita” in Internet. Una nuova ri-sorsa informativa elettronica promossa e sviluppata dal CNR- Mario Fameli

Etica e cultura della ricerca tra governance e informazione -Rosalia Azzaro Pulvirenti

Documentazione e biodiritto: realizzazioni e prospettive -Marina Casini

La comunicazione scientifica nell’era digitale: inizio di unanuova epoca? - Angelo Marocco

Produzione e diffusione dei risultati scientifici in oncologia -Dino Amadori e Marco Maltoni

Alcuni aspetti di etica in sanità pubblica - Donato Greco eCarlo Petrini

Per una bioetica dell’adolescenza. Linee di riflessione su cor-poreità, sessualità, salute, educazione - Maurizio Soldini

Not Ist Super Sanità 2004; 17 (10) © Istituto Superiore di Sanità 19

Visto... si stampi

Visto... si stampiA cura di Paola De Castro

Settore Attività Editoriali, ISS

In questa rubrica sono annunciate tutte le pubblicazioni edite direttamente da questoIstituto, accessibili online in full-text e su supporto cartaceo. Per essere tempestivamenteinformati sulle novità editoriali prodotte da questo Istituto, comunicate il vostro indiriz-zo e-Mail a: [email protected]. Riceverete un avviso per ogni nuovo prodotto edi-toriale che potrete liberamente scaricare da: www.iss.it/pubblicazioniLa copia cartacea delle pubblicazioni rimane riservata a determinate categorie di utenza.

Annali dell’Istituto Superiore di SanitàVolume 40, n. 3, 2004

Riflessione etica e ricerca scientifica. Produzione e diffusione di risorse informative

A cura di Maurella Della Seta, Adriana Dracos e Elisabetta Poltronieri

Il fascicolo ha origine da una giornata di studio dedica-ta alla riflessione etica e alla ricerca scientifica svoltasi aRoma presso l’Istituto Superiore di Sanità il 28 marzo 2003.A questa giornata hanno partecipato ricercatori di diverseistituzioni impegnati attivamente nella raccolta, cataloga-zione e diffusione del materiale attinente a una disciplina(o meglio, insieme di sottodiscipline) attualissima, la bioe-tica: esperti nella gestione di sistemi informativi telematici,docenti universitari e ricercatori scientifici, tra i quali spiccaEugenio Lecaldano dell’Università degli Studi di Roma “LaSapienza”, promotore del Master in Etica Pratica e Bioeticae autore di numerose pubblicazioni sull’argomento.

Gli straordinari progressi compiuti negli ultimi anni dallaricerca biomedica - soprattutto lo sviluppo assai rapido ditecniche biotecnologiche - hanno reso oggi la bioetica uncampo di ricerca di particolare valore e rilevanza, che conti-nua a coinvolgere, in un’osmosi continua, un numero sem-pre crescente di nuove discipline, quali la medicina, la biolo-gia, il diritto, la teologia, la filosofia, la psicologia, la sociolo-gia, l’economia, l’ecologia, ecc. Pertanto, la possibilità direperire e di accedere a informazioni qualificate e attendibi-li è diventata un’esigenza irrinunciabile non solo da parte deiricercatori biomedici e degli operatori di diversa matrice, maanche del pubblico non specialistico che sempre più sembraessere interessato a questioni bioetiche o presupposte tali.

L’informazione che viene trasmessa al pubblico va cali-brata in termini di qualità tecnico-scientifica (livello e solidi-tà), quantità (un eccesso di informazione milita contro laprogressiva acquisizione di conoscenze e la necessaria for-mazione di un abito critico “individuale”) e sua eventualeripetitività (lo stile di “martellamento” pubblicitario puòessere utile), ma gli aspetti etici sono altrettanto rilevanti elo sono soprattutto in un settore delicato come quello dellacomunicazione in ambito socio-sanitario: risultare pococomprensivi a un pubblico esterno di non addetti ai lavoripuò essere non etico, come lesivo di un’etica professionalepuò risultare il sollevare inutili “false speranze” nei malati onei loro famigliari, soprattutto nel caso di patologie gravi o

Annali

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