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VOL. XLI-XLII 2000 e 2001 ATTI del Sodalizio Glottologico Milanese MILANO 2004

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VOL. XLI -XLI I 2000 e 2001

ATTI del

Sodalizio Glottologico Milanese

MILANO 2004

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ATTI DEL SODALIZIO GLOTTOLOGICO MILANESE

presso i l Dipartimento di Scienze dell'Antichità Sezione di Glottologia e Orientalistica

Università degli Studi Via Festa del Perdono, 7-20122 Milano

Direttore GIANCARLO BOLOGNESI

Comitato di redazione ROSA BIANCA FINAZZI ROBERTO GIACOMELLI

PAOLA TORNAGHI

INDICI DEI V O L U M I X L I e X L I I

Comunicazioni:

M.VlTALE, Manzoni e l'etemo lavoro 1 M . PlTTAU, La Tabula Cortonensis. Analisi e proposta di traduzione 2 C. DE PALMA, La stele iscritta di Kamìnia (Lemno). Una nuova lettura 2 M . MORANI, Flessione nominale latina e questione italica 6 E. SCAFA, Glossario eteociprio 21 G. MlCHELINI, La recente edizione critica delle pubblicazioni di Mazvydas,

l'iniziatore delle tradizioni scritte lituane 22 G PlEROTTI, Frammentazione e cumulazione della reminiscenza letteraria 26 G. PETRACCO SlCARDI, Per un Thesaurus delle basi toponomastiche 31 R. SGARBI, Fenomeni di polarizzazione lessicale in semantemi di ampia

diffusione in area indeuropea 33 L . MACINI, L'etrusco, lingua dell 'Oriente indoeuropeo II: il caso Muzio

Cordo Scevola 41 L . RADIF, Quale futuro per l'indeclinabile? (con riferimento al neogreco)... 52 F. ALTIMARI-M. MANDALA, Cinque secoli di presenza albanese in Italia:

aspetti linguistici e storico-culturali 64 O. CARRUBA, Poesia (e metrica?) anatolica 64 A . DE ANGELIS, Usi e riusi dell'ingiuntivo nei poemi omerici 65 C. MILANI , Incontri dì lingue: il Pilgerbuchlein del 1434 X1 T. PONTILLO, Derivazione denominale metonimica con 'zeromorfì 'di tipo

LUP in Panini ()6 G. BOLOGNESI, La scoperta e l'edizione dei testi gotici ambrosiani 141 G BOLOGNESI, // contributo dell 'armeno ali 'edizione critica dei testi greci 148 G. GOBBER, Alcune note sul termine smara nella tradizione popolale e

nei testi letterari 150

[segue in i l i ' ' ili copertina]

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G. MlCHELINl, Strutture linguistiche ~ strutture musicali: due diversi modi 156 di organizzare la testualità

G. GOBBER, Jakobson, Trubeckoj e il pensiero olistico di Othmar Spann 161

M . PlTTAU, La Tabula Cortonensis. Nuove acquisizioni ermeneutiche.. 170 D. DlGIOVINAZZO, Etimologie verbanesi 198 M . MORANI, Greco deuro: problemi etimologici 213 D . BERTOCCI, Morfologia verbale del latino arcaico 230 O. CARRUBA, Indoeuropei: chi, dove, quando 235 F. ASPESI, // lessema nft di un 'iscrizione egiziana dell 'Antico Regno 235 M . ENRIETTI, Paralleli tipologici tra il vocalismo latino volgare e il

vocalismo protoslavo 236 F. BELLINO, Manoscritti e testi orali nel Nordafrica. Alla scoperta di una

letteratura religiosa in arabo e in berbero 238 L . MAGINI, L'etrusco, lingua dell'oriente indoeuropeo III. Il caso Cacu

eArtile 239 R. SGARBI, Alcune osservazioni di natura tipologica sulla composizione

lessicale 245 L . RADIF, Omero 'suggeritore': tecnica allusiva tra i versi dell'Iliade.... 252 G. PETRACCO SlCARDI, Continuità e contaminazione nei suffissi etnici e

toponomastici 264 P. G NEGRO, Gr. 8tàpoXoi; e lat. diabolus nelle lingue germaniche antiche 267 M . CUNEO, La penetrazione linguistica genovese in Valle Scrivia 287 P. BENINCÀ, La legge Tobler-Mussafia e la teoria sintattica 288 L . MELAZZO, La fonetica nell'interpretazione aristotelica 288 C. MILANI , Appunti micenei 288 C. DE PALMA, L'iscrizione etnisca sulla lamina di piombo da Pech Maho 296 R. SOLARI, Un problema di fonologia del latino: la questione del b- iniziale M . IODICE, Note sulle iscrizioni di Selinunte 297 A . DE ANGELIS, Symbolon e semeion nel proemio del De Interpretatione 310 A . SCALA, "Cammello " o "gomena "? La ricezione di un celebre paradosso

