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Mi chiamo Paolo Pietro Ravizza, sono figlio di Romolo e nipote di Pietro Ravizza, l’ultimogenito dei quatto fratelli Ravizza che nel 1899 portarono a compimento l’ampliamento della Calonega növa de Valada ad Andrich per farne la propria dimora. Sono stato educato da mio padre e da mia madre a rispettare e onorare i sacrifici dei loro padri e questo è il sentimento che mi ha condotto nella mia opera di recupero della casa di famiglia. Il mio progetto è iniziato nel gennaio del 1982, quando avevo solo venticinque anni. Ho cominciato allora ad avviare le ricerche per ricostituire, quota dopo quota, la proprietà dell’intero immobile, recuperando parenti oramai dispersi in ogni angolo del globo. Con una pazienza infinita, grande tenacia e superando mille avversità, nel Luglio del 2012 sono riuscito nel mio intento iniziale. Ci sono voluti 30 anni esatti. Nell’agosto del 2012 sono iniziati i lavori di recupero.
In questa avventura ho avuto la grande fortuna di avere al mio fianco una persona meravigliosa, con cui ho costruito tanto nella mia vita,
mia moglie Daniela, che con grande amore per me ha saputo condividere i miei sentimenti per questa mia storia di famiglia, mi ha
sostenuto nei momenti in cui le certezze vacillavano e incoraggiato quando la forza d’animo mi veniva meno nell’affrontare questa
impresa.
Ringrazio anche Loris Serafini e Cesare Andrich per il contributo che mi hanno dato nella ricostruzione storica dei luoghi e degli eventi e
per l’afflato che ha acceso in me la brama di esplorare il passato della mia famiglia e delle genti che hanno abitato questa valle.
I fratelli Ravizza
Matteo Giacomo 1864-1947
Antonio Giuseppe 1866-1951
Gaetano Bernardo 1869-19xx
Pietro 1873-1954
da una foto del 1897 Serach – Baden (Germania)
I quattro fratelli Ravizza: Matteo-Giacomo, Antonio-Giuseppe, Bernardo e Pietro, grazie al loro lavoro in Germania e Svizzera,
acquistarono nel 1895 la “növa Calonega” de Andrich e la ingrandirono inserendola in una costruzione più ampia, costituita da quattro
piani più le soffitte, un palazzo per l’epoca. Ogni fratello ebbe per sé ben sei stanze disposte in modo che ciascuno avesse una stanza su
ogni lato (nord, sud, est e ovest), più quattro gabinetti all’interno divisi in due più due. Altrettanto fecero con il deposito per la legna, gli
orti i prati e i boschi, affinché ciascuno avesse un po’ di tutto dell’eredità del padre e del proprio lavoro realizzato in collaborazione con
gli altri fratelli.
Dei quattro fratelli, Bernardo morì senza figli, lasciando i suoi beni in eredità al nipote Ermelinino-Damiano, Antonio lasciò Andrich con la
famiglia nel 1931 per stabilirsi in Francia , Matteo Giacomo rimase nella vecchia casa fino alla sua morte nel 1947 lasciando in eredità la
sua porzione di casa alla figlia Maria che vi dimorò col figlio Giacomo (Nini) e la sua famiglia fino al 1966.
Mio nonno ebbe 7 figli: Natalina, Jolanda, Maria Antonia, Romolo, Laura, Remo, Ermelino Damiano e Letizia; Laura morì all'età di 6 mesi e
Remo, all’età di quattro anni.
Mio padre, figlio di Pietro lasciò la casa natale di Andrich a dodici anni, nel 1924 per unirsi come “gaburo” alla famiglia di “careghete”
Agordini Pongan di Gosaldo che si era stabilita in Francia, ad Igny, vicino alla città di Besançon.
Rientrò in Italia dopo quasi trent’anni anni, nel 1952, e trovò un mondo completamente diverso.
Andrìch, 1969 : el Romolo dei Cramer, caregheta, costruisce una sedia; in piedi, i figli Giovanni e Amadio.
Ogni volta che tornava ad Andrich in vacanza in estate Romolo amava riprendere il suo vecchio mestiere e produceva carieghe, solo per il gusto di farle, per tutti
coloro che in paese gliele chiedevano. Alle spalle di Romolo si intravede, appoggiata vicino alla porta di casa, la bicicletta Cimatti Sport acquistata in Toscana nel ’52
per aiutarlo nel suo mestiere di artigiano ambulante.
