tecnologia, legislazione e deontologia...

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TECNOLOGIA, LEGISLAZIONE E DEONTOLOGIA FARMACEUTICHE 1 – 4 Ottobre 2011 TESTI Principi di tecnologie farmaceutiche - Colombo P. - Ed. Ambrosiana Farmacopea ufficiale della repubblica italiana – Ed. XII Physical pharmacy: physical chemical principles in the pharmaceutical sciences – Martin A. N., Lippincott Williams & Wilkins Legislazione farmaceuitca – Minghetti P. - Ed. Ambrosiana Tecnologia farmaceutica. Qual è il compito del tecnologo? Quello di allestire delle forme farmaceutiche. Allestire una forma farmaceutica vuol dire studiare una corretta combinazione di principio attivo ed eccipienti tale da permettere che il farmaco veicolato abbia un determinato effetto terapeutico e risulti utile per la cura di una determinata patologia. Cosa sono le forme farmaceutiche? Polveri, sciroppi, pillole, pomate, capsule, supposte, soluzioni, sospensioni. Sono il sistema utilizzato per somministrare un determinato farmaco. L'obiettivo principale è quello di arrivare a progettare queste forme farmaceutiche perché al di là della forma che può sembrare sempre uguale, raggiungere l'effetto terapeutico desiderato utilizzando una formulazione riproducibile su larga scala, cioè le sostanze devono essere messe insieme in modo che se fatte in grande risultino sempre uguali. Principio attivo: sostanza farmacologicamente attiva , responsabile dell'effetto terapeutico. Eccipienti: sostanze farmacologicamente inerti , addizionate per ottenere proprietà farmaceutiche specifiche nel prodotto finito. E' l'insieme di quelle sostanze senza attività terapeutica, utilizzate perché permettono di realizzare la forma farmaceutica e il sistema di dosaggio. Formulazione: principio attivo + eccipienti. La stessa forma farmaceutica può avere formulazioni diverse. Esempio pratico: aspirina effervescente (acido acetilsalicilico più eccipienti); vivin C (acido acetilsalicilico, stessa forma farmaceutica (compressa effervescente), quello che cambia sono gli eccipienti). Forma farmaceutica: forma di somministrazione del farmaco. CLASSIFICAZIONE DEGLI ECCIPIENTI ruolo costitutivo: forniscono massa appropriata al prodotto finito, per arrivare ad avere un peso adatto a realizzare il prodotto finito. Per esempio in prodotti in cui la quantità di principio attivo necessaria è minima e non sufficiente a realizzare una forma farmaceutica. ruolo produttivo: facilitano i processi tecnologici di fabbricazione del prodotto finito, quegli eccipienti che intervengono nei processi tecnologici, agiscono in fase di produzione. ruolo di liberazione: modulano la velocità di rilascio del principio attivo, accelerano il rilascio del principio attivo dalla forma farmaceutica dopo la somministrazione. ruolo di conservazione: preservano le caratteristiche non solo del principio attivo veicolato ma di tutto il prodotto finito ruolo di presentazione: migliorano la compliance del paziente, cioè il livello di accettabilità del farmaco da parte del paziente. Eccipienti che svolgono un ruolo costitutivo: diluenti: conferiscono una massa adeguata assorbenti: assorbono umidità, importanti quando il principio attivo è idroscopico adsorbenti: adsorbono gas, tossine e batteri andando a preservare l'integrità del principio attivo Eccipienti che svolgono un ruolo produttivo: lubrificanti: prevengono adesione delle polveri alle pareti dell'apparecchiatura leganti: favoriscono formazione di granuli e compresse, non è così semplice ottenere una

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TECNOLOGIA, LEGISLAZIONE E DEONTOLOGIA FARMACEUTICHE

1 – 4 Ottobre 2011TESTIPrincipi di tecnologie farmaceutiche - Colombo P. - Ed. AmbrosianaFarmacopea ufficiale della repubblica italiana – Ed. XIIPhysical pharmacy: physical chemical principles in the pharmaceutical sciences – Martin A. N., Lippincott Williams & WilkinsLegislazione farmaceuitca – Minghetti P. - Ed. Ambrosiana

Tecnologia farmaceutica. Qual è il compito del tecnologo? Quello di allestire delle forme farmaceutiche. Allestire una forma farmaceutica vuol dire studiare una corretta combinazione di principio attivo ed eccipienti tale da permettere che il farmaco veicolato abbia un determinato effetto terapeutico e risulti utile per la cura di una determinata patologia.Cosa sono le forme farmaceutiche? Polveri, sciroppi, pillole, pomate, capsule, supposte, soluzioni, sospensioni. Sono il sistema utilizzato per somministrare un determinato farmaco.L'obiettivo principale è quello di arrivare a progettare queste forme farmaceutiche perché al di là della forma che può sembrare sempre uguale, raggiungere l'effetto terapeutico desiderato utilizzando una formulazione riproducibile su larga scala, cioè le sostanze devono essere messe insieme in modo che se fatte in grande risultino sempre uguali.Principio attivo: sostanza farmacologicamente attiva, responsabile dell'effetto terapeutico.Eccipienti: sostanze farmacologicamente inerti, addizionate per ottenere proprietà farmaceutiche specifiche nel prodotto finito. E' l'insieme di quelle sostanze senza attività terapeutica, utilizzate perché permettono di realizzare la forma farmaceutica e il sistema di dosaggio.Formulazione: principio attivo + eccipienti. La stessa forma farmaceutica può avere formulazioni diverse. Esempio pratico: aspirina effervescente (acido acetilsalicilico più eccipienti); vivin C (acido acetilsalicilico, stessa forma farmaceutica (compressa effervescente), quello che cambia sono gli eccipienti).Forma farmaceutica: forma di somministrazione del farmaco.CLASSIFICAZIONE DEGLI ECCIPIENTI

• ruolo costitutivo: forniscono massa appropriata al prodotto finito, per arrivare ad avere un peso adatto a realizzare il prodotto finito. Per esempio in prodotti in cui la quantità di principio attivo necessaria è minima e non sufficiente a realizzare una forma farmaceutica.

• ruolo produttivo: facilitano i processi tecnologici di fabbricazione del prodotto finito, quegli eccipienti che intervengono nei processi tecnologici, agiscono in fase di produzione.

• ruolo di liberazione: modulano la velocità di rilascio del principio attivo, accelerano il rilascio del principio attivo dalla forma farmaceutica dopo la somministrazione.

• ruolo di conservazione: preservano le caratteristiche non solo del principio attivo veicolato ma di tutto il prodotto finito

• ruolo di presentazione: migliorano la compliance del paziente, cioè il livello di accettabilità del farmaco da parte del paziente.

Eccipienti che svolgono un ruolo costitutivo:• diluenti: conferiscono una massa adeguata• assorbenti: assorbono umidità, importanti quando il principio attivo è idroscopico• adsorbenti: adsorbono gas, tossine e batteri andando a preservare l'integrità del principio

attivoEccipienti che svolgono un ruolo produttivo:

• lubrificanti: prevengono adesione delle polveri alle pareti dell'apparecchiatura• leganti: favoriscono formazione di granuli e compresse, non è così semplice ottenere una

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compressa, è necessario utilizzare gli eccipienti per permettere alle particelle di polvere di stare l'una vicina alle altre

• glidanti: migliorano le proprietà di flusso. Esempio pratico: lo zucchero ha buone proprietà di flusso, scorre; la farina ha scarse proprietà di flusso, si sparpaglia difficilmente

• plasticizzanti: conferiscono elasticità e plasticità. Esempio pratico: lo smalto se non ha una buona elasticità e plasticità si scheggia. Usati per la realizzazione delle capsule o per il rivestimento delle capsule molli

• tensioattivi: riducono la tensione superficiale, molecole anfipatiche (testa idrofila, coda lipofila) che si dispongono fra due fasi

• viscosizzanti: aumentano la viscosità di preparazioni liquideEccipienti che svolgono un ruolo di liberazione:

• disgreganti: favoriscono la disgregazione della compressa in aggregati e degli aggregati in particelle singole

• modulatori del rilascio: modificano velocità di rilascio del principio attivo. Il farmaco viene rilasciato poco alla volta, non tutto in una volta. Differenza tra compresse a rilascio immediato e compresse retard. Si utilizzano sistemi di questo tipo quando si vuole ridurre il numero di somministrazioni, ma si vuole mantenere il livello di concentrazione del farmaco al di sopra di una certa soglia

• bagnanti: favoriscono bagnabilità di un solidoEccipienti che svolgono un ruolo di conservazione:

• antimicrobici: impediscono la crescita di microrganismi, tendenzialmente nelle preparazioni liquide o in quelle che contengono elevata quantità di acqua

• chelanti: rallentano reazioni di degradazione, quando si ha a che fare con farmaci che in condizioni particolari possono degradare

• antiossidanti: limitano la degradazione ossidativa, si possono utilizzare per soluzioni che contengono olio

Eccipienti che svolgono un ruolo di presentazione:• aromatizzanti e edulcoranti: migliorano la palatabilità, rendono "buona" la preparazione• coloranti: possono impartire colorazioni differenti ai prodotti finiti, utile per i bambini.

Possono esistere compresse prodotte dalla stessa azienda che contengono dosaggi diversi dello stesso farmaco, i dosaggi diversi vengono identificati con colori diversi

Si seleziona il principio attivo di interesse, lo si formula cioè si scelgono quali eccipienti utilizzare e in quale quantità, si stabilisce la forma farmaceutica --> somministrazione.Il prodotto farmaceutico ideale dovrebbe:

• essere in grado di produrre un effetto terapeutico desiderato e specifico• essere somministrato attraverso la via più accettata, alle minime dosi e frequenze possibili.

La formulazione deve tener conto delle dosi da dover somministrare e bisogna valutare la frequenza di somministrazione

• dar luogo ad insorgenza e durata ottimali dell'effetto terapeutico• minimizzare eventuali effetti collaterali• essere facile da produrre ed economico• garantire stabilità chimica, fisica, microbiologica e di prestazione biofarmaceutica per

l'intero periodo di validità; il prodotto farmaceutico che esce dall'azienda deve mantenere inalterate tutte le sue caratteristiche per tutto il periodo di validità

La formulazione farmaceutica è un insieme di operazioni che hanno come obiettivo la trasformazione di un farmaco in un preparato farmaceutico. Consiste nella scelta mirata dei componenti della formulazione, della forma farmaceutica, del processo di fabbricazione e del contenitore in modo da garantire al preparato qualità, efficacia, sicurezza. Esempio: l'aspirina normale è confezionata in blister, l'aspirina effervescente è confezionata in minibustine di alluminio per essere preservata dall'umidità. Ci sono compresse confezionate in blister, si schiaccia e la compressa viene estratta; ci sono compresse più fragili che invece vengono confezionate in blister

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appositi per preservarne le caratteristiche."L'attività biologica di un prodotto farmaceutico non dipende solo dall'attività farmacologica intrinseca del principio attivo, ma anche da fattori correlati alla formulazione e alla forma farmaceutica". Antibiotico in compressa, sappiamo come e dove agisce. Perché viene formulato anche come iniezione? Perché cambia la velocità di assorbimento, l'iniezione è più veloce. In caso di compressa non tutta la molecola viene digerita, con l'iniezione abbiamo il totale utilizzo del farmaco.Studio dell'influenza della formulazione dell'effetto terapeutico di un prodotto farmaceutico. Relazioni tra le proprietà del farmaco e delle forme farmaceutiche e gli effetti biologici che si osservano dopo la somministrazione. Solo dopo queste valutazioni si è in grado di stabilire cosa andare a produrre.Perché somministrare forme farmaceutiche?

✔ Diluizione✔ Dosaggio accurato✔ Protezione del principio attivo dall'ossigeno, dalla luce e dall'umidità. Se un farmaco è

fotosensibile si può scegliere una capsula per proteggerlo✔ Mascherare odore o sapore sgradevole✔ Migliorare l'aspetto✔ Protezione dall'ambiente acido gastrico✔ Rilascio controllato✔ Direzionamento

Cosa succede al farmaco dopo la somministrazione? Un farmaco dovrebbe essere in grado di raggiungere il sito d'azione inalterato (per garantire l'alterazione farmaco-recettore) dopo essere stato somministrato attraverso una via idonea. La BIOFARMACEUTICA studia l'influenza delle caratteristiche dei materiali (farmaco, eccipienti, contenitori), del processo di fabbricazione della forma di dosaggio, delle modalità e della via di somministrazione sulla liberazione del principio attivo e sulle relazioni tra liberazione e assorbimento. Strumento principale di cui si serve la biofarmaceutica per seguire il destino di un farmaco è la FARMACOCINETICA: scienza che studia l'iter del farmaco dopo la somministrazione. Studio dell'evoluzione nel tempo della concentrazione di un principio attivo nei fluidi biologici e nei tessuti. LADME (acronimo):

• liberazione• assorbimento• distribuzione• metabolizzazione• eliminazione

La farmacocinetica studia le variazioni di concentrazione del farmaco che intervengono nei vari compartimenti dell'organismo durante le varie fasi (ADME) velocità di trasferimento del farmaco da un compartimento all'altro. Parametri farmacocinetici vengono utilizzati per dare una valutazione circa la biodisponibilità di un farmaco da una data forma farmaceutica.I FASE FARMACEUTICA: disgregazione della forma di dosaggio, dissoluzione del principio attivo → (farmaco disponibile per l'assorbimento, disponibilità farmaceutica) →II FASE FARMACOCINETICA: assorbimento, distribuzione, metabolismo, escrezione → (disponibilità biologica, farmaco disponibile per l'azione) →III FASE FARMACODINAMICA: interazione farmaco-recettore nel tessuto bersaglio → effetto

2 – 6 Ottobre 2011

1. LIBERAZIONE DEL FARMACO DALLA FORMA. Processo con cui il farmaco si rende disponibile allo stato disciolto al sito di assorbimento. Il farmaco si scioglie, si solubilizza nel fluido biologico e si presenta nella forma assorbibile. Un farmaco può essere assorbito solo se si trova in fase liquida, quindi deve obbligatoriamente passare in soluzione. Se il farmaco non è in soluzione

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non può essere assorbito. La velocità con cui avviene il passaggio del farmaco dalla forma farmaceutica al fluido biologico va a influenzare la velocità con cui il farmaco verrà assorbito e di conseguenza la sua biodisponibilità. Eccezione: somministrazioni endovenose e soluzioni orali. Esempio: compressa (forma farmaceutica più diffusa, 70/80%). La compressa si presenta come un compatto cilindrico solido caratterizzato da determinate dimensioni, nel momento in cui viene assunta la compressa finisce nello stomaco ed entra in contatto coi succhi gastrici; la presenza dei fluidi gastrici bagna leggermente le superfici della compressa e in quelle parti il farmaco comincia a passare in soluzione; poi il succo gastrico si insinua all'interno della compressa e fa sì che questa vada incontro a un processo di disgregazione e si formino granuli o aggregati di dimensione più piccole; questi a loro volta si bagnano con il fluido in soluzione e in parte il fluido gastrico serve a disaggregare in particelle fini; le particelle fini si bagnano e permettono al farmaco di passare in soluzione. Il processo di dissoluzione avviene in tutti i casi, ciò che cambia è la velocità con cui avviene questo processo: molto lento nel caso della compressa, un po' più veloce nel caso dei granuli, molto più veloce nel caso delle particelle fini (esempio della zolletta di zucchero e del cucchiaino di zucchero nel caffè). Il processo di liberazione è dato da una successione di processi cinetici: lo step più lento influenzerà la biodisponibilità del farmaco. Farmaco poco solubile → dissoluzione nel tratto gastro-intestinale, il passaggio in soluzione è lo step limitante; farmaco molto solubile → passaggio attraverso le membrane è lo step limitante.2. ASSORBIMENTO. Passaggio del principio attivo attraverso le membrane biologiche. Ad eccezione della via endovenosa, per le altre vie di somministrazione i farmaci devono attraversare membrane biologiche che fungono da barriera, nel caso di iniezione endovenosa viene iniettato direttamente nella circolazione. Siccome deve attraversare delle membrane, affinché possa avvenire il farmaco si avvale di alcuni meccanismi di trasporto: per diffusione passiva (sfrutta il gradiente di concentrazione, il farmaco si sposta dal compartimento in cui è più concentrato a quello in cui è meno concentrato) che non richiede una fonte di energia, con questo meccanismo sono trasportabili le molecole lipofile e quelle abbastanza piccoline; grazie a proteine di membrana, carrier; canali; endocitosi. Fattori che influenzano l'assorbimento: fattori biologici (anatomia e fisiologia del tratto gastrointestinale, fattori connessi alla dieta) → individuo; fattori chimico-fisici (costante di dissociazione, pH al sito di assorbimento, liposolubilità, velocità di dissoluzione)→ farmaco; fattori tecnologici (eccipienti, formulazione) → forma farmaceutica.3. DISTRIBUZIONE. Processo con cui il farmaco si distribuisce ai vari compartimenti dell'organismo, fino a raggiungere una condizione di equilibrio. Fattori legati all'organismo influenzano la distribuzione: permeabilità delle membrane biologiche (BEE, placenta); perfusione dei tessuti; composizione dei fluidi (contenuto proteico, pH). Anche fattori legati al farmaco influenzano la distribuzione: liposolubilità; legami con proteine plasmatiche e strutture cellulari.4. METABOLIZZAZIONE. Insieme di reazioni chimiche che avvengono a carico di un farmaco in vari organi dell'organismo e che pongono fine alla sua attività biologica. Effetti principali: il farmaco è reso più idrofilo e facilmente eliminabile dai reni; i suoi metaboliti sono in genere meno attivi del prodotto di partenza. La metabolizzazione avviene principalmente nel fegato e secondariamente a livello polmonare e in piccola porzione a livello della cute. Nel caso dei farmaci assunti per via orale la metabolizzazione a livello epatico viene considerata inconveniente: dopo somministrazione orale molti farmaci sono assorbiti intatti dall'intestino tenue e, mediante il sistema portale, condotti al fegato dove subiscono notevole metabolizzazione. Se la dose efficace da somministrare è 100 mg, affinché al recettore arrivino i 100 mg attivi è necessario somministrarne un eccesso.5. ESCREZIONE. Processo mediante il quale il farmaco viene allontanato dall'organismo. Il rene è l'organo principale deputato all'escrezione dei farmaci. Clearence (capacità di depurazione): parametro farmacocinetico che misura la capacità dell'organismo di eliminare il farmaco. Tempo di emivita (T1/2): tempo necessario affinché la concentrazione plasmatica di farmaco presente nell'organismo si riduca del 50%.Il fine ultimo è...

