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Rivista di Attualità Diagnostiche 39 Terapia Anticoagulante Orale: novità per il medico e per il paziente in allegato DVD del 3 rd INTERNATIONAL COAGULATION SYMPOSIUM 2010

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R iv i s t a d i A t tua l i t à D iagnos t i che

39Terapia Anticoagulante Orale:novità per il medico

e per il paziente

in allegato DVD

del 3rd INTERNATIONAL

COAGULATION SYMPOSIUM 2010

S ommario

Anno 13 - n. 39 - Giugno 2011EsaDia è un trimestrale di medicina di laboratorio edito da Roche Diagnostics S.p.A.Autorizzazione del Tribunale di Milanon. 257 del 18/4/1992

Direttore responsabile: Paolo ScalaRedattore capo:Roberto SilviArt Direction, Progetto grafico: Ruggero ManganiniImpaginazione e grafica:Simona Burla

Redazione:M. Binetti - L. Galmozzi - L. LazzaroniB. Pizzorno - U. Sottotetti

Hanno collaborato:M. Basileo - M. Braccio - P. BertoneA. D’Angelo - A. Iorio - D. PoliA. Porcu - A. Recchioni N. A. Ricauda - S. Testa

Stampa:Arti Grafiche Bazzi - Milano

Copyright: Roche S.p.A.

Nessuna parte di questa pubblicazione puòessere fotocopiata o riprodotta senza l’autorizzazione scritta dell’Editore.L’Editore è disponibile al riconoscimento deidiritti di copyright per qualsiasi immagineutilizzata e della quale non si sia riuscitia ottenere l’autorizzazione alla riproduzione.

R i v i s t a d i A t tua l i t à D iagnos t i che

39Terapia Anticoagulante Orale:novità per il medico

e per il paziente

in allegato DVD

del 3rd INTERNATIONAL

COAGULATION SYMPOSIUM 2010MONOGRAFIA

Il processo di validazione clinica di un algoritmo computerizzatoper il monitoraggio della TAO

Influenza dei fattori genetici nella gestione dei pazienti in TAO

I nuovi farmaci anticoagulanti orali: un cammino appena iniziato

Valutazione della qualità analitica e dell’utilizzo pratico delCoaguChek XS in un gruppo di Centri Anti Trombosi: risultati dello studio pilota

Efficacia di un Centro TAO

Verso nuovi Modelli di Gestione della TAO nel paziente cardiochirurgico: i risultati preliminari dello studio ESCAT III

Farmamemo: dalla teoria alla pratica

Esperienze di telemedicina nell’ospedalizzazione a domicilio di Torino

ROCHE INFORMA

Monitoraggio della carica virale con il nuovo test COBAS®Ampliprep/COBAS® TaqMan® CMV

Morbo di Von Willebrand di Tipo 2N oppure Emofilia A?La risposta con il nuovo Test ASSERACHROM® VWF:FVIIIB

Elecsys HE4 - Il nuovo test per l’ottimizzazione dei percorsiclinico-diagnostici della paziente con tumore ovarico

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I ntroduzione

I farmaci anti-vitamina K ed i nuovi anticoagulanti: novità importanti per entrambi.In questo numero di Esadia vengono affrontati diversi temi riguardanti l’anticoagulazione orale attuale e nuova. In questoperiodo infatti non si fa che parlare dei nuovi farmaci, inibitori diretti della trombina e del Xa. Saranno utilizzati in due con-dizioni patologiche molto diffuse: la fibrillazione atriale non reumatica ed il tromboembolismo venoso1. Nei prossimi anni,teoricamente, i nuovi farmaci anticoagulanti orali potrebbero ridurre di una percentuale superiore all’ 80% il numero deipazienti attualmente in trattamento con i cumarinici perché non è previsto il monitoraggio di laboratorio che caratterizza iltrattamento con i farmaci anti-vitamina K. Se tutto questo può sembrare rivoluzionario rispetto alla realtà attuale, delle per-plessità sono emerse circa l’opportunità di prescrivere i nuovi anticoagulanti orali ad un paziente senza prevedere alcun con-trollo clinico e di laboratorio. È facilmente intuibile che l’aderenza alla terapia nel tempo, soprattutto se si prevede una som-ministrazione sine die, possa essere scadente con probabili drammatiche conseguenze in termini di episodi emorragici o trom-boembolici. Per questo motivo lo scorso anno è stato costituito un registro (PEACH), attivo dal I aprile di quest’anno, che sipropone di introdurre in un foglio elettronico i dati dei pazienti che inizieranno i nuovi farmaci anticoagulanti orali con loscopo di annotare l’aderenza alla terapia, gli eventi avversi e le interazioni con altri farmaci attraverso un periodico control-lo non così stretto come quello utilizzato per i cumarinici ma tale da non perdere di vista i nuovi anticoagulati. Un altro aspetto che si sta discutendo è quello relativo ai tests di laboratorio che potranno essere sviluppati per monitorarel’attività anticoagulante dei nuovi farmaci. Recentemente in letteratura si è acceso un dibattito tra favorevoli e contrari2-4. Inquesto numero di Esadia Luciano Crippa e collaboratori affrontano questo tema delicato e propongono di misurare la rispo-sta del singolo paziente all’inizio del trattamento in modo tale da determinare la dose di anticoagulante che potrà essere effi-cace, minimizzando quindi gli eventi avversi emorragici e/o trombotici. Questi autori infatti si chiedono di quale entità fossel’attività anticoagulante in quei pazienti che negli studi clinici controllati fino ad ora pubblicati hanno sofferto di eventiemorragici o tromboembolici. In altre parole un buon risultato medio può nascondere differenze individuali spiccate chepotrebbero essere evitate. La proposta è senza dubbio affascinante ed apre nuovi scenari di ricerca clinica e di laboratorioma occorrerà individuare un metodo di laboratorio che possa essere utilizzato da tutti e non solo da laboratori specializza-ti. I test che potranno essere utilizzati sono il tempo di ecarina per gli inibitori della trombina5 ed il tempo di protrombinao, forse meglio, il dosaggio dell’attività anti-Xa per i farmaci il cui bersaglio è il Xa6. Ma il cammino verso una loro stan-dardizzazione sembra lungo e difficile. Oltre alla determinazione della dose iniziale di anticoagulante sarebbe auspicabileche non un monitoraggio nel tempo ma una misurazione dell’attività anticoagulante possa essere disponibile attraverso deitests coagulativi in condizioni quali il sanguinamento, un evento trombotico, un intervento chirurgico in emergenza o pro-cedure invasive programmate. Mi sembra però che l’entusiasmo creato dall’arrivo dei nuovi farmaci (il dabigatran dovrebbe essere approvato in Italia allafine di quest’anno o ai primi del 2012 per la fibrillazione atriale) abbia fatto dimenticare non solo quanto è stato fatto finoad ora ma quanto si sta facendo per migliorare ulteriormente la performance della terapia con anti-vitamina K. In questonumero di Esadia compaiono diversi contributi tutti volti al miglioramento della qualità sia della terapia con cumarinici siadella vita dei pazienti. Basileo e Iorio propongono un nuovo algoritmo per il monitoraggio della terapia anticoagulante conanti-vitamina K utilizzando un programma informatico (TAONET, distribuito da Roche) con lo scopo di verificare, attra-verso uno studio che coinvolga più Centri Trombosi, se il sistema sia in grado di offrire un aiuto consistente ai medici cheaggiustano il dosaggio dei cumarinici dal momento che i loro risultati preliminari mostrano come le divergenze tra dose pro-posta dall’algoritmo e quella determinata manualmente non superino il 10%. Altro scopo dello studio è quello di verificarese il tempo trascorso all’interno dell’intervallo terapeutico possa essere incremento dall’utilizzo dell’algoritmo dal momentoche, come gli autori ricordano, la permanenza all’interno dell’intervallo terapeutico è di impatto notevole nel minimizzaregli eventi avversi emorragici e/o trombotici. Nell’ottica del miglioramento della conduzione della terapia anticoagulante orale altro spazio è stato dedicato su questonumero di Esadia alla performance dei coagulometri portatili attraverso le esperienze di Sandro Porcu e collaboratori chehanno messo in evidenza un buon accordo tra il coagulometro portatile CoaguCheck XS ed il controllo del PT INR effet-tuato su sangue venoso per un INR tra 1.0 e 3.0. Questi dati confermano l’esperienza di Doris Barcellona e collaboratori chehanno confrontato circa 100 coagulometri portatili (CoaguCheck S), affidati ad altrettanti pazienti a domicilio, con il coa-gulometro del laboratorio del loro Centro Trombosi, utilizzando un controllo di qualità esterno fatto di plasmi con INR cer-tificato7. Da questo studio è emerso come un controllo periodico degli apparecchi portatili attraverso un controllo di qualitàesterno sia fatto fondamentale per garantirne un ottimale funzionamento soprattutto quando viene cambiato il lotto dellestrisce reattive. L’esperienza italiana di Doris Barcellona e collaboratori è stata riportata su una recente revisione sull’im-portanza del controllo di qualità esterno8.

I ntroduzione

Ancora, in questo numero, Aimonino Ricauda riporta i progetti relativi alla telemedicina in Piemonte che includono anchela TAO attraverso l’uso di coagulometri portatili mentre Maurizio Braccio descrive la sua interessante esperienza cardio-chirurgica circa il self-management dei pazienti operati per protesi cardiache meccaniche. Il self management utilizzato inquesti pazienti prevedeva un controllo settimanale dell’INR utilizzando un coagulometro portatile (CoaguCheck). Questostudio ha dimostrato come un basso intervallo di anticoagulazione fosse in grado di ottenere risultati ottimali in termini dieventi avversi emorragici e trombotici anche in pazienti con valvole meccaniche in sede mitralica. L’esperienza poi diRecchioni e collaboratori circa la riduzione di ricoveri ospedalieri, dovuti ad eventi emorragici e/o trombotici, dei pazientiseguiti presso il Centro di San Severino Marche grazie all’uso di coagulometri portatili, ulteriormente afferma il concetto chevede come un controllo decentrato e stretto sia in grado di far risparmiare risorse e, ancora una volta, migliorare la qualitàdi vita dei pazienti. Un aspetto particolarmente importante viene poi discusso da Daniela Poli di Firenze che presenta sia il dispositivo regiona-le della Toscana relativo alla terapia anticoagulante orale ed alcune considerazioni sul documento Stato-Regioni, recente-mente approvato, che per la prima volta riconosce il ruolo dei Centri Trombosi italiani dopo più di 20 anni. Questo docu-mento, la cui stesura è iniziata nel 2007 ad opera di una commissione ministeriale composta da FCSA (Federazione Centriper la diagnosi e la Sorveglianza delle terapie Antitrombotiche) ed AIPA (Associazione Italiana Pazienti Anticoagulati),indica le linee guida da seguire per ottimizzare la terapia anticoagulante orale nel territorio indicando nei Centri Trombosiil punto di riferimento per questo tipo di trattamento allargando però ai medici di base la possibilità di seguire pazienti anti-coagulati in maniera indipendente o sotto la supervisone dei Centri. Il documento è importante anche perché prevede che iCentri possano essere la sede più adatta per la sorveglianza dei nuovi farmaci anticoagulanti. In altre parole la possibilitàdi pianificare studi di fase IV è affidata ai Centri che diventano così degli osservatori dell’efficacia e della sicurezza di que-sti farmaci. Daniela Poli, tuttavia, pone l’accento sulla criticità del documento stesso che rappresenta un indirizzo che leRegioni dovrebbero seguire ma che, in mancanza di una risposta concreta in termini di fattività, rischia di cadere nel nulla.Non si vorrebbe che lo sforzo prodotto da FCSA ed AIPA fosse reso vano dalla mancanza di un interlocutore importanterappresentato dagli assessorati regionali alla Salute. Per ultimo, vorrei segnalare l’articolo di Sophie Testa e collaboratori circa l’utilizzo di indicatori genetici relativi alla ripostaindividuale alla terapia anticoagulante orale con cumarinici. La revisione fatta da questi autori è particolarmente approfon-dita e mette in luce, in maniera pratica, quanto in letteratura è presente su questo argomento. Le conclusioni, basate su datidisponibili, sono del tutto equilibrate e ne consiglio vivamente la lettura. Da tutto questo emerge come nei prossimi annipotremo avere una alternativa importante ai cumarinici la cui gestione però appare in costante miglioramento attraverso lemolte esperienze che qui ho brevemente riportato e che potrete leggere in questo numero di Esadia. In altri termini, credoche non si possa dichiarare finita la terapia con gli anti-vitamina K, la riduzione dei disagi dei pazienti e l’ulteriore miglio-ramento della qualità della loro gestione li propone ancora con forza. Sarà fondamentale, al momento in cui un pazienteavrà l’indicazione ad un trattamento anticoagulante orale, fornire tutti gli elementi necessari perché possa scegliere il far-maco che riterrà più adatto alle proprie esigenze ed alla propria serenità. Per far questo i medici dei Centri Trombosidovranno guardare ai farmaci vecchi e nuovi con indipendenza ed obiettività. Sarà anche loro compito dare consigli aipazienti sulla scelta del tipo di trattamento anticoagulante orale sulla base delle loro caratteristiche cliniche.

F. MarongiuDipartimento di Scienze Mediche Internistiche, Università di Cagliari

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Aug;33:173-83. 6. Lindhoff-Last E, Samama MM, Ortel TL Assays for measuring rivaroxaban: their suitability and limitations. Ther Drug Monit. 2010;32:673-9. 7. Barcellona D, Fenu L, Cornacchini S et al.. Point-of-care (POCT) prothrombin time monitors: is a periodical control of their performance

useful ? Thromb Res. 2009;123:775-9. 8. Jespersen J, Poller L, van den Besselaar AM et al. External quality assessment (EQA) for CoaguChek monitors Thromb Haemost. 2010;103:936-41.

mente il paziente dal rischio di trombosi[1;2]. L’importanza di mantenere un corretto range tera-peutico è stata dimostrata da numerosi studi[3-5] eil tempo che un paziente trascorre all’interno delsuo range terapeutico (TTR) è considerata unaefficiente misura della bontà della terapia.Nell’ultimo ventennio il numero di pazienti cheeffettuano la TAO è aumentato considerevolmen-te per motivi demografici e clinici infatti sonoaumentate le indicazioni alla TAO e sono aumen-tate le richieste di assistenza da parte dei pazientiin TAO, per le evidenze a sostegno dell’efficaciadel monitoraggio da parte di centri specialistici. L’aumento del numero di pazienti e della doman-da di assistenza specialistica hanno inevitabilmen-te portato allo sviluppo di diversi modelli gestio-nali della TAO auspicati anche dall’AmericanCollege of Chest Physicians al fine di ottimizzare

Il processo di validazione clinica di un algoritmo computerizzato per il monitoraggio della TAO

M. Basileo1- A. Iorio2

1Dipartimento di Specialità Medico Chirurgiche e Sanità Pubblica - Università degli Studi di Perugia.2Clinical Epidemiology & Biostatistics and Medicine Department - Hamilton Health Sciences

McMaster University - Hamilton, ON, Canada. e della Mezzaluna Rossa

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Gli algoritmi computerizzati nel managementdella terapia anticoagulante oraleLa terapia anticoagulante orale (TAO) è una tera-pia salvavita, utilizzata in Italia da oltre 1.000.000di persone allo scopo di indurre una anticoagula-zione controllata del sangue per prevenire eventitrombotici in pazienti a rischio. I farmaci comu-nemente impiegati a questo scopo sono il warfarine l’acenocumarolo.L’efficacia e la sicurezza della TAO sono stretta-mente dipendenti dal mantenimento di un corret-to grado di anticoagulazione (“range terapeuti-co”), espresso come range di valori diInternational Normalized Ratio (INR). Un eccesso di anticoagulazione (ovvero un INR aldi sopra del range terapeutico) espone il pazientead un elevato rischio di emorragie mentre, unascarsa anticoagulazione non protegge sufficiente-

TAO: novità per il medico e per il paziente

Monografie

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il TTR[6]: (i) Anticoagulation Clinics[7], ovverocentri specializzati per la sorveglianza della TAOmediante personale specializzato, (ii) utilizzo dialgoritmi computerizzati per il dosaggio dellaterapia[8] e (iii) self monitoring[9]. L’utilizzo diffuso di sistemi computerizzati ha por-tato ad un miglioramento della gestione dellaTAO permettendo al medico di gestire un mag-gior numero di pazienti e di ridurre i tempi diattesa per le visite[10]. L’introduzione di algoritmi di dosaggio compute-rizzati in grado di assistere il medico nella sceltadel dosaggio ottimale di farmaco e nella pianifica-zione dell’intervento per la successiva visita hannodeterminato un ulteriore aumento dell’accuratez-za della terapia e del TTR e una diminuzione del-l’incidenza di eventi avversi legati alla TAO[10-16].Gli algoritmi computerizzati per il dosaggio dellaTAO rappresentano un metodo alternativo eattraente per il mantenimento della terapia perchésemplici, economici e largamente applicabili; essisono tuttavia non sempre sufficientemente valuta-ti con opportuni trial clinici. La maggior parte degli algoritmi in commerciosono costruiti attorno ad una equazione basata suun modello farmacodinamico che mette in rela-zione l’INR con il dosaggio assunto e propongonoil mantenimento o l’aggiustamento del dosaggio,l’appuntamento per la visita successiva e/o l’inter-vento del medico snellendo il carico di lavoro delmedico stesso sulla maggioranza dei casi più sem-plici lasciandolo così libero di dedicare più tempoai casi complessi. La limitazione più grande degli algoritmi è quelladi non essere in grado di generare una proposta didosaggio in tutti i casi analizzati. Ulteriori svan-taggi sono poi legati al fatto che non tutti gli algo-ritmi considerano la diversa sensibilità del pazien-te ai derivati cumarinici, l’emivita del farmaco e lanon linearità della relazione tra INR e dosaggio[15]. Nonostante sia norma di buon senso validare lasicurezza e l’efficacia di un algoritmo prima diintrodurlo nella pratica clinica, ci sono solo pocheindicazioni pubblicate in letteratura su come ese-guire tale validazione. Tra queste, le più autorevo-li sono quelle pubblicate dalla InternationalSociety on Thrombosis and Haemostasis(ISTH)[17] che suggeriscono di includere nello stu-dio di validazione 4-6 centri per un totale di 100-200 pazienti seguiti per almeno 6 mesi.L’algotirmo potrà essere definito non inferiore aldosaggio manuale se il TTR dei pazienti seguiti

con l’algoritmo risulta essere ≥57,5%, valore otte-nuto nelle cliniche specializzate durante lo studiodell’European Action on Anticoagulation[18]. Taliistruzioni sono tuttavia relative alla validazione diun algoritmo in un trial clinico, in cui l’algoritmostesso viene utilizzato per prescrivere la terapia inun set di pazienti reali dei quali viene successiva-mente misurato il tempo passato in range. Anostro giudizio, prima di passare ad una cosìavanzata fase di studio, che richiede l’impiego dinotevoli risorse cliniche e mette potenzialmente arischio la salute dei pazienti, è opportuno preve-dere una preliminare valutazione ottenutamediante un protocollo di simulazione. Nel resto del presente lavoro forniremo un esem-pio concreto di un tale protocollo di valutazione,riportando come esempio lo studio di valutazioneda noi effettuato per l’algoritmo elaborato da EDPProgetti per il programma TaoNet. Maggiori det-tagli sullo studio in oggetto possono essere reperi-ti nella pubblicazione originale[19].Tale studio,ovviamente, è solo la prima fase del progetto com-plessivo di validazione clinica dell’algoritmoTaoNet, che avverrà mediante studio progettatosecondo i criteri sopra ricordati[17].