Dal libro di Cesare Andrich
Alla morte dei nonni, la casa continuò ad essere abitata da Damiano, figlio di Pietro e da Nini, nipote di Matteo Giacomo.
Nel febbraio del 1962 Damiano si trasferì in Svizzera con la famiglia e la casa continuò ad essere abitata solo da quella del Nini, fino al
novembre del 1966, quando, a seguito degli eventi alluvionali di quell’anno, anche quest’ultima famiglia si trasferì in più a valle, ma
sempre ad Andrich, lasciandola completamente disabitata.
A dispetto di tutte le difficoltà, i miei genitori continuarono a portarmi in quella casa ed io, come loro, continuai a portarvi, d’estate e
d’inverno, tutta la mia famiglia, mantenendo vivo in noi il ricordo dei nostri avi, il loro modo di vivere, le loro opere e le loro tradizioni.
Spero che i miei figli facciano altrettanto con i loro.
Dalla pergamena dell’Archivio Parrocchiale di Vallada: 16 Maggio 1486 “magistro Antonio q.magistri Mathei murarij de Como, habitatore in villa Furni plebis Canalis”
Il cognome che porto tradisce l’origine lombarda della mia famiglia, infatti, con
ogni probabilità, sono discendente di un membro della comunità dei Maestri
Comacini. I Maestri Comacini erano costruttori, stuccatori ed artisti, raggruppati
in una Corporazione di imprese itineranti composte da professionisti specializzati
nelle arti edili attive fin dal VII secolo nella zona tra il Comasco e il Canton Ticino e
che sotto la protezione dei Re Longobardi divennero i custodi dell'arte edilizia
romana in tutt’Europa.
Partendo dalla Valtellina, dove nel 1600 esisteva un paesino in Alta Val Gerola che
si chiamava, appunto, Ravizza erano venuti a stabilirsi anche nell'Agordino nella
seconda metà del 1400. In quel tempo, ai Maestri Comacini, che erano famosi
nelle costruzioni e lasciavano dovunque le insegne evidenti delle loro eccellenti
qualità, vennero probabilmente affidati i primi lavori della chiesa di San
Sebastiano di Falcade, mentre sicuramente vennero chiamati nel 1486 per i lavori
di rinnovamento della chiesa di San Giovanni di Forno di Canale e per le opere di
ristrutturazione del castello di Andraz che ebbero luogo tra il 1484 e il 1488 ad
opera dei Maestri Jacomo, Antonio e Pedro (per pura coincidenza, i nomi di tre
dei quattro fratelli Ravizza che portarono a compimento l’ampliamento della
“calonega nova”: Giacomo, Antonio e Pietro, mio nonno)
E’ in quegli anni che Ciprian, il capostipide della mia famiglia si stabilì a Cogul, da
dove, dopo circa trecentocinquant’anni, agli inizi del 1800, i suoi discendenti si
trasferirono a Sadole (l’attuale Andrich)
Dall'Estimo del 1548: Ciprian quondam Domenego de Vallantini ditto Ravizza da Cugul della Vallada in Cernador
.
Come tutti a Vallada, anche la mia famiglia aveva un soprannome “Cramer” che
deriva da Kromer, il nome tedesco dei venditori ambulanti, in genere di merceria
da cucito.
Storia de la
Calonega Növa de Andrich
Alla fine del ‘700 la cura delle anime della Valle del Biois era affidata alla Pieve (parrocchia) di Forno di Canale, oggi Canale d’Agordo.
Il Pievano (parroco) amministrava tutta la valle con l’aiuto di Mansionari (cappellani) a lui sottoposti e residenti nelle varie zone della valle. La Mansioneria di Vallada aveva sede a Sachet Ove il Mansionario risiedeva con il compito di dire messa nella chiesa di San Simon.
Nel 1760 le Vile di Cogul, Andrich (all’epoca chiamata Sadole), e Sachet decretarono a maggioranza che il Mansionario di San Simon dovesse essere affiancato da un Primissario, incaricato di celebrare la Messa Prima all’alba per “assicurare una messa li giorni festivi nell’aurora subito sonata l’Ave Maria, acciò possa ascoltarla li pastori, ch’in passato sono sempre statti senza messa; e così possa pure le persone delle famiglie darsi gambio acciò possa uno per casa guardarsi da furti che potessero venir fatti, come in passato per troppi ne sono seguiti”.
