sofà #7 - febbraio 2009

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Il trimestrale dei sensi dell'arte

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www.editalia.it 800 014 858numero verde

Il bello della cultura.

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Codice di Medicina e Farmacia diFederico IIUn fantastico viaggio alla ricerca delle radici del sapere medico

Una collezione di codici miniati e documenti cartografici antichi splendidamente restituiti in facsimile, in tiratura limitata e numerata.

Andreas Cellarius. Atlas Coelestis seu Harmonia MacrocosmicaRD 167 - Biblioteca Nazionale Centrale Vittorio Emanuele II, Roma NOVITÀ

Giacomo Maggiolo. Carta nautica del bacino del Mediterraneo Cart. naut. 2 Biblioteca Nazionale Centrale Vittorio Emanuele II, Roma

La Bibbia di San PaoloBiblia Sacra. Codex membranaceus saeculi IXAbbazia di San Paolo fuori le Mura, Roma

Exultet di Salerno Museo Diocesano, Salerno

De balneis Puteolanis Ms.1474 - Bibl. Angelica, Roma

Codice Oliveriano I Ms. I - Bibl. Oliveriana, Pesaro

Marco Polo. Le Livre des MerveillesMs. fr. 2810 - Bibliothèque nationale de France, Paris

L’Acerba Ms Pluteo 40.52Biblioteca Mediceo Laurenziana, Firenze

Trattato di Aritmetica di Lorenzo il MagnificoMs. Ricc. 2669 - Biblioteca Riccardiana, Firenze

De Re Rustica Codice E 39 - Bibl. Vallicelliana, Roma

Le miniature della Bibbia di OxfordMs W. 106 - The Walters Art Museum, Baltimora /Musée Marmottan, Paris

Codice di Medicina e Farmacia di Federico IIMs Pluteo 73.16 - Bibl. Mediceo Laurenziana, Firenze

La fonte più autorevole per la farmacoterapia europea medievale, sia per il valore dei testi sia per le numerose illustrazioni che ne costituiscono il perfetto corredo. Uno scrigno delle anticheconoscenze sulle virtù degli animali e delle piantemedicinali con oltre quattrocento immagini miniate fra diverse specie officinali, personaggi mitologici legati alla medicina, ritratti ideali degli illustri autori dei trattati e vedute delle loro città, medici che assistono i pazienti, animali e segni simbolici.

Editalia - Edizioni in Facsimile

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editoriale

Idee e progetti

CCapacità di innovazione e creatività sono qualità molto ricercate da tutte quelle aziende cheoperano in un mercato competitivo e in continua evoluzione. In queste organizzazioni, lepersone assumono un ruolo sempre più proattivo dando forma a nuovi modelli che genera-no cambiamenti profondi nell’attività di ricerca e sviluppo dei nuovi progetti e nei processidi marketing. La passione individuale e la conoscenza sono valori all’origine dell’elabora-zione di nuove idee e nuovi progetti.

Editalia è oggi un’organizzazione in grado di far emergere creatività e innovazione, èun’azienda con un patrimonio di conoscenze capace di creare nuove sinergie tra le risorsedisponibili e ambienti di lavoro più piacevoli, preparata a reagire rapidamente ai cambia-menti; è un’azienda in grado di concepire al proprio interno opere che creano un mercatocompletamente nuovo, arrivando a modificare il comportamento esistente degli acquirenti.È il caso del progetto di Riproduzione artistica dei conî e dei punzoni.

L’idea di realizzare la riproduzione preziosa dei conî e dei punzoni della prima lira del 1946– progetto senza precedenti – è nata un anno fa in occasione dell’organizzazione dellamostra Una scuola d’arte nella fabbrica delle monete, 1907-2007, realizzata insieme allaZecca dello stato. Muove dal semplice desiderio di far conoscere e apprezzare a chi quoti-dianamente ha avuto in tasca le lire, piccoli capolavori d’arte in serie, i pezzi unici, le matri-ci da cui questi piccoli capolavori di modellazione hanno avuto origine: i conî e i punzonisapientemente incisi dagli artisti della Zecca. Vogliamo dare la possibilità dunque ai colle-zionisti appassionati di numismatica di varcare idealmente la soglia inaccessibile dellaZecca e ammirare il risultato della passione e di quel talento artistico che coniuga inventiva,manualità e finezza del disegno con la magica fisicità del metallo.

È alle persone che hanno creduto nell’idea e condiviso questa visione che va il mio ricono-scimento, persone che hanno messo a disposizione le loro competenze e conoscenze noncomuni, la fantasia e la determinazione per creare un’opera straordinaria.

Egidio DonatoDirettore marketing Editalia

la nostra passioneEditalia: conî e punzoni della prima lira della Repubblica

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sommario

NOTIZIE

PRIMO PIANO

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Cronache d’arte 8Resca & Sgarbi, 3 x 2

Fotografia 12Maestri dell’obiettivo a Lugano

Esposizioni in Italia e all’estero 14Dalla follia al Cobra, cosa c’è da vedere

Eventi/1 18Il conio della prima lira: ritorno alle origini

Eventi/2 24Futurismo: Marinetti, Depero e gli altri cent’anni dopo

Grandi mostre/1 30Italics e Guggenheim, americani d’Italia

Grandi mostre/2 36Magritte, nature surreali

Grandi mostre/3 40Cesare, il divo Giulio

Il Belpaese salvato 44Chiesa delle Gianelline, architettura creativa

I luoghi del bello 48Intramoenia anima i manieri di Puglia

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PERSONAGGI

EDITORIA & ARTE

Il corpo dell’arte 52Roberto Giuli, meccanica dell’anima

L’arte prende corpo 58Barbara Sbrocca, umano come l’altro da me

Conversando sul sofà 63Leonardo Sciascia, la Vuccirìa di GuttusoAndrea Camilleri, parole a colori

Un caffè con 68Antonio Sannino, una vita tra le antiche stampe

Codex 72Andreas Cellarius, l’origine dell’universo

Libri di pregio 76Porti antichi di Roma

Multipli d’autore 79Mario Ferrante, il mio Brasile

Comunicare ad arte 80Art for business, cultura d’impresa

A regola d’arte 84Symbola, intervista con Fabio Renzi

I mestieri dell’arte 86Bruno Superti, l’artigiano che lega il bello

Il motore dell’arte 88Cantine Ferrari, capolavori con le bollicine

Cose dell’altro mondo 92Arte giapponese, oltre i fiori di loto

Il cammeo di Adiem 96Il ritorno della grazia

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ARTE & IMPRESA

IN CHIUSA

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Musei online, cresconole visite sui siti nazionaliNonostante siano molti gli italiani chefrequentano i siti web dei musei, perl’esattezza il 35% su 18 milioni diinternauti, la spesa per la manutenzio-ne e lo sviluppo dei siti dei museinazionali non supera i 2.000 eurol’anno. E non c’è da stupirsi se sipensa che, benché triplicata negli ulti-mi dieci anni, la presenza dei museiitaliani in rete si avvicina al 52%,mentre soltanto il17% ha un propriodominio. Questi i dati forniti dal rap-porto Civita 2008, dove si sottolineache le città d’arte e il territorio italia-no attraggono turismo e una comuni-cazione efficace alimenterebbe unsettore strategico per il nostro paese. Afronte di una cura dei contenuti, inostri musei prestano però poca atten-zione ai servizi, al multilinguismo eall’interazione con gli utenti.(Marilisa Rizzitelli)

cronache d’arte

oppressa tout court la Direzioneper l’arte contemporanea, ecco

arrivare a capo della neonata e strategi-ca “Direzione generale per i musei, legallerie e la valorizzazione” MarioResca, per dodici anni alla guida di McDonald’s Italia. Il manager, 62 anni diFerrara con un curriculum da capitanod’industria, è stato annunciato a metànovembre dal ministro Sandro Bondi ela sua nomina rientra nel quadro di rin-novamento che il governo vuole appor-tare all’universo dei Beni culturali.L’articolo 8 della riforma prevede che ilneodirettore dei musei si occupi della

tutela e della valorizzazione del patri-monio artistico nostrano, esprima ilparere sui programmi proposti dai diret-tori regionali e autorizzi il prestito dibeni pertinenti alle raccolte dei musei,pinacoteche e gallerie. Ad affiancare illavoro di Resca ci sarà l’onnipresenteVittorio Sgarbi che ha giudicato lanomina dell’ex manager Eni eMondadori in modo positivo: «Non mipare ci sia alcuna ragione di stupore.Serve qualcuno che faccia funzionarequello che sta intorno ai musei: il risto-rante, il bar, l’apertura serale, l’offertadelle serate, i gabinetti». (G. B.)

Resca & Sgarbi, 2 X 3S

Barbero sbarca al MacroDovrebbe riaprire in primavera il Museo diarte contemporanea di Roma. Imminentela fumata bianca per l’ufficializzazione delnuovo direttore, peraltro preannunciata datempo. Sarà il torinese Luca MassimoBarbero, già curatore delle collezioniGuggenheim di Venezia, a dirigere il poloromano per l’arte e la cultura contempora-nea, da tempo in attesa del termine delcantiere di via Reggio Emilia e della ridefi-nizione generale dell’area al Mattatoio, ilMacro Future. (G. B.)

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La Lira torna a splendere.

Una collezione unica per dare più valore alla storia degli italiani.

Dalla Zecca dello Stato la prima e più completa emissione celebrativa realizzata dal materiale creatore originale.

Coniazioni in oro 900‰ fondo specchionelle dimensioni delle monete originali.

Collezioni a tiratura limitata e numerata con certificazione dell’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato.

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Vita

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www.storiadellalira.itSono disponibili le ultime collezioni.

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uardare indietro per capire il futuro? Control’arte contemporanea, quella più eccessiva e

strillona giudicata commerciale e scandalistica,nasce un movimento spontaneo di intellettuali,nuovi paladini dell’antimoderno. Tra i principaliportavoce Robert Hughes, Mario Vargas Llosa ePaul Virilio, pensatori di differenti discipline mauniti dall’insofferenza per l’estetica dell’eccessoche caratterizza molte delle creazioni dei maggio-ri artisti più quotati: Damien Hirst, Jeff Koons eMaurizio Cattelan (sua l’installazione a destra), percapirci. Per ora il movimento non ha prodottomanifesti ma solo rimpianti. (Giorgia Bernoni)

AntimodernistiuniteviG

Bonami alla WhitneySarà Francesco Bonami il prossimocuratore della 75ª Whitney biennialche si svolgerà nella primavera del2010. Organizzata dall’omonimomuseo di New York, la biennale forni-sce un’attenta panoramica sull’arteamericana contemporanea. La nominadi Bonami si configura come un’importante novità, confermando quan-to il curatore sia conosciuto e stimato alivello internazionale. Nel suo fittissi-mo curriculum spicca l’incarico dicuratore della 50 biennale di Venezia edi Italics, che si sposterà dall’11 luglioal 25 ottobre al Museum of contempo-rary art di Chicago. (G. B.)

cronache d’arte

erto non è la priorità in agenda,visti i tempi di crisi. Ma il ruolo

che il presidente degli Usa BarackObama promette di assegnare all’artepotrà farsi sentire anche sotto il profiloeconomico. Rilancio della diplomaziaculturale col rafforzamento degli artistinel corpo della società e, soprattutto,sostegno alla proposta di legge “Artist-museum partnership”, in passatorespinta a più riprese. Obiettivo:l’arricchimento delle collezioni pubbli-che, invogliando gli artisti viventi a faredonazioni ai musei e alle bibliotechereintroducendo la deduzione fiscalecompleta dei costi dell’opera. (S. C.)

La cultura secondo ObamaC

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Ventiquattro metri. Un libro unico. Ombre, luci, sogni si susseguono come in una lunga, emozionante sequenza cinematografica.

Lo sguardo di due grandi artisti contemporaneidà vita a uno straordinario Libro d’Artista.

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Ombre di Mimmo Paladino e Ferdinando Scianna

numero verde 800 014 858 www.editalia.it

Trenta incisioni all’acquaforte e dodici impressioni al carborundum di Mimmo Paladino,trenta fotografie di Ferdinando Scianna e diciassette testi di autori classici e contemporanei stampati a caratteri mobili.

Ombre è rilegato in forma di “leporello”, una serie di pagine affiancate che si svolgono a fisarmonica e che si sviluppano per una lunghezza di 24 metri.Le incisioni di Mimmo Paladino sono realizzate con le tecniche dell’acquaforte e del carborundum, o carbonio di silicio, una materia granulosa che aggredisce con forza la lastra di stampa. Le fotografie di Ferdinando Scianna sono stampate dall’autore con una personale tecnica ai pigmenti di carbonio che consente una grande ricchezza di gradazione tonale e che regala all’immagine una straordinaria profondità. Per entrambi, ne risultano immagini nelle quali emergono l’effetto materico e la potenza espressiva dei segni esaltando il rapporto tattile, fisico con la pagina.

L’edizione è stata realizzata in centoventicinque esemplari così suddivisi:novantanove esemplari numerati in numeri arabi da 1/99 a 99/99 riservati ai collezionisti,venti esemplari numerati in numeri romani da I/XX a XX/XX riservati agli autori e ai collaboratori, e sei prove d’artista riservate all’editore.

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fotografiaPHOTO20ESIMO

MAESTRIdell’obiettivo

In mostra a Luganotrecento scatti d’autoreda Arbus a Newtondi Giorgia Bernoni

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Dall’alto, in senso orario:Arnold Newman, Picasso, 1954copyright The Arnold Newmanarchive

Edward WestonCabbage Leaf, 1931copyright Center for Creativephotography, Arizona

Kishin ShinoyamaSenza titolo (Seated femalenudes on a rock) 1968copyright Kishin Shinoyama

Horst Paul Albert BohrmannLisa, 1939copyright Horst Estate

l secolo scorso è stato per eccellenza quello delle immagini e l’arte foto-grafica, nata a metà del diciannovesimo secolo, diviene nel ventesimo unadelle discipline protagoniste della comunicazione di massa. Fin dagli esor-di la ricerca artistica si accompagna all’attività documentale: la fotografia

si è aperta progressivamente a indagini più profonde sui mutamenti in atto, dive-nendo quindi arte. “Photo20esimo” documenta l’appassionante evoluzione dellinguaggio fotografico attraverso oltre trecento opere, provenienti da una colle-zione privata, di grandi maestri come: Diane Arbus, Robert Doisneau, RobertFrank, Mario Giacomelli, Helmut Newton, e altri ancora. Fotografi testimoni dellastoria, cacciatori di emozioni e inventori di nuove forme creative; custodi deldinamismo che ingabbiano con i loro scatti il flusso costante del divenire. Lungole otto sezioni, disposte sui tre piani di villa Malpensata, è possibile svilupparepercorsi individuali sul filo della memoria, rievocando le evoluzioni e le contrad-dizioni di un secolo di rottura. Il percorso è dedicato ai principali generi fotogra-fici: dalle sperimentazioni degli artisti del Bauhaus ai reportage di guerra diRobert Capa e Don Mc Cullin, dai ritratti di Richard Avedon e Nan Goldin allericerche sul corpo di Bill Brandt e Robert Mapplethorpe, alle nature morte diAlbert Renger-Patzsch ed Edward Weston. Museo d’arte villa Malpensata, rivaCaccia 5, Lugano. Info: 00410588667201; www.mda.lugano.ch.

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SIENAARTE E FOLLIADa van Gogh aMunch, da Guttusoa Ligabue: unamostra a cura diVittorio Sgarbi eGiulio Macchi perraccontare gli intrec-ci tra espressioniartistiche, malattiementali, sensibilitàstraordinarie. Fino al25 maggio, com-plesso museale santaMaria della scala,piazza del Duomo2, Siena. Info: www.artegeniofollia.it.

FERRARATURNER E L’ITALIALa rivoluzione pittorica di Joseph MallordWilliam Turner – oltre la prospettiva,verso la natura della luce e del colore –rivive in una mostra che racconta il ruolodell’Italia, come contesto e tradizioneartistica, nella produzione dell’artistainglese. Fino al 22 febbraio, palazzo deiDiamanti, corso Ercole I d’Este 21,Ferrara. Info: www.palazzodiamanti.it.

expo in Italia

ROMADA REMBRANDTA VERMEERFamiglia, lavoro, soli-darietà: i valori quo-tidiani sono al centrodella pittura fiam-minga e olandese del‘600, teatro di internidomestici e figurefemminili, ordinarioggetti e vedute pae-saggistiche. Tra le 55opere in mostra spic-cano i nomi di PieterPaul Rubens, JanVermeer, JohannHeinrich Roos, Antonvan Dyck, RembrandtHarmensz van Rijn.Fino al 15 febbraio,museo del Corso, viadel Corso 320, Roma.Info: 066786209;www.museodelcorso.it.

TREVISOCANALETTOIl vedutismo del ‘700 rivive inuna mostra dedicata a Veneziae centrata su centocinquantaopere di Canaletto, genio pit-torico ed eccezionale rielabo-ratore della cultura figurativanel contesto dell’Illuminismoeuropeo. Fino al 5 aprile, casadei Carraresi, via Palestro 33,Treviso. Info:www.artematica.tv.

LUCCAPOMPEO BATONILa città natale di Pompeo Batoni dedica unomaggio all’artista nel terzo centenario dellasua nascita. L’Europa delle corti e il Gran tourespone oltre cento dipinti in sei sezioni cheripercorrono le fasi dell’attività artistica diPompeo Batoni, dalla Roma neoclassica allecorti di Parma e Caserta, fino ai lavori perl’aristocrazia britannica e per la chiesa e airitratti legati all’esperienza del Grand tour. Finoal 29 marzo, palazzo Ducale, cortile Carrara 1,Lucca. Info: 199199111; www.pompeobatoni.it.

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MILANONOUVEAU RÉALISMEMilano, seconda patria di PierreRestany, ricorda il critico francese euna delle sue più grandi imprese: ilNouveau réalisme, gruppo che annove-ra tra i suoi esponenti Christo, Spoerri,Deschamps, Rotella. Fino al primo feb-braio, Pac padiglione d’arte contempo-ranea, via Palestro 14, Milano. Info:www.comune.milano.it/pac.

FORLÌCANOVA. L’IDEALE CLASSICO TRA SCULTURA E PITTURAUna rassegna che pone a confronto i capolavori di Canova (dai marmi ai bassorilievi, daidipinti ai disegni) con le antiche fonti di ispirazione e i lavori degli artisti contemporaneidel maestro veneto. In mostra centosessanta opere. Dal 25 gennaio al 21 giugno, museisan Domenico, piazza Guido da Montefeltro, Forlì. Info: www.mostracanova.eu.

MILANOSEURAT, SIGNAC E I NEOIMPRESSIONISTIL’evoluzione del neoimpressionismo in settesezioni tematiche e storiche che raccontanola modernità e il rigore di Georges Seurat ePaul Signac, figure fondamentali per lo svi-luppo del movimento in Francia e in Belgio.Fino al 25 gennaio, palazzo Reale, piazzadel Duomo 12, Milano. Info:www.comune.milano.it/palazzoreale.

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expo nel mondo

BRUXELLESLA STORIADEL COBRACon oltre 180opere di artisti pro-venienti daCopenaghen,Bruxelles eAmsterdam,l’esposizione cele-bra il sessantesimoanniversario dellacorrente artistica ene ricostruisce lastoria attraverso lepersonalità di spic-co del movimentocome Dotremont,Jorn, Appel,Constant, Corneille,Heerup e Pedersen.Fino al 15 febbraio.Bruxelles, Museumof modern art. Info:www.fine-arts-museum.be.

LIVERPOOLIL QUINTO PIANO CHE NON C’ÈLa mostra Il quinto piano: le idee prendono spa-zio presenta video, foto, sculture e disegni di 14artisti di fama internazionale come Sehgal,Althamer, Bardin. Il museo ha solo 4 piani e iltitolo racchiude il senso del viaggio oltre le muradell’edificio. Fino al primo febbraio. Liverpool,Tate gallery. Info: www.tate.org.uk/liverpool.

EDIMBURGOIL BAROCCO ITALIANOLa seconda parte dell’iniziativa L’arte italiana nella collezione reale incorso alla Queen’s gallery si concentra sul Barocco. Elementi centralisono i dipinti La vocazione dei santi Pietro e Andrea e Ritratto di unragazzo che sbuccia la frutta, tornati alla luce durante gli interventi direstauro del museo e attribuiti a Caravaggio. Fra gli altri anche Juditta conla testa di Oloferne di Cristofano Allori, e disegni di Guido Reni,Guercino e Bernini. Fino all’8 marzo. Edimburgo, Queen’s gallery.Info: www.royalcollection.org.uk.

pagine a cura di Silvia Bonaventura

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LUGANODOPPIO APPUNTAMENTO A VILLA CIANIAl Museo storico due mostre in contempora-nea, molto differenti tra loro. La prima con leopere della serie Maison Tellier di Aligi Sassu.La seconda su Anita Spinelli: un centinaio dioli, opere su carta e sculture. Fino al primomarzo. Lugano, Museo storico di villa Ciani.Info: www.lugano.ch/cultura.

VIENNATUTTA LA CARRIERA DI RICHTERUna grande retrospettiva per ripercorreree scoprire le diverse fasi della produzio-ne artistica di Gerhard Richter compresatra il 1963 e il 2007. Ottanta dipinti aolio, altrettanti acquerelli e una riccaselezione di disegni, tratti principalmenteda collezioni private tedesche e austria-che provenienti da musei e collezionisti,per indagare e conoscere a fondo ilgenio dell’artista. Dal 30 gennaio al 3maggio. Vienna, museo Albertina. Info:www.albertina.at.