• Principio attivo disponibile al sito d'azione ad una concentrazione sufficiente per garantire

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l'effetto terapeutico, ma non tale da indurre effetti tossici.La concentrazione di farmaco al sito d'azione dipende da: quantità di farmaco totale ceduta dalla forma farmaceutica che raggiunge inalterata il circolo sistemico; velocità con cui la quota di farmaco resa disponibile arriva al sito d'azione → biodisponibilità.BIODISPONIBILITÀ. Quantità di farmaco somministrato che raggiunge intatto il circolo sistemico e velocità con cui il passaggio si verifica. La biodisponibilità di un farmaco da una forma farmaceutica viene valutata attraverso curve plasmatiche. Nell'asse delle x riportiamo il tempo, e il punto 0 è il momento in cui viene fatta la somministrazione, sull'asse delle y riportiamo la concentrazione plasmatica. Su questa curva dobbiamo individuare il valore della concentrazione minima efficace (concentrazione da superare affinché ci sia manifestazione dell'effetto terapeutico), la concentrazione massima tollerabile o concentrazione minima tossica (concentrazione che non si deve superare perché andando oltre questo limite si ha comparsa di effetto tossico), l'intervallo terapeutico (differenza tra la concentrazione massima tollerabile e la concentrazione minima efficace), l'onset (il tempo necessario a raggiungere la concentrazione minima efficace), la durata (l'intervallo di tempo in cui il valore di concentrazione è al di sopra della concentrazione minima efficace), l'intensità (fino a che valore massimo arriva la curva di concentrazione rispetto al valore di concentrazione minima efficace), picco di concentrazione Cmax (il valore massimo di concentrazione raggiunto) correlato al Tmax (tempo necessario affinché si raggiunga quel livello di concentrazione).

VIE DI SOMMINISTRAZIONEVia orale. Assorbimento del farmaco nel tratto gastrointestinale, in qualunque forma venga somministrato. Vantaggi: semplicità; convenienza; praticità; elevata compliance del paziente. Limiti: insorgenza lenta dell'azione; irritazione della mucosa; assorbimento incompleto → first pass effect; inattivazione dovuta a pH e/o enzimi; interazione con alimenti (assunzione consigliata a stomaco vuoto o a stomaco pieno). Esempio di farmaco gastrolesivo: quasi tutti gli antinfiammatori non steroidei. Forme farmaceutiche per uso orale, le prime quattro solide, le altre liquide:

• Polveri, commercializzate sotto forma di bustine• Granulati, commercializzati sotto forma di bustine• Capsule (quelle di gelatina molle sono quelle più innovative, es: moment molly)• Compresse (NO PASTIGLIA!)• Soluzioni, sistemi monofasici ottenuti dalla combinazione di un soluto e di un solvente• Sospensioni, sistemi di due fasi che sono una liquida e l'altra solida con la precisazione che

il solido è insolubile nel liquido• Emulsioni, sistemi costituiti da due liquidi immiscibili tra di loro e generalmente completati

da un emulsionanteVia sublinguale, via buccale (sublinguale: compresse molto piccole posizionate esattamente sotto alla lingua che è una zona altamente irrorata; buccale: il farmaco si tiene in bocca). L'assorbimento avviene attraverso la mucosa orale. Vantaggi: assorbimento rapido; pronta insorgenza dell'effetto terapeutico. Limiti: breve durata d'azione; applicabile solo per farmaci molto potenti, con caratteristiche organolettiche gradevoli. Via utilizzabile per farmaci inattivati da enzimi o dal pH del tratto gastrointestinale o soggetti a "first pass effect". Utilizzate per terapie d'urgenza:

• nitroglicerina per angina pectoris (cpr sublinguali)• antinfiammatori, antibatterici, anestetici locali per ulcere della mucosa orale (cpr buccali)

L'evoluzione di questi sistemi sono i sistemi mucoadesivi, sistemi terapeutici avanzati fatti con materiali che a contatto con il fluido biologico, in questo caso la saliva, sviluppano delle proprietà mucoadesive, cioè si appiccicano alla mucosa della cavità buccale e rimangono attaccati.Via rettale. Assorbimento attraverso la mucosa rettale. Può essere usata come alternativa alla via orale per evitare degradazione da pH e/o da enzimi del tratto gastro-intestinale, per evitare irritazione per la mucosa gastrica, per evitare interferenze del cibo con l'assorbimento. Ottimo uso pediatrico. Non sono diffuse dappertutto nello stesso modo: in Occidente sono abbastanza utilizzate, ma in altri Paesi, dove le temperature sono molto più alte, diventa più problematico a causa degli

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eccipienti che a quelle temperature non riescono a tenere la loro consistenza. Limiti: assorbimento lento e irregolare, irritazione locale. Somministrando un farmaco per via rettale, l'assorbimento non sarà più a carico dell'intestino tenue, qui i villi non ci sono e la superficie assorbente è diversa e ridotta; però in questo caso si riesce a baipassare il metabolismo epatico di primo passaggio perché il plesso emorroidale è costituito da tre vene e di queste solo una va al fegato, quindi solo una parte del farmaco viene metabolizzato nel fegato e questo fa il paio con la diminuzione della superficie assorbente di questo tratto di intestino. Può essere sfruttata per diverse terapie allo scopo di ottenere effetto locale o effetto sistemico. Effetto locale: anestetici locali, astringenti, vasocostrittori, lassativi. Effetto sistemico: antinfiammatori, antireumatici, antiasmatici, antiepilettici. Forme farmaceutiche per uso rettale: solide, supposte e capsule rettali; liquide, soluzioni e sospensioni; semisolide, unguenti, creme e geli (l'effetto è locale).

3 – 7 Ottobre 2011

Via transdermica. Assorbimento sistemico attraverso la pelle. Vantaggi: alternativa alla via orale (evita variabilità di assorbimento dovuta a variazioni di pH, presenza di enzimi, di cibo, metabolismo epatico, tempo di svuotamento gastrico...); metodo non invasivo (somministrazione interrotta per rimozione del cerotto); riduzione della frequenza di somministrazioni (cerotti a rilascio controllato forniscono dose costante di farmaco); aumento della compliance del paziente e difficilmente il paziente si dimentica di assumere il farmaco. Esempi: cerotto alla nitroglicerina, cerotto anticoncezionale, cerotto antinfiammatorio applicato nel punto in cui deve agire. Limiti: bassa permeabilità della pelle; limitazione nella scelta del farmaco (basso indice terapeutico, elevata potenza, non irritanti per la pelle); irritazione locale; costo elevato delle forme farmaceutiche. Le forme farmaceutiche transdermiche sono solo ed esclusivamente i cerotti transdermici.Via nasale. Assorbimento attraverso la mucosa nasale riccamente irrorata e molto permeabile. Vantaggi: assorbimento rapido; veloce insorgenza dell'effetto terapeutico, elevata biodisponibilità; dosaggi ridotti. E' utile per il trattamento di patologie locali (congestione nasale, sinusiti, condizioni allergiche...), ma studiata anche come alternativa alla via orale proprio perché permette di ridurre la dose di farmaco somministrata garantendo la biodisponibilità dello stesso. Limiti: non applicabile a tutti i farmaci per possibili effetti irritanti o per degradazione nella cavità nasale; si richiede elevata idrosolubilità del farmaco (dose somministrata in volumi ridotti). Forme farmaceutiche per uso nasale: solide, polveri (possono rappresentare la forma farmaceutica finita se sono idrosolubili e molto fini o possono essere trasformate al momento della somministrazione in soluzioni e la preparazione finale si chiama preparazione estemporanea, cioè preparata al momento dell'uso poiché non è stabile); liquide, soluzioni, sospensioni, emulsioni; semisolide, unguenti, creme e geli.Via respiratoria. Assorbimento a livello polmonare. Vengono somministrati attraverso questa via quei principi attivi che devono agire a livello dell'albero respiratorio. Assorbimento di farmaci in forma di aerosol: dispersioni di particelle solide o liquide in un gas (propellente, getto d'aria o flusso d'aria inalato dal paziente). Come fa il farmaco ad arrivare ai polmoni? E' grazie alla spinta del getto d'aria che arriva ai polmoni. Vantaggi: azione selettiva (somministrazione di farmaci che agiscono a livello respiratorio); rapido assorbimento; basse concentrazioni di farmaco; riduzione effetti collaterali. Limiti: necessità di dispositivi specifici che regolino in maniera specifica la dose di farmaco somministrata (il farmaco può essere qui contenuto sotto forma di un serbatoio unico che preleva volta per volta la dose da somministrare, ma i dispositivi più evoluti contengono ad esempio delle capsule di gelatina dura contenente una sola dose di farmaco); assorbimento irregolare. Come si regola il punto in cui la formulazione arriva? Regolando le dimensioni delle particelle o goccioline sospese nel flusso di gas, a seconda delle dimensioni queste riescono a spingersi più o meno in profondità nell'albero respiratorio: più sono grandi più avranno tendenza a rimanere nelle parti alte dell'albero respiratorio, più sono piccole e andranno in profondità; con dimensioni maggiori di 5 μm si fermano tra laringe e faringe, con dimensioni comprese tra 2 e 5 μm si fermano tra trachea e bronchi, con dimensioni minori di 2 μm arrivano a bronchioli respiratori e alveoli. Forme farmaceutiche per inalazione: solide, polveri e capsule; liquide, soluzioni acquose,

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sospensioni ed emulsioni.Via parenterale. Il farmaco viene iniettato a diverse profondità e in diverse regioni del corpo. Fanno parte di questa via di somministrazione tutte quelle forme che vengono somministrate attraverso iniezione. Comprende vie diverse: le principali sono la via endovenosa, la via intramuscolare e la via sottocutanea, e le secondarie sono la via intradermica, la via intrarteriosa, via intrarticolare, via intrapleurica e via intracardiaca. Ciò richiede necessariamente la presenza di personale specializzato per la somministrazione. Si tratta fondamentalmente di preparazioni liquide al momento della somministrazione. Queste preparaizoni devono obbligatoriamente essere sterili (assenza di microrganismi patogeni e non patogeni), apirogene (non devono contenere sostanze che inducono innalzamento della temperatura), isotoniche (con la stessa pressione osmotica del sangue), isoidriche (avere lo stesso pH del sangue). Vie parenterali principali e secondarie:

• Via endovenosa. Assorbimento completo e immediato → terapia d'urgenza; si richiedono minori quantità di farmaco; possibilità di somministrare farmaci irritanti per altre vie; iniezione unica o infusione continua (flebo). Limiti: flebiti, infiammazioni locali; richiesta di personale specializzato; depressione della funzione cardiovascolare (shock da farmaco) per rapido aumento della concentrazione plasmatica.

• Via intramuscolare. Assorbimento rapido del farmaco per la ricca irrorazione dei muscoli (rispetto alla via endovenosa manifesta un certo ritardo nella comparsa del farmaco nel circolo sistemico). Sono utilizzati soluzioni o sospensioni sterili di farmaci in acqua o altro veicolo. L'assorbimento è più lento nel caso di sospensioni o nel caso in cui il veicolo sia oleoso. Limiti: accidentale somministrazione intravasale; ascessi profondi per introduzione di agenti infettivi.

• Via sottocutanea. Iniezione del farmaco nel tessuto connettivo sotto la pelle. Assorbimento più lento per scarsa irrorazione; possibilità di ritardare il rilascio del farmaco nel tempo (sistemi depot, ad es. insulina, eparina; la quantità di farmaco viene iniettata sotto cute dopo forma una sorta di deposito e passa in circolo poco alla volta); possibilità di automedicazione. Limiti: irritazione locale, dolore (che dipende da ciò che viene iniettato più che dal paziente non in grado di automedicarsi).

• Via intradermica. Prevede iniezioni di piccoli volumi di soluzioni acquose di farmaco nel derma; poco frequente, richiede la presenza di personale specializzato e limitata a test diagnostici (test allergici).

• Via intrarteriosa. Utilizzata quando si richiedono elevate concentrazioni di farmaco in un particolare organo (es. Farmaci radiopachi usati in diagnostica o antitumorali).

• Via intratecale. Si inietta il farmaco direttamente nel liquido cerebro-spinale (per farmaci che non attraversano la BEE, es. Antibiotici per cura della meningite, anestetici, antitumorali). Il personale deve essere altamente qualificato.

• Via intrarticolare. Per somministrazione locale di antinfiammatori nel trattamento dell'artrite reumatoide.

• Via intrapleurica e intracardiaca. Per cura delle complicazioni polmonari e durante interventi a livello cardiaco.

Forme farmaceutiche parenterali: solide, polveri (al momento della somministrazione deve però essere una soluzione o una sospensione, sono quindi generalmente liofilizzate) e impianti (forma farmaceutica avanzata, sono dispositivi che vengono applicati generalmente sotto cute e che rilasciano gradualmente la dose di farmaco necessaria); liquide, soluzioni, sospensioni (no per via endovenosa) ed emulsioni.Via cutanea. Assorbimento attraverso la pelle (da non confondere con la via transdermica, l'azione infatti nella via cutanea è locale). Effetto locale, tre vie principali: follicoli piliferi e ghiandole sebacee; dotti sudoripari; strato corneo. Es.: antisettici, antifungini, antinfiammatori, emollienti, protettivi. Limiti: assorbimento lento e influenzato da diversi fattori: proprietà chimico-fisiche della sostanza; condizioni della cute (idratazione dello strato corneo, integrità, condizioni patologiche). Nel caso in cui la preparazione debba essere applicata su una cute che presenta delle ferite aperte, questa deve essere necessariamente sterile. Forme farmaceutiche per uso topico: solide, polveri

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(talco mentolato); semisolide, unguenti, creme, geli e paste; liquide, soluzioni ed emulsioni.Via oculare. Applicazione locale di farmaci sull'occhio per trattare patologie specifiche o per consentire analisi del fondo oculare. Adatta a farmaci molto solubili e somministrabili in concentrazioni elevate. Es.: midriatici, miotici, antibatterici, antibiotici, anestetici locali. Limiti: meccanismi di protezione dell'occhio (ammiccamento, lacrimazione) che allontanano la maggior parte della dose somministrata (il 90% della dose somministrata viene eliminata perché fuoriesce dalle palpebre o viene drenata attraverso il dotto naso-lacrimale). Forme farmaceutiche oftalmiche: semisolide, unguenti, creme e geli; liquide, soluzioni e sospensioni (in questo caso le particelle solide devono essere molto molto piccole altrimenti creano irritazione). Dal punto di vista pratico funziona meglio l'unguento poiché per la sua consistenza rimane adeso all'occhio e aumenta il tempo di contatto del farmaco con la zona interessata, viene però generalmente preferito il collirio.Via vaginale. Utile per il trattamento di patologie locali, es. Antifungini, antibatterici, antivirali. Vantaggi: si evitano "first pass effect" e altri effetti collaterali della via orale. Limiti: assorbimento irregolare per variazione della permeabilità delle mucose legata a cambiamenti dei livelli ormonali. Forme farmaceutiche per uso vaginale: solide, ovuli (forma farmaceutica per eccellenza), compresse o capsule; liquide, soluzioni.

PREFORMULAZIONELa preformulazione è lo stadio del processo di sviluppo di un prodotto farmaceutico in cui vengono determinate proprietà chimico-fisiche e biofarmaceutiche che possono influenzare la biodisponibilità del principio attivo → per ottenere una forma farmaceutica efficace, stabile e sicura. Lo studio preformulativo ci permette come alcune caratteristiche possano influenzare la biodisponibilità del farmaco che stiamo trattando. Lo studio preformulativo, va fatto, come dice il nome stesso, prima della formulazione del farmaco e ha lo scopo di determinare:

• stabilità chimica• solubilità• velocità di dissoluzione (velocità con cui questa molecola passa in soluzione)• costante di dissociazione• coefficiente di ripartizione• cristallinità, polimorfismo, solvatazione• dimensioni particelle• compatibilità farmaco-eccipiente

1. Stabilità chimica. La stabilità chimica del farmaco viene determinata con esperimenti in soluzione e allo stato solido nelle condizioni di manipolazione, formulazione, stoccaggio e somministrazione del farmaco stesso. Fattori che possono influenzare la stabilità del farmaco: pH, calore, luce, umidità, ossigeno atmosferico, forza ionica, cosolvente.2. Solubilità. E' una proprietà che influenza la biodisponibilità della molecola, la sua velocità di rilascio nel mezzo di dissoluzione e la sua efficacia terapeutica. Si determina solubilità della molecola in diversi solventi e nell'intervallo di pH fisiologico (1 < pH < 7,5). Secondo la Farmacopea (volume approssimativo di solvente in millilitri per grammo di sostanza): solubilissimo, meno di 1; molto solubile, da 1 a 10; solubile, da 10 a 30; moderatamente solubile, da 30 a 100, poco solubile, da 100 a 1000; molto poco solubile, da 1000 a 10000; praticamente insolubile, più di 10000.

