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L’economia è una discipli- na che non progredisce col passare del tempo, o per lo meno non progredisce nel sen- so in cui progrediscono la fisi- ca e la medicina, che via via incorporano e sistemano le te- orie precedenti dopo averle emendate dei loro errori e al- la luce di nuovi risultati so- stanziali. Esistono invece e coesistono molte teorie rivali, che si di- sputano l’egemonia culturale e politica; e la teoria neoclassi- ca – in forme nuove e ingegno- se ma ridondanti – è ancora oggi la teoria dominante nel- la professione, nell’opinione comune e comunissima, seb- bene nel corso del Novecento a essa siano state mosse due critiche radicali, da parte di J.M. Keynes (1883-1946) e di P. Sraffa (1898-1983). Si badi bene che tale egemo- nia della teoria neoclassica, pressoché assoluta nell’Acca- demia, non lo è tra i policy- makers più avvertiti, che di fronte ai problemi pratici si lasciano talora ispirare dalle teorie eterodosse. Nella storia economica del- l’Italia se ne trovano molti esempi. La teoria egemone ci rap- presenta il sistema economi- co come un sistema in cui l’homo oeconomicus prende le decisioni sul futuro in con- dizioni di certezza e di cono- scenza illimitata, in cui le cri- si sono degli accidenti e non la norma, e in cui vi è armo- nia nella distribuzione del prodotto sociale. Nelle scelte di politica eco- nomica la conseguenza di una simile visione del mondo è la dottrina del laissez-faire. CONTINUA |PAGINA II L’abc DELL’ECONOMIA La rilettura Le idee sul capitalismo P uò sopravvivere la de- mocrazia ai tempi del- la crisi? Trattiamo il te- ma intervistando Ilvo Dia- manti al termine della sua le- zione inaugurale – tenuta a Urbino lunedì 1 settembre – della Summer School «L’eco- nomia come è, e come può cambiare», organizzata dal Dipartimento di Economia Società Politica dell’Universi- tà Carlo Bo in collaborazio- ne con Sbilanciamoci! Due ore di riflessione sul- la democrazia, la sua evolu- zione storica a partire dalla modernità capitalistica, le contraddizioni e le sfide emerse a partire dalla fine degli anni '70, con il declino del partito di massa e delle tradizionali forme di aggre- gazione e mobilitazione col- lettiva. Alla luce dell'analisi di Diamanti, l'obiettivo della scuola estiva – capire come funziona il sistema economi- co e se un altro modello è possibile – appare un punto di partenza per affrontare la crisi che attanaglia le nostre democrazie e dare una rispo- sta alla domanda di orienta- mento e di partecipazione che attraversa le nostre so- cietà. «Vi è una domanda di par- tecipazione non espressa», ci spiega Ilvo Diamanti, pro- fessore di Governo e Comu- nicazione politica all'Univer- sità di Urbino, direttore del laboratorio LaPolis e autore di numerosi libri, tra cui il più recente «Democrazia ibrida» (Laterza, 2014). «Per questo, studiare l'abc del si- stema in cui viviamo è cru- ciale per comprendere e agi- re. Studiare significa allora poter rimettere in circolo la domanda di partecipazione che esiste oggi». Una domanda di parteci- pazione che s'inserisce in un contesto dominato dalla sfiducia dei cittadini nei con- fronti delle istituzioni della democrazia rappresentati- va. «Nella fase attuale, la sfi- ducia ha sostituito la fiducia come motore di legittimazio- ne delle nostre democrazie. Se il fondamento della de- mocrazia è il rapporto tra istituzioni e società, oggi noi viviamo una dissociazione, siamo in una democrazia con governi non dotati di consenso. CONTINUA |PAGINA III È evidente il disorientamento dei governi nazionali e delle istituzioni monetarie europee, di fronte al fallimento delle politiche di austerità dall’inizio della crisi. Recita il motto latino che «errare è umano ma perseverare è diabolico». Siamo dunque scivolati nell’inferno economico europeo? Tutti a scuola Sbilanciamo l’Europa Alessandro Rizzi Giuseppe Travaglini G rande è la confusione che regna ai vertici dell’economia. A Fran- coforte il governatore della Ban- ca centrale europea Mario Draghi spie- ga alla finanza che non ha nulla da te- mere e, allo stesso tempo, si scontra con Angela Merkel sull’impossibile rot- ta dell’austerità a tutti i costi. A Parigi, l’Ocse persevera nel raccomandare ul- teriori liberalizzazioni del mercato del lavoro, mentre dichiara – per la prima volta - che «altre riduzioni salariali non creeranno né nuovi posti di lavoro né nuova domanda». A Bruxelles, l’Unio- ne Europea punta tutto sulla crescita delle esportazioni e, allo stesso tempo, fa partire la guerra di sanzioni con la Russia, con inevitabili riflessi sul- l’export. A Roma, infine, il governo pre- senta nuove promesse di cambiamen- to in mille giorni, ma scopre di non ave- re soldi per gli stipendi degli statali. E moltiplica gli annunci di nuove spese e sgravi fiscali, giurando che rispetterà comunque i vincoli europei. È evidente il disorientamento dei go- verni nazionali, e delle istituzioni mo- netarie europee, di fronte al fallimento delle politiche di austerità dall’inizio della crisi. Recita il motto latino che «errare è umano ma perseverare è dia- bolico». Siamo dunque scivolati nell’in- ferno economico europeo? Oppure, più amaramente, i nostro policy maker e i loro tecnici hanno perso defi- nitivamente la bussola dell’economia? Di fronte a questa confusione che re- gna ai «piani alti» dell’edificio euro- peo, non resta che ripartire dal basso e ritornare, pazientemente, all’abc del- l’economia e riflettere, senza pregiudi- zi, sulle radici della attuale crisi, sul che cosa si produce, sul funzionamen- to mercato del lavoro, sul significato profondo di crescita economica, di di- suguaglianza e produttività, sul potere della finanza, sull’importanza dell’azio- ne pubblica, e sulle politiche, che in una economia avanzata come quella europea, ma in deficit di crescita, pos- sono ancora funzionare. È quello che si sta facendo, da lune- dì scorso, alla Scuola estiva «L’econo- mia com’è e come può cambiare» or- ganizzata dal Dipartimento di Econo- mia Società Politica dell’Università di Urbino «Carlo Bo» in collaborazione con Sbilanciamoci! Centotrenta persone, dai 17 ai 70 an- ni, che passano una settimana a stu- diare l’essenziale sull’economia, e a di- scutere in maniera disincantata e fuo- ri dai luoghi comuni di come uscire dai nostri guai economici. Cinque gior- ni di lezioni, seminari, gruppi di lavo- ro per comprendere il funzionamento dei sistemi economici e le alternative in Italia e in Europa. Il corso non è un semplice ciclo di le- zioni per neofiti di economia. In effet- ti, la Summer School di Urbino è una opportunità culturale che ha lo scopo, non facile, di ricondurre al centro del dibattito la riflessione ampia sui temi economici e sociali e, dunque, anche su quelli della politica. Ciò ha richiesto da parte dei relato- ri, e degli iscritti, una riconsiderazio- ne critica dei fattori che determinano il funzionamento delle società com- plesse come la nostra, ponendo, ovvia- mente, al centro dell’attenzione la sfe- ra delle relazioni economiche, e la lo- ro connessione con la sociologia, con la politologia, con la statistica e con la giurisprudenza. La Scuola è stata articolata in lezioni frontali, seminari didattici e gruppi di lavoro per approfondire le tematiche specifiche, e per capire se un’altra eco- nomia, un’altra Europa, un’altra orga- nizzazione dell’euro e del lavoro è an- cora possibile. CONTINUA |PAGINA II VENERDÌ 5 SETTEMBRE 2014 WWW.SBILANCIAMOCI.INFO - N˚32 SUPPLEMENTO AL NUMERO ODIERNO Giorgio Lunghini

