specie: homo di homo neanderthal neanderthalensis neanderthalensis.pdf · fuhlrott comprese che le...
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HOMO
NEANDERTHALENSIS
SPECIE: Homo di
Neanderthal
ETÀ: da 220.000 a
30.000 anni fa
LOCALITÀ: Europa
e Asia
INDICE
DISTRIBUZIONE TERRITORIALE.
IL FOSSILE RITROVATO DEL 1856.
CARATTERISTICHE MORFOLOGICHE.
LA LAVORAZIONE DELLA PIETRA.
DOVE ABITAVANO.
LA CACCIA.
LA VITA SOCIALE.
LE SEPOLTURE
LE CAPACITÀ LINGUISTICHE.
IL FLAUTO RITROVATO IN SLOVENIA.
LA SCOMPARSA DELL'INTERA POPOLAZIONE NEANDERTALIANA.
DISTRIBUZIONE TERRITORIALE
I neanderthalani si svilupparono nella fascia compresa tra Gibilterra e l’Estremo
Oriente tra 220.000 anni fa e 30.000 anni fa.
Strettamente connessi al territorio europeo, i neanderthalani poi emigrarono nel
medio oriente, negli attuali territori di Iraq, Siria, d'Israele, fino in Asia centrale
(Uzbekistan) e in Siberia. L'evoluzione che ha condotto alla comparsa dell'Homo
neanderthalensis, o «neandertalizzazione», è stata lenta e progressiva.
I Neandertaliani tipici, con
caratteri derivativi più
marcati hanno un'età
compresa tra i 200.000 e i
25.000 anni, data degli
ultimi rinvenimenti fossili, e
presumibilmente della loro
sparizione.
Cartina di distribuzione dei principali neandertaliani classici
Gli ultimi Neandertaliani noti son stati rinvenuti in Portogallo, in Spagna (Zafarraya, -
30.000 anni), in Croazia (Vindija, - 32.000 anni) e nel nord-ovest del Caucaso
(Mezmaiskaya, - 29.000 anni). Come già visto queste date son da considerare con
precauzione, e son spesso controverse.
Si ricordano anche gli scheletri di La Chapelle-aux-Saints, di Moustier, di La
Ferrassie, di La Quina, di Saint-Césaire nel sud-ovest della Francia o della Spy in
Belgio.
Alcune ricerche condotte dal 1999 al 2005 sulla grotta di Gorham a Gibilterra
suggeriscono che i Neandertaliani le hanno abitate dai – 28.000 – 24.000 anni.
Dunque una lunga coabitazione con Homo sapiens, geograficamente presente già da
32.000 anni.
TORNA
IL FOSSILE RITROVATO DEL 1856.
La denominazione Homo neanderthalensis viene da dalla gola di Neander una valle
vicino Dusseldorf, così chiamata in onore del teologo pastore organista compositore
del XVII° secolo Joachim Neumann (cognome che, tradotto in greco antico, suona
come Neander), che vi si recava a preparare i suoi sermoni domenicali. Nel 1856, in
una delle tante grotte della suddetta valle, che doveva essere sfruttata come cava di
calcare, alcuni operai, a circa 1,5 m di profondità, rinvennero vari resti scheletrici,
fra cui una calotta con caratteristiche decisamente arcaiche.
La notizia pervenne al dr. Johann K. Fuhlrott, insegnante presso il ginnasio di lberfeld
ed appassionato di scienze naturali. Fuhlrott comprese che le ossa appartenevano a un
tipo umano primitivo, ancora sconosciuto, e si rivolse ad Hermann Schaffhausen,
professore di anatomia all’università di Bonn.
Nel giugno 1857 entrambi
presentarono una comunicazione
scientifica sul ritrovamento,
sostenendo la teoria, secondo la
quale le ossa erano da attribuirsi a
un antico genere umano
primitivo. La teoria venne accettata dai geologi e anatomisti inglesi e nel 1864 il geologo
William King, allievo di Ch. Lyell,
utilizzò il ritrovamento per
definire una nuova specie umana:
l’ Homo neanderthalensis.