evangelico in Armenia e in Georgia 311

In commissione presso le Edizioni dell'Orso, Alessandria

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SEDUTA DEL 9.4.2001

Presenti: Aspesi, Bertocci, Bologna, Borghi, Facchetti, Finazzi, Grilli, Io-dice, Magini, Mariani, Morani, Negri, Radif, Sgarbi, Tornaghi. Presiede Bo­lognesi.

La seduta ha inizio alle ore 17.00. Vengono proposti per l'elezione a socio Chiara Colombo e Alberto Cor­

done (Bolognesi, Finazzi e Vai). Vengono ammessi Facchetti e Rizza.

COMUNICAZIONI:

L . MAGINI, L'etrusco, lingua dell'oriente indoeuropeo III: il caso Cacu eArtile

La comunicazione prosegue il discorso sui legami tra il materiale ono­mastico del mito etrusco-romano e il materiale lessicale indoiranico iniziato con le comunicazioni precedenti - L'etrusco, lingua dell'Oriente indoeuro­peo, in "Atti del Sodalizio Glottologico Milanese", voli. X X X I X - X L (1998-1999), pp. 229-249 e L'etrusco, lingua dell'Oriente indoeuropeo II: il caso Muzio Cordo Scevola nel presente volume. Si veda anche la comunicazione Profumi d'Oriente in terra etrusco: lo zafferano, in "Atti del Sodalizio Glot­tologico Milanese", voi. XXXVII -XXXVIII (1996-1997), pp. 76-89.

Nella prima comunicazione di questa serie - L'etrusco, lingua dell'Oriente indoeuropeo - ho accennato di sfuggita ai due nomi di Cacu e Artile; oggi vorrei riprendere l'argomento dedicandovi un'attenzione maggiore. Parto dalle parole di Otto Brendel nel suo Etruscan Art (Penguin Books London 1978, pp. 414-6):

"Uno specchio del III secolo da Bolsena, oggi a Londra (British Mu-seum 633; J. D. Beazley J.H.S. LXIX-1949, 16-7, fig. 22, pi. llb; F. Messerschmidt J.D.A.I., XLV-1930, 75-8, fig 12), è composto in mo­do da mostrare, oltre ai protagonisti della vicenda, una parte della scena: un paesaggio di rocce e di alberi nodosi, remoto e selvaggio, come suggerisce la piccola testa di satiro che osserva l'azione dall'alto di un dirupo... In primo piano siedono un giovane di tipo apollineo intento a suonare la lira e un ragazzo che lo ascolta col ca­po chino tenendo un dittico aperto sulle ginocchia. Ai due lati stanno

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guerrieri armati, in piedi, seminascosti dagli alberi che incorniciano la coppia seduta; il nome del suonatore è Cacu, quello del ragazzo Artile, i due armati sono i fratelli Caile e Avle Vipinas. La medesima scena è riprodotta su tre urne cinerarie della zona di Chiusi (H. Brunn-G. Korte I rilievi delle urne etnische, II, 2 (Roma 1870-916), pp. 254-8, pi. 119, fig. 1 e 2, Messerschmidt op. cit., pp. 75-8, fig. 14-6). I dettagli variano, ma il significato generale appare chiaro: Ar­tile è andato al bosco sacro di un musico-indovino, Cacu, per un con­siglio o un aiuto; i fratelli Vibenna l'hanno rintracciato. Ma cosa fa­ranno quando avranno ascoltato il responso di Cacu - nella versione della scena data dallo specchio, i due sono chiaramente in ascolto - è assolutamente oscuro. È la fotografia di un istante, di un momento di decisione e non di azione; ma, non conoscendo la storia, non siamo in grado di dire quale sarà la decisione."

Di Artile non si sa nulla: questa, dello specchio di Bolsena, è l'unica attestazione del suo nome, che non ricompare più in al­cuna incisione, graffito o iscrizione etnisca o latina, né nella let­teratura greca o latina. Di Cacu si sa un po' di più, se si accetta di identificarlo con il Caco antagonista di Ercole della tradizione romana, come fanno senza esitazioni tutti gli studi del passato.