Il permesso fu accordato dal vescovo Giovan Battista Sandi nel giugno del 1760.
C’era tuttavia il problema della canonica che venne individuata in un fabbricato sito ad Andrich e venduto per procura nell’estate nel 1760 alla Regola di San Simon da tal Simon Del Monego che lavorava ed abitava a Venezia.
Quattro anni più tardi fu consegnata la nuova canonica (la nostra casa) al Primissario don Alberto Bet.
La casa aveva: “… cinque stanze, cioè caneva in pian terreno, cucina e stua in piano primo e due camere in secondo piano….sei
careghe … due senza paia, una tina di pietra da tener buttiro.. un dipinto che rappresenta il Redentore e cornice … una monega
da letto con rame … una sacchetta di pelle ditta dell’Oglio santo, con episcide d’argento e buste di legno, fodrata di pelle, con
bossolo d’argento, dell’Oglio santo, una cotta e due stolle, un velo umerale, un rituale ed un libro delle benedizioni”
Fu così che la Mansioneria di San Simon divenne la Mansioneria Vecia con sede nella Calonega Vecia di Sachet, e fu creata la
Mansioneria nuova con sede nella Calonega növa ad Andrich.
Vallada continuava così ad essere seguita da due Mansionari: il Mansionario principale che abitava a Sachet e il Primissario che
abitava ad Andrich e che si recava tutte le mattine a dir messa alla chiesa di San Simon.
Nel 1837 moriva l’ultimo Primissario, don Luigi Soppelsa e con la sua morte venne soppressa definitivamente l’istituzione del
Primissario di Vallada.
Su un libretto del 1994 (Sacerdoti della Valle del Biois), scritto da Don Ausilio Da Rif, il più anziano dei
sacerdoti viventi della Val del Biois e decano della cattedrale di Belluno, trovo l'elenco dei mansionari della
Mansioneria Nuova di San Simon, che hanno abitato la Calonega di Andrìch dal 1760 (data di istituzione
della mansioneria) fino al 1837 (data di fusione della mansioneria “nuova” con quella “vecchia” in Sachet)
Loris Serafini
1760-1771 Antonio Bet, di Valerio e Giacoma De Mio, nato a Fregona (Canale d'Agordo) il 6.8.1730; ordinato
sacerdote nel 1754; cooperatore in Canale dal 1754 al 1760; mansionario di San Simon dal 1760 al
1771; mansionario di Falcade dal 1771 al 1800; morto il 21.1.1800 a Falcade.
1771-1803 Andrea Andrich di Giovanni Paolo e Caterina: nato al Col (Canale d'Agordo) il 6.5.1736; ordinato
sacerdote nel 1759; cooperatore in Canale dal 1759 al 1771; mansionario di San Simon dal 1771 al
1803; morto il 16 giugno 1803.
1803-1805 Pietro Andrich, di Giovanni Battista e Anna Maria Cordella, nato al Col (Canale d'Agordo) il
25.9.1756; ordinato sacerdote nel 1780; mansionario a Carfon dal 1780 al 1803; mansionario di San
Simon dal 1803 al 1805 (sostituto); mansionario di Carfon dal 1807 al 1816; morto il 12.3.1816
1805-1822 Pietro Antonio Gabrieli di Laste (Rocca Pietore), mansionario di San Simon dal 1805 al 1822
1824-1837 Luigi Soppelsa di Cencenighe, ultimo mansionario della mansioneria nuova di San Simon
Questa fotografia è di Pompeo Breveglieri che dal 1896 al 1900 catturò le immagini dei paesaggi delle valli bellunesi ad uso dei molti turisti inglesi (Amelia Edwards), francesi e tedeschi che frequentavano la zona attratti dal gruppo delle Pale di San Martino.
Le freccia indica la Calonega di Andrich, prima che i fratelli Ravizza procedessero all’ampliamento
11 Dicembre 1878 - Conferimento beni alle Manisonerie vecchia e nuova riunite di Sacchet di
Vallada
La "Mansioneria vecchia" di San Simon fu fondata nel 1681 dalla
Regola di Vallada insieme a quella di Carfon-Fregona e Feder. Ebbe
21 Mansionari fino alla costituzione della Parrocchia nel 1938.
Nel 1760 fu fondata la 'Mansionenia nuova" (o Primissaria) dai soli
"comuni" di Sacchet, Andrich e Cogul per la "Messa prima" a San
Simon. Ebbe 4 titolari fino aI 1822 e nel 1835 fu unita alla
"Mansioneria vecchia". Quando la Mansioneria nuova fu unita alla
vecchia, tra i beni patrimoniali si trova anche la "casa di Andrich",
oltre ovviamente alla canonica di Sachet.