NEW YORKLA STRAORDINARIAQUOTIDIANITÀ DI GRAHAMIn mostra al Moma Un riflessodi possibilità, foto che fanno partedella serie nata dal primo viaggiodell’artista negli Stati Uniti. Unosguardo nella vita delle personeche Paul Graham ha incontratodurante il suo itinerario. Dal 4 feb-braio al 18 maggio. New York,Moma. Info: www.moma.org.

LONDRAMITO E REALTÀDI BABILONIALa Torre di Babelee il giardino pensi-le, la leggenda e lastoria. “Babylon”,una grande esposi-zione sulla città per-duta, tra il mito e la realtà. Grazie ai ritrovamenti archeolo-gici appartenenti alla collezione privata del Britishmuseum e a prestiti provenienti da ogni angolo delmondo, la mostra riporta in vita Babilonia all’epoca del VIsecolo a. C. Fino al 15 Marzo. Londra, British museum.Info: www.britishmuseum.org.

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Ritornoalle origini

eventiLA PRIMA LIRA DELLA REPUBBLICA

Il conio e il punzonedella prima moneta propostiin un imperdibile cofanetto

Ldi Giorgia Bernoni

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A sinistra:la riproduzioneartistica del conioe del punzonedella prima lira

In basso:bassorilievi con scenedi coniazione e di cambioRoma, Museo NazionaleRomano

A pagina 20:operaio al lavoro neireparti pantografi e fonde-ria della zecca del Regno

L«La moneta è agli Stati ciò che il sangue è agli animali: la circolazione di questa, comedi quello, è di tale importanza alla esistenza, che al suo arrestarsi deriva la morte». Conqueste parole Francesco Mazio, direttore della Zecca pontificia di Roma, in una relazio-ne del 1815 sottolineava il valore non solo pratico dell’uso della moneta. Nel 1946 nascela repubblica italiana e, con essa, la nuova moneta dello stato. La riproduzione artisticadei conî e dei punzoni della prima lira arricchisce di un nuovo capitolo il progetto cheEditalia ha dedicato, attraverso la coniazione di monete e medaglie, ai momenti più signi-ficativi della storia del nostro paese. ll documento storico propone, per la prima volta, lapossibilità di impossessarsi del cuore del materiale creatore di una moneta: il conio e ilpunzone. L’oggetto che ha dato vita alla valuta diventa oggi un testimone simbolico dellastoria della repubblica. Un’opera speciale, riservata ad appassionati e collezionisti, dovea fondersi sono la storia, la tecnica e l’arte della tradizione numismatica italiana. Diversiper forma e per tecnica di realizzazione, ciascun esemplare di conio e di punzone è insé un pezzo unico. I conî e i punzoni delle due facce della prima lira sono lo “stampo”della moneta: vi è intagliata in incavo e in rilievo l’immagine da imprimere sul tondellometallico. Un’arte antica, quella della fusione, che già in passato prendeva vita dallesapienti mani degli artisti incisori. Nonostante il tempo passato e le profonde trasforma-zioni subite, il fascino originario di un’arte incisoria capace di grandi suggestioni soprav-vive ancora oggi, inalterato. La tiratura dell’opera è limitata a soli 1999 esemplari, nume-rati e certificati, e un elegante cofanetto in legno permette di costudire ed esporre il pre-zioso contenuto. Al valore storico e artistico dell’oggetto, che normalmente è di acciaiotemperato, si aggiunge il pregio dei materiali preziosi del platino e dell’oro. La realizza-zione in materiali nobili di questi strumenti è la celebrazione della valenza artistica degliincisori della cuola dell’arte della medaglia, che ha sede nella Zecca, e che ha formato idisegnatori e gli incisori delle monete più belle. Il cofanetto viene inoltre accompagnatodal volume La fabbrica delle monete, a cura di Silvana Balbi de Caro che ripercorre glieventi e le particolarità dei primi conî e punzoni della lira, inquadrando l’arte della conia-zione dal punto di vista storico e tecnico. �

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iprodurre oggi, anche se soloidealmente, i punzoni e i conidella lira del 1946, realizzaticome preziosi gioielli, vuoleessere un modo per farci rivi-vere, in un viaggio immagina-rio all’interno della zecca, lesuggestioni di un passatoancora non dimenticato,

“suggerendo”appena modi e mezzi della produzione.Ma vuole essere anche un modo per godere diun’opera d’arte, che sebbene nata per essere riprodot-

Rta all’infinito, serba ancora, nella freschezza dellostrumento creatore, tutta la passione di chi, modellan-do il duttile gesso, ha dato carne e sangue al sogno,mentre l’abile strumento dell’incisore ne ha saputotrasferire gli sfumati contorni nel duro acciaio. Gettareuno sguardo nelle segrete stanze della zecca, spiare ilmonotono ansimare di trafile, laminatoi, presse idrau-liche, ascoltare il tinnare lontano del metallo coniatoche scivola dai nastri contatori, questo sembrano rac-contare, quali conchiglie cave, i conî e i punzoni dellaprima lira della repubblica italiana. Originale inter-pretazione artistica dei “ferri” che diedero vita alle

di Silvana Balbi de Caro*

Conî e punzoni per entrare nelle segrete stanze della zeccaREALTÀ ALLO SPECCHIO

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Vengono battute e messe in circolazione le prime monetedella Repubblica. Sono monete in una lega poverissima,Italma. I soggetti appaiono semplici, augurali, lontani dallaretorica che aveva imperversato nel ventennio fascista. Sonoispirate da una parte alle monete della Magna Grecia e dal-l’altra al lavoro e ai prodotti della terra.

1946

1951-1953Nel 1951 nasce la nuova serie di monete repubblicane, varia-ta nei simboli e soprattutto nel diametro e nel peso. In partico-lare, la moneta da una lira è tra le monete metalliche italianequella che registra il peso più basso: solo 0,625 grammi.

19541960La crescita dell’economia è accompagnata dal boom edilizioe la campagna lascia il posto ai palazzoni. Furono ben97.840.000 gli esemplari coniati e messi in commercio a par-tire dal 1958. Le monete coniate sono celebrative dell’Italia eispirate alla mitologia greco-romana e ai fasti delRinascimento italiano.

19611970L’Italia torna a battere le monete in argento. Dopo le 500 lirein argento del ’58, nel ’61 arrivano quelle dedicate al cente-nario dell’unità d’Italia e nel ’65 quelle dedicate a DanteAlighieri. Nel ’70, per il centenario di Roma capitale, laZecca dello Stato conia il più alto nominale in argento delvalore di 1.000 lire.

1977-1997Questo ventennio conclude il tempo della lira con le ultimeemissioni repubblicane e con le 1.000 lire del 1997 si chiu-de la sua era. È il 28 febbraio 2002 quando la lira, simbolo etestimonianza della nostra unità nazionale, lascia il posto allamoneta europea.

prime monete della Repubblica, questi modelli delterzo millennio possono rappresentare, per chi, deli-catamente sollevandoli dalla loro custodia, ne sappiapercepire il sommesso brusio di voci lontane, la chia-ve per penetrare nei segreti recessi di un mondo sco-nosciuto,come in un gioco di specchi dove, nel conti-nuo riprodursi delle immagini, la realtà di un momen-to si frantumi e si ricomponga con sfumature semprediverse pur nella apparente monotona ripetitività di ununico soggetto generatore.

*estratto dalla Fabbrica delle monete, Editalia

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Vetrata con rappresentazionedi una zecca clandestina in etàrinascimentale, RomaMuseo nazionale romano

Conio& punzonePerché una moneta sia ripro-dotta in serie occorrononumerose e particolari fasi perrealizzare il materiale creato-re, cioè il conio e il punzone.Dopo aver studiato la compo-sizione del disegno dellamoneta attraverso vari bozzet-ti, l’artista incisore della zeccainizia il delicato lavoro dimodellazione che trasforma ilsuo disegno in un rilievo. Loesegue in cera vergine o inplastilina e successivamente,attraverso un passaggio ingesso e una fusione in bronzo,ottiene il modello definitivodella moneta, con figure sim-boli e scritte. Il modello vienequindi trasferito in ogni suoelemento su una matrice diacciaio, il punzone, chel’incisore ritocca accurata-mente al bulino per ravvivaree perfezionare i tratti della suacreazione artistica. A questopunto, sul punzone viene bat-tuto un secondo elemento diacciaio, il conio, che riportal’impronta della composizio-ne in negativo. Il lungo pro-cesso di lavorazione fin quidescritto vale per entrambe lefacce della moneta: si avrannoquindi due punzoni e dueconii. I conii vengono infineinseriti nella pressa monetaria.Qui battono su un tondello dimetallo e vi imprimono con-temporaneamente l’improntadel dritto e del rovescio.Nasce così una moneta: unapiccola opera di scultura.

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eventiFUTURISMO

RRispetto alla situazione della cultura artistica entro la quale si è configurato alla fine del primodecennio del XX secolo, il futurismo ha dichiaramente orientato il proprio operare a reim-mettere l’arte italiana sulla scena delle avanguardie europee. Lo affermava chiaramenteBoccioni all’inizio del suo fondamentale libro Pittura e scultura futuriste, pubblicato nel1914. E non v’è dubbio che, fra i movimenti che hanno caratterizzato la scena artistica ita-liana nel XX secolo, il futurismo risulti il più ambizioso, articolato e innovativamente longe-vo, il maggiore e più stimolante nostro apporto al rinnovamento della cultura artistica con-temporanea, non solo europea. Movimento “organizzato” attorno a un “leader”, ha svilup-pato la propria attività lungo oltre tre decenni, dalla pubblicazione del manifesto di “fonda-zione” di Filippo Tommaso Marinetti nel febbraio 1909 sino alla morte dello stesso, alla finedel 1944. Un’attività manifestatasi innovativamente attraverso fasi di ricerca diversamentecaratterizzate nel tempo, dall’affermazione del movimento in Italia e nel mondo negli “eroi-ci” primi anni ‘10 ai differenziati sviluppi lungo i secondi e poi gli anni ‘20, i ‘30 e i primi‘40. Operando in un’intenzione di reinvenzione immaginativa di ogni aspetto della realtà delvissuto quotidiano, secondo quella che nella primavera del 1915 Balla e Depero hanno defi-nito “ricostruzione futurista dell’universo”. E proprio la molteplicità di ambiti d’attività crea-tiva e di comportamento di tale “ricostruzione” caratterizzano fortemente il futurismo italia-no nel quadro delle avanguardie storiche della prima metà del XX secolo. Più di un anno fa ho indicato i verosimili rischi ai quali sarebbe andato incontro il futurismoin questo prevedibile festival delle vanità che si annuncia come celebrazione del centenario“di fondazione”. Il primo rischio che, ignorando sciaguratamente mezzo secolo di ricercheavanzate, sviluppatesi non solo in Italia ma sulla scena internazionale, si ritornasse alla con-cezione di un futurismo ritenuto concluso con la morte di Boccioni e di Sant’Elia (1916).Cosa puntualmente adombrata nella mediocre e scientificamente piuttosto inutile mostraparigina al centre Pompidou e che avremo fra breve nelle scuderie del Quirinale. Il secondoche si ignori l’originalità fondamentale del futurismo, la sua caratterizzante volontà di “rico-struzione futurista dell’universo”, dunque di ogni ambito ambientale quanto oggettuale delvissuto. E lo squallore con il quale se ne è proposto un protagonista indiscusso quale Balla,a Milano in palazzo Reale, non può che allarmare. Il terzo è che, pullulando “esperti” più omeno improvvisati, ignari o peggio collusi, comunque non autori di apporti effettivi di cono-scenza storico-critica ma nel miglior dei casi di iniziative divulgative, non ci si sappia difen-dere dalle falsificazioni, ormai proposte anche in mostre pubbliche, nonché in aste. Il mede-simo intutelato Balla ne è stato finora la vittima più illustre (nella mostra milanese almenodue falsi clamorosi quanto pretenziosi, più probabilmente tre, nonché altri minori). E nellarecente mostra sulla Velocità in palazzo delle Esposizioni a Roma si esibivano un paio didipinti di Corona inventati. Il quarto rischio profilato era quello della latitanza d’una iniziati-va governativa o ministeriale. Era facilmente immaginabile ed è infatti puntualmente acca-duto. Ma forse viviamo in un’Italia incapace di difendere i propri valori culturali che proprionon merita l’eredità del futurismo. �

Addio all’avanguardia

Un’Italiaincapace di difenderei valori non merital’eredità futurista

di Enrico Crispolti

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Ieventi

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Cento anni di unità teorica, variazioni artistiche, polemichedi Valerio Di Gravio

FUTURISMO

Coerenza innovatrice

Il futurismo ha una data di nascita precisa e universal-mente riconosciuta, che si fa coincidere con il giornodella pubblicazione su Le Figaro della Fondazione eManifesto del futurismo a firma di Filippo TommasoMarinetti. È forse il movimento in cui – più che in ognialtro – l’elaborazione teorica ha accompagnato, e anzipreceduto, la creazione artistica. Moltissimi sono i mani-festi futuristi. Il loro contenuto si presta a essere suddivi-so tra una parte tecnica e una politica. La letteratura, lapittura, la musica, l’architettura, la cinematografia, lascultura e persino l’arte sacra futurista hanno ciascuna illoro manifesto tecnico. Alcuni manifesti non si rivolgeva-no a singole forme artistiche ma proclamavano gli idealidel futurismo in generale, magari rivolgendosi a determi-nati gruppi, come il Manifesto-programma ai giovanimeridionali del 1918: “Noi vogliamo diffondere nelMeridione d’Italia quelle idee che sono il nostro idealeed il nostro indirizzo politico-morale e saremo soddisfat-ti solo quando avremo infiammato i pochi ma saldivolenterosi, quando avremo suscitato mille echi metalli-ci nei cuori temprati di coloro che sappiano svincolarsi

dall’agonia dei moribondi incartapecoriti”. Questa ric-chezza d’elaborazione teorica è gravida di conseguenze.Tuttavia, la conseguenza che ci si attenderebbe non ècosì evidente. Mi riferisco a una uniformità di stile che,nelle singole discipline, sarebbe lecito attendersi dal pro-liferare di precetti tecnici codificati; invece la varietà el’originalità dei singoli interpreti è massima. Molto piùevidente è, al contrario, l’uniformità ideale, poetica e, insenso lato, politica che i manifesti creano. Nella varietàdi modi, gli artisti futuristi si riconoscono negli ideali pro-clamati nei manifesti riducendo le distanze tra le disci-pline. In tanta diversità di espressioni è possibile cogliereun’intima e forte coerenza, che sta nell’ideale innovativoe rivoluzionario, figlio dell’improvvisa consapevolezzache il mondo stava rapidamente cambiando. Altra con-seguenza di questo codificare le idee e proclamarle ripe-tutamente è stata la nascita d’una polemica di natura nonusuale nei confronti di un movimento artistico e piùdegna di un movimento politico. Bersaglio preferito degliavversari del futurismo era Marinetti, che dell’aspetto teo-rico-politico è rimasto il leader indiscusso. Leggiamo dal

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Il movimentoin sei tappe

1909Il 20 febbraio Filippo Tommaso Marinetti pubblicail Manifesto del futurismo su Le Figaro

1910Umberto Boccioni, Carlo Dalmazzo Carrà, LuigiRussolo, Giacomo Balla e Gino Severini pubblicanoil Manifesto dei pittori futuristi sulla rivista Poesia

1912I pittori futuristi italiani espongono alla galleriaBernheim-Jeune & Cie di Parigi. Umberto Boccionipubblica il Manifesto tecnico della scultura futurista

1915Giacomo Balla e Fortunato Depero firmanola Ricostruzione futurista dell’universo

1927Viene pubblicato il libro “bullonato” Depero futurista1913-1927, capolavoro dell’editoria moderna

1929L’ultimo grande manifesto del movimento, quellodell’aeropittura futurista, viene redatto da Marinetti,Prampolini, Balla, Depero

A sinistra:Fortunato Depero, Ritmi veneziani1924

Nel box, da sinistra:Luigi Russolo, Carlo Carrà, Filippo TommasoMarinetti, Umberto Boccioni e Gino Severini

A destra:Fortunato Depero, Acqua san Pellegrino1927-1928

Manifesto del realismo di Naum Gabo e AntoinePevsner (1920): “A ben guardare, dietro la facciata delfuturismo, si trovava soltanto un vacuo parlatore, un tipoabile ed equivoco imbottito di parole quali “patriotti-smo”, “militarismo”, “disprezzo per la donna” e similimotti provinciali. Lo slogan pomposo della velocità fuuna tromba di guerra per il futurismo”. Più sprezzante èil giudizio di Anatòlij Lunaciàrskij, commissario delpopolo per la cultura, nominato da Lenin, negli anniche vanno dal 1918 al 1929: «Il signor Marinetti, mezzoitaliano e mezzo francese nato in Egitto, riunisce nellapropria personalità il tipo esotico del levantino, quellodel cinico blagueur parigino e quello del commediantenapoletano. A ciò bisogna aggiungere una presunzionesenza limiti, una brama sconfinata di rumore e pubbli-cità e il possesso di un capitale che gli dà la possibilitàdi realizzare rapidamente le più balorde fantasie».Tuttavia, a Marinetti Lunaciàrskij riconosce «un certotalento» e merito di aver cercato di rinnovare la culturaitaliana. Era il 1913, e Lunaciàrskij non era ancoradiventato Commissario del popolo. �

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n mercato in continua cre-scita, dinamico come leintuizioni dell’avanguardiaoggi celebrata in tutto ilpaese. Un interesse che sca-valca i confini nazionali,molte eredità ma nessunfuturo, o meglio, nessunerede. Così dipinge il futuri-

smo Massimo Carpi, presidente dell’associazione cultu-rale Futur-ism, che svolge un’attività di valorizzazionedelle collezioni private e di mediazione tra queste, imusei e la critica.Quali i problemi principali della vostra attività?«L’unico problema è quello del “loan fee”, la quotarichiesta dall’associazione per il prestito delle opere.Accade che gli istituti dotati di un budget limitato chie-dano delle agevolazioni o rinuncino alla richiesta dialcune opere. Futur-ism riconosce al collezionista pre-statore il 50% della quota richiesta e spesso, per agevo-lare la realizzazione della mostra con tutte le opererichieste, rinuncia al 50% di sua spettanza».

UQuali sono gli artisti più apprezzati dal pubblico e dalleistituzioni museali?«Chi si avvicina al futurismo è colpito dalla principalericerca del movimento, vale a dire il dinamismo, e diconseguenza dagli artisti che, sia analiticamente che sin-teticamente, hanno meglio rappresentato la dinamicitàdel mondo futurista. Fra questi, Balla può essere consi-derato il maestro: dagli studi del dinamismo umanocome Bambina che corre sul balcone, Cane al guinza-glio, Ritmi dell’archetto al dinamismo della natura comeVolo di rondini, fino alleVelocità delle automobili da cuiha sintetizzato la linea di velocità astratta con cui ha rea-lizzato molti dei quadri seguenti la prima decade deglianni ’10. I collezionisti e il “pubblico futurista” manife-stano interesse per il dinamismomeccanico della secon-da metà degli anni ’10 e degli anni ’20: treni, auto,moto, biciclette e macchine in genere, e per il movi-mento dell’aeropittura degli anni ’30. Gli artisti piùapprezzati e rappresentativi di questo arco temporalesono Prampolini, Depero, Baldessari, Dottori, Fillia. Imusei, nella fase di studio di una mostra futurista, privi-legiano sempre le opere dei grandi maestri del periodo

di Annarita Guidi

Carpi: «Influenze su un secolo d’arte, nessun nuovo futurismo»

CENTO ANNI TRA EREDITÀ E FUTURO

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eroico: Balla, Boccino, Carrà, Russolo e Severini.La situazione attuale del mercato delle opere futuriste?«Sono molto apprezzate e richieste da una nicchia dicollezionisti appassionati: il mercato è in costante asce-sa e le opere più rappresentative vengono contese nelleaste nazionali ed internazionali. Il record è stato ottenu-to da un’opera di Gino Severini, Danseuse del 1915,aggiudicata dalla Sotheby’s di Londra il 25 giugno 2008a 12.420.000 sterline».Cambiamenti significativi dal 2000 a oggi?«Certamente si può stimare una rivalutazione delleopere futuriste del 200 per cento. L’introduzione del-l’euro è stata determinante».La risonanza della produzione futurista all’estero?«All’estero l’interesse per la produzione futurista è rivol-to solo verso le opere più rappresentative e storicamen-te documentate, mentre quelle di artisti minori delsecondo futurismo, poco conosciute, raggiungono quo-tazioni minime».Qual è stato il vostro impegno rispetto alle mostre checelebrano il centenario del movimento?«Dopo l’antologica di Balla al palazzo Reale di Milano,

A sinistra:Giacomo Balla

Insidie di guerra (bozzetto)1915

In senso orario:Vasily Kandinsky

Landscape (Dunaberg), 1913

Aristarch LentulovMosca, 1913

Giacomo BallaLa guerra, 1916

stiamo collaborando anche con un nucleo molto impor-tante di opere per la mostra Futurismo 1909-2009, nellastessa sede. Inoltre, sono allo studio diversi progetti inte-ressanti per un’esposizione itinerante in alcuni museicinesi e un’altra ad Atene.Quale sarà l’impatto del centenario sul mercato?«Credo che il susseguirsi di mostre e di iniziative nonporterà a una crescita delle quotazioni delle opere».Quali elementi fanno il fascino del futurismo?«Aprendo un libro qualsiasi di storia dell’arte anche unneofita realizza che dal movimento futurista si sono svi-luppate tutte quelle correnti che, dall’astrattismo all’in-formale fino all’arte povera e ai concettuali, hannoinfluenzato un secolo d’arte visiva».Un solo futurismo o diversi futurismi?«Esiste un solo futurismo, i futurismi coevi si sono svi-luppati come avanguardie storiche dei diversi paesieuropei e in Russia».Esistono nuovi futurismi?«No. Solo artisti che forse, inconsciamente, hannoassimilato dalla modernità futurista una personale cal-ligrafia pittorica». �

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MILANOFUTURISMO 1909-2009Tutte le dimensioni dell’avanguardia:dipinti e sculture, paroliberismo e archi-tettura, scenografie e pubblicità raccon-tano l’utopia di ricostruzione dell’espe-rienza umana. Circa 400 opere in un

percorso che va dalla cultura visi-va di fine ‘800 agli anni ‘30 eoltre. Dal 6 febbraio al 7 giu-

gno, palazzo Reale, piazzaDuomo 12, Milano. Info: 02875672.