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Page 1: Sbilanciamo l’Europasbilanciamoci.info/wp-content/uploads/2017/05/32Sbilanciamo_l_Europa... · la politologia, con la statistica e con la giurisprudenza. LaScuolaèstata articolata

L’economia è una discipli-na che non progredisce colpassare del tempo, o per lomeno non progredisce nel sen-so in cui progrediscono la fisi-ca e la medicina, che via viaincorporano e sistemano le te-orie precedenti dopo averleemendate dei loro errori e al-la luce di nuovi risultati so-stanziali.

Esistono invece e coesistonomolte teorie rivali, che si di-

sputano l’egemonia culturalee politica; e la teoria neoclassi-ca – in forme nuove e ingegno-se ma ridondanti – è ancoraoggi la teoria dominante nel-la professione, nell’opinionecomune e comunissima, seb-bene nel corso del Novecentoa essa siano state mosse duecritiche radicali, da parte diJ.M. Keynes (1883-1946) e diP. Sraffa (1898-1983).

Si badi bene che tale egemo-

nia della teoria neoclassica,pressoché assoluta nell’Acca-demia, non lo è tra i policy-makers più avvertiti, che difronte ai problemi pratici silasciano talora ispirare dalleteorie eterodosse.

Nella storia economica del-l’Italia se ne trovano moltiesempi.

La teoria egemone ci rap-presenta il sistema economi-co come un sistema in cui

l’homo oeconomicus prendele decisioni sul futuro in con-dizioni di certezza e di cono-scenza illimitata, in cui le cri-si sono degli accidenti e nonla norma, e in cui vi è armo-nia nella distribuzione delprodotto sociale.

Nelle scelte di politica eco-nomica la conseguenza diuna simile visione del mondoè la dottrina del laissez-faire.

CONTINUA |PAGINA II

L’a

bc

DELL’ECONOMIALarilettura

Le idee sul capitalismo

Può sopravvivere la de-mocrazia ai tempi del-la crisi? Trattiamo il te-

ma intervistando Ilvo Dia-manti al termine della sua le-zione inaugurale – tenuta aUrbino lunedì 1 settembre –della Summer School «L’eco-nomia come è, e come puòcambiare», organizzata dalDipartimento di EconomiaSocietà Politica dell’Universi-tà Carlo Bo in collaborazio-ne con Sbilanciamoci!

Due ore di riflessione sul-la democrazia, la sua evolu-zione storica a partire dallamodernità capitalistica, lecontraddizioni e le sfideemerse a partire dalla fine

degli anni '70, con il declinodel partito di massa e delletradizionali forme di aggre-gazione e mobilitazione col-lettiva. Alla luce dell'analisidi Diamanti, l'obiettivo dellascuola estiva – capire comefunziona il sistema economi-co e se un altro modello èpossibile – appare un puntodi partenza per affrontare lacrisi che attanaglia le nostredemocrazie e dare una rispo-sta alla domanda di orienta-mento e di partecipazioneche attraversa le nostre so-cietà.

«Vi è una domanda di par-tecipazione non espressa»,ci spiega Ilvo Diamanti, pro-fessore di Governo e Comu-nicazione politica all'Univer-sità di Urbino, direttore dellaboratorio LaPolis e autoredi numerosi libri, tra cui ilpiù recente «Democraziaibrida» (Laterza, 2014). «Perquesto, studiare l'abc del si-stema in cui viviamo è cru-ciale per comprendere e agi-re. Studiare significa allorapoter rimettere in circolo ladomanda di partecipazioneche esiste oggi».

Una domanda di parteci-pazione che s'inserisce inun contesto dominato dallasfiducia dei cittadini nei con-fronti delle istituzioni dellademocrazia rappresentati-va.

«Nella fase attuale, la sfi-ducia ha sostituito la fiduciacome motore di legittimazio-ne delle nostre democrazie.Se il fondamento della de-mocrazia è il rapporto traistituzioni e società, oggi noiviviamo una dissociazione,siamo in una democraziacon governi non dotati diconsenso. CONTINUA |PAGINA III

È evidente il disorientamento dei governi nazionali e delle istituzioni monetarie europee, di fronteal fallimento delle politiche di austerità dall’inizio della crisi. Recita il motto latino che «errareè umano ma perseverare è diabolico». Siamo dunque scivolati nell’inferno economico europeo?