Al contrario, in Germania questa tesi venne respinta e prevalse l’opinione che i resti dovessero attribuirsi a un individuo di età recente affetto da deformazioni patologiche.
Quest’ultima interpretazione fu spazzata via definitivamente dal paleo antropologo
tedesco Gustav Schwalbe nel 1901, che ribattezzò i resti dell’uomo di Neanderthal
Homo primigenius.
Nel frattempo numerosi nuovi ritrovamenti dimostrarono l’antichità e l’effettiva
esistenza di un tipo umano differente da quello attuale. Negli anni 1911-1913 Marcelin
Boule pubblicò uno studio dettagliato ed esaustivo della sepoltura de La Chapelle-aux-
Saints, fornendo una interpretazione che per molti anni resterà come un punto di
riferimento fondamentale. Purtroppo, Boule esasperò gli aspetti primitivi e
“scimmieschi” del Neanderthal, ricostruendo in modo non esatto le parti mancanti
dello scheletro ed attribuendogli un’andatura non perfettamente eretta come quella
dell’uomo moderno: il collo e la testa piegati in avanti, le gambe un po’ flesse, il piede
poco arcuato che appoggiava al suolo solo sul lato esterno, l’alluce divaricato.
L’uomo di Neanderthal veniva, quindi, escluso dalla diretta ascendenza umana, opinione
che sarà condivisa anche da Arthur Keith. Paradossalmente, nel XIX° secolo, studiosi
come Boule, Keith ed Elliott Smith erano arrivati a conclusioni errate in quanto non si
erano resi conto che l’uomo della Chapelle-aux-Saints era affetto da gravi
deformazioni artritiche che avevano colpito la colonna vertebrale
TORNA
CARATTERISTICHE MORFOLOGICHE.
Gli uomini di Neanderthal avevano una statura di 1,5-1,65 m circa, e andatura
perfettamente eretta. A livello strutturale presentavano scheletri robustissimi, un
cranio leggermente più basso del nostro, arcate sopraorbitali sporgenti, un cervello
addirittura più sviluppato volumetricamente di quello dell’uomo moderno (1650 cm3),
una fonte ancora abbastanza sfuggente
all’indietro, mascella superiore molto
massiccia, narici larghe e un cranio sporgente
lungo la linea mediana. Le ossa delle gambe e
del torace erano più robuste di quelle dell’uomo
moderno e indicavano una potente muscolatura.
Curiosamente questo carattere si riscontra
ancora fra i Lapponi e gli Eschimesi attuali e
viene generalmente interpretato come una
forma di adattamento ad un clima più freddo.
FILMATO 1
Anche gli animali che
vivono in climi freddi (p.
es. i pinguini o gli orsi)
tendono ad avere un corpo
tozzo, quasi tendente
all’ovoidale, ciò perché
hanno la minor superficie
corporea possibile in
rapporto alla loro massa, e
ciò aiuta a conservare il
calore come si può intuire.
Altri loro aspetti morfologici confermano questo fatto, ad es. la grande ampiezza
delle cavità nasali, che permetteva all’aria inspirata di riscaldarsi più rapidamente
prima di pervenire ai polmoni. I neanderthalani avevano anche un arco superiore del
bacino alleggerito che creava un foro tra le ossa pelviche più sviluppato così da
avvantaggiare il parto.
Avevano dunque una struttura ossea idonea alle dure condizioni ambientali e al genere
di vita che conducevano. Con l’uomo di Neanderthal si trovano per la prima volta resti
fossili di adulti in età avanzata, il che significa certo un miglioramento delle condizioni
di vita legato allo sviluppo culturale.
TORNA
LA LAVORAZIONE DELLA PIETRA.
I neanderthaliani hanno lasciato anche una cultura materiale di grande livello.