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Diverso è dire solubilità di una sostanza e parlare di velocità di dissoluzione.3. Velocità di dissoluzione. E' la velocità con cui una sostanza solida si scioglie in un dato solvente, ad una data temperatura, ed è influenzata da solubilità e area superficiale esposta. In quanto tempo avviene questo processo, cioè il passaggio in soluzione. La teoria che sta alla base del processo di dissoluzione di una sostanza è la teoria dello stato stazionario. Se immergiamo una particella solida in un solvente questa passerà in soluzione con una certa velocità, quello che si suppone che accada è

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che nel momento in cui mettimao la particella in un solvente si formerà uno strato chiamato strato di diffusione o stato stazionario attorno alla superficie di questa particella. Questo strato è costituito da un velo di liquido all'interno del quale c'è una determinata concentrazione della particella solida, cioè il primo punto in cui la particella solida passa in soluzione. Questo strato di diffusione non ha uno spessore unitario, lo spessore cambia in funzione delle condizioni in cui avviene la dissoluzione. Tutta questa teoria serve ad identificare l'equazione utilizzata per spiegare i processi di dissoluzione: equazione di Noyes-Whitney. (dM/dt)=(DA/h)(Cs-C)DM/dt = velocità di dissoluzione, D = coefficiente di diffusione A = area superficiale esposta, h = spessore strato di diffusione, Cs = concentrazione soluzione satura, C = concentrazione al tempo t.Quali sono i fattori che entrano in gioco nel processo di dissoluzione?Area superficiale (A):

• dimensione delle particelle• disponibilità del soluto nel mezzo di dissoluzione• Porosità

Solubilità (Cs):• Temperatura• Natura del mezzo di dissoluzione• Struttura molecolare del soluto• Strato fisico del farmaco• Presenza di altri composti

Concentrazione al tempo t: volume del mezzo di dissoluzione.Spessore strato di diffusione (h):

• Velocità di agitazione• Viscosità del mezzo di dissoluzione• Volume del mezo di dissoluzione

Coefficiente di diffusione (D):• Viscosità del mezzo di dissoluzione• Dimensioni delle particelle

4. Costante di dissociazione. L'assorbimento del farmaco attraverso le membrane biologiche dipende dal suo grado di ionizzazione. Le membrane biologiche sono prevalentemente lipofile e i farmaci sono in grado di attraversarle quando sono in forma indissociata. L'equazione di Henderson-Hasselbach fornisce la percentuale di farmaco dissociato in funzione del pH del mezzo e della sua costante di dissociazione.Per un acido debole: log ([A-]/[HA]=pH-pKa. Pka=3, a pH 1,2 è prevalentemente in forma indissociata; a pH 6,8 è prevalentemente in forma dissociata.Per una base debole: log ([BH+]/[B]=pK(a o b?)-pH. Pka=5, a pH 1,2 è prevalentemente in forma dissociata; a pH 6,8 è prevalentemente in forma indissociata.Per essere assorbito un farmaco deve essere in forma liquida, una volta che è in soluzione è assorbito se si presenta in forma indissociata.5. Coefficiente di ripartizione. E' un indice del carattere lipofilo del farmaco e fornisce informazioni sulla sua capacità di attraversare le membrane biologiche. P=Co/Ca; Co= concentrazione nella fase lipofila, Ca=concentrazione nella fase idrofila. All'aumentare del valore di questo rapporto aumenterà la lipofilia della molecola.6. Stato fisico del farmaco. Polimorfismo: esistenza di una stessa molecola in più forme cristalline. "Polymorphism is a solid crystalline phase of a given compound resulting from the possibility of a least two different arrangements of that compound in the solid state". Le forme polimorfe presentano diversa stabilità e diverse proprietà chimico-fisiche (unto di fusione, solubilità, densità). Il cloramfenicolo palmitato esiste in 3 forme polimorfe: α: stabile; β: metastabile; γ: instabile. La forma α tende a rimanere così com'è, le altre due tenderanno nel tempo a recuperare la condizione di stabilità e tenderanno a convertirsi nella forma alfa. La forma metastabile è una forma intermedia, ed è quella più solubile e quindi è quella che garantisce una maggiore velocità di

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dissoluzione. In questo caso le tre forme polimorfe vengono veicolate in sospensioni orali, la biodisponibilità del farmaco cambia in funzione del rapporto tra forma α e forma β. Livelli ematici dopo somministrazione orale di cloramfenicolo-palmitato: confronto tra sospensioni contenenti stesso dosaggio di farmaco, ma diversi rapporti di polimorfi α e β.Forme amorfe. Presentano solubilità e velocità di dissoluzione maggiori rispetto alle forme cristalline, per l'assenza di un reticolo organizzato. Esempio: novobiocina.Forme solvate (o idrate). Forme cristalline in grado di associare molecole di solvente (idrate se il solvente è l'acqua). Esempio: ampicillina, esiste in forma anidra e in forma idrata.7. Dimensioni particellari. Diverse proprietà chimico-fisiche di un farmaco possono essere influenzate dalle dimensioni e dalla forma delle sue particelle. L'effetto delle dimensioni particellari potrebbe non solo manifestarsi a carico delle proprietà chimico-fisiche della molecola ma, in alcuni casi, anche sul suo comportamento biofarmaceutico. Esempio: fenobarbitale, effetto delle dimensioni particellari sulla velocità di dissoluzione, all'aumentare delle dimensioni delle particelle diminuisce la velocità di dissoluzione.8. Compatibilità farmaco-eccipiente. La formulazione di una forma farmaceutica stabile ed efficace dipende dalla scelta degli eccipienti da impiegare per facilitare la somministrazione, promuovere il rilascio e la biodisponibilità, proteggere il farmaco dalla degradazione. Studi di compatibilità tra i componenti della formulazione:

• Interazioni farmaco-eccipienti• Interazioni farmaco-farmaco• Interazioni eccipiente-eccipiente

POLVERI FARMACEUTICHECos'è una polvere? Un sistema solido, una dispersione di particelle solide in aria. E' un sistema eterogeneo, perché è un insieme di particelle diverse tra di loro. → Sistema eterogeneo di particelle disperse in aria.Polveri per uso orale, per uso topico (talco), iniettabili (soluzioni o sospensioni estemporanee), per inalazioni, semilavorati (una fase di lavorazione intermedia prima di arrivare all'ottenimento del prodotto finito, utilizzati per granulati, capsule o compresse).Proprietà fondamentali:

• Forma delle particelle• Dimensioni particellari• Distribuzione dimensionale• Area superficiale

Da queste proprietà fondamentali discendono le proprietà derivate:• Volume• Densità• Porosità• Proprietà di flusso

Forma. Come si fa a quantificare la forma di una particella? Non si può perché sono generalmente di forma irregolare. Generalmente le forme sono varie: cilindriche, discoidale, sferica, tabulare o assolutamente irregolare. Nella maggior parte dei casi hanno forma decisamente irregolare. Si può confrontare la forma di una particella con quella ideale di una sfera e si calcola quanto la forma della particella in esame si discosta dalla forma sferica; questa valutazione viene fatta attraverso i fattori di forma. Una particella non sferica, pur avendo volume e superficie ben precisi, non può essere definita in modo univoco da un solo parametro. Si fa riferimento al diametro sferico equivalente. Diametro della sfera con una caratteristica dimensionale correlata con quella della particella in esame.Diametro sferico equivalente:

– ds = Ø superficie = Ø della sfera con la stessa superficie– dv = Ø volume = Ø della sfera con lo stesso volume

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– dp = Ø proiezione = Ø della sfera con la stessa area di proiezione– dst = Ø di Stokes = Ø della sfera avente la stessa velocità di sedimentazione– dsieve = Ø setaccio = Ø della sfera che passa attraverso la maglia di un determinato setaccio

Diametro aerodinamico. E' il diametro di una sfera di densità 1 g/cm³ che ha la stessa velocità di sedimentazione della particella in esame: dae=ds · radice quadrato di ρp, dove ds è il diametro di stokes e ρp è la densità della particella. Particelle di forma diversa possono avere lo stesso diametro aerodinamico, particelle di forma simile possono avere diametro aerodinamico diverso.Distribuzione dimensionale. Non si può identificare una polvere con un unico valore di diametro di dimensione, bisognerà assegnare un diametro medio e stabilire come l'insieme di queste particelle si va a distribuire attorno a questo valore di diametro medio. Si costruiscono delle curve di distribuzione:

• In assi cartesiani• Numero o peso delle particelle che corrispondono ad un certo intervallo dimensionale• In funzione dell'intervallo stesso e del suo punto medio.

La curva di distribuzione può essere normale, e quindi Gaussiana, se è una curva simmetrica rispetto al punto centrale. Questo non si verifica mai nel caso delle polveri. Quali sono i parametri che ci permettono di calcolare queste curve di distribuzione?

• Media: sommatoria/numero di campioni• Moda: il valore più frequente• Mediana: il valore che divide a metà la popolazione

Nel caso ideale media, moda e mediana coincidono. Nei casi reali avremo delle curve di distribuzione scodate, quindi non simmetriche rispetto al punto medio. Cerchiamo quindi di trasformare le curve scodate in curve che assomiglino il più possibile a curve gaussiane. Come facciamo? Utilizzando le scale logaritmiche. Riportando la frequenza in funzione del logaritmo della misura talvolta è possibile "normalizzare" la curva.

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I parametri utilizzati per costruire queste curve sono media e deviazione standard. Più la deviazione standard è elevata più la curva sarà schiacciata e larga, più la deviazione standard è piccola più i dati saranno stretti attorno alla media. Una distribuzione normale con una forma a campana simmetrica rispetto al punto medio non è un caso reale. Nella maggior parte dei casi si ottengono curve asimmetriche, media e deviazione standard non sono rappresentative della popolazione. Su queste curve non possiamo usare media e deviazione, quindi cerchiamo di trasformare la curva in qualcosa di regolare, trasportandola su una scala logaritmica. La frequenza rimane espressa nello stesso modo, cambia la scala riportata sull'asse delle x, in questo caso la misura viene espressa in maniera logaritmica. La curva è stata normalizzata.Frequenza cumulativa %: per un determinato intervallo dimensionale, corrisponde alla somma dei calori percentuali di quell'intervallo e dei valori percentuali degli intervalli minori. Ogni punto della curva indica la frazione percentuale di particelle di diametro inferiore a quel valore. Queste curve si possono costruire in due modi diversi. Possiamo avere curve definite sottomisura-undersize e curve definite sovramisura-oversize.Sulla base delle dimensioni le polveri ad uso farmaceutico vengono classificate in:

• micronizzate (Ø tra 0,5-10 μm)• finissime (sub-sieve range) Ø tra 10 – 50 μm• fini Ø tra 50 – 100 μm• grossolane Ø tra 150 – 1000 μm• aggregate o granuli Ø tra 1000 – 3360 μm

Scopo dell'analisi granulometrica:• Stabilire le dimensioni particellari• Stabilire come le particelle sono distribuite tra varie classi dimensionali

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Metodi per determinare le dimensioni particellari. Abbiamo una serie di metodi e per ciascuno viene riportato un range dimensionale che è quello più indicato.Setacciatura (dsieve) Microscopio ottico e microscopio elettronico (dp). Metodi di sedimentazione ultracentrifuga (dst). Metodo del cutter-cunter (dv). Metodo di assorbimento e permeabilità all'aria. Granulometro light scattering (dv). La scelta del metodo dipende fondamentalmente dalla natura della polvere che stiamo analizzando, dall'impiego a cui la polvere è destinata e dalle dimensioni presunte delle particelle.Setacciatura. Metodo più rapido e meno preciso. Vantaggi: semplice, non distruttivo, versatile e poco costoso. Stabilisce il diametro setaccio. Polveri classificate in: fini, grossolane (Ø > 37 μm); "sotto setaccio" (Ø < 37 μm). Nelle maglie del setaccio possono passare particelle con dimensioni anche molto diverse, poiché sono irregolari. I setacci sono dei telai costituiti da maglie intrecciate con aperture quadrate di dimensioni diverse a seconda del setaccio; sono costituiti da tessuti di adatto filo metallico o altro materiale appropriato; i fili devono avere sezione uniforme e formare maglie quadrate. L'area disponibile per setacciatura e lo spessore della maglia sono parametri che definiscono il setaccio. I setacci vengono classificati ed indicati con un numero secondo l'apertura delle maglie in μm. Come si procede per eseguire un'analisi mediante setacciatura?

• Si pesa il campione di polvere.• Si procede nella scelta dei setacci, che ovviamente sono più di uno.• Si impilano i setacci mettendo sotto i setacci con le maglie più strette; il tutto viene chiuso

sopra con un coperchio e sotto con un contenitore di recupero.• Si procede con la setacciatura utilizzando una macchina o manualmente. Le particelle si

distribuiscono tra i vari setacci a seconda delle dimensioni.• Si stabilisce il tempo in cui la macchina che agita i setacci deve restare in funzione. Il tempo

si stabilisce pesando la differenza in peso tra due setacci consecutivi, se questa è costante la macchina può fermarsi.

I setacci vengono utilizzati in serie calibrate. Serie alternata: il rapporto tra l'apertura delle maglie di due setacci adiacenti è pari a radice di 2. Serie continuata: il rapporto tra l'apertura delle maglie di due setacci adiacenti è pari a radice quarta di 2.Si procede facendo due setacciature. Grossolana: con setacci in serie alternata in modo da valutare il range dimensionale, diametro minimo e diametro massimo. Fine: con setacci in serie continua.Sul primo setaccio e nel contenitore finale non ci deve essere più del 5% del peso iniziale della polvere perché se ce n'è di più abbiamo tutto sopra o tutto sotto e non avremo dei risultati attendibili.La media aritmetica fra apertura del setaccio in cui è trattenuta una data frazione di polvere e quella del setaccio precedente. E' considerato il diametro medio della frazione di polvere trattenuta in quel setaccio, quindi il metodo non può essere preciso! L'accuratezza dei risultati dipende da:

• attrazione elettrostatica tra le particelle• igroscopicità del materiale (aggregati che non passano attraverso le maglie)• forma delle particelle e distribuzione dimensionale

Limiti di applicabilità: per particelle con Ø < 37 μm si devono usare setacci elettroformati, ottenuti per trattamento elettrogalvanico, con ...Microscopia. Ottica nella maggior parte dei casi o a scansione. Possiamo stabilire:

– distribuzione granulometrica del campione– forma delle particelle (poiché possiamo guardare)– campione rappresentativo (prelievo con appositi campionatori a diverse altezze nel

contenitore della polvere)Come si procede? Si preleva il campione e si prepara un vetrino. Quindi il campione viene disperso in un liquido in cui non si sciolga nemmeno parzialmente. Si esegue poi il conteggio e classificazione delle particelle.Dispersione del campione in un liquido viscoso (vaselina o glicerina). Non si devono formare aggregati (tensioattivi come agenti disperdenti).

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Osservazione del campione. Oculare del microscopio attrezzato con micrometro per misurare le dimensioni delle particelle.Conteggio e classificazione delle particelle. Diametro di Feret. df=Ø Feret. Distanza tra due linee immaginarie parallele tra di loro tangenti al perimetro di una particella; orientata in modo casuale; perpendicolari alla scala micrometrica posta sull'oculare.Diametro di Martin. dm=Ø Martin. Lunghezza della corda che separa la particella in due aree equivalenti.Diametro di Feret e diametro di Martin sono dipendenti dall'orientamento delle particelle. Cosa che non si verifica per il diametro di proiezione per il quale a seconda dell'orientamento scelto il valore calcolato non cambia.Esiste un vetrino con una griglia, le particelle vi si posizionano sopra e si possono confrontare i rapporti dei diametri. Si selezionano uno alla volta i vari campi e si contano le particelle all'interno di queste e per ciascuna si confrontano le dimensioni della particella con le dimensioni del cerchio sopra. Metodo di analisi molto molto lungo. La stima del diametro si ottiene solo da due dimensioni delle particelle, quindi manca la stima dello spessore. Metodo laborioso, alto numero di particelle devono essere contate e misurate. L'alternativa moderna a questa tecnica un po' arcaica è l'associazione al microscopio di un computer con un software in grado di fare le analisi: analizzatore digitale di immagini.Metodo di COULTER-COUNTER. Permette di misurare con un metodo conduttometrico il volume delle particelle. Metodo conduttometrico: si registra una variazione di resistenza elettrica, proporzionale al volume particellare; viene determinato il diametro volume; range molto ampio che vaira tra gli 0.5 e i 1000 micron. Come funziona? Le particelle di polvere, sospese in una soluzione elettrolitica (fisiologica: 0.9 di NaCl), vengono fatte passare attraverso un orifizio posto tra due elettrodi. Il passaggio delle particelle provoca una variazione di conducibilità proporzionale al loro volume. Ogni particella, al suo passaggio attraverso l'orifizio, sostituisce una certa quantità di elettrolita → variazione della resistenza elettrica misurata tra gli elettrodi (corrente di fondo) → impulsi proporzionali al volume particellare. Sospensione diluita, omogenea in un mezzo conduttore (soluzione fisiologica o H2O). Se il campione è idrosolubile si prepara soluzione satura, si filtra e si risospende il campione in esame. Vantaggi: semplice, automatico, rapido. Limiti: applicabile a campioni insolubili o poco solubili in acqua, formanti sospensioni omogenee, senza aggregati.