Tuttia scuola

Sbilanciamo l’Europa

Alessandro RizziGiuseppe Travaglini

Grande è la confusione che regnaai vertici dell’economia. A Fran-coforte il governatore della Ban-

ca centrale europea Mario Draghi spie-ga alla finanza che non ha nulla da te-mere e, allo stesso tempo, si scontracon Angela Merkel sull’impossibile rot-ta dell’austerità a tutti i costi. A Parigi,l’Ocse persevera nel raccomandare ul-teriori liberalizzazioni del mercato dellavoro, mentre dichiara – per la primavolta - che «altre riduzioni salariali noncreeranno né nuovi posti di lavoro nénuova domanda». A Bruxelles, l’Unio-ne Europea punta tutto sulla crescitadelle esportazioni e, allo stesso tempo,fa partire la guerra di sanzioni con laRussia, con inevitabili riflessi sul-l’export. A Roma, infine, il governo pre-senta nuove promesse di cambiamen-to in mille giorni, ma scopre di non ave-re soldi per gli stipendi degli statali. Emoltiplica gli annunci di nuove spesee sgravi fiscali, giurando che rispetteràcomunque i vincoli europei.

È evidente il disorientamento dei go-verni nazionali, e delle istituzioni mo-netarie europee, di fronte al fallimentodelle politiche di austerità dall’iniziodella crisi. Recita il motto latino che«errare è umano ma perseverare è dia-bolico». Siamo dunque scivolati nell’in-ferno economico europeo? Oppure,più amaramente, i nostro policymaker e i loro tecnici hanno perso defi-nitivamente la bussola dell’economia?

Di fronte a questa confusione che re-gna ai «piani alti» dell’edificio euro-peo, non resta che ripartire dal basso eritornare, pazientemente, all’abc del-l’economia e riflettere, senza pregiudi-zi, sulle radici della attuale crisi, sulche cosa si produce, sul funzionamen-to mercato del lavoro, sul significatoprofondo di crescita economica, di di-suguaglianza e produttività, sul poteredella finanza, sull’importanza dell’azio-ne pubblica, e sulle politiche, che inuna economia avanzata come quellaeuropea, ma in deficit di crescita, pos-sono ancora funzionare.

È quello che si sta facendo, da lune-dì scorso, alla Scuola estiva «L’econo-mia com’è e come può cambiare» or-ganizzata dal Dipartimento di Econo-mia Società Politica dell’Università diUrbino «Carlo Bo» in collaborazionecon Sbilanciamoci!

Centotrenta persone, dai 17 ai 70 an-ni, che passano una settimana a stu-diare l’essenziale sull’economia, e a di-scutere in maniera disincantata e fuo-ri dai luoghi comuni di come usciredai nostri guai economici. Cinque gior-ni di lezioni, seminari, gruppi di lavo-ro per comprendere il funzionamentodei sistemi economici e le alternativein Italia e in Europa.

Il corso non è un semplice ciclo di le-zioni per neofiti di economia. In effet-ti, la Summer School di Urbino è unaopportunità culturale che ha lo scopo,non facile, di ricondurre al centro deldibattito la riflessione ampia sui temieconomici e sociali e, dunque, anchesu quelli della politica.

Ciò ha richiesto da parte dei relato-ri, e degli iscritti, una riconsiderazio-ne critica dei fattori che determinanoil funzionamento delle società com-plesse come la nostra, ponendo, ovvia-mente, al centro dell’attenzione la sfe-ra delle relazioni economiche, e la lo-ro connessione con la sociologia, conla politologia, con la statistica e con lagiurisprudenza.

La Scuola è stata articolata in lezionifrontali, seminari didattici e gruppi dilavoro per approfondire le tematichespecifiche, e per capire se un’altra eco-nomia, un’altra Europa, un’altra orga-nizzazione dell’euro e del lavoro è an-cora possibile.

CONTINUA |PAGINA II

VENERDÌ 5 SETTEMBRE 2014 WWW.SBILANCIAMOCI.INFO - N˚32 SUPPLEMENTO AL NUMERO ODIERNO

Giorgio Lunghini

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Per rimediarealla confusione

DALLA PRIMAGiuseppe Travaglini

DALLA PRIMAGiorgio Lunghini

IL FISCAL COMPACT VA RIVISTO, METTENDOIN DISCUSSIONE IL CONCETTO DI DEFICITSTRUTTURALE, CONCETTO INADEGUATO PERGUIDARE LA POLITICA MACROECONOMICA

Claudio Gnesutta

Politica economicaeuropea, che fare?L’attuale classe dirigente non sembra mutarei suoi orientamenti di fondo, nonostante i segnaliper una gestione più «flessibile» del passato

VENERDÌ 5 SETTEMBRE 2014SBILANCIAMO L’EUROPAN˚32 - PAGINA II

In un contesto internazionale di cre-scente incertezza, l’Europa presen-ta una situazione di disoccupazio-

ne e deflazione che preoccupa per lapotenziale instabilità politica e sociale.La pretesa di rilanciare la crescita attra-verso l’austerità si è dimostrata, comeperaltro previsto, come lo strumentoche ha indebolito l’impianto economi-co tanto da risultare il mezzo attraver-so il quale la recessione si è estesa an-che ai paesi più austeri.

L’attuale classe dirigente europea,pur segnata dal disastroso (per lei) ri-sultato elettorale, non sembra mutaresostanzialmente i suoi orientamenti difondo, anche se vi sono segnali peruna gestione più «flessibile» del passa-to. Vanno in questa direzione la propo-sta di Draghi sulla necessità di un ruo-lo maggiore della politica fiscale, l’im-pegno di Junker di rilanciare la crescitae l’occupazione in Europa, la nuovaagenda di politica economica di Renzinel programma Europa, un nuovo ini-zio della Presidenza Italiana del Consi-glio dell’Ue; si tratta comunque di ini-ziative da realizzare, come esplicita-mente dichiarato, «nel quadro di im-portanti riforme strutturali».