Case study: Valutazione preliminare di affidabi-lità di un algoritmo di monitoraggio della TAOmediante studio di simulazione su dati dipazienti realiIl nostro studio si prefigge lo scopo di validare unnuovo algoritmo per la TAO sviluppato per ilsistema TaoNet (EDP Progetti Srl, Bolzano, Italy;marketed by Roche Diagnostics Italy SpA, Milano,Italy) che rappresenta uno dei programmi compu-terizzati attualmente utilizzati in Italia con 36 cen-tri utilizzatori e circa 30.000 pazienti.Lo studio è consistito in una simulazione retro-spettiva su dati anonimizzati di pazienti reali,estratti dal database di una clinica specializzata eseguiti da un medico dedicato. I dosaggi settimanali proposti dall’algoritmo sonostati confrontati con quelli assegnati dal medico.Questo ha permesso di osservare la performancedell’algoritmo prima della valutazione prospettica. L’algoritmo in studio si basa su un semplicemodello matematico sviluppato in due fasi. Laprima ha lo scopo di rilevare la sensibilità delpaziente ai cambiamenti di dosaggio del farmaco,la seconda invece, sviluppata secondo un alberodecisionale, permette di calcolare il dosaggio del-l’anticoagulante e la durata della terapia (Figura 1).

In particolare l’algoritmo estrae i dosaggi chehanno portato o mantenuto il paziente all’internodel suo range terapeutico tra quelli della settima-na precedente e quelli degli ultimi due giorni diogni terapia. Con questi dati l’algoritmo esegueuna funzione matematica attraverso la quale rica-va la sensibilità del paziente al farmaco sulla basedella dose media calcolata e del valore di INRrestituendo un valore unitario di anticoagulante(mg) per unità di valore di INR che viene poi uti-lizzato per calcolare la dose richiesta per portare ilpaziente all’interno del suo range terapeutico. Per evitare eccessive variazioni di dosaggio setti-manale l'algoritmo proposto è corretto in base alledifferenze di dosaggio del farmaco documentatonella storia clinica del paziente.

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Il valore del dosaggio ricavato in questa prima faseviene poi analizzato nella seconda fase durante laquale viene confrontato con semplici indicatoriquali il valore dell’INR e il dosaggio settimanaleprecedente.In ultima analisi l’algoritmo decide se mantenere ildosaggio della settimana precedente o se cambiar-lo, aumentando o diminuendo di multipli di 1,25mg/settimana sulla base del valore ricavato nellaprima fase di analisi relativo alla sensibilità delpaziente.I pazienti sono stati selezionati dal database di uncentro specializzato, tra tutti quelli seguiti tra il2001 e il 2009. Sono stati selezionati i pazienti conle seguenti caratteristiche: (i) pazienti in TAO da

Figura 1 - Rappresentazione schematica del funziona-mento del nuovo algoritmo da validare

dose/INR

d(t)/INR(t)

patient’s sensibilityand

dose-effectrelationship

mathematicaldose proposal

last dose

effective doseand period

proposaldecisional tree

INR sopra o dentro il range INR in range INR sotto o dentro il range

Dosaggio Dosaggio Valore Dosaggio Dosaggio Valore Dosagggio Dosaggio Dosaggio Valore

Manuale Algoritmo INR alla Dosagggio Manuale Algoritmo INR alla "corretto" Manuale Algoritmo INR alla Dosagggio

(M) (C) visita "corretto" (M) (C) visita (M) (C) visita "corretto"

successiva successiva successiva

↓ ↓↓ In range M ↑ ↓ In range M ↑ ↑↑ In range M

↓ ↓↓ Sopra C ↑ ↓ Sopra C ↑ ↑↑ Sopra M

↓ ↓↓ Sotto M ↑ ↓ Sotto M ↑ ↑↑ Sotto C

↓↓ ↓ In range M ↓ ↑ In range M ↑↑ ↑ In range M

↓↓ ↓ Sopra M ↓ ↑ Sopra M ↑↑ ↑ Sopra C

↓↓ ↓ Sotto C ↓ ↑ Sotto C ↑↑ ↑ Sotto M

Legenda: Il dosaggio che più rispecchia quello in grado di mantenere o riportare il paziente in range è considerate “corretto”. La doppia freccia rappresenta un aumento o un abbassamento del dosaggio settimanale più marcato. Ad esempio, nella prima riga del pannello di sinistra la diminuzione proposta dal medico è stato ritenuta corretta rispetto al forte calo proposto dal computer, perché in realtà ha portato l’INR del paziente in range. Nella seconda riga il forte calo proposto dal computer è stato considerato migliore rispetto alla diminuzione inefficace proposta dal medico.

Tabella 1 - Regole per l’assegnazione della correttezza trala modalità manuale e computerizzata

almeno due anni e con (ii) almeno 30 visite con-secutive escludendo i primi tre mesi di trattamen-to (periodo di induzione). Sono stati invece scartati (i) i risultati ottenuti 4settimane prima e dopo un evento clinico e (ii) irisultati fuori del range di accettabilità prestabilito(INR tra 1 e 5).L’outcome principale era la percentuale di dosaggisettimanali concordanti e discordanti tra il medi-co e l’algoritmo. In caso di discordanza è stata poivalutata: la percentuale dei casi nei quali il dosag-gio migliore, per mantenere o riportare il pazien-te all’interno del suo range, era quello manuale oquello computerizzato. Questa valutazione è stata fatta sia per i casi in cuil’INR del paziente cadeva all’interno del suo rangeterapeutico che per i casi in cui cadeva al di fuoridi esso per più di una unità.Dopo aver fatto analizzare i dati all’algoritmo sonostati ottenuti due dosaggi settimanali per ognivisita di ciascun paziente. È stata poi calcolata lapercentuale di dosaggi corrispondenti conside-rando accettabile una differenza tra i due minoredel 5%. Nel caso di dosaggi discordanti, gli stessisono stati suddivisi in base all’entità della differen-za in “differenze comprese tra 5% e 10%” e “diffe-renze maggiori del 10%”.Nei casi in cui i due dosaggi erano diversi è stataconsiderata come “corretta” la modalità (manualeo computerizzata) che manteneva o riportava ilpaziente all’interno del suo range terapeutico sta-bilita in base al valore di INR che il paziente avevaalla successiva determinazione. La tabella 1 esem-plifica il metodo seguito per stabilire la modalitàdi dosaggio più corretta.Sono stati inclusi complessivamente 614 pazientiper un totale di 35172 visite analizzate. La maggior parte dei pazienti inclusi aveva un’etàcompresa tra 70 e 79 anni e un range di INR di 2-3, era affetto da fibrillazione atriale ed era in tera-pia con warfarin.L’analisi dei dati ha evidenziato che nel 61,0% deicasi il dosaggio proposto dall’algoritmo era identi-co a quello assegnato manualmente dal medico eche nel 15,3% dei casi la differenza tra i due dosag-gi risultava minore del 5% e quindi era da consi-derarsi accettabile. Nel 14,7% dei casi la differenzaera compresa tra 5,1% e 10% e nel 9,0% dei casiera maggiore del 10%.La performance dell’algoritmo non varia né inrapporto al valore di INR né in rapporto al rangedi INR del paziente. È stata infatti valutata, attraverso un'analisi di sen-

sibilità, la corrispondenza dei due dosaggi suddi-videndo la popolazione prima tra pazienti inrange terapeutico e con un INR al di fuori delrange di almeno 1 unità (Figura 2) e poi trapazienti con differenti range terapeutici (2-3 e 2,5-3,5) (Figura 3).In generale il dosaggio manuale è stato giudicatomigliore di quello computerizzato soprattutto neicasi in cui l’algoritmo tendeva a proporre undosaggio più basso di quello del medico. Al contrario, quando l’algoritmo tendeva adaumentare il dosaggio rispetto al medico il risulta-to in termini di mantenimento dell’INR in rangeera migliore in maniera statisticamente significa-tiva. Dallo studio emerge che il 76,3% dei casi la pre-scrizione manuale e computerizzata era identica

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TAO: novità per il medico e per il paziente

Monografie

Figura 2 - Confronto tra la modalità di dosaggio manualee computerizzata suddividendo la popolazione in base alvalore dell’INR

Legenda: Il pannello in alto rappresenta la parte di dati di pazienti chepresentavano un valore di INR che cadeva dentro il rispettivo rangeterapeutico. Il pannello in basso invece comprende i valori di pazien-ti con un INR che cade al di fuori del rispettivo range terapeutico dialmeno 1 unità.

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oppure differiva per meno del 5%. Nonostante lamancanza di linee guida autorevoli per la defini-zione della bontà di un nuovo algoritmo, in unconfronto simulato come quello che abbiamofatto, le prestazioni che abbiamo evidenziato pos-sono essere considerate, a nostro avviso, abbastan-za soddisfacenti per rendere l'algoritmo degno diessere analizzato in un trial clinico prospettico. In effetti, 3 prescrizioni su 4 predicono una buonaprobabilità di ottenere un TTR più elevato di quel-lo richiesto dalle linee guida dell’ISTH[17].Sono rari i casi in cui l’algoritmo propone undosaggio molto diverso (>10%) da quello manua-le. In generale l’algoritmo tende a proporre dosipiù elevate rispetto al medico, rivelandosi questo,in linea di massima, un comportamento corretto.Viceversa, se si considerano le prescrizioni per ipazienti al di fuori del loro range terapeutico di

più di 1 unità di INR, l'algoritmo fallisce più fre-quentemente rispetto al medico. Entrambe queste caratteristiche dell'algoritmopossono risultare utili nella pratica clinica, dovel’algoritmo propone un dosaggio che deve esserepoi accettato dal medico. Infatti il medico può dare per assodato che: (i) 9volte su 10 sarà solo chiamato ad accettare la pro-posta, (ii) l'algoritmo mitiga in parte la ben notatendenza dei medici a sotto dosare il warfarin, che(iii) deve porre particolare attenzione ai pazienticon INR fuori range terapeutico e che (iv) puòavere più tempo da dedicare ai pazienti critici.

ConclusioniI risultati dello studio che abbiamo descritto indi-cano che il nuovo algoritmo ha superato con suc-cesso la prima fase dello studio, proponendo undosaggio ben prescritto 9 volte su 10. Questo datova ovviamente confermato prospetticamente inuna popolazione reale di pazienti, seguendo leindicazioni proposte dall’ISTH.Uno studio clinico siffatto non può essere consi-derato sufficiente per procedere all’uso clinicoroutinario di un algoritmo di dosaggio della TAO,ma costituisce certamente una evidenza impor-tante e utilmente acquisita prima di una speri-mentazione clinica prospettica. Inoltre, il modellosperimentale da noi proposto può essere utilmen-te utilizzato nella fase di test dell’algoritmo, con-sentendo, mediante un semplice e rapido proto-collo di simulazione, di testare la bontà dell’equa-zione, e proporre e validare eventuali aggiusta-menti alla stessa. Va inoltre considerato che la natura retrospettivadello studio, se da un lato costituisce un limite dellaprocedura, dall’altro consente di testare con rapi-dità e in tutta sicurezza l’efficienza dell’algoritmo.Infine, va sottolineato che il processo di valutazio-ne è retrospettivo e basato su una simulazione, maimpiega dati reali raccolti nell’uso routinario dellaTAO. Ciò permette di evitare la inevitabile sottosti-ma dell’efficienza dell’algoritmo che si avrebbeimpiegando dati totalmente simulati. Sappiamo bene infatti che anche il migliore cli-nico non ottiene mai, a motivo della comples-sità dei fattori che determinano la risposta indi-viduale, una percentuale di tempo in rangesuperiore al 65-70%. A questo proposito, un miglioramento al disegnodi studio da noi utilizzato potrebbe consistere nelcreare un database di test a partire da un networkmulticentrico. Il nostro studio infatti, basato su un

Figura 3 - Confronto tra la modalità di dosaggio manuale ecomputerizzata suddividendo la popolazione in base alrange terapeutico

Legenda: Il pannello in alto rappresenta la parte di dati di pazienti conun range terapeutico di 2-3. Il pannello in basso invece comprende i valori di pazienti con un rangeterapeutico di 2,5-3,5.

database di un singolo centro (pur costituito dauna rete di centri di prelievo ed erogazione delservizio) e con dati di aggiornamento protetti daun singolo medico, potrebbe risentire di una limi-tata validità esterna.

Quale possa essere il ruolo di tale limitazione, esoprattutto quale possa essere la predittività delnostro modello, sarà chiarito solo al termine del-l’ultima fase della nostra sperimentazione, consi-stente in uno studio prospettico randomizzato.

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TAO: novità per il medico e per il paziente

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come cofattore la vitamina K idrochinone (vita-mina K ridotta) (Fig.1).Durante la fase di carbossilazione la vitamina Kidrochinone è ossidata a vitamina K epossido,che viene rapidamente riconvertita in formaridotta dal complesso vitamina K-epossido redut-tasi (VKORC)6.I cumarinici intervengono nella fase di riduzione,sostituendosi competitivamente alla vitamina Kossidata, come falsi substrati del enzima VKORC,impedendo così di rigenerare un adeguato pool divitamina K ridotta, idoneo a sostenere il processodi carbossilazione dei fattori6. La competizione offerta dai farmaci cumarinicialla vitamina K è diversa per le due molecole inuso. Il Sintrom (acenocumarolo) è più potente delCoumadin (warfarin) – 1 mg di Sintrom vale circaquanto 2 mg di Coumadin. Il warfarin, che tra tutti è il meglio conosciuto eanche il più utilizzato, chimicamente è compostoal 50% dall'isomero destrogiro (R-warfarin) e al

Influenza dei fattori genetici nella gestione dei pazienti in TAO

S. Testa - E. Cancellieri - O. Paoletti - A. ZimmermannCentro Emostasi e Trombosi

UO Laboratorio Analisi Chimico Cliniche e Microbiologia - AO Istituti Ospitalieri - Cremona

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IntroduzioneLa risposta individuale ai farmaci è spessoinfluenzata da variazioni genetiche. Ad esempio è ben noto come i dicumarolici ed ilclopidogrel, due farmaci largamente prescritti inambito cardiovascolare, risentano di tali influen-ze, tanto che lo studio della farmacogenomica diqueste molecole può aiutarci a capire l’influenzadell’ereditarietà nella variabilità interindividualedella risposta terapeutica ed il rischio di reazioniavverse ai farmaci. La terapia con warfarin e ace-nocumarolo è utilizzata con successo da oltre 60anni nella prevenzione e trattamento dei disordi-ni tromboembolici1-4. Questi farmaci agisconocome antagonisti della vitamina K, una vitaminaliposolubile, essenziale per la sintesi dei fattori II,VII, IX e X della cascata coagulativa5. I fattoridella coagulazione sono glicoproteine con residuiacidi glutammici che vengono trasformati in γ-carbossiglutammici, funzionalmente attivi, attra-verso l’enzima γ-glutamil carbossilasi, che utilizza

50% dall'isomero levogiro (L-warfarin). I due ste-reoisomeri hanno potenza nettamente diversa inquanto l’isomero levogiro è da 3 a 5 volte piùpotente, ha un’ emivita più breve ed è responsabi-le del 90% dell'azione farmacologica. I farmacicumarinici vengono assorbiti per via orale inmodo completo, si legano per il 98% alle proteineplasmatiche e vengono infine inattivati dal fegatotramite un processo di ossidazione mediato da unenzima della famiglia del citocromo P450, ilCYP2C97. Nonostante la loro indiscutibile effica-cia questi farmaci presentano alcune criticità:hanno un lento meccanismo di induzione e diregressione dell’effetto antitrombotico, hanno unastretta finestra terapeutica e risentono di numero-se interferenze farmacologiche. La situazione è ulteriormente complicata dal fattoche esiste una notevole variabilità intra ed inter-individuale nella risposta ai cumarinici, che rendenecessario un frequente monitoraggio di laborato-rio e impone continui aggiustamenti della dosegiornaliera dei farmaci. Diversi fattori sono notiper contribuire alla sensibilità individuale aicumarinici : tra questi l’età, il body mass index(BMI), l'assunzione di vitamina K, la concomitan-te terapia farmacologica, i disordini della tiroide edella funzionalità epatica. Le evidenze accumulate nei trials clinici hannosuggerito che la variabilità della dose individuale èinfluenzata in modo significativo anche dallevariazioni genetiche8. Negli ultimi anni la ricercanel campo della farmacogenetica del warfarin si èfocalizzata in particolare sui polimorfismi di unsingolo nucleotide (SPNs) del gene CYP2C99, cheprolunga l’emivita del warfarin, e del geneVKORC1 che ne influenza l’attività10,11,12.

CYP2C9Come detto, l’enzima 2C9 del citocromo P450 èresponsabile del metabolismo ossidativo del S-iso-mero del warfarin (Fig. 1). Il gene CYP2C9 è loca-lizzato sul cromosoma 10. Le prime varianti alleli-che identificate hanno evidenziato l’esistenza didue alloenzimi di CYP2C9 che presentano unariduzione del livello di attività enzimatica rispettoall’alloenzima wild-type CYP2C9*1, rispettiva-mente del 12% per l’alloenzima CYP2C9*2 e del5% per il CYP2C9*313. Le varianti alleliche CYP2C9*2 e CYP2C9*3 pre-sentano una frequenza nella popolazione caucasi-ca rispettivamente del 8-19% e del 4-16%.Questi polimorfismi determinano pertanto unaridotta eliminazione del farmaco con conseguente

accumulo e, secondo alcuni studi, con un aumen-to del rischio emorragico10. Recentemente Lindh e coll.14 hanno condotto unarevisione sistematica della letteratura su 39 studiper un totale di 7907 pazienti in terapia con war-farin. Questo lavoro ha chiaramente evidenziatola relazione tra posologia del warfarin e genotipo,mostrando una riduzione media delle dosi di warfa-rin compresa tra il 19 e il 78% (vd Tabella 1).Questi studi indicano una evidente associazionetra i portatori di un allele CYP2C9 *2 o*3 e unamaggior sensibilità al warfarin, con un conse-guente potenziale aumento del rischio di sangui-namento, soprattutto durante la fase di induzionedella terapia ed un tempo di induzione più lungorispetto ai pazienti wild type.