ROMAAVANGUARDIAAVANGUARDIEIl futurismo al centrodelle avanguardie: lachiave di una mostracentrata sulle influen-ze del gruppo italianosul cubo-futurismo, ilvorticismo, il sincro-mismo. Dopo il cen-tre Pompidou diParigi (fino al 26 gen-naio) e la tappa diRoma, dal 12 giugnoal 20 settembre lamostra si sposta allaTate modern diLondra. Dal 20 feb-braio al 24 maggio,scuderie delQuirinale, via XXIVmaggio 16, Roma.Info: 0639967500.

AOSTAFUTURISMIQuaranta dipinti e trenta bozzetti documenta-no la diffusione del futurismo nelle diverseregioni d’Italia: in mostra le opere di Fillia,Prampolini, Dudreville, Spazzapan, Crali.Fino al 26 aprile, centro saint Bénin, viaFestaz 27, Aosta. Info: 0165272687.

ROVERETO, VENEZIA, MILANOFUTURISMO100Un evento in 3 mostre a cura di Ester Coen.Illuminazioni (dal 17 gennaio al 7 giugno,Mart, Rovereto, 800397760) indaga i rapporticon le avanguardie russe e tedesche.Astrazioni (dal 5 giugno al 4 ottobre, museoCorrer, Venezia, 0412405211) confronta Ballae contemporanei come Mondrian eDuchamp. Simultaneità (dal 15 ottobre al 25gennaio, palazzo Reale, Milano, 02875672) èun omaggio a Boccioni, Carrà e Russolo.

In senso orario:Luigi Russolo, La rivolta, 1911

Giacomo BallaParavento-forme compenetrate+balfiori, 1932

Fortunato Depero, Notturno alpestre, 1944

Umberto BoccioniForme uniche della continuità nello spazio, 1913

I VOLUMI

Il futurismoFabio BenziFederico Mottaeditore384 pag., 135 euro

Edizioni elettricheAA.VV.De Luca editori40 pag., 21 euro

Dizionariodel futurismoEzio GodoliVallecchi2 volumi, 200 euro

Le mostre del centenario

Futurismo1909-2009Ada Masoero eGiovanni ListaSkira322 pagine55 euro

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MILANOGIACOMO BALLALe due anime di Balla (pittura e scultura) in40 opere: fino al 24 gennaio, galleria Fonted’abisso, via del Carmine 7. Info:0286464407. Dopo l’anticipazione del cen-tenario con 12-29 Futurballa, la galleriaArte centro presenta Futurismo e aeropittu-ra: dal 19 febbraio al 16 maggio, viadell’Annunciata 31. Info: 0229000071.VENEZIA

DEPEROPoliedrico, anticipato-re, multimediale. Ilgenio di FortunatoDepero in mostra: perla prima volta vieneesposto al pubblicol’insieme completodelle opere della col-lezione Fedrizzi, rea-lizzate tra il 1914 e il1956. Oltre ottantatra disegni, bozzettipubblicitari, collage,progetti di arredo ecapolavori come illibro imbullonato.Fino al primo marzo,museo Correr, piazzasan Marco 52,Venezia. Info:0412405211.

MILANOFILIPPO TOMMASO MARINETTILa prima mostra dedicata al fondatore del futu-rismo: documenti, ritratti e caricature, operedella sua collezione, testi per il teatro, parolein libertà. Dal 12 febbraio al 7 giugno, fonda-zione Stelline, corso Magenta 61, Milano. Info:www.stelline.it.

BOLOGNAAVANGUARDIA FUTURISTAIl rapporto tra il capoluogo emiliano e il movi-mento futurista rivive in una mostra che partedalla ricostruzione della Bologna del primoNovecento per ripercorrere gli eventi espositivie culturali dell’epoca, dalle mostre alla nascitadelle riviste. Dal 5 febbraio al 20 aprile, casaSaraceni, via Farini 15, Bologna. Info:0516454.

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Lgrandi mostre

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«La contemporaneità nasce dall’osservazione del pre-sente, è una reazione con i mezzi complessivi con iquali capiamo il mondo che ci sta attorno. L’attività delcuratore è individuare un fatto di contemporaneità, èuna domanda, un’inchiesta, cercare di capire cosa suc-cede oggi». Francesco Bonami definisce così la tesi chel’ha guidato nella realizzazione della rassegna Italics,arte italiana fra tradizione e rivoluzione 1968-2008, giàdiscussa e contraddetta fino all’esaurimento. Per l’estate,la mostra è prevista al Museo d’arte contemporanea diChicago, istituzione che ha collaborato e finanziatol’intero progetto e di cui Bonami è curatore senior dal2003. Significativamente, a Vercelli si tiene in questimesi la mostra Peggy Guggenheim e la nuova pitturaamericana, curata da Luca Massimo Barbero, cheapprofondisce l’attività della collezionista durante il suo

L’arte italiana da Venezia a Chicago,l’avanguardia statunitense a Vercelli:

due momenti per una riflessione comune

di Carmen Lopez del Valle

periplo statunitense, durato dal 1941 al 1947. Non ècasuale che due eventi, il primo guidato dalla visionefiloamericana di Francesco Bonami – che nel 2006 hapartecipato al film Dalla parte degli angeli. Dove va laNeoamerica ed è stato recentemente nominato curatoredella 75esima edizione della biennale del Whitneymuseum of american art – e il secondo, l’analisi dellaprima avanguardia statunitense, possano stabilire undialogo, un confronto tra le differenti visioni delle duerive dell’oceano. L’Italia che si reinventa e l’avanguardiaraccontata come un’altra storia, quella della reazione alpresente stravolto dalla guerra e dalla crisi. Serve alloraquesto dialogo per riparare nella profonda unità chelega la storia dell’arte, la storia prossima e quella remo-ta, sia quale sia l’epoca e la circostanza della sua pro-duzione. Con Italics si è preteso di mostrare un passato

Americani d’Italia

ITALICS

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La mostraOltre duecento opere raccontano l’Italia dell’arte

Realizzata da palazzo Grassi in collaborazione con il Museum of contemporary artdi Chicago, Italics. Arte italiana fra tradizione e rivoluzione 1968-2008 presenta untotale di 250 opere di oltre 100 artisti, a cura di Francesco Bonami con la collabo-razione di Cecilia Alemani ed Emanuela Mazzonis. Il catalogo, edito da MondadoriElecta, contiene tra gli altri i contributi critici di Francesco Manacorda, Giuliano DaEmpoli e Guido Guerzori. Fino al 22 marzo, palazzo Grassi, campo san Samuele3231, Venezia. Info: 199139139; www.palazzograssi.it.

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diverso e di fare un resoconto della storia trascorsa inclu-dendo le voci a volte taciute dal funzionamento limitatodelle istituzioni. Attraverso la vita di Peggy capiamocome la contemporaneità, poi divenuta storia, è la storiadei rapporti, delle relazioni simultanee. La mostra curatada Bonami intende denunciare un sistema che ha stabi-lito queste relazioni entro circuiti chiusi d’azione e dipensiero e ha provocato lo stagnamento di una visionedell’arte non più eterogenea né plurale. «Italics vuoleessere anche un viaggio aperto, un’occasione non tantodi trovare una risposta, quanto forse di sollevare ancorpiù domande e dubbi. Non è una panoramica tesa a sta-bilire una netta divisione tra chi è compreso e chi èescluso, ma piuttosto un’esplorazione del perché l’Italiasia stata pensata, per molti anni, una realtà sospesa sullasoglia di un mondo più vasto». Esistono, allora, vari ele-menti che fanno pensare a Italics come a una questioneaperta e delicata, quasi tabù, poiché allude all’errore diun sistema monopolizzato ed esaurito e sottolinea i pro-

blemi che hanno limitato la conoscenza ela diffusione dell’arte italiana oltre le suefrontiere. Un sistema che porta in sé la suadecadenza. Un viaggio fatto di immagini cheportano ad altre immagini, fuori dei gruppi,decontestualizzate, che recupera il valore dell’og-getto d'arte oltre la chiacchiera tinta d'ideologia.Sarebbe da chiedersi se non si stia incorrendo nellostesso errore, confinando la creatività entro circuiti nonpiù ideologici né politici, ma fatti di interessi economici,e tornando inevitabilmente alla visione unica di unarealtà plurale. Serva la storia di miss Guggenheim comeesempio di reazione aperta tra l’arte e il presente. È piùfacile gettarsi in crociate di giustizia critica, evidenzian-do le assenze o presenze di quella o quest’opera, piutto-sto che analizzare dov’è l'errore e perché tanti artistirimango tuttora esclusi o condotti nei binari sbagliati. C’èda augurarsi che in futuro nessuno debba raccontarci ciòche ora accade davanti ai nostri occhi, forse, chiusi. �

A sinistra:Maurizio Cattelan, Bidibidobidiboo, 1995

In senso orario:Getulio AlvianiInterrelazioni cromospeculari, 1969

Luciano Fabro, L’Italia d’oro, 1971

Maurizio Cattelan, All, 2008

Nelle pagine precedenti:un’immagine di Francesco Bonami

Alighiero Boetti, Autoritratto, 1993

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volte una biografia, la concor-renza di una data, serve daspunto o pretesto per l’analisidi un pezzo di storia, di qual-cosa che ha superato i limitibiografici ed è entrato nei capi-toli della comune memoria.Lee Krasner definiva cosìPeggy Guggenheim: «Quando

si scrive di Peggy è importante ascoltare il proprio istinto.Non ascoltare i critici. Cosa ne sanno? Quello che sidovrebbe dire di Peggy è semplicemente che lo ha fatto.Che, a prescindere delle motivazioni, lei l’ha fatto». LaGuggenheim contribuì in maniera decisiva alla diffusio-ne dell’espressionismo astratto, considerato da un ampiosettore della critica come il primo movimento artistico

A

grandi mostreLA NUOVA PITTURA AMERICANA

genuinamente americano, anche se alcune sue radiciappartengono all’arte europea. Nella mostra dedicata aquesta avanguardia a Vercelli si espongono opere deimaestri statunitensi poco note, però, al pubblico perchériconducibili agli anni iniziali. Di qui l’interesse dell’e-vento, non solo perché pone sotto una luce diversa unarealtà storica controversa, ma soprattutto perché mette inscena una produzione spesso misconosciuta che rappre-senta, tuttavia, un aspetto essenziale del cambiamento inatto: la storia nata dal dialogo, dalle relazioni che segna-rono l’avvenire dell’arte del dopoguerra. Gottlieb,Pollock, Rothko o Baziotes raccontano con le loro operei fatti di una vita consacrata all’arte e diventata testimo-ne di una delle tante storie dell’arte del ‘900. Il prossimoappuntamento è in autunno: vedremo, allora, le conse-guenze dell’avventura americana di miss Guggenheim. �

di Carmen Lopez del Valle

A Vercelli domina l’arte d’oltreoceano

POLLOCK

In senso orario:Mark Rothko

Senza titolo, 1947

Jackson PollockIl grigio dell’oceano

(Ocean greyness), 1953

Hans HofmannSenza titolo, 1942

Willem de KooningComposizione

(Composition), 1955

da scoprire

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La mostraPeggy Guggenheim: l’espressionismoastratto in oltre 50 opere, fino a marzo

Promossa dalla regione Piemonte e dal comune diVercelli in collaborazione con la collezione PeggyGuggenheim, la mostra Peggy Guggenheim e lanuova pittura americana presenta 56 opere compresetra il 1941 e il 1962 ed è a cura di Luca MassimoBarbero. Nel catalogo edito da Giunti arte si trovanotesti dello stesso curatore, di Philip Rylands e WernerSpiess tra gli altri. Fino al primo marzo, spazio Arcaex chiesa di san Marco, piazza san Marco 1, Vercelli.Info: www.comune.vercelli.it.

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l tempismo è quasi perfetto: il 21novembre 1898 René Magritte, figliodi mercante, nasceva in un apparta-mento di Lessines e il 22 novembre2008 il palazzo Reale di Milanoinaugura la celebrazione dell’artistacon una mostra che illumina la suaopera con un taglio particolare einedito. Un pittore amato più dagli

scrittori che dai colleghi, ricordato più per le ideeche per la tecnica, un filosofo della tela che per tuttala vita si è chiesto che cosa ci fosse “dietro”, inci-dendo questa sua personale enquête nella bidimen-sionalità delle figure che le rende icone, più chequadri. Che cosa rende unica questa esposizione? Arisponderci, tra le pareti bianche e spoglie della sala,prima che mele, uomini in bombetta e gabbiani dicielo la animassero, è stata l’ideatrice e curatricedella mostra Claudia Zevi.«Per la prima volta Magritte viene messo in relazio-ne alla natura. Nelle sue opere è onnipresente, sitratta di una natura non naturale ma chiusa dentrocose umane, come l’enorme rosa nella stanza o ilcielo nei corpi umani. Ho notato che Magritte èl’unico dei suoi contemporanei a considerare lanatura in questi termini, in un’epoca in cui temicome l’ecologia non erano dibattuti. Allora l’arteparlava dell’uomo, ma senza contestualizzarlo nel-l’ambiente».Pochi e semplici soggetti, sempre gli stessi. Colorisbiaditi e ripetuti, le icone di Magritte hanno lapotenza dei disegni rupestri, la durata dei raccontimitologici e fanno parte integrante del nostro imma-ginario collettivo. Immagini fatte per rimanere

di Silvia Moretti

I

grandi mostreRENÉ MAGRITTE

NatureSURREALIMilano celebra il maestrobelga con una retrospettivaa palazzo Reale

René MagritteL’art de la conversation1950

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La mostraIl mistero della natura

Cento dipinti, oltre a tempere e sculture, pro-venienti dai musées Royaux des beaux arts delBelgio e da collezioni private. Magritte. Ilmistero della Natura è il titolo della mostracurata da Michel Draguet, direttore del museobelga il quale, a detta dell’ideatrice ClaudiaZevi, «si è dimostrato entusiasta della tematicaaffrontata e della selezione. Siamo stati ingrado di recuperare opere di proprietà dei col-lezionisti privati, quadri misconosciuti, anchegrazie all’aiuto della fondation Magritte». Finoal 29 marzo, palazzo Reale, piazza Duomo 12,Milano. Info: www.mostramagritte.it.

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impresse. Come le pubblicità. La storia diMagritte, del resto, da un canto affonda le sueradici nella grafica e nelle illustrazioni pubblicita-rie, dalle quali forse in parte deriva il tratto infan-tile e immediato, mentre dall’altro si sviluppa apieno titolo nell’ambito del surrealismo.E a proposito di surrealismo, è curioso ricordarel’osservazione di Walter Benjamin, secondo ilquale la poesia surrealista trattava le parole«come nomi di ditte commerciali, i suoi testi sonoin fondo dépliants di imprese non ancora conso-lidate». L’autonomia di immagine, parola e ogget-to alla base del pensiero magrittiano non è lonta-na dalla concezione pubblicitaria del linguaggio.E, in un circolo virtuoso, oggi i media e il cinemaattingono all’imaginarium di Magritte spesso evolentieri: «Proprio perché – continua la Zevi – luiaveva compreso la chiave che permette di deco-

dificare la comunicazione che si stabilisce pun-tualmente tra l’opera d’arte e il pubblico, ovveroil mistero».La ricerca di cosa si nasconde “dietro” ha portatoMagritte nel territorio dell’inconscio e del sognoe gli ha fatto toccare le corde più intime dell’es-sere umano, quelle che sanno percepire la realtàoltre la banalità del quotidiano. Una domandadunque aperta quella posta dall’artista e che pos-siamo considerare come la sua più grande eredi-tà. «Mettere continuamente in dubbio ciò chevediamo, compresa l’informazione casuale e tal-volta falsata che ci propinano internet e televisio-ne – spiega la curatrice – questo è un insegna-mento fondamentale, oltre che il nostro piccolocontributo a migliorare il mondo attraverso lapromozione e la diffusione di questa specialechiave di lettura dell’opera magrittiana». �

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René MagritteLa voix du sang1961

A sinistra:René MagritteLe tombeaudes lutteurs, 1960

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grandi mostre

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Al Chiostro del Bramanteun’esposizione ripercorrela vita e le gesta dell’affossatoredella repubblica romanadi Maria Luisa Prete

CESARE

IL DIVO

Giulio

n bilico tra storia e leggenda, la figura diGiulio Cesare (100 a. C. - 44 a. C.) rivivenella prima esposizione a lui dedicata.Grande stratega, letterato, fine politico euomo dalle tante fragilità, Cesare segnòcon le sue gesta il destino di Roma e negettò le basi per il futuro dominio sulmondo. Il Chiostro del Bramante ospita ilracconto di un personaggio complesso,

celebrato per la grandezza e l’acume, e di un culto chemai ha perso fascino. Ma chi era veramente il divoGiulio? «Cesare è il bianco e il nero, il difensore delpopolo e il nemico della Roma repubblicana, e moltealtre cose insieme, spesso contraddittorie». Così lodipinge Giovanni Gentili, tra i curatori della mostra e

responsabile del coordinamento scientifico.Quale punto di vista ha privilegiato nel riportarne lacomplessa vicenda?«Abbiamo privilegiato tutto il Giulio Cesare documenta-bile, a livello storico, archeologico e artistico. Non cisiamo ovviamente dimenticati del Cesare letterato, deisuoi Commentarii, presenti in antiche edizioni che data-no a partire dal XIV secolo e terminano con la celebreedizione veneziana del 1575 illustrata dal Palladio. IlCesare magistrato è presentato attraverso una serie diselezionate opere del I secolo a. C., riunite a documen-tare e sintetizzare la sua ascesa al potere, insieme allasituazione sociale e politica della Roma tardo-repubbli-cana. Va da sé che occorreva, a questo scopo, rappre-sentare al meglio i coprotagonisti della scena politica del

Jean Andrè RixensLa morte di Cleopatra, 1874

A sinistra: ritratto di Cesaredetto “Cesare verde”deserto orientale egizianoI secolo a. C. - I secolo d. C.

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tempo, il che si è fatto apponendo accanto al ritratto diCesare quelli coevi dei suoi avversarsi e alleati. Il con-dottiero credo sia documentato al meglio nella sezioneappositamente dedicata alla guerra Gallica: qui, insie-me a un apparato didattico relativo alle viarie campa-gne oltre che all’armamento dei due eserciti e all’edu-cazione militare ricevuta da Cesare, si espongono per laprima volta armi romane ritrovate nei fossati dell’asse-dio di Alesia, come pure armi galliche e la statua cultodel Museo archeologico di Avignone, rappresentante uncapo gallo in armi. Né ci siamo dimenticati dell’uomo,delle sue debolezze e delle sue virtù, degli amori – citoCleopatra, tra tutti – compreso quello per l’arte. Népotevamo dimenticarci del mito, promosso anzituttodallo stesso Cesare intorno alle origini della sua fami-

glia, avente come progenitrice la dea Venere: basteràcitare la presenza della splendida Venere Genitrice delLouvre, opera della fine del I secolo a. C.».Quali sinergie vengono innescate tra il luogo, ilChiostro del Bramante, carico di suggestioni, e le figu-re storiche che, attraverso la mostra, lo popolano?«Il merito della riuscita della mostra si deve all’architet-to Roberto Bua, designer dell’allestimento inserito inuna struttura piuttosto articolata e non semplice, qual èquella, per tanti versi splendida, del Chiostro delBramante. Un lavoro di équipe ci ha permesso di valu-tare i passi da compiere, anzitutto considerando glispazi, ora ampi, ora piuttosto stretti. Ove adeguatamen-te considerata e non stravolta, la realtà è la maestra piùgrande che possa esserci e garanzia della riuscita di un

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lavoro. Insieme alla realizzazione del progetto esposi-tivo, un aspetto particolarmente importante è costitui-to dall’illuminazione, complessa per vari motivi, inclu-si quelli della conservazione di certe opere».Circa 200 opere esposte: quali i criteri di selezione ecosa le è mancato?«Abbiamo puntato anzitutto ad avere l’indispensabile,il necessario, per rendere ragione di un progetto diampio respiro e, aggiungo, di grande difficoltà. E que-sto privilegiando sempre la qualità rispetto al numero.Devo dire che la straordinaria accoglienza che i museihanno riservato al nostro progetto ci ha permesso diavere in prestito cose impensabili e insperate. Lacunenon credo ne esistano, dal punto di vista scientifico.Tra i pochi oggetti “rimasti a casa” ricordo la Coppa diAlesia, in argento di età cesariana cara a NapoleoneIII, ritrovata, pare, proprio negli scavi promossi adAlesia dall’imperatore. L’oggetto è l’unico argento delgenere del museo archeologico di St. Germain-en-

Laye, nei pressi di Parigi, ed è in condizioni conserva-tive non buone. Ma, a dispetto di ciò, dalla Francia, edesattamente dal Museo archeologico di Chalon-sur-Saon, è arrivato l’intero tesoro di Torey, gli argentiromani più antichi della Gallia, occupata dalle truppecesariane».Quali aspetti inediti o poco noti dovrebbe cogliere ilvisitatore?«Francamente le rispondo: non lo so. L’ignoranza, insenso letterale, nei confronti di un uomo vissuto oltre2.000 anni fa è sempre notevole, nonostante questiabbia scritto di sé, e di lui abbiano scritto già nell’an-tichità i suoi biografi, Cassio Dione, insieme a Plutarcoe a Svetonio. Un’interminabile bibliografia è statascritta su Cesare e sui vari aspetti della sua multiforme,poliedrica figura. Il cuore di ogni uomo, però, sfugge aqualsiasi indagine, anche a quella psicanalitica chepure ne coglie luci, ombre e sfumature. E il “cuore”resta così un mistero, con buona pace di tutti». �

Roma/1Il racconto di un mito

La mostra riunisce per la prima voltadocumenti archeologici di grandeimportanza e bellezza, provenientidai maggiori musei italiani e stranie-ri, insieme a plastici appositamenterealizzati, a ricostruire la Roma diCesare. All’arte figurativa è affidatala documentazione del mito di Cesaree del cesarismo. Catalogo Silvanaeditore. Giulio Cesare. L’uomo, leimprese, il mito, fino al 3 maggio,Chiostro del Bramante, via dellaPace, Roma. Info: 0668809035;www.chiostrodelbramante.it.