In presenza di una strategia fondatasu una politica fiscale restrittiva e unapolitica monetaria accomodante, lecondizioni depresse della domanda el’incertezza sull’evoluzione futura in-nalza il rischio di credito deprimendoil finanziamento del settore non-finan-ziario; ne deriva la spinta a ricercare al-l'estero sia gli sbocchi alla propria pro-duzione, sia le opportunità di investi-mento a scapito degli investimenti in-terni. Come previsto, la politica di au-sterità ha sospinto l’economia e la so-cietà in un circolo vizioso recessivo do-ve la deflazione sociale e la sopravvalu-tazione del cambio ha pesanti effettisui soggetti economicamente più debo-li; è dubbio che un processo avvitatosicosì su se stesso possa invertire la ten-denza attraverso una «limitata flessibi-lità» delle politiche economiche.

Di fronte ad esiti lontani dalle attese,la risposta politica è che «bisogna per-severare» nel mettere ordine nell’eco-nomia. Non si può sostenere che le po-sizioni ufficiali dell’Unione Europeanon riconoscano la crisi sociale in cor-so, ma certamente l’azione al riguardosi presenta debole come attesta lo scar-to tra le proposte contenute in Euro-pa2020 e gli strumenti utilizzati percontrastare la crescente disoccupazio-ne, povertà, precarietà. Andrebbe inve-ce attribuita assoluta priorità a una po-litica dell’occupazione che promuovala crescita di posti di lavoro socialmen-te e ambientalmente desiderabili ac-compagnata da una politica del welfa-re che, avendo come bussola la Cartadei diritti fondamentali dell’Unione,contenga impegni altrettanto prescritti-vi di quelli imposti dal fiscal compact.Un social compact che sia una prospet-tiva comune sul welfare (sui diritti dellavoro, previdenza e assistenza socialee abitativa, tutela della salute, diritto al-l’istruzione) che abbia al centro un si-stema articolato di salario minimo, unpiano di assicurazione sociale riguar-dante tutti i potenziali lavoratori, un so-stegno sistematico dei redditi più bas-si, anche nella forma di un reddito diesistenza. L’obiettivo è quello di con-trastare l’attuale concorrenza (fiscale,salariale, normativa) al ribasso tra i pa-esi-membri la quale, per attrarre capi-tali dall’estero, deprime l’accumulazio-ne produttiva e i conti pubblici dei pro-pri partner e riduce le risorse pubbli-che necessarie ad affrontare le tensio-ni sociali che essa provoca. Alla compe-titività istituzionale va sostituita unacooperazione solidale a sostegno diquell’aspirazione di civiltà che, con ilsuo modello sociale, l’Europa dovreb-be incarnare.

La politica di valorizzazione del lavo-ro e di promozione sociale necessita diuna coerente accumulazione, di unapolitica industriale non confinata alle

politiche della concorrenza. La perfor-mance industriale europea di lungo pe-riodo richiede una trasformazione del-l’apparato produttivo in senso social-mente e ambientalmente sostenibilecon investimenti pubblici in particola-re nelle attività a conoscenza intensi-va, elevata competenza e buona occu-pazione nei settori della tecnologia del-l’informazione e comunicazione, dellatutela dell'ambiente, delle energie rin-novabili. Oltre a stimolare la domandaeuropea, questi interventi dovrebberorilanciare l’accumulazione industrialenecessaria a riassorbire gli attuali squi-libri esterni all’interno dell’eurozona.È l’investimento pubblico, e non i sala-ri, a costituire la variabile di aggiusta-mento dell’economia.

Per quanto riguarda la politica ma-croeconomica europea essa va ridefini-ta: una politica fiscale meno rigida,una politica monetaria diversamenteaccomodante, una politica finanziariadi riregolamentazione.

Il fiscal compact va rivisto, metten-do in discussione il concetto di deficitstrutturale che non si è dimostrato -nelle sue basi concettuali e applicative– adeguato come guida della politicamacroeconomica. Non essendo il mer-cato in grado di garantire livelli accetta-bili di occupazione, il bilancio pubbli-co deve tornare ad essere strumento digoverno della domanda aggregata conil compito di sostenere un processoproduttivo riqualificato. Va ampliata ladimensione del bilancio europeo e ri-definita la struttura del prelievo fiscale,

armonizzando l’imposizione fiscale di-retta, rafforzando la progressività dellealiquote, non solo per contrastare laconcorrenza sleale, ma per riattivare laredistribuzione richiesta da una socie-tà welfare-led; anche considerato cheil favore goduto finora dai profitti e dal-le rendite non ha garantito un’adegua-ta accumulazione interna, né quantita-tivamente né qualitativamente.

L’intervento pubblico va finanziatoa livello europeo mobilizzando i fondidelle istituzioni esistenti, ricorrendo al-la monetizzazione della banca centra-le, sfruttando la sua moral suasion sulcredito bancario. Per quanto essa nonpossa trascurare la stabilità finanzia-ria, la liquidità creata va riorientata ver-so il circuito industriale, verso l’attivitàproduttiva anche con una diretta mo-netizzazione dei titoli emessi dai sog-getti non-finanziari per finanziare la lo-ro spesa. Ciò vale per il settore pubbli-co, per le istituzioni finanziarie impe-gnate nei piani di investimento euro-pei, per le imprese private i cui crediti

siano cartolizzati dalle banche. Ne sa-rebbe favorito il processo di reflazioneper riportare l’inflazione a livelli più de-siderabili. La ristrutturazione dei debi-ti pubblici va favorita dalle istituzionieuropee; il loro riassorbimento va faci-litato, oltre che con l’espansione delprodotto, con forme di mutualizzazio-ne quali l'emissione di titoli a firma col-lettiva in modo da impedire il concen-trasi della speculazione sui paesi finan-ziariamente più deboli. Vanno regola-te le pratiche speculative della finanza,con l’imposizione fiscale sulle transa-zioni finanziarie, i controlli sui movi-menti di capitali con i centri finanziarioffshore, il blocco dei rapporti con i pa-radisi fiscali; va reintrodotta la separa-zione tra banche commerciali e ban-che d’investimento.