Producevano raschiatoi, punte di
freccia, pugnali molto raffinati con una
capacità di progettazione che
sottintende una certa capacità di
astrazione.
L'uomo di Neandertal inizia a evolvere
in un contesto culturale Acheuleano
superiore, dove i manufatti bifacciali
cambiano forma, migliorano la punta e
diminuiscono di spessore.
Nell'industria litica compare la nuova
tecnica di scheggiatura detta
“Levalloisiana” (da Levallois, alla
periferia di Parigi). Da un nucleo litico
iniziale, sgrossato fino a portarlo a una
forma biconvessa, lateralmente su di una
faccia si staccano parallelamente a un
piano di base schegge di forma regolare.
Questa tecnica permetteva non solo di
controllare la grandezza e la forma della
scheggia che si voleva estrarre, ma le
schegge avevano forma e dimensioni
standardizzate e, quindi, estremamente
funzionali. Oggetti di questo tipo si
diffonderanno ben oltre la zona di sviluppo dei neandertaliani: sono attestati, ad
esempio, in Cina, in India e in Sudafrica.
Questa tecnica evolve e le forme chiamate amigdale (a mo' di mandorla)
dell'Acheuleano scompaiono, anche se a sud del Sahara continuerà fino al 50 000 a.C.
circa.
In Europa, territorio
principale del
Neandertal, si parla di
cultura Musteriana,
da ritrovamenti a Le
Moustier, in
Dordogna. Abbiamo
punte triangolari,
raschiatoi (per la
preparazione delle
pelli) molto rifiniti,
col bordo tagliente
finemente ritoccato.
TORNA
DOVE ABITAVANO.
I neandertaliani erano essenzialmente nomadi ed occupavano località diverse in
funzione della variabile disponibilità stagionale delle risorse.
I siti del periodo di cultura Musteriana (Paleolitico Medio) comprendono:
• campi base semipermanenti in prossimità di acque perenni
• siti temporanei in prossimità di fonti di cibo stagionali o di pietre utili.
Abitavano in grotte naturali o in ripari sotto roccia o in tane artificiali scavate
nel terreno: tutti rifugi provvisori e momentanei, che gli individui occupavano e
abbandonavano secondo le esigenze della loro vita errabonda.
TORNA
LA CACCIA.
Si è discusso molto e si discute tuttora sulle tecniche di caccia utilizzate dal
Neanderthal.
Tra la tesi estrema di L. Binford, che il Neanderthal fosse ancora un animale spazzino, necrofago, più che un cacciatore, e quella opposta che fosse un cacciatore altamente specializzato, la documentazione archeologica sembra indicare una via di mezzo.
I Neanderthal erano dei veri
cacciatori, ma non molto specializzati,
potevano cacciare o anche sfruttare,
come sciacalli, qualunque preda si
trovasse nel loro territorio, senza
praticare una forma specializzata di
caccia. Se trovavano in un luogo
abbondanti disponibilità di fauna, non
disdegnavano la stanzialità, correndo il
rischio di andare incontro a forti
stress nutrizionali in determinate
stagioni dell’anno. Questo fatto sembra
confermato dall’analisi dei denti.
Un’analisi condotta su 300 resti
neanderthaliani ha riscontrato un tasso
del 40% di ipoplasia, una patologia che
consiste in un mancato sviluppo
completo dei denti e che è causata da
stress nutrizionali nei primi sette anni
di vita.
I Neanderthaliani cacciavano utilizzando lance di legno, sulle quali potevano essere
montate delle punte di selce. Non avendo tecniche di lancio a distanza, quali quelle
consentite dall’arco o dal propulsore, erano costretti ad affrontare gli animali a
distanza piuttosto ravvicinata, quasi in un corpo a corpo.
Se ciò era possibile grazie alla loro straordinaria robustezza, è anche vero che
probabilmente a questa pratica si deve l’alto numero di lesioni traumatiche riscontrate
sulle ossa degli uomini di Neanderthal.