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Sedimentazione. Ci permette di determinare il diametro facendo una valutazione sulla velocità di sedimentazione delle particelle. In questo modo misuriamo il diametro di Stoke, il diametro della sfera che ha la stessa velocità di sedimentazione della particella in esame. Per particelle in un range tra i 5 e i 50 μm. Si basa sulla velocità di sedimentazione di una particella solida sospesa in un liquido, questa tende a spostarsi dall'alto verso il basso spinta dalla forza di gravità, contemporaneamente riceverà una spinta dal basso verso l'alto dovuta alla forza di Archimede. Legge di Stokes, regola la velocità di caduta di corpi sferici in un mezzo liquido.

v = h/t = d²st (ρ-ρ0) g/18η.

v: velocità di sedimentazione. h: altezza di precipitazione. t: tempo. d: diametro delle particelle. η:densità del mezzo. ρ: densità delle particelle. ρ0: densità del mezzo. g: accelerazione di gravità.Al diminuire del diametro diminuisce la velocità di sedimentazione. E' valida solo per sospensioni diluite di particelle sferiche, insolubili ed inerti nel liquido di dispersione.Metodi basati sulla sedimentazione:Pipetta di Andreasen. Cilindro graduato con tappo a smeriglio nel quale è saldata una pipetta da 10 mL. Metodo semplice, diretto, applicabile solo a sospensioni diluite (<2%), lunghi tempi di

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esecuzione, la polvere deve essere insolubile nel liquido. Si riempie la pipetta con il solvente selezionato; distribuisco la polvere, esattamente pesata, sulla superficie del liquido e agito leggermente; ad intervalli di tempo prestabiliti e regolari prelevo 10 mL di liquido in cui determino la quantità di polvere presente (per essiccamento e pesata, per centrifugazione o con metodi chimici); ricavo il Ø di Stokes (conosco così il peso delle particelle aventi un certo Ø di Stokes); dopo ogni prelievo h diminuisce, la nuova altezza sarà inserita nella legge di Stokes e insieme al tempo di prelievo permetterà di ricavare un nuovo diametro.Granulometro laser light scattering. Si basa sullo scattering (sulla diffusione della luce laser) quando questa interagisce con una particella. La luce viene diffratta da una particella con un angolo che è inversamente proporzionale al volume della particella stessa. Un rivelatore di luce laser analizza l'intensità della luce diffratta. Le particelle vengono fatte passare attraverso il raggio laser per caduta libera o spinte da un getto di aria compressa, il campione può essere sospeso in un liquido e fatto circolare in una cella posizionata sul cammino del laser. Modello per particelle di dimensioni molto maggiori della lunghezza d'onda del raggio incidente (fino ad un micron). La luce viene diffratta deviando il raggio di un angolo la cui ampiezza dipende dalle dimensioni particellari. Al diminuire delle dimensioni particellari aumenta l'angolo di diffrazione. Otteniamo un grafico ad onda con sull'asse delle x i numeri di detector e sull'asse delle y l'intensità della luce; attraverso una serie di equazioni questi segnali vengono convertiti in misure → sull'asse delle x avremo il diametro in micron e sull'asse delle y la % di particelle responsabile di ciascun blocco di segnale registrato.

AREA SUPERFICIALE. E' la somma dell'area superficiale delle particelle e di quella dei pori, riferita all'unità di massa o all'unità di volume. Aumenta col diminuire delle dimensioni delle particelle. Area totale che la polvere espone all'ambiente circostante: area della superficie esterna (forma, dimensioni) e area dei pori (porosità delle particelle). E' importante valutare questa proprietà perché è uno dei parametri che influenza la velocità di dissoluzione, quindi di fondamentale importanza da un punto di vista biofarmaceutico. Può essere riferita alla polvere misurata in unità di volume o in unità di peso. Come si misura? Con due metodi: metodo di permeabilità all'aria (apparecchio di Fischer) e metodo di gas adsorbimento.Permeabilità all'aria. Un gas permea uno strato di polvere con velocità inversamente proporzionale all'area superficiale totale esposta al gas.

> area superficiale> resistenza al flusso

< velocità di permeazioneIl metodo valuta la resistenza offerta dal letto di polvere al passaggio di una corrente di gas. La determinazione sperimentale dell'area superficiale consiste nell'andare a misurare il tempo necessario a un dato volume di gas per passare attraverso un letto di polvere.Apparecchio di Fisher. Viene caricato il campione di polvere in posizione centrale, viene fatto passare un gas nel sistema di tubi, il gas viene asciugato prima che arrivi a passare sul letto di polvere, si misura attraverso una variazione di pressione il tempo che il gas impiega ad attraversare il letto di polvere. Attraverso delle equazioni il tempo viene convertito in area superficiale.Metodo di gas adsorbimento. Si misura il volume di gas adsorbito dalla polvere per la formazione di un film monomolecolare. L'adsorbimento fisico del gas è il risultato delle interazioni deboli (forze di Van der Waals) che si instaurano tra le molecole del gas e la superficie adsorbente della polvere. Con opportune equazioni matematiche si risale all'area superficiale del campione. Nella maggior parte dei casi si utilizza azoto (l'elio per esempio, pur essendo inerte, non forma legami ed è troppo piccolo).

Tra le proprietà derivate ricordiamo il volume. Quando si parla di volume di una polvere bisogna far attenzione a che volume si fa riferimento. Se mettiamo una polvere in un baker calcoliamo il volume delle particelle solide, ma anche quello degli spazi vuoti (interparticellari e intraparticellari). Il volume si ricava in base a come la polvere si dispone una volta versata nel contenitore, avremo due disposizioni limite: disposizione cubica, spazio libero tra sfera e sfera è massimo (pari al 48%

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dello spazio totale); disposizione romboedrica, spazio libero tra sfera e sfera è minimo (pari al 16% dello spazio totale). Nella realtà delle cose questi due casi limiti non si verificano mai, nella realtà si verifica una situazione intermedia tra le due.Volume vero: occupato dal materiale senza spazi vuoti.Volume vuoto: spazi vuoti interparticellari e intraparticellari.Volume granulare: spazio occupato dal materiale e dagli spazi intraparticellari.Volume apparente o volume al versamento (bulk): tutti gli spazi (volume vero + volume vuoto).Volume di assestamento (tapped): misurato sottoponendo la polvere a movimenti ritmici (la polvere viene impaccata, gli spazi vuoti vengono minimizzati).Il volume apparente sarà sempre maggiore del volume di assestamento.Altra proprietà derivata è la densità. m/v (g/mL).ρb: densità bulk (densità vera + densità spazi vuoti)ρg: densità granulare (densità vera + densità spazi intraparticellari)ρv: densità vera.In genere le polveri di uso farmaceutico hanno densità = 0.5-1.Tra le proprietà derivate abbiamo la porosità, la percentuale di spazio corrispondente al volume dei pori nella polvere.Porosità totale: ε = (Vb – Vv / Vb) 100Porosità intraparticellare: εintra = (Vg – Vv / Vg) 100Porosità interparticellare: εinter = (Vb – Vg / Vb) 100Determinazione del volume vero tramite picnometro a elio. Misura il volume occupato da una nota massa di polvere equivalente al volume di gas spostato dalla polvere. Si usa l'elio perchè è un gas inerte, non viene assorbito dalle particelle, ha basso PM e quindi è in grado di penetrare negli spazi inter e intraparticellari. Come funziona lo strumento?Taratura: riempio completamente il picnometro (volume noto) con He e misuro la pressione esercitata dal gas (P1); introduco il campione di polvere esattamente pesato e degaso per allontanare il gas eventualmente adsorbiti sulle particelle di polvere; introduco He fino al raggiungimento del valore di pressione P1 e misuro il volume di gas necessario a raggiungere quel valore di pressione.Il secondo tipo di picnometro (a liquido, solitamente mercurio) misura il volume di liquido che è sostituito da un campione di polvere. Limiti: la polvere deve essere insolubile nel liquido utilizzato; il liquido deve essere poco volatile ma sufficientemente mobile da penetrare negli spazi tra le particelle.Ultima proprietà derivata è la proprietà di flusso, definita dall'angolo di riposo, dalla velocità di flusso e dall'assestamento della polvere. Lo scorrimento di una polvere lungo un piano inclinato o attraverso un orifizio sotto l'effetto dell'attrazione gravitazionale viene chiamato flusso. Se abbiamo a che fare con una polvere scorrevole, il cono che si forma sarà largo e basso perché le particelle tenderanno a scappare; se abbiamo a che fare con una polvere poco scorrevole, prevarranno le forze di adesione tra particella e particella o tra particella e contenitore, e il cono sarà alto e stretto. Le proprietà di flusso di una polvere dipendono dalle caratteristiche delle particelle che costituiscono la polvere: in base alla maggiore o minore capacità di scorrere le polveri possono essere classificate come coesive o scorrevoli. Il flusso regolare di una polvere è fondamentale (uniformità ei riempimento della camera di compressione, capsule, flaconcini....). Si determinano in termini di angolo di riposo, velocità di flusso e assestamento.Angolo di riposo: angolo formato fra la superficie di un letto di polvere ed il piano orizzontale di appoggio sul quale la polvere viene versata. Tanto più l'angolo di riposo è piccolo tanto più la polvere scorre bene. (eccellente 25-30°, estremamente scadente >66°). Come misuriamo l'angolo? Facciamo riferimento alla base e all'altezza del cono: tgα = h / r (h è l'altezza, r il raggio del cono). Metodi per la determinazione dell'angolo di riposo.Altezza del cono fissa. Dal punto di vista pratico facciamo passare la polvere attraverso un imbuto che teniamo fisso, quindi cambia la base del cono. Possiamo invece tenere fissa la base del cono, facendo per esempio cadere la polvere dall'imbuto in un contenitore a basse fissata. Possiamo lavorare con un piano inclinato, facendo scorrere la polvere sul piano in funzione di come si ferma

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calcoliamo l'angolo. Abbiamo poi il metodo del cilindro rotante (unico metodo dinamico): il cilindro viene fatto ruotare e misuriamo l'angolo in base alla taratura presente sul cilindro. Abbiamo a disposizione il metodo a ghigliottina: un parallelepipedo viene riempito dalla polvere, una parete è mobile, quindi sollevandola la polvere esce dal contenitore lasciando un angolo diverso in base alle proprietà di flusso della polvere stessa. Citiamo poi il metodo a cratere: mettiamo la polvere in un contenitore con un tappo sul fondo, togliamo il tappo e calcoliamo l'angolo di riposo in base alla polvere rimanente nel contenitore. Abbiamo anche il metodo a piattaforma: mettiamo una piattaforma in un contenitore che provvederemo a svuotare tramite un tappo simile a quello di prima, calcoliamo poi l'angolo in base al cono che si forma sulla piattaforma.Velocità di flusso. Si determina la capacità di polveri e di granuli a scorrere verticalmente in condizioni definite. Il campione di polvere accuratamente pesato si introduce in un imbuto, tenuto chiuso alla base. Si sblocca l'apertura e si determina il tempo impiegato dal campione a defluire dall'imbuto. Se una polvere scorre bene ci mette poco tempo a svuotare l'imbuto ed è in grado di farlo spontaneamente semplicemente sotto la spinta della forza di gravità. Assestamento. 10-500-1250 colpi. Se tra V500 e V1250 la differenza è > 2mL si effettuano altri 1250 colpi. Volume in bulk e volume tapped. Indice di CARR (%) (indice di comprimibilità). (Vbulk – Vtapped) / Vbulk x 100. Se < 15%, buone proprietà di scorrimento; se >25%, cattive proprietà di scorrimento.

7 – 20 Ottobre 2011

Si possono modificare alcune delle proprietà fondamentali, per esempio la forma delle particelle (avendo a che fare con delle forme irregolare si possono trasformare in forme sferiche), le dimensioni (sia dal grande al piccolo che dal piccolo al grande; cambiando le dimensioni si va ad influire anche sull'area superficiale), la porosità (si può sottoporre il prodotto a liofilizzazione) e le proprietà di flusso (da un punto di vista tecnologico, per esempio aumentando le dimensioni delle particelle che quindi diminuiscono la tendenza ad aderire le une con le altre; oppure da un punto di vista formulativo aggiungendo eccipienti in grado di migliorare le proprietà di flusso, i fluidificanti). L'obiettivo è caratterizzare la polvere per capire se bisogna utilizzarla così com'è o se è necessario fare degli interventi tecnologici specifici per migliorare queste caratteristiche.Fanno parte delle preparazioni solide i GRANULATI. E' un processo tecnologico con cui si trasforma una polvere fine o una miscela di polveri in un granulato formato da tanti piccoli agglomerati di dimensioni maggiori rispetto a quelle delle particelle costituenti la massa iniziale. Si ottengono particelle con forma più regolare e dimensioni maggiori. Impieghi:

• Semilavorato usato nella preparazione di compresse• Forma farmaceutica ad uso orale ripartita in bustine• Prodotto solido ripartito in capsule• Prodotto utilizzato per la preparazione estemporanea di soluzioni e sospensioni

Perché diventa necessario granulare?• Per prevenire la separazione dei componenti di una miscela. Basato sul requisito

fondamentale di omogeneità. Processo di segregazione: le particelle si separano in funzione delle loro dimensioni e della loro densità: le più piccole si dispongono sul fondo mentre le particelle più grandi si dispongono sopra alle più piccole. Per garantire omogenea distribuzione farmaco/eccipienti. Se non granuliamo si ha segregazione e quindi magari sul fondo principio attivo e sopra solo eccipienti, granulando ogni granulo conterrà farmaco ed eccipienti in rapporti omogenei. I granuli devono avere tutti dimensioni confrontabili.

• Per migliorare le proprietà di flusso. Forma sferica, aumento dimensione dei granuli, aumento della densità. Ripartizione, assestamento, comprimibilità. Vale sia per i semilavorati che per le forme farmaceutiche finite, se il granulato non scorre bene tenderà di ad appiccicarsi alle pareti non garantendo un risultato omogeneo delle buste.

• Ridurre la frazione di polvere fine. Riduzione del rischio di dispersione di polveri nell'ambiente.

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Cosa contiene un granulato oltre al principio attivo? Non si granula mai un principio attivo da solo. Si granula il principio attivo addizionato di uno o più eccipienti. Quali eccipienti? Si utilizzano DILUENTI per aumentare il volume di quello che viene lavorato, si aggiungono in quantità tanto maggiore quanto minore è il dosaggio del farmaco. Cosa si usa come diluente? L'amido, polvere bianca inodore e insapore, basso costo, molto usato e di varia provenienza: patate, riso, mais e frumento; è un polimero del glucosio costituito da amilosio (lineare) e amilopectina (ramificato). Il lattosio si utilizza in forma monoidrata, ha scarse proprietà di flusso e una buona solubilità in acqua (glucosio più galattosio); abbiamo però il problema delle intolleranze, motivo per il quale ultimamente viene preferita la sua sostituzione. La cellulosa microcristallina AVICEL, una cellulosa purificata e parzialmente depolimerizzata, idrofila e insolubile in H2O e in solventi organici, ha una granulometria molto importante perché influenza le proprietà di flusso; la cellulosa è un polimero costituito da molecole di glucosio. Il mannitolo, una polvere cristallina, bianca, inodore, di sapore dolce e con un buon gusto rinfrescante, non è igroscopico, ha un'alta stabilità al calore, costoso (può dare effetto lassativo in grandi quantità). Il saccarosio (glucosio più fruttosio), una polvere cristallina, inodore, di sapore dolce e molto igroscopico con qualche problema: incrementa le calorie assunte, è cariogeno, non è adatto a tutti (diabetici per esempio) e da un punto di vista tecnologico potrebbe dare problemi inf ase di lavorazione perchè se surriscaldato tende a caramellare; è però molto economico. Poi le polveri minerali inerti, insolubili: CaHPO 4 2H 2 O (calcio idrogeno fosfato bi-idrato); il caolino (silicato di alluminio); MgO (ossido di magnesio); MgCO 3 (carbonato di magnesio).Tra gli eccipienti dei granulati abbiamo i DISGREGANTI. Perché? Favorisce il processo di disgrega<ione, in particolare nel caso specifico di una granulato favorisce la disgregazione dei granuli in particelle fini. Come agisce? Con diversi meccanismi che avvengono non in fase di lavorazione ma a contatto con il fluido biologico. Per meccanismo di swelling, rigonfiamento, sostanze idrofile ma non idrosolubili che rigonfiano in presenza di H2O. Particella di amido messa in acqua; rigonfiamento; rottura della particella di amido; liberazione delle due particelle di amilosio e amilopectina. Per meccanismo di wicking, a contatto con l'acqua si creano all'interno della struttura dei pori nei quali entra l'acqua che determina la rottura del granulo. Per meccanismo di deformazione, in fase di preparazione del granulato il disgregante cambia forma portando alla disgregazione. Per meccanismo di repulsione, cambiamento delle cariche che respingendosi portano alla disgregazione; resine a scambio ionico. Il disgregante può essere intragranulare (aggiunto con i diluenti disintegra i granuli) o extragranulare (aggiunto sul granulato secco).Altri eccipienti usati nei granulati sono i LEGANTI. Metodi di granulazione: a secco o a umido. A secco: si ottiene tramite precompressione o compattazione, si utilizza un legante che è allo stato solido; il legante va ad inserirsi tra le particelle della miscela di polveri e grazie alle sue caratteristiche è in grado di formare dei legami tra queste particelle tali da tenerle unite a formare un granulo. Quali sono i meccanismi di aggregazione? Riarrangiamento particellare, induce delle deformazioni plastiche, può creare frammentazione o legami veri e propri (); non tutte le sostanze e non tutti i leganti possono essere utilizzati in un processo di lavorazione a secco, ma solo questi in grado di soddisfare tutti questi 4 requisiti. Sono legami fisici tra le particelle (legami di interconnessione), legami chimici deboli tipo Van der Waals tra le particelle (legami coesivi) e parziale fusione e risolidificazione. Il legante agisce in fase di lavorazione. Per la lavorazione a secco si usano il lattosio spray-dried e la cellulosa microcristallina (come diluente o legante a seconda delle diverse quantità di utilizzo). Passaggi previsti per la granulazione a secco:

– Miscelazione. Principio attivo ed eccipienti (diluenti/leganti/disgreganti)– Precompressione (slugging) o compattazione. La massa di polvere viene compattata a

formare grosse formelle chiamate "slugs" impiegando rulli compattatori (deformazione per compressione). Queste formelle possono avere l'aspetto più o meno delle lasagne.

– Sgranatura e setacciatura. Gli slugs vengono frantumati ottenendo dei granuli che poi vengono setacciati per avere la granulometria desiderata.