VKORC1I polimorfismi di CYP2C9 non sono in grado dispiegare da soli la maggior parte delle variazioninella risposta ai dicumarolici. Nel 2004 è stataidentificata la subunità 1 dell’enzima vitamina K-epossido reduttasi (VKORC1) (Fig.1), che rappre-senta il target dell’azione dei dicumarolici e daallora l’interesse sulla farmacogenetica del warfa-rin è cresciuto in modo rilevante15.Le varianti del gene codificante per l’enzima vita-mina K-epossido riduttasi (VKORC1) determina-no una diversa sensibilità al warfarin16.Il gene VCORK1, localizzato sul cromosoma 16,codifica la subunità 1 dell’enzima epossido redut-tasi, target dell’azione dei farmaci dicumarolici.Dalla sua identificazione nel 2004, sono state sco-perti numerosi polimorfismi di questo gene, alcu-ni dei quali determinano una resistenza variabiledell’enzima epossido reduttasi all’azione dei dicu-marolici.Tra i 3 aplotipi più studiati, il secondo(VCORK1*2) viene indicato come il maggiore

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TAO: novità per il medico e per il paziente

Monografie

Tabella 1 - Polimorfismo del gene CYP2C9 e posologiadel warfarin

POLIMORFISMO RIDUZIONE DEL GENE CYP2C9 MEDIA %

DELLA POSOLOGIA DEL WARFARIN

CYP2C9*1*1 -

CYP2C9*1/*2 19

CYP2C9*1/*3 33.7

CYP2C9*2/*2 36

CYP2C9*2/*3 56.7

CYP2C9*3/*3 78.1

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responsabile della variabilità di risposta ai cuma-rinici e della conseguente dose necessaria per ilmantenimento del PT INR in range terapeutico17.I portatori di tale aplotipo presentano infatti unariduzione dei livelli trascrizionali dell’enzima del30-50%18.Questo polimorfismo, oltre a spiegare le differen-ze interindividuali, giustifica le differenze interet-niche di sensibilità agli anticoagulanti. Infattimutazioni sono più frequenti tra i soggetti di ori-gine asiatica (95%), mentre sono rare tra gli afri-cani (15%)19,20.

Altri fattori genetici CYP4F2: Recentemente sono stati identificatipolimorfismi anche a carico del gene codificantel’enzima CYP4F221, coinvolto nel metabolismodella vitamina K1 (Fig1). L’alloenzima varianteCYP4F2 presenta una ridotta capacità di cataliz-zare la reazione di ossidazione della vitamina K e,conseguentemente, i pazienti portatori di questevarianti genetiche richiedono un aumento deldosaggio di warfarin22. Questa variante allelica è in grado di spiegare circa1-2% della variabilità interindividuale all’azionedei farmaci dicumarolici13.FATTORE IX: Altre mutazioni genetiche che alte-rano la farmacodinamica del Coumadin coinvol-gono il propeptide del FIX23. Queste mutazioni causano una selettiva riduzionedel FIX, la cui attività si riduce normalmente del3%, durante il trattamento con farmaci dicumaro-lici, senza causare un eccessivo prolungamento del

tempo di protrombina. In particolare sono state descritte due mutazioni“missense”, che si stima siano presenti in menodell’ 1.5% della popolazione caucasica, e che risul-tano associate, oltre che ad una più difficile man-tenimento del range terapeutico, anche ad unaumento del rischio emorragico24.Altre mutazioni individuate, più rare nella popo-lazione ed il cui ruolo nel determinare la variabi-lità di risposta ai cumarinici è tutt’ora in fase distudio, coinvolgono l’enzima γ-glutamil carbossi-lasi (GGCX), l’idrolasi epossidica microsomiale(EPHX1) e la calumelina (CALU)25.

Il genotipo aiuta a predire le dosi dei cumarinici?Nel 2006 negli Stati Uniti si è riunito un gruppo diesperti con l’obiettivo di valutare se la ricerca deigenotipi CYP2C9 e VCORK1 si rivelava utile nelrendere più efficace e sicura la terapia con il war-farin ma, per mancanza di evidenze, non sonostate espresse raccomandazioni né a favore nécontro l’esecuzione di test genetici26. Anche se la Food and Drug Administration(FDA) nel 2007 ha modificato il foglio illustrativodel warfarin includendo informazioni sui testgenetici e incoraggiandone l’uso, si evidenzia chenon esistono attualmente linee guida che dianoindicazioni pratiche circa l’utilizzo dei risultati deitest genetici, al fine di migliorare la sicurezza dellaterapia dicumarolica26. Anderson et al hanno condotto uno studio in cui

Idrossi-Vitamina K

Vitamina Kchinone

Vitamina K di-idrochinone

Vitamina K epossido

Figura 1 - Ciclo del warfarin e della vitamina K

le dosi di warfarin erano prescritte a partire dalgenotipo27. In questo studio 206 pazienti sono stati assegnatiin modo casuale all’assunzione di warfarin guida-ta dal genotipo o utilizzando dosi standard. Endpoint primario dello studio, era la percentuale diINR fuori range terapeutico e non sono state evi-denziate differenze significative tra i due gruppi. Ilgruppo dose-guidato ha mostrato risultati miglio-ri rispetto al gruppo dose-standard in relazioneagli obiettivi secondari dello studio (predizionedella stabilità dei dosaggi, minori modificheposologiche)27.

Dagli studi clinici alla pratica quotidianaE’ lecito chiedersi se la determinazione di questevarianti genetiche sia di utilità pratica nella gestio-ne dei pazienti in TAO. Due recenti pubblicazioni,una a favorevole ed una contraria, hanno animatotale dibattito. Thacker e coll., considerando cheSNPs di VKORC1 e CYP2C9 spiegano il 30-35 %della variabilità interindividuale nella dose di war-farin, sulla base degli studi osservazionali e deipochi trials randomizzati disponibili, sostengonoun verosimile beneficio dell’indagine geneticanella sorveglianza della terapia dicumarolica, rite-nendo però necessari ulteriori studi multicentri-ci28. Ad una conclusione diversa giungonoMannucci e coll.. Gli autori fanno infatti notare come nessuno deglistudi analizzati risponda realmente al quesito cli-nico, ossia se l’indagine genetica aiuti o meno aridurre le complicanze emorragiche e/o tromboti-che. Concludono, pertanto, dichiarando che nonvi sarebbero attualmente evidenze sufficienti perraccomandare l’adozione dei test genetici per lavalutazione della dose ottimale di warfarin29. Ilrischio emorragico, tromboembolico, nonchè iltempo necessario a raggiungere il range terapeuti-co è stato valutato da altri autori30,31.Una review di Kangelaris, pubblicata nel 2009,sottolinea la scarsità di evidenze a favore dell’uti-lità dei test genetici nel ridurre il rischio di com-plicanze emorragiche, soprattutto nella fase diinduzione della terapia32. E anche se l’applicazionedi specifici algoritmi basati sulla farmacogeneticasembra utile nel mantenimento della dose stabiledi warfarin, si è osservato che il rischio di sovra-dosaggio con INR>4 e dei conseguenti eventiavversi maggiori, soprattutto nelle fase di induzio-ne della terapia, non si riduce33,34.Tali strategie non sembrano quindi, allo statoattuale maggiormente sicure ed efficaci rispetto

alla strategia basata sull’attento monitoraggiodell’INR. Anche se non sembrano utili a prevenire le com-plicanze emorragiche i test genetici potrebberoessere utili nel migliorare il tempo in range eridurre il numero di prelievi necessari per rag-giungere la dose stabile di farmaco32. A tal proposito non si può però prescindere dalconsiderare la realtà sanitaria in cui si opera.In Italia, come in altri paesi europei, dove esisteuna rete di Centri Specialistici, l’utilità dei test difarmacogenetica per valutare la sensibilità al war-farin prima di iniziare il trattamento, apparealquanto limitata. Infatti, come già ben dimostra-to da Pengo e coll., utilizzando un validato e sem-plice schema posologico aggiustato per l’età, è pos-sibile, attraverso la sola determinazione dell’INRdopo 4 o 5 giorni dall’inizio del trattamento conuna dose fissa di warfarin (5mg/die), stabilire conbuona approssimazione il dosaggio settimanale edindividuare i pazienti maggiormente sensibili35. In altre realtà sanitarie, dove non è presente unastretta rete di sorveglianza con Centri altamentespecializzati, la conoscenza del genotipo delpaziente, prima di intraprendere il trattamento,potrebbe rivelarsi utile individuando i soggetti piùsensibili che potrebbero beneficiare di un monito-raggio più attento.

Conclusioni e prospettiveValutando nel complesso la variabilità di rispostaai farmaci dicumarolici, si ritiene che circa unterzo sia imputabile a polimorfismi funzionali diVKORC1 e CYP2C9, circa un terzo dipenda dafattori ambientali (dieta, interazioni farmacologi-che, stati di malattia, uso di prodotti di erboriste-ria) ed infine, per la quota rimanente, potrebberoentrare in gioco fattori genetici ancora sconosciu-ti e da identificare. Secondo alcuni autori VKORC1*2 e CYP2C9*3rappresentano i fattori genetici più rilevanti, ingrado di spiegare circa il 30-40% della variabilitàinterindividuale. L’associazione di VKORC1 eCYP2C9 e il rischio di un’eccessiva anticoagula-zione nella fase iniziale della terapia anticoagulan-te sono state ampiamente confermate nella popo-lazione caucasica. I soggetti portatori contemporaneamente del poli-morfismo CYP2C9 e VKORC1 presentano un ele-vato rischio di sviluppare episodi di sovradosag-gio in corso di trattamento con dicumarolici(odds ratio = 3.8)36.Il genotipo VKORC1 sembrerebbe spiegare la

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TAO: novità per il medico e per il paziente

Monografie

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maggior parte dei casi di variabilità interindivi-duale per quanto attiene ai dosaggi dei cumarini-ci, mentre la stabilità dei dosaggi e gli eventiemorragici sembrerebbero essere più strettamenteassociati con il genotipo CYP2C9. In conclusione, ad oggi non ci sono sufficienti evi-denze per raccomandare la "genotipizzazione"routinaria dei pazienti candidati all’anticoagula-zione orale. Sono necessari ulteriori studi rando-mizzati ed una più attenta analisi del rapportocosto-beneficio prima di supportare l’utilizzo

estensivo dei test genetici nella pratica clinica.Lo studio della farmacogenetica potrebbe peròrivelarsi estremamente utile per individuare ipazienti resistenti al trattamento con quei farmacisalvavita che non richiedono allo stato attuale unmonitoraggio, come ad esempio il clopidogrel.Si auspica comunque che, l’eventuale utilizzo dellafarmacogenetica nella pratica clinica quotidiana,sia supportato da comprovata evidenza scientifica,e avvenga attraverso l’utilizzo di test genetici eco-nomici e rapidi.

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farmaci (Tabella 1). Si proclama infatti che questinuovi anticoagulanti abbiano una finestra tera-peutica molto ampia, senza peraltro fare il mini-mo accenno alla forte variabilità inter-individuale,che invece a nostro parere merita una qualcheattenzione. In questo breve articolo, accenneremosolo a dabigatran e rivaroxaban, i farmaci in piùavanzato stato di valutazione e che si ritiene pos-sano acquisire più della metà del mercato deglianticoagulanti entro il 2014[1] ma le considerazioniqui esposte valgono in generale per tutti i nuovifarmaci anticoagulanti orali. Il dabigatran etexilato (Pradaxa®, BoehringerIngelheim) è un profarmaco che, una volta meta-bolizzato dal fegato, risulta in una molecola di pic-colo peso molecolare capace di inibire reversibil-mente il sito attivo della trombina, ma non di altreserin proteasi. Nel 2008 l’EMEA (oggi EMA) haautorizzato la sua registrazione per la prevenzionedel tromboembolismo venoso in chirurgia ortope-dica maggiore (protesi d’anca e di ginocchio). Allafine del 2009 sono apparsi due studi che hannodimostrato l’efficacia di questo farmaco nel tratta-

I nuovi farmaci anticoagulanti orali: un cammino appena iniziato

L. Crippa - A. Fattorini - A. D’Angelo Servizio di Coagulazione ed Unità Ricerca Trombosi

Laboraf SpA e Fondazione Centro San Raffaele - IRCCS H S. Raffaele - Milano

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La necessità di nuovi farmaci anticoagulanti oralisi basa essenzialmente sul sottoutilizzo degli anta-gonisti della vitamina K. Si stima infatti che piùdel 50% dei pazienti fibrillanti con indicazioneall’anticoagulazione non siano in trattamento, eche le principali ragioni siano da ricercarsi nelrischio di sanguinamento e nella necessità delmonitoraggio di laboratorio. Un’ampia serie di nuovi anticoagulanti orali, inibi-tori diretti, selettivi e reversibili del fattore X atti-vato (Xa) e della trombina sono attualmente incorso di valutazione in studi di fase III. Per viadella elevata efficacia antitrombotica degli antago-nisti della vitamina K, si tratta in tutti i casi distudi di non inferiorità, oggetto di una forte pole-mica su base etica che chi scrive non ritiene deltutto giustificata. In assenza di una sicura superio-rità in termini di efficacia, la promozione deinuovi anticoagulanti orali si giustifica sul presun-to vantaggio dell’assenza del monitoraggio dilaboratorio, in virtù di una farmacocineticacostante e di caratteristiche metaboliche che mini-mizzano l’interazione con la dieta e l’assunzione di

mento in acuto del tromboembolismo venoso[2] enella profilassi dell’embolia cerebrale/sistemica neipazienti con fibrillazione atriale non valvolare[3], eche con altissima probabilità porteranno alla regi-strazione del Pradaxa per queste indicazioni. Come già in atto da lungo tempo ed in virtù del-l’ottima efficacia di eparine a basso peso molecola-re ed antagonisti della vitamina K, per tutti i nuovifarmaci anticoagulanti orali attualmente in corsodi valutazione vengono confezionati studi di non-inferiorità. Questi si basano sullo stabilire a priorila supposta efficacia del farmaco comparatore sul-l’endpoint primario e quindi decidere quanto del-l’efficacia di questo si vuole conservare con il far-maco in studio, tanto in termini di differenzeassolute che di rapporto di rischio. Questa meto-dologia, pur fondandosi su solide basi statistiche,può dar luogo a qualche inconveniente, perchè sibasa in ultima analisi su di un controllo storico enon è in grado di prevedere quale sarà l’efficaciadel comparatore nello specifico studio cui si vuoledar vita. Se a questo si aggiunge l’incertezza nel-l’attribuzione dell’endpoint primario, come è ilcaso degli studi di profilassi in chirurgia ortopedi-ca, tutti basati sull’indagine flebografica, non stu-pisce la possibilità di risultati controversi. Così ildabigatran etexilato è risultato non inferiore allaenoxaparina (40 mg qd) nella protesi d’anca e diginocchio con degli intervalli di non-inferioritàche l’avrebbero garantita conservando meno del70% dell’efficacia della enoxaparina[4,5]. Per contro,sempre in chirurgia ortopedica, il dabigatran è

risultato inferiore alla enoxaparina somministrataai dosaggi americani (30 mg bid)[6]. Ancora piùintrigante è il caso dell’apixaban, un inibitore delfattore Xa, che pur con una differenza assolutadello 0.1% è risultato inferiore in termini di effica-cia all’enoxaparina (30 mg bid) nella protesi diginocchio[7]. Anche gli studi RE-COVER e RE-LYsi sono basati sulla non-inferiorità, assumendo dipreservare rispettivamente il 57% ed il 54% (rap-porto di rischio) della efficacia del warfarin. Lostudio RE-COVER[2], a parità di efficacia, hamostrato una maggiore sicurezza del warfarin, manon per quanto riguarda le emorragie maggiori. Peraltro, anche nel braccio dabigatran etexilato(150 mg bid), altri farmaci (UFH, LMWH, fonda-parinux) erano stati somministrati inizialmenteper una mediana di ben 9 giorni. Nello studio RE-LY[3], sono stati valutati in cieco due diversi dosag-gi di dabigatran etexilato (110 e 150 mg bid) con-tro warfarin in aperto. Il dosaggio inferiore hamostrato pari efficacia del warfarin con una mag-giore sicurezza, mentre il dosaggio superiore, aparità di sicurezza è risultato più efficace. Rispetto al warfarin, il dabigatran etexilato offreuna serie notevole di vantaggi teorici. In primoluogo, mantiene inalterati i livelli di proteina C edS, proteine vitamina K-dipendenti, che svolgonoun importante ruolo di feedback negativo sullaformazione di trombina[8]. In secondo luogo, è ingrado di inibire tanto la trombina libera che lega-

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TAO: novità per il medico e per il paziente

Monografie

DABIGATRAN RIVAROXABAN APIXABAN EDOXABAN

Mechanism of action Direct IIa inhibitor Direct Xa inhibitor Direct Xa inhibitor Direct Xa inhibitor

Profarmaco si no no no

Biodisponibilità (%) 3-7 80 66 45

Legame alle 35 >90 87 40-59

proteine (%)Emivita (ore) 14-17 5-9 8-15 9-11

Eliminazione ~ 100% farmaco ~ 50% farmaco attivo ~ 70% farmaco attivo ~ 40% farmaco attivo

e metaboliti e 50% metaboliti e 30% metaboliti e 60% metaboliti

attivi inattivi inattivi inattivi

Via d’eliminazione ~ 80% urine, ~ 70% urine, ~ 25% urine, ~ 35% urine,

~ 20% feci ~ 30% feci ~ 75% feci ~ 65% feci

Dosaggio 2 fissi, b.i.d Fisso, s.i.d. Fisso, b.i.d. Fisso, s.i.d.