Il riparo di La Quina in Francia documenta l’utilizzo di un’altra tecnica di
caccia, che consisteva nello spingere gli animali verso punti ristretti o verso un
dirupo al cui piede si trovavano appostati in agguato altri cacciatori. Infatti,
alla base del dirupo di La Quina sono state rinvenute ammucchiate molte
ossa di bovidi, cavallo
e renna, macellati sul
posto dopo essere
stati uccisi
molto probabilmente
in questa maniera. In
Europa occidentale i
Neandertaliani
cacciavano
soprattutto cervidi
nella prima fase del
Würm, bue primigenio,
bisonte e cavalli
durante la seconda fase più fredda e secca, mentre alle latitudini più meridionali la
principale preda era lo stambecco cibo. Accanto alla carne consumavano
occasionalmente anche frutti, grani e fogliame. Del mammuth nei depositi archeologici
sono rappresentate soprattutto le ossa di individui giovani. Occasionalmente anche
l’orso poteva essere oggetto di caccia.
I mammiferi di media taglia come cervo, renna, stambecco, camoscio, erano
trasportati interi al campo base e qui scuoiati e macellati. Animali di dimensioni
maggiori come il Bos primigenius e il bisonte venivano macellati nel luogo di
abbattimento, dove veniva poi abbandonata la colonna vertebrale, mentre gli arti
erano trasportati al campo base. La occasionale presenza di bruciature sulle ossa degli
animali fa pensare che talvolta a volte la carne venisse cotta alla brace. FILMATO 2
TORNA
LA VITA SOCIALE.
Gli uomini di Neanderthal avevano il pieno controllo dell’uso del fuoco ed erano anche
in grado di riprodurlo come mostrato dai focolari rinvenuti nei loro abitati.
Da sempre bollato come il "primitivo" per eccellenza,
l'uomo di Neanderthal potrebbe finalmente scrollarsi di
dosso questa etichetta e guardare da pari a pari l'Homo
Sapiens. A riscattarlo è la prova che era capace di
concepire e apprezzare un concetto astratto come la
bellezza, tanto da ornarsi con trucchi dai colori vivaci e
gioielli di conchiglie. Il beauty-case dei Neanderthaliani è
stato scoperto in Spagna ed è descritto nella rivista
dell'Accademia delle Scienze degli Stati Uniti, Pnas. Nei siti Cueva de los Aviones
(foto sopra) e Cueva Anton, entrambi nel Sud-Est della Spagna, i ricercatori
dell'università britannica di Bristol, coordinati da Joo Zilho, hanno scoperto conchiglie
che avevano la funzione di contenitori per pigmenti e altre conchiglie forate,
probabilmente utilizzate per fare collane.
Resta il fatto che nei
siti castelperroniani,
per esempio ad Arcy-
sur-Cure (foto
accanto) in Francia, si
sono trovati
ornamenti: conchiglie
e denti di cervo,
traforati, in modo da
farne pendenti per
collane o bracciali.
Quando nel 1996
Jean-Jacques Hublin
ha dimostrato che i
resti umani trovati ad
Arcy-sur-Cure erano
neandertaliani,
abbiamo avuto la
prova che i
neandertaliani, ormai vicini alla fine della loro storia, si decoravano il corpo.
Forse in un futuro prossimo dovremo riconsiderare una volta per tutte l'immagine
collettiva che abbiamo dell' Uomo di Neanderthal. Se fino a non molti anni fa veniva
considerato come una sorta di scimmione dotato di linguaggio rudimentale e di qualche
piccola e primitiva forma di creatività e di tecnologia, negli ultimi anni abbiamo
imparato che non solo che il Neanderthal era molto più intelligente di quanto
pensassimo in precedenza, ma era anche culturalmente evoluto sotto diversi aspetti,
tanto da poter mercanteggiare con i Sapiens.