In presenza di politiche di austeritàche promuovono una società struttu-ralmente più disuguale, la risposta poli-tica deve essere «bisogna cambiare»per evitare il definitivo deterioramentodella tradizione costituzionale euro-pea fondata sull’eguaglianza nei dirittie nei doveri di tutti i cittadini. L’attualepolitica economica europea non è in-fatti una politica congiunturale, ma èla gestione consapevole di una transi-zione verso un modello di società euro-pea di mercato sulla cui prospettivanon vi è un dibattito esplicito, e tantomeno democratico. La visione alterna-tiva di politica economica non può es-sere ridotta alla mera strumentazionetecnica, ma va interpretata qualeespressione di una prospettiva di socie-tà fondata sull’inclusione sociale e sul-lo sviluppo delle persone e come taleimpone di ridefinire i meccanismi diproduzione-distribuzione del redditoal fine di sostenere il sistema di welfa-re, anche se a costo di un ridimensio-namento della crescita.

Perciò, la Summer Schoolha richiamato tutti coloro,che desiderosi di capire ed

imparare, “non si accontentano” del-l’informazione, sovente approssima-tiva e inesatta, dei media, del web,della carta e della televisione.

E per questo, hanno partecipanoall’evento i giovani, gli studenti, lepersone attive nelle associazioni, nelterzo settore e nella cooperazione,nel mondo dell’informazione, neimovimenti, nel sindacato, e gli ope-ratori economici e sociali, della pub-blica amministrazione, di enti localie imprese.

Insomma, un nuovo evento cultu-rale piccolo ma indispensabile cheha messo insieme tanti studiosi, pro-venienti da diverse università italia-ne e dai settori istituzionali, e nuoveenergie che vogliono contribuire ad“aggiustare” il meccanismo dellabussola economica, incrinato da or-mai troppo tempo.

Il rilancio della cultura non puòche aiutare questo processo.

Credo che anche il lettore co-mune giudicherà questa visio-ne piuttosto consolatoria che

non realistica, e nelle pagine che se-guono intendo confortarlo nel giudi-zio presentandogli le teorie alternati-ve, del tutto rispettabili e non meno ro-buste di quella neoclassica, di quattroautori che tutti possono dirsi classici:Ricardo, Marx, Keynes e Sraffa (…).Ora questi quattro autori ci descrivo-no il sistema economico in cui vivia-mo, che è un sistema storicamente de-terminato: il capitalismo, come un si-stema in cui la distribuzione del pro-dotto sociale tra le classi è materia diconflitto; in cui la norma è la crisi enon l’equilibrio; e in cui gli agentiprendono le loro decisioni in condizio-ni di incertezza e sulla base di una co-

noscenza limitata, Così che un inter-vento dello Stato sarà necessario se sivogliono almeno medicare i difetti del-la società economica in cui viviamo:sopra tutti la disoccupazione e una di-stribuzione arbitraria e ineguale dellaricchezza e dei redditi (Giorgio Lunghi-ni, Conflitto, crisi, incertezza. BollatiBoringhieri, 2012, pp. 12-14).

Per quanto riguarda il livello dell’oc-cupazione, Keynes dimostra come essonon sia univocamente determinatodall’operare congiunto sul mercatodel lavoro delle due funzioni di do-manda e di offerta, così come affermala teoria neoclassica, bensì da altre for-ze che agiscono su altri mercati (mer-cati della moneta, dei capitali, dei be-ni). In particolare non vi sarebbe ne-cessariamente una relazione inversatra il salario e l’occupazione: una di-minuzione del salario potrebbe anchenon essere una condizione sufficienteper generare un aumento dell’occupa-zione (…). La Teoria generale si può ri-

durre a questa proposizione: l’occupa-zione è quella che i capitalisti decido-no di dare, secondo le loro aspettative.Secondo lo stesso Keynes, “La teoria sipuò riassumere dicendo che, data lapsicologia della gente, il livello dellaproduzione e dell’occupazione com-plessiva dipende dall’ammontare del-l’investimento”. Al centro del ragiona-mento di Keynes sta l’idea che noi, nel-la realtà, abbiamo soltanto una perce-zione molto vaga delle conseguenzenon immediate dei nostri atti. La no-stra conoscenza, in generale e ancheper quanto riguarda le decisioni eco-nomiche più importanti, è una “cono-scenza incerta” (…). Il fatto che la no-stra conoscenza sia incerta ha dunquecome conseguenza principale la fragi-lità, la precarietà dell’equilibrio del si-stema (pp.87-89). Per Keynes in ognisituazione data vi è un unico livello dioccupazione compatibile con l’equili-brio, e tale equilibrio è stabile anche sel’occupazione non è piena. A ciò basta

che la domanda aggregata sia ugualeall’offerta aggregata. Quest’analisi cifornisce, secondo Keynes, una spiega-zione del paradosso della povertà nelbel mezzo dell’abbondanza: “E’ carat-teristica saliente del sistema economi-co in cui viviamo che, mentre è sogget-to a fluttuazioni severe per quanto ri-guarda la produzione e l’occupazio-ne, esso non è violentemente instabi-le. In effetti esso sembra capace di per-manere in una condizione cronica diattività subnormale per un periodoconsiderevole, senza una tendenzamarcata né verso la ripresa né verso ilcollasso” (p.98-99). Che cosa si dovreb-be fare, e si potrebbe fare, se davverosi condivide il giudizio che la disoccu-pazione e l’ineguaglianza sono deimali da guarire? Secondo questo Key-nes si dovrebbero fare tre cose (…), re-distribuzione della ricchezza e del red-dito, eutanasia del rentier, e una so-cializzazione di una certa ampiezzadell’investimento (pp. 106-108).

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La democraziasi fa «ibrida»

DALLA PRIMAAlessandro Rizzi

NON SOLO CRISI E AUSTERITY AL CENTRODEI DIBATTITI, MA ANCHE CAMBIAMENTOCLIMATICO, DEMOCRAZIA DIRETTA,RICONVERSIONE ECOLOGICA,TRASFORMAZIONE DEI MODELLI PRODUTTIVI E DICONSUMO, TRATTATI COMMERCIALI

VENERDÌ 5 SETTEMBRE 2014SBILANCIAMO L’EUROPA

N˚32 - PAGINA III

Abbiamo così assistito alpassaggio dai leader agli an-ti leader, che anche quan-

do parlano di rinnovamento lo fan-no contro gli altri. La risorsa princi-pale è dunque la sfiducia, che se-condo Pierre Rosanvallon anima l'"universo controdemocratico".Penso che la sfiducia sia una risor-sa, ma da sola non è sufficiente. Bi-sogna far ripartire una democraziadella fiducia. Per questo, studiaresignifica anche costruire».