Il processo a secco è usato per principi attivi sensibili a calore e umidità. Quello che otteniamo è sì un granulato i cui agglomerati non hanno una forma prettamente regolare. Una forma più regolare si

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ottiene con un processo di lavorazione a umido. Nella lavorazione a umido il legante non è più solido ma è una soluzione. La miscela di polveri viene bagnata in maniera omogenea con una soluzione legante costituita da un solvente in cui è disciolto un polimero con azione legante. In questo caso il processo prevede che la miscela di polveri che è in continuo movimento venga bagnata da una soluzione legante che può essere versata gradualmente o spruzzata; questa essendo spalmata su tutte le particelle forma dei ponti liquidi tra le particelle e le rende coese; il processo prevede successivamente la trasformazione di questi ponti liquidi in ponti solidi facendo evaporare il solvente presente nella soluzione legante; la presenza del ponte solido fa sì che le particelle siano unite a formare un granulo. In funzione di quanto queste particelle vengono bagnate e di quanto lungo è il processo di bagnatura, si formeranno dei granuli di dimensioni più o meno grandi. La soluzione legante va aggiunta poco alla volta mantenendo la miscela di polveri in movimento. La miscela passa attraverso varie fasi. La prima è la fase pendolare nella quale viene bagnata dalla soluzione e comincia a formare ponti liquidi molto sottili, la fase che prevale tra le particelle rimane ancora l'aria, il granulo non ha ancora la forma ottimale, la resistenza meccanica né la densità giusta. Dalla fase pendolare si va alla fase funicolare nella quale i ponti liquidi diventano più consistenti, il granulo comincia ad assumere la forma definitiva, aumenta la sua resistenza meccanica e la sua densità anche se non siamo ancora nelle forme ottimali perché abbiamo un bilanciamento tra fase aria e ponti liquidi. Si passa poi alla fase ottimale, la fase capillare nella quale le particelle solide sono tenute insieme solo ed esclusivamente da ponti liquidi, il granulo ha la sua forma definitiva, ha raggiunto la resistenza meccanica e la densità adeguate, questa è la fase ottimale che si deve raggiungere. Se eccedo con l'aggiunta della soluzione legante vado a trovarmi nella fase a goccia o sospensione in cui le particelle non sono unte da ponti liquidi ma sono sospese all'interno della soluzione legante. Se mi fermo a uno stadio precedente la fase capillare rischio di ottenere un granulato troppo fragile e friabile. Riepilogando la soluzione legante forma ponti liquidi tra le particelle e poi per evaporazione del solvente (essiccamento) si formano ponti solidi.Un altro meccanismo di granulazione che rientra nel gruppo della granulazione a umido ma che non prevede l'utilizzo di una soluzione legante è la granulazione per fusione (melt granulation). Il legante è un eccipiente bassofondente (temperature che variano dai 50 ai 70 ai 100 ° C, non oltre perché temperature troppo alte potrebbero creare problemi alla molecola in fase di preparazione), che usato allo stato fuso forma ponti liquidi fra le particelle; per solidificazione si formano ponti solidi che tengono unite le particelle. Le fasi di un processo di granulazione a umido sono

– Macinazione. Macino el polveri che ho selezionato per avere una maggior superficie di contatto, le particelle fini si agglomerano meglio per azione della soluzione legante.

– Miscelazione. Miscelo le polveri con diluenti e disgreganti intragranulari. Ho pronta la miscela di polveri che devo granulare.

– Umidificazione della miscela. Lenta aggiunta della soluzione legante per creare ponti liquidi tra le particelle; la miscela deve essere bagnata in modo omogeneo. La soluzione legante può essere aggiunta tramite spruzzatura o gradualmente poco alla volta facendola cadere a filo d'olio.

Soluzioni leganti sono costituite dal legante che è un polimero e dal solvente che si sceglie sulla base della tossicità, della volatilità (deve essere volatile) e del tempo di essiccamento. Solvente principale è l'acqua che non è tossica ma può idrolizzare alcuni principi attivi e ha lunghi tempi di essiccamento quindi dà tempi di lavorazione troppo lunghi. Si ripiega su solventi organici che talvolta sono tossici, con tempi di essiccamento brevi e che diventano indispensabili quando si ha a che fare con farmaci termolabili o sensibili all'umidità. Generalmente si utilizzano etanolo e isopropanolo. Quando si lavora con questi solventi bisogna calcolare la percentuale di solvente residuo e accertarsi che siano entro i limiti consentiti. Si possono utilizzare anche soluzioni idroalcoliche. Cosa si combina a questi solventi? Una serie di eccipienti, i polimeri legnati, che vengono divisi in:

– solubili in acqua: gomma arabica, saccarosio (sciroppo di saccarosio), gelatina, metilcellulosa, amido (salda d'amido), polivinilpirrolidone (PVP) lineare

– solubili in solventi organici: etilcellulosa, PVP lineare (solubile sia in acqua che in solventi

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organici).Procediamo ora con le fasi della granulazione a umido:

– Granulazione vera e propria. La massa umida ottenuta dopo la fase di umidificazione viene estrusa attraverso una griglia. La dimensione dell'apertura della maglia della griglia determinerà le dimensioni del granulato. A questo punto abbiamo di fronte un granulato che però è ancora umido, particelle sono tenute insieme da dei ponti che al momento sono ancora liquidi. I ponti devono diventare solidi. Si possono ottenere granuli con dimensioni e forme diverse: alcuni perfettamente tondeggianti, altri cilindriche più o meno grandi. Comunque le forme sono molto precise e regolari.

– Essiccamento. Il solvente viene fatto evaporare e i ponti liquidi diventano solidi. Essiccamento statico o dinamico, cambia l'apparecchiatura che utilizziamo e la qualità del risultato ottenuto. Si parte asciugando inizialmente la parte più esterna del granulo e mano a mano si procede verso l'interno. Se non si osservano i tempi e le metodiche si rischia di bruciacchiare la particella. Essiccamento statico. Si utilizza un essiccatore statico che non è niente di diverso da una stufa a circolazione d'aria. La stufa è dotata di vassoi, il materiale viene caricato all'interno dei vassoi posizionati all'interno della stufa. Come vantaggio ha il basso costo, come svantaggi i lunghi tempi e l'essiccamento potrebbe non essere omogeneo. Il solvente migra per capillarità dall'intero verso la superficie, potremmo formare una "crosta" superficiale con una massa umida in profondità.

8 – 24 Ottobre 2011

• Essiccamento dinamico. Si chiama essiccatore a letto fluido. Su una griglia inferiore il materiale da essiccare si insuffla aria calda da sotto che solleva il materiale e lo fa svolazzare. Il granulato bagnato va incontro ad essiccamento dei ponti liquidi. In alto ci sono filtri che evitano la dispersione del materiale. Il processo è finito quando l'aria in entrata ha la stessa temperatura dell'aria in uscita. Quando il processo inizia la temperatura dell'aria in entrata è più alta di quella in uscita perché il calore si perde per l'essiccamento. Quando il materiale è essiccato le temperature sono uguali. Vantaggi: sistema rapido per il getto d'aria e automatico; essiccamento omogeneo, versatile oltre ad essiccare il materiale lo miscela e lo granula. Svantaggi: sviluppo di cariche elettrostatiche, esplosioni e scoppi.

Per utilizzare l'essiccamento dinamico bisogna:• Miscelazione. Le dimensioni particellari di principio attivo ed eccipienti devono essere

simili. Li si sulla griglia → miscelazione con getto d'aria fredda.• Nebulizzazione. Carichiamo la soluzione legante che viene nebulizzata sulla polvere che si

sta ancora muovendo per azione dell'aria fredda. Si formano aggregati particellari: i granuli. La dimensione dipende dalla concentrazione della soluzione legante, dalla sua capacità di tenere insieme le particelle e dalla velocità di nebulizzazione.

• Essiccamento. Soffio aria calda ferma la nebulizzazione. I ponti liquidi diventano ponti solidi.

Setacciatura. Deve avvenire a secco. Definiamo in modo più preciso la granulometria.Possiamo avere granulati semplici o più elaborati:

• Effervescenti. Sono forme farmaceutiche solide per essere sciolte/disperse in acqua prima della somministrazione. Contengono acido citrico/tartarico/altro e carbonati bicarbonati che in acqua reagiscono a dare CO2. Se il materiale non è ben conservato la reazione avviene ma molto più lentamente rovinando il prodotto.

• Granulati rivestiti. Ciascun granulo è rivestito da uno o più strati di eccipienti come gomme o polimeri con funzione di protezione.

• Granuli a rilascio modificato. Sistemi solidi con eccipienti che sono in grado di modulare la velocità con cui il farmaco viene liberato dalle forme farmaceutiche. Ci sono sistemi a rilascio immediato e sistemi a rilascio controllato: eccipienti che regolano sito e tempo di

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rilascio.• Granuli gastroresistenti. Sistemi che riescono a passare indenni dal tratto gastrointestinale

liberando il principio attivo nell'intestino. Devono resistere ai fluidi gastrici (pH ed enzimi). La cosa più semplice è rivestire i granuli con materiale gastroresistente: insolubile in ambiente acido, solubile in ambiente neutro (intestinale)Eccipienti: cellulosa acetoftalato e derivati met

Controlli sui granulati.• Titolo principio attivo. Quanto principio attivo c'è nel granulato: stabiliscono esattamente il

peso di quello che devo preparare, ovvero la quantità di granuli da dosare.• Distribuzione granulometrica mediante setacciatura.• Forma• Porosità. Per area superficiale e velocità di diffusione.• Bagnabilità. Per disgregazione• Friabilità. Livello accettabile: se è eccessivo i granuli si rompono.• Umidità residua. Essiccamento avvenuto correttamente?• Volume, densità• Proprietà di flusso

COMPRESSE. Forme farmaceutiche solide contenente ciascuna una dose certa di uno o più principi attivi. Ottenute per compressione di volumi uniformi di cellule. Somministrazione: orale, deglutizione (intera), masticate, disciolte o disperse prima della somministrazione trattenute in bocca. Cambia a seconda del tipo di formulazione. Le forme farmaceutiche orali: compresse (75%, più diffuse in assoluto) e sciroppi. Vantaggi: bassi costi di produzione, facile preparazione, alta compliance del paziente, alta stabilità di quanto veicolato, dosaggio accurato, rivestibili (mascherare sapori, protezione da luce e umidità), versatili (rilascio controllato). Svantaggi: deglutizione (paziente cosciente), non adatto se il farmaco è resistente alla compressione, molto sensibile a luce e umidità, alta concentrazione a livello gastrico (sistemi a rilascio immediato), ridotta efficienza di degradazione.

• Compresse non rivestite: superficie rivestita a contatto con la soluzione si disgrega. Nell'esempio non rivestite e monostrato.

• Compresse non rivestite multistrato: mascherare sapore sgradevole, si usano se non si può rivestire (incompatibilità eccipienti), separazione sostanze incompatibili. Rilascio con tempistiche differenti.

• Compresse rivestite: • Compresse effervescenti: sostanze acide e carbonati, disperse in acido.• Compresse masticabili: dimensioni maggiori, eccipienti con gusto gradevole, forma.• Compresse solubili o dispersibili: devono essere divise in parti prima della

somministrazione.• Compresse orosolubili: non rivestite, si disperdono rapidamente nella bocca prima di essere

deglutite. A rilascio immediato. Effetto sistemico. Comparsa effetto terapeutico molto veloce.

• Compresse sublinguali: assorbimento tramite mucosa sublinguale, azione rapida, liberazione del principio attivo veloce. Minuscole compresse.

• Compresse gastroresistenti: vedi sopra.• Compresse a rilascio modificato: vedi sopra.

Vie di somministrazione: orale, buccale, sublinguale, vaginale, innesto sottocutaneo (sterili).Quali sono gli eccipienti? Diluenti, leganti, lubrificanti, disgreganti, coloranti, aromatizzanti e adsorbenti. Dipendono ovviamente da che compressa vogliamo ottenere.DILUENTI. Per ottenere una massa [...]. Essenziale per compresse a dosaggi molto bassi (es. 5 mg). Requisiti: economico, non igroscopico, buone proprietà di flusso, inerti e buona comprimibilità. Lattosio: (glucosio-galattosio), stabile, solubile, proprietà di scorrimento non ottimali, troppo costoso, alcuni sono intolleranti. Saccarosio: (glucosio-glucosio), molto usato per

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compresse masticabili, igroscopico, appiccicoso, cariogeno, non va bene per i diabetici e dà problemi in compressione. Mannitolo: compresse masticabili e orosolubili, lassativo. Amido: amilosio e amilopectina, buon diluente, disgregante, lubrificante, assorbente. Cellulosa monocristallina: diluente e disgregante, usato molto per compressione diretta. CaHPO2 · 2H2O: abrasivo, stabile, buone proprietà di flusso. Talco silicato idrato di magnesio. MgCO3.LEGANTI. Mantengono coese le particelle di polveri usati allo stato secco[...]LUBRIFICANTI. Specifici nella realizzazione di compresse e capsule, prevengono l'adesione tra polveri e polveri e tra polveri e apparecchiatura.

• Lubrificanti propriamente detti : agiscono tra due superfici. Acido stearico (C:18), magnesio stearato (lubrificante per eccellenza), calcio stearato, paraffina liquida. Si usano a basse concentrazioni (<1%) perché può peggiorare le caratteristiche biofarmaceutiche della polvere/compressa --> si diminuisce la bagnabilità

• Glidanti: riducono [...]. Migliorano le proprietà di flusso, ottimi reagenti di scorrimento. Talco (1-2%), silice

• Antiaderenti : prevengono adesione tra le polveri e l'apparecchiatura. Talco, stearati, amido. Solubili. PEG 4000/PEG 6000 (il numero indica il ), Na...., Na....

9 - 25 Ottobre 2011

I purificanti sono nella maggior parte dei casi sostanze di natura lipofila. La regola è aggiungerne in quantità sufficienti per svolgere effetto lubrificante ma non esagerare perché si potrebbe andare a modificare e alterare in maniera negativa le performance biofarmaceutiche del sistema. Se aggiungiamo lubrificante in eccesso succede che la nostra compressa aumenta il contenuto di materiale lipofilo all'interno della compressa. Questo comporta una riduzione della bagnabilità del sistema quindi un rallentamento della disgregazione e della velocità di distribuzione del sistema. Se aggiungiamo lubrificante in percentuale eccessiva questo non è più ing rado di svolgere la sua azione. Per esempio, tra i lubrificanti ci sono i glidanti (agenti di scorrimento) quegli eccipienti utilizzati per migliorare le proprietà di flusso di una miscela di polveri. Se ne aggiungiamo una quantità eccessiva il glidante rallenta la velocità di flusso. In che fase della lavorazione si aggiungono i lubrificanti? Per gli altri eccipienti è abbastanza indifferente, ma nel caso dei lubrificanti questi vengono aggiunti alla fine perché risente molto dell'effetto di miscelazione.DISGREGANTI. Hanno la funzione di promuovere il processo di disgregazione in seguito al contatto della compressa con l'acqua. Svolgono la loro azione contrastando le forze di coesione all'interno del compatto e l'azione del legante in modo da permettere la rottura della compressa e la successiva dissoluzione del principio attivo veicolato. Solo quando il farmaco è completamente disciolto quest'ultimo può essere assorbito. Schematicamente cosa succede alla compressa quando entra in contatto con acqua? Si osserva il rigonfiamento delle particelle, la separazione degli altri componenti e viene favorita la rottura del compatto. Meccanismo d'azione dei disgreganti.

– Rigonfiamento (swelling): a contatto con acqua rigonfiano e determinano rottura del compatto

– Bagnamento (wicking): favoriscono l'ingresso di acqua nella compressa che esercita una pressione idrostatica

– Deformazione: in fase di compressione vengono deformati e in seguito al contatto con acqua recuperano forma e volume originali causando rottura della compressa

– Repulsione: in seguito al contatto con l'acqua si formano cariche che respingendosi provocano la rottura del compatto

Quali sono i disgreganti? Si dividono in due grandi gruppi: disgreganti di prima generazione o di seconda generazione (superdisgreganti).Disgreganti di prima generazione. Amido: si usa in concentrazioni del 5-10% circa, agisce attraverso un meccanismo di canalizzazione e swelling; ha un buon potere disgregante ma deve essere utilizzato in percentuali abbastanza elevate.

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Disgreganti di seconda generazione (superdisgreganti). Si usano in concentrazioni relativamente basse (2-3%). Amido pregelatinizzato, sodio amido glicolato (Explotab), cellulosa microcristallina (Avicel), sodio carbossimetilcellulosa crosslinkata (AcDiSol), polivinilpirrolidone crosslinkato (Polyplasdone XL), silicato di magnesio e alluminio (Veegum). Quando utilizziamo un superdisgregante dobbiamo essere sicuri di rientrare nei tempi di disgregazione dettati dalla Farmacopea pur utilizzando una concentrazione molto bassa di disgregante.Le miscele effervescenti composte da: acido organico + carbonati o bicarbonati. In presenza di acqua svolgono azione disgregante, infatti liberano CO2 che crea pressione all'interno della compressa determinandone la rottura. I tensioattivi (coda lipofila e testa polare idrofila) (sodiolaurilsolfato, tween...) favoriscono il processo di disgregazione grazie alla loro azione bagnante; sono usati in piccole concentrazioni (0,5-1%) e soprattutto in presenza di sostanze idrofobe (poiché sono anfoteri).COLORANTI. Vengono aggiunti alla formulazione per: migliorare l'estetica; controllare il processo produttivo (ci permette di sapere se abbiamo lavorato in maniera corretta ed abbiamo ottenuto un prodotto omogeneo); distinguere prodotti diversi (ad es. Diversi dosaggi). Si usano lacche di alluminio (solubili) o ossidi di ferro (insolubili).AROMATIZZANTI. Usati per migliorare la palatabilità del prodotto e la compliance del paziente. Si usano aromi, essenze o edulcoranti (saccarosio, glucosio, mannitolo, sorbitolo, saccarina, aspartame, acesulfame..). Si utilizzano nelle compresse per bambini, in compresse orosolubili o masticabili.ADSORBENTI. Sono sostanze in grado di trattenere quantità consistenti di fluidi. Vengono usati per proteggere principi attivi igroscopici o per adsorbire principi attivi liquidi in modo da ottenere un solido più facilmente maneggevole durante il processo produttivo. Gel di silice, talco, amido e monostearato di alluminio.Eccipienti modulatori del rilascio. Sono sostanze in grado di modificare, rallentare o controllare la velocità di liberazione del farmaco. Idrossipropilmetilcellulosa ad alto PM (HPMC), sodio carbossimetilcellulosa (NaCMC), poliossietilene ad alto PM (PEO), cellulosa acetoftalato (CAF), poliacrilati (Eudragit).