Substrato di no CYP3A4, CYP2J2* CYP3A4** CYP3A4#

citocromo P450Substrato di si si si si

glicoproteina P

Interazioni farmacologiche: * maggiori, ** minori, # non riferite

Tabella 1- Proprietà farmacocinetice di dabigatran, riva-roxaban, apixaban ed edoxaban

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ta alla fibrina, a differenza degli inibitori naturalidella trombina che complessano solo la trombinalibera. In terzo luogo, sembra avere una attivitàprofibrinolitica non unicamente da attribuirsi aduna minore attivazione di TAFI[9]. In quartoluogo, presenta un grado di interferenza con far-maci e dieta chiaramente inferiore a quanto siriscontra con gli antagonisti della vitamina K.Quest’ultimo aspetto sembra rappresentare lamotivazione principale della sua introduzionenella farmacopea, perchè su di esso si basa la nonnecessità di monitoraggio di laboratorio. Lanostra sensazione è che per favorire questo van-taggio apparente si siano sacrificati gli altri van-taggi, potenzialmente più importanti in terminidi efficacia e sicurezza. L’emivita del dabigatran èdi circa 15 ore. Non è forse suggestivo che lo stes-so dosaggio (220 mg/die) somministrato qd o bidsia risultato efficace tanto nella profilassi in chi-rurgia ortopedica che nella profilassi della embo-lia nel paziente fibrillante? Non è forse sorpren-dente che tanto nel RE-COVER quanto nel RE-LY si siano verificati meno casi di emorragia cere-brale con dabigatran etexilato - a qualsiasi dosag-gio - che con warfarin? Siamo certi che questi duestudi abbiano esaurientemente evidenziato lereali potenzialità di questo farmaco?Noi crediamo di no. In termini di dose-risposta ildabigatran etexilato ha consistenza certamentemolto superiore agli antagonisti della vitamina K.Ma mentre questo è vero per quanto riguarda lavariabilità intra-individuale, non lo è per quantoriguarda quella inter-individuale. Solo circa il 6%della dose di dabigatran etexilato viene assorbitadall’intestino, e questo rappresenta logicamenteuna media. Inoltre, l’escrezione del farmaco èessenzialmente renale, e quindi la sua emivita èstrettamente funzione della funzionalità del rene.I dati farmacocinetici dello studio PETRO[10] evi-denziano una mediana di Cmax a steady state vir-tualmente identica per dosaggi di 220 mg qd o di150 mg bid, ma con un intervallo al 95% che vadal 34% al 244% della mediana. L’entità dellavariazione è analoga per i livelli minimi misuratiprima della somministrazione successiva (dal 27%al 259%). Per semplice confronto, con gli antago-nisti della vitamina K si mira, salvo eccezioni, almantenimento di un valore target di INR di 2.5,con un intervallo che va da 80% a 120%. Ancora,quando si misura il tempo di trombina in labora-torio, a piccole variazioni della concentrazione ditrombina corrispondono ampie variazioni deitempi di coagulazione, un dato questo che sugge-

rirebbe la necessità di un intervallo piuttostoristretto dei livelli circolanti dell’inibitore. A causadella emivita piuttosto lunga del farmaco e dell’as-senza di un antidoto, l’EMEA ha richiesto lo svi-luppo di un test di laboratorio per misurare l’atti-vità biologica del dabigatran, ed un tempo ditrombina modificato è attualmente in corso divalutazione[9]. Non ultimo, è da notare come neglistudi in chirurgia ortopedica maggiore la relazio-ne tra concentrazione plasmatica del farmaco atti-vo ed efficacia fosse più stretta di quella tra dosesomministrata ed efficacia[11]. Data la presenza ditre diverse formulazioni di dabigatran etexilato(75, 110 e 150 mg), sarebbe senz’altro possibilerestringere in misura importante la variabilitàdella risposta interindividuale dosandone i livelliplasmatici, destinati a restare comunque costantinel tempo, evitando quindi l’intenso monitoraggioodierno degli antagonisti della vitamina K. A seguito del programma RECORD[12], anche ilrivaroxaban (Xarelto®, Bayer) è stato registrato perla profilassi del tromboembolismo in chirurgiaortopedica maggiore all’unico dosaggio di 10 mgs.i.d. Al dosaggio iniziale di 15 mg b.i.d. per 3 set-timane, e quindi di 20 mg s.i.d., il rivaroxaban si èdimostrato non inferiore al trattamento standardnella fase acuta della trombosi venosa profonda[13].Dati di imminente pubblicazione hanno dimo-strato, in uno studio di non inferiorità in doppiocieco (Rocket AF), la superiorità di rivaroxaban(20 mg s.i.d.) nei confronti di warfarin nella profi-lassi del tromboembolismo sistemico in pazienticon fibrillazione atriale non valvolare, a parità dimanifestazioni emorragiche, ma con una signifi-cativa riduzione delle emorragie cerebrali, comegià osservato nel caso del dabigatran.Anche nel caso del rivaroxaban la farmacocineticaè prevedibile e l’interazione con farmaci e dieta digrado relativamente modesto (Tabella 1). Ma lavariazione inter-individuale nei livelli di farmacoattivo è notevole, vicina a quella riscontrata con ildabigatran. Un gruppo francese ha paragonato lafarmacodinamica di dabigatran e rivaroxaban inpazienti trattati a dosaggio profilattico[14]. Ottantapazienti sottoposti a chirurgia ortopedica maggio-re sono stati inclusi in due studi (40 in trattamen-to con dabigatran e 40 con rivaroxaban), per untotale di 176 prelievi nel primo studio e 166 pre-lievi nel secondo, ottenuti prima dell’intervento e2 volte alla settimana nel decorso postoperatorio.Il dabigatran aumentava l’aPTT di circa due volteed il PT di 1.2 volte e risultava essenzialmente unmodulatore della fase iniziale di generazione della

trombina. Le concentrazioni medie al picco difarmaco attivo, correlate a funzionalià renale,peso e sesso, erano di 105 ng/ml, con una devia-zione standard di ben 85 ng/ml. Il rivaroxabancausava un prolungamento di aPTT e PT di circa1.5 volte, ed influenzava negativamente tanto lafase iniziale che quella di amplificazione dellagenerazione di trombina. Le concentrazionimedie al picco, misurate con il test dell’attivitàanti-Xa, erano di 117 ng/ml, con una deviazionestandard di ben 78 ng/ml[14]. I risultati degli studiclinici condotti con dabigatran e rivaroxaban, purmolto incoraggianti, si basano su quanto concernei valori medi delle concentrazioni di farmacoosservate. Non è dato sapere se i pazienti coneventi sfavorevoli, tanto trombotici quanto emor-ragici, avessero concentrazioni di farmaco attivodistanti, ed in quale misura, dai valori medi. Gliautori di questo articolo sono in pieno accordo con

i colleghi francesi[11]. I nuovi farmaci anticoagulan-ti orali, anziché richiedere un costante monitorag-gio, necessitano piuttosto di una personalizzazionedi laboratorio del dosaggio iniziale, da ricontrolla-re solo nel caso della introduzione di farmaci,pochi, che presentino una interazione significativacon l’anticoagulante orale, o del deterioramento,più frequente, della funzionalità renale.Peraltro, uno dei rischi della totale assenza dimonitoraggio è rappresentato dalla possibilità diuna scarsa aderenza al trattamento di pazienti cuinon viene ripetutamente ricordato il rischio ine-rente un qualsiasi farmaco anticoagulante attivo. I Centri per la sorveglianza della terapia anticoa-gulante, oggi denominati Centri Trombosi, lungidal divenire obsoleti, hanno dinanzi a sé un’ enor-me mole di lavoro per l’ottimizzazione del tratta-mento del tromboembolismo con i nuovi farmacianticoagulanti orali.

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TAO: novità per il medico e per il paziente

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sti pazienti sono seguiti dai centri specializzati perla sorveglianza della TAO; nel nostro territorioNazionale sono presenti 285 Centri, appartenentialla Federazione Centri per la Trombosi e laSorveglianza delle Terapie Antitrombotiche(F.C.S.A.), che opera in questo campo dal 1989.Come conseguenza è sorto il problema dellagestione di questi pazienti, per i quali occorremisurare (ogni 15-21 gg circa) il loro valore di PT-INR, che indica l’assetto emo-coagulativo, al finedi fornire il giusto dosaggio terapeutico.

Obiettivi dello StudioIl nostro Centro Pilota, ha selezionato un gruppodi 270 pazienti su cui è stata eseguita una doppiadeterminazione del PT-INR (da sangue venoso esangue capillare) nel giorno in cui i pazienti si

Valutazione della qualità analitica e dell’utilizzo pratico del CoaguChek XS in un gruppo di Centri Anti Trombosi: risultati dello studio pilota

A. Porcu - G. Sorano - A. Porcu - V. Cesaraccio - M. Tala - E. PomaCentro per la Prevenzione e Terapia delle malattie Tromboemboliche

Cittadella della Salute ASL n° 8 - Cagliari

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IntroduzioneAttualmente, si ritiene che in Italia i pazienti interapia anticoagulante orale (TAO) siano più di unmilione, ed è prevedibile che nei prossimi anni ilnumero dei pazienti sottoposti a tale trattamentocontinui ad aumentare secondo il trend già regi-strato in questi ultimi tempi. Le indicazioni allaTAO sono numerose e comprendono oltre alla(FA) Fibrillazione Atriale cronica, le Protesi e lemalattie valvolari cardiache, l’Ictus celebrale car-dioembolico ed il tromboembolismo venoso(Guida F.C.S.A. 2005). Il rischio di Trombosi aumenta con l’età ed il pro-gressivo invecchiamento della popolazione com-porta un costante aumento del numero di pazien-ti che necessitano della TAO.In Italia, come in altri paesi Europei, molti di que-

recavano al Centro per il controllo. Il nostro lavoro ha quindi avuto unicamente loscopo di studiare il grado di concordanza tra ilgold-standard, cioè il PT-INR da sangue venoso(INRv), e il PT-INR da sangue capillare (INRc)eseguito col CoaguChek XS della ditta Roche(POC), al fine di valutare l’attendibilità del dato(PT-INR) fornito dal coagulometro portatile, con-frontandolo con quello ottenuto con strumentostandardizzato utilizzato in laboratorio centrale. Iltutto per offrire così ai pazienti anticoagulati lapossibilità di un percorso alternativo rispettoall’accesso diretto ai Centri di Sorveglianza dislo-cati nelle strutture Ospedaliere pubbliche, senzariduzione della qualità della stessa prestazione.

Materiali e Metodi Per tale studio sono stati arruolati 270 pazienti frai 18 e gli 80 anni (maschi 175, femmine 96) interapia da almeno 30 giorni. La scelta di tali pazienti è stata casuale senza nes-suna esclusione per particolari indicazioni al trat-tamento (ad eccezione di pz. poliglobulici e/oaf-fetti da patologie autoimmuni) o per diversi targetterapeutici. Per il prelievo venoso, è stato utilizza-to il sistema Vacutainer, per la determinazione delPT/INR è stato impiegato il CoagulometroCA7000 Siemens, che utilizza tromboplastinaricombinante con ISI-1,03. Il prelievo capillare è stato effettuato per ogni sin-golo paziente, con l’ausilio di pungi-dito monouso, quasi in contemporanea al prelievo venoso;per la determinazione del valore di PT-INR, èstato utilizzato il CoaguChek XS RocheDiagnostics, che utilizza un principio di misuraelettrochimico con una tromboplastina ricombi-nante umana ISI 1,0, secondo indicazione delladitta produttrice.Una volta analizzati i campioni con entrambe lemetodologie ed estrapolati i dati PT-INR, si è pro-ceduto alla verifica per la sovrapponibilità e com-parabilità tra i due sistemi di misura. Abbiamoadottato due test statistici: Passing e Bablok (2-3),un test non parametrico che tende a verificare,come per la regressione lineare, l’ipotesi nulla. Ilsecondo test utilizzato è stato quello di Bland eAltman finalizzato alla comparazione di duemetodiche di misurazione di una stessa variabilebiologica(1). Questi test rappresentano il gold standard statisti-co, per dimostrare quanto due sistemi di misura,per uno stesso parametro biologico, forniscanorisultati concordanti tra loro.

L’analisi statistica è stata condotta, sia sull’interapopolazione dei pazienti studiati (da 1,04 a 7,99),che all’interno di diversi intervalli nell’arco diINRv ottenuti <2,0; 2,0-3,0; >3,0-4,0; >4,0. Inoltreabbiamo calcolato anche: valore massimo e mini-mo, deviazione standard, errore standard dellamedia ed infine i valori di a e b, e rispettivi inter-valli di confidenza al 95%.

RisultatiNella totalità dei pazienti si è potuto osservare chei dati relativi al prelievo capillare, rendono unasottostima media rispetto alla determinazionevenosa di 0,35 punti di INR, con intervalli di con-fidenza (C.I 95%) della media un pò più ampi neldato venoso rispetto al capillare (C.I.ven 0,24,C.I.cap 0,17). Questa sottostima è confermatadalla significatività del test “t di Student” (t = -14,7; p <0,0001). (Tabella1). Abbiamo quindi applicato, sull’intero campione, iltest di P&B (Figura 1) il quale non ha fornito unalinearità nella correlazione e di conseguenza nonsussistevano le condizioni per passare al test diB&A.

INRv <2,0:Su 55 pazienti abbiamo osservato una quasi com-pleta sovrapponibilità nei dati della statisticadescrittiva. Il test di P&B ha soddisfatto la condi-zione di linearità della regressione, si è procedutocon il test di B&A che ha mostrato un minimobias medio di –0,06, quindi una lieve sottostimadell’INRc rispetto all’INRv, con dei Limits ofagreement, L.A. da–0,41(C.I 95%: -0,49; 0,33) a0,29 (C.I 95%: 0,21; 0,38). La distribuzione delle differenze INRv-INRc è

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TAO: novità per il medico e per il paziente

Monografie

Tabella 1- Statistica descrittiva di INRv e INRc per latotalità del campione

INRv INRc

n 270 n 270

Max 7,99 Max 5,20

Min 1,04 Min 1,00

Mean 2,787 Mean 2,43

SE 0,0606 SE 0,043

95% CI 2,668 to 2,906 95% CI 2,34 to 2,51

SD 0,995 SD 0,71

95% CI 0,918 to 1,087 95% CI 0,66 to 0,78

t: -14,79; p: < 0,0001

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risultata discretamente compatibile con unadistribuzione gaussiana.

INRv: 2,0–3,0:Su 128 pazienti la statistica descrittiva ha eviden-ziato una differenza tra le medie di INRv (2,509)ed INRc (2,260) di 0,24. Il test di P&B ha soddisfatto il requisito di linea-rità di regressione permettendoci di proseguirecon il test di B&A il quale ha mostrato una sotto-stima dell’INRc rispetto all’INRv con un biasmedio di –0,25 (C.I. 95%: da –0,29 a –0,21) condei L.A. da –0,69 (C.I. 95%: -0,75; -0,62) a 0,18(C.I. 95%: 0,12; 0,25).

INRv: >3,0 - 4,0:61 pazienti sono rientrati in questo range; dall’a-nalisi della statistica descrittiva abbiamo osserva-to una differenza tra le medie di INRv (3,413) edINRc (2,86) di 0,553, maggiore rispetto alle altrefasce. Attraverso il test di P&B non è stato possi-bile dimostrare una regressione lineare tra le duevariabili in questione e quindi confermare l’ipote-si nulla. Non abbiamo proceduto con il test diB&A.

INR >4,0:Per quanto riguarda questa fascia di range, ilnumero dei campioni (n= 26) è troppo basso per

poter eseguire una analisi statistica affidabile.

DiscussioneDai risultati è emerso come la concordanza traINRv e INRc non sia costante nell’arco della tota-lità di valori di INRv esaminati. Tuttavia, dall’osservazione della dispersione deivalori attorno a questa retta, abbiamo ipotizzatol’esistenza di una concordanza fino a valori diINRv di circa 3,0, in un arco di valori di INRv esa-minati che va da 1,04 a 7,99.Abbiamo perciò ripetuto l’analisi statistica perdiversi intervalli di INRv (<2; 2.0–3.0; >3–4; >4)al fine di valutare in quali fosse presente una con-cordanza tra le due metodiche; tenendo tuttaviaconto che la comparazione dei risultati tra le variefasce di range non può essere al momento esegui-ta correttamente in quanto la maggior parte delledeterminazioni, per ovvi motivi, sono all’internodel range terapeutico INR 2,0 – 3,0. Una più attendibile comparazione tra le variefasce potrà essere completata o con un incre-mento della casistica che aumenti il numero dipazienti nelle fasce numericamente meno rap-presentate, rendendole quindi statisticamentepiù attendibili, oppure con uno studio ad hocche preveda un arruolamento numericamentebilanciato, all’interno delle varie fasce di range. Nella fascia di pazienti con INRv <2 il modesto

Figura 1 - Scatter Plot con Passing & Bablok per INRv e INRc totali

grado di sottostima è tuttavia reale come dimo-strato dalla significatività del t di Student: t -2.49; p= 0.01. Tuttavia pensiamo che con l’incremento delnumero di determinazioni in questa fascia dirange i L.A. possano ulteriormente restringersi.Per la fascia di INRv 2,0-3,0, viene confermata lacorrelazione lineare che soddisfa i criteri del testdi P&B (a= -0,22; b= 1,00); il test B&A ha confer-mato la sottostima dell’INRc rispetto all’INRvcon un bias medio (-0,25) che diventa più marca-to rispetto a quello del gruppo con INR <2 e deiL.A un pò più ampi ( circa 0,2 punti di INRrispetto ai L.A del gruppo <2).Per i valori di INR >3,0-4,0 e > 4, non viene piùsoddisfatta la condizione di linearità e così la con-cordanza tra le due metodiche utilizzate. Inoltre, si osserva come la differenza tra, i valorimedi dell’INRc rispetto a INRv aumenti all’au-mentare dei valori di INR; il tutto è confermatoinoltre dal valore del t di Student risultato essere:t -15,28; p= 0,0001. Bisogna comunque ribadire l’e-siguità del numero dei campioni analizzati.La stima dell’INRc rispetto a quella dell’INRv,considerando l’ampiezza dei L.A, non è clinica-mente rilevante quando ci troviamo nelle fascecentrali del range. Per contro, le fasce di valori più critiche, sonoquelle dei range terapeutici maggiori.Queste limitazioni nella rilevazione del PT-INR amezzo di POC condizionano la scelta del tipo dipaziente il cui monitoraggio della TAO sarà affi-dato al coagulometro portatile. Tuttavia i dati sulla sottostima per valori maggioridi INRv >3,0 andranno rivisti e rivalutati con uncampione la cui numerosità, in questa fascia diINR, offra una maggiore affidabilità statistica.Abbiamo, a questo punto, confrontato i risultatiottenuti nel nostro studio con quelli riportatinella letteratura scientifica riguardante ilCoguChek XS. Per questo confronto bisogna tut-tavia tenere presente che: non esiste a livellointernazionale alcuna indicazione di quanto deb-bano essere i limiti di concordanza tra il goldstandard (INRv) ed il dato dei coagulometri por-tatili, e, dai nostri dati, questi limiti possonoporre difficoltà nella regolazione della terapiaquando il dato INRc risulti agli estremi dei rangeterapeutici. I limiti di concordanza vengono consideratiaccettabili o meno solo sulla base del giudizio deisingoli gruppi di studio.

Non esistono linee guida di selezione del “pazien-te tipo” il cui monitoraggio della TAO possa esse-re affidato in sicurezza.

ConclusioniDai nostri dati emerge che tra INRv ed INRc esi-ste una quasi completa sovrapponibilità nell’arcodi valori da 1,0 a 3,0 di INRv. C’è tuttavia da sottolineare come un’accurata valu-tazione del comportamento del CoaguChek XSoltre valori di INRv >3 necessiti di un aumentodella numerosità delle determinazioni in quest’ar-co di INR per ottenere una popolazione di datistatisticamente più attendibile. L’obiettivo, con un progetto già in corso: “Studiomulticentrico per il monitoraggio della terapiaanticoagulante orale (PT-INR), tramite strumen-tazione portatile con risultato in tempo reale,comparato ad un monitoraggio (PT-INR) effet-tuato presso sistema classico di laboratorio centra-le”, sarà di fatto quello di valutare un numero dideterminazioni più ampio, coinvolgendo 11Centri FCSA dislocati in diverse Regioni Italiane,ai quali è stato chiesto di determinare in doppiol’INR di almeno 100 loro pazienti in TAO (lavoroin corso di elaborazione).