Le trasformazioni della demo-crazia al tempo della crisi sonouna tematica cruciale. Già CarloDonolo, nello speciale di Sbilancia-moci! «Democrazia svendesi» (ilmanifesto, 11 luglio), aveva analiz-zato lo schiacciamento della demo-crazia ad opera della spinta neoli-berista. L'analisi di Diamanti, inve-ce, si concentra su come siamo ar-rivati alla fase attuale della demo-crazia, che lui stesso definisce«ibrida». «Nella democrazia dei

partiti di massa, le due facce dellademocrazia rappresentativa, istan-ze di governo e partecipazione, sta-vano insieme nel partito. Con lacrisi di quel modello, si è passati auna democrazia del "pubblico",dove il terreno della politica si è di-sgregato perché i partiti sono statiprogressivamente sostituiti dallepersone, le organizzazioni sul terri-torio sono state rimpiazzate dallacomunicazione e i cittadini sonodiventati sempre più pubblico».Una fase che vede in Italia la suaespressione più emblematica. «Lapersonalizzazione e la mediatizza-zione si traducono nel partito per-sonale e mediale, il cui archetipo èespresso da Berlusconi. Un Berlu-sconi imitato, poi, a fatica da altri».

Alla democrazia del pubblico èseguita la fase attuale, caratterizza-ta da un legame ancora più strettotra democrazia e comunicazione.«Sulla base della democrazia delpubblico, s'innestano le nuove tec-nologie, che non solo costituisco-no un canale di partecipazione al-ternativo e ripropongono il con-fronto tra democrazia rappresenta-tiva e democrazia diretta, ma di-ventano autentiche icone». Assi-stiamo a un'ibridazione dei model-li, del consenso e partecipazione.«Forme che sembrano apparente-mente opposte in realtà si combi-nano. Assistiamo all'uso contem-poraneo di queste forme, perchéla tv resta il canale più frequenta-to e la rete non copre tutto. Nellecampagne elettorali, i soggetti po-litici si muovono allora in molte-plici direzioni. Si veda l'esempiodi Grillo, che, alle ultime elezionieuropee, ha utilizzato tutti i cana-li simbolo delle diverse fasi dellademocrazia: ha fatto della mobili-tazione uno spettacolo in strea-ming; come un partito di massa,ha chiuso la campagna elettoralecon un comizio in piazza, sce-gliendo un luogo simbolico comePiazza San Giovanni; ed è ritorna-to in televisione con l'intervista diBruno Vespa».

Da Grillo a Renzi, che non soloutilizza diversi media ed esprime lapersonalizzazione della politica de-mocratica, ma si avvale della princi-pale struttura della democrazia rap-presentativa, il partito. Una demo-crazia sempre più ibrida, insom-ma. In che direzione?

Thomas Fazi

Attac: informare,discutere e agireA Parigi si è tenuta l’università estiva della più grandedi tutte le reti internazionali di alternativaal neoliberismo emerse dal movimento altermondialista

Dal 19 al 23 agosto, al grido di «in-formare, discutere, agire», si è te-nuta a Parigi la consueta univer-

sità estiva europea dei movimenti socia-li promossa dalla rete Attac. Per chi nonlo sapesse, Attac – presente in oltre 40paesi in Europa, Africa ed America Lati-na – è probabilmente la più grande ditutte le reti internazionali di opposizio-ne e di alternativa al neoliberismo chesono emerse dal movimento altermon-dialista che si è sviluppato tra la fine de-gli anni novanta e i primi anni zero.

Non a caso, l’organizzazione nasceproprio nel 2001, l’anno in cui quel mo-vimento raggiunse il suo apice, per poiessere brutalmente stroncato nelle stra-de di Genova. Il risultato (voluto) dellasanguinosa strategia repressiva di queigiorni fu quello di frantumare un movi-mento forte, unitario ed internazionali-sta – un movimento che univa la criticaalle multinazionali alla difesa dei benicomuni, l’ecologia alla democrazia par-tecipativa, l’analisi lucida delle trasfor-mazioni globali in corso alle battaglielocali (o «glocali», come si diceva al tem-po), un movimento che quando marcia-va era sempre un fiume in piena (moltial tempo furono i paragoni con il movi-mento del ’68) – in una miriade di rivolilocalistici segnati dalla paura, dal disin-canto e dalla consapevolezza che forse,in fondo, un altro mondo non è possibi-

le. Questo è senz’altro vero per l’Italia,ma non solo, e gli effetti si sentono an-cora oggi. Eppure, per chi era a Pariginelle giornate del forum, la sensazionesorprendente era quella di essere torna-ti indietro di quindici anni.

Merito in buona parte di Attac (e de-gli innumerevoli gruppi che ad essofanno riferimento), che in questi anniha tenuto vivo – soprattutto in Francia,patria dell’organizzazione – lo spirito ele battaglie dell’altermondialismo, e inparticolar modo la capacità di quel mo-vimento di unire le battaglie sui singolitemi a una critica profonda, radicale esistemica dell’attuale modello econo-mico e sociale. Rispondendo chiara-mente a un bisogno che oggi come iericontinua ad essere presente nella socie-tà, come dimostra la straordinaria ri-sposta della gente: più di 2,000 gli attivi-sti discesi su Parigi da tutta Europa(molti anche gli invitati dall’Africa, dal-l’Asia e dalle Americhe) per l’evento.