Non è necessario riaprire qui l'immenso dossier di questi studi (si veda, da ultimo, L'occhio e il metallo - Un mitologema greco a Roma? di Giorgio Camassa, I l Melangolo, Genova 1983; Cultes 'heroiques ' romains - Les fondateurs di Bernadette Liou-Gille, Les Belles Lettres, Paris 1980; Tre variazioni romane sul tema delle origini di Angelo Brelich, Edizioni dell'Ateneo, Roma 1976). Basterà dire - in negativo - che l'ampia e animata discussione, sviluppata lungo l'intero arco del secolo scorso, ha finito per por­tare a una conclusione abenante: le tre figure di Caco, Ceculo e Coclite vengono considerate in qualche modo affini - per la fone­tica dei nomi, per i l collegamento col fuoco e/o con Vulcano, per i problemi alla vista. Tre motivi - a mio modesto parere - del tut­to illusori e infondati: basti osservare che Caco ha degli occhi, ter­ribili, ma li ha; Coclite ha un occhio, uno solo, circolare, ma ce l'ha; Ceculo ha gli occhietti, minuscoli, ma li ha. E poi, Ceculo è un eroe fondatore, con forti connotazioni sciamaniche, a comin­ciare proprio da quegli "occhietti minuscoli" che ne giustificano il nome; Coclite è l'omologo di Odino, dunque un "dio sovrano in­doeuropeo", sia pure un po' decaduto; Caco è un essere selvatico

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e indomabile che l'eroe fondatore per antonomasia, Ercole, deve eliminare perché la regione possa finalmente diventare abitabile. Quanto ai nomi, Caeculus è un diminutivo di caecus, cioè di uno dei nomi latini di infermità fisiche con dittongo ae- sospetti di provenienza etnisca; Cocles deriva dalla radice indoeuropea di "cerchio, ruota, cosa circolare", presente in sanscrito, avestico, greco, latino e dialetti germanici; mentre Càcus resta da accertare, ma di sicuro non va legato al greco kàkós. Stando così le cose, è chiaro che, se davvero tre prototipi mitici tanto diversi fossero af­fini, si dovrebbe cominciare a spiegare perché lo siano.

In positivo, invece, si deve osservare come la critica del pas­sato (Bréal, Dumézil) abbia documentato i confronti indoiranici, e celtici, che provano l'origine indoeuropea del mito etrusco-ro­mano di Ercole e Caco: tanto nei due successivi furti - delle be­stie di Gerione a Eritea da parte di Ercole, e delle bestie di Ercole in quella che sarà Roma da parte di Caco - quanto nella lotta dell'essere divino col mostro triforme, va visto "un combatti­mento cosmico" nel quale la mandria rubata "equivarcebbe alla vi­ta e alla luce. I l demone del caos, trattenendola, impedirebbe lo stabilimento o i l ritorno dell'ordine nel mondo" (Camassa, op. cit., p. 77, che rinvia a Fontenrose Python).

In positivo va letta anche la conclusione suH'"origine indoeu­ropea del motivo riflesso dal mito di Ercole e Caco, che farebbe parte del ciclo gueniero indoiranico" (Camassa, ibid., che rinvia a B. Lincoln, Priests, Warriors and Cattle). In positivo, perché la presente relazione - come quelle che l'hanno preceduta - vuol mettere in rilievo i legami tra i l materiale onomastico del mito e-trusco-romano e i l materiale lessicale indoiranico; contempora­neamente emergerà i l valore cosmologico del mito.

* * *

Riapriamo allora il solo file di Cacu sul versante più propria­mente romano; esso comprende le seguenti voci:

- mezzo uomo e mezza bestia, - ladro e ingannatore, - infido e predone, - ha problemi alla vista, - ha tre bocche dalle quali emette tre suoni diversi.

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- di aspetto orribile, le forze proporzionate al corpo e il corpo enorme, - di una violenza selvaggia, - abita in una spelonca immensa dai profondi recessi, così nascosta

che anche le belve faticano a trovarla, - figlio di Vulcano... dalla bocca ruggente vomita fiamme.