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TAO: novità per il medico e per il paziente

Monografie

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che esiste una serie di problematiche legate allagestione della terapia anticoagulante che possia-mo identificare nella:

● età avanzata dei pazienti che si sottopongono aquesta terapia

● difficoltà di compliance con i pazienti ( assun-zione della terapia, esecuzione dei controlli,conoscenza delle condizioni interferenti per unaottimale terapia)

● complicanze emorragiche ● necessità di controlli frequenti● elevata durata delle terapie (spesso durano tutta

la vita)● coinvolgimento di diversi attori in momenti

diversi● modello organizzativo nella gestione del

momento diagnostico e terapeutico

Tutto ciò provoca spesso insufficiente aderenzaalla terapia con notevoli rischi per la vita delpaziente e frequenti ricoveri in ospedale per leinevitabili complicanze legate alla mal gestionedella TAO.

Efficacia di un Centro TAOA. Recchioni - S. Cicconi - P.A. Martini

U.O. Medicina di LaboratorioZ.T.10 Camerino-ASUR Marche

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La terapia anticoagulante orale, TAO, introdottaquasi cinquanta anni fa, è ancora oggi uno deitrattamenti maggiormente diffusi per patologiecome la trombosi venosa profonda con o senzaembolia polmonare e la fibrillazione atriale nonvalvolare.Si tratta di condizioni patologiche che aumentanocon l’aumentare dell’età e pertanto il numero dipazienti, attualmente stimato in più di un milionenell’intero territorio nazionale, è destinato a cre-scere nei prossimi anni.

Problematiche connesse alla gestione della TAOLa gestione della terapia anticoagulante è gravatada numerose problematiche che la rendono unaterapia “pesante” per i pazienti e non sempreaccettata dai Medici di Medicina Generale per ipotenziali rischi emorragici legati al trattamentostesso e la difficile interazione ed integrazione trapaziente, medico curante e laboratorio.Infatti, pur essendo tutti consapevoli del rilevanteimpatto che la TAO ha sulla vita dei pazienti edelle loro famiglie e siamo altrettanto consapevoli

Strategie legate alla gestione dei pazientiAllo scopo di assicurare un buon rapportocosto/beneficio della TAO e migliorarne l’efficien-za, circa tre anni fa è venne effettuata una indagi-ne statistica mediante un questionario da sotto-porre ai pazienti in TAO residenti nel territorioitaliano.Le domande poste avevano principalmente gliscopi di approfondire la conoscenza dei percorsidiagnostico-terapeutici dei pazienti in terapiaanticoagulante orale ed eventuali preferenze deipazienti per possibili modelli alternativi. Il fatto che i pazienti contattati fossero in maggio-ranza pazienti che si recavano nei centri ad eleva-ta specializzazione, quali i centri FCSA(Federazione dei Centri per la Sorveglianza tera-pia Anticoagulante), ha probabilmente prodottouna visione del livello di cura e di attenzione ai fat-tori organizzativi presumibilmente più elevatarispetto alla realtà in generale. Nonostante questo il questionario è risultatoestremamente importante avendo permesso diricavare informazioni sul grado di soddisfazione,insoddisfazione e desiderata dei pazienti.Mentre il grado di soddisfazione era la risultanzadella professionalità e disponibilità del personalesanitario operante nei centri, le cause di insoddisfa-zione riguardavano principalmente il modello orga-nizzativo ed in particolare due aspetti di questo:● mancanza di strutture facilmente raggiungibili

(carenza di decentramento)● svolgimento di prelievo e visita in giorni e/o in

strutture diverse.

Organizzazione del nostro CentroNel 2005 nel Presidio Ospedaliero di San SeverinoMache, facente parte della Zona Territoriale 10 diCamerino,ASUR Marche, abbiamo attivato unCentro dedicato al monitoraggio dei pazienti interapia anticoagulante orale. Il Centro gestito dallaU.O. di Medicina di Laboratorio è iscritto allaFCSA come centro 372.Eravamo consapevoli che due fattori avrebberoprincipalmente condizionato ed indirizzato laorganizzaione del nostro centro:● le caratteristiche del territorio della Zona

Territoriale 10, molto esteso, prevalentementecollinare e montano, con una rete stradale inade-guata che rende, in particolare nella stagioneinvernale, non agevole il raggiungimento delleStrutture Sanitarie presenti

● la particolarità propria della popolazione dell’al-to maceratese che è quella di avere l’età media tra

le più alte di tutto il territorio nazionale; è noto atutti come l’incidenza delle patologie che richie-dono la terapia anticoagulante aumenti in modoaltamente significativo con l’aumentare dell’età.

Per cercare di ridurre alcune delle problematicheconnesse alla gestione della terapia anticoagulanteorale e garantire una migliore ed uniforme qualitàdi trattamento, ad un anno dalla apertura delCentro è stato avviato un progetto di decentra-mento della attività diagnostico-terapeutica.Il progetto ha trovato attuazione nell’apertura didue centri dislocati nei Poli Ospedalieri diCamerino e Matelica.I tre centri sono collegati tra loro attraverso unarete informatica e utilizzano il software gestionaleTAOnet della Ditta Roche.Tutti i pazienti hanno un percorso identico e bendefinito; viene eseguito un prelievo capillare eattraverso un coagulometro portatileCoaguChekXS, determinato il valore di INR.Questo viene trascritto su un libricino e conse-gnato al paziente che a sua volta lo consegna alMedico di Medicina di laboratorio che è imme-diatamente disponibile per il colloquio e la defini-zione della terapia.Il valore dell’INR, la dose del farmaco da assume-re giorno per giorno, le eventuali osservazioni cli-niche e la data del successivo controllo vengonoriportate sul libricino calendarizzato del pazientee sulla cartella informatizzata del softwareTAOnet.I pazienti mostrano nei confronti di questo librici-no una attenzione, una cura ed una “affezione”estrema dal momento che rappresenta il presenteed il passato della loro storia diagnostico-terapeu-tica (passaporto sanitario).Per il paziente il libricino così compilato ha il van-taggio di aiutarlo a conoscere la sua risposta alladose di farmaco assunto, imparare a prevederequale sarà il dosaggio futuro e prendere coscienzadi come eventuali cambiamenti comportamentalipossono incidere sulla qualità di cura.Per il Medico curante, che può essere diverso dallavolta precedente, ci sarà il vantaggio di un riferi-mento storico tra la dose assegnata e il valore diINR ottenuto.Attualmente sono circa 900 i pazienti che afferi-scono ai tre centri.

Scopo del lavoroDopo cinque anni dall’apertura del nostro CentroTAO abbiamo voluto valutare l’efficacia dellanostra attività dal punto di vista professionale ed

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TAO: novità per il medico e per il paziente

Monografie

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organizzativo, intendendo per “efficacia” la capa-cità di incidere in modo positivo sulla qualità divita del paziente. Se, attraverso l’invio alla FCSA e successiva elabo-razione dei dati diagnostico -terapeutici dei nostripazienti possiamo ricavare una valutazione dellaqualità del trattamento (valutazione del tempotrascorso dal paziente entro l’intervallo terapeuti-co), è plausibile che solo attraverso una verificadell’incidenza degli eventi ischemici ed emorragi-ci nel paziente in trattamento si possa oggettivarese e come la terapia sia efficace e incida quindi inmodo positivo sulla qualità di vita del paziente.Abbiamo così valutato l’incidenza di questi eventiavversi sopraggiunti negli stessi pazienti in terapiain due periodi temporali differenti, cinque anni prima e cinque anni dopo l’apertura del CentroTAO, per un periodo complessivo di dieci anni, edevidenziare così le eventuali differenze tra duemodelli di gestione della terapia.

Come abbiamo operatoSono state esaminate le cartelle cliniche di tutti ipazienti in terapia anticoagulante che risultavanogestiti dal nostro centro dal gennaio 2006 adicembre 2010.

Sono stati esclusi i pazienti con patologie neopla-stiche o patologie particolarmente invalidanti cherichiedevano cure e ricoveri frequenti non legatispecificamente agli effetti della terapia anticoagu-lante.Dei pazienti, così selezionati, sono stati esaminatiper numero e durata i ricoveri per complicanzeemorragiche e trombotiche.I dati ottenuti sono stati confrontati con il nume-ro di ricoveri, sempre per complicanze emorragi-che e trombotiche, che gli stessi pazienti avevanosubito nell’arco di tempo gennaio 2001 dicembre2005 quando erano seguiti o dal loro Medico diMedicina Generale o dai vari specialisti (cardiolo-gi,ematologi,…). Il campione in esame è risultato composto da 202pazienti per un periodo di tempo complessivoosservazionale di dieci anni.Sono stati valutati e confrontati i seguenti parametri:● età media dei pazienti che afferiscono al nostro

centro suddivisa per maschi e femmine● numero dei ricoveri● durata media degli stessi● giornate complessive di ricovero

Discussione dei risultatiI risultati ottenuti dimostrano un’importanteriduzione sia nel numero che nella durata dei rico-veri dei pazienti che effettuano il controllo dellaTAO presso il nostro centro, nonostante il perio-do osservazionale di dieci anni abbia portato adun generale invecchiamento dei pazienti.Tutto questo ha, come prima e immediata conse-guenza pratica, un importante risparmio dellaspesa pubblica e una riduzione di occupazione diposti letto.La buona professionalità, la disponibilità deglioperatori e l’efficienza organizzativa del centroTAO hanno sicuramente contribuito all’otteni-mento dell’ottimo risultato, ma è fondamentale,secondo noi, il contributo del diverso modello digestione che i pazienti trovano in un Centro diSorveglianza.Sapere che esiste un centro di riferimento, un cen-tro dove io paziente sono conosciuto, controllato,informato, incide profondamente sulla efficaciadella terapia anticoagulante.

202 PAZIENTI

DONNE UOMINIEtà media 76 anni 71 anni

% 63 % 37 %

Numero di ricoveri 257

periodo 2001-2005

Numero di ricoveri 161

periodo 2006-2010

Riduzione n° ricoveri 37%

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TAO: novità per il medico e per il paziente

Monografie

- Guida alla terapia con anticoagulanti orali.Raccomandazioni della Federazione dei Centri per ladiagnosi della trombosi e la Sorveglianza delle terapieantitrombotiche ( FCSA); VII edizione 2007

PRIMA 2005 DOPO 2005 PERCENTUALE DI RIDUZIONE

Medicina (gg) 2346 978 58%

Cardiologia (gg) 579 196 66%

Chirurgia (gg) 355 114 68%

Totale 3280 1288 61%

di evitare le limitazioni ed rischi derivanti dallaT.A.O. che è indispensabile in caso di impianto diprotesi valvolari meccaniche. Queste ultime, infat-ti, non vanno incontro a degenerazione struttura-le ma, presentando una elevata trombogenicità,impongono al paziente la assunzione della T.A.O.per tutta la vita. Se per un corretto funzionamento delle protesimeccaniche di prima generazione (a palla e adisco oscillante) era necessario un range di INRcompreso tra 3.5 e 4.5[1], le protesi bi-leaflet di ulti-ma generazione rendono possibili livelli di anti-coagulazione più bassi.La European Society of Cardiology[2] raccoman-da un range di INR compreso tra 3.0 e 3.5 incaso di impianto in posizione mitralica e di 2.5 -3.0 in caso di sostituzione aortica. Le Guidelinesdell’American College of Chest Physicians,dell’American College of Cardiology edell’American Heart Association[3,4] sono concor-

Verso nuovi Modelli di Gestione della TAO nel paziente cardiochirurgico: i risultati preliminari dello studio ESCAT III

M. BraccioCardiochirurgo - Responsabile dello studio ESCAT III presso il S. Anna Hospital di Catanzaro

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A oltre 50 anni dalla introduzione della chirurgiadi sostituzione valvolare, la scelta del tipo di pro-tesi da impiantare (meccanica o biologica) rappre-senta ancora un problema nella pratica clinicaquotidiana, nonché un argomento di vivace dibat-tito scientifico.Come è noto, le protesi valvolari biologiche, pre-sentando una bassa trombogenicità, non necessi-tano della assunzione cronica di una terapia anti-coagulante orale (T.A.O.) ma della sola terapiaantiaggregante. La durata limitata nel tempo, dovuta a fenomenidi calcificazione e degenerazione strutturale, par-ticolarmente evidenti nei soggetti giovani e nelledonne che vanno incontro a gravidanza, ne riser-va di fatto l’impiego in pazienti generalmente dietà superiore ai 65 anni.Tuttavia, in tempi recenti, anche soggetti più gio-vani, quindi a maggior rischio di reintervento,preferiscono ricevere una protesi biologica al fine

di nel raccomandare valori di INR tra 2.5 e 3.5per la maggior parte dei portatori di protesimeccaniche.Nonostante l’assunzione cronica della T.A.O. iltasso di eventi trombo-embolici nei soggetti por-tatori di protesi meccanica è compreso tra lo 0.9%ed il 3.6% per paziente/anno[5]

Per quanto riguarda gli eventi emorragici maggio-ri, la loro incidenza è riportata nell’ordine del 3%per paziente/anno, in caso di range di INR com-presi tra 2.5 e 4.5, ed aumenta significativamentein caso di superamento di tali valori[6]. Gli eventitrombo-embolici ed emorragici rappresentanopertanto la principale causa di morbidità/morta-lità dopo impianto di protesi valvolare meccanica,risultando particolarmente frequenti in caso dielevata varianza dei valori di INR.Butchart e coll.[7 ] hanno dimostrato che la variabi-lità nel tempo dell’INR ha una importanza anchesuperiore a quella del target di INR: i pazienti conmaggiore stabilità nel tempo dell’INR vannomeno frequentemente incontro a complicanze. Nello Early Self Controlled Anticoagulation TrialI (ESCAT I)[8] i pazienti che effettuavano il selfmanagement della T.A.O. (autodeterminazionedell’I.N.R. mediante coagulometro + autoasse-gnazione della posologia del dicumarolico) rima-nevano più stabilmente all’interno del range tera-peutico dell’INR rispetto a quelli seguiti inmaniera tradizionale (determinazione dell’INR inlaboratorio + assegnazione della terapia da partedel medico di famiglia) con un “Time in thera-peutic range” dell’80% vs 60%. Gli stessi pazien-ti presentavano una maggiore sopravvivenza adistanza. Lo studio ESCAT II[9] ha dimostrato che nei por-tatori di protesi valvolari meccaniche che effettua-vano il self-management della T.A.O. con monito-raggio settimanale dell’INR, il livello di anticoagu-lazione poteva essere abbassato da un range com-preso tra 2.5 e 4.5 a valori di 1.8 -2.8 (Low-dose),in caso di impianto in posizione aortica, e 2.5-3.5(Low-dose), in caso di impianto in posizionemitralica o doppio impianto, senza determinareun aumento del rischio di eventi tromboembolici,che hanno avuto una incidenza inferiore allo 0.3%per paziente/anno. Lo stesso studio ha evidenzia-to una percentuale di eventi emorragici maggiori(livello III) 3-4 volte maggiore rispetto agli eventitromboembolici anche nei pazienti con range diINR Low dose.Lo ESCAT III, trial clinico prospettico multicen-trico randomizzato al quale partecipiamo da più

di 2 anni, ha l’obiettivo di verificare l’efficacia e lasicurezza di un self management della T.A.O. conbassissimi livelli di INR (Very low dose) confron-tati con bassi livelli (Low dose) in una popolazio-ne di pazienti sottoposta ad impianto di protesivalvolare meccanica St. Jude (St. Jude MedicalGmbH Nuremberg, Germany ).Lo studio prevede l’arruolamento, presso i 7 centripartecipanti, di un totale di 1800 pazienti di etàcompresa tra i 18 e gli 80 anni che abbiano sotto-scritto regolare consenso informato approvato dalComitato Etico locale; è previsto un follow-up di 2anni per ciascun paziente. Durante la degenzaospedaliera, ogni paziente viene istruito sui prin-cipi essenziali della T.A.O. e viene addestrato all’u-so del Coagucheck XS (Roche Diagnostics,Mannheim, Germany) e di un modem attraversocui inviare, ad ogni misurazione settimanale, ilvalore dell’INR al centro di coordimamento diBad Oeynhausen. Quest’ultimo provvederà adinformare via E-mail il responsabile dello studiopresso il centro di riferimento locale in caso divalori di INR al di fuori dei range stabiliti.Durante i primi 6 mesi di follow-up, i pazientimantengono un livello di anticoagulazione identi-co al gruppo “Low-dose” dell’Escat II. La raccoltadei dati avviene con modalità sia passiva (valoriINR inviati via modem), sia attiva (segnalazionediretta di un evento avverso al centro di riferi-mento locale). I pazienti possono in qualsiasimomento contattare il responsabile dello studiopresso il centro di riferimento locale o essere daquesto raggiunti telefonicamente.Per i successivi 18 mesi di follow-up il livello dianticoagulazione viene assegnato in maniera ran-dom con 3 diverse possibilità: il gruppo Lowmantiene gli stessi livelli di anticoagulazione deiprimi 6 mesi con 1 misurazione a settimana; ilgruppo Very Low 1 (VL1) va incontro a livelli dianticoagulazione ancora più bassi ( INR target =2.0 con range 1.6-2.1 in caso di protesi aortica eINR target = 2.3 con range 2.0-2.5 in caso di pro-tesi mitralica o doppia protesi) con 1 misurazionea settimana; il gruppo Very Low 2 (VL2) effettueràinvece 2 misurazioni a settimana. Ogni 6 mesi ilresponsabile dello studio effettua una visita dicontrollo su ciascun paziente accertandone lostato clinico, la capacità di utilizzo delCoagucheck XS e verificando la corrispondenzadei valori di INR rilevati dal coagulometro conquelli del laboratorio analisi.Parametro di outcome primario è l’incidenza dieventi avversi clinicamente significativi (livello

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TAO: novità per il medico e per il paziente

Monografie

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III) mentre parametri secondari sono la mortalitàglobale e la percentuale di valori di INR compresiall’interno dei range di riferimento.Di recente abbiamo pubblicato sugli Annals ofThoracic Surgery i risultati preliminari delloESCAT III[10]. Nei 1137 pazienti finora arruolati, con follow-upmedio di 1.2 +/- 0.7 anni, l’incidenza di eventitromboembolici maggiori (livello III) è risultatapari allo 0.58%, 0.0% e 0.58% rispettivamente neigruppi Low, VL1 e VL 2. L’incidenza di eventiemorragici maggiori (livello III) è risultata pari a1.16%, 1.07% e 0.58% rispettivamente nei gruppiLow, VL1 e VL2. La sopravvivenza globale non hapresentato differenze statisticamente significativenei 3 gruppi, così come la permanenza all’internodel range terapeutico assegnato, che è stata supe-riore all’85%.Il tasso di drop out è risultato pari al 14.6%.

L’analisi dei risultati preliminari di questo studionon ci consente conclusioni defininitive ma sicu-ramente ci stimola ad alcune cosiderazioni.