Quindi non solo crisi e austerity alcentro dei dibattiti, ma anche: cambia-mento climatico, democrazia diretta, ri-conversione ecologica, trasformazionedei modelli produttivi e di consumo,trattati commerciali (a partire ovvia-mente dal Ttip, il famigerato accordodi libero scambio Europa-Usa), sovra-nità alimentare, finanza, geopolitica eimperialismo, primavere arabe, l’asce-sa dell’estrema destra in Europa, e tan-to altro. Della crisi sociale, economicae politica provocata dalle politiche del-

la troika, del futuro dell’euro e delle al-ternative possibili hanno discusso pertre giorni, nell’aula magna stracolmadell’Università di Parigi VII-Diderot sul-le rive della Senna: Trevor Evans (Euro-Memo), Mariana Mortagua (Bloco deEsquerda, Portogallo), DominiquePlihon (Economistes Atterrés, Francia),Mario Pianta (Sbilanciamoci!), CristinaAsensi (Attac Spagna), Thilo Bolde (Gre-enpeace Germania), Aris Chatzistefa-nou (regista di Debtocracy) e altri.

Numerosi e variegati i toni degli in-terventi: cognizione dei rischi cheun’eventuale disgregazione della zonaeuro comporterebbe per l’Europa (e inparticolare per le economie più debolidel continente) ma anche crescentescetticismo sulla capacità di romperela gabbia dell’austerity all’interno delprocesso «democratico» ed istituziona-le europeo; consapevolezza della pro-babile necessità di un’insubordinazio-ne, di una forzatura o rottura nazionaledelle regole europee (che non vuol direnecessariamente uscire dall’euro masemmai usare questo come strumentodi pressione o ricatto nei confronti del-l’establishment conservatore), ma an-che del fatto che tutta la differenza la fase questo avviene “da sinistra” (comesi sta tentando di fare in Grecia, in Spa-gna e in Portogallo) o piuttosto «de de-stra», come sta avvenendo in Francia,dove è il Front national di Marine LePen a intercettare il crescente anti-eu-ropeismo dei francesi. Consapevolezzaanche del fatto che forse uno dei pro-blemi principali è che i movimenti so-ciali non hanno ancora un’alternativachiara da proporre, e quindi che è solocontinuando a incontrarsi, a discuteree a scambiarsi idee, lotte ed esperienzeche si riuscirà ad uscire insieme dallacrisi in corso.

Cruciali a tal proposito i prossimi ap-puntamenti dell’agenda dei movimen-ti sociali europei, tra cui la grande ma-nifestazione indetta da Blockupy in oc-casione dell’inaugurazione del nuovoedificio della Bce a Francoforte, a inizio2015, ma soprattutto la 21esima confe-renza mondiale sul clima, che si terrà aParigi alla fine dell’anno prossimo.

QUELCHECONTASpagnole. Sono spagnole le immagini di queste pagine. Le ha disegnate ArnalBallester per un testo di Ruth Vilar.Un postino innamorato dei numeri. Conta le cassette della posta, le lettere checonsegna, il numero dei francobolli... Tutti lo chiamano Quelcheconta. È un tipoestroso e stravagante. Orologio, calendario, contratto di lavoro sono per lui coseassolutamente secondarie. Prima di tutto viene l'aritmetica! L'ordinata, sicura erassicurante sequenza dei numeri. Ma - consegnate ventidue lettere di sfratto aventuno famiglie rassegnate dopo i venti inutili ricorsi alla giustizia - si accorge che iconti non sempre tornano. E così, riflettendo anche sul suo soprannome, si convinceche, imparato a contare, bisogna imparare anche quel che conta.Quel che conta, Orecchio acerbo 2011, 32 pagine a colori, 15 euro

www.orecchioacerbo.com

Page 4: Sbilanciamo l’Europasbilanciamoci.info/wp-content/uploads/2017/05/32Sbilanciamo_l_Europa... · la politologia, con la statistica e con la giurisprudenza. LaScuolaèstata articolata

«L'esplosione della zonaeuro non è ancora esclusa»Intervista a Dominique Plihon, professoredi economia finanziaria e portavocedi Attac France. Il suo è uno sguardomolto pessimista sulla situazionein Francia e in Europa.

Anna Maria Merlo

«I MOVIMENTI SOCIALI, I SINDACATI, LE ONGCHE SI BATTONO PER I DIRITTI HANNOUN RUOLO IMPORTANTE DA SVOLGERE,PER SVEGLIARE LA POLITICA.IN FRANCIA, LA CRISI POLITICASTA DIVENTANDO UNA CRISI DEMOCRATICA»

VENERDÌ 5 SETTEMBRE 2014SBILANCIAMO L’EUROPAN˚32 - PAGINA IV

PARIGI

Manuel Valls applaudito conuna standing ovation all'Uni-versità d'estate del Medef (la

Confindustria francese) per aver pro-clamato «Io amo l'impresa», il mini-stro del lavoro che annuncia controllipiù severi sui disoccupati che prendo-no il sussidio, la conferma del Patto diresponsabilità, che prevede 50 miliardidi tagli alla spesa dello stato e 40 miliar-di di sgravi per le imprese. E la nominadi un ex banchiere, Emmanuel Ma-cron, a ministro dell'Economia. Larelativa resistenza francese di fron-te al diktat del rigore è ormaisconfitta, ad opera di un gover-no socialista? Siamo alla rinuncia di-chiarata di ogni speranza di migliora-mento delle condizioni sociali? L'eco-nomista sgomento Dominique Plihon,professore di economia finanziaria eportavoce di Attac France, ha unosguardo molto pessimista sulla situa-zione, in Francia e in Europa.