Adolphe YvonCesare, 1875

Nella pagina a fiancoin senso orario:

Statua tipo Epicuro

Corridori in bronzodalla villa dei Papiri

François-Emile EhrmannVercingetorige chiama i Galli

in difesa di Alesia, 1869

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NapoliI tesori di Ercolano

Il Museo archeologico nazionale di Napoli ospita per la primavolta una grande mostra dedicata alle straordinarie operescultoree che in quasi tre secoli di scoperte sono state resti-tuite da quel miracolo archeologico che è l’antica Ercolano.Il percorso, che comprende oltre 150 opere, è articolato insezioni opportunamente definite da uno scenografico gioco diluci, che simboleggia la distanza tra la vita immortale deglidei e la caducità della vita umana.Ercolano. Tre secoli discoperte, fino al13 aprile, Mann,piazza Museonazionale 19,Napoli. Info:081440166.

Roma/2Rinascite e tutele

Rovine e rinascite dell’arte in Italiaaffronta il tema della salvaguardiadel paesaggio e dei beni culturali. Trale opere esposte l’Arringatore dalMuseo archeologico di Firenze, le sta-tue di filosofi dal gruppo della “galle-ria dei sapienti” del giardinoLudovisi, il rilievo con la Nascita diBacco da Budapest, l’HestiaGiustiniani, la bellissima Niobe dellaVilla dei Quintili, per la prima voltaesposta accanto alla sua testa identifi-cata di recente. Fino al 15 febbraio,Colosseo, piazza del Colosseo, Roma.Info: 0639967700;www.archeorm.arti.beniculturali.it.

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rte, Architettura, Territorio,Natura: sono tutti elementilegati dal dialogo interattivoe sperimentale che ha datovita alla fondazione PierLuigi e Natalina Remotti.Sede del progetto, l’ex chie-sa delle Gianelline. ACamogli, a pochi chilometri

da Genova, è in scena “Ricostruire con l’arte”, ini-ziativa pensata e realizzata per creare luoghi in cuil’arte e l’architettura subiscano un costante cambia-mento, per sperimentare nel quotidiano una conti-nua interazione tra l’osservatore, la natura el’architettura.Nata da un’esperienza trentennale di collezionismod’arte contemporanea, la fondazione Remotti iniziaad acquisire le prime opere a partire dagli anniSettanta. Arte povera, concettuale, Body art, Pop art,tendenze che i collezionisti captano, influenzatianche dalla grande personalità di Lucio Amelio, gal-

A

i luoghi del belloCHIESA DELLE GIANELLINE

lerista aperto alle tendenze artistiche internazionalidel calibro di Andy Warhol e Joseph Beuys. Attenti ecuriosi osservatori, i collezionisti Pier Luigi eNatalina Remotti, hanno sempre guardato verso lenuove avanguardie artistiche nazionali e internazio-nali, da De Maria a Paladino, Tatafiore, Paolini, daRauschemberg a Kounellis e Buren. In seguito lafondazione Remotti precorre, con entusiasmo, ledirezioni dell’arte contemporanea, spesso antici-pandole con le opere di Grazia Toderi, JosephKosuth, Yves Klein e Man Ray. Grandi nomi dell’ar-chitettura e dell’arte contemporanea, come GilbertoZorio, Alberto Garutti, Michelangelo Pistoletto,Tobias Rehberger, Gruppo A12, dimostrano l’intuitodella fondazione Pier Luigi e Natalina Remotti edella direttrice Francesca Pasini, di vedere nell’arteuna chiave per dialogare con il mondo. Se si è ingrado di creare una sinergia tra arte e architettura, sesi ha il desiderio di voler comunicare un oggetto, unpensiero, un sentimento, ovunque si trovi una ragio-ne, qualsiasi luogo può diventare spazio d’arte.

Architettura creativadi Fabia Martina

Camogli, la fondazione Remotti dà vita a uno spazio espositivo

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Veduta esternadella fondazione

A sinistra: ritratto degli A12Andrea Balestreroe Maddalena Aldrovandi

La sedeIl sacro apre le porte al contemporaneo

Costruita all’inizio del ‘900, la chiesa delle Gianelline è diuna semplicità estrema e di un’eleganza tipica dell’architet-

tura artigianale ligure. La sede, il cui restauro è stato affi-dato alla direzione di Francesca Pasini, è stata valoriz-

zata, internamente, con nuove opere strutturalid’arte contemporanea, mentre all’esterno ha

conservato lo stile originale: il retro dipinto afasce bianche e grigie, l’ingresso frontale

giallo con inserti decorativi in stucco emarmo.

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In questa mostra il dialogo con l’architettura si deli-nea grazie alla potenza comunicativa delle opere diciascun artista, creazioni non decontestualizzate,ma il risultato di una lettura attenta della realtà delluogo, tanto da diventare una componente essenzia-le dello spazio artistico della chiesa. In questo pro-cesso proprio la Chiesa, spazio del culto nel passa-to, diventa tempio laico dell’arte, con un’operazionedi trasformazione mediante la quale l’arte aiuta avedere in modo diverso l’architettura di un luogo. Illuogo si trasforma e nelle opere di Alberto Garutti siassiste ad un continuo dialogo con la natura. Lachiesa sconsacrata cambia agli occhi del visitatore,diventa un luogo “sensibile” che avverte le continuetrasformazioni e i cambiamenti del cielo e del pae-saggio. Diventa infezione nel cielo delle capriate diTobias Rehberger. Cosmo, con le sue sonorità, nelpavimento di Gilberto Zorio. Comunica lo spaziopubblico dei cantieri stradali nella recinzione dellabalconata e nella zona del sagrato del Gruppo A12.Il simbolo matematico dell’infinito, rappresentato

nella scultura posta sulla facciata principale dell’ex-chiesa, realizzata da Michelangelo Pistoletto, espri-me la necessità della creazione di un Terzo Paradiso,quello in cui si può realizzare un nuovo equilibriotra Paradiso naturale e Paradiso artificiale, un luogodove l’uomo mette da parte la sua individualità periniziare a ripensare a ciò che lo circonda:l’ambiente. Quello della fondazione Remotti, è unprogetto che propone la creazione di linguaggi arti-stici nuovi, segue i processi di cambiamento nelmodo di realizzare e comunicare l’arte. Troppospesso, infatti, le creazioni degli artisti contempora-nei sono appiattite dalla spettacolarità dei riflettorimediatici che ne indeboliscono l’efficacia del mes-saggio delle opere stesse. L’evento esprime la neces-sità di interagire con l’artista fino in fondo, fino acogliere la vera spiritualità dell’opera. L’arte el’architettura, dunque, hanno bisogno di luoghi direlazione, di pause e silenzi in cui poter ritrovare sestessi, il rapporto con il presente, con il territorio ela natura. �

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La mostraRicostruire con l’arte

L’apertura della nuova sede della fondazione Pier Luigi e Natalina Remotti, avvenuta il 13 settembre scorso, dàil via a uno spazio espositivo inedito, curato da Francesca Pasini. La mostra Ricostruire con l’arte propone unluogo di sperimentazione, un dialogo tra le opere di Garutti, quelle di Gruppo A12, di Pistoletto e gli studentidella cattedra di Design della facoltà di Architettura di Genova, insieme a quelle di Rehberger e Zorio. Alle operedegli artisti saranno abbinate opere d’arte contemporanea della collezione Remotti per creare un dialogo tra pre-sente e passato prossimo, tra diverse generazioni e nuovi linguaggi. Fino al 28 febbraio, fondazione Pier Luigi eNatalina Remotti, via Castagneto 52, Camogli (Genova). Info: 0185772137; www.fondazioneremotti.it.

In alto, in senso orario:Gilberto Zorio

MichelangeloPistoletto, Collanadel Terzoparadiso, 2008

Michelangelo Pistoletto

Nella pagina a fianco:Gilberto ZorioStella di Camogli2008

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più bei castelli di Puglia rivivono, sianimano come stregati dalla magiadell’arte, diventano testimoni delmistero che si nasconde dietro scul-ture sonore, installazioni e melodiemusicali antiche e nuove.C’è il castello Svevo di Bari, con lesue quattro torri angolari fortementebugnate, attribuito a Ruggero il

Normanno che lo fece costruire intorno al 1131, equello di Barletta che porta i segni del passaggio diFederico II di Svevia, degli Aragonesi e di Carlo V. Lì,in un tour in due tappe (una con inizio il 18 dicem-bre, l’altra a marzo 2009) l’arte contemporanea«proverà a progettare il proprio passato incontrando-si con la storia dei luoghi» come ha spiegato AchilleBonito Oliva, direttore scientifico dell’evento alquale si è dato il nome “Intramoenia extra art”. Siparte proprio da Bari, dove nel lato ovest del castel-

I

luoghi del belloCASTELLI DI PUGLIA

lo, accanto alla Gipsoteca, l’eclettico artista bielle-se Michelangelo Pistoletto espone Il terzo Paradiso.Di cosa si tratta? Innanzitutto, di una fusione tra ilprimo e il secondo paradiso. Nel primo la vita sullaterra è totalmente regolata dalla natura, nel secondoè invece artificiale, sviluppata dall’intelligenzaumana attraverso un processo che ha raggiunto oggiproporzioni globali. Anche i bisogni sono artificiali,come i prodotti, le comodità e i piaceri. Il terzoParadiso è un’opera creata nel 2005 nell’Isola di SanServolo, a sud di Venezia, e poi ha subitoun’evoluzione. Il lavoro, esposto a Milano duranteBunkerart, si è arricchito della collaborazione diGianna Nannini (più nota come cantante, ma artistanel senso più esteso del termine). Nell’edizioneulteriormente rinnovata per la mostra Intramoenia,l’installazione centrale è composta da muretti asecco, tipici della tradizione rurale pugliese, accom-pagnati da testimoni della cultura contemporanea e

di Elida Sergi

Da Bari a Barletta Intramoenia anima gli antichi manieriSPAZI PER FIABE D’ARTISTA

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Castello di Bari, sala angioinaIn alto: Barletta, panoramica del castello

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della ricerca scientifica che in Puglia sono nati ohanno studiato, che si uniranno a musicisti e voca-list. Ospite dell’evento Cosimo Damiano Fonseca,medievalista e storico della Chiesa, insieme aFrancesco Foschini, professore ordinario diArchitettura al Politecnico di Bari. E poi StefenNienhaus, che insegna letteratura tedescaall’Università di Foggia, Teresa Pellegrino, ricercatri-ce del Cnr e Nichi Vendola, presidente della RegionePuglia. A fare da tramite tra i testimoni,l’installazione e la musica c’è “Mama”, sculturasonora di Gianna Nannini.E per un’arte che, rubando nuovamenteun’espressione ad Achille Bonito Oliva, «non richie-de traduzione ma si apre sempre più verso unacomunicazione che supera ogni frontiera, barriereideologiche e differenze antropologiche», il viaggioin terra di Puglia si conclude a Barletta. Sulla città sistaglia il castello, luogo di perfezione architettonica

e identità simbolica. Ad accogliere i visitatori dellamostra non sono più, come nel caso di Bari, il por-tale ogivale scolpito che rappresenta l’universalitàdel potere, il vestibolo scandito in campate coperteda volte a crociera e la loggetta che si affaccia sulcortile interno, ma una cinta muraria con torrerotonda posta ad angolo e una lapide sormontatadallo scudo di Carlo V, simbolo inequivocabile dipotenza.Da marzo i suggestivi sotterranei ospitano lavori insitu e workshop. In esposizione le opere di BettyBee, artista anticonvenzionale amante del kitsch edell’estrema vitalità, che fa di se stessa il soggettoprincipale, le installazioni sintetiche dell’artistamilanese Loris Cecchini, dove “brani” di realtà sifondono con scenari che più che fisici sono virtuali.E poi potere, storia, gruppo e follia che contraddi-stinguono il lavoro del giovane artista bolognesePaolo Chiasera e le “presenze astratte” di Gino De

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Gli appuntamentiDal Paradiso alla collettiva

La prima tappa dell’Intramoenia Extra art –Castelli di Puglia è in programma fino all’8marzo 2009 al castello Svevo di Bari, in piazzaFederico II di Svevia 2, nella sala Angioina. Èpossibile ammirare l’installazione diMichelangelo Pistoletto Il terzo Paradiso e lascultura sonora Mama di Gianna Nannini dalleore 9 alle 19 (chiuso il mercoledì). Costo delbiglietto 2 euro (intero), 1 euro (ridotto), mentrel’ingresso è gratuito fino ai 18 anni e oltre i 65.La seconda tappa al castello di Barletta nellaprimavera 2009 con una grande esposizione col-lettiva di artisti tra cui Betty Bee, FarhadMoshiri e Luca Pignatelli. Per informazioni con-tattare l’associazione Eclettica-Cultura dell’ar-te. Telefono 0883531953. www.ecletticaweb.it.

Dominicis, maestro indiscusso, provocatore pereccellenza e precursore dei generi artistici più invoga. Sua l’esposizione che destò maggiore scanda-lo alla Biennale di Venezia del 1972: per la suaopera “Seconda soluzione di Immortalità, l’universoè immobile” in cui invitò un giovane affetto dallasindrome di Down.A tutto ciò si affiancano le tessiture monumentalidell’artista ghanese El Anatsui, la pittura dellamemoria di Luca Pignatelli, le sculture e i video daperformance del giapponese Shozo Shimamoto. Edal Giappone ci si avvicina all’Australia, con i supereroi fragili di Adrian Tranquilli, per finire con i“segni” dell’artista pugliese Annalisa Pintucci. Lamigliore produzione artistica contemporanea rivivenei luoghi del passato esaltandone la magnificenza.L’evento è patrocinato dalla regione Puglia e spon-sorizzato dal gruppo bancario Monte dei Paschi diSiena. �

A destra: Michelangelo Pistoletto e Gianna Nanninia sinistra: immagini del castello di Barinella pagina precedente: Michelangelo PistolettoIl Terzo paradiso, bunKerart, Milano 2007

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Ail corpo dell’arte

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Dai riempimenti metallici alle invenzioni: corpi e storie di un iperdecorativo tutto da scoprire

di Annarita Guidi

ROBERTO GIULI

Meccanica dell’anima

A volte lo straordinario è nascosto, e l’abbaglio della sco-perta quasi disorienta gli occhi. Una ricerca pittorica inequilibrio tra la realtà e il suo ineliminabile sconfina-mento nel magico e nell’inconoscibile: la produzione diRoberto Giuli – raro iperrealista, talento “off” – è una sin-tesi, personalissima e in continuo movimento, tra lafenomenologia e la torsione artistica impressa dallosguardo dell’autore al mondo delle cose. Una sintesicomplessa, delicata e allo stesso tempo così immediatada catturare la vista e lasciarla a interrogarsi. Disceseinquietanti in universi indicibili, popolati da esseri chesfuggono alla categorizzazione e da figure umane conta-minate come magnifici mutanti. Sentimenti universalirestituiti come insiemi armonici, visioni di patrimoniogenetico e ossature culturali fusi senza bisogno di confi-ni e distinzioni. Distacchi ironici che liberano riflessionisull’umano quotidiano, cristallizzate metafore visive e

linguistiche restituite alla vita da una riattualizzazioneche è passata da una fase meccanica a una figurativa. Inuna casa che sembra un museo, Giuli cammina tra i suoiquadri: ogni angolo, ogni parete una visione su un altromondo, fino allo studio illuminato dal sole. Lì, davanti alcavalletto, l’artista racconta un percorso naturale come iltalento quando si rivela alla coscienza.Come è iniziata la sua produzione artistica?«Fortunatamente sono nato con la matita in mano. Hosempre disegnato, regalato, strappato, buttato finché nonho conosciuto Gaetano Pompa. Il suo modo di metterel’olio sulla tela mi piaceva molto, infatti l’ho seguito ed èstato da quel momento che ho cominciato a dipingere.Dopo un anno, Gaetano venne a vedere i miei quadri erimase meravigliato. Mi disse: «Devi fare una mostra» emi diede la possibilità di fare la prima esposizione daFabio Failla, anche lui pittore, in una bella galleria, La

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vetrina a via del Babuino. Quella fu la mia partenza,condizionata da un certo stile che chiamerei meccanico:mi piaceva studiare il riempimento metallico del corpoche dava il movimento, la sensazione di rilievo, le sfu-mature. Successivamente, sono voluto scendere nel figu-rativo. Ho cominciato a fare i volti, le mani anziché imetalli e le strutture “strane” che completavano un gomi-to, un ginocchio, una giuntura, un collo, un viso. E hocercato di valorizzare i miei quadri attraverso il panneg-gio. Questo dà la possibilità di approfondire le immagi-ni, di dare rilievo all’opera. Spesso e volentieri era unpanneggio reale, poi ne ho creato uno mio che non è piùun panneggio, è un’invenzione completa delle pieghe.Invento una muscolatura che non corrisponde alla realtàma dà la sensazione del movimento, della piegatura delbraccio, dell’espressione delle mani. E questa è diventa-ta la mia caratteristica».

È incredibile il suo lavoro sui particolari, considerandoche è un autodidatta.«Quando inizi a usare la matita e ti rendi conto che fun-ziona, vai avanti».Quando ha iniziato?«Ho cominciato con la pittura ad olio su tela una venti-na di anni fa. Per l’esposizione alla Vetrina lavoravo dinotte, perché di giorno avevo tutt’altra attività. Per fare unquadro ci volevano anche cinque mesi. A una certa età,mi sono messo in pensione e da allora ho iniziato a lavo-rare tutto il giorno».Le sue fonti di ispirazione?«Alcuni quadri vengono da bassorilievi assirobabilonesi,dal mausoleo di Alessandro Magno, come la Caccia alleone. Immagini storiche, fotografie da cui prendo anchesolo un frammento, due immagini lontane che mi piac-ciono, da lì creo il quadro».

Il catalogoFigurae

Figurae è la mostra realizzata da Roberto Giuli nel 2002 almuseo Umberto Mastroianni (complesso monumentale di sanSalvatore in Lauro) di Roma. Il catalogo, edito da Il cigno, pre-senta le opere di Giuli – tra cui Operai (1978), SanctusGeorgius et draco (1984), Assurbanipal leonem venatur (1985),Paula (1989), Il cavallo di spade (1990), Maschera a Venezia(1992), Osservando Schiele (2001) – appartenenti sia al perio-do meccanico che a quello figurativo, accompagnate dai testicritici di Floriano De Santi (curatore dell’esposizione), HenryUnger, Gaetano Pompa (“una testimonianza delle sorpreseriservate a noi uomini da altri uomini” si legge nella letterascritta a Fabio Failla in occasione della prima mostra di Giuli)e da una postilla dell’artista. Info: www.ilcigno.org.

Nella pagina precedente:Abbraccio, 2008

A destra:Caccia al leone

Sarcofago d’Alessandro, 2007

In basso:Roberto Giuli

Nella pagina successiva:Senza titolo, 2006

Foto Manuela Giusto

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L’artistaEx portiere della Roma, pittore autodidatta

Roberto Giuli vive a Roma, dove è nato il 9 luglio 1938. Ha giocatoda portiere nella Roma. Pittore autodidatta, nell’85 ha realizzatola prima mostra alla Vetrina di Roma. Ha esposto alla sala Cerio(Capri, 1987) e alla Cà d’Oro (Roma, 1993). Tra le collettive, nel‘90 ha partecipato a quella dei Pittori di sant’Agnese (con GaetanoPompa e Carlo Guarienti) e alla mostra itinerante La luce nell’arte(con Giacomo Manzù e Emilio Greco), oltre che a Tra Occidente eOriente (Dubai, 2005), Venus Venus donne nell’arte (Taormina,2006) e Autori e note (Roma, 2007). Nel 2002 ha vinto il concorsoLa mia idea di campagna romana e laziale e nel 2007 il Marforiod’oro per la pittura. Il 5 e il 6 dicembre Giuli è stato al circoloAntico tiro a volo di Roma con la personale Ritorno al figurativo.