Le attività commerciali dei Neanderthal erano stato dedotte dal ritrovamento di
alcuni artefatti rinvenuti in siti preistorici, artefatti che venivano giudicati di fattura
Sapiens per via della loro complessità di realizzazione.
Secondo l'antropologo Julien Riel-Salvatore tuttavia, gli oggetti che si presumeva
fossero stati acquistati da comunità di Homo Sapiens non sono affatto il risultato di
uno scambio commerciale, ma dell'ingegno dei Neanderthal stessi, che sarebbero stati
molto più tecnologicamente evoluti di quanto si fosse mai pensato.
TORNA
LE SEPOLTURE.
Il ritrovamento di individui in età avanzata o portatori di lesioni invalidanti dimostra
che gli uomini di Neanderthal si prendevano cura dei propri simili, ma potrebbe essere
sbagliato interpretare ciò, alla luce della nostra mentalità, come “compassione”.
In Francia a La Chapelle-aux-Saints,
nel 1908 in una piccola grotta (foto a
sinistra) fu scoperto lo scheletro di un
individuo adulto maturo, dell’età di ca.
40 anni, deposto in una fossa scavata
nel substrato calcareo, lunga 1,45 e
larga 1 m, profonda 30 cm, una
sepoltura intenzionale (foto sotto). Lo
scheletro era disteso sul dorso, la
testa rivolta verso ovest, il braccio
destro ripiegato e quello sinistro diritto,
mentre le gambe erano ripiegate verso il lato
destro. Vicino alla testa vi erano ossa animali,
molte delle quali recavano segni dell’azione
del fuoco, al pari del sedimento circostante.
L’uomo di questa sepoltura era ormai vecchio per l’epoca e aveva subito una serie di
traumi e malattie: una frattura alla mandibola, la perdita di gran parte dei denti, una
grave forma di artrite deformante. Per sopravvivere così a lungo in quelle condizioni,
qualcuno doveva provvedere a fornirgli il cibo, poiché certamente non poteva più
andare a caccia, e probabilmente era necessario pre-masticare il cibo prima di
darglielo, nonché assisterlo nei movimenti e negli eventuali spostamenti.
Non si tratta di un caso isolato. Recentemente, nel luglio 2000, a Bau l’Aubesier, una
caverna della Vaucluse, in Provenza (foto sotto) , è stata scoperta una mandibola
appartenuta a un individuo che aveva perso i denti a
causa di un’infezione e che era sopravvissuto a
questa patologia per diversi anni. La sopravvivenza
sarebbe stata impossibile senza l’aiuto del gruppo al
quale apparteneva. Il cibo per un individuo così
debole doveva essere preparato, cotto, tagliato e
forse anche pre-masticato da qualcuno che lo
assisteva. È vero che una persona senza denti può
consumare cibo molto soffice, come molluschi,
lumache ed anche vermi, se necessario, ma non
risulta che i Neanderthaliani facessero uso di questo
genere di cibo. La caverna di Bau l’Aubesier ha restituito anche una importante
documentazione sull’uso controllato del fuoco e sull’organizzazione dello spazio
domestico, nonché sull’industria litica.
Questi esempi sono la chiara testimonianza di forti vincoli sociali e affettivi tra i membri dei gruppi neandertaliani, la cui esistenza è ulteriormente avvalorata dal fatto che l’uomo di Neanderthal seppelliva i propri morti ed aveva già elaborato un rituale funerario.
Infine, uno dei casi più straordinari è la sepoltura di Shanidar (la grotta si trova in
Iraq), poiché l’analisi pollinica dei campioni prelevati in diversi punti dell’area della
sepoltura, ubicata a 15 m dall’entrata della grotta, ha rivelato in corrispondenza dello
scheletro una forte concentrazione di pollini di diversi fiori di colore giallo (Achillea,
Senecio, Centaurea), blu (Muscari) ed alcune Malvacee.