La casa è descritta nel conferimento della Mansioneria a Don
Vincenzo Casaril l’11 dicembre 1878 (e non appare più nei
successivi conferimenti; una nota sul frontespizio dell'Atto di
conferimento a Don Domenico Da Pian, nel 1901 si trova
l’annotazione: Casa di Andrich venduta 8.3.1895
“Nel comune censuario predetto (Vallada n.d.r.) la vecchia casa canonica posta nel centro del Villaggio di Andrich al mappale 68 di pert. 0,11 £ 4,20 confina a mattina strada, mezzodì e sera De Lazzer Battista, settentrione Lucchetta Marco. Composto di piano terra, 1° e 2° piano. Al piano terra trovasi un’ampia cantina avente due porte, l’una esterna a mattina, ed una granda interna mettoli in comunicazione per una scala a due rampe col corridojo del piano 1°. Questo ha un corridojo sul fianco ad uso d’entrata con porta a mattina a sinistra del quale si ha una stufa foderata in legname ed in adiacenza piccola cucina. Da questo piano per una scala a due rampe di legno si passa al 2° piano con corridojo sovrastante ad quello del piano 1° dal quale si accede a due basse stanze da letto; all’estremità del predetto corridojo, di fronte alla scala, una porta conduce ad un solaio che abbraccia i lati di mezzodì e mattina. Per altra scala di legno a due rampe si passa alla soffitta che comprende tutta l’area dello stabile. Il coperto è a scandole e nel complesso il fabbricato abbisogna di rilevanti restauri. Si attribuisce il valore di £ 800.”
Storia della
Gesiola de Andrich
Nel maggio 1823 il Primissario di San Simon,
Pietro Gabrieli, gravemente malato domandava
al vescovo il permesso di poter celebrare la
messa senza salire ogni giorno alla chiesa di San
Simon. La richiesta fu accolta e venne individuata
nella stanza di proprietà di tal Giovanni Andrich
fino ad allora adibita a scuola per i fanciulli di
Cogul e Andrich, pochi passi distante dalla
calonega nuova, il luogo da consacrare a cappella
privata per il Primissario. La stanza venne usata
dal primissario per circa una anno, fino alla sua
morte sopraggiunta nel 1824 e da allora
trasformata da cappella privata a Oratorio del
villaggio di Andrich.
La chiesetta conteneva inizialmente le statue lignee , scolpite da Zaneto dei Bes, e raffiguranti i santi Piere e
Paolo, protettori del villaggio dalle boe (violente esondazioni dei torrenti che portavano distruzione e infertilità
dei campi).
Solo successivamente venne aggiunta, al centro, la statua di San Giuseppe, comprata da Giuseppe Tomaselli,
”ricco” imprenditore nella povera Vallada, fondatore dell’Osteria Polenuz, vicino al forno del pane, e donata
alla chiesa, con altri fondi per il restauro, negli anni ’20. Fu così che il patrono diventò San Giuseppe, ovvero il
santo di cui il Tomaselli portava il nome.
Enrio da Sadole
detto Handrig Il paese di Sadole era il più importante e più popolato del territorio di Vallada, ebbe il suo vecchio nome dal
fatto di trovarsi sotto il Dolà (su a Dolà) poi per ellisione Sadola o Sadolè.
IL DOLA’, l’orologio dei nostri nonni, da cui deriva il vecchio nome di ANDRICH, SADOLE, ovvero, ai piedi del DOLA’
Al mattino il sole sorge a EST e il lato a OVEST del Dolà è in ombra
Quando tramonta il sole il lato a OVEST del Dolà è illuminato
Il Dolà è un crepaccio del monte di Franzei (Guardando la forcella di Pianezza, in basso a destra), assai
importante perché segnava l'ora del mezzogiorno ai nostri antenati privi di orologio.
Andrich deriva il suo nome da Andrigo, Arrigo o Enrico (in tedesco Heindrich). Una persona di tal nome abitava
nella zona già nel XV secolo.
Da oltre un secolo il paese ha perduto il suo antico nome e acquisito quello di Andrich perchè un certo Enrio da
Sadole detto Handrig, come risulta dai registri, ebbe molti figli e discendenti, i quali ereditarono dal padre e
antenato anche il loro cognome d'Andrich.