Compressa a pronto rilascio: ibuprofene 200 mg, principio attivo caffeina 10 mg, principio attivo cellulosa microcristallina 140 mg, diluente acido stearico 2 mg, lubrificante Peso totale 352 mg.

Compressa a pronto rilascio: acido acetilsalicilio 400 mg, principio attivo amido 40 mg, disgregante Peso totale 440 mg

Non c'è nulla perché l'acido acetilsalicilico ha delle buone proprietà di compressione, quindi non serve molto.Compressa a pronto rilascio:

amoxicillina triidrato 1104,5 mg, principio attivo potassio clavulanato 148,9 mg, principio attivo silice colloidale 10 mg, glidante magnesio stearato 14,5 mg, lubrificante sodio carbossimetilamido 29 mg, disgregante (amido modificato) cellulosa microcristallina 243,1 mg diluente idrossipropilmetilcellulosa 14,08 mg, polimero di rivestimento titanio biossido 13,76 mg, opacizzante PEG4000 2,08 mg, plasticizzante

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PEG6000 2,08 mg, plasticizzante Peso totale 1582 mg

Compressa gastroresistente: serratio-peptidasi 5 mg, principio attivo con attività antinfiammatoria lattosio 90 mg, diluente amido 38,8 mg, disgregante cellulosa acetoftalato 14,7 mg, polimero di rivestimento titanio biossido 1 mg, opacizzante gelatina 1 mg, legante magnesio stearato 0,5 mg, lubrificante Peso totale 151 mg

Compressa masticabile: acido acetilsalicilico 325 mg, principio attivo mannitolo 380 mg, diluente gomma arabica 9 mg, legante saccarina sodica 7 mg, dolcificante amido di mais 43 mg, legante talco 32,6 mg, antiaderente acido stearico 1,2 mg, lubrificante arancio essenza 2,2 mg, aroma Peso totale 800 mg

Compressa effervescente: acido acetilsalicilico 300 mg, principio attivo acido citrico anidro 30 mg, mix effervescente calcio carbonato 100 mg, mix effervescente saccarina sodica 3 mg, dolcificante Peso totale 433 mg

I pesi complessivi sono decisamente diversi. Vediamo come si fa ad ottenere davvero queste compresse, qual è il ciclo di compressione. Quando si parla di compresse e di preparazione di compresse bisogna distinguere tra compressione diretta e compressione eseguita successivamente a un processo di granulazione. L'apparecchiatura è sempre la stessa, quello che cambia è l'iter che si segue.Il ciclo di compressione è fatto da varie fasi.Caricamento. Riempimento di una matrice rigida con il materiale allo stato di polvere o di granulato. Si usa una macchina chiamata comprimitrice che può essere di due tipi: alternativa o rotativa. Le prime sono quelle da laboratorio, da banco che vedremo in laboratorio; le seconde sono quelle utilizzate principalmente in industria. Il funzionamento è identico, ovviamente le rotative permettono di produrre un numero di unità maggiore nell'unità di tempo. Quali sono gli elementi principali di una macchina comprimitrice? Un trio indissolubile e inseparabile costituito da due punzoni, uno inferiore e uno superiore, e da una matrice. I punzoni servono a comprimere la polvere che va ad adagiarsi all'interno della matrice. I punzoni determineranno la forma della compressa: se vogliamo una compressa rotonda dobbiamo avere matrice e punzoni di forma tondeggiante. La polvere viene caricata all'interno di una tramoggia di carico che attraverso un sistema chiamato scarpa lascia cadere una frazione di polvere all'interno della camera di compressione. A questo punto abbiamo il punzone inferiore fisso e la camera di compressione riempita, abbassiamo quindi il punzone superiore incastrandolo nella camera di compressione avviando il ciclo di compressione. Se la polvere non ha buone proprietà di flusso la camera potrebbe non riempirsi sempre nello stesso modo, ciò comporta l'ottenimento di prodotti finali con pesi diversi. Devono esserci quindi buone proprietà di flusso (flow) e assestamento (packing).

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Compressione. Riduzione del volume apparente del letto di polvere e formazione di un agglomerato. Il punzone si abbassa compattando la polvere e riducendo il volume occupato dalla polvere. Ora tra i due punzoni abbiamo un compatto solido. In questa fase intervengono i leganti che inducono deformazione e coesione delle singole particelle o dei granuli. In teoria ora tra i due punzoni potremmo avere la compressa formata, ma ciò dipende dalla natura delle deformazioni. Se la deformazione è elastica, nel momento in cui il punzone si solleva le particelle tendono a recuperare la posizione originale. Se la deformazione è di tipo plastico anche se togliamo la pressione esercitata dal punzone superiore, quel che rimane nella camera di compressione è un compatto solido.Espulsione. Recupero del compatto dalla matrice. Il punzone superiore si alza e contemporaneamente si alza anche il punzone inferiore portandosi a livello della matrice in modo da permettere al compatto solido di essere espulso dalla macchina comprimitrice. La scarpa ora si muove per caricare un nuovo quantitativo di polvere nella camera di compressione, e mentre si muove fa scivolare via la "compressa" verso uno scivolo. La compressa può però rimanere appiccicata a uno dei due punzoni o alle pareti, quindi dobbiamo aver inserito nella formulazione degli antiaderenti (sostanze che evitano che il compatto solido appena formato rimanga attaccato alle pareti dell'apparecchiatura) e dobbiamo aver lubrificato i punti in cui si verifica contatto tra compatto e apparecchiatura. Se abbiamo fatto tutto ciò in modo giusto estraiamo dalla macchina comprimitrice una compressa perfetta.La compressione diretta può essere applicata solo quando la polvere presenta buone proprietà di flusso, densità elevata al versamento, scarsa friabilità, buone proprietà coesive e non adesiva. Vantaggi: semplice, veloce e poco costoso. Formulazione per compressione diretta: principio attivo ed eccipienti, ma solo quelli che si prestano a questo tipo di processo. Tra i diluenti il lattosio spray-dried (Flow-Lac), il lattosio agglomerato (Tablettose), la cellulosa microcristallina (Avicel), il calcio fosfato monobasico, il mannitolo, il sorbitolo e lo xilitolo; poi disgreganti, lubrificanti e glidanti.

10 – 27 Ottobre 2011

Le compresse devono garantire rilascio del principio attivo, garantire accuratezza e uniformità di dosaggio del principio attivo, essere stabili dal punto di vista fisico e chimico e essere ben accettate dal paziente (colore, sapore, odore, dimensioni).Requisiti da soddisfare secondo Farmacopea, che contiene una sezione apposita per i saggi da effettuare sulle compresse:

• Uniformità di massa• Uniformità di contenuto• Resistenza alla rottura• Friabilità• Tempo di disgregazione• Velocità di dissoluzione

La maggior parte di questi saggi saranno messi in pratica nel laboratorio del secondo semestre.Uniformità di massa. Le compresse devono contenere una precisa percentuale (p/p) di prncipio attivo. La valutazione dell'uniformità di peso può essere indicativa dell'uniformità di contenuto in principio attivo solo se:

– la dose di principio attivo è elevata– il principio attivo è uniformemente distribuito nella miscela di polveri o nel granulato di

partenza– le compresse non presentano rivestimento zuccherino (perché la variabilità di peso potrebbe

dipendere non da quello che c'è sotto al rivestimento)Se il principio attivo è uniformemente distribuito nella miscela di polvere possiamo sostituire il saggio di uniformità di contenuto con quello di uniformità di massa.La farmacopea dice che il saggio di uniformità di massa delle forme farmaceutiche a dose unica prevede di prelevare dal lotto 20 unità (anche se il lotto è costituito da 1000, 10000 unità), queste

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vanno pesate singolarmente e registriamo il peso di ciascuna compressa; a questo punto abbiamo i 20 pesi e determiniamo il peso medio; possiamo considerare accettabile secondo quanto previsto dalla Farmacopea se al massimo 2 unità delle 20 pesate presentano un peso che fuoriesce da un limite stabilito andando a guardare una tabella che è sempre riportata in Farmacopea in base al valore di peso medio che abbiamo ricavato e alla deviazione percentuale.[Supponiamo che il peso medio sia 100 mg, in base alle tabelle la deviazione percentuale è del 7,5%, a cosa ci serve? A stabilire un range di peso, calcolando il 7,5% del peso medio che è 7,5 g; facciamo ora il peso medio più il 7,5% del suo valore (107,5) e il peso medio meno il suo 7,5% (92,5): questi sono i due limiti dell'intervallo di pesi. Queste 20 unità devono avere un peso compreso tra 92,5 mg e 107,5 mg; se tutte le 20 unità rientrano nel range il lotto è accettato, altrimenti se una unità è fuori dai limiti il lotto è accettato comunque, con due unità è altrettanto accettato (non più di due unità), ma nessuna unità deve avere un peso che va oltre un secondo limite (più ampio) calcolando facendo peso medio + o – due volte la deviazione percentuale (85 mg – 115 mg). A questo punto il lotto è accettato, se il lotto non è conforme non possiamo farci niente, è da buttare.]Uniformità di contenuto. Al posto di questo può essere fatto il saggio di uniformità di massa in alcune occasioni, ma non quando il farmaco è molto potente e la dose veicolata è quindi molto bassa, il peso della compressa è inferiore a 40 mg e le compresse presentano rivestimento zuccherino. Come si effettua il saggio? Il principio è andare a determinare da un punto di vista sperimentale la quantità di farmaco presente all'interno delle compresse. Dal punto di vista pratico dobbiamo portare in soluzione completamente la compressa e andare a determinare quanto farmaco c'è. Abbiamo un compressa che contiene in teoria 100 mg di farmaco e supponiamo che abbia un peso complessiamo di 500 mg. Il saggio si fa su 10 unità prelevate dal lotto, si pesano (tutte insieme) e poi si cerca di portare in soluzione tutto il farmaco contenuto nel sistema di dosaggio (dobbiamo quindi trovare un solvente in grado di sciogliere il farmaco). Ora si seleziona un metodo analitico adeguato per quantificare il farmaco che c'è nella nostra soluzione. Se il farmaco in teoria sulla carta rappresenta il 20% in peso della formulazione, nell'analisi dobbiamo ritrovare il 20%. Si considera accettato il lotto se un contenuto è <85% o >115% e nessun contenuto <75% o >125%.Resistenza alla rottura. La compressa deve avere una certa resistenza meccanica per sopportare le sollecitazioni a cui viene sottoposta in fase di confezionamento e stoccaggio. Fattori che influenzano la resistenza meccanica sono:

• tipo e quantità di legante• quantità di lubrificante• proprietà coesive dei componenti• forza di compressione utilizzata (regolata dall'operatore: maggiore è la forza di

compressione operata dai punzoni, più resistenti saranno le compresse)Il saggio permette di misurare la forza necessaria per rompere una compressa appartenente a un determinato lotto. Come si effettua? Porre la compressa tra le ganasce, tenendo conto, quanto possibile, della forma, della linea di frattura e della scritta per incisione; per ogni determinazione orientare la compressa nello stesso modo rispetto alla direzione di applicazione della forza. Effettuare la misura su dieci compresse, avendo cura che tutti i frammenti delle compresse siano stati rimossi prima di ogni determinazione. I risultati si esprimono come valori medi, minimi e massimi delle forze misurate, in newton. Indicare il tipo di apparecchio e, se del caso, l'orientamento delle compresse [Farmacopea, 2.9.8]. Registriamo il valore di forza nel momento in cui la compressa si spazza, per rottura si intende la compressa che si spacca in due pezzi. Calcoliamo il valore di forza medio, il valore di forza massimo e il valore di forza minimo: questi tre valori devono essere vicini tra di loro per essere accettati in modo che il lotto sia uniforme. Come faccio a regolare la resistenza alla rottura di una compressa? Come posso intervenire da un punto di vista tecnologico/formulativo? Stabilendo i parametri elencati sopra.Cosa influenza la durezza di una compressa? La diversa velocità di disgregazione e di dissoluzione. Se è incline alla rottura significa che le particelle iniziali della polvere sono state molto schiacciate e sono tutte vicine, quindi c'è poco spazio per il solvente ad entrare all'interno del compatto. Perché la

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Farmacopea non stabilisce un limite di forza per considerare accettabile il lotto? Perché per esempio se dobbiamo fare una compressa masticabile questa non può essere di cemento, una compressa effervescente si spacca praticamente subito; cambia il tipo di compressa, non è possibile stabilire un limite che vada bene per tutte.Friabilità. Indicativa della resistenza della compressa a movimenti di rotolamento e urto. E' diverso dalla resistenza alla rottura, perché qui andiamo a vedere quanto è friabile. Si utilizza il friabilometro di Rosch, costituito da un disco di plexiglas al cui interno è agganciato un setto; questo disco viene collegato ad un motore che permette la rotazione del disco (tipo ruota del criceto); all'interno del disco sono posizionate le compresse, queste vengono portate in alto e poi cadono: se le compresse sono friabili nella caduta perdono polvere, se non lo sono rimangono integre. Il saggio si fa su un numero di compresse non ben identificato (dobbiamo prendere il lotto e prenderne un'unità, verificare quanto questa pesa; se le compresse hanno una massa inferiore o uguale a 650 mg dobbiamo prelevare un numero di unità che permetta di avere una massa complessiva di 6,5 g; se le compresse pesano più di 650 mg prendiamo 10 unità); prelevate le unità le depolveriamo (eliminiamo dalla superficie delle compresse eventuale polverina adsorbita o con un pennello o con un getto d'aria compressa) e le pesiamo tutte insieme avendo il peso iniziale della nostra massa; introduciamo le compresse all'interno del friabilometro, agganciamo il disco al motore e avviamo lo strumento; facciamo ruotare lo strumento 100 volte, generalmente hanno una velocità di rotazione di 25rpm (quindi il test dura 4 minuti); una volta trascorso il tempo previsto recuperiamo le compresse e le guardiamo: se qualcuna delle unità è rotta il lotto è da buttare, se non si sono rotte le depolveriamo nuovamente e le ripesiamo (tutte insieme); a questo punto calcoliamo la percentuale di friabilità facendo [(peso iniziale - peso finale) / peso iniziale] · 100; il lotto è accettato se la friabilità è inferiore all'1%.Tempo di disgregazione. Importante per le compresse a rilascio immediato. La compressa rompendosi in granuli o aggregati e poi in particelle fini permette un aumento dell'area di contatto tra fluido fisiologico e solido, un più rapido passaggio in soluzione del principio attivo e di conseguenza una più rapida insorgenza dell'effetto terapeutico. Come si esegue il test? Si stabilisce se le compresse disgregano entro un tempo prestabilito dalla Farmacopea. C'è differenza tra disgregazione e dissoluzione: in questo test per disgregazione non dobbiamo arrivare ad avere una soluzione limpida, ma dobbiamo solo verificare il tempo necessario affinché il compatto solido non risulti più così nel complesso che stiamo utilizzando. Si utilizza il disgregatore composto da un bagno termostatato che contiene acqua in cui viene posizionato un contenitore (o due se il sistema è grande), tipo un baker, in cui viene inserito il fluido di disgregazione; all'interno del baker è presente un cestello, costituito da 6 cilindri, chiuso all'estremità inferiore da una griglia: ogni cilindro è l'alloggiamento per una compressa, che si muove all'interno del baker, il cestello è dotato di un'asta che gli permette di essere collegata all'apparecchiatura e consente al cestello di muoversi all'interno del fluido di disgregazione con un movimento ritmico (immergo ed estraggo, immergo ed estraggo); il movimento del cestello simula la peristalsi intestinale, il fluido di disgregazione è generalmente l'acqua, la temperatura è di 37°C e per un tempo di 15-30 minuti. Si selezionano 6 unità del lotto, si seleziona il mezzo (il fluido di disgregazione che generalmente è acqua ma non sempre) di 900 ml e lo si inserisce all'interno del baker, le 6 unità vengono caricate nel cestello che all'inizio non vengono a contatto con il fluido di disgregazione; si aziona l'apparecchiatura e un cronometro, il cestello si muove e guardiamo le compresse dentro ai tubi; stoppiamo l'apparecchio quando le compresse sono disgregate, quando non vediamo più un compatto solido; registriamo i tempi di ogni singola compressa e ne facciamo una media. Compresse a rilascio immediato, secondo Farmacopea, devono disgregare in un tempo che varia tra i 15 e i 30 minuti. Le nostre unità devono avere anche tempi di disgregazione confrontabili.Le condizioni sperimentali non sono uguali per qualsiasi tipo di compressa.Test di disgregazione per compresse solubili e dispersibili. Fluido di disgregazione: acqua; temperatura: 15-25° C; tempi: 3 minuti.Test di disgregazione per compresse orosolubili. Fluido di disgregazione: acqua; temperatura: 37°C; tempi: 3 minuti.