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Com’è avvenuto il passaggio dallo stile meccanicoal figurativo?«Inizialmente dovevo fare esperienza nella pittura aolio, dovevo attrezzarmi per realizzare un certogenere di sfumature che realizzo togliendo colore:quello meccanico era un sistema di pittura che miaiutava a fare questa esperienza. Inoltre in quelmomento lo sentivo valido, innovativo. Per moltotempo è stato così, poi da un momento all’altro miha folgorato l’idea di cambiare e non è successo pergradi, ma piuttosto repentinamente: quelle operenon hanno nulla a che vedere con i quadri che rea-lizzo da qualche anno a questa parte».Nei soggetti umani c’è sempre una contaminazione:escrescenze “altre”?«Si tratta di mie invenzioni: mentre disegno sulla telacreo qualcosa di particolare, qualcosa che non sia

nella normalità. Prendiamo ad esempio i capelli:sono capelli, non lo sono, e allo stesso tempo dannol’idea del capello. Non c’è una contaminazione conrealtà altre, aliene: sono piccole invenzioni che mipiace inserire e, secondo me, arricchisconol’immagine».Dove va l’arte del terzo millennio, che fine fanno ipennelli e le tecniche scultoree?«Vorrei che tutti dimostrassero di saper disegnare:solo allora un artista può definirsi tale e la sua ricer-ca è ricerca del nuovo. Vedo spesso cose che mipiacciono per le colorazioni, ma la maggior partedelle volte non le capisco, forse non sono abbastan-za giovane o moderno. Addirittura alcuni realizzanoquadri proiettando sulla tela l’immagine, è ridicolo eassurdo, lo faceva mio zio cinquant’anni fa e giàallora non serviva a niente: chiunque può farlo». �

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a l’energia che non ti aspet-ti, minuta com’è. La sereni-tà invece la cogli subito,trasuda dagli occhi chiari,luminosi come le frasi chesnocciola. Parole assertive,suadenti. Sensate comepoche volte capita di senti-re mettendo un microfono

in bocca a un artista. Sarà perché Barbara Sbrocca all’ar-te c’è arrivata tardi, seguendo la scia d’un amore in fran-tumi, lasciando una strada che l’arte più che costeggiar-la la domina, come gran parte del presente: la comuni-cazione e il marketing. Un percorso abbandonato perdedicarsi alle sue “pittosculture”. Pitture materiche,impasti di granuli colori emozioni a cui si aggiunge lapoesia – Barbara è anche poeta, e cura il suo “sblog” conpiglio elegiaco – e la musica jazz, altra sua passione.Anzi, quella di dare colore alla musica è una sua cifracaratteristica, per alcuni critici. Ma quello che erutta daisuoi lavori è anzitutto amore. La scintilla primigenia e ilfine ultimo dell’umano.“Umano come me“, la tua prima mostra, nasce da «unoschianto di pancia, il primo amore».«È un titolo dedicato al primo amore, all’incontro conl’essere umano diverso, l’uomo, a 14 anni. Alla primavolta in cui fai i conti con la diversità. Se sei fortunatauna storia con un essere umano completamente diversoda te può essere stupenda. Io sono stata fortunata. Lì misono resa conto che gli uomini sono un mistero incono-scibile, o meglio in continua trasformazione propriocome noi donne, ma che vale la pena di esplorare.Insomma, c’è la possibilità di entrare in relazione se non

di Maurizio Zuccari

H

l’arte prende corpoBARBARA SBROCCA

UMANOcome l’altro da me

Poesia, musica e amore. Le pittosculture dell’artista romana

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L’artistaDa copywriter a poeta

Barbara Sbrocca è nata il 28giugno 1968 a Campobasso.Lavora come copywriter,creando la sua prima pitto-scultura nel 2001. Umanocome me è l’ultima persona-le a Roma, nel 2007.Collabora con vari musicistijazz: sue le copertine sualcuni cd di EnricoPieranunzi e Stefania Tallini,tra cui Pasodoble, realizzatoad hoc con GabrieleMirabassi, allegato al catalo-go antologico di pittoscultu-ra e poesia (D’Arco edizioni,2007). Vive e lavora a Roma.(www.sbrocca.com).

Bette, 2002

Sotto e a sinistra:Barbara Sbroccae alcuni momentinella realizzazionedell’opera Mirabird,omaggio a GabrieleMirabassifoto Filippo Trojano

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cerchi l’uguale. Ecco cosa significa umano come me».L’identità di genere, il rapporto uomo-donna è unodegli elementi della tua arte. La ricerca continua.«Sì, la ricerca continua non soltanto sul rapporto uomo-donna, ma sull’identità umana ed è una ricerca iniziatadieci anni fa con un lavoro di psicoterapia. Questo rap-porto è fondamentale, il cardine su cui si basa tutta lavita, per lo sviluppo della propria identità. Tutto gira lìintorno, i miei quadri sono un’espressione di questo,anche se non cosciente: non sono pensati. Spessonascono da soli, come le poesie».Infatti l’improvvisazione è una tua cifra stilistica.«È anche parte della mia storia, nel senso che non sonoandata a scuola di pittura, non ho fatto l’accademia, nonnasco artista. Vengo da un’altra strada: ho fatto il classi-co, mi sono diplomata in tecnica pubblicitaria, ho fattola copywriter per tanti anni, quindi la scrittura è la miaprima forma di espressione. A un certo punto ho sentitol’esigenza di mettere le mani in pasta, letteralmente.

L’opera è nata da subito tridimensionale, non mi èbastato prendere i pennelli e fare un quadro classico, hosempre sentito l’esigenza di sviluppare i volumi. È comese la tridimensionalità mi desse la possibilità di regredi-re a una sensazione, una forma più essenziale».Poesia, musica, pitture materiche. Cosa le unisce?«La poesia è una vecchia storia, scrivevo già da piccola.Anche lì ho sempre scritto quando mi veniva, come coiquadri, posso stare mesi senza toccare una tela. Il rap-porto con la poesia, la parola, è come con la musica: unsuono mi evoca delle immagini, ma in questo caso lamusica la faccio io. Anche la poesia viene fuori da sola,sono parole legate a un momento e possono essere soloin quel modo, come un’immagine, giusta o sbagliatache sia. Con la musica, in particolare con StefaniaTallini, una mia grande amica, il processo creativo è lostesso dei quadri: a un certo punto ti rendi conto che staemergendo qualcosa. Ci sono persone che creano dopovarie prove. Per me e lei non funziona così».

I luoghi deputatiall’arte contemporaneaespongono coseinquietanti, disturbate.Difficilmente vedoqualcuno che se lagioca fino in fondo,se non chi tira fuoriil suo lato malato,angosciante. Ma noncredo che questa siaarte: è marketing

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From too much talk, 2005Pasodoble, 2006Nella pagina seguente:Maybe waiting, 2006

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A proposito del rapporto con la musica, AntonellaRenzitti scrive che la tua arte è quella di dare forma aisuoni, tradurre la musica in forme e colori.«Nel mio catalogo c’è anche Vincenzo Martorella chedice esattamente l’opposto: non si può dare forma allamusica. Questa cosa mi ha divertito moltissimo, nonfaccio altro che arrendermi a loro. A volte l’immagine èchiara, altre volte un po’ nebulosa. Non credo tanto alrapporto, alle nozze tra pittoscultura e musica, ma perme è così».Commenta una tua poesia, Acquaviva.«Oh, Gesù».Io sono la continua evoluzione. Mi trasformo in ogniistante/ da me in me/ e non prevedo che vita.«Allora, questa poesia nasce in forma di prosa e ha unastoria. Anni fa un amico mi regalò un libro di ClariceLispector, Acqua viva, dicendomi: qui dentro ci sei pro-prio tu. È stata una lettura un po’ schizofrenica, c’eranocose che mi rappresentavano totalmente e altre di una

lontananza assoluta. Quindi ho riscritto e incollato lefrasi che nonmi andavano proprio: ecco, questa sono io.Quindi questa poesia è la trasformazione di una frasedella Lispector che non mi suonava: sono io, il mio pro-clama. Nel tempo mi sono resa conto che sono così, incontinua evoluzione, non ho paura di quello che succe-de. A quarant’anni mi sono successe un sacco di cose,con alti e bassi ma tutte belle. Non torno indietro nean-che con la memoria, sono più libera adesso che nel pas-sato, forse come ero solo a 14 anni. La cosa bella è cheora mi riprendo quella libertà ma con una maturità, unasfacciataggine diversa».Quattro personali, dal 2002 a oggi. Tutte in spazi diconfine, non in luoghi d’arte.«Non mi ritrovo nel mondo canonico. Non sonoun’accademica e mi rendo conto che quello che faccionon è proprio di moda. I luoghi deputati all’arte con-temporanea espongono cose inquietanti, disturbate.Difficilmente vedo qualcuno che se la gioca fino in

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fondo, se non chi tira fuori il suo lato malato, ango-sciante. Ma non credo che questa sia arte: è marketing.Per essere considerati artisti alla moda si deve essereapparentemente dirompenti, ma l’angoscia della condi-zione umana è trita e ritrita, non c’è nessuno che facciauna ricerca vera sull’identità, gira ancora il binomio arte-follia. Anche tra i galleristi devo trovare qualcuno capa-ce di condividere il bello della vita: la pulizia tra esseriumani, l’onestà nei rapporti con gli altri e con se stessi».Chiudiamo col tuo impegno civile, umano se vuoi, nelcosiddetto Terzo mondo. E il futuro.«Collaboro a un progetto dell’Aidos, l’Associazione ita-liana donne per lo sviluppo, per far conoscere l’attivitàdi un incubatore di microimprese femminili in Siria, unadelle zone più povere del paese, vicino Lattakia. Misono innamorata del progetto e loro di me. E sono appe-na tornata dal Nepal, dove ho seguito un progetto simi-le. Per il futuro non c’è niente di concreto, mi piacereb-be fare un lavoro sulle suggestioni siriane. Poi ci sonoprogetti di collaborazione con alcuni musicisti per unospettacolo teatrale di tango su testi di Neruda e Lorca,dovrei occuparmi dei costumi. Mi piacerebbe anchefare una mostra unita alla poesia, lavorare con le resine,sperimentare materiali nella scultura. Scoprire un nuovomondo. Ma sto cercando uno spazio adeguato dovelavorare, in casa non si può». �

SblogRicordoRicordo quando avevo pauraricordo di come il tempo scorresse lentissimoe le giornate sembravano variare di pocol`una dall`altraricordo che non volevo interferenzesperavo in un cataclisma qualsiasi.

Venti maggioStamattina, da Poggi,mentre compravo i miei colori e le mie teleè entrato Enzo Cucchi.Corpo alla Schielemagrissimo sproporzionatol`abito lisole scarpe racimolatelo sguardo che non si sofferma sugli umaniperché è già pienodi chissacché.Mi chiedocome sarebbe stata la mia vitase fossi stata liberada prima.Di certo così no.

Poesie(Torre) VadoCamminando nel mare– l’acqua sul ventre –non saprei dire quanto tempomi scorse.Andavo,le mani immersedocili, controcorrente.Mai più feci ritornoda quell’andare.

Tra le ditaPer strada– non volendo –ho raccoltouna solitudine nuova:biancae a forma di fioreLa tengo tra i capelliSembrache non sia mortale.

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osì come certe pietanze o dolci in cui c’è tutto (e a volte, persino, la pie-tanza sconfina nel dolce e il dolce nella pietanza), e sembrano realizza-re il sogno di un affamato, i mercati più abbondanti e traboccanti, più ric-chi, più festosi, più barocchi sono quelli dei paesi poveri, dei paesi in cui

lo spettro della fame si è sempre aggirato come la Morte Rossa di Poe – ma a diffe-renza di questa mai riuscendo a varcare la soglia delle patrizie dimore. A Bagdad, aValencia, a Palermo un mercato è qualcosa di più di un mercato – cioè di un luogoin cui si vendono vivande e in cui si va per comprarne. È una visione, un sogno, unmiraggio. Un “mangiar visuale”: e con effetti di appagamento e delizia pari a quellidelle “bevute visuali” del Magalotti. E potremmo anche lasciar cadere la parola man-giare: ché dei cinque sensi, a ben considerare, il meno impegnato finisce con l’essereil gusto, subordinato agli altri quattro: i quali, dalla sua inattività resi più alerti e sot-tili, a compenso gli trasmettono quei segnali tra loro complementari e concomitantiche diventano “un misto di gola, di ristoro, di maraviglia, di dolcezza, di liquefazio-ne”, come appunto nelle “bevute visuali” del Magalotti. Ora il visualizzare un fattovisuale quale la Vucciria di Palermo, vale a dire un fatto di predisposta, funzionale efunzionante visualità – il visualizzarlo in una pittura, in un quadro, in un grande qua-dro – sarebbe una operazione piuttosto ovvia e banale, se non vi concorresse nonsolo una celebrazione della visualità in senso magalottiano ma anche la conoscenzae coscienza di un significato: di quel che una tale visualità – che sarebbe da dire pro-priamente e definitivamente teatralità – umanamente e storicamente significa. Epotremmo anche fare a meno di dire che non significa il consumo, ma la fame: poi-ché il quadro di Renato Guttuso impareggiabilmente lo dice.

*Da La Sicilia n. 76, 1975

Nel 1975 Sciascia affrontòcome oggi Camillerila grande opera del maestrosul mercato palermitanoEcco cosa ne scrissedi Leonardo Sciascia*

La VUCCIRIAdi Guttuso

C

Un’immagine d’epocadella Vucciria

Sotto:Leonardo Sciasciafoto Ap/Lapresse

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PAROLEa coloriLa Vuccirìa di Guttuso raccontata da un altro scrittoreche ha frequentato e amato tanto l’opera che il mercatodi Maurizio Zuccari

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Renato GuttusoLa Vucciria, 1974

Sopra: il pittorecon lo scrittoreAndrea Camillerifoto Dabbrescia,Alberto CristofariContrastocortesia Skira

UUna femmina cammina voluttuosa tra barattoli d’olive e cartoni d’uova, pescispada in bella-vista, quarti di bue e capretti, quintalate d’ogni bendidio. Un giovanotto smunto col maglio-ne giallo a girocollo l’osserva pensoso, sta per farsi da parte oppure no. Altri, intorno, stannoper i fatti loro frammezzo alle bancarelle di frutta e verdura. Questa la scia luminosa attornoalla quale Renato Guttuso ha pittato la Vuccirìa, il popolare mercato palermitano che ha datospunto a uno dei suoi capolavori. Questo l’incipit col quale Andrea Camilleri – come giàLeonardo Sciascia nel ‘76, nel brano riproposto nella pagina precedente – ha trasposto quel-la tela gigantesca in un racconto minuto, eppure capace di restituire i colori e le atmosferedel maestro di Bagherìa, giocato tra l’oggi e un passato in cui, nello stesso spazio umano eurbano, l’inquisizione metteva al rogo donne e fisime. Quel mercato e quei luoghi lo scrit-tore di Porto Empedocle li conosce bene per averli frequentati da studente universitario nellaSicilia appena uscita dalla guerra, per averci mangiato ‘u pani cu ‘a meusa oggi schifata puredai turisti. E lì il giovane Camilleri ha avuto la sua folgorazione a piazza Marina, davanti all’o-pera donata dal pittore al rettore di palazzo Steri, già carcere inquisitoriale, MarcelloCarapezza. Così non è stato difficile per Fabio Carapezza Guttuso convincere lo scrittore, checol padre naturale sedeva spesso a cena alla trattoria Panarelli, a mettere mano alla pennaseguendo quella vecchia suggestione. Camilleri, Guttuso non appare sulle copertine dei suoilibri, ma quale rapporto ha avuto con lui e la sua pittura, in particolare con la Vuccirìa? «Guttuso l’ho visto due tre volte, l’ho conosciuto ma non ho mai avuto rapporti d’amiciziacon lui, con la sua arte sì. Ho cominciato a interessarmi alla sua pittura negli anni ’40, avevo15 anni e leggevo la rivista diretta da Bottai, Primato. Ci fu lo scandalo del premio dato allacrocifissione di Guttuso. Quel quadro lo trovai bellissimo, così m’interessai a lui e nel dopo-guerra, che per noi siciliani è il ’43 e non il ’45, cominciai a seguire anche quello che con-sidero il suo maestro all’accademia di Belle arti: Pippo Rizzo, il futurista. Le copertine suimiei libri editi da Sellerio sono quasi tutte sue o di Lia Pasqualina Corso, la compagna di studidi Guttuso. Con la Vuccirìa ho avuto un grosso impatto, andai a Palermo per un convegnonella sede del rettorato a palazzo Steri, dove a pianterreno c’erano le scritte dei carcerati chelì erano stati imprigionati dall’inquisizione e di cui aveva parlato Sciascia, e lì c’era questoquadro che mi colpì come una mazzata. Perché è di tre metri per tre, così vivo, e siccomesono stato a lungo un frequentatore della Vuccirìa negli anni universitari, quando Fabio Cara-

conversando sul sofàANDREA CAMILLERI

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Due studiper la Vucciria, 1974

A destra:Andrea CamilleriSotto:Fabio CarapezzaGuttusofoto Manuela Giusto

pezza mi venne a provocare, dicendomi che veniva ricollocata allo Steri, mi feci fare da luiuna riproduzione e cominciai a guardarla tutti i giorni, così mi nacque l’idea del racconto».Ma che rapporto ha con l’arte in generale: è un appassionato, un collezionista?«Sono un po’ sulla linea di Sciascia, un amatore di stampe. Cioè ho parecchie incisioni, conun particolare riguardo per i corregionali: un bellissimo disegno di Guttuso, Ugo Attardi, maanche diverse cose che vanno al di là della regione, di Arturo Carmassi e altri pittori».Venendo a un altro corregionale, Montalbano, lei alterna diverse scritture: come riesce acombinare questo insieme di storie e personaggi, sobbarcarsi alla sua età una mole di lavo-ro tale da produrre tre o quattro libri l’anno?«Eh, eh, dovrei essere premiato con una medaglia d’oro dal ministro Brunetta che si lamen-ta dei fannulloni, o da Bondi visto che parliamo di cultura, perché sono un ottimo impiega-to, potrebbero mettermi i tornelli. Mi alzo alle sei, alle otto meno un quarto sono al compu-ter: per scrivere ho la necessità, il tic se vuole, di dover essere perfettamente in ordine, rasa-to, non mi metto la cravatta ma è l’unica cosa che non faccio. Lavoro fino alle dieci e il pome-riggio vado a rivedere quello che ho scritto la mattina, quindi è un lavoro serio, artigianale.Così come sono uno scrittore impiegatizio, sono anche un impiegato del fumo. Rispetto tuttele regole, non me ne vanto perché lo reputo un vizio assolutamente cretino, però questo è.Credo che se smettessi di fumare alla mia età, il collasso seguirebbe in pochi minuti. Unamattina mia moglie che di solito entra alle nove, quindi mentre già sto lavorando da unpezzo, mi dice: perché hai rotto tutte ‘ste sigarette? Come rotto, faccio io. Guardo il posace-nere e mi rendo conto che accendevo le sigarette ma siccome l’accendino non aveva più gasnon fumavo nulla, sentivo il rumore e arrivato nella mia mente il tempo che la sigaretta impie-gava per consumarsi la rompevo. Un rituale».Restiamo su Montalbano. Come ha visto le ultime puntate televisive del regista Sironi? Mipare che ci sia stato uno slittamento nella narrazione del personaggio verso le belle donne,più situazioni intriganti rispetto alle sue storie.«No, queste donne sono già nei miei romanzi, ma la mia prima preoccupazione è quella didiversificare il Montalbano scritto da quello televisivo. Non c’è solo una differenza fisica, per-ché il mio personaggio è pieno di capelli, di baffi, ed è assai più avanti negli anni essendonato nel ’50, quindi ne ha 58, oggi come oggi è a due anni dalla pensione. Il fatto è che, arri-vato a una certa età, ‘ste donne Montalbano le comincia a guardare con un occhio diverso.Il suo catalogo, per dirla come Lorenzo Da Ponte nel Don Giovanni di Mozart, sta sulle ditadi una mano, poveraccio, quindi vuole prendersi qualche rivincita tardiva».Sul magazine del Corsera Luca Zingaretti, alias Montalbano, dà la sua chiave di letturadell’Italia di oggi, la sua ricetta per i mali che l’affliggono. Lei ne ha una, per questo stranopaese chiamato Italia?«Non esiste. Magari esistessero ricette per la scrittura, la politica: esistono soluzioni provvi-sorie, quindi non posso che augurarmi, essendo cittadino italiano e non avendo nessunaintenzione di cambiare paese, soluzioni buone per tutti. Credo che saremo obbligati a tro-varle da quello che avverrà nei prossimi mesi, ce lo stanno dicendo in tutte le salse che saran-no tempi veramente duri. Forse ritroveremo dei valori perduti, solidarietà e altre parole simi-li diventeranno una realtà concreta». �

IL VOLUME

La VucciriaAndrea CamilleriRenato GuttusoSkira111 pagine18 euro

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Il ricordo del figlio adottivoCarapezza Guttuso: «Un quadro maturato lentamente, icona della Sicilia»

Fabio Carapezza Guttuso, figlio adottivo del pittore scomparso nel 1987, ha scritto un contributo per il volu-me edito da Skira. Così ricorda l’opera forse maggiore dell’uomo che l’ha adottato in punto di morte. «LaVuccirìa per Renato Guttuso aveva un significato simbolico, l’amava particolarmente. Un quadro può nasce-re per stimoli immediati, come nel caso del “Gott mit uns”, durante l’occupazione nazista, invece altre opere

hanno bisogno di una riflessione lunghissima, come la Vuccirìa. Sono serviti circa cinquant’anni di riflessioni, indispensabili alla matu-razione di questo progetto che vede il mercato omonimo elaborarsi fino a diventare un paradigma, un’idea. Guttuso frequentò laVuccirìada ragazzo e, pur non rendendosene conto, l’attraversare il mercato per andare a scuola – lui viveva a Bagherìa ma andava al liceo aPalermo – cambiò la percezione di quello che vedeva, la sua stessa esistenza. E quando cominciò a dipingere riprese quei colori, queitagli di luce. Prima di affrontare quel quadro, dipinto dal primo ottobre al 6 novembre 1974, Guttuso realizzò, come era solito, moltistudi sullo stesso soggetto. Nel Natale del ‘73 si dedicò a una campagna fotografica, fissando sui negativi in bianco e nero i trionfi dimerce e le tende, le grandi lampade e gli stretti vicoli. Ma il quadro realizzato nello studio diVelate, vicinoVarese, è diverso dalle imma-gini che l’artista ha scattato, dai suoi stessi ricordi e da ciò che un visitatore potrebbe trovare. È diventato l’idea stessa del mercato, quasiun’icona della Sicilia, racchiudendo in sé la complessità della sua storia e dei suoi colori».