Il governo Valls II rappresenta la svol-ta dell'austerità?Finora la Francia aveva già applicato

il rigore, ma è vero in modo meno vio-lento di Spagna, Portogallo, Grecia, an-che Italia. I salari dei funzionari, peresempio, non sono stati diminuiti. Maadesso, il governo Valls II rappresentauna nuova tappa in questa deriva diausterità: se il piano economico di 50miliardi di tagli verrà applicato, ci saràun impatto considerevole su molte per-sone, sul livello del reddito, aumenteràil precariato, avremo una diminuzionedel numero degli occupati, con effettidiretti sulla funzione pubblica e indi-retti sul settore privato, a causa di uncalo nelle ordinazioni pubbliche. Maio non credo che questo piano potràessere applicato, perché scatenerà uncircolo vizioso con il rigore, freno al-l'economia che rallenta, maggiore di-soccupazione, rischi di deflazione. InFrancia, più che altrove, sono possibilireazioni forti. Il governo ha paura. Ladomanda è: chi paga il fardello dell'ag-giustamento? Come viene ripartito trai diversi settori economici, le classi so-ciali ecc.? Hollande, con il Patto di Re-sponsabilità, accentuato con Valls II,propone un trasferimento di risorse

verso le imprese. Il ragionamento èche le imprese hanno perso competiti-vità, perché non investono abbastan-za, e non lo fanno perché i margini diprofitto sono insufficienti. Bisognaquindi ricostituire i margini per avereinvestimenti, competitività e poi occu-pazione.

Lo diceva già il tedesco Helmut Sch-midt ai suoi tempi: i profitti di oggi so-no gli investimenti di domani e l'occu-pazione di dopodomani. Ma trasferi-menti massicci verso l'impresa sono il-

lusori in un contesto di cresci-ta debole se non eguale a

zero. Gli acceleratoriper gli investimen-

ti sono la do-manda e i

profitti,m a

tuttigli studilo dicono,in Europa e ne-gli Usa: il principa-le è la domanda. InFrancia ci sono due tipidi imprese, quelle lavoranoa livello internazionale, che van-no bene e difatti hanno aumentatodel 30% i dividendi distribuiti, sono icampioni del mondo. Poi c'è una par-te della piccola e media impresa chenon va bene. Ma il Patto di responsa-bilità non fa distinzione, non si con-centra sulle imprese in difficoltà. Gliaiuti alle imprese avrebbero dovu-to essere condizionati, in setto-ri strategici e con obiettivi dioccupazione. Anche laBce dovrebbe porre con-dizioni alle banche chefinanzia.

Macron afferma chesi po' essere di sini-stra e avere buonsenso. C'è uno slit-tamento del lin-guaggio per impor-re Tina, There isno Alternative?Al di là dell'idea di

competitività c'è un'al-leanza di classe tra ungoverno che si dice socia-lista e non lo è, con il padro-nato e le banche. E molti ci ca-scheranno, crederanno che non cisia- no altre alternative per ri-

sanare i conti. Ma èuna cattiva psicologia.

Oggi c'è un rischio di de-flazione, la gente non spen-de. Ma il governo non ha

fatto nessuna dichiarazio-ne, neppure simbolica,

per ridare fiducia alavoratori e impren-

ditori. Bisognerebbe,per esempio, aumentare

i salari, almeno al ritmo del-l'aumento della produttività,

che è intorno allo 0,7-1% l'anno.Rilanciare gli investimenti privati an-che attraverso gli investimenti pubbli-ci. Varare programmi per le energie al-ternative, per trasporti ecologici ecc.In Francia si dovrebbe incidere sui set-tori costosi, come i prezzi dei medici-nali o l'edilizia - in Francia la casa pesaal 40% sul bilancio delle famiglie. Masi tratta di lobbies, che hanno grandipoteri. L'edilizia in Francia è dominatada 4 o 5 società, e nessun governo osaaffrontarle, hanno fatto anche salta-re il blocco degli affitti. Per quanto

riguarda la casa, Tina è unfalso.

L'idea di Hollande nonera di rimettere i conti a

posto a casa, ma avere il ri-

lancio attraverso l'Europa? La propo-sta di 300 miliardi del nuovo presi-

dente della Commissione Jun-cker è un segnale positi-

vo?300 miliardi sonopochi, più o me-

no l'1% del pileuropeo. Ce

ne vorrebbedieci voltetanto, perprogett idi transi-z i o n eenergeti-ca, tra-

sporti, in-vestimenti

p u b b l i c i .Ma in Euro-

pa ognuno fada sé. La crisi

ucraina, per esem-pio, potrebbe essere

l'occasione per reagire:sappiamo che Putin userà anche l'ar-

ma del gas. Invece di nuove sanzioni

contro la Russia, perché non rispon-diamo con un programma di investi-mento sulle nuove energie? Ma Me-rkel ha una visione mercantilistica,l'unica cosa che conta è l'export tede-sco. L'Europa è in una situazione ete-rogenea. Ci sono paesi in grave reces-sione, come Spagna, Portogallo, Ita-lia, senza margini di manovra e paesiche possono agire, come gli Scandi-navi, l'Olanda, l'Austria, la Germa-nia, anche se ha ormai un tasso dicrescita negativo. Francia, Italia, Spa-gna dovrebbero aumentare la pres-sione su Merkel, arrivare a uno scon-tro deciso, denunciare con decisionequesta politica che sta soffocandol'uscita dalla crisi. Arrivare anche aboicottare i vertici. La Francia è la se-conda economia della zona euro,l'Italia la terza. La Germania da solanon ce la farà a rilanciare l'Europa eanche se Berlino esporta nel mondo,restiamo i suoi principali partner.

Tutti sono paralizzati dalla paura del-lo spread sui tassi di interesse.Intanto i mercati sono più intelligen-

ti di quello che si crede e se vedesserotre grandi paesi che cambiano rottae che a termine puo' rilanciarel'economia possono capire. Poic'è l'interessante progetto degliEurobonds, rifiutato dalla Germa-nia. Attenzione, lo scenario diun'esplosione della zona euro nonè ancora escluso del tutto: tensio-ni interne, eterogeneità tra paesi,disoccupazione in crescita, ri-schio di deflazione, possono porta-re a una crisi sociale grave. Siamosicuri di poter sopportare altri cin-que anni di recessione? Non ciscommetterei.

Come uscire dalla paralisi, in unmomento in cui il Fronte nazio-nale si presenta come il "sociali-smo" dei petits blancs e seducele classi popolari impaurite?Credo che i movimenti sociali, i

sindacati, le ong che si battonoper i diritti abbiano un ruolo im-portante da svolgere, per sveglia-re la politica. La crisi politica stadiventando una crisi democrati-ca, in Francia Hollande sta facen-do una politica opposta a quellaper cui è stato eletto.