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Testi di disgregazione per compresse effervescenti. Fluido: acqua; volume: 200 ml; temperatura: 15-25° C; tempi: 5 minuti. Non si usa l'apparecchiatura prevista per le compresse ma si esegue il test in un baker, perché la compressa salta/si muove, quindi nei tubi sarebbe costretta e non avrebbe un comportamento reale.Test di digregazione per compresse gastroresistenti. Fluido: HCl pH1,0 per 2 ore; fluido: tampone fosfato pH 6,8; temperatura: 37° C; tempi: in acido non devono disgregare, in tampone devono disgregare entro 60 minuti.Fattori che influenzano la disgregazione: presenza di disgerganti, porosità della compressa e bagnabilità. Una compressa porosa avrà un tempo di disgregazione ridotto, ma elevata friabilità e poca resistenza alla rottura.Velocità di dissoluzione. Importante per le compresse a rilascio controllato. Nelle compresse a pronto rilascio il processo di dissoluzione è favorito dalla disgregazione in granuli o aggregati e poi in particelle fini e dipende dalle caratteristiche intrinseche del principio attivo. Come si effettua il saggio? L'apparecchiatura è più complicata: abbiamo un bagno termostatato che contiene dell'acqua e che viene mantenuto a una temperatura di 37° C, al suo interno ci sono generalmente 6 alloggiamenti per 6 contenitori chiamati vessen (sono contenitori di forma cilindrica con fondo emisferico della capacità di 1 L) [ndr: le apparecchiature devono essere conformi alla Farmacopea] destinati a contenere il fluido di dissoluzione; il tutto è completato da un sistema di agitazione che può essere di due tipi: a cestello costituito da un'asta metallica, che si collega all'apparecchiatura e va a finire in un albero motore, che termina con un cestello di acciaio le cui pareti sono ricoperte da delle maglie, nel cestello viene messa la compressa; o a paletta in cui c'è sempre l'asta metallica ma la sua parte terminale non è più collegata al cestello ma a una paletta, la differenza è che nel sistema a cestello la compressa viene inserita nel cestello che ruota e fa ruotare la compressa, nel sistema a paletta la compressa è nel vessel, la paletta smuove il fluido e la compressa si muove all'interno del fluido. I sue sistemi sono diversi poiché in uno si muove il cestello e il fluido di conseguenza e nell'altro di muove il fluido direttamente smosso dalla paletta. Il cestello si usa quando c'è qualcosa che tende a galleggiare o al contrario si appiccica. Prima di eseguire il test dobbiamo stabilire che fluido usare, il volume del fluido, il tipo di sistema di agitazione e la velocità di agitazione. Il saggio si fa su un volume di fluido che varia tra i 500 e i 1000 mL, indipendentemente dal tipo di fluido. La velocità di rotazione varia tra i 50 e i 150 rpm e la maggior parte dei casi si lavora a 100 rpm. 100 rpm in un sistema di agitazione a paletta non corrispondono a 100 rpm in un sistema di agitazione a cestello. Procedura:

• riempio i vessel (che sono 6 quindi con 6 unità prese dal lotto) con il fluido di dissoluzione• porto la temperatura del fluido a 37°C• introduco le compresse• avvio l'agitazione• ad intervalli di tempo prestabiliti da ciascun vessel eseguo prelievi del fluido di dissoluzione• filtro l'aliquota di fluido prelevato (perché magari la compressa contiene degli eccipienti che

sono insolubili)• determino la quantità di farmaco disciolta e ricavo la % di principio attivo liberata rispetto

alla dose caricataAlla fine del test per ogni vessel avrò un valore di % di farmaco presente in soluzione. Il test è finito quando la % di farmaco liberata arriva al 100%. Questi dati li uso per costruire dei grafici (curve di dissoluzione o profili di rilascio), riportando sull'asse delle x il tempo (tempi di prelievo) e su quello delle y la percentuale di farmaco presente in soluzione a ciascun prelievo. Le curve che possiamo ottenere sono infinite: diverse scale di tempi (minuti o ore); farmaci che vengono rilasciati subito quindi con picco immediato e farmaci che rilasciano piano quindi con andamento di sistema a rilascio controllato.Il fluido di dissoluzione quando si può è acqua ma non sempre è la cosa migliore. Generalmente si utilizzano mezzi che vadano a simulare i mezzi presenti nell'organismo (HCl a pH 1 per simulare il fluido del compartimento gastrico, questo pH può variare da 1 a 1,5 a seconda se ci sia presenza anche di un sale; pH 4,5 che simula il primo transito dallo stomaco all'intestino; 6,8 tampone fosfato

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che simula il pH del compartimento intestinale; pH 7,2/7,4 che simula il pH del colon).

11 – 28 Ottobre 2011

Altro metodo per fare il saggio sulla velocità di dissoluzione, cella a flusso continuo (da cercare sui libri).Test di dissoluzione per compresse gastroresistenti. Fluido di dissoluzione: Hcl pH 1,0 per 2 ore; fluido di dissoluzione: tampone fosfato pH 6,8; temperatura: 37° C; tempi: in acido non devono rilasciare il principio attivo, rilasciano il farmaco veicolato in tampone in tempi diversi in funzione del tipo di formulazione. Per la Farmacopea di può accettare una compressa che in acido rilascia non più del 10% del principio attivo. COMPRESSE RIVESTITE. Le compresse possono essere rivestite da uno o più strati di sostanze come resine naturali o sintetiche, gomme, ingredienti insolubili o inerti, zuccheri, sostanze plastificanti, cere, polioli, coloranti. I motivi che spingono a rivestire una compressa sono vari:

• mascherare caratteristiche organolettiche sgradevoli (odore, sapore, colore)• migliorare aspetto (liscio, lucido, colorato)• favorire la deglutizione• proteggere il farmaco da degradazione chimica o chimico-fisica (luce, umidità, ossigeno)• aumentare resistenza meccanica delle compresse• conferire gastroresistenza• avere rilascio controllato• separare principi attivi incompatibili tra loro

Le compresse che devono essere rivestite devono avere dei requisiti particolari. La compressa nuda viene chiamata nucleo. Quali requisiti devono avere i nuclei?

• forma tondeggiante, senza spigoli vivi• buona resistenza alla rottura• porosità minima• ridotta friabilità (< 1%)

Cosa si usa per rivestire?Bassina. Recipiente in acciaio inox (con forma studiata ad hoc, come un fagiolo, bombata al punto giusto) al cui interno vengono posti i nuclei da rivestire; sui nuclei, mantenuti in continuo rotolamento attraverso la rotazione della bassina attorno al proprio asse, vengono spruzzate le soluzioni/sospensioni di rivestimento. L'asse della bassina deve essere inclinato di 45° affinché il processo sia efficace. Letto fluido (visto già nel processo di granulazione) si può utilizzare anche come apparecchiatura per rivestire le compresse.Macchina comprimitrice. Confettatura (sugar coating) quando il rivestimento è zuccherino. Filmatura (film coating) quando il rivestimento è polimerico. Rivestimento a secco (dry coating) quando il rivestimento viene fatto attraverso macchine comprimitrici.Confettatura. Rivestimento dei nuclei con soluzioni zuccherine. I nuclei da rivestire vengono bagnati con una soluzione acquosa di saccarosio ed altre sostanze; per effetto di aria calda il solvente evapora e lascia sulle compresse un rivestimento duro, spesso e resistente (come nei confetti). Eccipienti necessari:

• agente di rivestimento (saccarosio, sorbitolo)• solvente (acqua)• diluenti (calcio carbonato, caolino, talco...)• leganti (gomma arabica, derivati della cellulosa)• coloranti• lucidanti (cera d'api, cera carnauba)

E' un processo abbastanza lungo e laborioso, utilizzato oggi molto di rado. Quali sono le fasi?

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1. Depolverizzazione. I nuclei vengono fatti rotolare in bassina con lo scopo di allontanare le polveri che si formano a causa delle frizioni che si creano tra i nuclei e le pareti della bassina. 2. Isolamento. Applicazione di sottilissima pellicola idrorepellente ottenuta per trattamento con soluzioni di polimeri naturali o sintesi (gomma lacca, HPMC, cellulosa acetoftalato, polivinil acetoftalato...) che isola il nucleo per evitarne l'imbibizione (processo attraverso cui la compressa esposta ad una soluzione, capta l'acqua). 3. Ingrossamento. Viene applicata la maggior parte del materiale di rivestimento generalmente sotto forma di soluzione acquosa zuccherina molto concentrata; si eseguono diversi cicli e tra uno e l'alto vanno aggiunte polveri antiaderenti. Si procede poi con un altro ciclo di spruzzatura del rivestimento. Fino a quando? Generalmente si guardano e si fanno delle prove in peso. 4. Lisciatura. Si applica una soluzione sciropposa diluita allo scopo di levigare e riempire le irregolarità della superficie della compressa. 5. Colorazione. E' una fase più critica dell'intero processo e si effettua applicando a freddo soluzioni zuccherine diluite contenenti il colorante. 6. Lucidatura. Serve per conferire ai confetti la tipica brillantezza; le sostanze lucidanti (cera carnauba, cera d'api, paraffine) vengono applicate come soluzioni in solventi organici (cloruro di metilene, etanolo, cloroformio acetone) in particolari bassine rivestite internamente di tessuto. Ora dobbiamo mettere i nuclei ad asciugare per favorire l'essiccamento del rivestimento; generalmente si mettono in stufa. Svantaggi: tempi di lavoro molto lunghi, processo difficilmente automatizzabile, notevole incremento di peso dei nuclei, limitazioni sul peso iniziale dei nuclei.Filmatura. Deposizione di una membrana polimerica uniforme e sottile (20-100 μm) sulla superficie dei nuclei. La soluzione polimerica di rivestimento viene aromatizzata sui nuclei in movimento; le goccioline aderiscono alla superficie del nucleo, si spandono e confluiscono formano, per coalescenza, un sottile film di rivestimento, da cui il solvente evapora rapidamente. Il metodo è più o meno lo stesso ma il numero di step è molto diminuito. Vantaggi: processo rapido, processo facilmente automatizzabile, ridotto incremento di peso dei nuclei, possibilità di conferire particolari caratteristiche di rilascio alla compressa. Materiali utilizzati. Agente filmogeno: polimeri (idrossipropilmetilcellulosa, idrossipropilcellulosa, polivinilpirrolidone, sodio carbossimetilcellulosa, PEG, cellulosa acetoftalato, copolimeri metilmetacrilato-acido metacrilico), cere (cera carnauba), grassi (alcool etilico, alcool stearilico); solventi: acqua, etanolo, metanolo, isopropanolo, acetone, acetato di etile; plasticizzanti: rendono il film più flessibile e resistente (glicerina, propilenglicole, PEG, olio di ricino idrogenato); coloranti; opacizzanti: titanio biossido. Difetti del film. Sticking: adesione di due compresse tra loro, avviene quando la velocità di spruzzo della soluzione di rivestimento è troppo elevata rispetto alla velocità di essiccamento. Rugosità: il film non è omogeneo, avviene quando la velocità di spruzzo è troppo lento rispetto alla velocità di essiccamento. Rottura del film: dovuto a carenza di plasticizzante o a essiccamento troppo veloce.Rivestimento a secco. Si applica un rivestimento a secco per compressione, utilizzando particolari macchine comprimitrici totative. E' un processo piuttosto complesso e molto costoso, non utilizzato con particolare frequenza. Utilizzato per: separare principi attivi incompatibili tra loro (veicolandone uno nel nucleo e l'altro nel rivestimento); veicolare tue principi attivi che vengono rilasciati in due momenti diversi (es. gastro-protettore nel rivestimento e principio attivo gastro-lesivo nel nucleo). Dobbiamo avere a disposizione due macchine comprimitrici, una per i nuclei e una per il rivestimento. Una volta allestiti i nuclei mettiamo insieme la miscela di polveri che va a costituire il rivestimento, carichiamo nella matrice una quantità di polvere che stavolta non coincide con l'intera totalità di polvere necessaria per completare il rivestimento, ma soltanto metà; su questo letto di polvere carichiamo il nucleo in maniera precisa, esattamente centrato all'interno della matrice; sottoponiamo nucleo e primo strato di rivestimento a una leggera compressione; poi il punzone superiore si alza e carichiamo il secondo quantitativo di miscela di rivestimento, comprimiamo e abbiamo ottenuyo una compressa rivestita con nella parte centrale il nucleo e attorno la miscela di rivestimento; il processo è abbastanza laborioso, molto costoso (a causa dei macchinari) e non è così semplice ottenere come risultato un lotto omogeneo.

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CAPSULEDefinizione secondo Farmacopea: preparazione solide con involucri di consistenza dura o molle, di varie forme e capacità, contenenti usualmente una dose unica di principio attivo, destinate a somministrazione orale. L'involucro è costituito fondamentalmente da gelatina, completano la composizione l'acqua, dei plasticizzanti (glicerolo, sorbitolo, glicole propilenico), dei coloranti (solubili, naturali e di sintesi, pigmenti insolubili), degli opacizzanti (ossido di titanio) o dei conservanti (parabeni, anidride solforosa). Gelatina: elemento fondamentale e presente in maggiore quantità negli involucri delle capsule, si ottiene per idrolisi parziale, acida o basica, del collagene maggior costituente del tessuto connettivo animale; allo stato secco si presenta come una sostanza vetrosa, friabile, leggermente ambrata o giallastra. Vantaggi: non tossica, uso alimentare, buona accettabilità; solubile nei fluidi biologici a temperatura corporea; buona capacità di formare film; soluzioni concentrate (40% p/v) sono fluide a 50° C. Ultimamente è stata rimpiazzata da qualche polimero perché si pensava avesse qualche correlazione con il morbo della mucca pazza. Rimpiazzata per esempio dall'idrossipropilmetilcellulosa, che si usa per ottenere involucri a basso contenuto di umidità (l'inconveniente della gelatina è che in acqua si scioglie, quindi se dobbiamo veicolare all'interno delle capsule una soluzione, questa non può essere acquosa). Plasticizzanti: gliceraldeide, polialcoli, gomme naturali, zuccheri. Riducono la rigidità della gelatina legando molecole di acqua e rendendo flessibile il rivestimento. Presenti in maggior quantità nelle capsule molli.Coloranti. Possono essere solubili (eritrosina, giallo chinolina...), insolubili o pigmenti (ossidi di ferro). Il colore può essere utilizzato dal produttore per distinguersi e per distinguere formulazioni diverse (diversi dosaggi e/o diversi principi attivi). Il colore svolge un ruolo importante in terapia. A differenza delle compresse per le capsule di usano colori anche un po' più sgargianti.Opacizzanti. Si usa biossido di titanio. Le capsule così risultano colorate ma anche opache, in questo moto è possibile anche la somministrazione di granulati o solidi che non hanno un bell'aspetto.Acqua. Calda e demineralizzata è utilizzata nella preparazione della soluzione di gelatina usata per produrre capsule. Si prepara una soluzione al 30-40% in appositi contenitori, applicando eventualmente il vuoto per dearearla. Il contenuto finale di acqua nelle capsule rigide si aggira sul 13-16% mentre nelle capsule molli sul 5-8%. E' acqua legata alla gelatina pertanto non consente ai microrganismi di crescere.CONTENUTO: uno o più principi attivi con o senza eccipienti (solventi, diluenti, lubrificanti, disgreganti consistenza solida, liquida [non acquosa altrimenti scioglie il nucleo] o pastosa). Cosa si può inserire all'interno di una capsula di gelatina dura? Una polvere, granuli, beads (sistemi solidi avanzati che sono agglomerati con forma tondeggiante, qualcosa in più di un granulato come dimensione), capsule, compresse, liquidi (non acquosi, sigillare la capsula in maniera ermetica), paste.Capsule di gelatina dura. Vantaggi: compliance, insapore, compatte e trasportabili, facile somministrazione, possono veicolare uno o più principi attivi, molto usate nei clinical trials, biodisponibilità generalmente buona. Limiti: non adatte per principi attivi igroscopici, non adatte per principi attivi deliquescenti, non adatte per principi attivi efflorescenti, costo involucro un po' elevato (poiché prodotto separatamente), adesività all'esofago.La velocità di dissoluzione del principio attivo veicolato in una capsula dipende da: velocità di dissoluzione dell'involucro (che è generalmente molto rapida); velocità di penetrazione del fluido gastrointestinale nella massa incapsulata; velocità di dispersione della massa nel fluido gastrointestinale; velocità di dissoluzione del farmaco. Tutto ciò è influenzato dalla presenza di eccipienti nella formulazione e dalla loro natura.Se all'interno di una capsula abbiamo sostanze idrofobe, l'involucro si solubilizza e quello che c'è all'interno siccome è idrofobo ha una scarsa affinità con i fluidi gastrointestinali, quindi il fluido ci metterà più tempo a bagnare le particelle di polvere e il farmaco ci metterà più tempo a passare in soluzione. Se invece ho una formulazione con sostanze idrofobo e eccipienti idrofili, l'involucro si

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solubilizza, il fluido penetra all'interno della massa, la porzione idrofila si scioglie e crea spazio per il passaggio di nuovo fluido e fa sì che la porzione idrofoba venga bagnata più velocemente.Eccipienti. Diluenti: lattosio, cellulosa microcristallina, amico. Lubrificanti: necessari nel caso del riempimento con dosatore, per l'espulsione del compatto dal cilindro ed evitare l'adesione al metallo (magnesio stearato). Glidanti: favoriscono lo scorrimento (silice colloidale). Disgreganti: necessari quando nella capsula sono veicolati compatti. Tensioattivi: favoriscono la bagnabilità del compatto (sodio laurilsolfato). Tra la formulazione di una compressa e la formulazione di una capsula troviamo delle differenze: capsule (principio attivo, diluente, lubrificante) compresse (principio attivo, diluenti, legante, disgregante, lubrificante, glidante, antiaderente, colorante). Le capsule rigide hanno involucri costituiti da due sezioni cilindriche preformate (corpo e testa), un'estremità delle quali è arrotondata e chiusa, l'altra è aperta.

12 – 3 Novembre 2011

L'estremità aperta serve per infilare il corpo nella testa.Per evitare apertura indesiderata dalle capsule si usano capsule a chiusura meccanica. Corpo e testa hanno delle scanalature autobloccanti che si incastrano l'una nell'altra dopo la chiusura (Snap-Fit) ed assicurano una sufficiente tenuta. Ci sono due livelli di bloccaggio, il primo che permette la riapertura della capsula e il secondo che chiude definitivamente la capsula senza permetterne l'apertura senza rottura della stessa. Abbiamo a disposizione una serie di capsule diverse a partire dallo 000 (1,35 ml) che è la capsula più grande fino alla 5 (0,15 ml) che è la capsula più piccola. Questi involucri possono essere trasparenti, colorati o incolori e opache (mono e bicolori). Scegliamo un differente coloro o opacità a seconda del principio attivo che deve essere contenuto.Come si preparano le capsule di gelatina dura? (www.rjengineering.com)si prepara un bagno di gelatina calda all'interno del quale vengono immersi dei perni che hanno la forma di metà capsula, quando i perni vengono estratti la gelatina rimane attaccata ai perni.