Sul fronte sud e ovest, sono stati piantati 24 micropali per una profondità di 13 mt
ciascuno, in seguito collegati a una gabbia di sottofondazione sia interna che esterna per
tutto il perimetro della casa.
Gli aspetti strutturali
Dal punto di vista strutturale la casa era di fatto costituita da due
corpi strutturalmente distinti ed estranei l’uno all’altro: il primo, più
piccolo e antico, del 1700 circa, e l’altro più nuovo, del 1800.
Entrambi i corpi erano stati realizzati con tecniche costruttive
differenti, tipiche delle due diverse epoche: la parte vecchia, del
‘700 con le fondazioni a grandi conci di pietra su cui poggiavano le
murature con sassi a calce, la seconda, dell’800, con conglomerato
di sassi, tipo il “magrone” odierno su cui poggiavano i poderosi
conci squadrati costituenti i muri portanti.
Entrambe avevano subìto assestamenti differenziati per l’ovvia
disarmonia delle fondazioni. Questa disomogeneità di
assestamento si era aggravata nella parte della casa nuova, a
ponente, in quanto costruita su un terreno che, seppur contiguo a
quello della casa vecchia, aveva caratteristiche di compressione ai
carichi decisamente inferiori.
Questa inadeguatezza strutturale del terreno si era ulteriormente
aggravata a seguito degli slavamenti delle fondazioni derivanti dal
mancato imbragamento sia delle acque meteoriche che di quelle di
utilizzo domestico (Era usanza negli anni ’50 tenere aperta l’acqua
nelle notti invernali per evitare che gelasse).
Sul lato nord è stata creata una trincea di drenaggio delle acque
meteoriche sia profonde che superficiali
Gli aspetti architetturali La casa era stata suddivisa dai quattro fratelli inspirandosi ai principi delle “Regole” nella equa gestione del patrimonio comune.
Questo voleva dire che i benefici e i disagi del godimento della casa fossero equamente ripartiti tra i quatto fratelli, ovvero che se uno
avesse avuto una stanza esposta a sud, e quindi più luminosa e calda, ne avrebbe avuta un’altra a nord, più buia e fredda, così come se ne
avesse avuta una al piano basso, con minor fatica per salire le scale, ne avrebbe avuta un’alta ai piani altri.
Fermo restando quanto sopra l'edificio si componeva di 4 unità abitative regolarmente distribuite ai vari piani come dalla consuetudine
della civiltà contadina di montagna, ossia, le cantine in basso, le cucine e le stue (una coppia per fratello) al primo e secondo piano, le
camere da letto ai piani superiori ed infine le soffitte col soler ed il sottotetto.
La casa era goduta tutta assieme, da tutti: tutte le stanze si affacciavano al corridoio comune del piano e le scale erano centrali all’edificio.
Il soler all’ultimo piano era comune a tutti. I servizi igienici, i “condutt”, uno per famiglia, erano stati ricavati in un corpo esterno, annesso
e collegato direttamente all’edificio principale.
Una disposizione “a scacchiera” che mal si prestava all’utilizzo secondo le logiche attuali che vedono gli edifici suddivisi in appartamenti
dislocati interamente sullo stesso piano e chiusi all’accesso degli altri “condomini”.
Lo spirito che ha animato il recupero ha voluto conservare integralmente i locali nella loro architettura dell’epoca, cambiandone
semplicemente la destinazione d’uso. Ad esempio, una la stua è stata convertita in camera da letto e una cucina è stata destinata a
ospitare i bagni.
A parte questa riconfigurazione dell’edificio in appartamenti, tutti i componenti della casa sono stati recuperati all’originale.
Le antiche stue…
…ricoperte di “fodre” di abete sono state smontate,
sverniciate e rimontate, con coibentazione, secondo lo
schema originale
Gli antichi pavimenti… … in tavole di abete e larice di 3-4 cm di spessore sono
stati rimossi con cura, lavorati in “cartelle” di prima e
seconda “patina” e incollate per diventare
indeformabili come i pavimenti moderni, ma
conservando l’aspetto e il calore del pavimento antico
Le antiche serrature … Le serrature delle porte sono state smontate, oliate
ed integrate con pezzi originali in stile Biedermeir
rinvenute in Germania, Austria e Svizzera, dove i
nonni Ravizza a fine ottocento si recavano durante le
stagionali attività che svolgevano in quei paese.