Alcuni pollini erano come incollati insieme a dozzine o a centinaia e l’unica spiegazione
dell’anomala concentrazione non può che essere l’introduzione da parte dell’uomo e non
la dispersione casuale da parte di animali o dall’azione del vento.
Quindi, i Neanderthaliani avevano deposto fiori nella tomba.
Certamente gli uomini di Neanderthal avevano strutture sociali molto più complesse di
tutti gli Ominidi precedenti, ma dire che l’assistenza fornita ai feriti e la sepoltura
dei morti indichi legami sociali ed affettivi simili ai nostri è ancora prematuro, per non
dire che pecca d’ingenuità. Qualcuno infatti mette in dubbio ciò asserendo che non
necessariamente la sepoltura di un cadavere implica credenze nell’aldilà o un contesto
di cerimonie magico-religiose.
TORNA
LE CAPACITÀ LINGUISTICHE.
Nell’uomo moderno la laringe e la faringe (che ci permettono il linguaggio) sono
conformate diversamente che nell’uomo di Neanderthal; negli uomini moderni la laringe
è posta più in basso rispetto all’uomo di Neanderthal e quindi la faringe, cioè il canale
che sta tra il palato molle e l’epiglottide e nel quale avviene la fonazione risonante, è
molto più lunga che nel Neanderthal.
I suoni del linguaggio articolato dell’uomo moderno sono resi possibili dalle corde
vocali poste nella laringe, le quali imprimono delle vibrazioni al flusso d’aria espirata,
vibrazioni che sono poi ulteriormente modulate nella bocca producendo le vocali,
mentre le consonanti sono prodotte articolando le vocali con le labbra (labiali), la
lingua e i denti (dentali), la lingua e il palato ( gutturali).
Il linguaggio verbale non consiste soltanto nell’emissione di suoni articolati,
bensì nell’associare a determinati suoni un determinato significato e
la codificazione di questa associazione avviene nella corteccia cerebrale.
Il linguaggio verbale richiede quindi facoltà elevate di astrazione e simbolizzazione.
Nonostante la struttura ossea e muscolare nella zona orale fosse massiccia, vi sono
quindi buone ragioni per pensare che i neandertaliani fossero in grado di esprimere
una forma di linguaggio piuttosto sofisticato, ma probabilmente con suoni differenti
da quelli dell’uomo moderno.
TORNA
IL FLAUTO RITROVATO IN SLOVENIA.
Una delle possibili prove delle capacità linguistiche proviene da una caverna nella valle
della Idrijca (Slovenia) dove nel 1996 è stato scoperto un flauto ricavato da un
femore di un giovane orso. Lo strato dove è stato rinvenuto è stato datato attorno ai
44.000 – 48.000 anni fa ed era pertinente al Musteriano Il reperto è conservato per
una lunghezza di 11,5 cm, originariamente doveva essere intorno ai 14 cm, e conserva
ancora due fori circolari intatti e altri due frammentari alle estremità. I fori, regolari
ed allineati tra loro, hanno un diametro di 9 mm. La disposizione dei fori corrisponde
bene alla posizione delle dita su un flauto, dunque potremmo trovarci davanti al più
antico strumento musicale conosciuto. Importante è il fatto che la distanza tra il
secondo e il terzo foro sia il doppio di quella tra il primo e il secondo. In questo caso
avremmo una scala diatonica minore con quattro note: “mi, fa, sol, la”.
Alcuni autori hanno espresso l’opinione che i fori non siano stati prodotti dall’uomo, ma
da animali che hanno rosicchiato l’osso.
Ma la presenza di tre, e molto probabilmente quattro, fori allineati tutti con ugual
diametro, il fatto che la distanza dei fori corrisponda alla spaziatura di una scala
musicale e la mancanza di altri eventuali segni dell’azione di animali rendono questa
ipotesi estremamente improbabile. Sulla faccia opposta in corrispondenza del terzo
foro si trova un altro foro, conservato solo parzialmente, ma è incerto se si tratti
effettivamente del foro del pollice. Se così fosse, l’imboccatura dello strumento
andrebbe collocata dalla parte di quello che abbiamo descritto come quarto foro.