– Preparazione di una soluzione concentrata di gelatina (35-40%) in acqua calda demineralizzata. Non è gelatina fusa, è una soluzione molto densa e viscosa.

– Aggiunta degli eccipienti: coloranti, plasticizzanti, opacizzanti e conservanti. All'interno di grossi serbatoi vengono conservate queste soluzioni; si lavora a temperature di 50-60° C.

– Produzione delle capsule. Perni di metallo, con la forma e la capacità delle capsule che si vogliono produrre, sono immersi nella soluzione di gelatina operando a 50-60°C. I perni sono mantenuti a circa 22° C, perché nel momento in cui la gelatina viene a contatto con il perno che è più freddo, questa tende ad indurirsi e formare un film. I perni sono sollevati e subiscono una leggera rotazione, per permettere una uniforme distribuzione del film di gelatina, ancora fluido.

– Essiccamento. I perni sono passati in stufe a circolazione d'aria ad una certa umidità. L'essiccamento avviene per deumidificazione.

– Estrazione dagli stampi in maniera meccanica.– Taglio. Vengono tagliati gli involucri da delle lame; la gelatina in eccesso viene recuperata.– Assemblaggio. Accoppiamento testa-corpo in modo da avere involucri chiusi ma non

sigillati definitivamente.– Recupero capsule vuote.– Controlli, dimensioni, contenuto di umidità, spessore dell'involucro e colore.

Il contenuto delle capsule può essere: solido (polveri, granulati, pellets, compresse), semisolido (paste) o liquido (non acquoso).Limitazioni relative al riempimento delle capsule: volume, sostanze che non reagiscono con la gelatina, basso contenuto di acqua libera.Come si riempie una capsula? Ovviamente lo riempimento viene fatto un lotto alla volta.

1. Orientamento ed apertura. L'operatore ha i guanti, le capsule non si toccano mai con le mani perché il paziente poi le mette in bocca.

2. Apertura delle capsule. Le teste vengono separate dai corpi.

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3. Riempimento. Le capsule nel loro supporto vengono abbassate in maniera da avere tanti buchini sotto a ognuno dei quali c'è una capsula; su questa superficie si rovescia la polvere e si "spatola" affinché per gravità tutte le capsule si riempiano. Se avanza della polvere sul piano non la si butta, perché secondo i calcoli tutta la polvere deve essere contenuta nei corpi delle capsule; si applica un po' di pressione affinché si riducano gli spazi vuoti tra le particelle in modo da distribuire nelle capsule anche la polvere inizialmente avanzata.

4. Chiusura. Si recupera il supporto su cui sono ancorate le teste e per pressione schiacciamo i corpi nelle teste. Quando solleviamo il vassoietto superiore troviamo le capsule chiuse su quello inferiore.

5. EspulsioneIl riempimento delle capsule può essere:

• diretto: tecnica di riempimento che usa il corpo della capsula come camera volumetrica per misurare la quantità di polvere da caricare;

• indiretto: tecnica di riempimento che misura la quantità di polvere da caricare in una camera indipendente dal corpo della capsula.

Qualunque sia la modalità di riempimento adottata, questa deve garantire un dosaggio di principio attivo uniforme in ogni capsula.Metodi diretti. Riempimento a sfioramento. Viene riempito tutto il volume del corpo; il riempimento dipende da: volume del corpo, densità in bulk del materiale; la regolarità del riempimento dipende dalle proprietà di scorrimento della polvere. Riempimento a coclea. Una vita senza fine agevola l'ingresso della polvere nel corpo della capsula; permette di dosare accuratamente il peso del contenuto della capsula; adatto per polveri poco scorrevoli. Rispetto al caso precedente riusciamo a dosare in maniera precisa il peso del contenuto della capsula.Metodi semplici, poco costosi, ma con qualche inconveniente. Vantaggi: permettono la produzione di piccoli lotti. Svantaggi: uniformità di peso non soddisfacente; capsule molto impolverate che necessitano di essere depolverate; volume della miscela troppo grande da richiedere pre-compressione.Metodi indiretti. Riempimento per compressione. La polvere o il granulato vengono compressi in porzioni e in tempi successivi, dando luogo alla formazione di un cilindretto compatto che viene poi inserito nel corpo della capsula. Riempimento delle capsule con granuli. Il riempimento delle capsule con granulati è oggi frequente: granuli a cessione controllata o cronoidi. Le operazioni di riempimento dovranno essere tali da non frantumare i granuli né incrinare il loro eventuale rivestimento. I metodi possono essere diretti o indiretti.Riempimento con forme farmaceutiche solide. Il riempimento delle capsule con forme farmaceutiche solide (compresse, confetti, ecc...) permette di superare l'incompatibilità tra farmaci e garantire il rilascio controllato del principio attivo. Requisiti delle forme farmaceutiche solide da inserire nelle capsule: resistenza all'abrasione; ridotta friabilità; rivestite; dimensioni e forma appropriate.Riempimento delle capsule con sostanze liquide. Richiede una pompa di dosaggio per liquidi. Dosaggio molto preciso (variazioni in peso inferiori a 1%). Il materiale di riempimento deve essere tale da non intaccare o rigonfiare la gelatina. Non si possono usare soluzioni acquose o idroalcooliche, ma si usano oli, soluzioni oleose, paste.

CAPSULE DI GELATINA MOLLE. Prodotte in un unico step, l'azienda farmaceutica produce contemporaneamente involucro e riempimento. Le capsule molli sono generalmente formate, riempite, saldate in un'unica operazione. Il materiale dell'involucro può contenere un farmaco. Sostanze liquide possono essere introdotte direttamente. I solidi sono generalmente disciolti o dispersi in un veicolo adatto a dare una soluzione o una dispersione di consistenza pastosa.

• Varietà di forma e dimensioni• Spesso riempite con liquidi o miscele di liquidi• Non possono essere preparate in farmacia

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• Somministrazione orale, rettale, vaginaleInvolucri più spessi di quelli delle capsule dure. Costituiti da un'unica parte. Dosaggio accurato. Protezione del principio attivo. Aumentata velocità di assorbimento. Biodisponibilità elevata: involucro solubile, principio attivo in soluzione. Alti costi di produzione. Contenuto. I liquidi/semisolidi destinati al riempimento delle capsule molli:

• non devono essere acquosi• possono essere oli o idrocarburi liquidi (lipofili) o liquidi idrofili (PEG 400)• possono essere sospensioni (con polveri micronizzate)• possono essere emulsioni ma senza fase acquosa (sistemi autoemulsionanti)• devono avere viscosità tale da scorrere facilmente alla temperatura di 35-45°C

Con le capsule molli aumenta il picco massimo di concentrazione plasmatica, oltre che ad avere tempi di raggiungimento dello stesso picco molto più veloci.Come si preparano? Si utilizza un metodo di preparazione chiamato Scherer. Nell'apparecchiatura abbiamo due cilindri antirotanti sulla cui superficie sono presenti degli incavi; questi hanno la forma di mezza capsula. Al centro, tra i due cilindri, è posizionato un serbatoio che contiene il contenuto della capsula che finisce con una siringa dosatrice. Due nastri su cui viene fatta scorrere gelatina calda alimentano la macchina; quando la gelatina arriv ain prossimità della punta della siringa, questa lascia cadere il quantitativo di farmaco che va a costituire il contenuto; questa goccia spinge la gelatina e la fa espandere all'interno dell'incavo; si forma la capsula e successivamente alla rotazione dei due cilindri, la gelatina viene pressata e la capsula viene sigillata. La capsula cade all'interno di un bagno, di un tunnel che ha la funzione di indurire il preparato.Preparazione di capsule molli con processo a goccia. Consente solo la produzione di perle, cioè di capsule sferiche, contenenti liquidi aventi una certa densità, e non richiede stampi. L'apparecchiatura consiste in pratica di due tubi concentrici: in quello esterno scorre la gelatina liquefatta, in quello interno la soluzione da incapsulare. All'uscita dal tubo, a causa della tensione superficiale, la gelatina fluida tende a raccogliersi in gocce sferiche contenenti all'interno la soluzione. Le gocce cadono in un bagno di paraffina liquida calda (3-4°C) dove si induriscono.Nel primo serbatoio viene caricata la soluzione di gelatina, nel secondo il preparato liquido che contiene il nostro farmaco. Alla base del secondo serbatoio è presente un iniettore dosatore. Il primo serbatoio ha un'apertura alla base che lascia cadere una goccia di materiale mentre lo stesso fa il secondo; poi paraffina liquida o azoto liquido raffreddano la capsula.Controlli:

• Uniformità di massa• Uniformità di contenuto in principio attivo• Dissoluzione• Disgregazione

Uniformità di massa. Pesare una capsula integra. Aprire la capsula senza perdere alcuna parte dell'involucro e prelevare il contenuto il più quantitativamente possibile. Per capsule molli, lavare l'involucro con etere o altro adatto solvente e lasciare a riposo finché l'odore del solvente non è più percettibile. Pesare l'involucro. La massa dei contenuti è data dalla differenza fra le pesate. Ripetere il pocedimento con altre diciannove capsule.Uniformità di contenuto in principio attivo. Esattamente come per le compresse.Disgregazione. Apparecchiatura e saggio come nelle compresse. Andiamo a verificare il tempo di disgregazione dell'involucro.

MICROPARTICELLE. La microincapsulazione è un processo tecnologico mediante il quale materiali solidi, liquidi e talvolta gassosi vengono rivestiti o intrappolati all'interno di un altro materiale o miscela di materiali sotto forma di particelle sferiche di dimensioni microscopiche. Forma regolare, dimensioni molto molto piccole.Tecnica che permette di incorporare uno o più principi attivi, da soli o in combinazione con uno o

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più eccipienti, in un rivestimento continuo. Il rivestimento può essere costituito da: polimeri naturali o sintetici (gomma arabica, amido, PVP, carbossimetilcellulosa, alginati, etilcellulosa, PEG...), grassi (acido stearico, acido palmitico, alcool cetostearilico...), cere (cera carnauba...). Gli eccipienti che vengono impiegati devono avere: buon potere coprente, buona adesività, buona elasticità, buona stabilità chimico-fisica, adeguata resistenza agli stress meccanici.Si ricorre all'impiego di microparticelle quando il farmaco presenta:

• basso indice terapeutico• bassa o troppo elevata solubilità• ridotta biodisponibilità• assorbimento aspecifico• elevato binding alle proteine seriche• scarsa stabilità in vivo• scarsa stabilità chimicamente

La formulazione è completata da:– colloidi protettori per favorire la formazione di particelle con contorni regolari ed evitare la

formazione di grossi agglomerati– additivi per modificare la permeabilità, la porosità e la plasticità del rivestimento

13 – 4 Novembre 2011

Scopi della microincapsulazione:• Mascherare odori e sapori sgradevoli• Rilascio controllato• Ridurre problemi di irritazione gastrointestinale• Separare farmaci incompatibili• Protezione da ossidazione e umidità• Convertire liquidi in pseudosolidi• Ridurre la volatilità

Forme farmaceutiche a unità multipla (multiple-unit dosage forms). Offrono vantaggi per quel che riguarda efficacia e sicurezza del preparato. Riducono rischio di dose-dumping (effetto indesiderato: assumiamo 100 mg di farmaco, se la compressa è a rilascio controllato deve liberare gradualmente nel tempo la dose di principio attivo, ma se la compressa si rompe o c'è qualche problema tutta la dose viene liberata contemporaneamente; con questo sistema se una particella si rompe non diventa un grosso problema, perché una non contiene tutta la dose di attivo ma solo una piccola porzione). Garantiscono distribuzione più omogenea lungo il tratto gastrointestinale (transitano dallo stomaco all'intestino in tempi più brevi). Riduzione variazioni inter e intra-individuali delle curve plasmatiche.Microcapsule. Il farmaco è incapsulato nel nucleo centrale poi rivestito da un guscio che controlla, determina e regola il rilascio del farmaco stesso. Sezionata a metà individuiamo principio attivo (nucleo) e rivestimento esterno.Microsfere. Il farmaco è omogeneamente disperso negli eccipienti, ma agli occhi si presenta nello stesso modo. Sezionata non riusciamo a distinguere il farmaco dagli eccipienti.Tecniche di microincapsulazione.

• Coacervazione• Evaporazione del solvente• Polimerizzazione• Rivestimento in bassina• Rivestimento in letto fluido• Spray drying (a livello industriale)• Spray congealing ( a livello industriale)

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La scelta del metodo dipende dalla natura del materiale di rivestimento, dalle caratteristiche del principio attivo e dall'utilizzo del sistema microparticellare.COACERVAZIONE. E' la separazione di un polimero allo stato liquido da una soluzione. Si formano due fasi: una ricca di colloide (coacervato) e l'altra povera di colloide (liquido di equilibrio). Prepariamo una soluzione che contiene il polimero che andrà a costituire il rivestimento, a questa soluzione si aggiunge il farmaco che rimarrà in sospensione.

– Dispersione della sostanza da incapsulare nella soluzione del polimero– Separazione e deposizione sul nucleo di una fase ricca di materiale di rivestimento

attraverso: cambiamento di temperatura; addizione di un sale; addizione di un non solvente; addizione di un polimero non compatibile; interazione polimero-polimero

– Solidificazione del coacervatoPOLIMERIZZAZIONE ALL'INTERFACCIA. Si formano microcapsule in seguito a reazione di polimerizzazione di un monomero o di una miscela di monomeri all'interfaccia tra due fasi immiscibili tra loro. Si prendono due fasi immiscibili tra di loro (fase acquosa e fase organica), nella fase acquosa si va a solubilizzare il monomero A; aggiungiamo la fase organica; le agitiamo e otteniamo un'emulsione acqua/olio; aggiungiamo all'emulsione nella fase organica il secondo monomero B; tra i due si innesca la reazione di polimerizzazione all'interfaccia tra le due fasi, sulla superficie delle goccine; le gocce si trasformano in microparticelle che poi si depositano sul fondo del contenitore e verranno recuperate per filtrazione. L'inconveniente potrebbe essere l'eliminazione del solvente e il raggiungimento di % di solventi residui non accettabili.EVAPORAZIONE DEL SOLVENTE. Selezioniamo il materiale di rivestimento, prepariamo una soluzione di questo materiale e all'interno di essa sciogliamo o disperdiamo la sostanza da microincapsulare; agitiamo per emulsionare; induciamo evaporazione del solvente e le goccine si trasformano in microparticelle solide che verranno recuperate per filtrazione, asciugate, ecc.. . Il problema più grosso è legato anche in questo caso al solvente organico.ESTRUSIONE. Si prepara una soluzione o una sospensione della sostanza da veicolare all'interno del sistema microparticellare; questa soluzione o sospensione viene fatta gocciolare all'interno di un bagno che contiene un indurente; la goccia si stacca, cade nel bagno e a contatto con le sostanze di questo bagno si innescano delle reazioni che fanno sì che si formi attorno alla gocci alo strato di rivestimento; vengono mantenute all'interno del bagno tra i 15 minuti e un'ora e ciò permette alle particelle di crescere in dimensioni. Metodo semplice, economico, versatile e che non utilizza solventi, ma si ottengono microparticelle grandi.Come si formano le microparticelle? La conversione delle microgocce liquide in microparticelle solide può avvenire attraverso diversi meccanismi: solidificazione di materiali fusi; gelificazione; formazione di complessi; evaporazione/estrazione del solvente; crosslinking (o reticolazione, il meccanismo utilizzato più di frequente per ottenere microparticelle sfruttando il metodo dell'estrusione).Alginati: polisaccaridi ricavati da alghe brune, caratterizzati da ampio range di composizione chimica, peso molecolare e proprietà funzionali. Sono co-polimeri non ramificati di acido mannuronico (M) e acido guluronico (G). Quando al goccia cade il sodio monovalente legato all'alginato scappa e al suo posto entra il calcio; il sodio è monovalente, il calcio è bivalente quindi il calcio lega due catene di alginato, quindi va a creare un legame di reticolazione;SPRAY DRYING. Consiste nella trasformazione di un liquido in un insieme di particelle solide attraverso un processo di evaporazione del solvente. Trova largo impiego nelle tecniche industriali. La differenza tra questo e l'evaporazione vista prima c'è l'apparecchiatura utilizzata: spry drier. Si prepara soluzione o sospensione del prodotto da veicolare all'interno del sistema mciroparticellare (se prepariamo una soluzione otterremo delle microsfere, con una sospensione otterremo delle microcapsule); questa soluzione viene aspirata da una pompa e spruzzata attraverso un ugello calibrato all'interno di una camera dove circola aria calda che induce evaporazione del solvente; la gocciolina si trasforma praticamente istantaneamente in particella solida e finisce nel raccoglitore. Questo metodo permette di ottenere delle microparticelle molto molto piccole con forme perfettamente regolari. Problemi: abbiamo parlato di soluzione o sospensione ma l'acqua non è

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molto usata perché ci mette molto ad evaporare, si usano quindi dei solventi che devono quindi essere accettati; temperatura, se abbiamo a che fare con farmaci termosensibili il flusso d'aria calda può portare danneggiamenti. Modifica della tecnica spry drying ha portato allo spray congealing.SPRAY CONGEALING. Simile allo spray-drying, in questo caso però il principio attivo è disciolto, disperso o sospeso nell'eccipiente fuso. Il materiale da trattare viene nebulizzato in una corrente d'aria fredda che determina la solidificazione delle goccioline e la formazione di microparticelle. Il processo risulta adatto a sostanze termosensibili, semplice, veloce e economico. Requisito essenziale dell'eccipiente: bassa temperatura di fusione.CONTROLLI:

• Morfologia e forma• Dimensioni e distribuzione dimensionale• Resa del processo produttivo• Titolo in principio attivo• Velocità di dissoluzione