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Con Guttusonon avevo rapportid’amicizia, con lasua arte sì. Trovaibellissima la suacrocifissione em’interessai ancheal suo mastro,Pippo Rizzo.La Vuccirìa micolpì come unamazzata

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un caffè con

Il maestro napoletano: «Il mio compito è capire i desideri dell’artista. Ma è un mestiere in estinzione»

di Elena Mandolini

ANTONIO SANNINO

L’ultimo stampatore

In quello che è stato il suo rifugio, il suo ufficio e la suaseconda casa, Antonio Sannino si è raccontato e ha rac-contato il suo lavoro. Proprio dietro alla fontana di Trevia Roma, nell’Istituto nazionale per la grafica che ospitacirca 50mila matrici a partire dal ‘500, parla con un velodi malinconia della professione che ha abbandonatodopo una vita. Il 31 gennaio, infatti, ha lasciato il postodi capotecnico calcografo: «Il mio - dice - è un mestiereche sta scomparendo. Il nostro compito non è solo tra-durre dal metallo alla stampa ma anche capire i deside-ri e le esigenze dell’artista. Interpreto cosa vuole e poitraduco in stampa». Nel corso dei secoli né le tecnichené i supporti per realizzare le stampe hanno subito epo-cali modifiche. L’unica differenza è che non si usano piùmatrici originali in rame, ferro, bronzo od ottone, consi-derate opere d’arte. Per salvaguardarle sono state infattirealizzate delle clonazioni in nichel, materiale chemeglio sopporta la pressione del torchio garantendo un

identico risultato. Naturalmente sulle stampe fatte conclonazione, per distinguerle dalle originali, bisognaapporre un timbro a secco di riconoscimento.L’articolato procedimento della stampa inizia col riscal-dare la lastra incisa, per far meglio aderire e scioglierel’inchiostro, che si spande poi con un tampone spingen-dolo sulla lastra stessa. In seguito, con una garza di tar-latana si toglie l’eccesso e col palmo della mano si dàun’ultima ripulita al supporto. «Ci vuole esperienza esensibilità per capire sia cosa vuole il committente ecomprendere quanto inchiostro deve rimanere, per otte-nere un ottimo risultato», dice Sannino. Poi si bagna esi tampona la carta dove verrà stampato il calco.Quindi si appoggia sul piano del torchio sia la lastrainchiostrata che la carta inumidita, coperte da un fel-tro di lana. Si passa sotto al rullo, di cui si regola lapressione e da cui spunta la stampa calcografica.Come ultimo atto, si pulisce la lastra col petrolio.

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Diverse le tecniche utilizzate: dirette (bulino, puntasecca) e indirette (acquaforte, acquatinta) con differenzenotevoli. Dei torchi, invece, si conoscono solo due tipi:quello calcografico (citato prima) e lo xilografico.Nell’Istituto c’è anche un laboratorio diagnostico, perstabilire il deterioramento delle lastre. «Non offriamoperizie – continua lo stampatore – ma siamo ben dispo-sti ad aiutare chi viene per una consulenza, fermo restan-do che solo alcune matrici possono essere restaurate. Inpresenza di graffi risultano inutilizzabili».Del progetto “Forma urbis Romae. Pianta monumentaledi Roma per il grande Giubileo dell’anno duemila”Sannino ricorda come abbia suggerito lui stesso, alla pro-fessoressa Barbara Jatta del Vaticano, l’idea di realizzareuna pianta storica capitolina. Sempre lo stampatore hascelto i collaboratori per quell’impresa: l’artista RiccardoTommasi Ferroni, che ha realizzato i disegni originali, e

gli incisori Patrizio Di Sciullo e Giuseppe Greco, chehanno tradotto graficamente il suo operato.Sannino vanta collaborazioni con artisti internazionali ericorda in primis Paolo Canevari che, per la mostraDecalogo, ha voluto lasciare, come altri, qualche operain calcografia. Uno dei progetti a cui sta lavorando è lacollaborazione con gli architetti Matteo Porrino eAlessandro Anselmi e altri giovani laureati. Inoltre è sem-pre attivo il progetto Arte e scuola, per cui ha insegnatoai bambini delle elementari e dal quale è nato un libret-to con le realizzazioni dei piccoli. Ben contento dell’ini-ziativa dei torchi ottocenteschi, il maestro vorrebbe peròvedere la stamperia riempirsi di giovani allievi dediti allavoro. E conclude: «Non ho intenzione di abbandonarequesto mestiere. Continuerò a lavorare nel mio studioprivato. Non credo che la mia si possa considerare unapensione vera e propria». �

Il personaggioMaestro storico della calcografia

Nato a Portici, Napoli, il 31 gennaio del 1943, Antonio Sannino siforma all’istituto arti grafiche Masi, dove apprende sia le tecnichedi stampa calcografica che quelle finalizzate alla salvaguardia e alrestauro delle matrici incise. Diventato capotecnico calcograficodell’Istituto nazionale della grafica di Roma – dove lavora da anni– inizia a collaborare con artisti contemporanei di rilievo.Occupatosi anche di fotoincisioni per importanti stampe antiche, èormai prossimo alla pensione ed è divenuto negli anni punto di rife-rimento per consulenze e valutazioni tecniche.

Dettaglio dell’inchio-stratura di una lastra

Nella paginasuccessivae a pagina 71:Antonio Sannino

A pagina 70:torchi storiciall’ingressodella stamperiafoto Manuela Giusto

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L’iniziativaTorchi in prestito per rilanciare l’Ing

Con orgoglio Serenita Papaldo, direttrice dell’Istituto nazionaleper la grafica, ha annunciato un’iniziativa per rilanciare la calco-grafia. Da sempre utilizzati all’interno del reparto omonimo, i tor-chi ottocenteschi verranno prestati a importanti artisti italiani e no,con lo scopo di fornire loro un nuovo modo di fare arte. Già in que-sti anni alcuni artisti si sono affidati alle mani esperte di Sannino ealtri calcografi per realizzare stampe delle loro opere. Da oggi saràl’istituto stesso a ricercare e valutare personalità interessanti a cuiproporre collaborazioni in cui si potranno utilizzare presse, torchie macchine di immenso valore storico. L’intento è quello di mostra-re non solo il ruolo museale-conservativo della calcografia ma rin-forzarne quello produttivo. Info: www.grafica.arti.beniculturali.it.

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na grande visione dei cieli,l’apice artistico raggiuntodalla cartografia celeste nelXVII secolo, l’Atlas coelestisseu harmonia macrocosmicadi Andreas Cellarius, vieneproposta da Editalia GruppoIstituto poligrafico e Zeccadello stato nella collana

Cartografia celeste con una una selezione delle sue piùspettacolari tavole, riprodotte in facsimile dall’esem-plare conservato presso la Biblioteca nazionale centra-le di Roma, edito ad Amsterdam da Jan Janssonnel1661. Le acquerellature d’epoca, oltre a renderequesta copia un unicum, esaltano la straordinariavalenza estetica delle tavole. Gli atlanti celesti rappre-

U

codexANDREAS CELLARIUS

sentano le più belle opere scientifiche mai date allestampe, e quello di Andreas Cellarius (nato nel 1595 emorto nel 1665) è senza dubbio riconosciuto comeuna pietra miliare dell’iconografia celeste il cui suc-cesso, sancito già dai contemporanei, perdura neisecoli.L’Atlas coelestis è soprattutto un prezioso compendiostorico in cui le illustrazioni, accompagnate da untrattato in latino, tramandano a un tempo la storia delprogresso scientifico in campo astronomico e, nellaloro visionaria spettacolarità barocca, lo stupore e lafascinazione del cosmo che l’uomo subisce fin dai pri-mordi della vita. La geografia celeste ancora per moltotempo dopo Cellarius visse della necessità di essererappresentata attraverso l’esattezza scientifica dellageometria e allo stesso tempo del desiderio di leggere

di Floriana Minà

Il capolavoro del cartografo tedesco rivive nel progetto EditaliaL’ORIGINE DELL’UNIVERSO

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L’atlanteTre serie per quattro carte

Le tavole in facsimile (51 x 59 cm) sono suddivise in tre serie di quattro carte ciascuna che rappresentano i tre temi principali dell’Atlas.La prima serie è dedicata alle tavole scenografiche delle costellazioni: le costellazioni degli emisferi australe e boreale sono rappre-sentate in quattro spericolate visioni in cui per la prima volta la sfera della terra viene vista attraverso l’immaginifico mondo zodiaca-le che popola la sfera del cielo. La seconda serie affronta il sistema cosmologico tolemaico: le quattro tavole riassumono l’ipotesi geo-centrica dell’astronomo greco, secondo cui la terra occupa il centro dell’universo mentre gli altri corpi le ruotano intorno seguendoorbite concentriche. I sistemi cosmologici di Copernico e Tycho Brahe popolano infine le carte della terza serie: il rivoluzionario siste-ma eliocentrico di Copernico e quello di compromesso con il pensiero della chiesa elaborato da Tycho Brahe sono raffigurati ciascu-no in due tavole. Attorno alle rappresentazioni principali, negli angoli delle tavole si profila un mondo vivace di personaggi storici emitologici, personificazioni e putti, globi e strumenti scientifici come fili a piombo, compassi, telescopi. Le carte sono stampate in fac-simile su carta speciale per riproduzioni d’arte, con nove colori e con passaggio d’oro a caldo. Realizzate nell’Officina carte e valoridell’Istituto poligrafico e Zecca dello stato sono numerate e certificate. La tiratura è limitata a 999 esemplari certificati.

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quelle forme attraverso le immagini della cultura, delmito e della religione. L’opera nasce nella fiorente e spe-cializzata officina tipografica degli olandesi Jansson e faparte di un grandioso progetto che Jan Jansson (1588-1664) diede alle stampe a partire dal 1647 con il titolo diNovus atlas. L’Harmonia macrocosmica fu pubblicata inprima edizione nel 1660 dallo stesso stampatore. Laseconda edizione, in realtà una ristampa della prima,seguì l’anno successivo, a indicare il successo dell’ope-

ra. Una più tarda, datata 1708 e ristretta alle sole tavole,venne stampata da Gerard Valk e Petrus Schenk semprea Amsterdam.Il XVII secolo in Olanda è il secolo d’oro della car-tografia, dell’incisione, delle conquiste geografichedi nuove porzioni di mondo e di conseguenza dicielo. L’astronomia si accompagna ancora all’astro-logia, ma Galilei ha già pubblicato le sue opere frut-to dell’osservazione con il telescopio, il nuovo stru-

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Nella pagina accanto:scenografie delleorbite dei pianeti checircondano la Terra

In questa pagina, inalto:scenografie dellastruttura del mondosecondo Brahe

L’emisfero stellatoboreale e la luminositàdei corpi celestitavole dell’Atlascoelestis di AndreasCellarius realizzate infacsimile da Editalia

mento che spinge l’occhio dell’uomo oltre le suenaturali possibilità e, sebbene egli stesso dovetteabiurare le sue teorie, ormai la moderna scienza eranata. Cellarius, nato in Germania, partecipa appie-no di questo fervido clima culturale poiché si trasfe-risce, dopo gli studi a Heidelberg, proprio in Olandacome rettore della Scuola latina. Qui pubblica untrattato di scienza militare, l’Architectura militaris,per i tipi di Jodocus Jansson e il Regni Poloniae, una

descrizione della Polonia edito da Valckenier. Nelfrattempo, già dal 1647 lavora al suo capolavoro, unprogetto che secondo le intenzioni dell’autoresarebbe dovuto constare di due volumi. Il secondo,che avrebbe dovuto approfondire i sistemi diCopernico e Brahe e le nuove scoperte galileiane,non vide mai la luce. Dedicatosi ai cieli per buonaparte della sua vita, un asteroide scoperto nel 1960,il numero 12.618, porta oggi il suo nome. �

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Clibri di pregio

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Un volume ridisegna il vivace panorama portualescomparso nel XIX secolo con gli interventi dei piemontesi

di Lori Adragna

PORTI ANTICHI DI ROMA

Quella Roma marinara

Che cosa sappiamo del fiume Tevere e degli eventi chenelle epoche più antiche lo hanno visto protagonista?Storici e poeti come Virgilio, Orazio, Ovidio, ci hannonarrato di fatti d’armi e di feste lungo le sue rive, dell’a-nimazione commerciale nei porti piccoli e grandi, delleimbarcazioni che ne seguivano la corrente, delle sueisole e dei lavori idraulici per migliorarne il corso.Eppure, nonostante la ricchezza di storia e di documen-tazione, uno degli aspetti caduti nell’oblio del panoramadella città, sia antica che moderna, è proprio quello flu-viale e dei porti. Le ragioni stanno non solo nel muta-mento delle vie commerciali ma, soprattutto, negli inter-venti urbanistici promossi alla fine del XIX secolo daipiemontesi che, con l’erezione dei muraglioni per pro-teggere la città dalle inondazioni, ne hanno completa-mente trasformato il volto. Porti antichi di Roma, l’ultimanovità editoriale di Editalia, Gruppo istituto poligrafico e

Zecca dello stato, rifà luce sullo storico vincolo che legala città e quella via d’acqua. Fin dalla nascita di Roma,infatti, il Tevere ne è stato l’anima, la ragione dell’esi-stenza. Come sottolinea la leggenda di fondazione:Romolo e Remo abbandonati in una cesta nella corren-te soccorsi dal dio fluviale, Tiber, appunto. L’immagineallegorica, nella straordinaria interpretazione dell’affre-sco settecentesco di Tommaso Gherardini, è proposta inapertura del volume. La personificazione del fiume,semidisteso e appoggiato a un’anfora, con i vari attributiquali un ramo frondoso, la cornucopia, il remo e la pruadi una nave, allude alla prosperità della città eterna,dovuta nel passato proprio al Tevere e alla sua navigabi-lità. Frutto di un’appassionata e attenta ricerca docu-mentaria, Porti antichi di Roma rievoca luoghi e fattiormai ignorati, o noti solo a studiosi e archeologi.Ridefinisce le vicende storiche e costruttive dei porti

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Ettore Roesler FranzBarche di pescatori a Ponte Rottoprima del 1883

Nella pagina successiva:Alessandro SpecchiProspetto del nuovo navaledi Ripetta e sue fasi costruttive, 1704

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tiberini, per la maggior parte distrutti; ricrea la vita quo-tidiana che vi orbitava intorno, con usanze e costumitratti da cronache del tempo. Senza dimenticare cheRoma antica fu anche una potenza marinara: grazie aldominio sul Mediterraneo, attraverso lo sbocco offertodal Tevere, l’urbe poté realizzare quel processo di unifi-cazione culturale e politica che la elesse a capitale delgrande impero. Piante prospettiche, documenti e veduteillustrano efficacemente questo aspetto nel volume, ridi-segnando le sembianze del vero porto di Roma antica,quello di Ostia Tiberina, eretto per volere del re di origi-ne sabina Anco Marzio e ampliato poi dagli imperatoriClaudio e da Traiano.Il ricco e prezioso corredo iconografico di Porti antichi diRoma si avvale, inoltre, di incisioni a bulino e all’acqua-forte realizzate dal XVI al XIX secolo: opere di grandiinterpreti del paesaggio romano, italiani e stranieri, quali

Marco Sadeler, Etienne Dupérac, Nicolas Beatrizet, IsraëlSilvestre, Giovan Battista Falda, Giuseppe Vasi,Alessandro Specchi, Giovan Battista Piranesi, LuigiRossini. E ancora, risaltano le tele di Gaspar Van Wittel egli acquerelli di Roesler Franz.Testimonianze di uno storico mutamento riemergonopagina dopo pagina. In un immaginario viaggio neltempo, affascinanti scorci del paesaggio fluviale romano,ormai scomparsi, ci mostrano la fisionomia della cittàprima dei radicali interventi urbanistici: dalle aree sullesponde del Tevere, nella zona di Trastevere, continuandoper il Ghetto, fino ai porti di Ripetta e di Ripa Grande.Ammirando questo splendido repertorio illustrativo si hala sensazione di penetrare in quella Roma sparita, direspirarne l’umidità delle antiche mura, di scorgere nelcielo terso, sullo sfondo di Castel Sant’Angelo, uno sbuf-fo di fumo: è il battello a vapore che risale il Tevere. �

Il volumeCirca 130 illustrazioni, tiratura limitata a 1.999 esemplari

Porti antichi di Roma è a cura di Alberto Lombardo, con presentazione di Simonetta ProsperiValenti Rodinò. Il volume è di grande formato, cm 29,5 x 39, con 130 illustrazioni in bianco e neroe a colori e con tre tavole fuori testo. Le 252 pagine sono stampate su carta speciale. La rilegaturaè in pelle pregiata con copertina a sbalzo, borchie in bronzo sul retro, dorso con nervature eimpressioni in oro. La custodia è in pelle con specchiatura. La tiratura è di 1.999 esemplari nume-rati. A corredo una stampa di formato cm 70 x 133 che rappresenta il Prospetto del nuovo navaledi Ripetta tratta da un’acquaforte di Alessandro Specchi del 1704 riprodotta su carta pregiata.

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ontinua la proficua collabo-razione tra Mario Ferrante edEditalia con due nuove seri-grafie. L’artista, nato a Romanel 1957, si è trasferito dabambino in Brasile per tor-nare in Italia ragazzo. Unanota biografica importanteche segnerà una produzione

intrisa dei colori e dei ritmi della sua giovinezza. Unamore per il paese sudamericano mai estinto e ali-mentato da numerosi viaggi. Ed è infatti dopo unrecente soggiorno in Brasile che nascono i due lavo-ri da cui sono tratte le nuove serigrafie. In Non c’èsamba il mercoledì delle ceneri Ferrante ci proponeuna vista dall’alto di Rochinha, la più grande faveladi Rio de Janeiro. A mãe menininha (la madre bam-bina) è invece il ritratto di una giovane prostituta chetra i banchetti del cocco lungo la spiaggia di Ipanemaattende il prossimo cliente. Di quest’ultimo dipintol’artista parla con affetto, ricordando la bellezza fan-ciullesca di una donna ancora bambina. Ciascunaopera nasce infatti da un’esperienza personale: ognipaesaggio, ritratto, è stato vissuto, assaporato, fattoproprio e riportato in forma pittorica. Le due serigra-fie materiche tratte dai dipinti ne restituiscono fedel-mente l’energia del tratto e del colore. Ciò grazieanche al fatto che l’artista usa intervenire direttamen-te sulle stampe, dando degli ultimi tocchi di colore aspatola. Un’operazione fortemente voluta daFerrante, con la quale sottolineare il valore non solotangibile del multiplo di alta qualità e il rilievo socia-le dell’oggetto, via d’accesso al collezionismo d’arte.