L’esistenza di uno strumento musicale, un flauto, presuppone che i Neandertaliani
producessero musica e quindi possedessero facoltà di astrazione analoghe a quelle
richieste dal linguaggio.
TORNA
LA SCOMPARSA DELL'INTERA POPOLAZIONE NEANDERTALIANA.
La scomparsa dell’uomo di Neandertal fu un processo lento e di lunga durata e non si
verificò in modo uniforme ovunque.
Da tempo ci si chiede come mai attorno ai 30.000 anni circa fa questo sia potuto
accadere.
Secondo alcuni scienziati i Neanderthal si sarebbero fusi con i nuovi venuti
(Sapiens) e, avendo caratteri genetici regressivi, avrebbero lasciato in noi una
modesta eredità. Se fossi così una parte di sangue neanderthaliano
scorrerebbe anche nelle nostre vene. Questa ipotesi però è molto problematica
da sostenere. Recenti analisi sul DNA mitocondriale hanno recentemente
dimostrato che l’ipotesi è molto remota.
Secondo un’altra teoria, i Sapiens Sapiens, già insediati in Africa e in Australia
avrebbero iniziato una lenta invasione dell’Europa sottomettendo e decimando i
Neanderthal che disponevano di armi meno sofisticate. Sembra certo che vi
siano stati contati tra uomo di Neandertal e uomo moderno. Tali contatti
avrebbero dato luogo a fenomeni di acculturamento, e a fenomeni di ibridazione
culturale, almeno occasionali. L’ipotesi non è però facilmente sostenibile dal
momento che, abbiamo visto, i Neanderthal disponevano di buone competenze
tecnologiche.
Nel 2005 sul Journal of Economic Behaviour and Organization Jason Shogren,
economista dell'Università del Wyoming di Laramie, pubblica con i suoi
collaboratori un articolo in cui avanza una teoria sulla scomparsa dell'uomo di
Neandertal. Lo studioso avanza l'ipotesi che H. neanderthalensis si sia dovuto
scontrare con la particolare cultura dell'H. sapiens: questa cultura si basava su
tecniche avanzate di commercio, cosa che portava più tempo libero rispetto a
una cultura basata sulla caccia. Il tempo libero ottenuto avrebbe permesso lo
sviluppo di specializzazioni non strettamente legate alla sussistenza, come
costruire utensili sempre più complessi o dedicarsi all'arte. La complessità e la
versatilità di una tale cultura avrebbe avuto esito fatale per la più
"tradizionale" cultura dei Neandertal.
Alcuni puntano il dito sulle variazioni del clima e in particolare sulla possibilità
di carenze energetiche derivate dall’esaurirsi delle glaciazioni, un fenomeno che
certamente portò ad un precoce esaurimento della fauna di grandi mammiferi
che popolava l’Europa.
Un’altra teoria è quella epidemiologica per cui i sapiens avrebbero avuto alcuni
anticorpi capaci di farli sopravvivere ad una epidemia particolarmente
aggressiva.
Stephen Kuhn e Mary Stimer dell'università dell'Arizona, sulla rivista Current
Anthropology, propongono, documentandola, la tesi per cui la principale causa di
estinzione fu la mancata suddivisione dei lavori tra i sessi. I più organizzati
sapiens, più efficientemente, poterono competere affidando alle donne compiti
stanziali, e meno gravosi, affidando ai maschi i ruoli di cacciatori e
approvvigionatori di materiali. La prole, protetta e anch'essa stanziale, avrebbe
avuto più possibilità di sopravvivenza.
Come dimostra la varietà delle teoria, la scomparsa repentina di Neanderthal dal
quadro europeo è un fitto mistero.
TORNA