1) Abbiamo una ulteriore conferma che il self

management con l’ausilio dei coagulometri èfattibile e sicuro in una popolazione selezionatadi pazienti ed è in grado di migliorare significa-tivamente la qualità e la sicurezza della TAO.L’incidenza di eventi tromboembolici è risulta-ta infatti inferiore allo 0.6% nei 3 gruppi, men-tre il tasso di eventi emorragici è stato circadell’1%, valori tutti signficativamente inferiori aquelli riportati in altre casistiche[6,9,11]

2) Il monitoraggio ravvicinato dell’INR, facilmen-te ottenibile con l’uso dei coagulometri, favori-sce il mantenimento nel tempo di una reale sta-bilità dei suoi valori e sembra rendere possibile,per le protesi valvolari meccaniche St. Jude, unabbassamento dei livelli di anticoagulazione, atutto vantaggio della sicurezza e della qualità divita dei pazienti.

3) Il self management rappresenta il “gold stan-dard” nella gestione della TAO specie in pazien-ti giovani ed ancora inseriti nel mondo lavora-tivo. Tuttavia sono relativamente pochi (nellanostra esperienza non più del 40%) i soggettiche si sentono o sono realmente in grado di

autogestire una terapia così delicata. Ulteriorielementi di criticità che limitano la diffusionedi tale pratica sono la scarsa informazione dellaclasse medica, il costo ancora relativamente ele-vato dei coagulometri e delle strisce reattive, lanon rimborsabilità da parte del SistemaSanitario.

4) Di fatto, ESCAT III dimostra che non è tantorischiosa la TAO in sé, quanto una sua gestio-ne non ottimale. A tale proposito è opportunoricordare che, in Italia, soltanto un terzo deipazienti in TAO riceve assistenza presso i cen-tri FCSA. Questi indubbiamente erogano unservizio ad alto livello di qualità limitato tutta-via da una scarsa fruibilità e, in alcuni casi, daun eccessivo intervallo tra un monitoraggio el’altro. La gran parte dei pazienti è inveceseguita con i più diversi modelli gestionali(medico di famiglia, laboratorio periferico abasso volume di prestazioni, autogestionesenza l’ausilio dei coagulometri, ecc.) che con-dizionano significativamente il non trascura-bile rischio della TAO per i portatori di prote-si valvolare meccanica e ne compromettono laqualità di vita.

5) È auspicabile che anche i centri di cardiochirur-gia si dotino di sistemi per poter garantire lagiusta assistenza ai propri pazienti in TAO. Atale scopo è ipotizzabile la realizzazione di unarete telematica sul modello “Hub & Spoke” incui un server centrale riceve da più stazioniperiferiche dotate di coagulometro (medico delterritorio, singolo paziente, farmacie, ecc.) ilvalori dell’INR, assegna, sulla base di una sche-da anamnestica, la posologia del farmaco e lareinvia in tempo reale alla periferia. Si verrebbecosì a realizzare ciò che alcuni hanno già defi-nito una Coagulation Clinic virtuale, in gradodi coniugare la facile fruibilità di un serviziofortemente decentrato alla alta qualità di unastruttura centralizzata ad alto volume di presta-zioni a tutto vantaggio della sicurezza, dellaqualità di vita del paziente e del contenimentodei costi.

6) La possibilità di poter inserire un paziente in unprogramma di self management o la disponibi-lità di una “rete telematica” per la gestione dellaT.A.O. sono dei nuovi criteri da tenere in consi-derazione nella scelta del sostituto valvolareprotesico.

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TAO: novità per il medico e per il paziente

Monografie

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Sorveglianza delle terapie Antitrombotiche(FCSA), è ben nota. I pazienti in un Centro TAOsono seguiti da personale con esperienza profes-sionale specifica e hanno un percorso definito intermini di esecuzione del prelievo, consegna dellarisposta scritta del valore di INR e del programmadi terapia nel corso della stessa giornata. I Centri federati ad FCSA partecipano a periodi-ci controlli di laboratorio e alla valutazione dellaqualità clinica che garantiscono un’elevata qualitàdel servizio fornito. Per quello che riguarda inve-ce l’ampia parte di pazienti che sono seguiti daiMMG, si hanno informazioni scarse sulla realtàdel territorio toscano e le incertezze riguardano lemodalità di trasmissione del valore di INR e,soprattutto, la modalità con cui il paziente riceveindicazioni circa il dosaggio da assumere. Si è pertanto sentita la necessità di sistematizzareil trattamento della TAO sull’intero territorioregionale giungendo, dopo un lungo percorso cheha previsto un progetto pilota condotto in areeperiferiche del territorio toscano, ad una DeliberaRegionale mirata ad indirizzare l’attività delle

Farmamemo: dalla teoria alla praticaD. Poli

Centro di Riferimento Regionale per la TrombosiS.O.D. Malattie Aterotrombotiche Azienda Ospedaliero - Universitaria Careggi - Firenze

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L’esperienza della Regione ToscanaSulla base dei dati di consumo dei farmaci anti-coagulanti nel 2004 si stimava che in Toscanacirca l’1.1% della popolazione fosse in trattamen-to con anticoagulanti orali, mentre i dati del 2009dimostrano che tale percentuale è salita al 1.8%,interessando pertanto attualmente oltre 50.000persone. E’ noto che il trattamento con anticoagu-lanti orali presenta una finestra terapeutica moltostretta e necessita di una verifica periodica dellaadeguatezza delle dosi somministrate mediantedeterminazione del INR per l’adattamento deldosaggio (1-2). Ad oggi in Toscana sono attivi 14 Centri di sorve-glianza della Terapia Anticoagulante Orale (TAO)che seguono complessivamente circa 15.000 per-sone, pari a circa un terzo del totale. Nelle realtàterritoriali in cui non è presente il Centro di sor-veglianza i pazienti vengono seguiti dal Medico diMedicina Generale (MMG). L’organizzazione dei Centri di sorveglianza, chesono per la quasi totalità aderenti alla Federazionedei Centri per la diagnosi della trombosi e la

diverse Aziende Sanitarie per la gestione dellaTAO. La Delibera (n. 46 del gennaio 2008) è stataredatta dopo un lavoro che ha visto coinvolti oltreai rappresentanti dei MMG anche i Centri di sor-veglianza e i pazienti dell’Associazione ItalianaPazienti Anticoagulati (AIPA). La Delibera identifica i punti chiave per una cor-retta gestione del paziente in TAO: percorsi etempi stabiliti, continuità di cure tra Ospedale eterritorio e tracciabilità del percorso con materia-le scritto. Lo slogan adottato dal progetto FARMEMO èinfatti “scritto è meglio!” una breve frase d’impat-to, diretta ai pazienti e ai medici per sottolineare lanecessità di un approccio sistematico alla gestionedella TAO. Infatti solo attraverso la registrazionedelle date, dei valori di INR e dei dosaggi sommi-nistrati/assunti è possibile programmare il tratta-mento in maniera ragionevolmente efficace esicura. E’ previsto quindi che il paziente riceva un calen-dario scritto in cui giornalmente sia indicato, inmaniera per lui facilmente comprensibile, ildosaggio del farmaco. La Delibera prevede inoltreche sia garantita la continuità di cure, per cui ilMedico ospedaliero dovrà informare il pazientedelle caratteristiche di questa terapia e program-mare la gestione della TAO dopo la dimissione. I modelli di gestione che potranno essere seguitidipenderanno dalle risorse disponibili su quelterritorio e dalle esigenze del paziente e questipotrà quindi essere inviato ad un Centro TAO sedisponibile o al MMG, assicurandosi comunqueche il paziente abbia un percorso chiaro e definitoda seguire nei giorni successivi alla dimissione perquanto riguarda l’intero processo. Le sedi disagiate dei Comuni in cui è stato effet-tuato il progetto pilota hanno suggerito poi l’usodi coagulometri portatili per ottenere la semplifi-cazione del percorso legato alla determinazionedel INR. Sono stati presi in considerazione i coa-gulometri portatili presenti in commercio in Italiaal momento dell’inizio della sperimentazione:CoaguChek (Roche) e Protime (IL). Il personale infermieristico è stato educato all’uti-lizzo degli strumenti e ad effettuare una correttaregistrazione dei dati ottenuti. E’ stato preparatoun apposito registro in cui annotare il numerodell’apparecchio utilizzato, la data, il nome dell’o-peratore e del paziente e il valore di INR ottenuto. La sperimentazione è stata avviata per un periododi 6 mesi ed ha previsto un controllo centralizzatodei coagulometri all’inizio e dopo 3 mesi di utiliz-

zo. In questa fase la responsabilità della verificadegli strumenti è stata centralizzata presso ilCentro Trombosi dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria Careggi di Firenze.

La situazione nazionaleNell’aprile 2010 è stato approvato il Documentodella Conferenza Stato-Regioni: “Linee di indiriz-zo per il miglioramento della qualità e la sicurez-za dei pazienti in terapia antitrombotica". Si tratta di un documento di indirizzo di granderilevanza, trattandosi del primo orientamentoorganizzativo sul problema della gestione delleterapie anticoagulanti che, fino ad oggi, sono stateprive di una direttiva e pertanto lasciate allagestione spontaneistica degli operatori coinvolti(cardiologi, laboratoristi, ematologi, Centri trom-bosi, MMG e altri). Questo ha condotto ad unagrande disparità della qualità offerta ai pazientinell’ambito del territorio nazionale. Tale Documento è in gran parte analogo a quantodefinito nella Delibera Toscana, rafforzando lavalidità dell’impianto di questa. Il Documentod’intesa Stato-Regioni prevede di implementaresistemi di monitoraggio delle attività, capaci didefinire le ricadute cliniche e assistenziali delleattività stesse attraverso l'individuazione di idoneiindicatori e di garantire la formazione continuadegli operatori coinvolti nel processo di gestionedella terapia anticoagulante. La formazione, in accordo con quanto previsto dalprogramma nazionale per la formazione deglioperatori in sanità, è prevista per tutte le figureprofessionali coinvolte nella gestione dei pazientiin terapia anticoagulante, compresi i MMG, imedici ospedalieri e gli specialisti di settore, non-ché il personale delle strutture di assistenza terri-toriale e domiciliare, attraverso l'organizzazione dicorsi di formazione e training pratici con il diret-to coinvolgimento dei Centri di sorveglianza dellaterapia anticoagulante facenti capo a FCSA. Il Documento prevede poi che nei pazienti in trat-tamento con farmaci antagonisti della VitaminaK, in presenza di particolari condizioni o necessitàcliniche del paziente o di situazioni logisticamen-te disagiate di questo, l'utilizzo di coagulometriportatili anche con modalità di gestione del tipo"self test". La gestione dei coagulometri portatili dovrebbeessere garantita dai Centri Trombosi per ciò checoncerne la scelta dei criteri di individuazione deipazienti idonei ad utilizzarli a domicilio, la distri-buzione ed il controllo degli apparecchi, con il

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coinvolgimento dei laboratori accreditati. Sono infine attribuite ai Centri Trombosi sia lefunzioni di sorveglianza epidemiologica per laregistrazione delle complicanze dei trattamenti.Inoltre i Centri Trombosi sono indicati come rife-rimento per i pazienti maggiormente critici. Infine un aspetto molto importante indicato dalDocumento è che i Centri Trombosi devono par-tecipare al monitoraggio della fase di introduzio-ne di nuovi farmaci anticoagulanti per l'uso clini-co cronico ed alla relativa farmacovigilanza attra-verso studi di fase IV (studi post-marketing).

Nella pratica clinicaVa purtroppo sottolineato come né la DeliberaRegionale Toscana né il Documento dellaConferenza Stato-Regioni prevedano tempi perl’adeguamento delle Aziende Sanitarie alle indica-zioni né sanzioni per coloro che non rispettino leindicazioni date. Questo comporta una grandelentezza nella acquisizione di modelli di sorve-glianza della terapia più efficienti e una forte resi-stenza da parte di molti operatori sanitari nell’ade-guamento a tali indicazioni. A conferma di tali difficoltà in Toscana, a oltre treanni dalla promulgazione della DeliberaRegionale, la sua reale applicazione sul territorioresta molto carente. Una recente indagine condot-ta sul territorio da parte dell’Associazione AIPA haevidenziato infatti che le direttive indicate dallaDelibera sono state recepite solo in minima partee con grande lentezza. E’ stato intervistato un campione di oltre 200pazienti in TAO non seguiti da uno dei Centri disorveglianza presenti sul territorio toscano. E’noto infatti che i Centri di sorveglianza hannouna organizzazione già conforme alle indicazionidella Delibera 46/2008, mentre si è cercato disapere quanti pazienti al di fuori di questo conte-sto ricevessero la terapia con gli standard qualita-tivi minimi previsti dalla Delibera Regionale.L’indagine ha permesso di rilevare che di questipazienti ancora il 10% riceve il valore del PT-INRper telefono e solo il 26% riceve un programmaterapeutico scritto. Circa il 60% provvede ad aggiustare il dosaggioterapeutico autonomamente o con l’aiuto di unfamiliare, ricorrendo all’aiuto del MMG solo incasi eccezionali. A fronte dell’elevato numero di pazienti che riferi-sce di gestire la terapia autonomamente, oltre il55% dei pazienti intervistati si mostra non consa-pevole della terapia che sta assumendo e non ha

chiara la relazione tra valore di INR e dosaggio delfarmaco. Infine solo il 2% ha ricevuto il librettoFARMAMEMO con il vademecum informativo elo schema per registrare valori di INR e dosi gior-naliere come è previsto dalla Delibera Regionale. Tra le Aziende Sanitarie Toscane poi, solo un terzoha provveduto alla stampa del materiale informa-tivo previsto nella Delibera e meno della metà haprovveduto ad effettuare la prevista attività di for-mazione del personale.

La realizzazione degli obiettivi previsti dalDocumento di Indirizzo della Conferenza Stato-Regioni sono ancora molto lontani dall’essere rag-giunti, anche in una Regione come la Toscanadove già da tempo esiste una normativa in propo-sito. E’ quindi necessario che gli operatori di que-sto settore continuino a portare l’attenzione delleAmministrazioni Sanitarie su questo problema,anche in considerazione degli importanti cambia-menti che sono previsti nell’ambito del trattamen-to delle malattie tromboemboliche con l’arrivo deinuovi farmaci anticoagulanti orali. Se infatti questi sono stati studiati per non richie-dere un monitoraggio costante come è necessarioinvece per i farmaci anti-vitamina K, si aprirannotuttavia nuovi e ad oggi non chiari scenari per lagestione delle complicazioni emorragiche, delleinterferenze farmacologiche e le difficoltà di valu-tazione della compliance alla terapia. Sarà quindi di grande importanza che gli operato-ri dei Centri Trombosi siano in grado di svolgerel’importante ruolo di riferimento per gli altrimedici non specialisti del settore che si troveran-no a gestire queste nuove terapie.

1. Ansell J, Hirsh J, Hylek H, Jacobson A, CrowtherM, Palareti G. Pharmacology and Management ofthe Vitamin K Antagonists: American College ofChest Physicians Evidence- Based ClinicalPractice Guidelines (8th Edition). Chest2008;133;160-198.

2. Guida alla terapia anticoagulante orale.Raccomandazioni della Federazione dei Centriper la diagnosi della trombosi e la Sorveglianzadelle terapie Antitrombotiche (FCSA); IXEdizione 2010.

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Esperienze di telemedicina nell’ospedalizzazione a domicilio di Torino

N. Aimonino Ricauda1 - P. Bertone2 - V. Tibaldi1 - V. Chiusano2 - L. Leto2 - S. Piano 2 - GCIsaia2

. 1S.S.C.V.D. Ospedalizzazione a Domicilio - A.O.U. San Giovanni Battista di Torino2S.C. Geriatria e Malattie Metaboliche dell’Osso – A.O.U. San Giovanni Battista di Torino

1. Descrizione del servizio di ospedalizzazione adomicilio L’Ospedalizzazione a Domicilio viene definitacome la “modalità attraverso cui le strutture ospe-daliere, in considerazione di specifiche valutazio-ni, seguono con il proprio personale, direttamentea domicilio, pazienti che necessitano di prestazio-ni con particolare complessità, tali da richiedereun processo assistenziale di livello ospedaliero”. (1)

L’Ospedalizzazione a Domicilio (OAD) di Torinoè un servizio attivo dal 1985 presso l’AziendaOspedaliero-Universitaria S. Giovanni Battista.L'attivazione del servizio può avvenire su direttarichiesta del medico di Medicina Generale inalternativa all’invio del paziente in ProntoSoccorso (15% dei casi), su richiesta dei medicidei reparti di degenza del nostro ospedale (dimis-sioni precoci ma protette, 25%) o direttamente dalPronto Soccorso (PS) della nostra Azienda (60%)dal quale, i pazienti eleggibili, espletati gli accerta-menti diagnostici necessari, vengono trasferiti adomicilio nell’arco di poche ore (in media 7-8

ore). Le patologie che più frequentemente vengo-no trattate in OAD sono: scompenso cardiacoacuto con necessità di terapie infusionali, cerebro-vasculopatie, patologie respiratorie (è garantitauna tempestiva fornitura di ossigeno a domicilio),infezioni con necessità di multiple somministra-zioni giornaliere di antibiotico endovena, malattieneurologiche in fase avanzata (sclerosi lateraleamiotrofica, sclerosi multipla,...), gravi scompensimetabolici, patologie oncologiche e patologieematologiche ad elevato fabbisogno trasfusionale.Dall’anno 1985 ad oggi sono stati seguiti oltre11000 pazienti. Preso a campione l’anno 2010, ipazienti seguiti in OAD sono stati 550 (età mediacirca 80 anni) e la durata media del ricovero è statadi 16.3 giorni. Il team è multidisciplinare e comprende 4 medicigeriatri, 1 coordinatore infermieristico, 13 infer-mieri, 1 counsellor, 1 assistente sociale, 3 fisiotera-pisti. Il servizio funziona tutti i giorni, compresi ifestivi, dalle ore 8 alle ore 20. E' stato stipulato unprotocollo di intesa con il Servizio di Emergenza

TAO: novità per il medico e per il paziente

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Regionale “118” per la gestione delle emergenzenotturne. Si seguono in media 25 pazienti al gior-no. Oltre all’attività di routine con visite domici-liari programmate viene garantita la possibilità, daparte del team di cura (medico+infermiere), dirispondere tempestivamente (20’-30’) alle chia-mate in emergenza e di effettuare accertamentidiagnostici complessi (Tabella 1). Da oltre 1 annoè possibile posizionare accessi venosi tipo Midlineo PICC mediante l'ausilio di un ecografo portati-le. Inoltre, è attivo un servizio di counselling per ifamiliari ed è disponibile un sito on line sulla“Conoscenza dei cittadini sui servizi sociosanitarierogati a Torino e Provincia”(www.farcampus.unito.it/assistenza-geriatrica).Nel corso degli anni è stato dimostrato che la valu-tazione multi-dimensionale, il lavoro in équipemultidisciplinare, il coinvolgimento del sistemafamiliare ed il modello di assistenza continuativaapplicati nell'ambito delle cure domiciliari posso-

no ridurre i tassi di ospedalizzazione ed istituzio-nalizzazione, migliorare la qualità di vita delpaziente e contenere la spesa sanitaria(2). Negliultimi 15 anni sono stati condotti alcuni trials cli-nici randomizzati che hanno confrontato il rico-vero in OAD con il ricovero tradizionale ospeda-liero in pazienti affetti da broncopneumopatiacronica ostruttiva (BPCO) riacutizzata, scompen-so cardiaco in fase avanzata, ictus cerebrale ische-mico non complicato in fase acuta o demenzaavanzata. Tali studi hanno dimostrato che, inpazienti selezionati, il ricovero in OAD può ridur-re lo sviluppo di complicanze infettive e di deli-rium, migliorare lo stato funzionale ed il tono del-l'umore (3-6).Nel mese di marzo 2010 la Regione Piemonte haprodotto una delibera (D.G.R. n. 85-13580 del 16marzo 2010) specifica per l'organizzazione e laremunerazione delle attività di assistenza speciali-stica di ospedalizzazione domiciliare a carattereospedaliero. Tale atto deliberativo rappresentauno strumento fondamentale per lo sviluppo e ladiffusione di questo modello di cura.La Delibera ha inoltre sancito una specifica remu-nerazione delle attività clinico-assistenzialidell'OAD: Euro 165 al giorno per i DiagnosisRelated Groups (DRG) appartenenti ai MajorDiagnostic Categories (MDC) 1, 4, 5, 16, 17 (checorrispondono rispettivamente alle patologie delsistema nervoso, respiratorio, cardio-vascolare,del sangue e degli organi emopoietici ed a quelleoncologiche) ed Euro 145 per i DRG appartenen-ti alle altre MDC.