Altre voci del file di Cacu:

- esiste una "scala di Caco" - Scalae Caci - che parte dal versante occidentale del Palatino, più esattamente dal ciglio dove sorgerà il Tugurium Faustuli, e scende per arrivare al Velabro, dove sorgerà l'altare costruito da Ercole in ricordo dei pericoli cui ha sottratto Roma grazie alla sua vittoria su Caco;

- esiste un "atrio di Caco" - atrium Caci - che si trova nell'8° regio, tra Campidoglio e Velabro;

- esiste una sorella di Caco - Caca - che lo tradisce e, per questo, merita un sacello con un fuoco e dei sacrifici.1

Esaurito i l file, occorre prendere in considerazione l'altro ri­sultato positivo della critica recente: "/ 'antropomorfizzazione dei personaggi nella modalità in cui i romani trattano questo genere di miti" (Liou-Gille, op. cit, p. 64; i l corsivo è dell'autrice). Per­ché tutti caratteri che i l mito attribuisce a Caco si ritrovano in una creatura, che non è un uomo, ma che:

- è ladra, - è attirata dagli oggetti rilucenti, - nasconde quello che ruba, - è scaltra, - è traditrice, - è indovina - o piuttosto gli uomini le attribuiscono questa dote, - mangia le carni sugli altari e ruba i tizzoni, - ha problemi alla vista, - ha una vociacela gracchiante e stridula,

1. Trascuro qui la testimonianza di Solino 1,7; primo, perché è troppo corrotta, e chiama Vulturnus quello che è probabilmente " i l fiume Tevere" e Campania quella che potrebbe essere "la via Campa­na" che da Roma portava al mare; poi, perché aggiunge solo l'informazione che Caco è un "messo, legatus", che non è troppo diverso dall'essere "indovino-profeta", cioè interprete dei messaggi divini.

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- dà il nome a una scala per salire e scendere al luogo sacro del fiume dove i pellegrini vanno a bagnarsi ritualmente,

- dà il nome a un luogo in cui si incontra assieme alle sue compagne.

Questa creatura è la "cornacchia", che in sanscrito si chiama kakah. Sempre in sanscrito vartirah è uno dei nomi della "qua­glia", legato alla forma verbale variate "(egli) gira, torna", perché è l'uccello migratore che, col suo ritorno, segna i l ritorno del sole a primavera.

In questa sede è impossibile tratteggiare l'importanza della cornacchia e della quaglia nel mito e nel folclore, non solo indo­europei. Ma si deve almeno osservare che, nel mito indiano, i due uccelli sono strettamente associati - come da noi gatto e volpe o lupo e agnello - tanto da aver dato vita a una forma dvandva: "la cornacchia e la quaglia", kaka-vartaka; che ripete Cacu e Artile, i nomi dei personaggi che compaiono l'uno accanto all'altro sullo specchio di Bolsena.

Quanto alla quaglia, in Cina, "col suo ritmo stagionale e l'andirivieni da uccello migratore, è un'immagine dell'alternanza del yin e del yang, in cui l'uccello del cielo si trasforma in animale sotterraneo o acquatico", mentre l'India vedica conosce il mito della "liberazione della quaglia da parte degli Asvin, i gemelli di­vini... legati, secondo l'interpretazione corrente, al Cielo e alla Terra, al giorno e alla notte. La quaglia, che essi liberano dalla gola del lupo, sarebbe l'aurora, la luce inghiottita in precedenza e rinchiusa nella caverna..." (J. Chevalier-A. Gheerbrant, Diction-naire des Symboles, Laffont, Parigi 1988, s.v. Calile; con biblio­grafia precedente).

Ecco, allora, che i l ricordo di un antico adagio latino - "w7 cum fìdibus graculus, nihil cum amaricino sui, la cornacchia non ha niente ha che spartire con la lira, e il porco con la maggiorana" - consente di iniziare a interpretare il mito rappresentato nella "bi­lingue figurata" dello specchio etrusco: la cornacchia Cacu - che qui ha preso il posto del lupo indiano - ha fatto prigioniera la quaglia Artile, che rappresenta l'ordine del cosmo, l'armonia dell'universo, nell'immutabile alternarsi dei giorni e delle stagioni; i fratelli Vipina - che qui hanno preso i l posto dei loro omologhi divini Asvin - liberano Artile da Cacu, cioè la quaglia dalla cor­nacchia; e quest'ultima, che rappresenta il disordine primordiale, i l caos primevo, deve imparare a suonare la lira e a armonizzare la

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propria voce sgraziata con l'armonia del creato, con la musica di­vina che proviene delle sfere celesti.

* * * Veniamo agli altri nomi incisi sullo specchio, al gentilizio Vi-

pinas e ai due nomi Calle e Avle - tutti e tre attestati anche in al­tre iscrizioni.