Cdi Maria Cristina Giusti

Due nuove serigrafieper il sodalizio dell’artistaromano con Editalia

SAPORI DEL MIO BRASILE

multipli d’arteMARIO FERRANTE

Sopra: Mario Ferrante, A mãe menininha, 2008Sotto: Non c’è samba il mercoledì delle ceneri, 2008

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o scorso novembre, per ilsecondo anno consecutivo, si èsvolto nell’area Bicocca(Headquarter Pirelli Re,Deutsche bank, HangarBicocca, università Bicocca)Art for business,l’appuntamento dedicato alrapporto tra arte e imprese, da

un’idea di Valeria Cantoni e Trivioquadrivio. Seminari,letture, workshop, serate d’arte sono stati punti di par-tenza per riflettere sullo sviluppo di una collaborazio-ne proficua tra economia e arti, profitto e forma. In tregiornate (13, 14, 15 novembre) grandi nomi dall’unae dall’altra parte hanno dibattuto sui legami tra cultu-ra e imprese: Colin Tweedy, Julie Peeler, Alessandro

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comunicare ad arteART FOR BUSINESS

Bergonzoni, tra i relatori, ma anche Valeria Monti,Pier Luigi Celli, Gianluca Winkler, Philippe Daverio,Severino Salvemini, Carlo Puri Negri e Marco DeGuzzis, a dare lustro e credibilità all’evento. A tutti glieffetti si è trattato di un concreto dibattito tra duemondi solo apparentemente distinti e oggi invecesempre più vicini, supportato da riflessioni e nuovipunti di vista sugli scenari futuri del sodalizio tra artee realtà produttiva. Molte le questioni affrontate neidiversi seminari, incentrati sull’apporto dell’arte alsettore manageriale e produttivo. Idee innovative suicontemporanei modelli di scambio, tavole rotondesull’arte come strumento di valorizzazione del mar-chio, prospettive sugli odierni mecenati, sul ruolodelle imprese nello sviluppo del settore culturale e ilruolo della cultura nella formazione manageriale.

di Silvia Moretti

A Milano il secondo incontro sul rapporto tra economia e artiSE L’IMPRESA FA CULTURA

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Quindi, il concetto alla base del forum è che non solole imprese possono “sostenere” il sistema dell’artecon nuove forme di mecenatismo, ma arte e culturapossono garantire un vantaggio competitivo alleimprese nell’ambito della formazione, della comuni-cazione, della definizione di strategie innovative. Vaoltre il filosofo Carlo Sini: «Un tempo segno di pro-gresso, oggi la separazione dei due ambiti dellescienze umane e di quelle esatte è sbagliata perché siispira al modello americano che mortifica il lavoro eil lavoratore. Va bene l’azienda che ospita l’operad’arte nei suoi locali, o la banca che si fa sponsor dimostre, ma meglio ancora sarebbe valorizzare comearte il lavoro stesso dell’impiegato». O, come vorreb-be Paolo Fabbri, inventare un sistema di mediazionetra operatori manageriali e artisti al fine di costituire

una catena continua e stretta tra organizzazioned’impresa e sistema d’arte. Pirelli Re, Unicredit, Enel,Editalia, Deutsche bank: sono molte le aziende checontribuiscono in vari modi alla crescita e alla pro-mozione dell’arte contemporanea nazionale, maqueste collaborazioni non sono le uniche soluzioni,in realtà rappresentano solo un volto della questione.Una questione che di facce ne ha davvero molte. Artfor business ha cercato di fare il punto della situazio-ne e di piantare qualche seme. Nell’ottica di unasocietà futura pronta, in misura maggiore rispetto allapassata e all’attuale, all’umanizzazione e alla demec-canizzazione della produzione: che la creatività siauno strumento di lavoro per l’uomo, non solo unobiettivo. Per maggiori informazioni:www.artforbusiness.it. �

Da sinistra: Valeria Cantoni organizzatricedel forum con l’ad di Pirelli Re Carlo Puri Negrie Francesco Michelil’ad di Editalia Marco De Guzziscon la semiologa Giulia Cerianie Alessandro Bergonzoni

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De Guzzisal workshopEditalia:l’arte farifletteresui valoriaziendali

LLa seconda edizione di Art for business forum che si è tenuta a Milano lo scorso novembreè stata l’occasione per la presentazione dei casi più significativi di collaborazione fra arte eimpresa. Nei tre giorni del forum organizzato da Trivioquadrivio, imprenditori, artisti, filoso-fi, curatori, direttori di musei e istituzioni si sono confrontati sul tema della crescita e dellosviluppo di un nuovo modello di rapporto fra arte e impresa. Al ruolo dell’arte come stru-mento di veicolazione di valori aziendali all’interno e all’esterno delle aziende, è stata dedi-cata una sessione formativa organizzata da Editalia. L’ad Marco De Guzzis ci racconta comeè andata. Perché Editalia ha deciso di partecipare ad Art for business?«L’azienda realizza da decenni libri d’artista e di pregio, grafiche, multipli e medaglie d’artedestinate a collezionisti privati, ha così sviluppato un patrimonio di capacità artistiche e arti-gianali e una padronanza dei linguaggi dell’arte di assoluto rilievo. Da alcuni anni abbiamomesso questo saper fare nel mondo dell’arte e dei mestieri dell’arte a disposizione di impre-se ed istituzioni, per realizzare progetti di comunicazione. Penso a Ferrari, Mediolanum,Agenzia del demanio, Guardia di finanza, Fideuram, Unesco, Kraft ed altre importanti real-tà. Di conseguenza i temi del forum sono temi che ci appartengono, potevamo portare unatestimonianza concreta».Ma ad Art for business avete anche gestito il workshop “Comunicare la cultura d’impresa:identità, storia e valori”, in cui l’arte svolge soprattutto un ruolo formativo.«Ogni progetto di comunicazione attraverso l’arte comporta una riflessione non convenzio-nale sia sul “come” sia sul “cosa” comunicare. In questo la componente formativa è presen-te in modo implicito ma evidente. L’arte può consentire a imprenditori e manager di riflette-re in modo innovativo e concreto sui valori distintivi dell’impresa, sulla missione che sidanno, sul come e a chi comunicare tutto ciò. Questa riflessione è a tutti gli effetti un momen-to formativo e il workshop è una modalità per renderlo esplicito anche grazie alla collabora-zione di Trivioquadrivio». Nello specifico in cosa consisteva il workshop?«L’idea era quella di un momento formativo in cui i manager erano assoluti protagonisti,

affrontando un tema molto concreto ma liberi dalle convenzioniculturali e linguistiche del mondo manageriale. Supportati da unformatore e da un artista si sono confrontati sul tema dei valoridelle singole imprese di appartenenza e hanno cercato concreta-mente di esprimere la loro visione attraverso una tecnica d’arte,nello specifico un’acquaforte, incidendo una lastra con il bulino.Gli è stato chiesto, in pratica, di fare uno sforzo di sintesi e diastrazione – doti fondamentali ma rare nel mondo manageriale –

per raffigurare la loro visione attraverso una tecnica utilizzata dai più importanti artisti, conl’aiuto da un maestro artigiano. Le opere così realizzate saranno raccolte in un libro d’artistaa tiratura limitata, che rappresenterà la base per ulteriori momenti di confronto e formazionetra i manager che lo hanno realizzato o potrà essere utilizzato per divulgarne i contenuti inun circuito più ampio». Che reazioni hanno avuto i manager di fronte alla richiesta di realizzare un’incisione conbulino e lastra?«Sorprendente. Nessun imbarazzo, nessuna chiusura ma un grande desiderio di esprimersi emisurarsi. Del resto credo che manager e artisti abbiano in comune più di quanto si pensi. Siconfrontano con il presente, risentono della cultura cui appartengono e pensano al futuro maarriva per entrambi il momento cruciale della solitudine e della scelta. L’artista di fronte allatela ancora bianca, il manager di fronte alla decisione da prendere. In quell’attimo di solitu-dine creativa è la componente di libertà ma anche e soprattutto di responsabilità che artistae manager hanno in comune». �

di Cecilia Sica

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INSIEME PER CRESCERE ELEMENTI DEL PERCORSO D’IDENTITÀ

ETCÌ AFFIDABILITÀ

L’ETERNO RITORNO GIVING EMOTIONS

SOLIDAMENTE LEGGERO SENZA TITOLO

IL CUORE DELLA RICERCA LA MIA AZIENDA IN SIMBOLI

Il libroManager incisori

Al termine del workshopComunicare la culturad’impresa: identità storia evalori, i manager parteci-panti al laboratorio hannoconsegnato le lastre incisecon l’intento di dare formavisiva ai valori percepitidelle loro aziende. Le lastresono state stampate all’ac-quaforte nel laboratorio fio-rentino di Franco Pistelli, ele stampe, virate nei coloriprescelti dagli autori, sonostate assemblate artigianal-mente in un libro a nastro,un leporello, con copertinaimpressa all’acquaforte chesimula la stampa a secco, ei testi introduttivi di MarcoDe Guzzis, ad Editalia, eValeria Cantoni adTrivioquadrivio stampati inserigrafia. L’opera firmata inoriginale dai partecipanti alworkshop è stata realizzatain 33 esemplari numerati.

Le incisioni all’acquaforterealizzatedai partecipantial workshop Editalia

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NUOVE IDEEper la qualità

Il segretario generale Renzi: «Il 2009 sarà dedicatoa rafforzare le attività che stanno al centro della fondazione»di Marilisa Rizzitelli

a regola d’arteSYMBOLA

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SSono passati cinque anni. Centotrentacinque realtà imprenditoriali, associative e istituziona-li,« tra cui Editalia, convinte che qualità sia il termine che meglio caratterizza il nostro paese,possono vantare un’alleanza con la loro adesione a Symbola. Tra i promotori della fonda-zione per le qualità italiane ci sono nomi di spicco provenienti da esperienze diverse comeFabio Renzi (nella foto), il cinquantenne che sin dalla prima ora ricopre la carica di segreta-rio generale. Conoscitore di diverse realtà territoriali italiane e impegnato da sempre nello svi-luppo locale, Renzi ha la responsabilità di elaborare e attuare gli indirizzi politico-culturalidella fondazione. Gli chiediamo quale sarà il programma di attività di Symbola per il 2009.«Per alimentare la fiducia nel futuro Symbola avverte l’urgenza di far conoscere quell’Italiadi successo che opera tutti i giorni, capace di distinguersi a livello internazionale nella ricer-ca, nella cultura e nell’economia. Il 2009 sarà dedicato a rafforzare le attività che oggi rap-presentano il cuore della nostra azione. La Campionaria delle qualità italiane, che hal’ambizione di diventare la grande esposizione dell’Italia delle qualità. Poi il Prodotto inter-no qualità (Piq), lo strumento con cui valuteremo l’evoluzione della qualità nel paese, misu-rabile in termini monetari e, quindi, comparabile con gli aggregati settoriali e di spesa pub-blica, complementare al Pil. E ancora il seminario estivo, un momento di riflessione a parti-re dalle tante esperienze diffuse sul territorio e la Banca delle qualità italiane (Bqi), cuoredella fondazione. Una banca dati nella quale vengono raccolte, analizzate e raccontate letante esperienze italiane, sia a livello territoriale che di settore. Implementeremo poi gli stru-menti d’indagine e di comunicazione, con il rinnovamento del sito internet e con l’invio diuna newsletter. Inoltre redigeremo il Bilancio di missione con l’intento di rendere più chiaroil nostro operato e l’entità dei risultatati, spesso non direttamente monetizzabili e quindi nonrintracciabili in un bilancio tradizionale».La compagine associativa della fondazione è cresciuta: quali sono le novità e le personalitàche avete coinvolto nel progetto per le qualità italiane?«Nell’assemblea annuale dello scorso dicembre si è insediato il nuovo presidente del Forum,cioè dell’insieme delle organizzazioni associate, l’avvocato Giuseppe Mussari, a capo delMonte dei paschi di Siena. Inoltre, per dare maggiore efficacia alle nostre idee e contare sugambe più forti, sono stati nominati cinque nuovi membri nel comitato promotore e tre nelcomitato scientifico. I nuovi promotori sono Franco Cologni, presidente dell’omonima fon-dazione attiva nella difesa dei mestieri d’arte a rischio scomparsa; Marco Caprai, ammini-stratore delegato dell’azienda cantine Arnaldo Caprai e guru del Sagrantino di Montefalco;Marina Cvetic, titolare dell’azienda vinicola Gianni Masciarelli, società che importa e distri-buisce vini di eccellenza in Italia e all’estero, fino agli Stati Uniti; Arturo Malagoli, fondatoree titolare della società Raggio verde, unica in Europa a lavorare la carta da canapa eAlessandro Paciello, presidente della società di comunicazione Aida Partners, Ogilvy pr.Mentre nel comitato scientifico sono stati nominati Catia Bastioli, tra i massimi esperti mon-diali nelle risorse rinnovabili di origine agricola; Mario Cucinella, architetto di fama mondia-le e Riccardo Galli, personalità di rilievo nel mondo della ricerca e dell’innovazione».Dal 7 al 10 maggio si terrà a Milano la Campionaria delle qualità italiane. Aspettative?«La prima edizione del 2007 ha confermato l’intuizione di dar vita a una manifestazione fina-lizzata a rappresentare le diverse espressioni della qualità italiana e a comunicare il patri-monio di valori che ne costituisce il fondamentale presupposto etico e culturale. La manife-stazione ha già ottenuto i patrocini della Presidenza del consiglio, dei ministeri degli Affariesteri e dell’Ambiente, di Unioncamere, dell’Upi, della Federparchi e dell’Aiab. In vistadell’Expo 2015 intendiamo offrire la più completa e suggestiva rappresentazione delle quali-tà italiane: dalle produzioni manifatturiere e artigianali a quelle industriali di punta, dallaricerca al marketing territoriale, dall’architettura e dal design al turismo, dalle nuove tecno-logie alle eccellenze agroalimentari, dalle produzioni culturali e dall’informazione allamoda, dai servizi territoriali ai distretti. Un universo di esperienze e realtà che traggono forzae ispirazione dai territori, dal loro patrimonio di abilità e saperi, dalla coesione sociale e dallavalorizzazione delle risorse ambientali e storico-culturali».

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L’ARTIGIANO

Il maestro legatore:«Un lavoro difficile, ogniprodotto è una storia a sé»di Claudia Quintieri

i mestieri dell’arteBRUNO SUPERTI

Il legatoreEditoria per vocazione

Bruno Superti è nato nel 1946 a Sesto San Giovanni, vicino Milano. Hacominciato a occuparsi di editoria fin dal 1963, poco meno che ventenne.Nel 1987 è entrato in Editalia e per otto anni ne è stato responsabile edito-riale. Nel 1994, dopo aver accumulato un imponente bagaglio di esperienzanel campo, crea un’azienda di legatoria artigianale a Todi, dove vive e lavo-ra. Collabora con Editalia e con altri editori per cui cura varie edizioni.

che lega il bello

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Sotto:il bozzetto di GianlucaMuratore per la copertinadel volume Porti antichidi Roma

Nella pagina precedente:due prodotti Editaliarealizzati da BrunoSuperti e, in basso,un’immagine del legatoreal lavoro

QQuando il mestiere incontra l’arte nascono dei capolavori. A volte discreti, a volte ecla-tanti. È il caso di Bruno Superti, legatore che vive e lavora a Todi. Uomo di grande espe-rienza, si è formato all’interno di Editalia. Sperimentando il suo talento in questo conte-sto, ha scoperto la passione per la legatoria ed ha approfondito il suo bagaglio tecnicofino a far diventare la legatoria il suo principale lavoro. Ed è proprio la passione che con-traddistingue il suo operato. Mancando una scuola e un percorso ufficiali, ha forgiato almestiere molti giovani, anch’essi appassionati, sia nella propria azienda che all’esterno.Spera così di tramandare la sua esperienza e di preservare un lavoro prezioso e raro.Superti collabora da tempo con Editalia, ma anche con altri editori. Per loro cura tutti ipassaggi necessari per giungere al prodotto finito. La produzione di ogni libro parte dallaprogettazione, come dichiara lo stesso Superti: «Premesso che i rapporti con i clientisono di amicizia, decidiamo insieme quali materiali utilizzare, come fare gli sbalzi, leincisioni a seconda del prodotto che si vuole realizzare». Poi c’è un secondo passaggio:«L’editore stampa il progetto e ci manda il materiale. Infine io e i miei collaboratori inter-veniamo con la rilegatura. E una volta raccolto il volume, lo si può cucire a mano o condelle vecchissime macchine ormai fuori produzione da quaranta, cinquant’anni. Nelsecondo caso, si può cucire a macchina una segnatura per volta. Ma per la maggiorparte – aggiunge il legatore – sono tutte operazioni manuali, perché il formato dei volu-mi non consente l’utilizzo di macchinari: i formati che trattiamo sono dai quaranta cen-timetri in su, mentre quelli normali hanno un’altezza di 33, 34 centimetri». La prezio-sità del prodotto dipende anche dai materiali usati. «Principalmente – continua – uti-lizziamo pelli di vario tipo che possono andare dal visone al vitello alla pergamena,fino al marocchino. A volte poi utilizziamo materiali diversi come la seta o il velluto diseta per certe copertine di codici, ma comunque la pelle resta il materiale più fre-quente». Quello di legatore è un mestiere difficile, assicura Superti: «Lavoriamo conmetodi assolutamente artigianali, appunto con pelle, legno, carta. Realizzando millecopie di una tiratura, o cinquecento, si possono creare problemi contingenti che biso-gna risolvere. In questo lavoro non si ha mai una regola nonostante si cerchi di dare unordine standardizzato». E conclude: «Il bello di questo lavoro è proprio che non c’è unprodotto uguale all’altro e non c’è, all’interno dello stesso prodotto, una copia ugualeall’altra». �

Lo scultorePrototipista per Editalia

Gianluca Muratore nasce a Roma l’8 ottobre ‘74. Vive e lavorafra Vetralla e Roma dove ha studiato Belle arti. Finiti gli studi èentrato come studente alla Zecca di Stato nella Scuola dell’ar-te della medaglia, dove è rimasto per cinque anni. In seguito,sempre nella stessa scuola, è stato assistente del professor EnzoRosato in progettazione tridimensionale e formatura. Collaboracon Editalia per cui fa il prototipista di oggetti d’arte. È sculto-re e restauratore e sta completando il restauro di alcune parti diSan Silvestro e San Giovanni a Porta Latina in Roma.

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l marchio è fra i più conosciuti in Italia enel mondo e ha fatto dell’eccellenza edel prestigio la base del proprio succes-so. Cantine Ferrari è da oltre un secoloun’azienda che produce spumante conmetodo classico e fa capo dal 1952 algruppo Lunelli. A partire dagli anniOttanta la nuova proprietà ha affiancatoalle classiche bollicine altri prodotti,

come grappe e vini fermi, che condividono i valori difondo del gruppo per costituire quello che è oggi ungruppo dell’eccellenza del bere. Questa continua ricer-ca della qualità ha da sempre caratterizzato le cantineFerrari, contagiandone anche la sensibilità e quindil’attenzione al mondo della cultura e dell’arte. Da sem-pre l’azienda sostiene e accompagna i momenti piùimportanti del mondo istituzionale e della cultura, dellospettacolo e dello sport. Matteo Lunelli, amministratoredelegato di Lunelli Spa, racconta la passione del gruppoper le arti antiche e contemporanee e spiega come que-sta si lega alla vita del prodotto.Attraverso quali strumenti il suo gruppo sostiene l’arte?«In tanti modi, così come deve esprimersi il mecenati-smo inteso in senso lato. Ovvero affiancando gli artisti,sostenendoli, sponsorizzando le loro mostre, acquistan-do le loro opere, proponendole poi agli occhi di tutti e

I

il motore dell’arteCANTINE FERRARI

anche restaurando opere d’arte del passato per restitui-re loro l’originale fisionomia. L’arte è presente a piùlivelli nella nostra comunicazione aziendale ed è unostrumento importante per trasmettere i valori del mar-chio Ferrari. È una propensione che affonda le sue radi-ci negli oltre cento anni di storia della cantina, volutanel 1902 da Giulio Ferrari. Il fondatore riteneva che cia-scuna bottiglia che uscisse dalla cantina, per meritare ilsuo nome in etichetta, dovesse essere un episodiounico, a suo modo una piccola opera d’arte. Per rac-contare al mondo le sue meravigliose bollicine Ferrarichiese a uno dei grandi maestri della nascente arte delmanifesto, Marcello Dudovich, di interpretarnel’anima. Il risultato fu un’opera che ancora adesso faparte della nostra “corporate identity”. E questa è storiadi ieri».E la storia di oggi, invece?«Basta una visita alle nostre cantine, tra le più grandi almondo per le più nobili delle bollicine, per rendersiconto come si esprima il sostegno al mondo dell’arte.Perché il nostro quartier generale è anche un museo chestrappa ammirazione alle decine di migliaia di visitato-ri che ogni anno sono nostri ospiti. Si inizia all’aperto,giusto accanto all’ingresso: qui tra gli zampilli dell’ac-qua nella bella stagione e sotto una coperta di gelod’inverno, sorride una delle più belle opere di Arnaldo

I capolavoricon le bollicinepiù famose d’Italia

di Alessio De Grano

L’ad Lunelli: «L’arte ci aiutaa trasmettere i valori del marchio»

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Il managerDal gruppo di famiglia a Confindustria

Matteo Bruno Lunelli, classe 1974, è amministratoredelegato di Lunelli Spa, la holding del gruppo alla qualefanno capo le cantine Ferrari. Ricopre inoltre la carica divicepresidente operativo di Ferrari fratelli Lunelli Spa e diamministratore delegato della Surgiva Spa. È anche con-sigliere di amministrazione della Coster tecnologie spe-ciali. Bocconiano, sposato con due figli, appassionato disci, nautica e fotografia, Lunelli prima di entrare nel grup-po di famiglia ha maturato un’esperienza internazionalelavorando, per cinque anni, in un team di consulenzafinanziaria e gestione patrimoniale della banca d’affariamericana Goldman Sachs, a Zurigo, a New York e aLondra. È consigliere di Advanced capital Sgr, una delle più importanti realtà attive in Italianel settore degli investimenti alternativi e specializzata nella gestione di fondi di privateequity. Attivo in Confindustria, ha ricoperto il ruolo di vicepresidente dei giovani industria-li di Trento dal 2005 al 2008 ed è membro del direttivo di Confindustria Trento.