2. L'esperienza della telemedicinaLo sviluppo tecnologico ha permesso negli ultimianni di poter trasferire al domicilio molti accerta-menti diagnostici un tempo eseguibili soltanto inregime ospedaliero, mediante strumentazioni piùleggere, maneggevoli e precise. Sono stati speri-mentati nel nostro servizio di OAD negli ultimi 3anni due progetti che valutano l’efficacia dellaTelemedicina (Tele monitoraggio e Tele-radio-logia Domiciliare), anche nell’ottica di una mag-giore applicazione nell’ambito della medicinaterritoriale.Con il termine telemedicina si intende “integra-zione, monitoraggio e gestione dei pazienti, nonchéeducazione dei pazienti e del personale, usandosistemi che consentano un pronto accesso alla con-sulenza di esperti ed alle informazioni del paziente,indipendentemente da dove il paziente o le infor-mazioni risiedano” (definizione concordata a livel-

TRATTAMENTI NON FARMACOLOGICI

● Visite mediche ed infermieristiche

● Fisioterapia e terapia occupazionale

● Counselling

● Consulenze specialistiche

PROCEDURE E TRATTAMENTI

● Prelievi ematici venosi ed arteriosi

● Misurazione SatO2

● Elettrocardiogrammi

● Spirometrie

● O2 terapia ed altre terapie respiratorie

● Gestione terapia farmacologica orale (inclusa TAO)

ed infusionale (inclusi antibiotici e farmaci citostatici)

● Trasfusioni di emoderivati (emazie, piastrine, albumina)

● Trattamento chirurgico di ulcere da decubito

● Ecografie internistiche

● Ecocardiografie

● Ecodoppler venosi ed arteriosi

● Esecuzione di paracentesi, salassi

● Posizionamento di SNG e strumenti tipo Holter

(cardiaco, pressorio)

● Posizionamento di cateteri venosi periferici

(Midline, PICC)

● Radiografie e telemonitoraggio

L’ospedale detiene la responsabilità legale e finanziaria della cura dei pazienti ricoverati in regime di OAD. I pazienti sono considerati a tutti gli effetti come pazienti ricoverati in un reparto di degenza ospedaliero e, pertanto, i farmaci e le tecnologie usate a domicilio sono forniti dall’ospedale.

Tabella 1 - Prestazioni del servizio OAD

lo CEE, 1990). Sebbene la telemedicina sia giàstata applicata alla cura e alla sorveglianza delloscompenso cardiaco, del diabete e della BPCOcon buoni risultati sia in termini di riduzione delleriospedalizzazioni sia in termini di riduzione deicosti e miglioramento della qualità di vita delpaziente anziano dimesso o con un recente rico-vero ospedaliero(7), tuttavia mancano trial clinicirandomizzati su campioni ampi di pazienti. E’ stato eseguito uno studio clinico randomizzatodi tele-monitoraggio, in collaborazione conTelecom Italia e l'Istituto Superiore Mario Boelladel Politecnico di Torino, che si proponeva divalutare la fattibilità e l’utilità di un sistema, chia-mato MyDoctor@Home, in grado di permettere aipazienti di misurare alcuni parametri fisiologici(il peso corporeo, la pressione arteriosa, la fre-quenza cardiaca, la saturazione dell’ossigeno ema-tico, la spirometria e l’elettrocardiogramma) diret-tamente dalla propria abitazione, attraverso l’usodi semplici dispositivi che inviano automatica-mente le misure ad un server consultabile da unapiattaforma ospedaliera. I medici della strutturasanitaria potevano così valutare le misure ricevu-te, essere allertati tempestivamente da notificheautomatiche nel caso le misure superassero delle

soglie limite, e in caso di necessità erano in gradodi interagire con il paziente stesso, modificando ilprotocollo di cura o la terapia farmacologica(Figura 1). I risultati preliminari hanno dimostra-to come tale metodica sia gradita ai pazienti e con-tribuisca a migliorare il loro tono dell'umore ed aridurre lo stress dei caregiver. E’ in corso, inoltre, uno studio clinico randomiz-zato che valuta la fattibilità ed efficacia di un ser-vizio sperimentale di tele-radiologia domiciliare. Trasferire la diagnostica radiologica al domiciliodei pazienti è sicuramente impegnativo, ma espe-rienze preliminari confermano che è fattibile,sicuro e non inficia la qualità delle immagini(8).Il nostro studio, condotto in collaborazione con iservizi di radiologia del nostro ospedale, consistenel confrontare l'esecuzione di esami radiologici adomicilio con l'effettuazione dei medesimi accer-tamenti in ambito ospedaliero, in termini di costi,efficacia e qualità del servizio. Un veicolo attrez-zato posto nei pressi del domicilio del paziente(“stazione radiologica mobile”) (Figura 2) riceve leimmagini radiologiche ottenute da un tubo radio-geno portatile situato al letto dell'ammalato ed è in

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Figura 1 - Strumenti della telemedicina e piattaformaweb di MyDoctor@Home

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grado di inviarle al Picture Archive andCommunication System (PACS) aziendale tramiteinternet e la tecnologia UMTS, in modo tale che ilmedico radiologo possa visualizzarle e refertarlein tempo reale.

3. Nuove prospettive: il coagulometro portatilecon collegamento telematicoLa trombosi delle arterie cerebrali e coronaricherappresenta la prima causa di morte nella popola-zione anziana e le indicazioni alla TerapiaAnticoagulante Orale (TAO) sono numerose ecomprendono molteplici patologie cerebrovasco-lari e cardiovascolari (FA, TVP, TEP, valvulopatiecardiache, IMA, ictus). Una corretta gestione diquesta terapia rappresenta un problema sanitariodi rilevanza sociale ed economica. L'efficacia e lasicurezza della TAO sono strettamente dipenden-ti dal mantenimento di un corretto “range tera-

peutico”, espresso come Tempo di Protrombina-International Normalized Ratio (PT-INR). Oltre900.000 persone utilizzano la terapia anticoagulantein Italia. Nel nostro servizio, il 30% dei pazienti pre-senta malattie cerebrovascolari e cardiovascolari e, diquesti, il 5-10% assumono la TAO.La determinazione del PT-INR tramite coagulometriportatili (Figura 3) rappre-senta un nuovo modello digestione della terapia, conil potenziale vantaggio diessere più comodo per ilpaziente e, possibilmente,di migliorare la qualitàdel controllo e ridurreulteriormente le compli-canze. Sono descritte inletteratura esperienze diservizi telematici per laTAO ma mancano studi

Figura 2 - La teleradiologia domiciliare: stazione radiolo-gica mobile

clinici randomizzati volti a valutarne la reale effi-cacia ed efficienza(9,10).Alla luce di queste evidenze, partirà presto nelnostro servizio di OAD uno studio pilota rando-mizzato al fine di valutare benefici e limiti dellatelemedicina applicata alla TAO in pazienti anzia-ni fragili e polipatologici, utilizzando un protocol-lo “ad hoc”. L'obiettivo primario è l' aumento deltempo trascorso in range terapeutico, gli obiettivisecondari sono le minori complicanze (emorragi-che, trombotiche), il miglioramento della qualitàdella vita e della soddisfazione dei pazienti, e lariduzione dei costi. I pazienti eleggibili verrannoassegnati random ad uno dei due gruppi di tratta-mento: determinazione PT-INR con prelievovenoso tradizionale (controlli) o determinazionePT-INR con uso di coagulometri portatili con col-legamento telematico (casi). Verrà creato un software dedicato che consenta uncollegamento internet bidirezionale tra ospedale edomicilio del paziente. Dopo la raccolta dei daticlinici e la determinazione del PT-INR mediantecoagulometri portatili, le misure effettuate daglistrumenti verranno inviate in automatico allapiattaforma di rete attraverso un meccanismo ditrasmissione senza fili (Bluetooth) e da lì, intempo reale, alla sede dell'OAD per la valutazionedei risultati e la prescrizione terapeutica da partedei medici dell'OAD. Lo studio prevede l'uso di coagulometri già incommercio e validati (buona specificità e sensibi-lità, buona concordanza con i sistemi di riferi-mento).

ConclusioniUn recente editoriale pubblicato sul NEJM nell'ot-tobre 2010 da Landers S.H. ha evidenziato i bene-fici della cura del paziente al domicilio, sottoli-neando i 5 punti chiave che stanno favorendo losviluppo delle cure domiciliari. Questi sono: l'etàsempre più avanzata della popolazione, l'aumentodi malattie croniche, i progressi nel campo dellatecnologia, l'elevato consumo di risorse sanitarie,ed i costi in continuo aumento dell'assistenzasanitaria(11).Il nostro servizio di OAD opera da anni in questocontesto utilizzando anche le moderne tecnologieper migliorare la qualità di vita dei pazienti e deiloro famigliari e ridurre i costi sanitari. Alla lucedei buoni risultati ottenuti dalle nostre sperimen-tazioni, è stato avviato un progetto della RegionePiemonte, in collaborazione con Telecom Italia,che prevede l'attivazione della telemedicina per

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TAO: novità per il medico e per il paziente

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11. Landers SH, M.D., M.P.H. Why Health Care is goinghome. Perspective. NEJM 2010, 361;18

5000 pazienti residenti nella intera regione nell'ar-co dei prossimi tre anni. Ci auguriamo che anchequesto progetto fornisca dei risultati utili per unasempre maggiore diffusione di moderne tecnolo-gie nei diversi setting di cura di pazienti fragili.

CMV che possono essere responsabili di un'altapercentuale di morbilità e mortalità.Manifestazioni cliniche gravi della patologia daCMV sono: sindrome da CMV, retinite, gastroen-terite, epatite, encefalite, esofagite, enterocolite,pancreatite e polmonite. Per la diagnosi di infezione si utilizzano diversetecniche di laboratorio: isolamento in coltura daleucociti di sangue periferico, biopsia istologica,test sierologici, ricerca della fosfoproteina strut-turale pp65 e rilevazione del DNA di CMV trami-te amplificazione del DNA in PCR. I metodi col-turali hanno un basso valore predittivo, hannouna durata variabile da 48 ore a 3 settimane ehanno una possibilità d'uso limitata, in particola-re per i pazienti immunocompromessi. La rilevazione dell'antigenemia pp65 nelle celluledel sangue fornisce un risultato semiquantitativo;richiede che il campione di sangue venga proces-sato entro poche ore dal prelievo e la procedura èpiuttosto laboriosa.

Monitoraggio della carica virale con il nuovo test COBAS®

AmpliPrep/COBAS® TaqMan® CMV

Standardizzazione e totale automazione Il citomegalovirus umano (HCMV o CMV) è unpatogeno virale appartenente alla famiglia degliHerpesvirus che infetta tra il 50 e l’80 percentodegli adulti nei paesi industrializzati. Le infezioni primarie da CMV in soggetti immu-nocompetenti sono generalmente asintomatichee spesso danno origine ad infezioni latenti nondiagnosticate. Dopo l’infezione il virus CMV simantiene infatti nell’organismo umano in stato dilatenza nei monociti/macrofagi. Le vie di trasmissione più comuni sono sangue,secrezioni orofaringee, urina, secrezioni cervicalie vaginali, liquido spermatico, latte materno,lacrime e feci. I soggetti con un'infezione latentepossono rilasciare il virus in modo intermittentenei propri fluidi corporei e di conseguenza conta-giare altri soggetti. Nei soggetti immunocompromessi come neonati,pazienti trapiantati e malati di AIDS, sussiste unrischio elevato di sviluppare infezioni gravi da

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Inoltre il test pp65 può risultare di difficile esecu-zione su soggetti gravemente neutropenici.La determinazione della carica virale con test inPCR Real-time quantitativa rappresenta un para-metro prezioso e particolarmente efficace: studicondotti su pazienti trapiantati di organi e malatidi AIDS hanno messo in evidenza come carichevirali elevate o un aumento della carica virale nelcorso del tempo si associ a prognosi cliniche piùsfavorevoli.Le attuali linee guida per il trattamento dei sog-getti post trapianto d’organo indicano di include-re la carica virale di CMV tra i parametri permonitorare i pazienti a rischio di patologia daCMV, per prendere decisioni sulla terapia pre-sintomatica e nel monitoraggio dei pazienti conmalattia attiva in corso di terapia. Fino ad oggi l’assenza di uno StandardInternazionale per tecniche di amplificazionedegli acidi nucleici per il citomegalovirus umanoha fatto si che i risultati ottenuti con test differen-ti fossero poco confrontabili. Solo recentementel’OMS ha messo a punto il primo StandardInternazionale (International Standard forHuman Cytomegalovirus for Nucleic AcidAmplification Techniques NIBSC 09/162). Il nuovo test COBAS® Ampliprep/COBAS®TaqMan® CMV (CAP/CTM CMV) CE IVD con-sente di determinare la carica virale di CMV conPCR Real-time a partire da DNA estratto; il test ègià allineato al primo Standard Internazionale

Roche INFORMA

Biologia Molecolare

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WHO NIBSC 09/162 attraverso un fattore diconversione. Il test è stato messo a punto implementando lecaratteristiche del test COBAS Amplicor in termi-ni di tecnologia (PCR Real-time), automazione(estrazione automatizzata su Cobas AmpliPrep) esensibilità. I laboratori hanno ora a disposizione un test suun sistema automatico e walk away in grado difornire risultati affidabili e standardizzati sullabase dei quali i clinici possono prendere le deci-sioni terapeutiche più corrette per i pazienti criti-ci a rischio di infezione da CMV.Il test si esegue a partire da 500 μL di plasmaEDTA e consente la quantificazione di CMVDNA in un intervallo compreso tra 150 e10.000.000 copie/mL (137 e 9.100.000 UI/mL).Dopo il caricamento di campioni, reagenti emateriale disposable sullo strumento CobasAmpliPrep non è più richiesto alcun interventodell’operatore fino alla validazione dei risultati; laproduttività su questo sistema è di 24 determina-zioni dopo le prime 4 ore e mezza, e a seguire 24determinazione ogni ora. Il nuovo test CMV sul sistema COBAS®AmpliPrep/Cobas® TaqMan® CE IVD va adampliare il menu di test quantitativi completa-mente automatizzati già disponibili ed eseguibilicontemporaneamente sullo stesso sistema per ilmonitoraggio della carica virale di HCV, HBV eHIV.

COBAS® AmpliPrep/COBAS® TaqMan® CMV Test CE IVD (72 test)codice 04902068190

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sono verificare alcune situazioni particolari checomplicano notevolmente il percorso diagnostico. La somiglianza con altri quadri clinici è talvoltaassai sottile: si pensi alla diagnosi differenziale traun Morbo di von Willebrand di Tipo 2N ed unaEmofilia A, dove è solo la corretta interpretazionedi un test specifico che permette al clinico di giun-gere ad una giusta terapia.Il portfolio prodotti di coagulazione di Rochedispone già di una serie completa di test, sia auto-matizzati che manuali, per lo screening di possibi-li alterazioni antigeniche e/o funzionali a caricodel Fattore VWF. La disponibilità di più soluzioni apre al clinicotutto il ventaglio delle possibilità di diagnosi ed èper questa ragione che Roche Diagnostics ha deci-so di implementare ulteriormente il suo pannellodi test, a garanzia di una sempre più accurata escrupolosa diagnosi del Morbo di von Willebrand.

E’ infatti da oggi disponibile il nuovo e specificotest ASSERACHROM® VWF:FVIIIB, un testmanuale micro ELISA che valuta in modo seletti-vo la capacità di legame del VWF al Fattore VIIIin fase di emostasi primaria.Si tratta dell’unico test disponibile in commercioche permette di eseguire una diagnosi differenzia-le e discriminare tra Emofilia A e malattia di vonWillebrand di tipo 2N. Tale distinzione è fonda-mentale per il clinico per poter gestire al meglio ilrischio emorragico del paziente. ASSERACHROM® VWF:FVIIIB dimostra ancorauna volta il valore aggiunto che Roche intendeperseguire nel campo della diagnostica di labora-torio.

Morbo di Von Willebrand di Tipo 2N oppure Emofilia A? La risposta con il nuovo Test Asserachrom® VWF:FVIIIB

Uno degli aspetti clinici di maggior interesse perun laboratorio di Coagulazione Specialisticariguarda la diagnosi della malattia di vonWillebrand, una patologia complessa e difficile daindividuare vista la diversità dei sottotipi cliniciesistenti. Ad oggi questa malattia, clinicamentecaratterizzata da ricorrenti emorragie muco-cuta-nee, è, in assoluto, la più comune disfunzione ere-ditaria associata al sanguinamento. I sintomi principali, infatti, sono costituiti da faci-lità alle ecchimosi, da ematomi non proporzionaliall’intensità del trauma, epistassi, mestruazioniabbondanti o prolungate od ancora sanguinamentigastroenterici.Per la sua diagnosi è necessaria la consulenza diun ematologo con esperienza in malattie rare dellacoagulazione e che abbia a disposizione un labora-torio dedicato a queste patologie.