Vipinas va confrontato con i l sanscrito vipinam, "foresta" -abitualmente legato alla forma verbale vépati "(egli) trema, vibra, freme". Non è solo la concordanza fonetica a suggerire i l confronto, e nemmeno gli alberi nodosi e l'ambiente selvaggio della scena rappresentata, ma una testimonianza di Tacito (Annali 4.65.1-2):

"Non è superfluo ricordare che quel colle anticamente era chiamato Querquetulano, per i folti e rigogliosi boschi di querce di cui era co­perto; più tardi lo si prese a chiamare Celio dal nome di Cele Viben-na, comandante delle forze etrusche...,Haudfuerit absurdum tradere montem eum antiquitus Querquetulanum cognomento fuisse, quod ta-lis silvae frequens fecundusque erat. Mox Caelium appellitatum a Caele Vibenna, qui dux gentis Etruscae..."

Calle va confrontato con il sanscrito hàrih e/o con l'avestico za'ri-, "giallo, dorato", l'aggettivo con i l quale è individuato i l "bronzo" visto come "metallo color dell'oro"; i l confronto è sup­portato, tanto dal punto di vista della fonetica quanto da quello della semantica, dalla glossa di Dioscoride (4.58 RV; cfr. TLE 833): "khrysànthemon è khàlkas... Romaìoi kàltha... Thoùskoi garouléou, i l crisantemo o 'calca' (Le. 'fiordibronzo')... i romani (lo chiamano) 'caltha'... gli etruschi 'garuleo'", dove la sonora sostituisce l'originaria sorda etnisca.

Avle - o Avile, com'è anche attestato - va confrontato con il san­scrito ayah e/o con l'avestico ayah- "ferro"; e qui, dal punto di vista fonetico, i l confronto è parallelo a quello tra etrusco avil "anno" e sanscrito ayuh e/o avestico àyu "durata, durata di vita, età".

Dunque, i due gemelli etruschi prendono i l nome dai metalli: Calle "(Quello) di bronzo", e Avle "(Quello) di ferro". I loro omologhi divini romani, Castore e Polluce, sono venerati a Lavi-nio - dove è stata rinvenuta la laminetta bronzea che l i invoca - e

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dove " i sacri oggetti conservati nel santuario sono i caducei di fer­ro e di bronzo, kerykeia sidérà kaì khalka."; la notizia - che ci è conservata da Dionisio (1.67.4) - venne data direttamente "dagli abitanti della zona" a Timeo di Tauromenio, e quindi arriva a noi attraverso solo due testimoni.

La foresta, il bronzo, il ferro sono gli altri elementi che occorrerà tenere presenti per ogni ulteriore studio, confronto e appro­fondimento, prima di arrivare a una interpretazione definitiva del mito dello specchio di Bolsena. Noi, al momento, ci fermiamo qui.

R . S G A R B I , Alcune osservazioni di natura tipologica sulla com­posizione lessicale

Muovendo da un atteggiamento epistemologico attivo intorno alla metà del Novecento, secondo cui «l'étude typologique des langues est celle qui définit leurs caractères en faisant abstraction de l'histoire» 1, passando poi ad una nuova posizione verso la fine degli anni '60, in base alla quale «l'étude typologique [...] est en premier lieu descriptive, puis comparative» 2, si delinea stabilmen­te nella teoresi linguistica quanto esposto, nel 1963, da Hjelmslev nel classico saggio Sproget3, secondo cui «una tipologia linguisti­ca esauriente» ha come compito principale quello di affrontare «il problema della natura della lingua» sicché si giunge all'attuale dif­fuso convincimento in base al quale la tipologia linguistica viena intesa come scienza generale del linguaggio, di natura classificato­ria, volta a studiare i meccanismi di costruzione delle lingue. Que­sto tipo di approccio può dispiegarsi secondo alcuni procedimenti mentali di natura induttiva, quali i l 'classificazionismo' (Hum­boldt, Gabelentz, Jespersen), i l 'combinazionismo' (Sapir) e T'implicazionismo' (Jakobson), in base all'equazione fondamenta­le illustrata da Sgall negli anni '70 del Novecento secondo cui l'algoritmo A D B = < se A... allora B > (frase condizionale-implicazionale-conclusiva)4. Stante la ricca polimorfia dei feno­meni linguistici a tutti i livelli, sarà preliminarmente indispensabile

1. Cfr. J. Marouzeau, Lexique de la terminologie linguistique, Paris 1951 3, p. 234.

2. Cfr. B. Pottier, Langage, in A. Martinet (a cura di), Le langage, Paris 1988, p. 300.

3. Cfr. L. Hjelmslev, / / linguaggio, [1963] (ediz. italiana) Torino 1970, p. 110.

4. Cfr. P. Sgall, On the notion ' Type o/Language', «TLP», I V (1971), pp. 75-87.

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