Pomodoro, Centenarium. Una scultura che, secondo ilmaestro, rappresenta lo slancio verso l’alto e la gioiache l’apertura di una bottiglia di Ferrari fa scaturire.Entrando si scopre un’altra scultura, ancora più monu-mentale, i Dischi nello spazio di Umberto Mastroianni.Le fa corona una sequenza di bottiglie Ferrari firmatedai tanti bei nomi di quella pop art che negli anniOttanta e Novanta ha svelato al mondo un piccolo eser-cito di pittori poi consacrati come maestri: UgoNespolo, Pablo Echaurren, Mimmo Rotella, AlighieroBoetti, Joaquim Falcò, Marco Lodola per dire qualchenome. A loro è stato infatti chiesto di reinterpretare unabottiglia di Ferrari. Si è creata così una collezione pre-sentata per la prima volta nel 1992 in una mostra orga-nizzata da Bianca Pilat. Iniziativa, questa, scaturita dalfatto che è stato proprio il maestro della pop art, AndyWarhol, il primo a ispirarsi a Ferrari per creare un’operad’arte, su di un piatto che viene tuttora conservato gelo-samente nelle nostre cantine. Non ci siamo limitati enon ci limitiamo a un sostegno all’arte di oggi. Molti deinostri sforzi si sono riflessi sul passato. Mi riferisco aquel capolavoro dell’architettura rinascimentale che èvilla Margon, tra le più belle residenze nobiliari di tuttol’arco alpino e diventata il simbolo per la sua raffinataeleganza delle nostre bollicine. Eretto in occasione delconcilio di Trento, il complesso è affrescato, all’interno

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e all’esterno, e ha un posto nella storia perché si raccon-ta che abbia ospitato CarloV e parecchi dei cardinali cheparteciparono al concilio. Dopo un lungo lavoro direstauro, oggi villa Margon è tornata al suo antico splen-dore. E non ho finito: anni fa, a un’asta a Londra, abbia-mo acquistato, strappandolo ai tanti stranieri che lo vole-vano, uno dei tesori dell’editoria secentesca, “De salubripotu dissertatio” di Francesco Scacchi, un’opera consi-derata tra le più preziose e significative dell’antica edito-ria sul vino e sull’acqua. Ma c’è di più: sosteniamo esponsorizziamo mostre di rilievo sia locale che interna-zionale. L’ultima, ad esempio, è la personale di ShozoShimamoto tenuta a Genova nei magnifici saloni dipalazzo Ducale. Insomma, siamo sempre più viciniall’arte. Un quadro, una scultura trasmettono emozioni.Così come le bollicine Ferrari».Dimostrate di essere sempre molto attenti e sensibiliall’arte anche nella scelta delle sedi aziendali. Come siesprime per voi la ricerca del bello e come questa si legaai vostri prodotti?«È vero, cerchiamo il bello anche nelle location. E lenostre creazioni conoscono il battesimo o nello scenariostraordinario di villa Margon o in santuari di raffinatezzae arte. Ultimamente ci siamo proposti alla grande stam-pa alla Triennale di Milano e in quel laboratorio di capo-lavori che è la fondazione Arnaldo Pomodoro. Quantoalla ricerca del bello nel prodotto, debbo rifarmi a ciòche dicevano i greci, “Kalos kai agathos”. È un concettoche resta immutato: ciò che è bello è buono e viceversa,il gusto e la bellezza sono inseparabili. Ed è la filosofia dicasa Ferrari. I capolavori piccoli e grandi che i visitatoridella nostra cantina ammirano sono lo specchio di ciò

che creiamo. Siamo rimasti legati al credo del fondatoree pretendiamo che ogni nostra bottiglia sia un capola-voro, che trasmetta emozioni. E la nostra ricerca delbello comincia nel territorio e nei vigneti, piantati làdove le condizioni della natura sono giudicate ideali eaddirittura coccolati perché diano uve sempre migliori».Quali sono le prossime manifestazioni che intendeteappoggiare?«C’è un calendario che stiamo definendo per il2009. Ma qualcosa si può anticipare. A Podernovo,una splendida tenuta settecentesca restituita all’ori-ginale magnificenza che abbiamo sulle colline pisa-ne e che regala due grandi rossi, Teuto e Aliotto,ospitiamo ogni anno, nell’arco di quasi tutta l’estate,la personale di grossi nomi dell’arte italiana e pro-poniamo, da giugno a settembre, un ciclo di grandemusica. Nell’altra tenuta che abbiamo fuori dalTrentino, in Umbria, nel cuore del territorio nelquale nascono i favolosi Montefalco e Sagrantino, aCastelbuono, sta sbocciando la prima cantina almondo ideata da uno scultore, nel nostro caso, ungrandissimo scultore, Arnaldo Pomodoro, legato anoi da una lunga amicizia. Si immagini una cupolache riprende la forma di un carapace, un richiamo,questo, all’antichissima origine dei luoghi. Sarà, perripetere le parole di Pomodoro, “la prima sculturanella quale si vive e si crea”. Infine, qui nel Trentinovogliamo continuare a promuovere la crescita delprogetto Arte Sella, un museo all’aperto che si svelain val di Sella, uno dei luoghi più belli dellaValsugana e nella quale si propongono opere createutilizzando soltanto ciò che si trova nella natura». �

A sinistra:Arnaldo PomodoroCentenarium

Nelle pagine precedenti:l’interno di una cantinal’amministratore delegatoMatteo Lunellie il manifesto realizzatoda Marcello Dudovichper cantine Ferrari

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egli ultimi decenni alcunieventi artistici in Italia eall’estero hanno richiama-to l’attenzione sulla figurae sull’opera di DomenicoBresolin, il pittore che tra-ghettò il paesaggio versouna nuova stagione, il pio-niere della fotografia che

ci ha lasciato immagini d’incomparabile suggestionedella Venezia gotica prediletta da Ruskin. Ci riferia-mo alle mostre: La Venezia di Domenico Bresolin;Una famiglia di artisti veneziani: Domenico Bresolin,Giovanni Salviati, Toni Soliman; Ottocento veneto, iltrionfo del colore. Eventi, questi, che hanno rilancia-to sul mercato l’opera del nostro artista sottraendolaall’immeritato oblio in cui era scivolata in seguitoalla morte: un oblio imputabile, in parte, allo stessoBresolin. È noto, infatti, quanto egli fosse restio a fir-mare i propri lavori. A chi gliene chiedeva la ragione,rispondeva che un pittore che si rispetti non ha biso-gno di firmare perchè la sua mano sia riconosciuta.La conseguenza fu che, dopo la sua scomparsa, smar-ritasi la memoria della paternità delle opere in circo-lazione, queste subissero le più disparate attribuzio-ni. Primo di cinque figli, Bresolin vide la luce aPadova il 15 dicembre 1813. I genitori erano genteumile e il fanciullo crebbe spigoloso e introverso.Domenico Bresolin morì il 23 marzo 1900 nella suacasa al n° 920 delle Zattere. Dicono che si spegnes-se con queste parole: «Recate i sensi della mia devo-zione all’Accademia di Venezia». Perfetta conclusio-ne della carriera di un perfetto accademico. �

Ndi Raffaello Urbinati

La rinascita culturaledi un perfetto accademico

PIONIEREDI VEDUTE

riscoperteDOMENICO BRESOLIN

Autoritratto giovanile, 1850 circaBeduino, 1841 circa

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Icose dell’altro mondo

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Il 1954 segna una data epocale nello sviluppo dell’artegiapponese moderna. Fu in quell’anno infatti che aOsaka, sotto la guida di Jiro Yoshihara (1905-1972), siformò il gruppo di artisti noto come Gutai Bijutsu Kyokai,ovvero “Associazione dell’arte concreta”, i cui esponen-ti rivoluzionarono profondamente la scena artistica nonsolo giapponese ma anche internazionale grazie adun’arte che, nelle parole del manifesto pubblicato nel1956 nella rivista Geijutsu Shincho, «non era mai statavista prima». Ebbero modo di accorgersi di ciò coloroche presero parte alle mostre allestite all’aperto neglianni 1955-56, quando i principali esponenti del gruppo– tra cui Saburu Murakami, Kazuo Shiraga, ShozoShimamoto, Akira Kanayama, Michio Yoshibara e ToshioYoshida- sconvolsero il pubblico con i loro happeningartistici che anticipavano le performance divenute poiconsuetudine nell’esperienza artistica mondiale deglianni successivi. Sono così passate alla storia le “lacera-zioni” e le azioni pittoriche di Murakami, che si scaglia-va contro paraventi di carta distruggendoli con il corpo olanciava palle intrise di colore contro le tele; i dipinti rea-lizzati da Shiraga su grandi superfici distese in terra sullequali l’artista passava con i piedi dopo averli immersi nelcolore; o ancora le opere di Shimamoto create con pagi-ne di giornali incollate le une sulle altre, poi dipinte eperforate, e le performance dello stesso artista che sca-gliava contenitori in vetro riempiti di colore contro letele. Proprio a Shozo Shimamoto, uno dei fondatori e piùattivi ispiratori del rivoluzionario movimento artistico

Nel paese del Sol levante l’innovazione nasce dalla tradizione

di Filippo Salviati*

Gutai, discioltosi nel 1972 alla morte di Jiro Yoshihara, èdedicata la retrospettiva, curata da Achille Bonito Oliva,che si sta tenendo presso il Museo di arte contempora-nea di Villa Croce, a Genova (fino all’8 marzo,www.shimamotogenova.org), e intitolata “ShōzōShimamoto, 1950-2008”, in occasione della qualel’artista giapponese ha effettuato una delle performancepittoriche che lo hanno reso famoso sin dagli anniCinquanta. Si ricorda spesso e giustamente, a propositodel movimento Gutai, che nei lavori dei membri fonda-tori sono ravvisabili alcuni elementi poi divenuti caratte-rizzanti la pratica artistica moderna e contemporanea,quali performance, installazioni, action painting, arteconcettuale e concreta. Tutto questo è indubbiamentevero, ma rappresenta un lato della medaglia: l’altro è laprofonda attenzione prestata dagli artisti del Gutai versola propria tradizione, alla ricerca di quegli elementi atti aintrodurre elementi di dirompente novità nel loro lavoro.E in questo senso niente più dell’arte Zen, in particolarmodo la pittura, poteva esser presa come modello di rife-rimento, grazie alla forza espressiva e immediatezza del-del segno calligrafico, alla energia manifesta nella linea-rità delle forme tracciate, anche arditamente, con il pen-nello e l’inchiostro. A riprova di questo interesse deimembri del Gutai per l’arte Zen basta ricordare quantoJiro Yoshihara ammirasse l’opera di Nakahara Nantenbo(1839-1925) una delle figure più influenti della tradizio-ne pittorica Zen del XX secolo - non mancando di visita-re più volte, insieme agli altri membri del gruppo Gutai,

Oltre i fiori di loto

ARTE NIPPONICA

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il monastero Kaisei-ji, a Nishinomiya, tra Osaka e Kobe,dove si conserva una delle opere più monumentali dellostesso Nantenbo: una serie di grandi caratteri scritti sullesottili pareti di carta delle fusuma, o porte scorrevoli, unodegli elementi caratteristici delle abitazioni tradizionaligiapponesi. Sono indubbiamente portatrici di unamodernità ante-litteram le calligrafie Zen, con la loroapparente semplicità, il potere evocativo cui contribui-sce anche la disposizione casuale delle macchied’inchiostro che si accompagnano alle vigorose, energe-tiche pennellate e la performance costituita dalla realiz-zazione stessa della pittura. In questo senso, il vero anti-cipatore della action painting puòessere considerato il monaco-pit-tore Huaisu, vissuto in Cinanella seconda metà dell’VIIIsecolo e afferente alla scuolaChan da cui deriverà lo Zengiapponese: si racconta, infat-ti, che Huaisu, già apprezzatoquando ancora in vita per lecalligrafie realizzate nello stileche lo rese celebre, il cosiddetto“corsivo selvaggio”, realizzassealcune sue opere in statod’ebbrezza e dopo aver intinto nel-l’inchiostro la lunga capigliatura,usata a mo’ di pennello! Anche latradizione artistico-architettonica Zenoffre spunti di riflessione per ricerca-re nel passato elementi riconducibilialle esperienze artistiche del secoloXX. Il riferimento è ai cosiddetti“giardini secchi” o senz’acqua, tracui il più noto è senz’altro quello ospi-tato a Kyoto all’interno del monasteroRyoan-ji, considerato un capolavoro asso-luto dell’intera arte tradizionale giappo-nese e designato, nel 1994, patrimoniomondiale dell’umanità dall’Unesco. La

tradizione, non corroborata comunque da elementi suf-ficienti, vuole che a disegnare il layout del giardino siastato addirittura Kangaku Shinso, meglio noto comeSoami (1455-1525), una delle più influenti personalitàartistiche del periodo Muromachi (1392-1573) cheavrebbe quindi traslato in una forma tridimensionale iprincipi della pittura monocroma a inchiostro della tra-dizione Zen: essenzialità degli elementi utilizzati all’in-terno della composizione e cromatismo giocato sulbilanciamento del chiaroscuro.Il giardino secco delRyoan-ji sembra contenere in nuce i moderni concetti diopera concettuale, installazione, land art: concettuale,

In alto:il giardino seccodel monastero diRyoan-ji a Kyoto

Shozo ShimamotoCapri dreams, 2008

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Tutta l’Asia a TorinoApre il Mao, nuovo spazio per l’Oriente

In uno degli edifici storici più belli di Torino ha recentementeaperto al pubblico il Museo d’arte orientale con l’intento difornire uno sguardo a tutto tondo, seppur non esauriente, dellaproduzione artistica dell’Asia. Indagando nella produzione sioltrepassa il concetto di arte e si approda all’antropologia cul-turale e all’archeologia. Lo spazio espositivo è suddiviso incinque gallerie, ognuna delle quali corrisponde a un percorso,a una regione orientale e ai suoi capolavori. Al termine di que-sta visita, la consapevolezza della grande influenza che l’arteorientale ha su quella occidentale e degli stimoli provenientida quei paesi. Mao, Museo d’arte orientale, palazzoMazzonis, via san Domenico 9-1, Torino Info: 0114436927;www.maotorino.it. (Maria Grazia Sorce)

per tutti i richiami filosofi-ci alla tradizione buddhi-sta Zen che esso contiene,anche se l’elemento esteti-co, allusivo di armonia

ed equilibrio, è impre-scindibile; installa-zione, in quantoopera realizzataper uno specifi-co spazioutilizzan-do ele-m e n t ia n c h e

insoliti, laghiaia bianca in

sostituzione dell’acqua, per indurre nello spettatoreuna particolare esperienza (i monaci infatti siedono, in

meditazione, sulla veranda prospiciente il giardino):land art in virtù dell’esclusivo utilizzo di elementi natu-rali. Dovremmo aggiungere anche la performance: tuttele mattine, da secoli, i monaci del Ryoan-ji effettuanouna pulitura del giardino e “pettinano” la ghiaia dise-gnando con i tipici rastrelli utilizzati quasi come pen-nelli, linee dritte, curve e sinuose sulla bianca superficie.Se così considerato il giardino secco del Ryoan-ji diKyoto è una delle opere d’arte ‘moderne’ e più duraturefinora mai realizzate, a fronte della eccessiva deperibili-tà dei materiali utilizzati nell’arte contemporanea: e imonaci che garantiscono la perpetuazione della ideadi base che soggiace al giardino possono essere con-

siderati come veri e propri curatori, in senso stretto e let-terale, dell’opera attribuita a Soami. L’implacabile azio-ne del tempo viene così, quasi miracolosamente, arre-stata, attraverso un continuo processo di ri-creazionedell’opera. Siamo all’opposto di quanto invece si impo-ne alla riflessione di un’altra figura di spicco dell’artegiapponese contemporanea, l’artista-fotografa MiwaYanagi, scelta per rappresentare il Giappone alla 53 edi-zione della Biennale diVenezia. Celebre per la sua seriefotografica “Elevator Girls” MinaYanagi, nata nel 1967 aKobe dove risiede ed insegna presso la locale Universitàdi Design, ha continuato ad investigare l’universo fem-minile nell’opera “My grandmothers”, nella quale gio-vani ragazze di venti o trent’anni immaginano se stessequando avranno settanta o ottanta anni d’età in ritrattifotografici dove si realizza la loro visione grazie all’ope-ra di abili truccatori e interventi al computer sulle fotoscattate. Questo accostamento tra due età estreme dellavita umana, l’infanzia/adolescenza e la vecchiaia, èstato poi ulteriormente esplorato da Miwa Yanagi nellaserie di fotografie in bianco e nero intitolata “Fairy tales”dove giovani modelle in particolari ambientazioni chericordano i racconti di fiabe sono ritratte come donneanziane se non addirittura defunte. E proprio la morte,quasi a compimento logico di una riflessione cheaccompagna l’opera dell’artista da almeno un decennio,sarà il protagonista, sempre declinato al femminile, nellaopera-installazione prevista per il padiglione giappone-se e dal titolo provvisorio “Strolling party: the old youngwomen theatre company”.

*docente alla facoltà di studi orientali, università di Roma “Sapienza”

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FFirenze annuncia la rinascita della Madonna del cardellino. Dopo quasi dieci anni di gesta-zione nell’Opificio delle Pietre dure, l’istituto per la conservazione e il restauro che il mondoci invidia, il capolavoro di Raffaello è tornato alla luce. Per celebrare l’evento è stata allesti-ta la mostra “L’amore, l’arte e la grazia. Raffaello: la Madonna del cardellino restaurata”, visi-tabile nelle sale a pianterreno del Palazzo Medici Riccardi, fino al 1 marzo. Dopo tale datail dipinto tornerà definitivamente agli Uffizi, dove avrà, forse, una nuova collocazione, piùconsona alla sua originaria destinazione domestica. La tavola, infatti, fu commissionata daLorenzo Nasi, amico di Raffaello e vip della Firenze cinquecentesca, come capoletto per lasua stanza coniugale. E lì rimase dal 1506, probabile anno della consegna, al 1547 quandosi spaccò in più pezzi per il crollo dell’edificio che l’ospitava. Giovanni Nasi, erede diLorenzo, non si perse d’animo e si rivolse verosimilmente a Ridolfo del Ghirlandaio, figliodel grande Domenico. Come hanno dimostrato le indagini preliminari l’intervento di Ridolfofu eccellente: un motivo in più, oltre all’ormai consolidata storicizzazione, per lasciarlo inal-terato, come inalterata sembra la “freschezza” del dipinto, che induce la vertiginosa sensa-zione di un azzeramento del divario temporale quasi restituendo una contemporaneitàd’antan. Qui, tra l’altro, risiede la magistralità del restauro odierno, ampiamente documenta-ta nella sezione didattica della mostra. Racchiusa in una teca microclimatica, la Madonnadel cardellino non campeggia solitaria nella sua saletta ma, grazie a un’accorta strategiaespositiva, dialoga con altre quattro opere coeve: una terracotta invetriata di Girolamo dellaRobbia, la Gravida di Raffaello stesso, la Monaca di Ridolfo del Ghirlandaio e la “coperta”di ritratto – un’autentica rarità – di quest’ultima. E dialoga anche con la musica di GiannaNannini, nell’ultimo video della cantante toscana. Fino al 1 marzo. Palazzo Medici Ricciardi,via Cavour n. 3, Firenze. Info: www.palazzo-medici.it. �

il cammeo

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La Madonna del cardellino di Raffaellorinasce dopo dieci anni di restauro

di Adiem

Il ritornodella grazia

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Raffaellola Madonna del cardellino(1506 circa)dopo l’interventodi restauro

Nella foto piccola:l’opera prima del restauro

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Firenze fa il bis di Artour-o

Anche quest’anno Firenze raccoglie la sfida di Artour-o, il museo shoptemporaneo in programma dal 5 marzo. Città d’arte per eccellenza,ospita l’arte nei corridoi del Grand hotel Minerva. Un modo divertentedi vivere l’arte nell’arte. Info: www.firenzecontemporanea.com.

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fiere

Progetto editoriale e realizzazioneGuido Talarico Editore spa

DirettoreGuido Talarico

Direttore generaleCarlo Taurelli Salimbeni

RedazioneMaurizio Zuccari (caporedattore), Giorgia Bernoni,Silvia Bonaventura, Simone Cosimi, Annarita Guidi,Maria Luisa Prete

GraficaGaia Toscano

FotoManuela Giusto

Hanno collaboratoLori Adragna, Silvana Balbi de Caro, EnricoCrispolti, Alessio De Grano, Anna Della Mura,Carmen Lopez del Valle, Elena Mandolini, FabiaMartina, Floriana Minà, Silvia Moretti, ClaudiaQuintieri, Marilisa Rizzitelli, Filippo Salviati, ElidaSergi, Cecilia Sica

SofàTRIMESTRALE ANNO 2 NUMERO 7

Sofàè una pubblicazione trimestrale di EditaliaGruppo Istituto Poligrafico e Zecca dello Statovia Marciana Marina 28, 00138 RomaNumero verde 800014858 - fax 0685085165www.editalia.it

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In copertinaFortunato Depero

Movie makers, 1929

Questo numero di Sofà è visibile

online sul sito www.insideart.eu

Aprile, torna The road to contemporary art

Quelli dal 2 al 5 di aprile saranno giorni speciali per gliappassionati d’arte. Al via, nella città eterna, la seconda edi-zione di Rome, The road to contemporary art. Dislocata inpiù sedi, la fiera ripropone la formula vincente della passa-ta edizione: il contrasto fra opere d’arte contemporanea eantichi palazzi capitolini. Info: www.romacontemporary.it.

Modenantiquariaspazio all’antico

Nove giorni per apprezzare l’arte

antica: appuntamento per collezio-

nisti e mercanti di arte e antichità, Modenantiquaria

occupa quest’anno 20mila metri quadri del quartiere

fieristico. Duecento gallerie, articolate in un percorso

mirato a soddisfare il piacere estetico e a perfezionare

le competenze, mettono in mostra dal 14 al 22 febbraio

arazzi, maioliche, gioielli, mobili, porcellane, dipinti e

tappeti, sculture e stampe. Nata negli ‘80,

Modenantiquaria ha ampliato nel tempo il nucleo ori-

ginario aprendo ad arredi antichi anche per esterni e

alla pittura italiana del tardo ‘800 tanto da collocarsi, in

Europa, tra le mostre mercato più apprezzate per il pre-

gio delle opere esposte. Info: www.modenantiquaria.it.

pagine a cura di Marilisa Rizzitelli

Arte Genova, nuove chiavi per il contemporaneo

Il proposito è quello di fornire ai visitatori nuove chiavi di lettura e interpretazione dell’arte moderna e con-temporanea. Novanta prestigiose gallerie italiane sono pronte a esporre autori come Afro, Baj, Balla, Carrà,Christo, De Chirico, Fontana, Guttuso, Hartung. Dal 27 febbraio al 2 marzo, alla fiera di Genova, la mostramercato dedicata tratterà tutti i principali movimenti del ‘900. Info: www.artegenova.org.

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