Spesso però tutto questo non basta perché si pos-

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Elecsys HE4 - Il nuovo test per l’ottimizzazionedei percorsi clinico-diagnostici della pazientecon tumore ovarico

bile o in debole incremento.Il più importante fattore di rischio riconosciutoper il tumore all’ovaio è l’età, seguito da una storiafamiliare pregressa, presenza di mutazioni geneti-che (rischio aumentato fino a 60 volte con muta-zione BRCA1, 30 volte per mutazione BRCA 2 e13 volte per HNPCC), nulliparità, infertilità edendometriosi. L’ovariectomia profilattica e l’uso dianticoncezionali orali sono invece in grado didiminuire il rischio.Si distinguono diversi tipi di tumore ovarico condiversa prevalenza e gravità: tra i tumori epiteliali,circa il 50% sono adenocarcinomi sierosi, il 36%adenocarcinomi mucinosi ed il restante 14% ade-nocarcinomi endometrioidi o a cellule chiare.

Terapia e cura del tumore ovaricoLo standard di cura ottimale per il tumore ovari-co prevederebbe un intervento di chirurgia citori-duttiva con una stadiazione chirurgica e/o che-mioterapica che include laparotomia, isterecto-mia, salpingo-ovariectomia bilaterale, valutazione

IntroduzioneIl tumore all’ovaio è uno dei problemi più impor-tanti e complessi connessi alla salute della donna;esso è infatti associato ad un elevato grado di mor-talità e morbilità che ha indotto la comunità scien-tifica a concentrare molti sforzi nella messa apunto di strategie di prevenzione e cura semprepiù efficaci. È ormai assodato quanto un tratta-mento appropriato nei modi e nei tempi aumentila probabilità di sopravvivenza1, sebbene questanon possa prescindere dalla necessità di strumen-ti di valutazione del rischio che consentano untriage sempre più efficace delle pazienti.Il tumore all’ovaio è molto diffuso soprattutto neiPaesi sviluppati, con un’incidenza particolarmen-te elevata negli USA, nel nord e nell’est europeo edin alcuni Paesi dell’estremo oriente (Fig. 1).Circa il 20% delle donne incorre in una diagnosidi massa annessale (a carico dell’utero o dell’ovaio)o cistica e circa il 10% di queste subirà un inter-vento chirurgico per neoplasia ovarica1; una per-centuale compresa tra il 13% ed il 21% delle masseasportate si rivela maligna2, con un numero totaledi donne coinvolte molto elevato. A livello mon-diale, l’incidenza totale corretta per fascia di età ècompresa tra 2 e 15 casi ogni 100,000 donne, sta-

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Figura 1 - Incidenza del tumore ovarico per area geografica(tasso standardizzato per fascia d’età ogni 100,000 abitanti)

Fonte: Globocan 2008 database; HYPERLINK "http://globo-can.iarc.fr/"

attenta di tutte le superfici peritoneali, lavaggimultipli per la citologia, biopsie peritoneali multi-ple, citologia epatica e del diaframma, omentecto-mia, linfoadenectomia pelvica e periaortica.I dati ad oggi disponibili dimostrano che meno del50% delle donne sottoposte ad intervento chirur-gico beneficiano di una corretta stadiazione o chi-rurgia citoriduttiva3,4.Il tasso di sopravvivenza è direttamente propor-zionale alla precocità dello stadio cui viene per la

prima volta individuato il carcinoma ovarico (Fig. 2) arrivando al 75 - 95% se il tumore è confi-nato all’ovaio e scendendo fino al 10-17% in casodi metastasi distali. Per questo motivo è importante individuare pre-cocemente il tumore per impedirne la diffusionead altri tessuti. Tuttavia, a causa delle sue caratte-ristiche biologiche ed alla mancanza di adeguatistrumenti di screening, il tumore ovarico vienediagnosticato, in più dell’80% dei casi, ad uno sta-dio già molto avanzato (FIGO III-IV - Tab. 1)dove la sopravvivenza media scende a 18-24 mesi.

Diagnosi di tumore ovaricoAttualmente la diagnosi di tumore ovarico, in pre-senza di massa pelvica e/o ascitica, distensioneaddominale, sanguinamento, dolore pelvico oaddominale o a carico delle vie urinare, viene ese-guita tramite ecografia transvaginale e valutazionedi alcuni fattori individuali (familiarità, esamepelvico/addominale, schermografia, valutazionedi marcatori biochimici come CA 125, emocromo,ecc.). Solo in caso di positività, si provvederà adun’esplorazione chirurgica della paziente.Purtroppo l’ecografia non è in grado di distingue-re con sufficiente accuratezza le masse benigne daquelle maligne. Inoltre la massa pelvica può deri-vare da diversi organi (ovaio, utero, cervice, ecc.) enecessita una diagnosi differenziale per valutarnel’origine ed il grado di malignità.Secondo le line guida dell’ACOG5, il ricorso ad unoncologo deve essere valutato in funzione dellostato menopausale della paziente, con l’agoritmodiagnostico riportato in Tab. 2.Molti marcatori tumorali biochimici oggi disponi-bili possono aiutare a diagnosticare i diversi tipi ditumore ovarico (Tab. 3).Dati pubblicati in letteratura mostrano che la per-

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Pre-menopausa Post-menopausa(< 50 anni) (>= 50 anni)

CA 125 > 200 U/mL CA 125 > 35 U/mLPresenza di asciti Presenza di asciti

Massa pelvica nodulare o compatta

Evidenza di metastasi distale o addominale (esame obiettivo o imaging)

Storia familiare di tumore ovarico (parente di primo grado)

Figura 2 – Tasso di sopravvivenza globale a 5 anni per il tumore ovarico epiteliale

Tabella 1 - FIGO staging: solo lo stadio I è limitato all’ovaio

Tabella 2 – Linee guida ACOG per la diagnosi di tumoreovarico

Stage I: limited to one or both ovaries

Ia involves one ovary; capsule intact; no tumour on ovarian surface; no malignant cells in ascites or peritoneal washings

Ib involves both ovaries; capsule intact; no tumour on ovarian surface;negative washings

Ic tumour limited to ovaries with any of the following: capsule ruptured, tumour on ovarian surface, positive washings

Stage II: pelvic extension or implants

IIa extension or implants onto uterus or fallopian tube; negative washingsIIb extension or implants onto other pelvic structures; negative washingsIIc pelvic extension of implants with positive peritoneal washings

Stage III: microscopic peritoneal implants outside of the pelvis; or limited to the pelvis with extension to the small bowel or omentum

IIIa microscopic peritoneal metastases beyond pelvisIIIb macroscopic peritoneal metastases beyond pelvis less than 2 cm in sizeIIIc peritoneal metastases beyond pelvis >2 cm or lymph node metastases

Stage IV: distant metastases to the liver or outside the peritoneal cavity

centuale di sopravvivenza di pazienti seguite incentri specializzati di oncologia ginecologica èsuperiore rispetto alle pazienti seguite in centrinon specializzati6; questo dimostra che un accura-to triage preliminare delle pazienti con tumoreovarico maligno è un fattore cruciale per il tratta-mento ottimale.

Biomarcatori nel tumore ovaricoA tutt’oggi il marcatore mucinico CA 125 vieneconsiderato il “gold standard” per il tumore del-l’ovaio. Le sue limitazioni sono però dovute allabassa sensibilità e specificità nell’uso come test discreening:● Sensibilità: livelli elevati di CA 125 si rilevano

solo nel 50% delle pazienti con malattia in stadioI e nell’80% delle pazienti con tumore ovaricoepiteliale2;

● Specificità: livelli elevati di CA 125 si possonoriscontrare in diverse patologie benigne di natu-ra ginecologica e patologie maligne non gineco-logiche2,6.

Ci sono inoltre soggetti che non esprimono CA125 nemmeno in caso di malattia ginecologicamaligna.La ricerca di nuovi marcatori sempre più specificiha portato, negli ultimi anni, ad individuare unaproteina espressa sia nei tessuti dell’apparato

riproduttivo che respiratorio, l’HE4 (Human epi-didymal secretory protein 4), la cui produzioneviene stimolata in presenza di tumore ovarico.Questo marcatore è complementare al CA 125 e,nell’uso combinato, offre la massima sensibilità especificità (Fig. 3).L’utilizzo combinato di HE4 e CA 125 consente diottimizzare i percorsi diagnostici, sia nell’indivi-duazione precoce delle recidive sia nella stratifica-zione del rischio per evitare interventi chirurgicinon necessari. Infatti la probabilità di recidive neiprimi 5 anni dall’intervento è dell’80%, la maggiorparte delle quali si verifica nei primi 3 anni ed ènoto che una rilevazione precoce della recidiva ècruciale per il successo del trattamento.Una stratificazione accurata, consentirebbe inoltredi indirizzare in modo mirato le pazienti con fat-tori di rischio ai centri specializzati. Ciò permette-rebbe di ridurre il numero totale di interventi chi-rurgici inappropriati o inutili con impatto positivosia sulla sopravvivenza sia sulla riduzione dei costiper il sistema sanitario.

Biochimica della proteina HE4L’HE4 è una proteina, secreta dalle cellule epitelia-li dell’apparato riproduttore, delle vie aree superio-ri e del pancreas. Essa appartiene alla famigliadegli inibitori delle proteinasi con probabile fun-

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Tipo di carcinoma ovarico Incidenza Marcatore

Epiteliale 90% CA 125 elevato (> 35 U/mL); presente anche in diverse condizioni benigne

Tumore maligno delle cellule germinali 3% hCG+beta, LDH, AFPCarcinoma embrionale < 1% AFP, hCG+betaTumore del seno endodermico < 1% AFPCellule tumorali granulose < 1% Inibina

Tabella 3 - Utilizzo dei marcatori tumorali biochimici per i diversi tipi di tumore ovarico

Figura 3 - Confronto di sensibilità nell’uso combinato osingolo dei due marcatori CA 125 e HE4

zione antimicrobica ed antiinfiammatoria10,12 ed èespressa in grandi quantità da cellule tumoralidell’ovaio, dell’endometrio, del polmone (adeno-carcinoma) e nel mesotelioma, sia negli stadi pre-coci che avanzati della malattia.L’HE4 può essere utilizzata nell’assegnazione delrischio di tumore ovarico in donne con massaannessale:● L’HE4 nel siero è un utile biomarcatore nella dia-

gnosi precoce di tumore ovarico;● L’HE4 da sola è più sensibile del CA 125, soprat-

tutto nello stadio I del tumore ovarico12;● La combinazione di HE4 e CA 125 è più sensibi-

le rispetto all’uso dei singoli marcatori12;● Nessun’altra combinazione di biomarcatori

mostra un incremento così elevato di sensibilitàper una data specificità9;

● Un algoritmo di regressione può aiutare a strati-

ficare le pazienti in gruppi ad alto e bassorischio9;

● L’HE4 può essere anche utilizzata come biomar-catore in pazienti con adenocarcinoma endome-trioide dell’utero13.

Gli algoritmi di calcolo del rischio più diffusi sonoil RMI (Risk of Malignancy Index), proposto daJacobs et al nel 1990 e basato sulla misurazione diCA 125 e parametri ecografici, e il ROMA (Risk ofOvarian Malignancy Algorithm) proposto daMoore et al nel 2009 e basato sulla combinazionedei valori di CA 125 ed HE4 in funzione dellostato menopausale della paziente (Tab. 4).Nella valutazione del rischio di carcinoma ovari-co, l’algoritmo ROMA mostra una migliore pre-dittività rispetto all’algoritmo RMI14,15(Tab. 5).L’algoritmo ROMA, combinando i dati sierologiciottenuti con i test CA 125 e HE4, consente una piùaccurata stratificazione del rischio di tumore ova-rico in donne con massa pelvica:● stratifica le pazienti in categorie ad alto e basso

rischio di tumore ovarico epiteliale;● include lo stato menopausale ed i livelli sierici

pre-operatori di HE4 e CA 125;● secondo Moore et al consente di classificare cor-

rettamente il 94% delle donne con tumore ovari-co epiteliale14;

● la formula applicata alle donne in stato pre-menopausale conferisce un maggior pesoall’HE4 rispetto al CA 125, poiché quest’ultimo èpiù spesso elevato in pazienti pre-menopausacon malattie benigne.

Attualmente l’utilità del test HE4 è ben dimostra-ta sia nel monitoraggio che nella valutazione delrischio, con i benefici clinici che ne derivano nella

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RMI (Risk of Malignancy Index) ROMA (Risk of Ovarian Malignancy Algorithm)

Formula e scoring RMI = U x M x CA125 Pre-menopausa:Al rilievo ecografico viene assegnato PI = -12,0 + 2,38*LN[HE4] +0,0626*LN[CA125]un punto per ciascuna delle seguenti osservazioni:• Cisti multi-loculare• Evidenza di aree solide• Evidenza di metastasi Post-menopausa:• Presenza di asciti PI = -8,09 + 1,04*LN[HE4] + 0,732*LN[CA125]• Lesioni bilateraliU = 0 (score ecografico 0)U = 1 (score ecografico 1) ROMA(%) = Exp(PI) x 100U = 3 (score ecografico 2 – 5) [1+Exp(PI)]Lo stato menopausale viene valutato come segue: PI = Indice PredittivoPost-menopausa: M = 3 LN = Logaritmo naturalePre-menopausa: M = 1

Tabella 4 – Confronto tra gli algoritmi di calcolo RMI eROMA

Sensibilità clinica al 75% di specificità

RMI ROMA

Distinzione tra malattia 84.6 % 94.3 %benigna e tumore ovarico epiteliale (tutti gli stadi)Distinzione tra malattia 64.7 % 85.3 %benigna e stadi I/II della malattia

Tabella 5 - Confronto della sensibilità degli algoritmi dicalcolo del rischio RMI e ROMA

gestione della paziente.La determinazione quantitativa di HE4 in siero eplasma umani aiuta a monitorare il progressodella malattia in pazienti con tumore ovarico epi-teliale, a rilevare il tumore ovarico in fase precocee, in combinazione con CA 125 o da solo, a rileva-re precocemente le recidive.La combinazione di HE4 e CA 125, inoltre, aiutaa stimare il rischio di carcinoma ovarico epitelialein donne pre-menopausa o post-menopausa conmassa pelvica, migliorando cura e gestione dellapaziente e consentendo ad un numero maggioredi pazienti con tumore ovarico di essere indirizza-te a centri specializzati. La letteratura più recente descrive inoltre diversepotenziali nuove applicazioni del test HE4 ancorain fase di definizione.

Il nuovo test Elecsys HE4Il test Roche, disponibile su tutte le piattaformeECL (Elecsys 2010, MODULAR E170, cobas e411, cobas 6000 e cobas 8000) si basa sul principioone-step sandwich per una durata totale dell’ana-lisi di 18 minuti (Fig. 4).

Durante la prima incubazione, 10 μL di campionereagiscono con anticorpi monoclonali biotinilatied anticorpi monoclonali marcati con complessodi rutenio a formare un immunocomplessosandwich.Durante la seconda incubazione, l’immunocom-plesso si lega alle microparticelle paramagnetichericoperte di streptavidina.La miscela di reazione viene quindi aspirata nella

cella di lettura dove le microparticelle vengonocatturate sulla superficie dell’elettrodo e le moleco-le non legate vengono allontanate con la soluzionedi lavaggio ProCell.L’applicazione di una differenza di potenziale all’e-lettrodo scatena la reazione chemiluminescenteche viene misurata tramite fotomotiplicatore. Ilsistema calcola la concentrazione di HE4 nel cam-pione in funzione della curva master e dei dati dicalibrazione.In Tabella 6 sono descritte le principali caratteri-stiche del test Elecsys HE4.

InterferenzeI risultati del test non sono influenzati dai princi-pali interferenti come: bilirubina, emoglobina,lipemia, biotina e fattore reumatoide. Inoltre, i risultati del test non sono influenzati daiprincipali chemioterapici comunemente utilizzati

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Immunochimica

Campioni Siero e plasma in Li-Eparina,K

2-EDTA e K

3-EDTA

Range di 15 - 1.500 pmol/LlinearitàLimiti di ● Limite del bianco: 5 pmol/Lrilevazione ● Limite di rilevazione: 15 pmol/L

● Limite di Quantificazione: ≤ 20 pmol/L con errore totale del 30%

Precisione ● Intra-saggio: compresa tra 1.3% e 1.9%● Inter-saggio: compresa tra 2.7% e 3.4%

Stabilità ● Reagente (dopo apertura): 12 settimane a 2°-8°C o 28 giorni continuativi onboard

● CalSet (dopo ricostituzione): 7 giorni a 2°-8°C o 8 settimane a -20°

Figura 4 - Principio del test Elecsys HE4

Tabella 6 - Caratteristiche del test Elecsys HE4Tracciabilità e confronto tra metodi

nella cura del cancro all’ovaio come: carboplatin,cisplatin, cyclophosphamid, dexamethasone,doxorubicin, leucovirin, melphalan, methotrexat-dinatrium, paclitaxel, fluorouracil, bevacizumab(Avastin), erlotinib (Tarceva), rituximab(MabThera), trastuzumab (Herceptin)

Il test è tracciato al metodo di riferimentoFujirebio HE4 ELISA; la curva di correlazione èriportata in Fig. 5.Grazie alle caratteristiche ben note della tecnolo-gia ECLIA, oltre all’utilità clinica ormai compro-vata dell’HE4 nel corretto triage e follow-up dellepazienti con tumore ovarico, il nuovo test ElecsysHE4 garantisce un’elevata precisione su tutto ilrange di misura, flessibilità ottimale nell’uso deicampioni (minimo volume e validazione per sieroo plasma), possibilità di eseguire direttamente iltest CA 125 sullo stesso campione, ottima con-frontabilità con il test di riferimento, controlli diqualità ai livelli clinicamente rilevanti.

ConclusioniL’introduzione del nuovo test Elecsys HE4 consen-te di ottimizzare i percorsi clinico-diagnosticidella paziente affetta da tumore ovarico. La combinazione di HE4 e CA 125 massimizza lasensibilità nella rivelazione del tumore ovarico,

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soprattutto negli stadi precoci, aumentando laprobabilità di sopravvivenza della paziente. Grazie all’applicazione dell’algoritmo ROMA èinoltre possibile una più accurata stratificazionedel rischio ed una discriminazione migliore diforme benigne e maligne del carcinoma, indiriz-zando più correttamente le pazienti ad alto rischioverso centri di cura ad alta specializzazione. Infine HE4 è un utile marcatore della rispostaterapeutica ed un indicatore precoce di recidiva,consentendo aggiustamenti terapeutici ed inter-venti chirurgici mirati e tempestivi in grado diaumentare la sopravvivenza delle pazienti ed otti-mizzare i costi di patient management.

Il nuovo test Elecsys HE4 può essere ordinato aRoche con i seguenti codici di prodotto:

Figura 5 - Curva di correlazione tra il test Roche ElecsysHE4 ed il test Fujirebio HE4 ELISA

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● Elecsys HE4, 100 det. codice 05950929190

● HE4 CalSet, 4 x 1 mL codice 05950945190

● PreciControl HE4, 2 x 2 x 1 mL codice 05950953190

Roche Diagnostics SpAViale G.B. Stucchi, 110 20900 Monza (MB)

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